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LA VITA E LE OPERE
Nasce a Recanati nel 1798 dal padre conte Monaldo e dalla madre marchessa Adelaide, la
cui durezza inciderà sulla persona di Giacomo, che la ritrae in modo inquietante. La sua
formazione culturale è stata affidata a precettori, ovvero ecclesiastici ed è legata
strettamente alla biblioteca paterna.
Tra il 1809 e il 1816 si svolgono i "sette anni di studio matto e disperatissimo", durante i
quali fa proprie le lingue classiche (traduce omero, esiodo, orazio...) e comincia a scrivere le
prime opere, tra cui tragedie e trattati di tipo scientifico, filosofico e logico.
Nel 1816 si ha la cosidetta "conversione letteraria": egli acquisisce maggiore
consapevolezza dei valori artistici e riconosce come l'ambiente familiare e recanatese gli
stia stretto. Da qui comincia a scrivere le prime opere di rilievo, come l'idillio Le
rimembranze e la cantina L'appressamento della morte.
Un anno più tardi (1817) comincia a scrivere le prime pagine dello Zibaldone, la cui lettura
permette di ricostruire lo sviluppo del suo pensiero filosofico (pessimismo storico,
pessimismo cosmico, social catena)
Una persona decisiva nella vita di Giacomo è stato il letterato Pietro Giordani, che lo ha da
subito incoraggiato nell'attività letteraria e ha favorito l'affermarsi di una coscienza
illuministica e classicistica, rintracciabile nelle canzoni civili scritte tra il 1818 e il 1822
(All'Italia, Ad Angelo mai etc...)
Nel 1819 tenta la fuga, che viene però scoperta dal padre. È in questo anno che si rintraccia
la sua "conversione filosofica", rintracciabile nello Zibaldone: aderisce ad una concezione
materialistica e atea.
Tra il 1818 e il 1822 si dedica alla produzione di opere che collochiamo in due grandi filoni:
le canzoni civili (Ultimo canto di Saffo, Bruto minore) e la poesia sentimentale degli idilli
(L'infinito, La sera del dì di festa, Alla luna).
Gli anni a partire dal 1823 sono segnati da diversi spostamenti da città a città:
-Roma, ma non ne rimane coinvolto e ritorna 5 mesi dopo a Recanati. In questo periodo
comincia a dare forma alla sua posizione pessimista e comincia a scrivere le Operette
Morali, che verranno pubblicate 4 anni dopo a Milano.
-Milano, qui conosce l'editore Stella che lo impegna in alcuni progetti, quali un commento al
Canzoniere petrarchesco e due antologie italiane (Crestomazia (=studio delle cose utili)
della prosa e della poesia).
-Firenze, ma si trova in un rapporto antitetico con le posizioni ideologiche e artistiche degli
intellettuali fiorentini, egli infatti era antiromantico.
-Pisa, il clima accogliente della cittò favorisce il ritorno alla scrittura poetica: scrive A Silvia,
aprendo il ciclo pisano-recanatese.
-Recanati, per 16 mesi rimane nella città natale e scrive altri quattro canti del ciclo ( La
quiete dopo la tempesta, Il sabato del villagio, Il canto notturno di un pastore errante
dell'Asia e Le ricordanze)
-Firenze, consolida la sua amciizia con lo scrittore Antonio Ranieri. Nello stesso anno si
innamora di Fanny Tozzetti, per la quale scrive delle poesie che formano il "ciclo di Aspasia"
(prima di era innamorato della cugina Gertrude e per lei aveva scritto l'elegia Il primo
amore). Viene pubblicata la prima edizione dei Canti (contiene 41 delle poesie
leopardiane).
-Ultima tappa: Napoli, dove si trasferisce con Ranieri. In questo periodo (1833) cominciano
a rendersi evidenti i primi problemi di salute, che però non lo fermano: scrive i Pensieri, in
cui critica il progresso e la fiducia della scienza, che vengono maggiormente messi in risalto
nella Palinodia al marchese Gino Capponi.
Leopardi desidera raccogliere tutte le sue opere in un'unicamente edizione, ma questo
progetto svanisce a causa della censura. Negli ultimi anni di vita scrive gli ultimi due canti Il
tramonto della luna e La ginestra o il fiore del deserto.
Muore nel 1837.
POESIA SENTIMENTALE
Esprime per la prima volta la sua concezione sulla poetica nel 1818 nel “Discorso di un
italiano intorno alla poesia romantica” (mai pubblicato).
Lo scritto è una risposta critica a Ludovico di Breme, il quale sosteneva che i poeti antichi
hanno eccessivamente rappresentato la natura seguendo una “balorda” immaginazione e
quindi bisogna concentrarsi attraverso i sentimenti
sul vero e reale (non si deve ricorrere a fantasie).
Leopardi rifiuta il Romanticismo italiano, poiché ritiene i Romantici recidano il
fondamentale rapporto poesia-sensi e quindi il legame tra poesia e natura.
Leopardi, di contro, propone una poesia fondata sui sensi e sull’immaginazione, cercando di
ristabilire, sul piano dell'immaginazione, il rapporto primitivo uomo-natura.
Il poeta infatti condanna la modernità, poiché si distacca dalla natura, in modo tale che
prevalgano ragione e riflessione su immaginazione e illusioni.
Come per i romantici, invece, la poesia deve avere una funzione sociale: per i Romantici,
però, la poesia deve essere un mezzo di propaganda, progetto, trasformazione, per Leopardi
si tratta di tenere sveglie le sensazioni dell’uomo sviluppatesi nell’antichità e che rischiano
di andare perse nel mondo moderno
L'infinito (1819)
La poesia "L'infinito" fa parte degli idilli dello Zimbaldone.
L'idillio è un testo poetico in cui si affrontano avventure storiche del tempo, aggiungendo
componenti biografiche (io lirico).
Il termine idillio fa riferimento alla poesia pastorale greca (Mosco e Bione), infatti duranti i
suoi studi giovanili Leopardi studia anche la letteratura greca. Leopardi, però, non riprende
i caratteri di questa poesia, non fa dunque una descrizione quasi fotografica di una natura
armonica (ruscelli, campi, etc), ma attiva una riflessione filosofica, concettuale partendo
dalle avventure storiche e biografiche.
L'elemento paesaggistico è comunque presente all'inizio della poesia, questo non si
ripresenta però nel corso della poesia: l'elemento paesaggistico lascia posto a riflessioni di
diverso carattere.
Questa non è una poesia sentimentale, emotiva laddove si intende la rappresentazione di
uno stato d'animo legato all'amore, alla giovinezza o alle illusioni. Nella poesia si rintraccia
uno stato d'animo, che non si ricollega però immediatamente all'amore, ma fa riferimento
ad una concezione generale della poesia.
Questo potrebbe essere considerato una sorta di manifesto della nuova poetica leopardiana,
che trae spunto dal concetto di romanticismo europeo: distacco da un rapporto con la
natura e una tendenza al raggiungimento di questo in modo atemporale e aspaziale.
Da un punto di vista metrico, la poesia si compone di indecasillabi sciolti: con Leopardi si
assiste ad una modificazione della tendenza di costruzione del testo poetico.
Per esempio, nei Canti egli non scrive odi o sonetti, ma su modello petrarchesco scrive
canzoni in endecasillabi e settenari.
Leopardi predilige la "poesia pensiero" scritta in endecasillabi sciolti, infatti l'assenza di
schema metrico fa si che la poesia si sviluppi un po' come una narrazione.
L'infinito rappresenta una nuova esigenza culturale, che già si avvertiva nei romantici e se si
vuole collegare la poesia ad un dato biografico, si può sottolineare che questa sia stata
scritta il giorno dopo il tentivo di fuga.
Leopardi viveva, infatti, una situazione familiare che lo soffocava, artisticamente e non.
La tendenza all'infinito, presente in questa poesia, è la ricerca infinita del piacere: la voglia
di volgere lo sguardo oltre la siepe potrebbe essere interpretata come il desiderio di
giungere ad un piacere infinito attraverso i sensi.
Il piacere è legato alla vista e all'udito ("mirando" v.4, "il guardo" v.3, "odo" v.9, "voce" v.10,
"suon" v.13) e non al corpo, dunque legato a qualcosa di razionale, intellettuale e non alla
sfera corporea. L'infinito qui viene raggiunto e goduto psicologicamente e intelletualmente,
scrive infatti "io nel pensier mi fingo" (sa di non poter conoscere, quindi lo immagina)
Questa poesia è un risarcimento psicologico dell'impossibilità di godere di un piacere
infinito a partire dai sensi.
Si considera una delle più importanti poesie leopardiane, è infatti manifesto del
romanticismo.
ANALISI
-"mi" v.1 → io lirico
-si pu� creare un parallelismo tra la solitariet� del colle e del poeta: come il colle �
"ermo" allo stesso modo il poeta siede in solitudine.
- "sedendo e mirando" v.4 → usa il gerundio che indica vaghezza, indeterminatezza. Questi
sono dei termini ricercati dal poeta.
-"ove per poco il cor non si spaura" v. 7,8 → l'immaginazione degli spazi al di l � della siepe
e del colle gli provoca profondo turbamento.
-uso frequente dell'enjambement, con cui l'autore rende una fortissima tensione in visione
di un ulteriore sviluppo del discorso (interminati/spazi), (sovrumani/silenzi),
(quello/infinito silenzio).
-i primi 9 versi sono segnati da termini che si ricollegano alla sfera della vista, nei successivi
troviamo termini legati alla sfera dell'udito.
-"si annega il pensier mio"v. 14 : non si tratta di un'esperienza indolore, ma si mette in luce
gi� un piacere figlio d'affanno.
-"naufragar m'� dolce in questo mare" v.15: metafora del piacere, nel dolore si rintraccia
un certo piacere. Visione ossimorica dell'esperienza.
-riporta coppie di aggettivi e sostantivi che danno la percezione dello spazio:
questo colle
questa siepe
interminati spazi
sovrumani silenzi
profondissima quiete
Natura → luna
io lirico donna artigiano
Rintracciamo segni di contrasto dell'io lirico con ciascun elemento della poesia, anche con
l'artigiano perchè dopo il dì di festa ritorna felice nel suo ostello, a differenza del poeta che
si dimena nella sua stanza a causa dell'amore.
A Silvia (1828)
Questo è il primo esempio di canzone libera, composta nel 1828.
Con questa poesia Leopardi dà il via alla poetica della memoria. Il tema della memoria era
già presente in Alla Luna, ma in forma differente: in questa poesia la memoria diventa
concetto, infatti il poeta diventa un filosofo che riflette in termini generali sull'idea di
memoria
ANALISI
→Prima strofa: introduce la figura di Silvia, come una giovinetta "lieta e pensosa", dagli
occhi "ridenti e fuggitivi" che stava raggiungendo il tempo della giovinezza "il limitare di
giovent� salivi" (la vita come ascesa).
Si individua qui la prima interpretazione della figura di Silvia, che nasconde in s � una
duplice interpretazione:
-Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi morta giovane di tisi
-allegoria della giovinezza tradita, infatti non � ancora giunta alla stato di giovinezza,
perch� destinata ad andare incontro alla morte.
→Seconda strofa: Si rintraccia qui il tema della primavera, scrive infatti "era il maggio
odoroso" v.13: attraverso questo tema Silvia diventa rappresentazione metaforica del ciclo
della natura che ogni risveglia per poi morire di nuovo (relazione vita-morte).
Importante � l'uso del termine vago al v.12, che fa parte del lessico leopardiano. Questo ha
sia accezione di bello che di indefinito, qui utilizzato.
→Terza strofa: attraverso flashback, si rievocano scene parallele della loro infanzia: come
Silvia nella seconda strofa lavora al telaio, canta e pensa al futuro, Leopardi si dedicava allo
studio, e "lasciando le sudate carte" sentiva il canto della donna, che gli provocava un
sentimento che "lingua mortal non dice".
Riprende qui il tema dell'ineffabilit�: il poeta non pu� spiegare la sensazione scaturita da
quel canto, che rappresenta la felicit� della giovinezza.
→Quarta strofa: l'attenzione si sposta da Silvia al poeta, che unifica i due destini dal punto
di vista delle comuni aspettative del futuro. Qui ritorna il tema della natura come
ingannatrice, che non d� all'uomo ci� che promette.
→Quinta e sesta strofa: disillusione di Silvia e Leopardi, la cui giovinezza non � stata
impedita dalla morte, ma egualmente non ha portato a ci� che sperava.
Infatti "l'apparir del vero" ogni tipo di speranza.
→Sesta strofa: la poesia si conclude con l'identificazione di Silvia con la speranza: com'�
morta Silvia, allo stesso modo anche la speranza � destinata a morire. La morte di Silvia
rappresenta il distacco del mondo dalla natura e l'impossibile ritorno.