16-983-843
SA 2020-2021
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L’OGGETTO DISEQUILIBRANTE
INDICE
Capitolo 0: Abstract
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0- Abstract:
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1- Introduzione: un artista poliedrico
“I graduated with a thesis entitled “Synesthesia in the Arts”. I became a lifelong instrument
of synesthesia, shifting from one discipline to another, without the preoccupations of being
an architect, designer, artist…”1
Ugo La Pietra è un artista poliedrico, la sinestesia tra le arti è per lui un mezzo essenziale
attraverso cui cercare nuovi significati. L’artista comincia a studiare architettura nel 1957 e
successivamente diventa assistente di Vittoriano Viganò. L’esperienza nell’ambito
architettonico è per lui essenziale, anche se non costruirà mai nulla, in quanto gli permette
di indagare spazio e struttura, elementi fondamentali per tutta la sua opera artistica.
Le relazioni con artisti che incontra al bar “Giamaica”, a Brera, gli permetteranno di fondare
nel 1963 “Il Gruppo del Cenobio”, con A. Ferrari, E. Sordini, A. Verga e A. Vermi. All’interno
del gruppo c’è un grande interesse per il “segno”, che diventa oggetto di studio per tutta la
vita di Ugo La Pietra. Il gruppo nasce in contrapposizione all’arte pop che si stava
diffondendo in quegli anni. La relazione con questi artisti è molto importante perché
permette la fusione tra le conoscenza tecniche, coltivate all’università di architettura, con
l’arte informale. Le opere del “Gruppo del Cenobio” vengono esposte alla galleria del
Cenobio, uno spazio rivestito in una lamiera ondulata di metallo molto riflettente. In questo
spazio il gruppo anticipa un tema che ossessionerà tutta la produzione artistica di La Pietra:
il riflesso provoca la deformazione della percezione della superficie, generando una certa
tensione disequilibrante.
Galleria il Cenobio, Milano, 1966. Figura estratta dal Ugo La Pietra il segno randomico opere e ricerche 1958/2016,
1 Hans Ulrich Obrist (a cura di), Cloud’ 68 – Paper voice , Smiljan Radic’s Collections of Radical Architecture with interviews by Hans Ulrich Obrist, gta Verlag Zurich, 2018, p. 88.
4
2- Il segno e la coesione tra le arti
FIG. 2: Luna, olio su legno e fuoco, Figura estratta da “Ugo La Pietra il segno randomico opere e ricerche 1958/2016”
FIG. 3 Museo, Ugo La Pietra, Matita su carta, 1960, figura estratta da sito archivi: www.ugolapietra.com
Per capire gli oggetti prodotti da Ugo La Pietra occorre fare riferimento ai primi quadri che
dipingeva mentre studiava architettura.
“Il tentativo di far nascere un rapporto nuovo tra le arti per una “liberazione della forma” è il
tema fondamentale che propongono le mie ultime espressioni pittoriche.”2
La liberazione della forma avviene attraverso “…un procedimento di tipo sinestetico, cioè
un processo di trasposizione diretta sensoriale, intellettiva ed emotiva di una forma di
linguaggio in un'altra”.3
2 Ugo La Pietra, “il senso della ricerca nella mia pittura”, in La Pietra, cat. Edizioni Flaviana, 1966. ESTRATTO DA: Angela Rui (a cura di), Ugo La Pietra. Progetto
disequilibrante, [catalogo della mostra a cura di Angela Rui:Milano, Triennale Design Museum 26 Novembre 2014 – 15 Febbraio 2015], Corraini edizioni, 2014 Milano,
p. 35
3 Ibidem.
5
forma e quindi l'estetica del prodotto. Questo modo di operare di La Pietra è visibile in tutte
le sue opere anche nelle prime: come in Luna (fig.2), che prevede l'uso di olio su legno, e
Museo (fig.3).
“In questo senso caricare i segni dei miei quadri del significato dei concetti spaziali
informatori, vuol costruire un apertura ad un discorso più globale di conoscenza della forma
e semplificare la comprensione dei fenomeni strutturali connessi alla forma stessa.” 4
In “Luna” (fig.2) La Pietra parte da un gruppo di segni che gli consentono, attraverso
simbolizzazioni, di monitorare un sistema complesso di relazioni, che genera una
determinata struttura e forma, quindi una spazialità immaginaria. In questo senso il segno
pittorico genera uno spazio simbolico.
Per sinestesia tra le arti si intende proprio questa Unione tra esperienze, che riferendosi a
diverse discipline, generano un modello.
Interessante notare che, nello stesso anno in cui La Pietra lavorava a questi quadri, stava
sviluppando dei progetti architettonici, come La casa dello scultore (1960-1961), con il
medesimo studio su spazio, struttura e ricerca estetica. Queste esperienze rimandano alla
“casa infinita” di Kiesler e al brutalismo architettonico di Vittoriano Viganò, suo indiscusso
mentore. Nel progetto di Kiesler viene posta l' enfasi nell’espressione di un unità di spazio
attraverso quello che lui chiamò “shell-monolith”: in questa casa non esiste separazione tra
elementi.
“…separation into floor, walls, roof, columns, is eliminated. The floor continues into the wall
(only a contact-member), the wall continues into the roof, the roof into the wall, the wall into
the floor.” 5
Nelle sue opera la pietra cerca il superamento della visione bidimensionale dei segni. E’
importante ricordare Kiesler perché cambia la concezione spaziale, da un recinto
bidimensionale verso un elemento continuo che avvolge la casa. In questo modo permette
una sinergia tra elementi che attraverso una forma scultorea rispondono a una chiara
pragmatismo strutturale.
4 Ugo La Pietra, “il senso della ricerca nella mia pittura”, in La Pietra, cat. Edizioni Flaviana, 1966.
5 Frederick Kiesler, Notes on Architecture: The Space-House, Annotations at Random, in Frederick Kiesler, S. Gohr (editore), Stuttgart, 1996, p. 26-28.
6
3- Effetto “randomico”
FIG. 5: Linea di confine, china e matita su tela, 1966, figura estratta da sito archivio: www.ugolapietra.com
“Il mio segno si arricchisce di giorno in giorno di nuovi elementi e, come la scrittura, si articola
e si modula anche attraverso diverse texture descrivendo luoghi e territori.” 6 Le spazialità
rappresentate alla fine degli anni 50 diventano sempre più astratte e ordinate, l’obiettivo è
sempre quello di destrutturare un ordine e cercare diversi gradi di densità all’interno della
precisa maglia di elementi, che viene decostruita. Il segno in questo caso rompe una
situazione programmata generando un “effetto randomico”.
“La programmazione secondo cui sono costruite le diverse superfici o i nuclei tissurali inseriti
in esse è d’un tipo che vorrei definire “randomico”: provvisto cioè di un alto quoziente di
randomità, di azzardo. Infatti la presenza di punti minutissimi che “evadono” dal rigore della
maglie costruttive e talvolta le turbano, talvolta ne fuoriescono a mo' di prolungamenti
sfalsati circa il numero e la frequenza dei punti del tessuto, fa sì che si verifichi quello che -
nel gergo informativo - si suol definire “rumore”. Ora è proprio questo rumore che
accompagna il messaggio rigidamente organizzato della trama o del reticolo, a costruire
l'elemento più altamente informativo (perché inatteso e impreveduto).. E’ il rumore a
determinare l' accrescimento dell’elemento informativo e quindi ad accrescerne altresì il
valore estetico.”7
6 Angela Rui (a cura di), Ugo La Pietra. Progetto disequilibrante, [catalogo della mostra a cura di Angela Rui:Milano, Triennale Design Museum 26 Novembre 2014 –
15 Febbraio 2015], Corraini edizioni, 2014 Milano, p. 31
7 Gillo Dorfles, in Le strutturazioni Tissurali, cat “Il Cenobio”, 1967, ESTRATTO DA: Angela Rui (a cura di), Ugo La Pietra. Progetto disequilibrante, [catalogo della
mostra a cura di Angela Rui: Milano, Triennale Design Museum 26 Novembre 2014 – 15 Febbraio 2015], Corraini edizioni, 2014 Milano, P. 42.
7
Gillo Dorfles fu il primo a definire “randomiche” le composizioni fatte da Ugo La Pietra fra il
1964 e il 1966. L’analisi fatta da Dorfles diventa essenziale per l’artista in quanto decodifica
il principio che La Pietra inseguirà per tutta la sua carriera, che permetterà di definire la
“Teoria del sistema disequilibrante”. Cominciando da questi quadri, della metà degli anni
sessanta, gli “elementi di disturbo” diventeranno la base di ogni opera di La Pietra. L’artista
parte da un gruppo di segni che gli consentono, attraverso simbolizzazioni, di monitorare un
sistema complesso di relazioni, che genera una determinata struttura e forma, quindi una
spazialità..
“il segno randomico (così lo definisce Gillo Dorfles) diventa l' anticipazione della mia teoria
del Sistema Disequilibrante ed è alla base, quindi, delle ricerche che mi hanno spinto fino
all’analisi strutturale dell’ambiente urbano e hanno dato avvio a quella teoria fatta di
“elementi di disturbo” all'interno del sistema ambientale sociale.” 8
FIG. 6: “Campo deformato”, lastra di metacrilato inciso a freddo e stampato a caldo, 1966, figura estratta da sito archivio: www.ugolapietra.com
FIG. 7: “Globo tissurato”, lampada in metacrilato, ed Poggi, 1968, figura estratta da sito archivio: www.ugolapietra.com
8 Marco Meneguzzo (a cura di), Ugo La Pietra il segno randomico opere e ricerche 1958/2016, (libro della mostra: Abitare è essere ovunque a casa propria 16 Aprile
18 settembre 2016, MA*GA Galleratese (Varese)), Silvana Editoriale, 2016, Dialoghi con Ugo La Pietra p.92.
8
Nel 1966 La Pietra comincia a creare oggetti in metacrilato, le sue opere bidimensionali
prendono tridimensionalità e assumono le sembianze di lampade, mobili e sculture. Il fine è
sempre lo stesso, quello di destabilizzare un ordine prestabilito e rompere un equilibrio.
Bisogna tenere in considerazione che La Pietra cambia costantemente i mezzi e i modi con
cui esprimere i propri concetti. Questo dipende dal coinvolgimento dell’utente che è
essenziale nella sua opera. Il passaggio dall’arte pittorica al design possiamo interpretarlo
come un modo più semplice di coinvolgere il fruitore in una più profonda esperienza
sensoriale.
Fra il 1966 e 1968 viene prodotto il “Globo Tissurato”, una lampada costruita in metacrilato
lavorato a freddo. L’uso tecnologico del plexiglass offre all’artista nuove soluzioni: la
rifrazione del materiale deforma il campo e i segni, incisi sulla superficie curvata, deformano
la percezione dell’oggetto e dell’ordine stabilito attraverso i fori. "…dal disegno a matita alla
superficie di plexiglas curvata e gonfiata i segni si deformavano ancora di più.”9
Per mezzo della sua presenza imponente e il carattere scultoreo l’oggetto genera un forte
impatto sull’ambiente. ll “globo tissurato” genera un’atmosfera fantascientifica spaziale. E’
evidente un riferimento diretto ad artisti austriaci come Haus Rucker, artista che influenza
incredibilmente la progettazione di La Pietra.
In effetti ho smesso quando mi sono accorto che queste mie opere venivano interpretate
come opere d'arte programmata: per esempio il premio Termoli, che ho vinto con la giuria
guidata da Giulio Carlo Argan. Ma il mio lavoro era l'opposto!” 10
Queste opere vengono interpretate in modo ambiguo (secondo Ugo La Pietra), in quanto la
superficie trasparente, la precisione con cui veniva fatto l’oggetto, davano un senso di
compostezza e ordine. Invece l’artista voleva fare l'opposto, rompere e deformare il
programma e non generare un nuovo programma.
9Marco Meneguzzo (a cura di), Ugo La Pietra il segno randomico opere e ricerche 1958/2016, [libro della mostra: Abitare è essere ovunque a casa propria 16 Aprile –
18 settembre 2016], MA*GA Galleratese (Varese), Silvana Editoriale, 2016, Dialoghi con Ugo La Pietra) p.24.
10 Ibidem.
9
5- Le immersioni (progetto “Uomosfera” 1968)
FIG. 8: Immersione “Uomosfera”, metacrilato opalino, 1968, figura estratta da sito archivio: www.ugolapietra.com
La composizione molecolare del plexiglass porta a considerare l’ordine più che la variazione
e la “randomicità”. Per questo Ugo La Pietra smette di concentrarsi sulla composizione
attuata sulla superficie del materiale e comincia a concentrarsi sullo spazio, cerca ambienti
che trasformino la realtà in modo più esplicito, senza poter essere interpretati come
generatori di programmi prestabiliti. L’oggetto, che prima poteva essere solo osservato e
azionato, ora si è trasformano in uno spazio che ingloba l’utente. L’installazione permette
una lettura molto più esplicita del cambiamento dell’ambiente, azionato per mezzo delle
azioni del fruitore.
Nelle “immersioni” è evidente un riferimento diretto ad artisti austriaci come Haus Rucker,
con opere come: “Go!”, 1972, o “Mind Expander”, 1967. “tentano di stabilizzare relazioni per
costruire paesaggi urbani. Hanno il ruolo di collegare differenti possibilità esistenziali” 11
10
“Per ritrovare il rifugio, in una sorta di privacy che è separazione e strumento di verifica delle
possibilità di intervento, attraverso elementi di rottura che spostano i termini codificati della
tradizione.” 13
La sfera diventa elemento che permette di distaccarsi dal contesto, pur avendo
consapevolezza dell'esistenza dello stesso. Essa è trasparente quindi l'utente ha la
possibilità di vedere tutto quello che accade fuori, è un tentativo di isolarsi ma allo stesso
tempo tutti possono leggere questo comportamento, quindi l'isolamento vero e proprio non
avviene.
“Le immersioni” invitano a toglierci dal contesto che ci circonda ma lo replicano fino alla
claustrofobia, offrono un “campo” diverso ma lo negano come alternativa già soluta,
recuperano e impongono alcuni valori disalienanti ma sotto forma di separazione 14
Per proporre nuove soluzioni alla società La Pietra rompe un equilibrio, toglie all’individuo
tutto quello che la società gli aveva imposto. Entrando in questo spazio si perde l’equilibrio,
non esiste più sopra, sotto, alto, basso. Si cerca il superamento della dimensione statica
della società. A La Pietra interessa l’interferenza, la contaminazione. Naturalmente bisogna
interpretare questo progetto come una metafora, per mezzo dell’esasperazione di un
problema si mette in mostra e si osservano le reazioni.
13 Luciano Inga Pin, catalogo della mostra Ugo la pietra. Il sistema di equilibrante, Galleria LP220, Torino 1971. ESTRATTO DA Angela Rui (a cura di), Ugo La Pietra.
]
Progetto disequilibrante, [catalogo della mostra a cura di Angela Rui: Milano, Triennale Design Museum 26 Novembre 2014 – 15 Febbraio 2015 , Corraini edizioni,
2014 Milano, p. 81
14 Tommaso Trini, in Il sistema disequilibrante, Edizione Galleria Toselli, Milano 1970
11
6- “In” rivista come dispositivo disequilibrante
FIG. 8 Copertina di “IN argomenti e immagini di design, Anno II, numero 2-3 Marzio Giugno 1971, figura estratta da sito archivio: www.ugolapietra.com
Il progetto le “immersioni” viene riportato alla pagina 2 di “IN 2,3” del 1971. Sull’immagine
di copertina di questa edizione vengono rappresentate due sedie spaccate a metà e in
basso compare la scritta “Distruzione dell’oggetto”. In questo numero viene denunciata la
perdita dei valori formali e lo sradicamento della dimensione domestica tradizionale. Il primo
atteggiamento espresso nel paragrafo alla pagina due, è un atteggiamento di denuncia nei
confronti della società:
“Fra i dati fondamentali del nostro tempo, uno dei più evidenti è lo sgretolamento dei valori
tradizionali nei processi di formalizzazione ,” 16
Una volta denunciati i valori della società viene criticato l’architetto contemporaneo che
continua a perseguire tali valori e canoni ormai perduti.
“…I quali ultimi non sono più operativi, anche se permangono come miti. Questo porta
spesso le avanguardie al risultato negativo… “ 17
Questo numero in vuole essere operativo. Abbiamo perciò interessato alcuni di coloro che
operano verso certe direzioni, invitandoli a produrre una serie di esperimenti nel campo del
design, per rafforzare così ogni blocco negativo che alla base li caratterizza. 18
La visione alla base di questo numero della rivista è distopica: portando all' esasperazione
il problema della forma si cerca la liberazione dai vincoli formali tradizionali, che con il
passare del tempo hanno perso credibilità, a causa dei fattori consumistici. In questo senso
“liberazione della forma” significa fare tesoro di tale degenerazione e cercare delle
possibilità in questa dimensione culturale, che ha provocato il disancoraggio totale dei valori
formali, valori che alcuni provano ancora a perseguire. Gli architetti radicali invece colgono
l’occasione e si liberano totalmente dai valori persi, generando oggetti paradossali, fuori da
ogni schema in grado di generare altri gradi di significato, non più riconoscibili nella
dimensione tradizionale.
Il pubblico che cerca la pietra è composto dagli “addetti ai lavori” 19. Per addetti ai lavori
intende che le sue opere sono per intellettuali, si rivolge ad essi per mostrare possibilità e
per cambiare l'atteggiamento comune. L'obiettivo di la pietra è quello di evidenziare
contraddizioni e mostrarle ai designer contemporanei. L'intellettuale, l'architetto, il designer
18Ibidem.
19 Marco Meneguzzo (a cura di), Ugo La Pietra il segno randomico opere e ricerche 1958/2016, (libro della mostra: Abitare è essere ovunque a casa propria 16 Aprile
18 settembre 2016, MA*GA Galleratese (Varese)), Silvana Editoriale, 2016, Dialoghi con Ugo La Pietra) p.24.
13
hanno una potenza e responsabilità incredibile nella società in quanto progettano la vita
dell'uomo.
FIG. 9/10: “Boutique Altre Cose”, Milano, 1969, figura estratta da sito archivio: www.ugolapietra.com
Nello stesso periodo in cui La Pietra si stava occupando delle “immersioni” progetta il
negozio “Altrecose”. Interessante notare come dall’oggetto simbolico “uomosfera”,
interpretato come dispositivo con valenza esclusivamente concettuale, nascano degli
oggetti che all’interno di uno spazio definisco funzioni specifiche. La Pietra cambia
continuamente forme espressive e scala dei progetti in modo da diffondere il più possibile
la sua visione nei confronti della società e raccontare la realtà. Il negozio si configura
secondo tre ambienti distinti. L’ambiente principale era caratterizzato da uno spazio
completamente vuoto, all’interno del quale venivano sospesi una serie di cilindri in
metacrilato trasparente. All’interno dei cilindri venivano collocati gli abiti. Un quadro comandi
permetteva al fruitore di selezionare i cilindri, all’interno dei quali venivano posti i i vestiti, e
farli scendere al livello del suo sguardo. In questo modo le strutture in plexiglass generavano
uno spazio dinamico che dipendeva dalle azioni dell’utente e rompeva continuamente
l’equilibrio dell’ambiente. Alcune di queste superfici erano state forate a freddo, come veniva
fatto per le prime “strutturazioni Tissurali”, e amplificavano, attraverso il riflesso, la
deformazione percettiva dell’oggetto. La densità di elementi all’interno dello spazio
generava un senso di oppressione, ottenuto attraverso oggetti molto fragili. L’elemento
viene percepito, grazie al riflesso, come un materiale massivo, mettendo in contraddizione
la sua natura esile. Viene ricercata “La destabilizzazione come tecnica per riacuire la
14
percezione dello spazio” 20. Interessante notare come l’arredamento di un ambiente possa
condizionare in modo così forte e invasivo la percezione dello spazio in cui siamo immersi.
Anche la musica all’interno dei camerini, che con tantissimi specchi alteravano e dilatavano
la percezione spaziale, veniva azionata dall’utente. Con questi meccanismi il fruitore
diventava totalmente partecipe all’ esperienza provata.
Il negozio, aperto giorno e notte, era collegato alla discoteca sottostante. Il passaggio,
mediato attraverso una piattaforma mobile su un piano inclinato, sottolinea la dicotomia
esistente tra l’ambiente confuso della discoteca e l’ambiente del negozio più chiaro e
ordinato. L’ascensore è il perno instabile fra questi due programmi diversi, permettendo una
condizione imprevedibile e instabile di attività simultanee.
20 Angela Rui (a cura di), Ugo La Pietra. Progetto disequilibrante, [catalogo della mostra a cura di Angela Rui:Milano, Triennale Design Museum 26 Novembre 2014 –
15 Febbraio 2015], Corraini edizioni, 2014 Milano, p. 81
21 Ivi p. 79.
15
8-Conclusione
Attraverso questo elaborato si percorrono alcuni progetti fondamentali per definire la teoria
all’interno della quale possiamo racchiudere tutta l’opera di Ugo La Pietra: “La teoria del
sistema disequilibrante”.
“L'oggetto che prima poteva essere solo osservato ora si trasforma in una installazione
che ingloba l'utente e attraverso ritmi elettronici altera la percezione della realtà. La sua
opera va interpretata all'interno di un pensiero destrutturante, da intendere come
atteggiamento cosciente critico, rispetto alla temperatura del presente.” 22
I diversi medium che utilizza sono strumenti diversi per raccontare “il disagio che emerge
nella percezione del mondo.”23
Sicuramente possiamo giustificare la sua cronologia come una ricerca verso il medium più
semplice e diretto per trasmettere questa destrutturazione e cercare di far reagire
l'individuo all' apatia provocata dalla quotidianità.
22 Ivi p.60
23 Ivi p.60
16
Bibliografia:
Angela Rui (a cura di), Ugo La Pietra. Progetto disequilibrante, [catalogo della mostra a cura di Angela
Rui:Milano, Triennale Design Museum 26 Novembre 2014 – 15 Febbraio 2015], Corraini edizioni, 2014 Milano
Marco Meneguzzo (a cura di), Ugo La Pietra - il segno randomico - opere e ricerche 1958/2016, [libro della
mostra: Abitare è essere ovunque a casa propria 16 Aprile - 18 settembre 2016, MA*GA Galleratese (Varese)],
SilvianaEditoriale, 2016
Hans Ulrich Obrist (a cura di), Cloud’ 68 – Paper voice , Smiljan Radic’s Collections of Radical Architecture
with interviews by Hans Ulrich Obrist, gta Verlag Zurich, 2018
Gianni Pettena, Radical design. Ricerca e progetto dagli anni ’60 a oggi, Ediz. Italiana, Maschietto Editore,
2004
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