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LEZIONI

DI

MECCANICA AGRARIA
Parte terza

Paolo Amirante

Professore di macchine ed impianti per le industrie agroalimentari

1
INDICE

LEZIONI DI MECCANICA AGRARIA 1

INDICE 2

CAPITOLO XX MACCHINE PER LA RACCOLTA DELLE


COLTURE ORTIVE ED INDUSTRIALI

20.1 Introduzione 7

20.2 Macchine per la raccolta dei pomodori 12

20.3 Macchine per la raccolta dei piselli 17

20.4 Macchine per la raccolta dei fagiolini 18

20.5 Macchine per la raccolta dei sedani dei finocchi e

delle carote 20

20.6 Macchine per la raccolta del cavolo cappuccio 22

20.7 Macchine per la raccolta degli spinaci 22

20.8 Macchine per la raccolta delle cipolle 23

20.9 Macchine per la raccolta dell’insalata 25

20.10 Macchine agevolatrici per la raccolta

di altri prodotti orticoli 25

20.11 Macchine per la raccolta delle patate 27

20.12 Macchine per la raccolta delle barbabietole 33

CAPITO XXI MACCHINE PER LA RACCOLTA DELLE


COLTURE ARBUSTIVE ED ARBOREE

21.1 Introduzione 42

21.2 La diffusione delle specie arbustive ed arboree

in Italia 43

21.2.1 Le origini della coltivazione della vite 43

21.2.2 Le origini della coltivazione dell’olivo 46


2
21.3 Le modalità di esecuzione della raccolta dell’uva 49

21.4 Tipologie costruttive delle vendemmiatrici in

funzione dei sistemi di allevamento 51

21.4.1 Vendemmiatrici a scuotimento orizzontale per

spalliere 54

21.4.1.1 Vendemmiatrici per spalliere multifunzione per

raccolta potatura cimatura e trattamenti 61

21.4.1.2 Adattamento del vigneto a spalliera alla

raccolta meccanica 64

21.4.2 Vendemmiatrici a scuotimento verticale per

doppia cortina (G.D.C.) 65

21.4.3 Vendemmiatrici a scuotimento misto per

tendone a pergola 67

21.5 Tipologie costruttive delle macchine per la


raccolta delle olive 72
21.5.1 Introduzione 72
21.5.2 Scelta dell’epoca di raccolta 77
21.5.3 Stoccaggio delle olive 79
21.5.4 Metodi di raccolta delle olive 81
21.6 Macchine e attrezzature per il distacco delle olive
dall’albero 84
21.6.1 Attrezzature di ausilio alla raccolta manuale 85
21.6. 2 Macchine per la bacchiatura della chioma 91
21.6.3 Macchine scuotitrici 93
21.6.4 Macchine intercettatrici 104
21.6.5 Macchine scuotitrici per la raccolta integrale delle olive 107
21.7 Macchine ed attrezzature per la raccolta dagli olivi
striscianti di Pantelleria 109
21.8 Macchine ed attrezzature per la raccolta delle olive
da terra 111
3
21.8.1 Macchine scopatrici 113
21.8.2 Macchine scopa-raccoglitrici 114
21.8.3 Macchine cernitrici 115
21.8.4 Macchine scopa-raccogli-cernitrici 116

CAPITOLO XXII MACCHINE PER LA POTATURA

22.1 Introduzione 119

22.2 Classificazione delle macchine operatrici 120

CAPITOLO XXIII PROPRIETA’ FISICO-MECCANICHE DEI

PRODOTTI AGRICOLI

23. 1 Introduzione 124

23.2 Caratteristiche di qualità del prodotto destinato

al consumo 124

23.2.1 Proprietà fisiche 126

23.2.2 Proprietà reologiche 127

23.2.3 Proprietà termiche 128

23.2.4 Proprietà elettriche 128

23.2.5 Proprietà ottiche 130

23.3 Tecnologie impiantistiche innovative 131

23.4 Contributi innovativi delle Università di Bari e di Foggia 133

23.5 Conclusioni 138

CAPITOLO XXIV MACCHINE ED IMPIANTI PER LE

OPERAZIONI DEL POSTRACCOLTA

24.1 Introduzione 140

24.2 Evoluzione delle tecnologie del post-raccolta 141

24.3 Gli impianti per la post-raccolta 148

24.3.1 Prerefrigerazione dei prodotti ortofrutticoli 148

24.3.1.1 Impianti di prerefrigerazione ad aria 149

24.3.1.2 Impianti di prerefrigerazione ad acqua 151

4
24.3.1.3 Impianti di prerefrigerazione sotto vuoto 152

24.4 Impianti per il controllo dell’atmosfera in cella 154

24.5 Tecnologie di selezione automatica dei prodotti 157

24.6 Conclusioni 158

CAPITOLO XXV GESTIONE TECNICO-ECONOMICA

DELLE MACCHINE AGRICOLE

25.1 Introduzione 159

25.2 Analisi delle quote di spesa per l’acquisto di una

macchina agricola 158

25.2.1 Spese fisse 159

25.2.2 Spese variabili 161

CAPITOLO XXVI AGRICOLTURA DI PRECISIONE

26.1 Introduzione 164

26.2 Utilizzazione dell’agricoltura di precisione nella

gestione delle trattrici e delle industrie agroalimentari 167

26.2.1 Sensori di prossimità 167

26.2.2 Sensori induttivi 167

26.2.3 Sensori capacitivi 168

26.2.4 Sensori di prossimità magnetici 169

26.2.5 Sensori di prossimità ad ultrasuoni 169

26.2.6 Sensori di prossimità ottici 169

26.3 Conclusioni 170

CAPITOLO XXVII MACCINE ED IMPIANTI PER L’IRRIGAZIONE

27.1 Introduzione 174

27.2 Fonti di approvvigionamento e relative scelte

degli impianti 174

5
27.2.1 Approvvigionamento idrico da fiumi 175

27.2.2 Approvvigionamento idrico da laghi 175

27.2.3 Approvvigionamento idrico da pozzi artesiani 176

27.3 Impianti per il sollevamento e la distribuzione dell’acqua 177

27.3.1 Le pompe 177

27.3.2 Gli irrigatori 183

27.3.3 Centralina automatica per il controllo dell’impianto irriguo 185

CAPITOLO XXVII MACCINE ED IMPIANTI PER LA

MUNGITURA MECCANICA

28.1 Introduzione 187

28.2 Mungitura delle vacche 188

28.3 Mungitura degli ovini e di caprini 191

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CAPITOLO XX
MACCHINE PER LA RACCOLTA DELLE COLTURE
ORTIVE ED INDUSTRIALI

20.1 Introduzione

Le macchine e gli impianti agroalimentari si dividono in due comparti, che hanno caratteristiche e logiche di
sviluppo completamente diverse e cioè: gli impianti per la conservazione dei prodotti freschi e di prima
elaborazione (selezione, pulizia, conservazione e trasporto) e quelli destinati alla estrazione o la
trasformazione della parte di prodotto destinata all’alimentazione umana.
Gli impianti di conservazione dei prodotti freschi tendono a preservare le loro caratteristiche naturali e a
minimizzare gli effetti dell’intervento tecnologico, valorizzando ciò che la natura e la tradizione alimentare ci
offrono (cfr. Figura 1).

Figura 1 Conservazione di ortaggi in barattoli

Le attese del consumatore rispetto ad un prodotto ortofrutticolo fresco sono anche relative ad un più
elevato valore nutrizionale, sebbene tali attese frequentemente sono poco comunicate sulle confezioni.
Si può affermare che i prodotti distribuiti al commercio ed in particolare quelli della IV gamma possano
anche essere intesi come una risposta al consumatore desideroso di prodotti sani, nutrienti e facili da
consumare, in quanto, la frutta e gli ortaggi rappresentano una ottima fonte di vitamine, minerali e fibre.
Essi sono, inoltre, molto ricchi di alcuni costituenti per i quali è stata dimostrata la loro azione positiva per
la salute dell’uomo, come carotenoidi e composti fenolici (cfr. Figura 2).

Figura 2 Costituenti nutrienti presenti negli ortaggi e nella frutta

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Gli impianti per la estrazione e trasformazione dei prodotti hanno lo scopo, invece, di intervenire sulla
materia prima, isolando la parte biologica destinata all’alimentazione, eventualmente elaborandola e
separando, invece, come scarto ciò che non è destinato al consumo alimentare.
Tuttavia, è importante sottolineare che la raccolta rappresenta una fase determinante nella filiera dei
prodotti ortofrutticoli, soprattutto in relazione all’epoca ed alle modalità di raccolta.
La raccolta può essere effettuata manualmente o più spesso con l’ausilio di specifiche macchine operatrici,
soprattutto per ciò che riguarda il taglio e lo scavo di organi ipogei; è importante che la manipolazione del
prodotto sia tale da non danneggiarlo provocando lesioni con urti o pressioni eccessive.
Per contenere tali rischi è opportuno operare con delicatezza, limitando cadute libere che possano
provocare lesione o ammaccature sulle linnee di lavorazione ed eccessivi livelli di riempimento dei
contenitori in vetro o in plastica.
Le operazioni di raccolta e trasporto dovrebbero essere eseguite con criteri di igienicità per la possibile
contaminazione dovuta agli operatori, alle attrezzature per la raccolta, ai contenitori e ai mezzi di
trasporto.
Dopo la raccolta è importante raffreddare rapidamente la materia prima per mantenerne inalterate le sue
caratteristiche ed in base alla specie si può ricorrere ad un raffreddamento tramite aria forzata, molto
usato e particolarmente efficace e versatile, o ad un raffreddamento con acqua gelida.
Il raffreddamento mediante vuoto è invece utilizzato per i prodotti con grande rapporto superficie/volume,
quali i prodotti fogliosi.
Il trasporto prevede la movimentazione dal campo al centro aziendale o ai centri di condizionamento e va
eseguito nel più breve tempo possibile per evitare la degradazione del prodotto.

Figura 3 Linea di lavorazione del prodotto fresco.

Nella seguente trattazione ci limiteremo ad esaminare gli impianti destinati ai processi del post-raccolta,
che analizzano le modalità di manipolazione ed elaborazione del prodotto ed hanno come obiettivi primari
la flessibilità, la differenziazione e l’innovazione (cfr. Figura 3).

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Le suddette esigenze tendono ad adeguare l’offerta dei prodotti e dei servizi che li accompagnano, alle
mutevoli e diverse esigenze dei consumatori, nonché alla normativa e alla relativa legislazione cogente, in
ordine alle imprescindibili esigenze di fornire un alimento di elevate caratteristi edonistiche, valorizzando
altresì i suoi aspetti nutrizionali e salutistici, nonché rendendoli sicuri dal punto di vista igienico-sanitario.
La prima tendenza di sviluppo della moderna tecnologia impiantistica è stata quella di perseguire il
miglioramento della qualità dei prodotti attraverso la riduzione degli effetti negativi connessi alle varie
operazioni di processo, pertanto, per ciascuna operazione unitaria, devono essere ridotti gli effetti legati ai
trattamenti termici, meccanici, chimici ed enzimatici ed in particolare è necessario intervenire nel processo
per ridurre: il danno termico, il danno ossidativo, il danno meccanico e il danno per contaminazioni
chimiche e biologiche (cfr. Figura 4).

Figura 4 Valutazione della evoluzione fisiologica del prodotto fresco.

Le innovazioni tecnologiche di processo di più recente introduzione che tendono a migliorare la qualità del
prodotto e conseguentemente le sue caratteristiche nutrizionali e funzionali sono le seguenti:
- uso di refrigerazione indiretta, in ambienti progettati con materiali isolanti di
caratteristiche di elevata qualità e con il controllo dell’atmosfera anche con l’uso di gas
tecnici per la frigoconservazione dei prodotti (cfr. Figura 5).
- riduzione o eliminazione nelle celle o nelle confezioni dell’ossigeno, con nuovi sistemi di
confezionamento sottovuoto o in atmosfera controllato o modificata e relativo controllo
anche con l’impiego di droni (cfr. Figure 5-6-7) ;
- impiego nei circuiti frigoriferi di fluidi naturali in sostituzione dei fluoro-cloro-carburi;
- sviluppo di processi con nuovi sistemi di trasporto del calore e con la riduzione delle
temperature nei processi di trattamento;
- sviluppo di sistemi innovativi di selezione del prodotto anche con l’uso di telecamere che
rilevano il danno e diano l’impulso a sistemi meccanici che scartino il prodotto
danneggiato;
- adeguate tecnologie di trasporto dal campo alla centrale ortofrutticola e quindi dei
prodotti confezionati al mercato (cfr. Figura 8).
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Figura 5 Celle frigorifere per prodotti alimentari

Figura 6 Confezionamento salumi e stoccaggio frigorifero di formaggi

Figura 7 Controllo di prodotti e di processi con telecamere e droni

Figura 8 Trasporto di alimenti con carri frigoriferi

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Il favore per tali prodotti è legato al fatto che esiste una categoria di consumatori, in aumento, che non
dispone di tempo per la preparazione dei pasti.
Le tecnologie innovative hanno fornito un notevole contributo a questo settore, consentendo di ottenere
una tipologia di prodotto di elevata qualità, sia in termini di aspetto esteriore, che di valore organolettico e
nutrizionale; inoltre, le tecnologie innovative introdotte hanno consentito di ottenere una minore deperibilità
deiprodotti.
La shelf-life, letteralmente significa “vita del prodotto sullo scaffale”, è quel periodo di tempo durante il
quale il prodotto deve mantenere inalterate le sue caratteristiche qualitative, nelle normali condizioni di
conservazione e utilizzo.
La shelf-life è strettamente correlata alla durata di un alimento che può essere espressa come “da
consumarsi entro” oppure “da consumarsi preferibilmente entro” secondo le indicazioni degli articoli 9 e 10
del D.L. 181 del 2003.
Le tecnologie innovative hanno migliorato i trattamenti post-taglio e d’imballaggio, che mirano in particolare
al rallentamento dell’imbrunimento e della perdita di consistenza.
Infine, le basse temperature (intorno alla 0°C), i trattamenti termici e l’imballaggio in atmosfera modificata
tendono ad allungare la vita commerciale dei prodotti della IV gamma.
Da questo punto di vista è in corso un forte dibattito legato alla sostenibilità ambientale di tale pratica e si
guarda con molta speranza alla crescente disponibilità ed utilizzo di materiali per le confezioni
completamente riciclabili in tempi brevi e, in molti casi, ottenuti a partire da sottoprodotti o da materiale
vegetale.
Naturalmente il consumatore, che è disposto a pagare un prezzo più alto per un prodotto di alto valore, ha
delle aspettative molto elevate, sia in termini di qualità sensoriale, sia in termini di valore nutrizionale e di
sicurezza chimica e microbiologica.
Un altro aspetto importante, anche e non solo per il sempre maggior grado di attenzione da parte dei
consumatori, riguarda la sostenibilità ambientale di questa tipologia di prodotti.
Da questo punto di vista, come già innanzi detto, sarebbe molto importante la disponibilità sempre
maggiore di materiali da imballaggio completamente biodegradabili, possibilmente provenienti da fonti
rinnovabili.
Infine, un altro aspetto della massima importanza riguarda l’aumento del grado di sicurezza relativo al
consumo di questa tipologia di alimenti, soprattutto, anche se non esclusivamente, dal punto di vista
microbico.
Infatti, anche se sarebbe auspicabile la messa a punto di un trattamento risolutivo in termini di carica
microbica, inclusa quella potenzialmente patogena per l’uomo (il famoso killing-step di cui molto si parla
nell’industria), tale soluzione appare difficilmente compatibile con lo stato del prodotto fresco, quindi
facilmente danneggiabile da qualsiasi trattamento eradicante attualmente conosciuto e praticabile
nell’industria alimentare.
In particolare, dopo una prima analisi sugli aspetti relativi alla qualità dei prodotti, in relazione ai parametri
fisiologici, chimico-fisici, microbiologici e sensoriali, saranno esaminati gli aspetti tecnologici ed impiantistici
relativi alla trasformazione industriale, con particolare riferimento ai trattamenti post-raccolta che mirano in
particolare al rallentamento dell’imbrunimento e della perdita di consistenza, nonché alla selezione e al
confezionamento.
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Pertanto nel in questo capitolo si esamineranno inizialmente le tecnologie più adeguate di raccolta dei
prodotti ortofrutticoli ed in particolare del pomodoro e successivamente quelle di numerosi altri ortaggi.

20.2 Macchine per la raccolta del pomodoro

La coltivazione del pomodoro è molto estesa in Italia e coinvolge sia il prodotto fresco da destinare al
consumo diretto che il prodotto destinato all’industria di trasformazione e conservazione, per la produzione
di pelati, concentrati e salsa.
L’operazione di raccolta richiede un notevole impiego specifico di manodopera se fatta manualmente.
Essa, infatti, richiede il distacco delle bacche singolarmente, scegliendo quelle mature e sane, e il
successivo collocamento delle bacche stesse in contenitori e nel caricare, poi, i contenitori su un
rimorchio o un autocarro.
L’operazione richiede di effettuare più passaggi sulle stesse piante nel corso del periodo di raccolta,
essendo il pomodoro una coltura a maturazione scalare più o meno spinta, in relazione soprattutto alla
cultivar utilizzata.
Per contenere i costi della raccolta si è ricorsi alla sua meccanizzazione, con l’introduzione di macchine
che fossero in grado di esplicare tutte o parte delle varie fasi legate alla operazione di raccolta (cfr. Figura
9).

Figura 9 Macchina per la raccolta integrale del pomodoro

Naturalmente ciò è possibile solo per quel prodotto che non richiede una manipolazione e una selezione
accurate, come può essere quello destinato al mercato fresco o in parte al confezionamento dei pelati.
Quindi, le macchine per la raccolta sono state realizzate quasi esclusivamente per il prodotto destinato alla
trasformazione in concentrati o in salsa ed in genere le macchine sono gestite dalle stesse industrie
destinate alla trasformazione del prodotto.

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Il modo di operare di una macchina raccoglitrice di pomodori comprende le seguenti fasi (cfr. Figura 10):

- taglio della pianta


- carico e trasporto della pianta
- distacco delle bacche dalla pianta eseguito a amano
- selezione delle bacche manualmente su pianale
- scarico delle bacche in cassette o cassoni.

Come si può notare, la macchina raccoglitrice è stata concepita in modo tale da effettuare il taglio
completo della pianta e quindi la raccolta meccanica avviene con un solo passaggio, a differenza della
raccolta manuale che prevede la raccolta scalare delle bacche.
D’altra parte sarebbe molto più complicato, se non addirittura impossibile, realizzare un organo raccoglitore
in grado di effettuare la selezione e la raccolta direttamente sulla pianta con efficacia accettabile.
Pertanto, risulta chiaro che la qualità di lavoro della macchina, intesa come percentuale di bacche ritenute
mature e sane, dipenderà esclusivamente dalle caratteristiche di maturazione della cultivar, che dovranno
essere tali da assicurare una maturazione più contemporanea possibile del prodotto, altrimenti si potrà
arrivare a perdite che superano il 50%, per prodotto non maturo, molto maturo o marcio, in relazione la
periodo in cui si decide di intervenire.

Figura 10 Operazioni di raccolta del pomodoro: raccolta con taglio meccanico,


selezione manuale e selezione ottica e successivo scarico su
rimorchio

Altro problema da segnalare per la raccolta meccanica è quello dei danni dovuti ad urti ed abrasioni che
possono derivare alle bacche durante la manipolazione che avviene a bordo della macchina, nel percorso
che avviene dal taglio della pianta allo scarico finale nei mezzi di trasporto.
Importanti sono, quindi, le caratteristiche di resistenza al danno per limitare le perdite di qualità e anche
tali caratteristiche dipendono dalla cultivar. Pertanto la ricerca scientifica ha puntato ad individuare e
selezionare cultivar che avessero nello stesso tempo la maggior contemporaneità possibile di maturazione
e la migliore resistenza possibile ai danni meccanici, cosa che è stata ottenuta con successo anche

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attraverso selezioni genetiche del pomodoro, arrivando a una maturazione contemporanea del prodotto
superiore al 90%, con resistenza anche alla malattie, in modo tale da arrivare a contenere le perdite totali
dovute agli scarti al disotto del 10%.
Le macchine raccoglitrici di pomodori, a seconda della connessione alla macchina motrice, possono
essere di tipo portato, trainato o semovente realizzate secondo i seguenti schemi costruttivi:
- macchina portata (poco utilizzata);
- macchina trainata (cfr. Figura 11 A);
- macchina semovente (cfr. Figura 11 B).

A B

Figura 11 Raccoglitrici del pomodoro trainata (A) e semovente (B)

Le macchine portate sono state attualmente abbandonate, poco utilizzate sono quelle trainate (cfr. Figura
11 A), per cui di fatto vengono utilizzate, quasi esclusivamente, quelle semoventi, macchine che, in
genere, sono gestite direttamente dalle industrie che eseguono la successiva elaborazione del prodotto.
Tale scelta è legata soprattutto al loro elevato costo, che può essere assorbito su una superficie
dominabile elevata, e quindi è molto importante che si operi su grandi estensioni e con rapidità nel
periodo utile per la raccolta.
L’operazione di selezione del prodotto potrebbe essere fatta presso il centro aziendale, ma in genere si
preferisce farla a bordo della macchina, lasciando scarti e residui della pianta sul campo con eventuale
successivo recupero.
Pertanto, le macchine attualmente utilizzate sono tutte con selezione a bordo, quindi a raccolta integrale, e
si dividano in due categorie:

- raccoglitrici integrali con selezione manuale


- raccoglitrici integrali con selezione automatizzata

Nelle sue linee essenziali una macchina raccoglitrice di pomodori è costituita da:

- un apparato di taglio della pianta a barra falciante o a dischi;


- un apparato scuotitore per il distacco delle bacche;
- un gruppo di selezione e pulizia del prodotto;
- i trasportatori e gli elevatori della pianta e delle sue varie parti distaccate;
- Il gruppo motore e le trasmissioni alle ruote aegli organi operatori della macchina.

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Le macchine semoventi sono dotate di motore di potenza idonea sia alla sua dislocazione che al moto dei
diversi meccanismi a bordo di essa (cfr. Figura 12).

Figura 12 Macchina semovente per la raccolta integrale dl pomodoro con selezione manuale

Il moto si realizza, in genere, attraverso trasmissioni idrauliche, che permettono di raggiungere facilmente
tutte le parti della macchina, cosa che sarebbe abbastanza complicata con trasmissioni meccaniche,
considerate le dimensioni e la complessità della macchina.

Figura 13 Macchina per la raccolta integrale del pomodoro con apparato selezionatore automatico

La macchina per la raccolta integrale del pomodoro con apparato selezionatore meccanico è costituita dai
seguenti apparati:

- un apparato di taglio;
- un nastro elevatore delle piante;
- un nastro sterratore;
- un trasportatore per eliminazione terra e pietre;
- gli scuotitori per distacco bacche;
- un nastro grigliato per la selezione delle bacche in base alla dimensione;
- un nastro elevatore per scarico prodotto selezionato;
- un ventilatore

La pianta viene tagliata alla base e convogliata da un aspo verso un nastro elevatore a catene, il quale la
deposita sugli organi scuotitori.
Tali organi sono conformati a scalini, come gli scuotipaglia di una mietitrebbia, e hanno lo stesso
movimento vibratorio ottenuto con albero a gomiti.

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Il movimento sussultorio provoca il distacco delle bacche che cadono su un nastro trasportatore
sottostante, mentre la pianta prosegue sugli scuotitori fino ad essere scaricata sul retro della macchina (cfr.
Figura 14).
Nelle macchine più moderne tale sistema è stato sostituito da quello a nastri vibranti o a raggi vibranti (cfr.
Figura 15). Il separatore a raggi vibranti consiste in un rotore metallico dotato di bacchette di materiale
plastico disposte a raggiera. Il rotore è collegato ad un eccentrico che fornisce al sistema un moto
vibratorio, per cui le bacchette che intercettano le piante di pomodoro e le conferiscono uno scuotimento
che provoca il distacco delle bacche.

Figura 14 Separatore a nastro vibrante Figura 15 Separatore a raggi vibranti

I pomodori pervengono poi trasferiti da idonei trasportatori al gruppo di selezione e pulizia.


La pulizia viene effettuata mediante un ventilatore localizzato a breve distanza dal nastro trasportatore e
serve ad eliminare le impurità presenti nel prodotto. La cernita viene effettuata da un numero di operai
variabile da due a quattro sulle macchine a cernita manuale.
Mentre sulle macchine a cernita automatica l’operazione di selezione viene effettuata o con sistema
meccanico o con sistema elettronico.
Il sistema meccanico, anche se piuttosto semplice, essendo costituito in genere da un trasportatore a
maglie, non assicura una selezione soddisfacente, in quanto esso è basato sulla eliminazione delle bacche
in base alla loro dimensione, per cui il prodotto ha bisogno di una ulteriore cernita in azienda.
Molto più efficace, anche se non raggiunge l’efficienza della cernita manuale, è il sistema a comando
elettronico messo a punto negli ultimi anni che si basa sul riconoscimento del colore attraverso sensori
ottici e che permette di eliminare i frutti che non hanno raggiunto un grado sufficiente di maturazione (cfr.
Figura 16 e 17).

Figura 16 Selezionatore ottico Figura 17 Schema funzionale del selezionatore ottico

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Tale sistema di selezione prevede che pomodori vengano fatti passare davanti ai sensori che effettuano
l’esame ottico della superficie di ciascuna bacca e sulla base del risultato del colore medio ottenuto
attraverso l’integrazione della superficie, i sensori possono decidere sulla eliminazione o meno dei
pomodori.
L’eliminazione viene ottenuta con l’intervento di un dito che viene comandato elettronicamente dal segnale
ricevuto dal sensore corrispondente e che scatta intercettando il frutto ed indirizzandolo, quindi, verso un
altro nastro diverso da quello su cui cade il prodotto maturo.

20.3 Macchina per la raccolta dei piselli

Per la raccolta del piselli da industria è operante da molti anni un tipo di macchina (cfr. Figura 18) che
non ha subito nel corso del tempo sostanziali modifiche, per quanto riguarda gli organi di lavoro.

Figura 18 Macchina per la raccolta di piselli

Mentre, importanti sono state le modifiche migliorative riguardanti la trasmissione del moto e la
manovrabilità della macchina, ottenute grazie all’avvento e l’introduzione, come su tutte le macchine
moderne, dell’oleodinamica e dell’elettronica.
La macchina più efficiente per la raccolta dei piselli è di tipo semovente ed è costituita nelle sue parti
principali dagli apparati riportati nello schema di Figura 19.
L’apparato raccoglitore è costituito da un pick-up con diti in tondino di ferro che operano un pettinamento
della pianta intercettando i baccelli (cfr. Figura 19 A).
I baccelli vengono inviati attraverso un nastro trasportatore ad un apparato trebbiante (cfr. Figura 19 B)
costituito da due battitori che operano il distacco dei piselli dal baccello.
Dopo la pulizia il prodotto viene inviato in un contenitore sistemato sulla macchina (cfr. Figura 19 C),
mentre i baccelli e le impurità vengono eliminate sul campo, dove vengono successivamente nel campo o
trasportate all’esterno per avviarle ad un impianto di compostaggio.

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A

Figura 19 Schema della macchina per la raccolta dei piselli

Dalla tramoggia, una volta riempito il cassone, i baccelli vengono scaricati nel cassone di un rimorchio che
trasporterà in tempi molto brevi il prodotto all’industria che provvede alla surgelazione con sistema a letto
fluido.

Figura 20 Raccoglitrice smovente di piselli

20.4 Macchine per la raccolta dei fagiolini

Per la raccolta dei fagiolini esistono sul mercato due tipologie di macchine, quella destinata alla raccolta
del fagiolino da industria e quella destinata alla raccolta del fagiolino fresco; entrambe le due tipologie di
macchine sono basate sullo stesso principio di funzionamento e cioè il pettinamento della pianta che
provoca il distacco dei baccelli.
La macchina per il fagiolino da industria è in genere di tipo semovente ed è dotata di un apparato
raccoglitore costituito da un aspo a tamburo rotante disposto trasversalmente alla direzione di
avanzamento, che può operare su più file di piante, realizzando così una notevole capacità di lavoro.

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Prima del rotore opera un nastro trasportatore che comprime la pianta e ne facilita l’ingresso nel rotore. Lo
schema funzionale di tale macchina è riportato nella Figura 21.

Figura 21 Macchina raccoglitrice del fagiolino

Figura 22 Particolari costruttivi: apparato di raccolta selezione e prima pulizia dei fagiolini

Le parti principali della macchina sono, oltre all’apparato di raccolta, l’apparato separatore e di prima
pulizia dei baccelli, il gruppo di seconda pulizia e il serbatoio di stoccaggio (cfr. Figura 22).
La macchina per la raccolta dei fagiolini per il mercato fresco è, in genere, di dimensioni più ridotte in
quanto può operare su una solo fila, per cui può essere sia di tipo trainato che semovente (cfr. Figura 23).
La distanza tra le file deve essere tale da poter permettere il passaggio della macchina con le ruote
nell’interfilare.
Un rotore, disposto longitudinalmente, opera il pettinamento lateralmente delle piante, cioè muove le
foglie al fine di consentire all’apparato di raccolta di avvicinarsi delicatamente alla pianta per non
danneggiare il baccello.
Le piante non subiscono l’azione di compressione, come nella macchina per il fagiolino da industria e, per
permettere all’organo raccoglitore di esplorare l’intera pianta con delicatezza senza procurare quindi
danneggiamenti al prodotto, il rotore è inclinato in modo tale che nella parte anteriore esplora la parte più
alta della pianta, mentre nella parte posteriore esplora la parte più bassa.
La macchina è, poi, dotata di apparati di selezione e pulizia analoghi a quelli della macchina destinata alla
raccolta dei baccelli per l’industria.

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Nella figura 23 viene riportato un modello di tale macchina in lavorazione.

Figura 23 Macchina semovente per la raccolta del fagiolino per il mercato fresco

20.5 Macchina per la raccolta dei sedani, dei finocchi e delle carote

Per la raccolta dei sedani e dei finocchi l’Università di Bari ha eseguito una prolungata attività di ricerca in
collaborazione con aziende dedite alla esportazione del sedano bianco, in molti Paesi dell’Europa ed in
particolare per la Germania e l’Inghilterra.
La macchina costruita prima sperimentalmente e poi utilizzata in modo continuativo opera il taglio della
parte radicale della pianta alla base, per estirpamento e convogliamento della pianta e taglio della parte
fogliare apicale. Uno schema di tale macchina viene riportato nella Figura 24.

Figura 24 Schema di macchina per la raccolta dei sedani e dei finocchi: 1) Spartitore 2) coltello 3)
convogliatore 4) galoppini tenditori 5) corsoio regolatore 6) ruotino di appoggio 7)
distanziatore 8) pistone a doppio effetto 9) rinvio angolare 10) pompa idraulica 11) motore
idraulico 12) sega a nastro 13) convogliatore di scarico 14) trasportatore a tapparelle 15)
attacco p.d.p.

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La macchina viene utilizzata in genere per il prodotto da industria o per quello confezionato per il mercato
fresco.
E’ chiaro che in quest’ultimo caso si regola l’apparato di taglio fogliare in base alla lunghezza stabilita per il
prodotto da confezionare.
Il taglio della radice avviene tramite un coltello inclinato che può essere regolato in altezza. Il
convogliamento del prodotto viene effettuato da due cinghie trapezoidali disposte in senso longitudinale e
inclinate dal basso verso l’alto.
Tali cinghie sono tenute a contatto per il loro dorso da rulli tenditori e ruotano in senso contrario. Le cinghie
afferrano la pianta ad una certa altezza, la estirpano e la trasportano mantenendola verticale fino
all’altezza in cui si trova l’apparato di taglio superiore costituito da un sega a nastro.
Il prodotto tagliato viene inviato in un contenitore o scaricato in un rimorchio che avanza al lato della
macchina. Per assicurare una buona efficienza della macchina è necessario effettuare una semina di
precisione che curi in particolare la profondità di semina, onde assicurare una uniformità di crescita della
pianta e quindi un taglio preciso della radice senza provocare danneggiamenti.
Nella Figura 25 A vi è una immagine della macchina portata lateralmente da una trattrice.

Figura 25 A Raccoglitrice portata per sedani e finocchi

Con lo stesso tipo di macchina è possibile raccogliere anche le carote: in questo caso l’apparato di raccolta
è privo del coltello e le carote vengono estirpate afferrate per la parte fogliare dalle cinghie trapezoidali ed
estirpate dal terreno. La macchina, inoltre, è priva dell’apparato di taglio fogliare superiore ed il prodotto
viene convogliato tal quale in un contenitore o in un rimorchio (cfr. Figura 25 B).

Figura 25 B Raccoglitrice semovente per carote

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20.6 Macchina per la raccolta del cavolo cappuccio

Per la raccolta del cavolo cappuccio viene utilizzata una macchina simile a quella per sedani e finocchi.
Nella macchina, manca però l’apparato di taglio superiore, in quanto Il cavolo viene sollevato con
delicatezza dal terreno e afferrato alla base da cinghie trapezoidali, che lo trasportano verso l’apparato di
taglio. Il suddetto apparato è costituito da due coltelli controrotanti che tagliano il gambo della radice ad
altezza tale da non recare danno al cuore del cavolo.
Il prodotto viene convogliato verso un tavolo di cernita e poi verso un trasportatore elevatore a catene che
trasporta il prodotto in un contenitore che si affianca alla macchina durante la raccolta (cfr. Figure 26 A e
26 B). La macchina è, in genere, di tipo portato dalla trattrice attraverso l’attacco a tre punti e con organi
operatori a comando completamente idraulico alimentato dal sistema idraulico della trattrice.

Figura 26 A Macchina per la raccolta del cavolo cappuccio Figura 26 B La macchina in lavorazione

20.7 Macchina per la raccolta degli spinaci

Gli spinaci sono ortaggi largamente utilizzati nell’industria conserviera e del freddo, per cui le macchine per
la loro raccolta sono abbastanza diffuse e possono essere sia di tipo trainato o che semovente (cfr. Figura
27).

Figura 27 Macchina per la raccolta degli spinaci

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La macchina può essere trainata o semovente, nel primo caso il suo funzionamento è semplificato, in
quanto la raccolta consiste nel taglio della parte aerea della pianta e nel convogliamento del prodotto verso
un contenitore secondo lo schema indicato nella Figura 27; per cui la macchina è dotata di una barra
falciante e di un trasportatore-elevatore delle foglie.
La capacità di lavoro della macchina semovente è molto elevata e quindi, per migliorarne l’autonomia è
dotata di un cassone molto capiente per il contenimento degli spinaci raccolti (cfr. Figura 28).

Figura 28 Macchina semovente per la raccolta degli spinaci

20.8 Macchina per la raccolta delle cipolle

La raccolta delle cipolle può essere effettuata in due fasi distinte e quindi con due macchine diverse che
operano in successione.
La prima macchina esegue lo scavo dei bulbi, la sua pulitura dal terreno e la loro disposizione in andane.
La seconda macchina effettua la raccolta delle cipolle dalle andane, esegue una seconda pulizia e la
cernita.
Nella Figura 29 viene riportato lo schema costruttivo di uno scava-cipolle in cui vengono indicati gli
apparati principali della macchina e cioè:

1) la lama oscillante;
2) la ruota di profondità;
3) il nastro trasportatore pulitore;
4) il nastro con traversale porta-dita in gomma;
5) il rullo per livellamento del terreno;
6) il vibratore del nastro trasportatore di pulizia;
7) le dita in gomma.

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Figura 29 Schema funzionale dello macchina scava-cipolle: 1) la lama oscillante;
2) la ruota di profondità; 3) il nastro trasportatore pulitore; 4) il nastro
con traversale porta-dita in gomma; 5) il rullo per livellamento del
terreno; 6) il vibratore del nastro trasportatore di pulizia; 7) le Dita in
gomma.

Le cipolle vengono, poi, scavate dal terreno (cfr. Figura 30), con una seconda macchina, che esegue
l’operazione con l’azione di un vomere oscillante e le indirizzata poi su un nastro trasportatore a griglia al
disopra del quale agisce un contro nastro con dita in gomma che intercettando i bulbi e li liberano dalle
impurità (cfr. Figura 31).
Le cipolle da serbo si raccolgono ad agosto-settembre, con tempo asciutto, quando le foglie non sono
completamente secche ma ingiallite e piegate in basso; dopo la raccolta si procede ad una attenta
selezione prima di eseguire lo stoccaggio, eliminando quei bulbi che presentano danni o marciumi.

Figura 30 Schema funzionale della macchina raccoglitrice di cipolle: 1)


Nastro raccoglitore; 2) Contro-nastro; 3) Banco di cernita a
griglie oscillanti intercambiabili; 4) Gruppo idraulico

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Figura 31 Macchina raccoglitrice di cipolle

20.9 Macchina per la raccolta dell’insalata

Per la raccolta di alcuni tipi di insalata come la lattuga, l’invidia, radicchio, è ipotizzabile la raccolta con
l’utilizzo di una macchina che opera il taglio alla radice e trasporta il prodotto verso un banco di cernita
manuale ed il successivo confezionamento in cassette (cfr. Figura 32).
La macchina può operare su diverse file ma è necessario che il prodotto sia predisposto alla raccolta e
cioè che vengano tracciate distanze interfilari tali da permettere il passaggio delle ruote della macchina tra
le file, come viene illustrato nella Figura 33.

Figura 32 Disposizione dei bulbi in cassette Figura 33 Preparazione della coltura per la raccolta

20.10 Macchine agevolatrici per la raccolta di altri prodotti orticoli

Per la raccolta di quei prodotti orticoli per i quali è difficile ottenere una efficienza di raccolta meccanica
accettabile, in particolare quanto è destinato al mercato fresco, possono essere utilizzate macchine
agevolatrici che alleviano soprattutto la movimentazione e manipolazione del prodotto sul campo.
Infatti, in questo caso la raccolta intesa come distacco del prodotto dal terreno viene operata manualmente
e successivamente il prodotto viene affidato alla macchina.
In genere, le macchine utilizzate vengono indicati come carri agevolatori che possono essere portati o
trainati dal trattore nel campo, perché la macchina è dotata di un contenitore o piattaforma per le cassette

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per la collocazione del prodotto preparato per il trasporto ai bordi del campo; un esempio di carro
agevolatore è quello per la raccolta del cavolfiore che dispone di un lungo trasportatore a catena
opportunamente sagomato sul quale vengono collocati i cavoli raccolti a mano.
I cavoli giungono sulla piattaforma del carro dove avviene la sistemazione in cassette, secondo lo schema
di lavorazione rappresentato nella Figura 34.

Figura 34 Raccolta del cavolfiore

Più diffuse e più versatili per la raccolta di diversi prodotti, sono le agevolatrici che sono dotate di
trasportatori con tappeto mobile, sul quale è possibile collocare diversi tipi di ortaggio quali i carciofi, le
melanzane e i cocomeri, così come si indicato nelle Figure 35, 36 e 37.

Figura 35 Machina agevolatrice con nastro trasportatore a tappeto

Figura 36 Macchina agevolatrice nella raccolta delle melenzane

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Figura 37 Machina agevolatrice per la raccolta dei cocomeri

20.11 Macchine per la raccolta delle patate

Una attenzione particolare si ritiene opportuno dedicare alla patata, affermatasi solo alla fine del secolo
XVIII, in breve la patata divenne l'alimento fondamentale nell'alimentazione italiana. In Irland e più in
generale dell’intera Europa.
Esistono quattro tipologie di prodotto che si trovano normalmente in commercio: a) patate a pasta gialla,
che viene utilizzata per le insalate e le cotture in forno; b) patate a pasta bianca, che sono utilizzate
nelle puree, nelle crocchette o negli gnocchi; c) patate novelle, che vengono raccolte a maturazione non è
completa e sono a breve conservazione; d) patate a buccia rossa e pasta gialla, che vengono utilizzate
per le cotture intense quali cartoccio, forno e frittura.
Le operazioni che occorre svolgere per la raccolta consistono in:

- defogliazione, per l’eliminazione della parte aerea della pianta;


- scavo, per portare in superficie i tuberi;
- andanatura, per predisporre i tuberi in andane;
- raccolta, per prelevare i tuberi dalla superficie del campo;
- pulitura, che consiste nel liberare i tuberi dal terreno e dalle impurità
- cernitura e calibratura, che consiste nel selezionare le patate
- scarico e trasporto del prodotto

Poiché sono numerose le operazioni richieste per la raccolta delle patate, conseguentemente sono
numerosi i modelli di macchine realizzate, in relazione al fatto che le macchine possono effettuare le
singole operazioni o più di una contemporaneamente e possono essere di tipo portato, trainato o
semovente; qui di seguito vengono elencati i tipi di macchine che possono essere utilizzate per le varie fasi
della raccolta delle patate, tenendo conto delle operazioni sia strettamente necessarie che facoltative e
della loro successione cronologica e cioè:

- defogliatrici;
- scavatrici andanatrici;

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- scavatrici pulitrici andanatrici ;
- caricatrici pulitrici;
- caricatrici pulitrici cernitici;
- raccoglitrici integrali a cernita manuale con senza defogliazione;
- raccoglitrici integrali a cernita meccanica con o senza defogliazione.

Le macchine defogliatrici possono agire autonomamente alcuni giorni prima delle operazioni di scavo,
sono portate dalle trattrici e possono essere accoppiati alle scavatrici raccoglitrici, siano esse di tipo
trainato o semoventi.
La macchina defogliatrice può essere una comune trincia-stocchi portata, il cui apparato trinciante è
costituito da un albero ruotante su asse orizzontale, dotato di flagelli radiali e superiormente racchiuso da
un carter di lamiera (cfr. Figura 38).

Figura 38 Macchina defogliatrice per le patate


I flagelli provvedono a sminuzzare la parte aerea delle piante e le eventuali erbe infestanti spandendole sul
terreno e rendendo così più facile il successivo lavoro di scavo e raccolta dei tuberi.
Le scavatrici (cfr. Figura 39) sono macchine generalmente portate o semi-portate e sono molto impiegate
per piccole superfici e nelle zone collinari dove la pendenza non permette l'impiego di macchine
raccoglitrici integrali di notevoli dimensioni.

Figura 39 Diverse tipologie di macchine scavatrici di patate

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Le scavatrici possono essere di diversa tipologia e dotate di organi operatori che possono operare su una
fila o più file di raccolta. I modelli più semplici sono costituiti da un telaio portante sul quale è montato un
largo vomere, a sezione piana o leggermente concava, che provvede allo scavo ed al sollevamento del
terreno e dei tuberi. Il vomere può essere costituito da un solo elemento intero, da due o più elementi a
forma di denti inclinati in avanti per favorire l’interramento.
In ordine agli aspetti costruttivi dei singoli apparati, preliminarmente è opportuno precisare che il vomere è
regolabile rispetto al telaio, per esplorare profondità diverse e può essere dotato di moto vibratorio con un
sistema ad eccentrico; nelle macchine monofila ha la larghezza di 50 - 60 cm. Ai lati del vomere possono
essere montati dei dischi molto simili a quelli presenti sulle macchine combinate
.Le scavatrici (cfr. Figura 40) sono, in genere, dotate di dispositivi pulitori ed andanatori che possono
consistere in:
- un organo di scavo
- un cestello in tondini di acciaio
- una griglia oscillante o rotante
- un nastro trasportatore dotato di moto lineare o oscillatorio.

Figura 40 Organi di lavorazione di una scavatrice: organi di scavo, di trasporto

Tali organi separano i tuberi dalle zolle di terreno con efficacia legata alle caratteristiche costruttive, alla
regolazione, alle caratteristiche del terreno e dei tuberi. I tipi a nastro trasportatore trovano un loro efficace
campo d'impiego in terreni leggeri, mentre per terreni pesanti si mostrano più adatte le macchine a griglia
rotante.
La successiva operazione di raccolta da terra, se operata a mano, risulta essere faticosa ed onerosa;
infatti, se una scavatrice può lavorare un ettaro in 2 - 4 ore, utilizzando un solo operatore, un operaio,
raccogliendo da terra, ha una capacità operativa di 80 - 120 kg/h e su tale capacità incide, oltre alla
densità del prodotto, anche il risultato qualitativo dell'operazione di scavo.
La raccolta dei tuberi da terra può essere comunque meccanizzata con l’impiego di macchine caricatrici in
genere di tipo trainato, basate su un dispositivo di raccolta a pettini trasversali alla direzione di
avanzamento dotati di moto rotativo e su un successivo sistema di nastri trasportatori a barrette trasversali,
che provvedono anche ad un'ulteriore pulitura del prodotto; un elevatore a tazza trasferisce le patate al
carro rimorchio che procede parallelamente. Tali macchine caricatrici possono essere dotate di sistemi più
o meno complicati per un ulteriore pulizia del prodotto, oltre a quella effettuata dal nastro trasportatore e di
un sistema di cernita in generale di tipo manuale.
Nel caso di coltivazioni più importanti per estensione è preferibile ricorrere per convenienza economica a
macchine più efficienti che effettuano contemporaneamente tutte le operazioni previste per una raccolta

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completa dei tuberi dal punto di vista quanti-qualitativo. Sono allo scopo disponibili le macchine raccoglitrici
integrali con cernita manuale o meccanica.
Sono macchine idonee per strutture aziendali ampie e razionali; richiedono buone operazioni di
preparazione del terreno, di semina e di diserbo; effettuano la raccolta integrale provvedendo
contemporaneamente allo scavo dei tuberi, alla separazione dal terreno e dalla parte epigea della pianta,
ad una prima selezione dei tuberi ed al loro carico in tramogge, incorporate alla macchina stessa e
periodicamente scaricabili, o su un rimorchio che procede affiancato. Inoltre tali macchine possono essere
dotate di un dispositivo posto nella parte anteriore che provvede alla eliminazione della parte fogliare della
pianta con andanatura e possibilità di recupero dei residui fogliari.
Nelle macchine con cernita manuale il numero di operatori necessari per completare il lavoro di
separazione dei tuberi dalle zolle e da quelli che non presentano una qualità commerciabile sufficiente, può
variare da due a sei, e detto numero dipende dal rapporto terreno / tuberi all'atto della cernita.
Si hanno, poi, modelli più completi dove gli operatori eliminano dalla tavola di cernita le impurità, mentre il
flusso di patate viene avviato ai contenitori, e macchine più semplici, che realizzano una mediocre pulizia
del prodotto, dove gli operatori prelevano dalla tavola di cernita i tuberi sani e di opportuno calibro, mentre
le impurità vengono convogliate a terra; tale concetto costruttivo torna senz'altro utile quando sulla stessa
tavola il rapporto terra/tuberi è uguale o superiore a 1.
.Le scavatrici-raccoglitrici sono macchine trainate o semi-portate, solitamente a una fila ed il movimento
degli organi di lavoro deriva dalla presa di potenza della trattrice.
Le scava-raccoglitrici sono costituite dai seguenti apparati:
1 - l'apparato di scavo;
2 - l'apparato di convogliamento e di pulitura;
3 - la sezione di cernita;
4 - l'apparato di accumulo;

L’apparato di scavo è costituito da un tamburo tastatore, da un vomere escavatore e da coltri a dischi


laterali (cfr. Figura 41).

Tamburo
tastatore

Coltri a
Vomere dischi

Figura 41 Organi di scavo: tamburo tastatore, vomere e coltri dischi laterali

30
Il rullo tastatore ha la forma di due tronchi di cono saldati in corrispondenza della sezione minore e nella
sua sezione periferica ricalca quella del sovralzo che contiene i tuberi; è un organo di regolazione della
profondità di scavo del vomere e viene premuto sul terreno mediante molle.
Pertanto, le sue funzioni sono quelle di comprimere la porca e costipare le zolle, posizionare alla giusta
profondità gli organi di escavo, impedire il rotolamento dei tuberi sui lati e limitare in una certa misura la
profondità di estirpazione.
Il vomere escavatore e simile a quello delle macchine scavatrici semplici.
Esiste pure una soluzione, per terreni molto sciolti, che prevede una coppia di dischi controrotanti
opportunamente inclinati sul terreno, sfruttanti per il loro movimento la presa di potenza della trattrice per
cui esigono poco sforzo di trazione.
L'applicazione nelle raccogli-caricatrici di una coppia di dischi lateralmente al rullo tastatore, folli od
oscillanti (nel caso di terreni sassosi), consente da un lato di limitare gli ingolfamenti per la parte aerea
raccolta, dall'altro di facilitare lo scavo della massa, data la formazione di una fetta regolare di terreno.
La presenza di tali organi impedisce ai tuberi di spostarsi lateralmente prima di arrivare all'imbocco del
trasportatore-elevatore e quindi determina una riduzione delle perdite di prodotto.
Tali dischi possono avere un diametro variabile da 45 a 60 cm ed il perimetro esterno scanalato.
L’apparato di convogliamento è costituito in genere da trasportatori-elevatori a nastro o a ruota, la cui sua
funzione e di convogliare le patate a livello superiore ove è sistemata la sezione di cernita.
Nel tragitto fino alla piattaforma di selezione il prodotto viene sottoposto a un’azione meccanica che
permette di eliminare progressivamente oltre che la parte più polverulenta della terra, anche una parte dei
corpi estranei (zolle, pietre, residui vegetali) lasciandole passare tra le maglie dei nastri trasportatori.
L’eliminazione dei corpi estranei può essere incrementata con veri e propri apparati di pulizia disposti
lungo la linea di transito del prodotto. I gruppi di pulizia, oltre a sfruttare l’azione meccanica di vibrazione,
possono effettuare la separazione dei corpi estranei utilizzando meccanismi che selezionano il materiale in
base alle loro caratteristiche di forma e densità.
L’eliminazione preventiva della parte epigea mediante apparato defogliatore favorisce naturalmente
l’operazione di pulizia del prodotto.
Nella suddetta Figura 41 è rappresentato lo schema di una macchina raccoglitrice integrale delle patate
di tipo trainato con sistema di cernita manuale.
Tale macchina è dotata di un sistema di pulizia basato su una griglia vibrante al disotto del primo nastro
trasportatore elevatore a catene disposto longitudinalmente e su un dispositivi che sfruttano le diverse
caratteristiche di rotolamento dei tuberi e delle impurità, disposti in punti diversi della linea di tragitto del
prodotto.

31
Nella Figura 42 è riportato lo schema funzionale di una macchina raccoglitrice integrale dei tuberi con
cernita manuale.

Figura 42 Schema funzionale di una macchina raccoglitrice integrale dei tuberi con cernita manuale: 1
dispositivo di traino; 2 leve di regolazione velocità organi di lavoro; 3 ruotino di supporto; 4
tastatore regolazione profondità di lavoro; 5-scatola del riduttore; 5-vomere di scavo; 7-coltri a
disco; 8 trasportatore-elevatore a catene; 9 griglia vibrante; 10 giunto di trasmissione del moto; 11
trasportatore trasversale; 12 variatore di velocità; 13 regolazione dell’inclinazione della tavola di
cernita; 14 settore di separazione delle impurità; 15 trasportatore-elevatore a ruota; 16 deflettori
per separazione impurità.

In particolare il nastro trasportatore della sezione di cernita manuale è regolabile in inclinazione per
adattarlo a condizioni diverse di prodotto per quel che riguarda tali caratteristiche di rotolamento.
Malgrado l'efficienza e la successione delle operazioni effettuate dai meccanismi di separazione e pulitura
operate sulle scavatrici raccoglitrici, rimangono ancora residui vegetali, alcune zolle e tuberi non
commercializzabili (troppo verdi, attaccati da malattie o che hanno subito danneggiamenti). E' per questo
che la presenza di personale presso la tavola di cernita è spesso indispensabile se il produttore vuole
raccogliere un prodotto immediatamente commercializzabile.
La cernita manuale può avvenire in due modi:

- l'operatore preleva i tuberi dal flusso principale trasferendoli su un altro nastro;


- l'operatore raccoglie le impurità, le zolle residue e le patate tagliate o marce.

Ciò, in relazione allo stato in cui i tuberi arrivano sul tavolo di cernita, se frammisti a molte impurità o
sufficientemente puliti.
Il numero di operatori impiegati, in piedi su pianali o più raramente seduti, varia da 1 a 6 in funzione della
capacità di raccolta, delle condizioni particolari del cantiere e del tipo di macchina.

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Un interessante sistema per la separazione dei tuberi dai sassi e dal terreno è basato sul principio che il
prodotto raccolto passi su un nastro tra una fonte di raggi X ed un sensore.
Le pietre e le zolle aventi la stessa grandezza dei tuberi essendo più resistenti alla penetrazione dei raggi,
permettono al sensore di mettere in moto un meccanismo pneumatico ad alta velocità che induce alcuni
elementi deflettori a ritirarsi si che il materiale indesiderato venga filtrato e restituito al terreno.
Il prodotto raccolto e pulito può essere quindi accumulato nei seguenti modi:

- nella tramoggia della macchina raccoglitrice;


- direttamente su mezzo di trasferimento;
- in cassoni palettizzati;
- in sacchi o cassette.

Nel caso sia previsto l'insaccamento, sulla macchina vi è una piattaforma per ospitare il personale adibito
al riempimento dei sacchi ed all'accumulo dei sacchi stessi (il sistema di riempimento può anche essere
meccanizzato).
Le macchine dotate di serbatoi propri sono quelle più complete ed evitano ulteriori passaggi sul terreno di
altri mezzi diminuendo in tal modo il costipamento dello stesso.
Alcuni tipi di macchine, in particolare le versioni semplificate e quelle a più file, scaricano direttamente il
prodotto in un carro che procede affiancato alla raccoglitrice tramite un elevatore e trasportatore
orientabile, ad altezza e inclinazione variabile. Tale sistema è poco diffuso (cfr. Figura 43), perché
necessita di campi lunghi e capezzagne spaziose per le manovre degli automezzi.

Figura 43 Macchina raccoglitrice integrale di tuberi con cernita meccanizzata dotata di


apparato defogliatore e sistema di scarico in andane dei residui vegetali

Le scavatrici-raccoglitrici integrali con cernita meccanizzata sono nella sostanza simili alle precedenti,
hanno, però, un apparato di pulizia più sofisticato ed efficiente, che provvede anche ad effettuare
l’operazione di cernita del prodotto senza l’intervento dell’uomo.
La capacità di lavoro è elevata ed inoltre la macchina presenta il vantaggio di non richiedere manodopera
per la cernita durante la raccolta; con tali tipi di macchine si può ritenere che, in buone condizioni di lavoro,
la tara non debba superare il 25% del totale della massa raccolta.

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20.12 Macchine per la raccolta delle barbabietole

La raccolta delle barbabietole da zucchero può essere attualmente totalmente meccanizzata; questa
meccanizzazione è avvenuta ponendo molteplici problemi sia ai costruttori che agli utenti. Le principali
difficoltà incontrate vengono dalla pianta stessa e dalla sua epoca di raccolta.
Ciò è legato al fatto che le parti vegetali da recuperare sono delle radici a radicamento profondo (fittoni),
quasi completamente interrate, spesso di facile spaccatura e che rappresentano una massa/ettaro
compresa fra 25 a 50 tonnellate.
Inoltre, le piante della barbabietola sono provviste di foglie che si devono eliminare totalmente, prima della
raccolta; esse rappresentano, con i loro colletti, un peso uguale o leggermente superiore a quello delle
radici; inoltre, la posizione, la dimenie l'altezza delle barbabietole possono essere molto variabili, il che
impone alle macchine molte difficoltà di adattamento.
La raccolta delle barbabietole si compone di varie fasi:

- defogliazione (eventuale), che consiste nell’eliminazione della parte aerea della pianta;
- scollettamento, che consiste nell’asportare il colletto della barbabietola;
- estirpamento, che consiste nell’estrarre la barbabietola scollettata dal terreno;
- andanatura (eventuale), che consiste nel disporre in andane il prodotto;
- raccolta o carico, che consiste nel prelevare le bietole dalla superficie del terreno
- pulizia, che consiste nell’eliminazione delle impurità, costituite in prevalenza dal terreno
- scarico e trasporto
- eventuale recupero delle foglie e dei colletti

Come per la raccolta delle patate anche per le bietole le fasi delle operazioni di raccolta sono numerose,
per cui anche in questo caso i modelli di macchine realizzati sono molteplici, in relazione al fatto che essi
possono effettuare una sola operazione o più di una nella raccolta detta a fasi separate, mentre la
macchina per la raccolta integrale è detta a fasi riunite.
Le macchine presenti sul mercato possono essere classificate in relazione alle fasi della raccolta a cui esse
sono destinate o in ordine alla loro successione cronologica rispettivamente in:

- macchine defogliatrici;
- macchine scollettatrici;
- macchine defogliatrici-scollettatrici;
- macchine estirpatrici-andanatrici (con o senza pulitura)
- macchine raccoglitrici o caricatrici da andane(con o senza pulitura)
- benne caricatrici da cumuli
- machine raccoglitrici integrali ad una o più file

La sfogliatura e lo scollettamento delle barbabietole da zucchero sono operazioni necessarie per i seguenti
motivi: la presenza delle foglie causerebbe problemi tecnologici al livello delle lavorazioni in stabilimento; lo
stoccaggio delle radici, sul campo, può durare più settimane e determina una perdita in zucchero
conseguente ad una rimessa, sempre possibile, di nuove foglie

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Inoltre, la parte superiore della radice, germoglio terminale e colletto, è la più ricca in sali minerali (nocivi
alle lavorazioni) e la più povera in zucchero.
Lo scollettamento è un'operazione utile nella misura in cui è eseguito senza approfondire il taglio.
Negli anni scorsi, lo scollettamento si eseguiva senza preventiva defogliazione, con macchine scollettatrici
semplici; attualmente si preferisce invece, per uniformare l'altezza del taglio, asportare solo la parte aerea,
migliorando notevolmente la qualità di lavorazione.
La defogliazione si ottiene mediante una trinciatrice analoga a quella per la defogliazione delle patate. Le
foglie possono anche essere disposte in andane per un successivo recupero a mezzo di una coclea
trasversale. In alcuni casi un ventilatore centrifugo posto all'estremità della coclea assicura il carico
simultaneo delle foglie in un rimorchio.
Lo scollettamento si ottiene attraverso un apparato costituito da un coltello e da un tastatore, cui il coltello
è collegato elasticamente. Il taglio del colletto è ottenuto con una fine lama metallica, molto tagliente e
disposta obliquamente.

Figura 44 A Schema di scollettatrice Figura 44 B Schema di defogliatrice scollettatrice

Nella Figura 44 A è rappresentato lo schema di funzionamento di una macchina scollettatrice semplice,


mentre nella Figura 44 B si riporta lo schema di funzionamento di una macchina defogliatrice scollettatrice.
L'altezza del taglio è regolata dal tastatore che si appoggia sulle barbabietole e determina le variazioni
d'altezza della lama. L'insieme deve dunque essere mobile; il montaggio più frequente è realizzato su
parallelogramma deformabile. Il tastatore può essere a pattino o a tamburo.

Figura 45 Tastatore a pattino Figura 46 Tastatore a tamburo

35
Il tastatore a pattino (cfr. Figura 45) è costituito da un pattino che si appoggia elasticamente, per effetto di
una molla, su ogni barbabietola, trascinando il coltello nel suo movimento; tale soluzione è quella più
semplice e la più economica.
Il tastatore a tamburo (o rotativo) è costituito da un tamburo rotante liberamente (folle) o, qualche volta,
animato a velocità ridotta, allo scopo di mantenere la barbabietola sotto la spinta del coltello.
Il tamburo è a superficie dentellata per favorire il rotolamento del rullo sulla parte superiore della
barbabietola a contatto della quale viene tenuto con la pressione di una molla (cfr. Figura 46).

La funzionalità del tastatore è assicurata dalle due regolazioni (cfr. Figura 47):

- l'altezza e l'inclinazione del taglio;


- la pressione sul tastatore.

Figura 47 Regolazione del taglio

L'altezza della scollettatura è determinata dalla distanza regolabile tra il tastatore e il coltello; per evitare
perdite eccessive il taglio non deve superare l'altezza di 1-1,5 cm dall'attacco della parte aerea del
tamburo. Né d'altra parte può andare molto al disotto di questo valore per gli inconvenienti cui si è
accennato in precedenza.
La lama deve poter effettuare un taglio orizzontale. La pressione esercitata dai tastatori sulle barbabietole
è regolata con una molla agente sul loro scorrimento verticale o con un parallelogrammo deformabile.
Una pressione insufficiente provoca rimbalzo dell'insieme ad ogni variazione di livello mentre una
pressione eccessiva rischia di spingere le barbabietole prima della scollettatura, determinando delle lesioni
o rotture della radice.
Dopo il taglio del colletto si ha la fase di estirpamento che consiste nell'estrarre il fittone dal suolo senza
romperlo, per evitare le perdite, e portando via meno terreno possibile. Le radici sono in seguito pulite poi
raggruppate in andane o caricate.

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A B

Figura 48 Estirpatori con vomeri a piastre (A) o a dischi (B) Figura 49 Estirpatore vibrante

Il lavoro di estirpamento propriamente detto è certamente il più delicato di tutti.

Dopo numerose prove su diversi dispositivi, negli ultimi anni, la quasi totalità dei costruttori ha optato per le
seguenti due soluzioni:

- vomeri a piastre (A);


- vomeri a dischi (B).

L'estirpamento si effettua bene in condizioni di ambiente secco, in tal caso i rischi di rottura delle radici
sono limitati.
Alcuni costruttori utilizzano un equipaggiamento munito di vomeri oscillanti (cfr. Figura 49).
I montanti di supporto dei vomeri sono fissati su un braccio orizzontale articolato ad una delle estremità e
animato di oscillazioni verticali di piccola ampiezza, mediante un eccentrico.
Questo dispositivo presenta più vantaggi: migliore taglio del terreno con volume estratto molto ridotto ed
intasamenti meno frequenti grazie alle vibrazioni dei vomeri che ostacolano l'accumulo dei detriti.
Dopo la fase di estirpamento, le barbabietole possono essere raccolte direttamente (macchine a fasi
riunite) o messe in andane.

Figura 50 Defogliatrice scollettatrice Figura 51 Estirpatrice andanatrice

Le macchine più utilizzate per la raccolta a fasi separate sono le defogliatrici scollettatrici (cfr. Figura 50) e
le estirpatrici andanatrici (cfr. Figura 51), che sono in genere di tipo portato e possono agire agevolmente
su più file, consentendo una elevata capacità di lavoro.

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Figura 52 Apparato a gabbia per la pulizia delle barbabietole

Prima di essere disposte in andane, le barbabietole possono essere sottoposte a pulizia attraverso un
apparato sterratore, che si trova a bordo della stessa macchina estirpatrice.
L'organo di pulizia (cfr. Figura 52) è costituito in genere da una o più gabbie rotanti; questi organite, di
elevato diametro, girano in un piano prossimo all'orizzontale, e sono costituite da una serie di denti
metallici, spesso incurvati, disposti radialmente.
Le griglie verticali, disposte alla periferia delle turbine, lasciano passare il terreno, e bloccano le
barbabietole che poi ricadono sul piano di campagna. L'ultima fase è di raccolta e rappresentata dal carico
delle barbabietole che può essere effettuata facendo passare sull'andana una macchina raccogli-
caricatrice (cfr. Figura 53), nel caso di raccolta a fasi separate.
Tale macchina è dotata di un dispositivo costituito da due trapiantatori a catene con listelli in acciaio che
girano in senso inverso.
Il trasportatore inferiore passa a raso del suolo per meglio distaccare le radici che sono poi riprese dal
trasportatore superiore più corto e più avanzato; questo secondo trasportatore imprigiona e forza le
barbabietole a salire sull'elevatore principale

Figura 53 Macchina raccogli-caricatrice semplice con trasportatore a scarico laterale

Figura 54 Schema di raccogli caricatrice con apparato di pulizia

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La raccogli-caricatrice è dotata in genere di un trasportatore trasversale per lo scarico in rimorchio che
procede a fianco della macchina oppure di un serbatoio che può essere scaricato alle capezzagne in
cumuli, dai quali viene poi caricato in rimorchi con una benna caricatrice.
Il passaggio delle barbabietole sui nastri trasportatori della macchina consente una ulteriore pulizia del
prodotto dal terreno che filtra attraverso i listelli. Il trasportatore inferiore può essere regolato in altezza dal
suolo ed il trasportatore superiore può essere regolato sulla sua distanza da quello superiore. La raccogli-
caricatrice può essere anche dotata di sistema di pulizia a tamburo (cfr. Figura 54).
Una volta definite quali sono le operazioni fondamentali che occorrono per completare il cantiere di raccolta
delle barbabietole (cfr. Figura 55) si fà rilevare che dette operazioni possono essere compiute
separatamente da più macchine o contemporaneamente da una sola macchina.
Nel primo caso avremo macchine che operano a fasi (o cantieri) separate; nel secondo caso avremo una
macchina che opera a fasi (o cantieri) riunite (cfr. Figura 56). Le macchine che operano a fasi separate si
possono distinguere in semplici, che effettuano una sola operazione, e composte, che ne compiono più
d'una. Le soluzioni possono essere molteplici, ma in ogni caso gli organi di lavoro sono simili a quelli
descritti per le singole operazioni (cfr. Figura 55).
L'operazione di sterramento e pulitura può essere inserita sulle estirpatrici o sulle caricatrici.

Figura 55 Schema di raccolta delle barbabietole nel cantiere a fasi separate

Figura 56 Schema di raccoglitrice integrale di bietole

La macchina a cantieri riuniti (cfr. Figure 56-57) è in genere di tipo semovente con potenza proporzionale al
numero di file su cui opera (da 1 a 3).

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Figura 57 Macchina a cantieri riuniti
La macchina più diffusa opera su una sola fila e richiede una potenza complessiva di circa 60 kW. Sono
disponibili tuttavia macchine che possono operare su due o più file (fino a sei file), il cui impiego è destinato
evidentemente a superfici di notevole estensione considerato l’impegno economico per l’ammortamento
della macchina.
Le scavabietole moderne sono dotate, oltre che dell'apparato defogliatore, di un apparato per l'accumulo
dei colletti, che possono essere o raccolti in andane e successivamente recuperati ed inseriti direttamente
in un contenitore (cfr. Figure 57 - 58). Gli organi operatori della macchina sono realizzati in sequenza
come descritto in precedenza. La macchina semovente è dotata, nella maggior parte dei casi, di
contenitore per i tuberi, al quale il prodotto arriva attraverso un elevatore grigliato.

Figura 58 Raccoglitrice integrale delle bietole dotata di apparato per il recupero


dei colletti e delle foglie.

Bibliografia
(1960) CANDURA G. “Appunti del corso di meccanica agraria”, Distribuiti a cura dell’Istituto di
Meccanica Agraria di Bari, Bari, dicembre 1960.
(1960) FILIPPI F. “Piccola enciclopedia Esso di meccanica agraria”, Editore Arnoldo Mondadori,
Verona dicembre 1960, pagg. 1- 572.
(1965) DIPAOLA G. “Appunti del corso di meccanica agraria”, Distribuiti a cura dell’Istituto di Meccanica
Agraria di Bari, Bari, gennaio 1965.

40
(1973) AMIRANTE P. “Criteri di progetto delle macchine agricole”, Rivista di Ingegneria Agraria, n.2
1973, Officine grafiche Calderini, Bologna, n. 2 1973, pagg. 95-102

(1975) ARRIVO A. PANARO V. “Meccanica Agraria”, Edizioni Quadrifoglio, Bari novembre 1975.

(1988) SALTINI A. “ L'orto dell'Eden. Maghi, veggenti e scienziati dell'agricoltura "naturale", Edizioni
Edagricole, Bologna 1988.

(1999) BIONDI P. “Meccanica Agraria. Le macchine agricole”, Edizioni UTET, Torino 1999.

(2005) GIARDINI L. “Potenzialità produttiva e sostenibilità dei sistemi colturali”, Edizioni Hoepli, Milano
2005.

(2007) SANTAMARIA P., “I sistemi di allevamento in vaso con subirrigazione a ciclo chiuso” Edizioni Aracne,
pagg.1-128. ISBN 978-88-548-1190-4

(2009) PARENTE A., SANTAMARIA P., “ Il caso dei residui spiaggiati di Posidonia oceanica: da rifiuto a risorsa”
Edizioni Levante Bari, pagg. 1-208, ISBN 978 88 7949 521 9

(2013) INCROCCI L., DIMAURO B., SANTAMARIA P., PARDOSSI A., “La concimazione azotata degli ortaggi”
Edito a cura di Barone e Bella & C, Ragusa, pagg. 1-246, ISBN 978-88-909125-0-4

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CAPITO XXI

MACCHINE PER LA RACCOLTA DELLE COLTURE


ARBUSTIVE ED ARBOREE

21.1 Introduzione
L'agricoltura è l'attività umana che consiste nella coltivazione di piante. La finalità principale dell'agricoltura
è quella di ottenere prodotti dalle piante, da utilizzare a scopo alimentare e non, ma sono possibili anche
altre finalità che non prevedano l'asportazione dei prodotti.
La storia della vite e delle altre colture arbustive ed arboree accompagna la storia dell’uomo nel vicino
Oriente e in Europa; l’utilizzo della vite selvatica è una prima tappa di un lungo viaggio attraverso mitologia,
arte e vicende dei popoli.
La nascita della specie vegetale “vite” risale a tempi geologici, come documentato da impronte di foglie
di Vitis sezannensis rinvenute in strati di tufo paleocenico nel sito di Sézannes, in Francia, che datano
fra 59 e 55 milioni di anni fà circa.
Ma altre tracce fossili di piante di vite sono state trovate in strati risalenti al Cretaceo, circa 140 milioni di
anni fa; la vite comune sarebbe l’unica specie della serie vinifera e si identifica con la vite di origine
euroasiatica; la vitis vinifera sub-specie sativa, è la sottospecie che comprende tutte le varietà coltivate
nella attuale viticoltura.
In Italia, sul Lago di Bracciano (Roma) sono stati ritrovati frammenti di vitis sylvestris, datati fra il 5.750 e
il 5.260 a.C.; anche in Friuli, in provincia di Udine, è stato rinvenuto un sito datato tra 5.600 e 4500 a.C. ed
altri resti di vite selvatica.
L'economia dell'Egitto era basata sull'agricoltura e fu tra le prime popolazioni che, oltre aa utilizzare
l'aratro in legno e la zappa, coltivavano la vite (cfr. Figura 59); soprattutto nel bacino del Medio Oriente e
del Mediterraneo, l'uomo, abbandonata la vita nomade, cominciò ad addomesticare gli animali ed a
coltivare delle piante erbacee, arboree ed arbustive, fra cui anche la vite.
Durante il medioevo giunsero in Europa nuove piante arbustive ed arboree portate dagli paesi arabi,

Figura 59 Coltivazione della vite nell’antico Egitto

La storia dell’olivo è simile a quella della vite ed è profondamente legata a quella delle origine dell’umanità;
nella antichità, la coltivazione dell’olivo e la successiva estrazione dell’olio dall’oliva, si intrecciano
strettamente con la storia e la mitologia, fino a confondersi; la pianta d’olivo, comparsa per la prima volta
42
probabilmente nell’Asia occidentale, si diffuse in tutta l’area mediterranea, dove il suo culto fu consacrato
da tutte le religioni.
Fin dai tempi più remoti l’olivo fu considerato un simbolo trascendente di spiritualità e sacralità, sinonimo di
fertilità e rinascita, di resistenza alle ingiurie del tempo.
L’olivo rappresentava nella mitologia, come nella religione, un elemento naturale di forza e di purificazione;
da numerose ricerche bibliografiche, eseguite nel secolo scorso, è stato ormai accertato che la coltivazione
dell’olivo ha origini ad almeno 6.000 anni fa; ne fanno fede racconti, tradizionali, testi religiosi e
rinvenimenti archeologici.
Probabilmente, la pianta ebbe il suo habitat originario in Siria ed i primi che pensarono a trasformare una
pianta selvatica in una specie domestica furono senza dubbio popoli che parlavano una lingua semitica.
Dalla Siria facile fu il suo trapianto in Grecia, dove trovò una inaspettata fortuna e applicazione che la
resero, poi, indispensabile ai popoli antichi del Mediterraneo.
I Romani coltivarono l’olivo a partire dal 580 a.C.; infatti, e Gaio Plinio Secondo affermava che esistevano
almeno quindici specie di olivo, con nomi diversi, fra cui citava la taggiasca, la casalina, la cellina di Nardò,
la moraiola, la leccina e l’ogliarola.
In un pur breve excursus storico, non possiamo dimenticare che la cultura dell’olio di oliva è giunta sino a
noi, attraverso il Medioevo, per opera di alcuni Ordini religiosi, fra cui in particolare i Benedettini ed i
Cistercensi.

Figura 60 Oliveti secolari degli areali produttivi pugliesi (Fasano, Ostuni, Lecce)

Si precisa, inoltre, che attualmente una parte non trascurabile dell’olio di oliva del Meridione d’Italia è
prodotta da oliveti secolari, che caratterizzano il paesaggio e rappresentano una risorsa economica di
elevata importanza per tale territorio; infatti, tale territorio è oggi indicato, in Puglia (cfr. Figura 60), come
“Parco agrario degli olivi secolari” e si estende sulla fascia costiera con oltre 700.000 piante ultra secolari;
pertanto, la produzione di questa olivicoltura va protetta attraverso azioni di tutela, sia del Territorio sia
dell’olio prodotto da queste piante, non trascurando tuttavia la moderna olivicoltura intensiva presente in
numerosi areali produttivi italiani.

21.2 La diffusione delle specie arbustive ed arboree in Italia


21.2.1 Le origini della coltivazione della vite

Tra le specie arbustive ed arboree coltivate in Italia, quelle che occupano la maggiore superficie sono
sicuramente la vite e l'olivo.
La vitis vinifera è nota anche come vite europea, anche se più propriamente dovrebbe essere definita
euroasiatica.

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L'areale di origine non è ben definito, un tempo si pensava proveniente dalla Transcaucasia, regione
geografica costituita dagli stati di Georgia, Armenia e Azerbaigian.
La coltura della vite compare in Europa verso la fine del Terziario, 6 milioni di anni fà, ma la sua
utilizzazione risale al Neolitico, nell'Europa mediterranea veniva coltivata per produrre uve da vino,
mentre nell'Europa caucasica per la produzione di uva da tavola.
Infatti, scritture sumeriche risalenti alla prima metà del III millennio a.C. testimoniano che la vite veniva già
allora coltivata per produrre vino. Con l’inizio dell’età del Ferro, e in particolare dopo l’VIII secolo a.C., un
clima più asciutto, un progressivo consistente miglioramento della temperatura nelle stagioni intermedie e
l’attenuazione delle punte fredde nella stagione invernale agevolano potenzialmente la diffusione della
viticoltura anche in Italia settentrionale. L’evoluzione delle tecniche e l’ingentilimento dei vitigni selvatici da
parte dei centri indigeni hanno nel frattempo reso disponibile i presupposti tecnici fondamentali per un salto
di qualità nelle coltivazioni, ma un ruolo evidente nell’adattamento della vite coltivata in Cisalpina, con la
predisposizione di varietà e tecniche colturali innovative, sembra concordemente assegnato sia dalle fonti
storiche che dai dati archeologici agli Etruschi.
Non è certo in quale epoca sia iniziata in Italia la viticoltura: le prime testimonianze nell'Italia del Nord
risalgono al X secolo a.C. in Emilia (cfr. Figura 61); attualmente la coltura è diffusa in più di 40 Paesi al
mondo, anche se più della metà della produzione mondiale si ha in Europa (soprattutto Spagna, Italia e
Francia).

Figura 61 Prime testimonianze della coltivazione della vite in Italia

Le molte specie di vite appartengono alla Famiglia delle Vitaceae o Ampelideae, genere Vitis, suddiviso in
due sottogeneri:
- Muscadinia;
- Euvitis.
Le varie specie sono riunite in tre gruppi in base all'areale di origine: viti americane, viti asiatiche orientali e
viti euroasiatiche (comprendenti un'unica specie, la vitis vinifera).
La vitis vinifera comprende due sottospecie: la vitis vinifera silvestris (che comprende le viti selvatiche
dell'Europa centrale e meridionale, dell'Asia occidentale e dell'Africa settentrionale) e la vitis vinifera sativa
(che comprende le viti attualmente coltivate).
Le viti coltivate si possono suddividere in viti orientali (viti caspiche e asiatiche) e viti mediterranee (viti
pontiche e occidentali).
Le pratiche della coltivazione in campo della vite comprendono l'insieme delle tecniche che vanno dalla
messa a dimora delle barbatelle innestate fino all'epoca dell'espianto delle piante invecchiate; le barbatelle
sono piccole viti innestate su portainnesti americani, che sono resistenti alla fillossera (insetto appartenente
all'ordine dei rincoti) contrariamente alle viti europee.

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La durata fisica di una pianta coltivata è piuttosto lunga (mediamente un vigneto può vivere fino a 20-30
anni, ma sono necessari svariati interventi dopo l’impianto e cioè: concimazione, potatura, trattamenti
contro i parassiti e raccolta. Il ciclo biologico della vite è costituito dal germogliamento, la fioritura,
l’allegagione, l’invaiatura e la maturazione. Ciascuna varietà di vite (vitigno) ha dei periodi caratteristici per
ciascuna di queste fasi biologiche, tali periodi vengono denominati "epoche fenologiche" (cfr. Figura 62).

Figura 62 Epoche fenologiche della vite


Il germogliamento, ossia lo schiudersi delle gemme, avviene nel mese di marzo. Vi sono tre tipi di gemme:
le gemme pronte o estive che danno origine solo a rami improduttivi (detti femminelle), le gemme dormienti
o ibernenti che si apriranno l’anno successivo in primavera per produrre germogli con fiori e frutti, le
gemme latenti che restano inattive anche per parecchi anni e si schiudono solo in caso di necessità, ad
esempio dopo una gelata.
Si ritiene opportuno descrivere brevemente le varie fasi della coltivazione della vite: impianto, potatura,
concimazione, irrigazione e raccolta.
Il tracciamento dei sesti d'impianto è importante per decidere le distanze a cui porre le piante, poiché una
volta cresciute è molto difficile modificarle, tenendo sempre ben presente il tipo di forma d'allevamento
scelta ed inoltre la possibilità di meccanizzazione (oggi fondamentale).
I pali ovviamente devono essere messi in verticale con la massima precisione, per questo oggi si usano
macchine che li piantano con altissima precisione; importantissimi inoltre sono i pali di testata che devono
avere una certa inclinazione e delle ancore ad almeno 1 m sotto terra. è necessario decidere che forma di
allevamento scegliere tra quelle in volume (tridimensionali), ovvero ad alberello; a controspalliera
(bidimensionali), ovvero a tralcio rinnovato fra cui: guyot, capovolto, archetto o a cordone permanente
(speronato, sylvoz o casarsa, cordone verticale); a tetto (parallelo al terreno) come pergola, tendone, raggi
(belussi), spalliere-pergole; doppie cortine (G.D.C., duplex), cortina semplice (cordone libero).
Nella Figura 63 si riportano alcune immagini delle pratiche della coltivazione della vite dalla potatura, alla
concimazione alla irrigazione e alla raccolta manuale.

Figura 63 Pratiche colturali della viticoltura: potatura, concimazione, irrigazione e raccolta manuale
La potatura si suddivide in: potatura di allevamento che assicura un rapido sviluppo della struttura
scheletrica e radicale della vite ed una rapida messa a frutto; potatura di produzione che ha lo scopo
anche di mantenere le piante "pulite" e nella forma di allevamento stabilita, ma soprattutto di massimizzare

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la produzione di uva, eliminando i rami che portano meno frutti, garantendo un adeguato carico gemmario
limitando la vigoria: lasciare solo i rami "essenziali" fa sì che la pianta concentri tutta la sua energia nei
grappoli d'uva anziché distribuirla in molti rami e foglie; potatura di sfoltimento che si esegue poco prima
della vendemmia, in talune zone si usa sfoltire ancora la vite, togliendo un po' di tralci e foglie, sia per far
prendere ancora un po' di sole all'uva sia per facilitare il lavoro dei vendemmia.
La concimazione della vite ricopre una notevole importanza se si vuole ottenere dei prodotti di qualità. Si
parte già prima della messa a dimora delle barbatelle con una concimazione di fondo effettuata con del
letame maturo per una quantità di circa 0,5 tonnellate/ha. Nel corso degli anni dov'è necessario è utile
effettuare due tipi di concimazione: una autunnale con letame maturo e l'altra nella primavera successiva
con concimi complessi a base di azoto fosforo potassio. Qualora nel corso della stagione le nostre viti
manifestino segni di carenze nutrizionali è bene ricordare che esistono anche dei concimi fogliari che
possono aiutarci a superare le carenze; anche se non risolvono il problema della mancanza di elementi.
Una concimazione eseguita correttamente porta notevoli miglioramenti nel vigneto, ma una concimazione
fatta in modo scorretto è molto dannosa e si ripercuoterà in negativo anche sulla produzione.
L’irrigazione della vite riveste una notevole importanza in quanto la pianta, la cui radice si adatta al clima
mediterraneo, ma soffre la siccità estiva; tuttavia, l'adattamento di alcune vecchie vigne in terreni diversi ha
perso un po’ di attualità, in quanto il coltivatore moderno richiede la resa, anziché l'autoconsumo di vino
dato solo dall'annata.
Il metodo per l'irrigazione dell'acqua più efficace e meno dispendioso è il sistema a goccia. E 'adatto ad
una irrigazione annuale. Tuttavia, l'installazione è costosa e richiede tempo, e non è quindi adatto per
l'utilizzo in annate eccezionalmente siccitose. In questo caso, il solco di irrigazione o irrorazione è
giustificato: la realizzazione è più economica e veloce.
La raccolta dell’uva sarà trattata più estesamente in seguito, si precisa tuttavia che la esecuzione della
raccolta dell’uva, detta anche vendemmia, prevede e seguenti fasi operative fondamentali: distacco
dell’uva dalla pianta; convogliamento e sistemazione del prodotto in contenitori e trasporto del prodotto
fino ai bordi del campo.

21.2.2 Le origini della coltivazione dell’olivo

La zona di origine dell'Olivo (Olea europaea L. si ritiene sia quella sud caucasica (12.000 a.C.) sebbene
molti la considerino una pianta prettamente mediterranea Cfr. Figura 64). Questa, infatti, si è ambientata
molto bene nel bacino mediterraneo soprattutto nella fascia dell'arancio dove appunto la coltura principe è
quella degli agrumi associata in ogni modo a quella dell'olivo.

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Figura 64 Prime testimonianze della coltivazione dell’olivo in Italia

In questa fascia sono compresi paesi come l'Italia, il sud della Spagna e della Francia, la Grecia e alcuni
Paesi mediorientali che si affacciano sul Mediterraneo orientale.
L'olivo coltivato appartiene alla vasta famiglia delle oleaceae che comprende ben 30 generi (fra i quali
ricordiamo il Ligustrum, il Syringa e il Fraxinus); la specie è suddivisa in due sottospecie, l'olivo coltivato
(Olea europaea sativa) e l'oleastro (Olea europaea oleaster).
I caratteri botanici sono quelli di una pianta assai longeva che può facilmente raggiungere alcune centinaia
d'anni: questa sua caratteristica è da imputarsi soprattutto al fatto che riesca a rigenerare completamente o
in buona parte l'apparato epigeo e ipogeo che siano danneggiati.
L'olivo è inoltre una pianta sempreverde, ovvero la sua fase vegetativa è pressoché continua durante tutto
l'anno, con solo un leggero calo nel periodo invernale. Inizio la descrizione dalla zona epigea fino a
giungere a quella ipogea.
L'olivo è una specie tipicamente basitone, cioè che assume senza intervento antropico la forma
tipicamente conica.
Le gemme sono prevalentemente di tipo ascellare: da notare che in piante molto vigorose oltre che alle
gemme a fiore (producono frutti con i soli primordi di organi produttivi) e a legno si possono ritrovare anche
gemme miste (che producono sia fiori che foglie e rami).
I fiori sono ermafroditi, piccoli, bianchi e privi di profumo, costituiti da calice (4 sepali) e corolla (gamopetala
a 4 petali bianchi). I fiori sono raggruppati in mignole (10-15 fiori ciascuna) che si formano da gemme miste
presenti su rami dell'anno precedente o su quelli di quel annata (cfr. Figura 65).

Figura 65 Fiori e frutticini dell’olivo

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La mignolatura è scalata ed inizia in maniera abbastanza precoce nella parte esposta a sud.
L'impollinazione è anemofila ovvero ottenuta grazie al trasporto di polline del vento e non per mezzo di
insetti pronubi (impollinazione entomofila).
Le foglie sono di forma lanceolata, disposte in verticilli ortogonali fra di loro, coriacee. Sono di colore verde
glauco e glabre sulla pagina superiore mentre presentano peli stellati su quella inferiore che le
conferiscono il tipico colore argentato e la preservano a loro volta da eccessiva traspirazione durante le
calde estati mediterranee.
Il frutto è una drupa ovale ed importante è che è l'unico frutto dal quale si estrae un olio (gli altri oli si
estraggono prevalentemente con procedimenti chimici da semi). Solitamente di forma ovoidale può pesare
da 2-3 gr per le cultivar da olio fino a 4-5 gr nelle cultivar da tavola. La buccia, o esocarpo, varia il suo
colore dal verde al violaceo a differenza delle diverse cultivar. La polpa, o mesocarpo, è carnosa e
contiene il 25-30 % di olio, raccolto all'interno delle sue cellule sotto forma di piccole goccioline. Il seme è
contenuto in un endocarpo legnoso, anche questo ovoidale, ruvido e di colore marrone: è facile trovare
noccioli sprovvisti di embrione, soprattutto nelle cultivar Montalcino e Rossellino, che determina un
deprezzamento del prodotto.

Figura 66 Frutti dell’olivo all’atto della raccolta

Il tronco è contorto, la corteccia è grigia e liscia ma tende a sgretolarsi con l'età; il legno è di tessitura fine,
di colore giallo-bruno, molto profumato (di olio appunto), duro ed utilizzato per la fabbricazione di mobili di
pregio in legno massello (cfr. Figura 67).

Figura 67 Forme contorte di olivi secolari

Caratteristiche del tronco, sin dalla forma giovanile, è la formazione di iperplasie (ovuli, mamelloni,
puppole) nella zona del colletto appena sotto la superficie del terreno; simili strutture si possono ritrovare

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inoltre sulla branche: comunque queste formazioni sono date non da fattori di tipo parassitario ma da
squilibri ormonali e da eventi di tipo microclimatico (cfr. Figura 67).
Le radici sono prevalentemente di tipo fittonante nei primi 3 anni di età, dal 4° anno in poi si trasformano
quasi completamente in radici di tipo avventizio, superficiali e che garantiscono alla pianta un'ottima
vigorosità anche su terreni rocciosi dove lo strato di terreno che contiene sostanze nutrienti è limitato a
poche decine di centimetri.

21.3 Modalità di esecuzione della raccolta dell’uva


Nella esecuzione della raccolta dell’uva, detta anche vendemmia, si possono distinguere le seguenti fasi
operative fondamentali:
- distacco dell’uva dalla pianta;
- convogliamento e sistemazione del prodotto in contenitori;
- trasporto del prodotto fino ai bordi del campo.

Per quanto riguarda il trasporto del prodotto alla cantina, il rimorchio trainato dalla trattrice rappresenta
nelle sue numerose versioni il mezzo generalmente impiegato, mentre numerose e diverse sono le
soluzioni che è possibile adottare per il taglio, la raccolta e il trasporto dell’uva nel vigneto.
In base al grado di meccanizzazione di quest’ultime fasi lavorative è possibile distinguere la vendemmia in:

- manuale;
- agevolata;
- meccanica.

La raccolta manuale, o tradizionale, si ha quando il taglio, la raccolta e il trasporto dell’uva ai bordi del
campo vengono affidati unicamente all’uomo (cfr. Figura 68).

Figura 68 Raccolta manuale dell’uva

La vendemmia manuale è ancora, oggi, largamente diffusa; le uniche differenze possibili al suo interno
sono dovute al tipo di attrezzi impiegati per il taglio, al tipo e alla forma dei contenitori, nonché alle modalità
di trasporto dell’uva lungo i filari (cfr. Figure 68 - 69).

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Figura 69 Raccolta agevolata

La raccolta agevolata si ha quando il taglio dell’uva viene effettuato manualmente con strumenti da taglio,
ed il ricevimento ed il trasporto dei grappoli avvengono con mezzi meccanici. La tipologia di macchina
agevolatrice impiegata durante la vendemmia varia in funzione sia della forma d’allevamento della vite sia
della sua giacitura (cfr. Figure 70 e 71).

Figura 70 Carrelli e contenitori per contenimento ed il trasporto dell’uva


In pianura e con forme d’allevamento quali la spalliera e il tendone, caratterizzati da interfilari larghi, è
possibile utilizzare rimorchi attrezzati con tramogge o nastri trasportatori in cui è convogliata l’uva raccolta
manualmente (cfr. Figura 70). In tali situazioni le macchine agevolatrici permettono in media un risparmio
nei tempi di lavoro, rispetto alla raccolta manuale tradizionale, dell’ordine del 30% ed anche del 50%.
In vigneti con interfilari stretti o ad accentuata pendenza, dove non è possibile percorrere i filari con
rimorchi, ha trovato buona diffusione la benna portata dalla trattrice (cfr. Figura 71), che percorre
l’interfilare al seguito degli addetti al taglio dell’uva, che vi possono versare le ceste. La benna viene
saltuariamente spostata e quando è completa viene rovesciata sul rimorchio in capezzagna (cfr. Figura
72).

Figura 71 Benna portata da trattrice Figura 72 Scarico dalla benna al rimorchio

La raccolta meccanica prevede che tutte le operazioni della vendemmia, dalla raccolta dei grappoli o degli
acini al loro trasporto siano meccanizzate.

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In particolare le macchine raccoglitrici che determinano il distacco del prodotto vengono chiamate
vendemmiatrici. Esse possono essere dotate di contenitore per il prodotto raccolto e in questo caso la
raccolta meccanica può avvenire con una sola macchina vendemmiatrice, che provvede al distacco
dell’uva dalla pianta, alla separazione dalle impurità, al trasporto all’interno del vigneto fino ai bordi
dell’appezzamento, allo scarico in camions o rimorchi.

21.4 Tipologie costruttive delle vendemmiatrici in funzione dei sistemi di allevamento

Il principio di funzionamento delle attuali vendemmiatrici è lo scuotimento della struttura portante del
vigneto in prossimità della fascia a frutto. Lo scuotimento può interessare anche i fili di sostegno del
vigneto cui sono appoggiati i tralci fruttiferi e provoca il distacco degli acini e di solo una piccola parte di
grappoli.
Le vendemmiatrici si differenziano tra loro in base al tipo di sistema di allevamento del vigneto. Le forme di
allevamento del vigneto per uva da vino in Italia e nel mondo sono molteplici per cui lo studio delle
macchine idonee per la raccolta dell’uva sarebbe problematico, se si volessero prendere tutte in
considerazione tutte le condizioni di allevamento.
Ma come è avvenuto per altre colture, l’attenzione dei costruttori è stata concentrata su quelle forme di
allevamento, che più erano predisposte alla raccolta meccanica. Si intende per predisposizione della
coltura alla meccanizzazione la possibilità che essa offra al progettista di realizzare un macchina con
organi operatori adatti ad intervenire sul prodotto in modo efficace sia per la raccolta meccanica sia per il
distacco manuale, con idonee forbici, per ottenere un prodotto di ottimo valore dal punto di vista sia
quantitativo che qualitativo (cfr. Figura 73).

Figura 73 Taglio dell’uva con adeguate forbici


Nel caso della raccolta meccanica dell’uva si è trattato di costruire macchine in grado di operare oltre che
con elevata capacità di lavoro, con perdite contenute di prodotto e caratteristiche qualitative accettabili di
esso. Lo studio è stato condotto sia cercando di studiare la macchina per poterla adattare il più possibile
alla forma di allevamento del vigneto tradizionale sia cercando di modificare la forma di allevamento in
modo tale da renderla più idonea possibile all’intervento della macchina, ottimizzando le sue prestazioni.
L’interazione tra coltura e macchina ha portato, oltre a modifiche delle forme di allevamento esistenti, al
caso limite di progettare e realizzare contemporaneamente una forma di allevamento e di una macchina
che si adattasse perfettamente ad essa, come è avvenuto per la forma di allevamento a doppia cortina.
Gli studi sulla meccanizzazione della raccolta dell’uva hanno portato in definitiva ad individuare tre forme di
allevamento per le quali è stato possibile realizzare una macchina vendemmiatrice.
51
Tali forme sono:
- la spalliera;
- la doppia cortina o G.D.C.;
- il tendone e la pergola (cfr. Figura 74).

Le vendemmiatrici realizzate per questi tipi di allevamento hanno in sostanza tutte lo stesso principio di
funzionamento per quel che riguarda il distacco del prodotto dalla pianta.

Figura 74 Forme di allevamento a spalliera, a doppia cortina (o G.D.C.) e a tendone (o pergola)

Le macchine sono, infatti, dotate di organi di raccolta che imprimono uno scuotimento alla struttura
portante la fascia fruttifera del vigneto.
Pertanto, in base al tipo di vigneto su cui deve operare la macchina, può variare solo la il piano di giacitura
in cui avviene il moto di vibrazione.
Le vendemmiatrici vengono classificate, quindi, in base al tipo di scuotimento che esse effettuano sulla
pianta.

52
La divisione pertanto può essere fatta in:
- vendemmiatrici a scuotimento orizzontale nel caso della spalliera (cfr. Figura 75);
- vendemmiatrici a scuotimento verticale nel caso della doppia cortina (cfr. Figura 76);
- vendemmiatrici a scuotimento misto nel caso del tendone (cfr. Figura 77).

Figura 75 Vendemmiatrici a scuotimento orizzontale nel caso della spalliera

Figura 76 Vendemmiatrici a scuotimento verticale nel caso della doppia cortina

Figura 77 Vendemmiatrici a scuotimento misto nel caso del tendone

Tenuto conto poi delle varie fasi della raccolta, una vendemmiatrice completa semovente per la raccolta
integrale è costituita essenzialmente dalle seguenti parti costruttive:

- un gruppo motore per la propulsione e per il moto ai vari organi;


- una struttura portante;
- un apparato di scuotimento che provoca il distacco dell’uva.
- un apparato di intercettamento e captazione dell’uva distaccata dalla pianta
- i trasportatori per il convogliamento dell’uva

53
- un gruppo ventilatori per la pulizia
- un contenitore del prodotto raccolto

Per le macchine di tipo trainato il gruppo propulsore viene sostituito da una trattrice di adeguata potenza.
In macchine senza contenitori il prodotto viene trasferito direttamente durante la raccolta in un rimorchio
semovente o trainato da altro vettore.

21.4.1 Vendemmiatrici a scuotimento orizzontale per spalliera

Le vendemmiatrici che più si sono affermate in Europa sono quelle a scuotimento orizzontale impiegate da
tempo nella raccolta dell’uva da vino allevata a spalliera.
I vigneti a spalliera ritenuti più idonei per la raccolta meccanica sono quelli classici con altezza media di
1,70 metri (cfr. Figura 78) con una sola fascia produttiva nella zona centrale.

Figura 78 Allevamento a spalliera classico predisposto alla raccolta meccanica

Tuttavia le vendemmiatrici sono adattabili all’altezza del filare, che può superare anche i 2,20 metri.
La vendemmiatrice è, infatti, costituita da una struttura portante che va a cavallo del filare (cfr. Figura 79)
ed è regolabile in altezza mediante un sistema di sollevamento a pistoni idraulici.
La struttura portante forma così un tunnel nel quale trova posto l’apparato scuotitore, che incontra la fascia
fruttifera del vigneto.

Figura 79 Vendemmiatrice in lavorazione

54
Al disotto dell’apparato scuotitore è collocato il sistema per la captazione e il convogliamento del prodotto,
mentre nella parte superiore della macchina, nel caso di vendemmiatrici integrali, sono sistemati i
contenitori dell’uva, verso i quali viene indirizzato il prodotto, dopo avere subito la pulizia durante il tragitto
mediante aspiratori centrifughi. Quando i contenitori si riempiono il prodotto viene scaricato in un rimorchio
o camion presente in attesa ai bordi del campo (cfr. Figura 80).

Figura 80 Vendemmiatrice in fase di scarico

Le vendemmiatrici per spalliera possono essere semoventi (Fig.81), trainate (Fig.82) o portate.
Le vendemmiatrici semoventi sono munite, in genere, di contenitori e quindi destinate alla raccolta
integrale. Sono a trazione integrale, a trasmissione idrostatica con motori idraulici sulle quattro ruote.
Possono, inoltre, essere dotate di sistema idraulico a pistoni per l’adattamento alla larghezza del vigneto,
di sistema di auto-livellamento per la lavorazione in pendenza e di sistema elettronico per il centraggio
della macchina sul filare durante l’avanzamento.

Figura 81 Vendemmiatrice semovente Figura 82 Vendemmiatrice trainata

Lo scuotimento orizzontale nelle vendemmiatrici per allevamenti a spalliera si attua per mezzo di
bacchette flessibili in poliestere rinforzato in fiberglass disposte simmetricamente ai due lati della fascia
produttiva verticale del sistema di allevamento. Questo dispositivo, muovendosi alternativamente, provoca
una vibrazione della fascia produttiva e quindi dei grappoli.
La vibrazione si propaga fino al punto di attacco degli acini al raspo e determina, in genere, il distacco
degli acini.
Nelle vendemmiatrici di prima generazione la testata di raccolta era costituita da una doppia serie di aste
(cfr. Figura 83) libere ad un estremo dotate di moto rotatorio alternativo in piano orizzontale.

55
Figura 83 Vendemmiatrici di prima generazione con la testata di
raccolta costituita da una doppia serie di aste

Figura 84 Moto in piano dei battitori

Lo scuotimento era provocato dalla percussione delle aste (battitori) sulla fascia a frutto, per cui alla
sollecitazione di vibrazione si aggiungeva quella di battitura dei grappoli. Le due serie di aste si muovevano
in contrapposizione come illustrato in Figura 85.

Figura 85 Serie di aste orizzontali sagomate ad arco

Nelle moderne vendemmiatrici, gli organi di raccolta sono stati modificati. Alla doppia serie di aste libere
ad un estremo è stata sostituita una sola serie di barre sagomate chiuse ad arco (Figura 85), in modo tale
che la fascia a frutto viene stretta tra di esse e viene scossa in un piano orizzontale con le aste che si
muovono di moto alternativo nello stesso verso.

56
E’ stata così eliminata l’azione di battitura che può provocare un deterioramento della qualità di lavoro con
maggior ammostamento del prodotto e maggior presenza di impurità in esso, oltre che possibili danni alla
struttura portante del vigneto.
Le barre vengono montate sfalsate nei piani orizzontali come nella vista della Figura 85 a distanza tra loro
di circa 20 cm in altezza e in numero tale per lato da coprire una fascia a frutto di circa 80 cm per vigneti
del tipo classico (cfr. Figura 86).

Figura 86 Vista delle barre scuotitrici scuotimento orizzontale

Il meccanismo che produce il moto degli scuotitori può essere di differente concezione, rispetto a quello
innanzi illustrato, ma produce in sostanza lo stesso tipo di oscillazione sulla struttura del vigneto. Vengono,
pertanto, di seguito illustrati due dei meccanismi più rappresentativi di scuotitori di moderne
vendemmiatrici.

Figura 87 Meccanismo scuotitore della vendemmiatrice Pellenc

Il primo meccanismo è quello della testata scuotitrice della vendemmiatrice Pellenc (cfr. Figura 87),
costituito da un albero motore che aziona contemporaneamente due manovellismi di comando dei due
alberi di scuotimento posteriori.
I suddetti alberi trasmettono il movimento agli alberi raccoglitori anteriori attraverso i supporti scuotitori. Le
barre opposte si muovono in piano orizzontale di moto alterno ma concorde, rimanendo parallele tra loro
e determinando il moto oscillatorio del vigneto.

57
Figura 88 Meccanismo scuotitore della vendemmiatrice Braud

Il meccanismo della testata scuotitrice della vendemmiatrice Braud (cfr. Figura 88) è costituito da un
manovellismo di comando che fa variare ciclicamente e alternativamente la curvatura delle barre scuotitrici,
in modo che una fila assume la curvatura massima quando l’altra fila assume quella minima.
La fascia fruttifera del vigneto viene così ad essere sottoposta a moto oscillatorio fra le posizioni estreme
nel piano orizzontale rappresentate in Figura 88.
In base alle caratteristiche (distacco e ammostamento) dell’uva da raccogliere si possono regolare i
parametri di vibrazione degli scuotitori.
In particolare si precisa che la frequenza del moto vibratorio può variare fra 300 e 400 oscillazioni al
minuto.
Le vendemmiatrici moderne sono dotate inoltre di sensori che fanno variare automaticamente i parametri di
vibrazione in corrispondenza dei pali di sostegno e li ripristinano ai valori normali di vendemmia non
appena superato il palo.
Un altro sensore regola i parametri di scuotimento rendendoli proporzionali alla velocità d’avanzamento.
L’apparato d’intercettazione del prodotto, la cui inclinazione è regolabile, è costituito da scaglie articolate, in
parte sovrapponibili, montate in basso su supporti elastici, che formano dei piani inclinati continui su cui
cade il prodotto distaccato e che consentono nello stesso tempo la tenuta intorno al ceppo per non far
cadere gli acini a terra durante l’operazione di raccolta (Figura 89).
Le scaglie sono in polietilene ad alta densità, compatibili con i prodotti alimentari e molto resistenti agli urti
ed all’usura.
Le scaglie sono inclinate in modo tale da far pervenire il prodotto a due nastri trasportatori a tappeto posti
ai due lati esterni dei piani di scaglie, che si muovono in senso longitudinale portando il prodotto a nastri
elevatori, che vanno a loro volta a scaricare il prodotto nei contenitori.
Tutti i convogliatori sono naturalmente realizzati in PVC per alimenti (cfr. Figura 89).

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Figura 89 Apparato di intercettazione del prodotto a scaglie in PVC

Le scaglie, inclinate verso l’esterno, convogliano l’uva lateralmente verso due tappeti trasportatori continui
in PVC posti uno per ogni lato della macchina e muniti di alti tasselli che consentono il trasferimento del
prodotto che poi viene convogliato con dei trasportatori verticali verso la benna senza danneggiarne la
qualità (cfr. Figura 90-91).

Figura 90 Trasportatori verticali ad uno e due convogliatori

Figura 91 Trasportatore verticale Pellenc

In altre vendemmiatrici il sistema intercettatore convogliatore può essere realizzato con due soli
trasportatori a tazze deformabili a circuito chiuso.

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I due trasportatori a contatto tra loro per effetto della loro deformabilità chiudono la base del tunnel e
avvolgono i ceppi e i pali perfettamente senza lasciare vuoti.

Figura 92 Sistema di ricezione a panieri Figura 93 Panieri a contatto col ceppo

Un esempio è Il sistema di ricezione a panieri della vendemmiatrice Braud che è composto da due norie
costituite da 62 panieri morbidi in poliuretano alimentare. Le norie, azionate da un motore idraulico,
scivolano direttamente su guide inox ad una velocità pari a quella d’avanzamento, ma in senso opposto,
pertanto i panieri rimangono fermi rispetto ai ceppi della vite e ai pali, evitando così sfregamenti dannosi
(cfr. Figure 92-93). Essi inoltre sono in grado di raccogliere senza difficoltà i grappoli posti a soli 15 cm dal
suolo, indipendentemente dalla quantità di prodotto. Tale sistema dunque garantisce una perfetta tenuta
senza alcuna perdita di prodotto al suolo.
La pulizia del prodotto avviene con l’impiego di due o più aspiratori centrifughi muniti di trincia-sarmenti
disposti lungo il percorso dei nastri trasportatori. La velocità di rotazione degli aspiratori può essere
regolata in base al grado di ammostamento del prodotto per contenere le perdite occulte (cfr. Figura 94).

Figura 94 Aspiratore centrifugo per la pulizia del prodotto: elimina foglie ed altre impurità
Per quanto riguarda le caratteristiche dei serbatoi, è possibile scegliere la capacità ideale in funzione delle
caratteristi che del vigneto. Tutti i serbatoi sono fabbricati con lamiere d’acciaio inossidabile spesse e sono
dotati di una coclea di livellamento azionata da un elettromotore per evitare una qualsiasi possibilità di
inquinamento del prodotto. La mancanza di linee di saldatura, ottenuta con l’adozione di un nuovo
processo di lavorazione, impedisce la sosta del prodotto e quindi l’inizio della sua fermentazione (cfr.
Figura 95).

60
Figura 95 Serbatoi per lo stoccaggio dell’uva nell’operazione di scarico

Tutti i componenti del sistema di raccolta sono costruiti con materiali nobili: acciaio inossidabile, poliuretano
e P.V.C., a salvaguardia della qualità del vino. Inoltre, questi componenti mantengono inalterate nel tempo
le loro caratteristiche: nessun rischio, quindi, di ritrovare nella raccolta frammenti di vernice o parti ossidate
che possono compromettere la qualità del vino.
Le macchine di tipo trainato o portato sono in genere sprovviste di serbatoio, per cui il prodotto raccolto
viene inviato a mezzo di trasportatore in un rimorchio che avanza parallelamente alla macchina nel filare
contiguo (cfr. Figura 96).

Figura 96 Vendemmiatrice portata con scarico continuo del prodotto in rimorchio

21.4.1.1 Vendemmiatrici per spalliera multifunzione per raccolta potatura cimatura e trattamenti

Per una meccanizzazione integrale del vigneto e per limitare al minimo il numero di macchine impiegate
per tutte le operazioni colturali, sono state introdotte sul mercato macchine multifunzione, che traggono
origine dalle vendemmiatrici semoventi sfruttandone il vettore, costituito dalla struttura portante della
scavallatrice, dal motore e dall’impianto idraulico per la trasmissione del moto agli organi operatori.
Le vendemmiatrici multifunzione sono macchine in grado di effettuare, oltre naturalmente a quella di
raccolta, le operazioni di potatura secca, legatura, potatura verde, cimatura e trattamenti.

61
Una vendemmiatrice multifunzione completa, come quella illustrata di seguito della ditta Pellenc, è
costituita da:
- vettore motore (cfr. Figura 97);
- modulo per potatura a secco (cfr. Figura 98);
- modulo per la legatura a verde (cfr. Figura 99);
- modulo per la cimatura e potatura verde (cfr. Figura 10);
- modulo per i trattamenti (cfr. Figura 101);
- modulo vendemmiatrice (cfr. Figura 102).

I moduli possono essere applicati uno per volta al vettore in funzione dell’operazione che si intende
effettuare. Il montaggio e lo smontaggio dei moduli è abbastanza semplice in quanto gli organi operatori del
modulo ricevono il moto dall’impianto idraulico del vettore con semplici collegamenti di tubi flessibili ad
innesto rapido. La vendemmiatrice multifunzione permette di eliminare oltre tutte le macchine operatrici
singole, provviste ciascuna della propria struttura portante, anche le macchine motrici cui esse devono
essere collegate per la trazione e l’azionamento. I moduli hanno poi il vantaggio di poter essere acquistati
separatamente, per cui solo un calcolo economico può dare una risposta sicura sulla convenienza del loro
impiego, rispetto a quello delle macchine singole. Gli organi operatori dei moduli per la potatura e la
legatura sono costruttivamente uguali a quelli delle macchine singole gia presenti sul mercato da diversi
anni.

Figura 97 Vettore Figura 98 Modulo potatrice a secco

Il modulo per la potatura secca è dotato di una testata di taglio che viene montata sul braccio
multifunzionale oscillante porta attrezzi posto nella parte anteriore del vettore. La testata è costituita da due
alberi motori sui quali sono montati impilati i dischi di taglio e di sminuzzamento dei sarmenti. In opzione
possono essere montati nella parte inferiore dischi di taglio supplementari per il taglio corto. I due gruppi di
dischi, per una migliore potatura, girano in senso inverso, in modo da lasciare la vegetazione concentrata
al centro della macchina. I sarmenti sono tagliati all’altezza di ciascun disco di taglio, determinando uno
sminuzzamento della legna che viene eliminata ed allontanata per gravità. Per entrare ed uscire dalla fila
della vite, un comando consente l’apertura e la chiusura dei due impilatori. Durante l’avanzamento sulla
fila, i due impilatori si distanziano fra di loro nel momento in cui si ha il contatto con i pali di sostegno
dell’impianto e si richiudono automaticamente subito dopo, senza alcun intervento dell’operatore.
62
Il superamento automatico dei pali è effettuato con facilità quando la velocità dei dischi è uguale alla
velocità d’avanzamento della potatrice. sulla fila.

Figura 99 Modulo legatrice Figura 100 Modulo cimatrice

Il modulo legatrice a verde (cfr. Figura 99) è montato sul braccio multifunzionale oscillante porta attrezzi ed
è costituito da due dispositivi coni-cilindrici che sollevano una coppia di fili mobili e da un sistema
automatico di legatura a graffette di plastica. La regolazione di centratura dei due bracci sollevatori (cfr.
Figura 100), rispetto all’impianto a spalliera, viene effettuata manualmente agendo su due viti situate sul
telaio superiore di sostegno degli stessi bracci. Un paio di fili di ferro zincati vengono installati
definitivamente uno su ciascun lato del filare del vigneto. Questi fili, chiamati “fili sollevatori”, vengono
fissati al primo e all’ultimo paletto della fila con una tensione inferiore a quella dei fili fissi dell’impianto.
Durante l’avanzamento sulla fila, la legatrice a verde solleva i fili dal livello del terreno sino all’altezza
d’attacco della vegetazione sopra l’impalcatura.
Il modulo cimatrice è montato sul braccio multifunzionale oscillante del porta attrezzi, ed è costituito
principalmente da due barre di taglio verticali della lunghezza di 1.800 mm e da una barra di taglio
orizzontali della lunghezza di 1.200 mm. Il telaio portante della macchina è munito di martinetti idraulici che
permettono il sollevamento, l’inclinazione e l’allargamento delle barre di cimatura. La macchina, installata
sulla parte anteriore della trattrice, si muove nell’interfilare e l’operatore può agevolmente controllare tutto il
lavoro svolto ed intervenire sui comandi del distributore oleodinamico per adeguare la posizione delle barre
cimatrici alle varie condizioni dei filari e della vegetazione. Le barre sono comandate in modo indipendente
per una maggiore versatilità della macchina. Il taglio della vegetazione risulta netto e privo di sfibrature.
Il modulo per i trattamenti è(cfr. Figura 101) montato sulla parte posteriore del vettore ed è costituito da
due bracci portanti ai quali sono collegati due strutture a pendolo. Ciascun braccio è munito di una turbina
e da due calate le quali a loro volta sono munite di un distributore con due erogatori ciascuna. La macchina
è fornita di un sistema di regolazione e correzione pendenze trasversali di tipo idraulico per il
posizionamento dei bracci e delle calate e per la migliore localizzazione degli erogatori in funzione del tipo
di vigneto e delle manovre di trasferimento, inoltre è anche dotata di un sistema di erogazione elettronico
per la distribuzione dei prodotti fitosanitari. Con tale modulo la macchina è in grado di lavorare
contemporaneamente su quattro filari e di eseguire anche la vendemmia (cfr. Figura 102).

63
Figura 101 Modulo per i trattamenti Figura 102 Modulo vendemmiatrice

21.4.1.2 Adattamento dei vigneti a spalliera alla raccolta meccanica

Per assicurare la massima efficienza della vendemmiatrice è opportuno tener presente nell’impianto e nella
sistemazione del vigneto le seguenti indicazioni:

- accostare quanto più possibile i ceppi ai pali di sostegno, al fine di evitare


perdite al suolo determinate dalla mancata chiusura degli organi di recupero
del prodotto raccolto;
- proporzionare l'ampiezza della fascia produttiva a quella dell'apparato di
raccolta della macchina e far sì che lo spessore della vegetazione sia il
minore possibile;
- non fare scendere i grappoli al di sotto dei 15 cm con il sistema
d’intercettazione a panieri deformabili e di 25-30 cm con il sistema a scaglie
mobili;
- evitare di avere grappoli in corrispondenza o a meno di 30 cm dai pali di
sostegno in quanto non verrebbero raccolti;
- porre in perfetta verticalità i pali di sostegno e garantire una buona tensione
ai fili metallici;
- evitare dislivelli fra interfilari adiacenti e pertanto preferire i vigneti impiantati a
rittochino, in quanto, anche se molti tipi di vendemmiatrici dispongono di
dispositivi di livellamento della macchina, il non perfetto livellamento del suolo
si traduce sempre in una riduzione della velocità di avanzamento della
vendemmiatrice, con conseguente innalzamento dei tempi (e dei costi) della
raccolta;
- proporzionare la larghezza delle capezzagne alla larghezza della macchina:
una moderna semovente, ad esempio, ha un diametro di sterzata che di solito
64
è inferiore ai 5 m; per una macchina di questo tipo potrà quindi essere
necessario prevedere una capezzagna di circa 6 m.

Per quanto riguarda la struttura dell’impianto, il viticoltore può scegliere fra pali in cemento precompresso,
legno opportunamente trattato e acciaio; i pali in cemento non precompresso invece possono arrecare
inconvenienti di una certa entità, quali rotture ed incrinature dei pali stessi e distacco di frammenti di
cemento che possono danneggiare le attrezzature di cantina.
I pali in cemento armato precompresso debbono presentare spigoli smussati o essere addirittura tondi,
onde evitare un’eccessiva usura degli organi scuotitori; altri limiti del cemento armato precompresso sono
l’elevato peso e la scarsa resistenza alle sollecitazioni trasversali.
I pali in acciaio zincato a caldo, invece, sono dotati di maggior elasticità e leggerezza, inoltre sono più
resistenti dei tradizionali pali alle sollecitazioni trasversali.

21.4.2 Vendemmiatrici a scuotimento verticale per doppia cortina (G.D.C.)

L’allevamento a doppia cortina è come si è detto un sistema ideato e realizzato in USA


contemporaneamente alla macchina vendemmiatrice da impiegare in esso.
E’ costituito da tralci disposti a filari come nella spalliera, che si biforcano trasversalmente al filare ad una
certa altezza e i tralci fruttiferi vengono disposti su fili di sostegno paralleli al filare (cfr. Figura 103). La
struttura portante è realizzata con pali sui quali nella parte superiore viene realizzato con due aste inclinate
trasversali un sistema a V, al quale si appoggiano i due fili longitudinali paralleli. Le aste inclinate hanno la
particolarità di essere incernierate all’unione con il palo, questo per permettere alle aste di rotare in piano
verticale durante lo scuotimento, che procura una oscillazione verticale dei fili portanti i tralci a frutto.

Figura 103 Allevamento a doppia cortina

La raccolta dell’uva avviene infatti in questo tipo di vendemmiatrice per scuotimento verticale, che si
ottiene per mezzo di un battitore che agisce dal basso verso l'alto sui due fili portanti ai quali sono legati i

65
cordoni permanenti o i capi a frutto (cfr. Figura 104). Con questo sistema di allevamento infatti l’uva viene a
disporsi tutta lungo il filo portante e quindi ad essere interessata direttamente dal battitore.

Figura 104 Schema funzionamento battitore

Anche in questo caso le sollecitazioni impresse dal battitore provocano l'oscillazione delle fasce produttive
e quindi il distacco del prodotto, generalmente per vibrazione e solo occasionalmente per azione diretta del
battitore sui grappoli. Il battitore è costituito da un elemento affusolato cui sono collegate aste inclinate in
modo da formare una stella. L’asse del battitore è inclinato rispetto alla verticale per permettere alle aste di
entrare in contatto con il filo del vigneto ed imprimere la vibrazione senza slittare su di esso. Il battitore ha
inoltre la particolarità di ruotare folle intorno al proprio asse, quando le aste tendono ad entrare in
contrasto con le parti del vigneto.
Lo schema complessivo di una macchina per la raccolta dell’uva nella doppia cortina viene riportato nella
Figura 105. La vendemmiatrice è del tipo montato su trattrice che opera da una sola parte del filare e
scarica il prodotto raccolto in un rimorchio o carro botte trainato dallo stesso trattore.

Figura 105 Schema di vendemmiatrice per G.D.C. ; 1 Nastro intercettatore


trasportatore dell’uva distaccata; 2 Battitore a stella; 3 Tramoggia di
accumulo dell’uva; 4 Aspiratore di pulizia

Il sistema di intercettazione del prodotto raccolto è costituito da un nastro trasportatore che convoglia l’uva
verso una tramoggia di accumulo dopo averla fatta passare sotto un aspiratore di pulizia. Una pompa per

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mosto provvede poi a trasferire il prodotto in un rimorchio cisterna trainato dallo stesso trattore. Un sistema
di chiusura laterale a scaglie deformabili assicura la tenuta del tunnel di raccolta evitando la fuoriuscita
dell’uva dopo il distacco.
Le vendemmiatrici possono essere anche per la doppia cortina di tipo semovente, trainato o portato, inoltre
possono operare su un solo lato del filare, quindi su un solo filo fruttifero (monofilo) (cfr. Figura 106) o
sull’intero filare, quindi su due fili fruttiferi (bifilo). In quest’ultimo caso la vendemmiatrice deve essere
necessariamente scavallatrice come quella per la spalliera (cfr. Figura 107).
Nelle vendemmiatrici a scuotimento verticale l'azione negativa nei confronti della vegetazione, con la
caduta di foglie e tralci, é in generale più attenuata rispetto alle vendemmiatrici a scuotimento orizzontale,
dato che i battitori agiscono prevalentemente sui fili portanti, coinvolgendo solo in parte la vegetazione.
In linea di principio, quindi, lo scuotimento verticale consente di raccogliere un prodotto meno ammostato e
con meno corpi estranei, richiedendo un’azione meno energica dell’apparato di pulizia, che può essere
ridotto ad un solo aspiratore. Richiede però una accurata messa a punto della forma di allevamento con
particolare riguardo alla fascia produttiva.

Figura 106 Vendemmiatrice monofilo Figura 107 Vendemmiatrice semovente bi-fila

Lo scuotimento orizzontale, pur provocando un maggiore ammostamento dell'uva e una più elevata
defogliazione, e invece meno esigente nei riguardi delle forme di allevamento poiché, in pratica, richiede
soprattutto un adeguato dimensionamento della fascia produttiva.

21.4.3. Vendemmiatrice a scuotimento misto per tendone e pergola

Per la raccolta meccanica dell’uva da vino nei vigneti a tendone e a pergola sono stati provati diversi
prototipi che hanno dato risultati non molto soddisfacenti considerata la difficoltà di realizzare organi
operatori adatti a raggiungere il prodotto non disposto in modo uniforme e regolare come nei vigneti a
spalliera e doppia cortina.
Solo negli ultimi anni è stata messa a punto una vendemmiatrice abbastanza efficiente, che richiede
tuttavia modifiche sostanziali al sistema di allevamento soprattutto per quel che riguarda la sistemazione
delle fasce a frutto.

67
La vendemmiatrice per tendone “Pasquali”, costruita dalla ditta “Pulcinelli” (cfr. Figura 104), è una
macchina semovente a 4 ruote motrici.
L’apparato di raccolta è costituito da telaio rettangolare in piano orizzontale, che funziona da tramoggia per
il convogliamento del prodotto, all’interno del quale sono fissati dei pettini disposti trasversalmente alla
direzione di avanzamento della macchina, i cui denti sono costituiti da bacchette in materiale sintetico
inclinate verso il retro della macchina rispetto al piano verticale. Tali bacchette durante il funzionamento
sono dotate di moto vibratorio ad una frequenza che può raggiungere i 700 cicli al minuto. Le vibrazioni
delle bacchette sono determinate dal moto rotatorio oscillatorio dei pettini intorno all’asse del loro supporto
ottenuto con trasmissione ad eccentrici.
La tramoggia è dotata a sua volta di un movimento oscillatorio a bassa frequenza che le permette di
alzarsi ed abbassarsi alternativamente insieme ai pettini, evitando che le bacchette possano entrare in
contrasti pericolosi con gli elementi della struttura del vigneto e della pianta.

Figura 108 Vendemmiatrice per tendone Pasquali costruita dalla ditta Pulcinelli

Il prodotto distaccato cade verticalmente su un nastro trasportatore orizzontale e viene convogliato verso
l’apparato di pulizia, costituito da due aspiratori, che provvede ad eliminare le impurità costituite da foglie e
elementi di tralci. Un elevatore a nastro provvede infine a convogliare il prodotto verso un contenitore che
segue la macchina. Il contenitore può far parte di un rimorchio trainato dalla stessa vendemmiatrice o di un
carrello semovente che si muove a ridosso della macchina. Il contenitore una volta riempito viene o
scaricato in un camion alla capezzagna o sostituito con uno vuoto.
La vendemmiatrice è dotata di due circuiti idraulici indipendenti per la trasmissione del moto dal motore a
combustione interna a tutte le sue parti in movimento. Il primo alimenta la trasmissione idrostatica che
serve per la trazione del veicolo, il secondo alimenta tutti i motori idraulici che servono a trasmettere il moto
agli organi operatori della macchina.
Per consentire l’utilizzo della macchina e ottenere i migliori risultati è necessario che il vigneto abbia
determinate caratteristiche di conformazione e di sviluppo dei tralci e dei frutti, tali da permettere agli organi
battitori di interessare il più da vicino possibile con lo scuotimento il prodotto pendente.
Gli allevamenti a struttura orizzontale quali il tendone e la pergola allevati secondo i sistemi tradizionali si
presentano in forma diversa nelle diverse località d’Italia ed è evidente che tra tali forme, anche se si
possono individuare quelle più predisposte, non vi è quella che si può ritenere del tutto idonea all’impiego
della macchina, per cui è necessario intervenire con operazioni di modifica nella potatura e nella

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sistemazione dei tralci per ottenere un vigneto in cui la macchina possa agire con efficacia e con
convenienza economica per quel che riguarda la percentuale di prodotto raccolto rispetto a quello
pendente. Quindi le modifiche potranno essere più o meno intense a seconda della conformazione di
partenza del vigneto tradizionale.
La forma di allevamento a tendone tradizionale infatti, pur risultando particolarmente conveniente in
ambienti meridionali in quanto ben si adegua alle condizioni climatico-ambientali , sia perché riduce
l'umidità dell'atmosfera che avvolge i germogli ed i grappoli dato che essi si trovano più distanti dal
suolo, sia perché l'ombreggiamento del terreno operato dalla vegetazione attenua gli effetti della
siccità, non consente che poche possibilità di raccolta meccanica, visto che spesso la disposizione
ortogonale delle quattro branche finisce per ostacolare l'avanzamento della macchina
vendemmiatrice, la quale inoltre non può agevolmente operare in quanto il prodotto spesso si
localizza in punti vicini all'inserzione delle branche sfuggendo quindi alla raccolta.
Onde evitare tali inconvenienti si sono sperimentate nuova forme di allevamento derivanti da modifiche
apportate agli impianti tradizionali.
Tra le modifiche che sono state proposte, due sono quelle ritenute più idonee alla raccolta meccanica:

1) la prima soluzione prevede di concentrare le fasce fruttifere verso il centro


dell’interfilare;
2) la seconda soluzione prevede di concentrare le fasce fruttifere su un solo lato
dell’interfilare con estensione verso il centro.

Da queste due modifiche essenziali si possono derivare le forme di allevamento ritenute più idonee per
quel che riguarda il numero, la disposizione e l’orientamento dei tralci fruttiferi sul tetto del vigneto. Per tutte
e due le soluzioni si deve cercare comunque di evitare il più possibile con la potatura che si formino
cordoni permanenti sul tetto del vigneto, in quanto essi andrebbero a spostare nel tempo il prodotto verso
l’alto, compromettendo così l’efficienza di raccolta.

Soluzione 1
Considerando il tendone classico a quattro branche a sesto di impianto in quadro la prima soluzione
appare più intuitiva ed immediata, per cui è stata la prima ad essere sperimentata. In particolare su impianti
già esistenti sono state portate modifiche di potatura tali da realizzare un sistema di allevamento con due
branche permanenti disposte parallelamente al filare ciascuna delle quali porta annualmente due capi a
frutto disposti perpendicolarmente al filare e con verso opposto. Si tratta quindi di portare i tralci fruttiferi di
ciascuna pianta in una sola direzione orientandoli a due a due in senso opposto. Questa soluzione è però
sconsigliabile in quanto se la macchina incontra i tralci trasversali sui due lati contemporaneamente deve
necessariamente abbassarsi per avanzare senza intoppi compromettendo però l’efficacia di raccolta.

Soluzione 2
Questa soluzione prevede una modifica più sostanziale alla sistemazione del tendone. Infatti essa è basata
sul fatto che ai tralci fruttiferi si assegna oltre che una sola direzione, sempre perpendicolare alla direzione
di avanzamento della vendemmiatrice, anche un solo verso di orientamento.

69
Anche in questo caso si è partiti dal sistema di allevamento in quadro del tendone classico a quattro
branche per pianta e si è fatto derivare da esso il nuovo sistema proponendo le opportune modifiche al tipo
di potatura e alla sistemazione dei tralci sul tetto del vigneto, avendo sempre l’accortezza di evitare la
sporgenza dei tralci nella parte superiore del vigneto.
La caratteristica fondamentale di questo sistema di allevamento è quella di avere il prodotto pendente da
un solo lato dell’interfilare, il che permette alla macchina di operare il più possibile a ridosso del filare, in
relazione alla consistenza dell’ostacolo costituito da eventuali tralci trasversali e di avere nello stesso
tempo a disposizione, per la mancanza di tralci contrapposti, una fascia di tolleranza non fruttifera e libera
da ostacoli verso cui spostarsi senza abbassarsi, conservando quindi l’efficienza di raccolta.

Figura 109 Disposizione tralci con unica direzione e verso

La disposizione dei tralci fruttiferi è rappresentata nella figura 105 e il suo numero, in relazione alle
esigenze di carattere agronomico che si vuol dare al vigneto e al sesto d’impianto adottato potrà essere di
4 per pianta come nei tendoni tradizionali o in numero inferiore.
Nella Figura 106 viene poi illustrato anche il modo di operare della macchina, che si può accostare tanto
più al filare da cui si dipartono i tralci, quanto meno questi sporgono al disotto dei fili, cosa che si può
evitare del tutto passando i tralci al disopra del filo in corrispondenza dei pali.

Figura 110 Modo di operare della macchina nella Fase 1 (tendone classico a quattro branche a sesto di
impianto in quadro), nella Fase 2 (modifica con tendone con tralci fruttiferi disposti in una
sola direzione, perpendicolare alla direzione di avanzamento della vendemmiatrice), nella
Fase 3 (tendone modificato e vendemmiatrice in fse di raccolta)

70
La potatura e la sistemazione appropriata dei tralci secondo il sistema di allevamento proposto con questa
soluzione porta alla situazione della Figura 107 all’inizio della fase di vegetazione del vigneto. La Figura
111 mostra infine come si presenta il vigneto nel periodo della raccolta e come opera in esso la
vendemmiatrice.
La potatura e la sistemazione appropriata dei tralci secondo il sistema di allevamento proposto con questa
soluzione porta alla situazione della Figura 107 all’inizio della fase di vegetazione del vigneto.
La Figura 108 mostra infine come si presenta il vigneto nel periodo della raccolta e come opera in esso la
vendemmiatrice.

Figura 111 Vigneto a tendone modificato all’epoca all’inizio della fase vegetativa

Figura 112 Vendemmiatrice in lavorazione su tendone modificato

21.5 Tipologie costruttive delle macchine per la raccolta delle olive


21.5.1 Introduzione

Prima di procedere alla dettagliata descrizione delle macchine per la raccolta delle olive, si ritien
opportuno analizzare, in questa breve introduzione, gli aspetti che concorrono ad ottenere una elevata
qualità del prodotto alimentare sia per la tecnologia di lavorazione utilizzata, sia per la materia prima
impiegata.

71
In particolare per l’olio d’oliva, così come per tutti i prodotti agricoli, la qualità trae le sue origini dalla scelta
delle cultivar e delle relative pratiche colturali.
Lo stato delle olive, a sua volta dipende dalla maggiore o minore integrità delle drupe, dovute agli attacchi
parassitari, alle avversità atmosferiche, alle modalità di raccolta (cfr. Figura 113).

Figura 113 Lo stato delle olive al momento della raccolta

Con la difesa fitosanitaria si devono rispettare rigorosamente i tempi di carenza dei prodotti utilizzati, per
garantire al consumatore un olio senza residui chimici.
I trattamenti, verranno eseguiti solo quando necessari e su indicazioni dei servizi di lotta guidata che
operano nei territori provinciali.
Da non dimenticare l’importanza della scelta dell’epoca di raccolta, connessa con un giusto grado di
maturazione caratteristico per ogni cultivar in un dato territorio, per garantire la generazione dei
componenti responsabili dell'aroma dell’olio e preservare il patrimonio di composti minori responsabili delle
sue proprietà salutistiche (cfr. Figura 114).

Figura 114 Periodo ottimale per la raccolta delle olive

72
Per tener conto delle esigenze della moderna olivicoltura, che punta alla qualità dell’olio come obiettivo
prioritario, sono state messe a punto macchine per la raccolta delle olive, non solo idonee per la riduzione
dei costi di produzione, ma anche come importante mezzo per aumentare la qualità dell’olio prodotto,
attraverso la messa a punto di sistemi che non danneggino le drupe.
Pertanto, al fine di conseguire la migliore qualità dell’olio si ritiene opportuno utilizzare quelle macchine e
quei cantieri di raccolta che eseguano il distacco delle drupe direttamente della pianta evitando il contatto
delle olive con il terreno.
La successione delle operazioni richieste da tale sistema di raccolta riguarda il distacco della drupa dalla
pianta e il suo successivo convogliamento attraverso apparati intercettatori ad un cassone di contenimento.
La raccolta manuale, che garantisce la qualità del prodotto, presenta lo svantaggio degli elevati costi
abbinati ad una bassa produttività; nella Figura 109 si riportano i sistemi di raccolta manuale normalmente
impiegati utilizzando attrezzi semplici che consentono di ottenere la cosiddetta raccolta manuale agevolata
(cfr. Figura 15).
Nella Figura 116 si riportano gli strumenti che agevolano la raccolta manuale ed infine nella Figura 117 le
macchine per la raccolta meccanica.
Successivamente saranno esaminate in modo dettagliato sia gli aspetti costruttivi delle singole macchine
che gli aspetti funzionali in ordine sia alla capacità di lavorazione che alla qualità di lavorazione
conseguibile con le singole macchine confrontata con la qualità ottenibile con la raccolta manuale.

Figura 115 Sistemi di raccolta manuale agevolata

73
Figura 116 Strumenti per la raccolta meccanizzata e sistemi di intercettazione delle drupe.

Figura 117 Sistemi per la raccolta meccanica

Le macchine utilizzate per il distacco delle drupe sono le seguenti:

- ganci scuotitori o pettini vincolati ad aste portate manualmente;


- testate vibranti applicate su vettori semoventi o su trattrici.

74
L’intercettazione può essere eseguita:
- su reti spostate manualmente da operai;
- su reti avvolte e svolte meccanicamente su rulli montati su
carrelli con l’ausilio di operai (cfr. Figura 118 A);
- su carri intercettatori muniti di teli (cfr. Figura 118 B) o su
ombrelli rovesci meccanizzati (cfr. Figura 118 C).

A B C

Figura 118 Sistemi di intercettazione delle olive con: reti (A), carri intercettatori (B), ombrelli rovesci (C)

Il trasporto delle drupe viene eseguito:

- su rimorchio con caricamento manuale dalle reti;


- su rimorchi con sistema di carico automatico su carri
intercettatori o su ombrelli rovesci.

Nella Figura 119 si riporta lo schema di un intercettatore, costruito in collaborazione con la Pirelli fornito di
teli con sistema di avvolgimento e svolgimento con tubi flessibili in gomma gonfiabili con aria.

75
Intercettatore
costruito in
collaborazione
con la Pirelli

Sistema di teli con sistema di


avvolgimento e svolgimento
con tubi flessibili in gomma
gonfiabili con aria

Figura 119 Carro intercettatore dotato di teli con sistema di avvolgimento e


svolgimento con tubi flessibili in gomma

21.5.2 Scelta dell’epoca di raccolta

Per ogni varietà è opportuno conoscere il periodo ottimale di raccolta, cioè quando si ha la massima
quantità dell’olio e della migliore qualità, raccogliendo i frutti sulla pianta. A tal fine possono essere
considerati differenti elementi di valutazione, quali l’incremento del peso dei frutti, l’indice di maturazione,
l’evoluzione del contenuto in olio e la cascola, i parametri commerciali richiesti per l’extra vergine, il
contenuto in polifenoli e l’analisi organolettica.
Da un punto di vista economico, la meccanizzazione assume un ruolo strategico nello sviluppo della
olivicoltura, perché riduce i costi di produzione, limita l’uso della manodopera, rende il lavoro meno faticoso
e consente di ottenere olive sane e di buona qualità.
Ogni varietà ha il suo periodo ottimale di raccolta per ottenere la maggiore quantità di olio, della migliore
qualità con macchine da raccolta di elevata efficienza.
76
I parametri più importanti per la determinazione del periodo ottimale di raccolta sono la forza di distacco dei
frutti, la cascola, la valutazione organolettica dell’olio; nella Figura 120 si riporta la valutazione della
qualità delle olive all’epoca della raccolta in funzione del colore dell’epidermide e della polpa.

Classe Colore dell’epidermide Colore della polpa

Verde o verdoso
1 Verde
giallognola

Giallognola con macchie o


2 Verde
zone rossastre

3 Rossastra o violetto chiaro Verde

4 Nera Verde

5 Nera Violetta fino a metà

6 Nera Violetta fin


6 Nera
quasi al nocciolo

7 Nera Totalmente scura

Figura 120 Indici di di valutazione dello stato di maturità delle drupe

La raccolta è la tecnica colturale che maggiormente ha bisogno di essere meccanizzata perché se eseguita
con metodi tradizionali incide per il 50-80% sul costo di produzione.
La raccolta delle olive copre un periodo dell’anno piuttosto ampio (da ottobre a gennaio) a seconda della
cultivar e della zona di produzione.
Infatti ogni cultivar ha un diverso metabolismo di maturazione, in funzione anche del clima, che può avere
un andamento variabile anno per anno, e delle pratiche agronomiche (potatura, concimazione ed
irrigazione).
La maturazione delle olive da olio è in grado di influenzare, sia la composizione in trigliceridi che in
sostanze fenoliche.
Durante la maturazione i trigliceridi aumentano, mentre la composizione fenolica varia sia in termini
quantitativi che qualitativi; in generale i polifenoli totali diminuiscono nel tempo.

77
Il metodo più semplice per indicare agli olivicoltori il momento migliore per la raccolta di una varietà di olive
è un sistema basato sulla valutazione visiva delle variazioni cromatiche dell’epitelio e della polpa della
drupa. Questi cambiamenti macroscopici e visibili derivano da altrettanti cambiamenti microscopici interni.
Un indice largamente utilizzato per valutare il giusto grado di maturazione delle olive è l’indice di Jaén,
proposto dai ricercatori dell’INRA di Jaén (Spagna), che fa riferimento alla pigmentazione dell’oliva.
Il metodo consiste nel raccogliere a caso un campione di olive (in genere cento) e suddividerle in classi di
maturazione; quindi si procede al calcolo dell’indice di maturazione, il cui valore varia da 0 a 7, con la
formula seguente:

𝐼. 𝑀. = (0 ∙ 𝑁0 ) + (1 ∙ 𝑁1 ) + (2 ∙ 𝑁2 ) + … … . . + (7 ∙ 𝑁7 ) / 100

Il miglior momento per la raccolta è quando si ottiene un indice pari a 3 o 4, anche se, dipende molto
dall’andamento climatico e dalla cultivar.
Inoltre, è erroneo pensare che ritardare la raccolta aumenti la resa in olio; poiché, il processo di inoliazione
(formazione e accumulo di olio nella drupa), raggiunge un valore massimo, compatibile col tipo di cultivar e
le condizioni climatiche, oltre il quale non si ha più nessun incremento, in quanto se si raccolgono con
eccessivo ritardo le drupe si ha una perdita elevata di umidità del frutto, che fa ritenere che sia aumentata
la percentuale in olio.
Al progredire della maturazione delle olive, si possono osservare, altresì, profonde differenze compositive
dell’olio: successivamente all’invaiatura si ha la riduzione del contenuto in sostanze aromatiche e fenoliche,
dalle quali dipende la minore conservabilità degli oli con tutte le relative implicazioni salutistiche e
sensoriali.

21.5.3 Stoccaggio delle olive

I fattori che determinano il deperimento delle olive, durante la conservazione prima dell’estrazione dell’olio,
possono essere suddivisi in “fattori interni” o biologici, ed “esterni” o ambientali. I fattori interni sono
connessi con le alterazioni nella respirazione cellulare e i cambiamenti morfo-fisiologici innescati dal
distacco del frutto dalla pianta; i fattori esterni (temperatura, umidità, composizione dell’atmosfera,
sollecitazioni meccaniche, attacchi patogeni microbici e fungini), pur esercitando una grande influenza sulla
velocità di deperimento del prodotto, sono facilmente modificabili con l’uso di adeguate tecnologie (cfr.
Figura 121).

78
Figura 121 Metodi di stoccaggio delle olive

Pertanto, risulta molto importante che le olive non sostino a lungo in attesa della trasformazione ed è
necessario controllare il livello termico della massa delle olive, attraverso uno idoneo stoccaggio (cfr.
Figura 122-123). Poco razionale è il trasporto delle olive per mezzo di sacchi di iuta (cfr. Figura 113),
poiché questa pratica provoca inevitabili lesioni a carico delle drupe, specie se molto mature; il mezzo più
idoneo per il trasporto delle olive è rappresentato da contenitori di limitate dimensioni, ben sfinestrati di
capacità variabile da 25 a 35 kg per consentire la circolazione dell’aria e per evitare dannosi riscaldamenti.

Figura 122 Stoccaggio delle olive in olivaio in strato di ridotto spessore di circa 10 -15 cm

79
Figura 123 Stoccaggio delle olive su graticci di le gno

Pertanto lo stoccaggio delle olive viene eseguite in casette di plastica della capacità di 30-35 kg di olive
(cfr. Figura 124) o cassoni in plastica che possono contenere una massa di olive fino a 500 Kg (cfr. Figura
125) può essere.

Figura 124 Stoccaggio delle olive in cassoni sotto tettoia

Figura 125 Stoccaggio delle olive in cassoni di plastica in attesa della lavorazione

80
Le olive giunte al frantoio devono essere lavorate al più presto, possibilmente in giornata e la eventuale
conservazione può essere eseguita all’aperto sotto tettoia o in locale fresco e ventilato, evitando che il
calore di respirazione, sviluppato dal frutto in quantità più accentuata dopo la raccolta, degradi la qualità
dell’olio.

21.5.4 Metodi di raccolta delle olive

Il processo di meccanizzazione della raccolta delle olive si è sviluppato in conformità dei diversi parametri
che individuano la diversità della coltura per quello che riguarda sia le cultivar che le loro forme di
allevamento senza trascurare naturalmente le condizioni ambientali e tradizionali nelle quali si è avuta
l’evoluzione della coltura.
Tale processo è stato accompagnato da studi finalizzati, oltre che a migliorare le macchine dal punto di
vista tecnologico, anche ad ottimizzare l’interazione tra pianta e macchina, allo scopo di incrementare il più
possibile l’efficienza e le prestazioni quanti-qualitative delle singole macchine utilizzate nelle varie fasi della
raccolta, nonché quelle del cantiere complessivo di raccolta, il che consente di ridurre al minimo i costi
della raccolta, che nella tradizionale raccolta manuale incidono notevolmente sul costo complessivo di
produzione delle olive da olio (cfr. Figura 126).

Figura 126 Attrezzature e macchine per la raccolta delle olive

Negli ultimi quaranta anni sono stati quindi prodotti un notevole numero di modelli di macchine e
attrezzature da utilizzare nell’operazione di raccolta, che hanno consentito di arrivare ad un livello di
meccanizzazione che può ritenersi soddisfacente per quel che riguarda la convenienza economica del suo
utilizzo. Naturalmente il grado di meccanizzazione della raccolta raggiungibile con i mezzi meccanici
prodotti allo stato attuale dipende essenzialmente dalla cultivar e dal sistema di allevamento adottato per la
coltivazione, in quanto tali elementi sono determinanti nello scegliere le modalità di raccolta più idonee.
Per poter affrontare, quindi, il problema della raccolta meccanica delle olive è importante conoscere quali
sono le diverse modalità con cui si procede nella raccolta delle olive e le varie fasi che compongono i
cantieri di raccolta ipotizzabili in corrispondenza di ciascuna diversa modalità (cfr. Figura 127).

81
i

Figura 127 Sistemi di allevamento predisposti per la raccolta meccanica

Allo scopo è stata predisposta un organigramma riassuntivo, aggiornato rispetto a quello compilato in un
precedente lavoro, in cui vengono riportate le principali operazioni che compongono attualmente le diverse
modalità di intervento.
L’introduzione di nuove forme di allevamento ha permesso di aumentare il livello di meccanizzazione del
cantiere di raccolta, fino a raggiungere la possibilità di raccolta meccanica integrale, con impiego di
manodopera limitata a pochissime unità costituite dai soli manovratori delle macchine. Sugli impianti
intensivi a filari si può arrivare ad utilizzare un solo operaio trattorista alla guida di una macchina simile alle
vendemmiatrici per spalliera, che possono operare con continuità su impianti ad alta produttività elevando
al massimo la capacità di lavoro.
La raccolta delle olive può essere effettuata attualmente, facendo riferimento soprattutto all’Italia, in tre
modalità fondamentali da cui derivano poi le ulteriori differenziazioni per quel che riguarda l’utilizzo delle
varie fasi nei cantieri di raccolta utilizzati. Tali modalità con i principali possibili cantieri realizzabili in
relazione anche al tipo di macchine attualmente disponibili sul mercato, vengono riportate in un
organigramma riassuntivo. Naturalmente le ipotesi di organizzazione dei cantieri di lavoro si possono
differenziare da quelle riportate sia per la successione delle varie fasi, che per l’aggiunta o la soppressione
di qualche operazione, come ad esempio la possibilità di effettuare trattamenti per facilitare la cascola, di
aggiungere l’operazione di bacchiatura dei rami o quella di eliminare il diserbo. Inoltre alcune operazioni
possono essere effettuate più volte, particolarmente nella raccolta da terra e si può ricorrere ad una
raccolta mista che prevede parte di raccolta da terra e parte di raccolta dall’albero, come ad esempio
quando si raccolgono da terra preventivamente le olive cascolate e si utilizzano successivamente le reti per
la raccolta dall’albero.
Le tre modalità principali previste per la raccolta delle olive nell’organigramma sono:
- la raccolta da terra
- la raccolta dall’albero
- la raccolta con reti fisse
Dall’organigramma dello schema di seguito riportato, si può rilevare che la raccolta è nel suo complesso
per qualsiasi metodologia adoperata costituita, oltre che dall’operazione di raccolta vera e propria intesa
82
come quella del prelievo effettivo delle olive da terra o dall’albero, da diverse operazioni preparatorie o
complementari.
MODALITA’ DI RACCOLTA DELLE OLIVE

I possibili cantieri ipotizzabili vanno da quello completamente manuale a quelli a meccanizzazione più
spinta. Una valutazione a parte merita la raccolta con reti fisse, perché per essa non si può parlare di
meccanizzazione. Infatti tale modalità di raccolta prevede l’installazione di reti fisse, che vengono svuotate
periodicamente, man mano che le olive cadono per cascola naturale e quindi non è previsto l’impiego di
macchine specifiche, se si eccettuano quelle destinate al trasporto del prodotto.
Tale modalità che sembrerebbe al primo impatto la più conveniente dal punto di vista economico, in quanto
richiede un impiego molto limitato di mezzi e manodopera, risulta a conti fatti abbastanza onerosa. Infatti,
oltre a richiedere un investimento economico sia iniziale per l’acquisto e l’installazione delle reti fisse che
83
periodico per la loro manutenzione, presenta l’inconveniente di richiedere una sorveglianza continua contro
furti o danneggiamenti e di non permettere di ottenere un prodotto di buona qualità a causa della sua
permanenza alle intemperie climatiche per lunghi periodi di tempo. Si preferisce pertanto operare in
prevalenza con le modalità senza reti fisse raccogliendo il prodotto da terra o direttamente dall’albero,
scegliendo tra questi due metodi soprattutto in base alla cultivar dell’oliveto impiantato e alla qualità
dell’olio che si intende ottenere.
Tutte tali operazioni sono state ampiamente descritte in un precedente lavoro ed è stata inoltre esaminata
la possibilità di una loro meccanizzazione.
Tralasciando in questo lavoro di prendere in esame le macchine e le attrezzature di uso comune anche in
operazioni per altre colture, concentriamo la nostra attenzione sulle macchine utilizzate per le fasi che si
riferiscono esclusivamente alla caduta e alla captazione delle olive e alla loro eventuale pulizia in campo.

21.6 Macchine e attrezzature per il distacco delle olive dall’albero

La qualità dell’olio viene esalta se si anticipa la raccolta e si raccoglie la drupa direttamente dalla pianta;
tale operazione richiede un elevato utilizzo di manodopera. Tale fase è del tutto esclusa nel caso in cui il
distacco delle drupe avviene spontaneamente in base al procedere della maturazione, ma tale
procedimento di raccolta non consente di ottenere olio di elevata qualità, ma nonostante ciò, specie per gli
oliveti secolari, tale metodo di raccolta viene ancora largamente usato in diverse zone.
Ricordando che il distacco delle olive dall’albero avviene tradizionalmente per brucatura manuale, con o
senza l’ausilio della bacchiatura con pertiche, per agevolare o determinare tale distacco sono state
introdotte nel corso degli anni diverse attrezzature e macchine. Allo stato attuale quelle che vengono
maggiormente utilizzate possono essere raggruppate sulla base della loro modalità di funzionamento,
tenendo conto che In questi ultimi anni ha cominciato ad operare la macchina che viene utilizzata nella
raccolta dei vigneti a spalliera. Tale macchina anche se richiede un sistema di allevamento diverso da
quello tradizionale ha dato risultati che fanno prevedere una sua buona prossima diffusione. Per cui è
opportuno includere anch’essa tra le macchine per la raccolta delle olive.
In relazione alle considerazioni innanzi svolte le macchine per la raccolta dall’albero, possono, così
classificarsi in:
- attrezzature di ausilio alla raccolta manuale
- attrezzi non motorizzati che servono di ausilio alla brucatura;
- attrezzi motorizzati portati e azionati manualmente dall’operatore;

- macchine per la bacchiatura della chioma


- macchine bacchiatici
- pettinatrici della chioma semoventi o portate da trattore
- macchine scuotitrici
- delle branche semoventi o portate da trattori
- dei tronchi
- macchine scuoti-raccoglitrici per la raccolta integrale
- macchine scuotitrici operanti in continuo su impianto a spalliera.
84
- macchine intercettatrici
- teli
- ombrelli rovesci
- carri intercettatori

Tralasciamo di descrivere i diversi attrezzi non motorizzati che servono per agevolare la brucatura,
ricordando solo che essi vengono impugnati dall’operatore e agiscono in genere per pettinamo i vento della
chioma, analizziamo le modalità di lavoro delle singole macchine.

21.6.1 Attrezzature di ausilio alla raccolta manuale

Attrezzi non motorizzati che servono di ausilio alla brucatura


L’utilizzazione dei suddetti attrezzi, come è facile intuire l’incremento della produttività dell’operaio è molto
contenuta arrivando al massimo a raddoppiarsi, per cui i costi di raccolta restano molto elevati (cfr. Figura
128).

Figura 128 Attrezzi per agevolare la raccolta manuale


Tali attrezzi possono essere utilizzati sia per la raccolta delle olive sulle chiome pendule, direttamente da
terra, sia sulle ramificazioni più elevate con l’ausilio di scale o torrette (cfr. Figura 129).

Figura 129 Scale e torrette elevatrici per la raccolta manuale agevolata delle olive

85
Attrezzi motorizzati portati e azionati manualmente dall’operatore
Più importanti risultano gli attrezzi motorizzati che vengono portati dall’operatore. Essi in genere sono
costituiti da un organo raccoglitore a gancio o a pettine vibrante disposto in genere all’estremità di un’asta
metallica di lega leggera o in vetroresina (cfr. Figura 130) portata e indirizzata manualmente dall’operatore
verso i rami o la chioma dell’albero.

Figura 130 Tipi di aste per vibratori portati a mano

L’asta ha in genere una lunghezza compresa fra 1 e 3 metri e permette all’operatore di agire direttamente
da terra su alberi che non superano l’altezza di chioma di 4-5 metri.
Più raramente si possono trovare in commercio anche attrezzi senza asta con l’organo raccoglitore
impugnato direttamente dall’operatore, che in questo caso deve necessariamente salire su scale, così
come avviene nella raccolta manuale, o anche aste a lunghezza variabile di tipo telescopico che possono
superare anche la lunghezza di 3 metri.

L’organo raccoglitore può essere costituito da:

- un gancio o pinza vibrante che si muove di moto rettilineo alternativo;


- uno o più pettini vibranti che si muovono di moto rotatorio continuo o alternativo;
- una piastra a denti che si muove di moto rotatorio alternativo;
- una piastra fissa con denti che si muovono di moto rotatorio alternativo.

Figura 131 Ganci scuotitori e pettini vibranti

86
Il gancio e la pinza (cfr. Figura 132) agiscono per scuotimento su rami del diametro massimo intorno ai
dieci cm, mentre gli altri tipi di raccoglitore agiscono all’interno della chioma sia per scuotimento e
bacchiatura (o sferzatura) che per pettinamento (cfr. Figura132).
L’azione di pettinamento è evidentemente esclusiva per pettini che si muovono di moto continuo senza
vibrazione.
In Figura 124 vengono riportati alcuni tipi di vibratori manuali a piastra fissa e diti mobili.

Figura 132 Esempi di vibratori manuali a comando elettrico senza asta

L’organo raccoglitore riceve il moto da un motore di piccola potenza (dell’ordine di qualche kW) che può
essere del tipo:
- a combustione interna
- pneumatico
- elettrico

Per quel che riguarda il primo tipo il motore, esso può essere montato sotto l’impugnatura dell’asta oppure
può essere portato a spalla dall’operatore (cfr. Figura 133).

Figura 133 Asta scuotitrice con motore a combustione interna

87
Nelle altre due soluzioni che utilizzano il motore pneumatico e quello elettrico, la trasmissione del moto è
di tipo meccanico con sistema biella manovella, quindi con ampiezza di oscillazione fissa.
Nella Figura 134 viene rappresentato un esempio di scuotitore motorizzato portato e azionato
manualmente con pinza di estremità e con motore applicato all’asta. Il manovellismo si trova all’uscita del
motore e un’asta rigida collegata al piede di biella porta il moto alternativo alla pinza. In lavorazione
l’operatore aggancia l’asta ad un ramo della pianta e aziona il vibratore (cfr. Figura 135).

Figura 134 Scuotitore manuale in lavorazione

Nella Figura 135, invece, è rappresentato un analogo tipo di scuotitore, con motore portato a spalla, in
cui la trasmissione del moto rotatorio avviene con filo flessibile e la trasformazione in moto alternativo
avviene con manovellismo applicato all’estremità superiore dell’asta.
L’asta portatile, con attuatore pneumatico, è stato il sistema realizzato per primo ed è composto da un
martinetto pneumatico posto all’estremità superiore dell’asta (cfr. Figura 136) che riceve il moto dall’aria in
pressione generata da un moto-compressore (cfr. Figura 137) portato manualmente a parte da supporto a
ruote o da compressore portato e azionato da trattore. Il compressore può avere in genere due o più
attacchi per le aste per cui è possibile azionare contemporaneamente fino a sei aste.

Figura 135 Scuotitore manuale con motore portato a spalla

Figura 136 Pettini vibranti con martinetto idraulico di comando del moto oscillatorio

88
Figura 137 Pettini vibranti azionate con motore pneumatico

Nella Figura 138 vi sono esempi di aste con scuotitore pneumatico a gancio o a pettine vibrante.

Figura 138 Aste scuotitrici pneumatiche a pettine e a gancio in lavorazione

Più recentemente sono stati messi sul mercato raccoglitori di olive portatili con motore elettrico alimentato
da batterie ricaricabili. Gli organi raccoglitori possono essere con o senza asta come quelli già
rappresentati nella Figura 139 e avere forme molto diverse sia a pettini che a piastra fissa o mobile. Nella
Figura 140 sono rappresentati alcuni esempi di organi raccoglitori a denti di scuotitori portatili elettrici.

Figura 139 Tipi di scuotitori portati manualmente a comando elettrico

La scelta delle possibili soluzioni deve essere eseguita tenendo conto della forma dell’organo raccoglitore,
del tipo di moto che si vuole realizzare, della motorizzazione prescelta, in relazione al tipo di trasmissione
del moto e alla collocazione del motore, nonché alle caratteristiche dell’asta di supporto.

89
Per cui è possibile ipotizzare raccoglitori di tipo portatile motorizzati di varie soluzioni costruttive che
potranno presentare reciprocamente vantaggi e svantaggi quando vengono messi a confronto fra di loro.
Nella loro scelta è comunque da tener presente quali sono i parametri che permettono di valutare le
caratteristiche complessive dello stesso, in relazione all’efficacia della raccolta, all’affidabilità, alla
manovrabilità, alla sicurezza e al confort.
Le numerose e varie soluzioni proposte per i pettini vibranti sono differenziate fra loro in funzione del
materiale utilizzato, della forma dei pettini, del movimento degli organi di raccolta e della loro
motorizzazione (cfr. Figura 140).

Figura 140 Varie soluzioni proposte per i pettini vibranti in funzione del materiale utilizzato, della
forma dei pettini, del movimento degli organi di raccolta e della loro motorizzazione

Le suddette caratteristiche costruttive possono così riassumere:

- capacità di lavoro espressa in kg/h;


- percentuale di distacco delle olive;
- facilità di raggiungere tutte le parti della pianta e di penetrare nella chioma;
- leggerezza dell’asta e del motore;
- entità delle vibrazioni trasmesse all’operatore;
- intensità del rumore.

Per quel che riguarda la capacità di lavoro risultano certamente più efficaci i raccoglitori che agiscono con
pinza sui rami in quanto sono sicuramente più veloci rispetto a quelli che agiscono sulla chioma, per i quali
dovrebbe teoricamente essere superiore invece l’efficienza del distacco nel caso in cui si riuscisse ad
esplorare accuratamente tutta la chioma.
Le aste più corte e più leggere dovrebbero assicurare più manovrabilità, anche se il loro impiego sarebbe
limitato a piante più piccole.

90
Migliore adattabilità avrebbero le aste telescopiche, anche se aumenterebbe il loro peso; infatti il maggior
ostacolo all’impiego dei raccoglitori portatili è costituito dal loro peso, che incide notevolmente sul
rendimento dell’operaio.
Le aste vibranti che hanno il motore a combustione interna montato sull’asta sono quelli che danno più
problemi per quel che riguarda l’affaticamento dell’operatore, se al peso si aggiunge il disagio dovuto alle
vibrazioni e al rumore, il vantaggio di una maggiore efficacia di raccolta può essere compromesso.
Dal punto di vista del confort e della sicurezza sono certamente più affidabili le aste portatili con motore
elettrico.
Le suddette aste portatili possono nel migliore dei casi realizzare una produttività per l’operaio che può
arrivare fino a 4-5 volte quella realizzata a mano.

Figura 141 I raccoglitori portatili possono realizzare una produttività


per l’operaio fino a 4-5 volte quella realizzata a mano.

21.6.2 Macchine per la bacchiatura della chioma

A questo gruppo appartengono le macchine che agiscono all’interno della chioma mediante una motrice
che può essere una trattrice (A), a cui è collegato un braccio (B) alla cui estremità è applicata una testata
(C) munita di un numero abbastanza elevato di organi vibranti (D), costituiti da bacchette in materiale
sintetico di lunghezza che superiore ai 20 cm e che possono oltrepassare anche i 50 cm in alcuni modelli
(cfr. Figura 142).

D B C

Figura 142 Macchina per la bacchiatura della chioma costituita da: una trattrice (A), un
braccio (B) una testata vibrante (C) ed organi vibranti (D)

91
Le bacchette sono poste a distanza più o meno ravvicinata tra loro determinando in tal modo anche l’effetto
prevalente del modo di operare dell’organo raccoglitore sul distacco delle olive.
Infatti le bacchette degli organi raccoglitori possono penetrare in ogni punto della chioma comunicando ad
essa un effetto di scuotimento e bacchiatura e quello più o meno intenso di pettinatura, variabile in
relazione alla loro conformazione, al loro moto e alla vicinanza delle bacchette.
La macchina bacchiatrice-pettinatrice è in genere di tipo trainato, portato dall’attacco a tre punti o montato
direttamente su un trattore di media potenza (cfr. Figura 142).
L’organo di lavoro è montato all’estremità di un braccio brandeggiabile e può essere, quindi, facilmente
indirizzato e posizionato nel punto della pianta in cui si intende operare.
Sulla base dei modelli di macchine esistenti è possibile distinguere gli organi raccoglitori nei seguenti due
tipi principali in base al moto delle bacchette e cioè:
- a supporto fisso e bacchette mobili
- a supporto mobile
Nel primo caso il supporto è in genere costituito da una o più piastre su cui sono montate
perpendicolarmente ad essa le bacchette a mezzo di perni mobili rotanti od oscillanti che ricevono il moto
da sistemi articolati mossi da un motore idraulico alimentato da una trasmissione idrostatica alimentata a
da una pompa azionata dal motore del vettore.
La limitazione dell’ampiezza di oscillazione delle bacchette restringono l’azione della vibrazione ad una
parte limitata della chioma e cioè a quella in cui agisce direttamente la vibrazione; inoltre, la complessa
trasmissione del moto alle bacchette costituisce un ostacolo alle dimensioni dell’organo di raccolta, per cui
in definitiva l’efficacia di questi organi raccoglitori risulta abbastanza modesta per quel che riguarda sia la
percentuale di distacco che in particolare la capacità di lavoro.
Migliori risultati si ottengono con gli organi raccoglitori a supporto mobile in cui tutte le bacchette ricevono il
moto dal supporto essendo collegate rigidamente ad esso per un estremo, avendo l’altro estremo libero.
I supporti possono essere di due tipi
- a piastra
- a rotore
Il supporto a piastra è costituito da più barre contenute in un piano cui sono collegate le aste in modo tale
da formare tanti pettini paralleli tra loro. La piastra è dotata di moto rettilineo alternativo, che si trasmette
alle bacchette e quindi alla chioma della pianta quando le bacchette vengono fatte penetrare in essa (cfr.
Figura 143).

Figura 143 Piastra dotata di moto rettilineo alternativo che con le


bacchette penetrare nella chioma

92
La piastra, posta all’estremità del braccio articolato della macchina raccoglitrice, viene in genere avvicinata
esternamente alla chioma della pianta, per cui le bacchette devono avere la massima lunghezza possibile
compatibilmente con la efficacia della sollecitazione di vibrazione che ne deriva.
A questa azione di vibrazione si aggiunge quella di bacchiatura e in parte quella di pettinatura, specie se il
moto è perpendicolare alla barra di supporto del pettine.
Il supporto a rotore è costituito da un albero vincolato a sbalzo all’estremità del braccio articolato della
macchina raccoglitrice e da bacchette vincolate all’albero e disposte radialmente, in modo da formare una
spazzola rotante (cfr. Figura 144).

Figura 144 Macchina bacchiatrice con supporto a rotore

L’albero è montato folle sul suo asse di rotazione ed è dotato di moto rettilineo alternativo parallelamente la
suo asse. L’effetto di sollecitazione ai fini del distacco delle olive è analogo a quello della testata con
supporto a piastra. Nel modo di operare tuttavia il modello a rotore si differenzia per il fatto che la testata
ha la possibilità di penetrare maggiormente all’interno della chioma senza ostacoli e senza danni. Infatti la
spazzola, oltre che essere avvicinata dall’esterno alla chioma, può anche essere introdotta nella chioma
nella direzione del suo asse e tale capacità sarà tanto maggiore quanto più corte sono le bacchette.
I modelli con rotore con bacchette più lunghe può operare più dall’esterno della chioma, mentre i modelli
con bacchette più corte potranno agire maggiormente all’interno della chioma (cfr. Figura 145).

Figura 145 Modelli con rotore con bacchette più lunghe che possono penetrare più
agevolmente nella chioma

93
La possibilità del rotore di ruotare folle intorno al proprio asse aumenta ancora di più la capacità di
penetrazione nella chioma senza intoppi significativi, in quanto consente movimenti della testata anche
quando le bacchette sono infilate all’interno di essa, cosa che non può avvenire nei modelli con testata a
piastra per i quali per ogni spostamento della testata le bacchette devono essere sfilate dalla chioma.
La testata raccoglitrice a spazzola consente quindi di ottenere migliori risultati rispetto a quella a piastra, in
quanto oltre a consentire di operare su piante con chioma più ampia e più folta, ha una capacità di lavoro
superiore essendo minori i tempi accessori per gli spostamenti della testata, anche su quelle piante in cui è
sufficiente operare solo all’esterno della chioma.
Le macchine bacchiatrici pettinatrici con spazzola a rotore presenti sul mercato possono essere ad una o
a due rotori (cfr. Figura 146), con spazzole di dimensioni variabili. Nel modello a due spazzole può essere
variata la posizione reciproca fra di esse variando l’angolo da esse formato, allo scopo di ottenere la
massima efficienza dal posizionamento di esse all’interno della chioma.

Figura 146 Macchina bacchiatrice-pettinatrice portata con due rotori

Tali macchine sono in genere portate o montate su trattore e hanno gli organi raccoglitori collocati
all’estremità di bracci articolati brandeggiabili dotati di tutti gli attuatori idraulici necessari per ottenere le
regolazioni più idonee al conseguimento del miglior posizionamento di detti organi rispetto alla chioma
della pianta. Il loro utilizzo permette di ottenere una capacità di lavoro che può variare da un minimo di 100
kg/h fino ai 400 kg/h nelle condizioni più favorevoli, che evidentemente sono quelle che si riferiscono ad un
oliveto ad alta produttività con piante di dimensioni e forma tale da permettere un facile accesso
dell’organo raccoglitore alle parti produttive della chioma.

21.6.3 Macchine scuotitrici

Le macchine scuotitrici dei tronchi o delle branche più semplicemente dette “scuotitori” sono costituite dalle
seguenti parti essenziali:
- testata scuotitrice
- braccio mobile portante la testata
- veicolo vettore
A queste parti si può aggiungere un:
- ombrello raccoglitore

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L’ombrello per la intercettazione delle olive distaccate dalla pianta può essere montato nella parte anteriore
del vettore, tale macchina che esegue le due operazioni di distacco delle drupe della pianta e loro
intercettazione viene detta macchina scuoti-raccoglitrice.
Nella figura 147 viene riportato lo schema di una macchina scuotitrice.

Figura 147 Macchina scuotitrice per la raccolta delle olive

La testata scuotitrice è costituita da un vibratore a masse eccentriche controrotanti collegato ad una pinza
a ganasce, che consente di rendere la testata solidale al tronco o ad una delle branche principali
dell’albero. La testata è collocata all’estremità di un braccio brandeggiabile articolato in due parti (braccio e
avambraccio), per cui può essere sollevata e portata all’altezza dell’albero desiderata (cfr. Figura 147).

Testata scuotitrice
La testa scuotitrice rappresenta la parte funzionale più importante della macchina per la raccolta delle
olive.
La progettazione sviluppata nell’ambito del Progetto finalizzato per la meccanizzazione agricola del CNR
negli anni 1980-85 ha consentito di definire le dimensioni della testata in valori più contenuti, passando da
600-800 Kg delle testate presenti in commercio a valori di 200-300 Kg. La scelta progettuale si è basata
sulla semplice considerazione che stringendo la pinza della testata intorno al tronco dell’albero, il sistema
albero-testata costituisce un corpo unico.
Pertanto, considerando che un albero di medie dimensioni ha una massa di circa 300-400 Kg, la massa
da mettere in oscillazione del complesso albero-testa, passa da valori medi di circa 1000 Kg a valori medi
di circa 600 kg, conseguentemente effetti analoghi si hanno con l’energia fornita cheper avere gli stessi
effetti e cioè pari a circa la metà per le nuove testate.
ln definitiva, la progettazione delle testate si è, quindi, differenziata nelle seguenti tre soluzioni:

A) Testate per scuotitori di grande potenza


Le testate vengono montate su veicoli semoventi della potenza di circa 80-90 kW con testate di massa
pari a circa 600 kg, sospese ad un braccio della lunghezza pari a circa 6-7 metri, realizzando una capacità
di lavorazione pari a circa 40-60 piante/ora, con percentuali medie di raccolta delle drupe dell’ordine del
70%.

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B) Testate per scuotitori di media potenza
Le testate vengono montate su veicoli semoventi della potenza di circa 40-60 kW con testate di massa
pari a circa 200-300 kg, sospese ad un braccio della lunghezza a pari a circa 4-5 metri, con organi di
presa che consentono di vincolare tronchi di diametro fino a 40-50cm, realizzando una capacità di
lavorazione pari a circa 20-40 piante/ora, con percentuali medie di raccolta delle drupe dell’ordine del
70%.

C) Testate per scuotitori di piccola potenza


Le testate vengono montate su veicoli semoventi della potenza di circa 10-20 kW con testate di massa
pari a circa 100-200 kg, sospese ad un braccio della lunghezza a pari a circa 3-4 metri, con organi di
presa che consentono di vincolare tronchi di diametro fino a 30-40cm, realizzando una capacità di
lavorazione pari a circa 10-25 piante/ora, con percentuali medie di raccolta delle drupe dell’ordine del
70%.
Le soluzioni proposte hanno consentito alle ditte costruttrici di specializzarsi nelle seguente tre soluzioni
riportate nella Figura 148.

Figura 148 Soluzioni proposte hanno consentito alle ditte costruttrici per scuotitori di
grande potenza, di media potenza e di piccola potenza

Nella Figura 149 si riporta lo scuotitore costruito nel laboratorio dell’Istituto di Meccanica Agraria di Bari
nell’anno 1980, dotato di una sola massa eccentrica del peso di alcuni chilogrammi, azionato da una
pompa idraulica comandata dalla presa di potenza di una trattrice e che impegnava una potenza fornita
dalla stessa trattrice, misurata con un torsiometro in circa 5 kW.

Figura 149 Prototipo di scuotitore di piccole dimensioni


che impegna una potenza di circa 5 kW

96
Braccio mobile portante la testata
Il braccio dello scuotitore è montato sul veicolo vettore che può essere appositamente realizzato nel caso
di macchine semoventi (cfr. Figura 150 A) o essere applicato su un comune trattore nel caso di scuotitore
portato (cfr. Figura 150 B).
In genere per gli scuotitori di tipo portato si fa riferimento ad un kit (gruppo scuotitore) che può essere
collegato alla struttura portante del trattore e solo nel caso di scuotitori più piccoli può essere utilizzato
l’attacco a tre punti.

A B

Figura 150 Macchina scuotitrice semovente (A) e scuotitrice montato su trattrice portata (B)

I movimenti di rotazione del braccio vengono affidati a martinetti idraulici a doppio effetto e in alcuni casi,
per aumentare la possibilità di raggiungere i punti più alti della pianta e quelli più interni nel casi di piante
molto estese, l’avanbraccio dello scuotitore è strutturato in scatolare telescopico che permette di allungare
l’estensione del braccio, fino a raggiungere con la testata vibrante altezze superiori ai sei metri in fase di
lavorazione.
Per problemi di stabilità del veicolo è i consigliabile avere una struttura piuttosto compatta del veicolo,
evitando una lunghezza eccessiva del braccio particolarmente durante il movimento di trasferimento del
vettore.
Il moto di rotazione delle masse eccentriche viene affidato ad uno o più comunemente a due motori
idraulici.
Nel primo caso le masse ruotano con la stessa velocità angolare e una trasmissione meccanica assicura
l’inversione del moto di una massa rispetto all’altra.
Lo scuotitore ha in questo caso una vibrazione monodirezionale.
Nel secondo caso ogni massa ha una velocità di rotazione indipendente dall’altra e lo scuotitore avrà
certamente una vibrazione multidirezionale (cfr. Figura 151).

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Figura 151 Traiettoria descritta in condizione di regime dal sistema albero-
scuotitore e misurata con un trasduttore e registrata su una
centralina elettronica, in cui lo scuotitore è fornito di un dispositivo
vibrante ad inerzia con due masse eccentriche distinte ruotanti a
diverse velocità, ma con un rapporto di trasmissione costante.

Nella Figura 151 è riportata la traiettoria descritta in condizione di regime dal sistema albero-scuotitore,
traiettoria misurata con un trasduttore e registrata su una centralina elettronica; nella centralina è stato
controllato di modo di vibrare di uno scuotitore dottato di un dispositivo vibrante ad inerzia con due masse
eccentriche distinte, ruotanti a diverse velocità, ma con un rapporto di trasmissione costante.

Figura 152 Posizionamento della testata rispetto al tronco mediante l’azione di martinetti idraulici

La testata mediante l’azione di martinetti idraulici può subire rotazioni sia rispetto al suo asse longitudinale
che rispetto al suo asse trasversale, in modo tale da permettere all’operatore di posizionarla nella maniera
più corretta rispetto alla branca dell’albero e cioè in modo che il piano delle forze rotanti indotte dal
vibratore risulti perpendicolare al ramo (cfr. Figura 152).
Le ganasce della pinza sono comandate anch’esse da un martinetto idraulico che provvede a stringerle sul
legno.
La parte interna delle ganasce è rivestita da materiale deformabile tale da evitare durante la vibrazione
possibili escoriazioni dovute ad un non perfetto aggancio.
La testata scuotitrice viene collegata al braccio non rigidamente, per evitare che le vibrazioni si trasmettano
senza alcuna attenuazione alla struttura del vettore e quindi all’operatore.

98
Il collegamento non rigido viene effettuato sospendendo la testata all’estremità del braccio con catene o
con strisce deformabili di materiale plastico o gommoso (cfr. Figura 153).

Figura 153 Collegamento al braccio della testata scuotitrice e sua modalità di attacco al tronco

Le modalità di lavoro dello scuotitore avviene secondo le seguenti fasi (cfr. Figura 154):

- avvicinamento della macchina all’albero ed apertura della pinza (A);


- presa del tronco (o di una branca) con la testata vibrante (B);
- scuotimento del tronco (C);
- distacco della testata e trasferimento della macchina verso un altro albero(D).

A B C D

Figura 154 Modalità di lavoro dello scuotitore: avvicinamento della macchina all’albero (A);
presa del tronco con la testata vibrante (B); scuotimento (C);distacco della testata
e allontanamento della macchina (D).

Pertanto, in riepilogo lla metodologia di raccolta è costituita dalle seguenti fasi operative: una prima fase
di avvicinamento dello scuotitore alla pianta (cfr. Figura 154 A), completata con la fase iniziale di
sistemazione preventiva delle reti e di aggancio della pinza alla pianta (cfr. Figura 154 B), seguita dalla
operazione di scuotimento (cfr. Figura 154 C) e quindi dalla la fase finale dello svuotamento delle reti in
contenitori e di spostamento dello scuotitore verso la pianta successiva (cfr. Figura 154 D).
Dopo che le olive sono state raccolte, vengono trasferite nel cassone di un rimorchio per il trasporto del
prodotto al centro aziendale.
La messa a punto del modo di vibrare dello scuotitore è stata eseguita con la costruzione di una testata
sperimentale progettata dall’autore (cfr. Figura 155).

99
La fase attiva di scuotimento dura pochi secondi e si concretizza in una accelerazione del motore fino a
raggiungere una frequenza di vibrazione che supera i 1500 cicli al minuto.

Massima caduta
6-8 secondi

Figura 147 Da prove eseguite in laboratorio si è riscontrata che la maggiore caduta delle
olive avviene nei primi 6-8 secondi di applicazione della vibrazione.

L’efficacia maggiore dello scuotimento non si ha a velocità di regime, ma nella fase transitoria iniziale di
accelerazione; nella Figura 147 è riportato un diagramma di una prova di laboratorio, con ampiezza di
scuotimento di 20 mm e frequenza di 1900 cicli/minuto, in cui si riscontrata che la maggiore caduta delle
olive avviene nei primi 6-8 secondi di applicazione della vibrazione (sperimentalmente si è riscontrato che
cadono circa il 70% delle olive presenti sulla ramificazione). Nello scuotitore con due motori si può tenere
una massa a velocità fissa di rotazione e far variare la velocità di rotazione dell’altra.
L’energia necessaria per determinare lo scuotimento dell’albero o di parte di esso, ai fini di una accettabile
efficienza di raccolta, viene quantificata dall’energia necessaria a porre in vibrazione la testata dello
scuotitore ed alla massa la parte dell’albero a cui è vincolata la testata (tronco o branca) e la parte della
stessa pianta che partecipa alla vibrazione
I parametri che determinano l’efficacia della vibrazione sono l’ampiezza e la frequenza della vibrazione.
Il distacco delle olive come di qualsiasi frutto è determinato comunque da frequenze elevate, anche con
piccole ampiezze, per cui è opportuno ed auspicabile che per qualsiasi tipo di struttura dell’albero, le
vibrazioni abbiano le caratteristiche riportate nella allegata tabella, anche perché ampiezze troppo elevate
possono compromettere la resistenza della struttura legnosa della pianta.

Ampiezza Frequenza Tempo di Tempi Tempi Tempi Valori


in in vibrazione in 0-4 secondi 4-6 secondi Oltre 8 sec. totali in %
mm cicli/min. secondi % di caduta % di caduta % di caduta di
delle olive delle olive delle olive cad. olive
20 1500 15,5 28 12 22 52
20 1700 18,6 28 8 20 56
20 1900 6,3 61 6 2 69

100
Infatti, mantenendo costante l’ampiezza di vibrazione ed aumentando la frequenza da 1500 a 1900
cicli/min., la percentuale di caduta delle drupe nei primi 4 secondi passa dal 28 al 61% e prolungando il
tempo di vibrazione oltre gli 8 secondi tali valori passano al 52-69 di caduta delle olive.
Poiché per raggiungere elevate frequenze si agisce sul motore idraulico, aumentandone la velocità di
rotazione, è chiaro che così aumenta anche la forza e quindi l’ampiezza di vibrazione, per cui è
necessario che l’energia assorbita dallo scuotitore non superi quella che può compromettere la resistenza
della struttura legnosa dell’albero.
Pertanto, nasce la necessità di avere scuotitori di diversa potenza in relazione alle dimensioni dell’albero.
Si potranno, quindi, avere, come già innanzi illustrato la seguente tipologia di scuotitori:
- scuotitori di piccola potenza adatti per operare in oliveti giovani e con
tipo di allevamento con piante di dimensioni ridotte;
- scuotitori di media potenza per piante di 20-40 anni;
- scuotitori di grande potenza adatti a piante di notevoli dimensioni,
sulle quali è necessario, per produrre una vibrazione con ampiezza
accettabile, agire sulle branche principali.
Il mercato offre comunque una gamma di scuotitori di diversa potenza tale da poter soddisfare tutte le
tipologie di oliveti che si possono incontrare su tutto il territorio nazionale ed internazionale.
Il cantiere di raccolta meccanica con scuotitore e stesura manuale delle reti prevede l’utilizzo di un numero
variabile di operai in relazione al tempo complessivo impiegato dallo scuotitore per completare la raccolta
da un albero, tenendo conto che il suddetto numero può variare, sia per le caratteristiche dimensionali e
morfologiche dell’albero e sia per le caratteristiche del sesto d’impianto e sia per l’esigenza di aumentare
l’efficienza della raccolta con l’impiego di un numero supplementare di operai che eseguono l’operazione
di bacchiatura manuale da terra con l’ausilio di aste o di attrezzi manuali.
Il numero complessivo di operai può, quindi variare da un minimo di 6 addetti, in oliveti con alberi di grandi
dimensioni, in cui si opera sulle branche (cfr. Figura 148) e non si supera la capacità di lavoro di 20
piante/h, fino ad un massimo di 14 operai in oliveti con alberi di media o piccola dimensione, in cui si opera
lo scuotimento del tronco e si esegue in modo complementare anche la bacchiatura manuale da terra (cfr.
Figura 149), ottenendo una capacità di lavoro che può raggiungere le 40 piante/h; in tale numero sono
conteggiati gli operai previsti per l’operazione completa di raccolta che comprende lo svuotamento delle
reti in contenitori o rimorchio e il trasporto del rimorchio con trattore.

Figura 148 Presa alle branche Figura 149 Presa al tronco e bacchiatura manuale

101
Gli scuotitori per la raccolta delle olive possono essere a motorizzazione autonoma o trainati da una
trattrice o montati su una trattrice o applicati all’attacco a tre punti della trattrice
La macchina scuotitrice semovente è stata concepita sia per la raccolta meccanica delle olive che per
raccolta di frutta pendente, in genere; tale sistema di raccolta condensa quanto di più specifico la
moderna tecnologia possa offrire.
Pertanto, uno scuotitore di elevate caratteristiche costruttive deve essere progettato nel seguente modo:

- un telaio monoblocco che conferisca alla macchina un'eccellente solidità strutturale,


garantendone la massima stabilità;
- un sistema di sterzata, gestito attraverso la singola ruota posteriore, che permeta cambi
di direzione rapidi ed istantanei anche in spazi ridotti;
- un braccio telescopico che consenta la vibrazione anche delle branche più alte.

Le nuove testate vibrante ad elevate frequenze aumentano la percentuale di caduta del prodotto,
riducendo notevolmente i tempi di vibrazione.
La macchina semovente permette di eseguire le operazioni di raccolta in tempi ridotti e di scaricare il
prodotto direttamente negli appositi contenitori, contribuendo a contenere significativamente i costi di
raccolta (cfr. Figura 150).

Figura 150 Macchina scuotitrice semovente


Attualmente è stata realizzata una famiglia di scuotitori portati, che possono essere montati su trattrici con
soluzioni tecnologiche molto avanzate (cfr. Figura 151), che garantiscono buone condizioni per la raccolta
delle olive, consentendo così notevoli risparmi negli investimenti aziendali.

Figura 151 Scuotitore per la raccolta delle olive montato su trattrice

102
Infatti, la realizzazione di trattrici sempre più sofisticate e maneggevoli, utilizzando tecnologie che li
rendono multiuso, hanno indotto a progettare una gamma di scuotitori, anche di tipo portato, che possono
essere agganciati a queste nuove trattrici (cfr. Figura 152).

Figura 152 Scuotitore trainato da trattrice

La gamma di tali scuotitori portati e trainati, è stata progettata partendo dalle seguenti considerazioni:

- possibilità di costruzione di scuotitori altamente specializzati per l’uso a cui sono


destinati, per rispondere alle esigenze di un’azienda moderna con colture anche
intensive; concentrando, quindi, lo sviluppo su prodotti ad alte prestazioni ed
affidabili, di facile uso e modulari, in modo da poter essere personalizzati a
seconda delle esigenze dell’azienda e delle cultivar su cui operare;

- possibilità d’uso delle moderne trattrici con trasmissioni del tipo idrostatico che
grazie agli avanzati sistemi di trasmissioni ed ai ridottissimi raggi di sterzata, oltre
ad essere facilmente manovrabili, hanno dimensioni contenute e possono essere
usati anche per impianti intensivi;

- garanzia di economicità delle fasi di raccolta, che grazie all’utilizzo delle trattrici
presenti in azienda, che li rende più facilmente ammortizzabili ed economici e
dall’altra parte evita l’acquisto di macchine specialistiche molto complesse,
costose, con motori indipendenti, utilizzabili per fasi circoscritte di lavoro e periodi
brevi;

- possibilità di buona maneggevolezza degli scuotitori che siano stati progettati,


per essere applicati con semplicità su tutti i tipi di trattrici con attacco a tre punti,
e con normale gancio di traino, le operazioni di montaggio e smontaggio dal
trattore si eseguono senza l’ausilio di attrezzature o sistemi di fissaggio ed
ancoraggio particolari, e vengono eseguiti in pochissimo tempo, consentendone
quindi l’applicazione su trattori diversi, più volte al giorno. Nessuna appendice o

103
vincolo viene lasciato sul trattore, gli scuotitori sono autonomi, difatti serbatoi,
pompe distributori comandi ed altro sono incorporati. Il sistema di agganci rapidi
progettato su queste macchine, fa sì che in pochissimo tempo si possono
applicare gli ombrelli intercettatori dei diametri necessari, senza l’ausilio di
attrezzature ed utensili, rendendo semplice e facile la trasformazione da semplice
scuotitore a macchina intercettatrice. Tutto ciò consente quindi all’utilizzatore di
avere la trattrice libera dal vincolo della applicazione e di poter utilizzare in
funzione della disponibilità aziendale, più trattrici su cui applicare gli scuotitori;

- garanzia di salvaguardia dell’albero, in quanto sono state sviluppate le nuove


generazioni di testate scuotitrici, che grazie alle tecnologie applicate ed alle
rivendicazioni industriali contenute nei brevetti industriali, realizzano sistemi anti-
scortecciamento che riducono al minimo gli eventuali danni alle piante. Da ciò si
è riusciti a realizzare una gamma completa di scuotitori portati e trainati, per le
esigenze della media e grande azienda, con prodotti unici ed altamente
innovativi, che garantiscono prestazioni importanti come una potenza di
scuotimento, superiore di almeno il 25% rispetto ai prodotti simili, grazie alle
testate scuotitrici di ultima generazione, che utilizzano una serie di innovazioni
tecnologiche, coperte da brevetti industriali, che garantiscono oltre alla potenza di
scuotimento, notevoli rese di cascola del frutto.

21.6.4 Macchine intercettatrici

L’uso di carri intercettatori consente di ridurre il numero di operai addetti alla raccolta, particolarmente in
quegli oliveti in cui è possibile sfruttare al massimo la capacità di lavoro potenziale dello scuotitore.
Per carro intercettatore si deve intendere una struttura trainata o portata da una trattrice, sulla quale sono
montate le reti o i teli che servono ad intercettare il prodotto distaccato dall’albero.
Per alberi di grandi o medie dimensioni si utilizza un carro intercettatore con struttura portante che si
sviluppa longitudinalmente su una lunghezza tale da coprire tutta l’estensione sul terreno della chioma (cfr.
Figura 153).

Figura 153 Carro intercettatore con rulli su cui si avvolgono le reti scaricando le olive nel cassone

104
Il carro può essere dotato di uno o due rulli laterali ove si avvolgono e si svolgono le reti destinate ad
intercettare le olive, quando il carro viene posizionato sotto una pianta.
Nella Figura 154 si riporta uno dei primi carri intercettatori, già illustrato nei paragrafi precedenti,
progettato nel 1980 dall’Istituto di Meccanica Agraria di Bari prevedendo un sistema di avvolgimento
automatico con una sola rete di raccolta del prodotto.

Figura 154 Fasi di lavorazione dell’intercettatore dotato di una sola rete che si svolge prima della raccolta
e dopo lo scuotimento della pianta e la caduta delle drupe sul telo viene riavvolto
automaticamente stoccando le olive nel cassone del carro

Sulla base di tali risultati sperimentali è stato successivamente progettato un nuovo carro intercettatore,
costruito dalla ditta Verdegiglio di Monopoli (cfr. Figura 155 A-B), il quale è dotato di due rulli laterali su cui
si avvolgono due reti che vengono distese su alberi posti su file parallele.
In fase di lavorazione (cfr. Figura 155 A), mentre una prima rete viene svolta sotto un albero nella fila di
sinistra (cfr. Figura 155 B), sull’altra fila a destra, una seconda rete è in fase di riavvolgimento per riportare
le olive cadute dopo la raccolta, nel cassone centrale del carro intercettatore (cfr. Figura 155 B).

A B
Cassone della macchina intercettatrice

Rete in svolgimento Rete in avvolgimento

Figura 155 Carro intercettatore in lavorazione (A) con reti in fase di svolgimento e di riavvolgimento (B)

105
Una volta terminata la fase di raccolta, il prodotto presente nella zona centrale del carro è trasportato
verso il retro del carro e quindi svuotarlo in un rimorchio.
Il risparmio di manodopera con carri intercettatori si concretizza nel ridurre di almeno quattro unità il
numero di operai addetti al cantiere di raccolta.
Per alberi di piccole dimensioni può essere utilizzato un intercettatore con due reti, mantenute sempre
aperte con aste di sostegno che sono inclinate verso il centro. Si annulla in tal modo il tempo di apertura
delle reti e di scarico del prodotto e il numero di operai può essere ridotto a 3 o 4 unità.
Inoltre, per la raccolta delle olive da tavola verdi è stato messo a punto uno scuotitore ad accumulo di
energia collegato ad un intercettatore con strisce di decelerazione disposte sopra il telaio per attutire la
forza d’urto delle olive contro l’organo di intercettazione (cfr. Figura 156).

Figura 156 Macchina semovente per raccolta delle olive da tavola verdi con uno scuotitore ad
accumulo di energia collegato ad un intercettatore con strisce di decelerazione disposte
sopra il telaio per attutire la forza d’urto delle olive contro l’organo di intercettazione

Si segnala, infine, l’unità multifunzione della ditta Andreoli Engineering di Modena, costituita da una
trattrice mdello Trac (motore VM - Detroit Diesel, 6 cilindri, turbo intercooler, 130 CV), su cui è montato un
braccio telescopico, sul quale si può installare qualsiasi attrezzatura per la raccolta, la movimentazione e
lo scarico delle olive (cfr. Figura 157).

Figura 157 Unità multifunzione della Andreoli Engineering di Modena costituita da trattrice su
cui può essere facilmente montato un braccio telescopico, sul quale si può installare
qualsiasi attrezzatura per la raccolta, la movimentazione e lo scarico delle olive.

106
21.6.5 Macchine scuotitrici per la raccolta integrale delle olive

A questa categoria di macchine, per la raccolta integrale delle olive, appartiene la scuoti-raccoglitrice ad
ombrello, che consente la raccolta delle olive direttamente dalla pianta raccogliendole in un ombrello
rovescio; tale macchina prevede che tutte fasi della raccolta vengano effettuate in successione con una
stessa macchina e cioè:
- lo scuotimento con testata vibrante per il distacco delle drupe dalla pianta,
- la successiva intercettazione delle olive su un ombrello rovescio,
- il trasferimento delle olive con aspiratore dal centro
dell’ombrello al serbatoio di stoccaggio (cfr. Figura 158).

Figura 158 Macchina scuoti-raccoglitrice con testata vibrante, intercettatore ad ombrello


rovescio e trasferimento delle olive con aspiratore dal centro
dell’ombrello al serbatoio di stoccaggio

La testata vibrante è simile a quelle descritte in precedenza e l’ombrello raccoglitore è dotato di attuatori
oleodinamici che consentono la sua apertura sotto la chioma dell’albero prima della fase di scuotimento e
la chiusura dopo lo scuotimento dell’albero e il trasferimento delle olive nel cassone (cfr. Figura 158).
Successivamente, il prodotto convogliato dal centro dell’ombrello nel cassone viene poi scaricato
periodicamente in un rimorchio.
L’utilizzo della suddetta macchina raccoglitrice di olive è limitato agli alberi con diametro del tronco di
piccole e medie dimensioni, che possano essere abbracciati dalla pinza dello scuotitore.
Tale macchina è stata ideata e realizzata molti anni addietro e poi non più utilizzata per la lentezza degli
attuatori idraulici, che ne limitavano la capacità di lavoro rispetto al un cantiere con utilizzo di scuotitori e
reti movimentate da operai.
Negli ultimi anni, il miglioramento tecnologico dei componenti idraulici ha permesso di riprendere il modello
di scuoti-raccoglitrice e realizzare macchine per la raccolta integrale in grado di competere con gli
scuotitori.
In tale ottica sono state realizzate macchine scuoti-raccoglitrici di una certa dimensione che possono
operare anche in oliveti con chiome di diametro elevato.
L’utilizzo di detta macchina consente di ridurre al minimo l’impiego di operai, teoricamente a 2 , uno per la
conduzione della macchina operatrice e l’altro per il rimorchio motorizzato.

107
La recente ’introduzione delle colture super-intensive (cfr. Figura 159 A) con allevamenti a spalliera
consente di utilizzare per la raccolta delle olive la macchina raccoglitrice scavallatrice, che viene utilizzata
già da molti anni per la raccolta dell’uva da vino, apportando alla vendemmiatrice alcune necessarie
modifiche (cfr. Figura 159 B).

A B

Figura 159 Oliveto super-intensivo (A) e relativa macchina raccoglitrice per vigneto
modificata per la raccolta delle olive (B).

Il sistema di allevamento super-intensivo prevede una elevata densità di piante ad ettaro e quindi
produzioni più consistenti, ma è da tener presente che la vita utile di questi impianti non supera i 15 anni,
per cui nella valutazione complessiva della convenienza economica bisogna tenerne conto.
La macchina utilizzata per la raccolta delle olive è stata già descritta nel capitolo che riguarda la raccolta
dell’uva nei vigneti a spalliera. Si ricorda che la macchina avanza a cavallo del filare ed è quindi dotata di
un tunnel di raccolta.
Le parti principali della macchina sono qui in sintesi richiamate:

- un sistema di scuotimento ad aste opportunamente sagomate;


- un sistema di captazione e trasporto del prodotto;
- un serbatoio.

La macchina per la raccolta delle olive si differenzia da quella per la raccolta dell’uva solo per piccoli
particolari.
Le modifiche possono essere facilmente apportate e riguardano essenzialmente:

- l’aumento degli organi scuotitori;


- l’aggiunta di un convogliatore sulla parte anteriore;
- la regolazione della larghezza del tunnel di raccolta

L’aumento del numero delle bacchette scuotitrici (cfr. Figura 160 A) è richiesto dal fatto che l’altezza della
fascia produttiva dell’oliveto super-intensivo è maggiore rispetto al vigneto a controspalliera ed è pari a
108
circa 2,00 m, per cui si ha bisogno di 10-11 coppie di aste battitrici in più, per avere la massima efficienza
di raccolta.
Inoltre è necessaria l’applicazione di un convogliatore ad imbuto, posizionato anteriormente al tunnel di
raccolta (cfr. Figura 160 B) per facilitare l’ingresso del gruppo raccoglitore all’interno del filare, evitando
così ingolfamenti che possano danneggiare le piante e la stessa macchina.
Inoltre risulta necessaria la regolazione della larghezza del tunnel di raccolta, in quanto nel corso degli
anni si ha un aumento della larghezza della vegetazione dell’oliveto.
Per quanto riguarda l’aspetto funzionale della macchina è opportuno, altresì, evidenziare che il prodotto
che si stacca per effetto dello scuotimento, cade in un trasportatore sottostante e viene da questo
convogliato in un serbatoio da cui viene scaricato periodicamente in un rimorchio disposto ai bordi del
campo (cfr. Figura 160 C).

A B C

Figura 160 Scuotitore per la raccolta delle olive in un oliveto intensivo dotato di: bacchette a
scuotimento orizzontale (A), tunnel ad imbuto per facilitare il convogliamento
delle piante disposte sul filare (B), serbatoio di stoccaggio delle olive raccolte
prima dello scarico in un rimorchio (C)

La valutazione dell’efficienza funzionale di tale macchina è senz’altro positiva, in quanto l'impianto super-
intensivo è stato impostato per la meccanizzazione della raccolta, a cui la macchina si adatta
egregiamente; tuttavia allo stato attuale è necessario considerare che la sua utilizzazione è limitata,
perché in Italia risulta ancora molto ridotta la superfice olivicola idonea per la suddetta raccolta.
Infatti, mentre in Spagna il sistema di allevamento super-intensivo ha interessato una superficie di circa
100.000 ha, in Italia, l'introduzione del modello super-intensivo è iniziata solo nel 2001 (cfr. note tecniche di
Godini e Bellomo, 2002) e ad oggi può contare non più di 1.000 ha di superfice olivicola utilizzabili per tale
raccolta.

21.7 Macchine e attrezzature per la raccolta dagli olivi striscianti di Pantelleria

Volendo considerare altri aspetti della meccanizzazione della olivicoltura di nicchia, sembra interessante
trattare, sia pure brevemente, la raccolta delle drupe dagli olivi striscianti di Pantelleria, da cui si riesce ad
ottenere un olio extravergine di elevata qualità; l’olio di Pantelleria, nato dalla passione di un gruppo di

109
produttori locali, ha visto il progetto crescere a dismisura fino a diventare un vero e proprio caso che si
vuole proporre sulla scena nazionale ed internazionale.
Purtroppo, risulta impossibile raccogliere meccanicamente le olive da tali piante, per cui per eseguire la
raccolta, gli operatori, muniti di lunghi gambali, si introducono nella vegetazione a fatica e manualmente
raccolgono le olive; tuttavia è possibile agevolare la raccolta con macchine che movimentano il trasporto
delle olive in cassette dalla pianta ai bordi degli appezzamenti, per poi trasferirle al centro aziendale o
direttamente all’oleificio.
Anche le condizioni ambientali non sono ideali, in quanto sebbene il terreno di Pantelleria sia fertile, è
posto in una località torrida e battuta dai venti, per cui per proteggere la crescita dei frutticini è stato
necessario sviluppare la pianta in sistemi di allevamento striscianti sul terreno; per ottenere tale sistema
di allevamento è necessario, in fase di crescita delle giovani piante, legare i rametti ancora flessibili al
terreno in modo da sviluppare la pianta in orizzontale, con diametri della chioma che alla fine dello sviluppo
vegetativo possono raggiungere anche i 20 metri di diametro della chioma misurata in un piano
orizzontale (cfr. Figura 161 A-B-C).
Riepilogando quanto già innanzi detto, nelle immagini della Figura 161, si riscontra che le piante sono
allevate sia terreni terrazzati (cfr. Figura 161 A) che in terreni pianeggianti (cfr. Figura 161 B), con sviluppo
della vegetazione in orizzontale con diametro della vegetazione in piante adulte di circa 20 (cfr. Figura 161
C) metri e sviluppo massimo in altezza di circa 1,00-1,50 metri (cfr. Figura 150 E) e nelle zone più
esposte al vento le piante sono protette con muretti a secco (cfr. Figura 161 D).
La raccolta viene eseguita a mano e il prodotto viene riposto in cassette e poi trasportato al centro
aziendale (cfr. Figure 161 F-G-H).

A B C D

20 metri

E F G H
1,50 metri

Figura 161 Oliveti panteschi allevati in orizzontale nei quali la raccolta viene eseguita a mano.

L’olivo può contare su pochi ettari a disposizione di più di una varietà, ma le difficoltà di raccolta sono
notevoli, in quanto per penetrare all’interno della chioma della pianta che si sviluppa in orizzontale, in
forma strisciante sul terreno, gli operai incontrano notevoli problemi.
Inoltre gli attacchi della mosca olearia sono elevati e le olive fino a pochi anni fà dovevano essere portate
in Sicilia per essere frante.

110
Tuttavia, a partire dal 2008 è stato acquistato un frantoio Alfa Laval, modello Oliver 500, dato in prestito
d’uso dalla ditta costruttrice al Dipartimento PROGESA dell’Università di Bari, per eseguire prove nell’isola
di Pantelleria .
Tale impianto dopo le prove è stato acquisito da un consorzio locale di olivicoltori per poter estrarre l’olio
entro poche ore dalla raccolta; si precisa, altresì, che la raccolta può essere eseguita solo a mano,
direttamente dalla pianta.
Le prove sperimentali di raccolta sono state eseguite, nell’ambito di un progetto di ricerca con
responsabilità scientifica del prof. Felice Pipitone, utilizzando operatori locali, assistiti da tecnici
dell’Università di Palermo e di Bari; le olive raccolte hanno consentito di estrarre un eccellente olio extra
vergine (cfr. Figura162), ottenuto dalle cultivar Biancolilla e Nocellara del Belice, con profumi mediterranei
di pomodoro e di peperone, con sensazioni erbacee, di assoluta delicatezza al palato, con i toni di amaro e
piccante finali in equilibrio e di lieve intensità; le analisi sulla qualità degli oli sono state eseguita a cura del
dott. Lamberto Baccioni all’epoca delle prove responsabile tecnico dell’Alfa Laval Olive Oil di Tavernelle
(Firenze).

Carta degli olii Olio estratto,

Olio ottenuto da varietà Gentile di Chieti da Legger Acidità di 0,2 – 0,3


coltura Biologica.Lavorazione a temperature o
Frutta acerba
inferiore a 27°C con snocciolatura e 5
4

N° di perossidi di
Dolce 3 Mela

gramolazione in atmosfera controllata, Sapore 2


1

fruttato leggero con sentore di erbe aromatiche e Piccante


0
Frutta matura

mandorla. Da abbinare a minestre, crostacei al


Amaro Foglia
3,5- 6
vapore, carni bianche alla griglia e in umido,
spigola al sale, .

Olio ottenuto da varietà Cerasuola, coltivata in


provincia di Trapani Lavorazione a temperature Frutta acerba
5
4,5
Medi
4

inferiore a 27°C con frangitore a dischi e Dolce 3,5


3
2,5
2
1,5
1
0,5
Mela

o
gramolazione in atmosfera controllata, Sapore Piccante
0
Frutta matura

fruttato medio con sentore di pomodoro. Da Amaro Foglia

abbinare a minestre in brodo, zuppe di legumi,


pesce arrosto, carni alla griglia, insalate di
campo.
Olio ottenuto da varietà Frantoio, coltivata su Intens
terreni collinari, in provincia di Firenze.
Lavorazione a temperature inferiore a 27°C con Dolce
Frutta acerba
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
Mela o
0,5
frangitore a dischi e gramolazione in atmosfera Piccante
0
Frutta matura

controllata. Sapore fruttato intenso con sentore di Amaro Foglia

carciofo. Da abbinare a salmone affumicato,


zuppa di verdura, bistecca ai ferri, arrosti di
manzo, formaggi stagionati.

Figura 162 Caratteristiche qualitative dell’olio estratto (fonte dott. Lamberto Baccioni)

Il progetto di ricerca finanziato dalla Regione siciliana al prof. Felice Pipitone dell’Università di Palermo ha
fornito spunti e idee, che hanno consentito di valorizzare una produzione di nicchia che vuole conquistarsi
spazio e notorietà sulla base non solo delle indubbie qualità organolettiche e nutrizionali, ma anche
attraverso dati sperimentali che hanno reso tangibile ed oggettiva, l’unicità di questo territorio.

21.8 Macchine e attrezzature per la raccolta delle olive da terra

La raccolta delle olive da terra avviene negli oliveti in cui è molto difficoltoso realizzare il distacco delle olive
sia manuale che meccanico direttamente dall’albero e con un solo intervento.

111
Si tratta in genere di alberi di secolari, di grandi dimensioni e con cultivar di olive di piccole dimensioni e a
maturazione scaglionata in un lasso notevole di tempo (fino a 6 mesi).
Per tali oliveti si preferisce attendere la cascola naturale ed effettuare più interventi di raccolta da terra,
cioè ogni qualvolta si è accumulato sul terreno una quantità di olive stimata sufficiente.
Naturalmente questo tipo di raccolta non consente di ottenere un prodotto di qualità uguale a quello
ottenuto con la raccolta dall’albero, tuttavia gli accorgimenti adottati negli ultimi anni che si riferiscono in
particolare al miglioramento dell’operazione di pulizia del prodotto e alla riduzione del tempo di
permanenza delle olive al suolo, ottenuta con aiuto di sostanze cascolanti e con l’impiego in più interventi
nel tempo di grossi scuotitori con presa alle branche, consentono di ottenere un vistoso miglioramento
della qualità dell’olio; inoltre è opportuno segnalare che la raccolta da terra resta una pratica ancora molto
diffusa in molte zone della Puglia Meridionale (areali produttivi del Salento) e della Calabria, per cui è
doveroso occuparsi delle macchine che consentono la sua meccanizzazione parziale o totale (cfr. Figura
163).

Figura 163 Olivo secolare con sottostante piazzola in terreno


battuto predisposto per la raccolta da terra

Per facilitare la raccolta da terra sia manuale che meccanica è necessario predisporre al di sotto della
chioma una piazzola pulita e con terreno compresso entro la quale lasciar cadere i frutti. La formazione
della piazzola è generalmente meccanizzata e si effettua con rullo costipatore (cfr. Figura 164).

Figura 164 Rullo compressore per la preparazione della


piazzola comprimendo il terreno

Sulla piazzola viene effettuato un trattamento diserbante generalmente in due riprese con impiego di due
operai con ausilio di pompa a spalla o di carro bott e (cfr. Figura 165).

112
Diserbo

Figure 165 Piazzole diserbate predisposte per la raccolta delle olive da terra

Dopo l’eventuale trattamento cascolante effettuato a tempo opportuno e con prodotti idonei allo scopo, si
può procedere alla raccolta delle olive dalla piazzola che consiste nelle seguenti fasi, quando si procede
con una meccanizzazione parziale che prevede l’impiego di una scopatrice semplice e di un cernitore:

- ramazzatura e formazione cumuli a mano (A);


- raccolta dai cumuli ed incassettamento (B);
- pulizia carico e trasporto delle olive in un rimorchio (C).

A B C

Figura 166 Ramazzatura e formazione dei cumuli (A); raccolta dai cumuli ed
incassettamento (B); pulizia carico e trasporto (C)

Nel caso di voglia procedere con una meccanizzazione più spinta, si utilizza una macchina a cantieri riuniti
scopa-racccoglitrice-cernitrice che oltre a raccogliere direttamente le olive dalla piazzola provvede anche
alla loro pulizia e al loro carco in cassette o rimorchio.
In tal caso le tre fasi di lavorazione precedentemente descritte vengono riunite in una sola operzione.
Le macchine utilizzate per la raccolta da terra possono quindi essere raggruppate nelle seguenti categorie,
escludendo ovviamente quelle per la preparazione delle piazzole e per i trattamenti cascolanti che sono di
uso comune in azienda.

21.8.1 Macchine scopatici (o andanatrici)

Le macchine scopatrici sono piccole macchine semoventi che operano girando intorno alla pianta e
spingendo il prodotto verso il tronco, presso il quale si forma un'andana circolare. Tali macchine sono
dotate di organi operatori costituiti da spazzole in materiale plastico che si muovono a livello del terreno
spostando le olive verso il tronco. I tipi di scopatrice utilizzati sono principalmente due.

113
La prima scopatrice è dotata di un aspo con spazzole che si muovono in senso trasversale alla direzione
di avanzamento della macchina dall’esterno della piazzola verso l’interno (cfr. Figura 167).

Figura 167 Scopatrice con trasportatore a catene a movimento trasversale

Il secondo prototipo è simile ad un ranghinatore a pettini impiegato per il foraggio, che utilizza delle
spazzole al posto dei pettini, spazzole che spingono in avanti le olive e dall’esterno verso l’interno, in
quanto l’aspo è leggermente inclinato verso il tronco della pianta (cfr. Figura 168).

Figura 168 Scopatrice tipo ranghinatore a pettini

21.8.2 Macchine scopa-raccoglitrici

Le macchine scopa-raccoglitrici possono essere di tipo portato manualmente (Fig.169) o semovente (cfr.
Figure 170 e 171). L’organo operatore (cfr. Figura 172) di tali macchine è costituito da un aspo
raccoglitore con elementi in gomma sintetica o in plastica.

Figura 169 Scopa-raccoglitrice portata a mano Figura 170 Scopa-raccoglitrice semovente

114
Le spazzole, ruotando intorno ad un asse orizzontale, al livello del piano di campagna si muovono in senso
inverso rispetto alla direzione di avanzamento della macchina e spingono le olive direttamente verso un
contenitore posto dietro l’aspo (cfr. Figure 171 e 172).

Figura 171 Scopa-raccoglitrice semovente Figura 172 Particolare organo raccoglitore

Le olive poste nel contenitore devono essere scaricate periodicamente in cassette o rimorchi e allo scopo
la scopa-raccoglitrice è dotata di impianto idraulico di sollevamento e ribaltamento del contenitore.
La scopa-raccoglitrice permette di eliminare gli operai addetti alla formazione dei cumuli e alla raccolta
manuale o mediante l’impiego di pale caricatrici consentono di scaricare le olive in cassette o in cassoni di
rimorchi agricoli. Per quel che riguarda le prestazioni le macchine a conduzione manuale sono più lente ma
si adattano meglio alle imperfezioni del terreno, mentre quelle semoventi hanno una capacità di lavoro
molto più elevata, ma hanno bisogno di piazzole ben livellate.

21.8.3 Macchine cernitrici

Le cernitrici sono macchine portate (cfr. Figura 173) o trainate (cfr. Figura 174) da trattrici che operano sul
campo a postazione fissa; esse hanno il compito di effettuare la pulizia del prodotto eliminando terreno,
sassi, rametti, foglie e altre impurità. Le cernitici più utilizzate sono quelle a doppio vaglio a piano oscillante
e quelle con vaglio a tamburo rotante. Nelle prime abbiamo un vaglio superiore a fori calibrati che provvede
alla eliminazione delle impurità più grandi ed un vaglio inferiore a griglia che lascia passare le impurità più
piccole, in particolare le foglie che passano attraverso le fessure della griglia (Fig.175). Le olive vengono
trattenute dalla seconda griglia e scaricate in cassette o direttamente in un rimorchio (Fig.176).

Figura 175 Cernitrice portata Figura 176 Cernitrice trainata

115
Il vaglio a griglia può essere sostituito in base alla grandezza delle olive.
Recentemente sono state realizzate anche cernitrici a doppio vaglio oscillante e sistemi di trasporto
specifici per grandi quantità di prodotto (cfr. Figure 177 e 178).

Figura 177 Doppio vaglio oscillante Figura 178 Scarico olive in rimorchio

Nelle cernitrici a tamburo rotante il vaglio forato è, invece, costituito da una superficie cilindrica inclinata
che ruota intorno al suo asse (cfr. Figura 179).
Il materiale introdotto dalla parte più alta viene portato in rotazione e selezionato. Le olive passano
attraverso i fori del vaglio e le impurità scendono verso la parte più bassa del tamburo e vengono eliminate.
Dal vaglio grigliato sottostante le olive vengono poi scaricate (cfr. Figura 180).

Figura 179 Cernitrice a tamburo rotante Figura 180 Scarico olive in cassette

21.8.4 Macchina scopa-raccoglitrice-cernitrice

Per la meccanizzazione integrale della raccolta delle olive da terra, compresa l’operazione di pulizia del
prodotto, viene proposta una macchina scopa-raccoglitrice-cernitrice (cfr. Figura 181); tale macchina
possiede le stesse caratteristiche tecniche di una scopa-raccoglitrice per quel che riguarda gli organi
operatori atti alla raccolta e al convogliamento del prodotto.
In più viene aggiunto sulla macchina il cernitore che permette di eliminare la manodopera che è addetta
alla macchina cernitrice e che opera a punto fisso.

116
Il cernitore posto subito dietro il raccoglitore è del tipo a doppio vaglio e scarica il prodotto pulito in una
cassetta posta al lato della macchina, che viene rimossa da un operaio quando riempita e sostituita con
una vuota (cfr. Figura 182).
La macchina potrebbe essere dotata di un contenitore proprio a cui convogliare il prodotto mediante
trasportatore e da svuotare periodicamente in un rimorchio. Si potrebbe ridurre così la manodopera
all’impiego del solo conduttore della macchina. Tale tipo di macchina non ha trovato ancora applicazione
per i problemi dovuti principalmente all’efficienza del cernitore, che deve essere proporzionato alla capacità
di lavoro del raccoglitore per evitare rallentamenti e possibili ingolfamenti, e alle sollecitazioni cui viene
sottoposta la struttura della macchina per effetto delle vibrazioni del cernitore.

Figura 181 Scopa-raccoglitrice-cernitrice Figura 182 Scarico dal cernitore in cassetta

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mono-varietali, Edizioni Il Gabbiano, pagg. 18-63.

118
CAPITOLO XXII

ATTREZZATURE E MACCHINE PER LA POTATURA

22.1 Premessa
La potatura consiste in una gamma di interventi atti a modificare il modo naturale di vegetare e
di fruttificare di una pianta; si tratta di interventi cesori, di modificazioni di posizione dei rami e di altri
interventi, quali trattamenti con fitoregolatori che modificano in modo analogo ai tagli l'habitus della pianta o
di sue parti”, la cosiddetta “potatura chimica”.
Pur essendo possibili interventi di potatura sulle piante erbacee (es. cimatura del tabacco), normalmente la
potatura è condotta sulle piante arboree da frutto e ornamentali.
La potatura è necessaria solo quando si nota nella pianta qualche problema o qualche ramificazione troppo
estesa, che può ledere il benessere e la produttività (sia in termini di crescita generale sia in quanto a fiori
e frutti). I polloni, ad esempio, vanno generalmente eliminati subito. Ogni pianta ha bisogno di una
potatura differente, ed è bene scegliere sia la tipologia sia il periodo migliore per effettuarla.
La potatura si propone di modificare la pianta per raggiungere una serie di obiettivi (cfr. Figura 183) e cioè:

- dare alla pianta una forma idonea all'utilizzazione ottimale della luce (ma
anche per facilitare le operazioni colturali;

- accelerare lo sviluppo dei giovani alberi per raggiungere al più presto lo


scheletro definitivo e l'entrata in produzione;

- avere una migliore e più rapida produzione di frutti;

- raggiungere un equilibrio chioma/radici e fase vegetativa/fase riproduttiva,


per una produzione alta, costante, di qualità;

- adattare la pianta alla fertilità agronomica necessaria ad un suo armonico


sviluppo;

- estendere il ciclo produttivo nelle piante senescenti.

Figura 183 Immagi di potatura dell’olivo nel corso del ciclo colturale

119
22.2 Metodi di potatura

Gli interventi praticati con la potatura hanno i seguenti obiettivi:

- Soppressione: asportazione con un taglio netto, alla base, di branche, rami e germogli;

- Cimatura: eliminazione dei nodi terminali di un ramo (potatura verde);

- Spuntatura: eliminazione dei nodi terminali di un ramo (potatura invernale);

Figura 184 Soppressione con taglio alla base, cimatura e spuntatura dei nodi

La potatura di taglio alla base e quelle di cimatura e spuntatura dei nodi vengono in genere eseguite
direttamente dal potatore con normali forbici o con forbici pneumatiche.
Nella Figura 185 vengono riportate una serie di forbici che in genere sono utilizzate per la potatura
dell’olivo; le suddette forbici sono costituite da due piccole aste metalliche, che dal lato di manovra del
potatore sono ricoperte di materiale plastico; alla fine delle due manopole le aste sono incernierate con un
perno che consente una rotazione delle aste per effettuare la potatura di piccoli rami di olivo, utilizzando i
taglienti posizionati dal lato opposto rispetto alla cerniera; i suddetti taglienti, in posizione di riposo sono
serrati fra loro e mantenuti in posizione di chiusura con l’ausilio di una molla.

Taglienti

Perno

Manopole

Molla di
chiusura

Figura 185 Serie di forbici a comando manuale per la potatura dei rami di olivo

Per rendere più agevole la potatura sono state messe a punte anche delle forbici professionali azionate
da aria compressa generata da un piccolo compressore, in genere carrellato, di elevate prestazioni
tecniche (cfr. Figura 186).

120
L’ attrezzo è in genere costruito in lega leggera per consentire una eccellente maneggevolezza e una
semplice manutenzione.

Figura 186 Forbici pneumatiche e compressore ad aria carrellato

Il modello illustrato in Figura 186, dotato di taglienti con entrambi i lati affilati, è adatto per potare piante da
frutto, fra cui l’olivo e la vite; l’attrezzo è consigliato per uso professionale, in quanto consente di ottenere
un taglio netto; inoltre l'esclusiva tecnologia a doppio taglio, riduce notevolmente lo schiacciamento del
ramo, favorendo la cicatrizzazione della pianta.
Molto importanti sono le operazioni potatura eseguibili con le forbici di tipo professione fra cui citiamo:

- il diradamento che consente la eliminazione di fiori, frutti o rami in soprannumero;

- la sfogliatura che permette di eliminazione una parte delle foglie

- la scacchiatura che elimina i germogli avventizi presenti sul tronco (cfr. Figura 187).

Figura 187 Eliminazione di fiori di parte di foglie e di germogli

Aste in lega leggera

Figura 188 Potatura dell’olivo con aste in lega leggera e forbici o seghetti

121
Per le operazioni di potatura possono anche utilizzarsi, in caso di ramificazioni in posizioni più elevate,
seghetti portati da aste (cfr. Figura 189 A-B), di elevate prestazioni; tali aste sono di notevole leggerezza,
buona maneggevolezza e di semplice manutenzione.
Il moto-compressore, che fornisce l’aria compressa al seghetto (cfr. Figura 189 A) può essere carrellato
(cfr. Figura 189 B) o portato dall’operatore (cfr. Figura 189 C).

A B C

Figura 189 Particolare costruttivo del seghetto e del compressore ad aria carrellato o portato

Il seghetto illustrato dalla Figure 189-A è adatto per lavorare su oliveti e più in generale per frutteti, ad uso
professionale, ed esegue un taglio netto. L’attrezzo di taglio ha una lunghezza di circa 25 cm (cfr. Figura
189-A), con catena ed è fornito di un asta fissa da 125 cm di altezza (cfr. Figura 189-B) per raggiungere i
rami più alti, mentre nella Figura 190 è illustrato una motosega leggera portabile a mano dal potatore; si
precisa, poi, che il consumo di aria varia tra 400 e 430 litri al minuto, ideale per motocompressori bi-stadio
professionali.

Figura 190 Macchina potatrice per oliveti a controspalliera predisposti per la


raccolta meccanica con macchine vendemmiatrici

Attualmente è stata messa a punto una potatrice portata da trattrice, dotata di taglienti a dischi rotanti,
adatta per oliveti a controspalliera predisposti per la raccolta meccanica.

Inoltre, recentemente è stato anche messo a punto un diradatore pneumatico di piccole dimensioni che
può agire all’interno della chioma in modo da ottenere una potatura localizzata anche all’interno della
chioma consentendo una maggiore penetrazione della luce che conseguentemente consente di ottenere
una maggiore produzione (cfr. Figura 191).

122
Figura 191 Diradatore di tipo pneumatico che agisce all’interno della chioma

Bibliografia

(1968) AMIRANTE P. “Recenti orientamenti sulla meccanizzazione delle colture ortive industriali e
dell’olivo”, Rivista Terra Pugliese, Anno XVIII, 1969, pagg. 1-25.
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dell’olivo”, Rivista Terra Pugliese, Anno XVIII, 1969, pagg. 1-25.
(1981) AMIRANTE P. PELLERANO A. “Evoluzione delle macchine per la raccolta delle olive”, Progetto
Finalizzato per la Meccanizzazione Agricola, Edito a cura dell’Accademia Nazionale di Agricoltura,
Quaderno n.17, Bologna, Anno 1981, pagg. 11-20.
(1982) PANNELLI G. FILIPPUCCI B. “Effetti dell’ombreggiamento delle piante madri sulla radicazione di
talee cultivar frantoio”, L’Informatore Agrario, n. 26, pagg. 21613-15.
(2000) A.A.V.V. “La potatura dell’olivo”, Atti del Convegno organizzato dalla Regione Campania, anno
2000.
(2002) A.A.V.V., “La potatura in Toscana. Riflessioni tecniche”, a cura della Regione Toscana, Volume
XVII, stampato da Effemme Lito Firenze, anno 2002.
(2003) MONTEDORO GF. SERVI. PANNELLI G., ”Le caratteristiche del prodotto e le relazioni con le
varietà agronomiche” Edizione Il Sole 24 Ore, pagg. 263-289.
(2011) AMIRANTE P. “Innovazioni impiantistiche per il miglioramento delle proprietà nutrizionali
salutistiche ed edonistiche degli alimenti”, Relazione per l’Accademia dei Georgofili- Sezione del
Sud-Est, anno 2011, Polignano a mare,pagg.1-18.
(2012) AMIRANTE P. “Produrre olio di elevata qualità da piante secolari”, Rivista L’Informatore agrario
n.14, anno 2012, pagg. 1-4.
(2012) DEL FABRO A. ”L’olivo coltivazione, raccolta e utilizzo” Edizione Giunti Demetra, pagg. 1-128
(2013) PANNELLI G., ”Evoluzione e prospettive per la produzione di olive ed olio di qualità in Italia” Oli
mono-varietali, Edizioni Il Gabbiano, pagg. 18-63.

123
CAPITOLO XXIII

PROPRIETA’ FISICO-MECCANICHE DEI PRODOTTI AGRICOLI

23.1 Premessa

La domanda al consumo degli alimenti registra un progressivo interesse verso prodotti ad elevato valore
edonistico e nutrizionale; le ragioni di questo fenomeno sono riconducibili essenzialmente al fatto che la
scienza medica ha da tempo evidenziato gli effetti salutistici legati a prodotti equilibrati di elevato valore
nutrizionale e ricchi di ossidanti.
Fra le tecnologie consigliate per mantenere nell’alimento un elevato valore nutrizionale e salutistico sono
da considerare quelle che utilizzano la tecnologia del freddo, mentre le tecniche che determinano elevati
incrementi termici (pastorizzazione, sterilizzazione, essiccazione, cottura) possono ridurre il contenuto
nutrizionale ed in particolare la presenza di vitamine e di altri ingredienti funzionali (antiossidanti).
Le ricerche interdisciplinari, sulle principali tecnologie impiantistiche innovative e sui sistemi più adeguati di
regolazione dei parametri di processo degli impianti, hanno consentito di constatare che, volendo
incrementare le caratteristiche nutrizionali e la presenza di alcuni componenti salutistici nei prodotti, è
opportuno valutare in modo più puntuale le proprietà chimico-fisiche del prodotto sia nello stato iniziale alla
raccolta che durante le fasi di trattamento del semilavorato e finito; sembra, comunque, indiscutibile
l’esigenza di modificare le tecnologie impiantistiche, orientandosi verso sistemi di trattamento che riducano
una movimentazione eccessiva del prodotto, nonché di utilizzare nuove tecnologie delicate.

23.2 Caratteristiche di qualità del prodotto destinato al consumo

Nella evoluzione della domanda al consumo si registra un aumento del consumodi prodotti di elevata
qualità e sempre più vengono richiesti prodotti tipici e certificati e che possibilmente siano DOP, IGP o
biologici (cfr. Figura 192).

Figura 192 Prodotti tipici conservati sotto olio.

124
Le scelte d’acquisto del consumatore si basano sempre più sulla tipicità, sulla qualità e sulla provenienza.
La tipicità, oltre al soddisfacimento delle caratteristiche di genuinità e di salubrità, deve inquadrarsi
prioritariamente come peculiare aspetto legato alle condizioni pedoclimatiche, agronomiche e tecnologiche
che rendano le caratteristiche Che all’interno dello stesso areale di produzione.
Inoltre, l’esigenza di fornire la certezza di genuinità del prodotto, tende a favorire le produzioni di alimenti
ottenute in filiere corte (cfr. Figura 193).

Figura 193 Produzione secondo filiera corta


Tale sistema produttivo, oltre a favorire alimenti di elevata qualità e ad alto valore aggiunto, potrebbe
consentire la certezza della tracciabilità di filiera, ottenendo così prodotti tipici anche di areali molto ristretti.
Pertanto, l’innovazione relativa alla qualità degli alimenti deve rivolgere l’attenzione da un lato alle proprietà
reologiche dei prodotti e dall’altro agli aspetti innovativi degli impianti che devono ottimizzare la linea di
lavorazione del prodotto fresco.
La conoscenza delle proprietà fisiche dei prodotti agricoli, in relazione anche allo loro evoluzione biologica,
si va rivelando sempre più importante ai fini del progetto di macchine ed attrezzature destinate alle
applicazioni agroindustriali ed in particolare di quelle che riguardano la raccolta, la manipolazione, la
lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli; inoltre, tale conoscenza risulta utile per la
caratterizzazione del materiale biologico di cui risulta costituito il prodotto, sia allo stato iniziale sia nelle
varie fasi del processo di selezione, confezionamento, conservazione e distribuzione al consumo (cfr.
Figura 194)

Figura 194 Prodotti agricoli pronti per la distribuzione al consumo

Tale caratterizzazione permette di prevedere non solo il comportamento del materiale biologico sotto le
diverse condizioni fisiche esterne, ma anche di effettuare una valutazione ed un continuo controllo della
qualità; c’è da rilevare ancora che i processi di lavorazione dei prodotti agricoli sono in continuo progresso
e fanno sempre più uso di applicazioni e di trattamenti fisici basati sui principi della meccanica, della
termodinamica, dell’elettrotecnica, dell’ottica e persino dell’acustica.
125
Risulta, quindi, indispensabile la conoscenza sempre più approfondita delle proprietà fisiche dei prodotti
che devono essere sottoposti a tali trattamenti. La caratterizzazione del materiale biologico costituente i
prodotti agricoli deve essere fatta nello stesso modo in cui vengono caratterizzati i materiali comunemente
usati nella tecnologia meccanica, in modo tale che le proprietà fisiche e biologiche vengano valutate in
termini ben definiti; inoltre, la determinazione di tali proprietà deve essere fatta in modo tale che i dati
risultino il più possibile oggettivi, cioè indipendenti dal criterio e dal metodo di misura usati.
Le proprietà dei prodotti agricoli vengono in linea di massima raggruppate nelle seguenti cinque categorie
(cfr. Figura 195):

- proprietà fisiche,

- proprietà reologiche,

- proprietà termiche,

- proprietà elettriche ed ottiche.

Figura 195 Valutazione delle proprietà fisiche reologiche termiche elettriche ed ottiche dei prodotti agricoli

23.2.1 Proprietà fisiche

La determinazione della forma e delle dimensioni del prodotto è importante qualora si voglia ad es.
progettare una macchina selezionatrice, o studiare la curva di raffreddamento di un frutto, o, ancora,
quando si voglia conoscere a priori quanti frutti entrano in un determinato contenitore, ecc.; inoltre, forma
e dimensioni sono importanti nello studio della distribuzione delle tensioni nel materiale costituente il
frutto, nonché nel trasporto fluidodinamico (cfr. Figura 196).

Figura 196 Proiettore di profili

126
23.2.2 Proprietà reologiche

Nella maggior parte dei casi, i prodotti vengono classificati in solidi e liquidi; vi sono però materiali che
mostrano un comportamento intermedio fra solido e liquido. Questi materiali vengono a detti
“viscoelastici”. Si prenda in considerazione, ad esempio, una mela; semplicisticamente viene considerata
come un corpo
solido. Si ricordi però che un corpo solido obbedisce alla legge dell’elasticità di Hooke, secondo la quale
un materiale perfettamente elastico, sottoposto a sforzo, presenta identiche deformazioni in tutte le
direzioni e, al cessare della sollecitazione applicata, torna istantaneamente alle condizioni iniziali.
Applicando invece,
ad un pomodoro o ad una oliva, uno sforzo costante, si finisce per provocare un rilassamento dei tessuti
interessati dalla deformazione (cfr. Figura 197).

Figura 197 Penetrometri e strumenti per le analisi non distruttive di mele, pesche ed frutti tropicali

Le proprietà reologiche servono a descrivere il comportamento del materiale sotto i diversi tipi di carico sia
statico che dinamico.
Gli alimenti non hanno tuttavia un comportamento costante nel tempo, in quanto trattandosi di materiale
biologico esso è in continua evoluzione.
Nello studio delle loro caratteristiche dobbiamo quindi suddividerli in: liquidi ideali newtoniani; liquidi non
newtoniani; materiali plastici ideali o corpi di Bingham; materiali plastici; materiali pseudoplastici e materiali
dilatanti.
Un liquido si dice “ideale” quando, sollecitato da una forza, scorre per tutta la durata dell’azione della forza
stessa.
In realtà, nella maggior parte dei casi, il comportamento dei liquidi reali, in particolare tutte le sospensioni e
le emulsioni, si discosta alquanto da quello di un liquido perfetto, con un comportamento che non può
essere valutato sulla base delle sole leggi di Newton.
Per i diversi alimenti solidi occorre distinguere due comportamenti plastici: uno di bassa plasticità
caratterizzato da valori di snervamento molto elevati e l’altro di elevata plasticità (tipico di alimenti come la
purea di patate, la panna montata, i grassi, il cioccolato fuso) caratterizzato invece da sforzi di
snervamento molto più contenuti.
Quando lo snervamento diminuisce all’aumentare dello sforzo oltre certi valori, pur iniziando lo scorrimento
con l’applicazione di qualunque sforzo, si parla di materiali “pseudoplastici” (o di materiali “fluidi al taglio”).
Si parla di materiali dilatanti quando la loro viscosità apparente aumenta all’aumentare dello sforzo
applicato (cfr. Figura 198).

127
Figura 198 Rappresentazione grafica dello sforzo di taglio di un liquido con
comportamento newtoniano (1), pseudo-plastico (2); dilatante (3) e
pseudoplastico con soglia di scorrimento plastico

23.2.3 Proprietà termiche

Molti prodotti agricoli vengono sottoposti dopo la raccolta a vari tipi di trattamenti termici prima di essere
collocati sul mercato. Tali trattamenti possono prevedere un riscaldamento, un essiccamento, una
refrigerazione ed un eventuale congelamento, in relazione al prodotto agricolo cui il trattamento si riferisce,
alle esigenze di conservazione di esso, allo stato naturale o alla trasformazione che esso deve subire.
I processi termici si studiano applicando le leggi sulla trasmissione del calore, che come si sa, può
trasmettersi per conduzione, per convezione e per irraggiamento.
Si comprende allora come sia essenziale la conoscenza di proprietà termiche come il calore specifico, la
conduttività termica, la diffusività e l’emissività per la realizzazione di attrezzature e strumenti necessari ad
effettuare i trattamenti termici, al fine di poter controllare adeguatamente il tempo di durata del processo
e la temperatura del prodotto durante le fasi di lavorazione (cfr. Figura 199).

Figura 199 Proprietà termiche dei frutti ed emissione di calore vapore etilene ed anidride
carbonica durante la conservazione

128
Tali dati possono essere di utilità anche agli studiosi nel campo dell’alimentazione per ricercare nuovi
processi di lavorazione.
Per quanto riguarda la frutta e gli ortaggi, essi hanno bisogno, in genere, di essere raffreddati subito per
poter conservare la loro qualità per un più lungo periodo di tempo; tant’è che per la raccolta delle ciliegie
sono stati progettati appositi carri frigoriferi che operano il raffreddamento direttamente sul campo,
non appena il prodotto è stato raccolto.
In ogni caso, si tratta di rallentare con il trattamento termico il processo di degradazione del prodotto o di
applicare un vero e proprio processo di lavorazione e di trasformazione.
Nei frutti climaterici, la sintesi dei composti non-volatili e volatili che influenzano il sapore e l’aroma
aumenta con la maturazione, di contro si assiste alla contemporanea riduzione della consistenza dei
tessuti.
Per tale motivo, per un frutto destinato alla trasformazione di IV gamma è indicata la raccolta, di poco
anticipata rispetto allo stadio di maturazione indicato per i frutti destinati al consumo diretto.
Quindi, anche nel campo delle proprietà termiche sono state effettuate numerose ricerche e sono state
realizzate attrezzature per la loro misura; tali attrezzature sono basate per la maggior parte sull’uso di
termocoppie che si collocano nei diversi punti del prodotto (cfr. Figura 200).

A B C

Figura 200 Valutazione delle oscillazioni di temperature nei liquidi: misure in laboratorio (A),
termocoppie utilizzabile (B) e strumenti di misura e registrazione dei dati (C)

23.2.4 Proprietà elettriche

Anche le proprietà elettriche possono trovare applicazioni pratiche specie con il diffondersi degli strumenti
elettrici in agricoltura.
Due importanti applicazione delle proprietà elettriche sono la misura rapida dell’umidità dei cereali e la
separazione e pulizia elettrostatica dei semi (cfr. Figura 201).

Figura 201 Misura dell’umidità di semi con strumentazione elettrica e cottura degli asparagi e dei
peperoni con le microonde

129
Le proprietà elettriche dei prodotti vegetali vengono impiegate, non tanto per la conservazione, ma
piuttosto per la cottura degli alimenti con per esempio la cottura degli asparagi e dei peperoni con le
microonde (cfr. Figura 201).
Un’altra delle utilizzazioni molto importanti è il riscaldamento dielettrico dei prodotti; esso è stato, ad
esempio, usato per rendere inattivare gli enzimi nei semi di cotone, per essiccare il riso ed altri semi; è
essenziale, pertanto, conoscere le proprietà dielettriche dei prodotti sottoposti a tale riscaldamento.
Si ricorda, infine, il comportamento dei prodotti agricoli, quando vengono sottoposti a radiazioni
elettromagnetiche; tali radiazioni possono provocare, a seconda della loro frequenza, degli effetti di
riscaldamento o degli effetti chimici sul tessuto biologico del prodotto; pertanto le radiazioni
elettromagnetiche possono trovare utilizzazione nei processi di trasformazione e a tal fine sarebbe
indispensabile studiare il comportamento di ogni prodotto esposto alle radiazioni.
Si segnalano, altresì, utilizzazioni delle proprietà elettriche degli alimenti per applicazioni non tradizionali,
come la costruzione di un orologio a cristalli liquidi con pila al pomodoro (cfr. Figura 202).

Figura 202 Orologio a cristalli liquidi alimentato con pila al pomodoro

23.2.5 Proprietà ottiche

Per quanto riguarda le proprietà ottiche, le loro applicazioni ai prodotti agricoli sono ancora in numero
limitato, e vengono, infatti attualmente utilizzate le proprietà di trasmissione e di riflessione luce,
soprattutto per rilevare eventuali difetti interni di alcuni prodotti senza rompere il campione e per quanto
riguarda la riflessione di determinare il colore degli alimenti ed eventuali difetti esterni in modo automatico.
Sono allo studio, infatti, ed in alcuni casi in fase di avanzata introduzione commerciale, sistemi che ai criteri
di selezione utilizzati dalle linee tradizionali basati su caratteristiche esterne (dimensioni, forma, colore),
sono in grado di associare criteri basati su caratteristiche interne (composizione, consistenza) determinate
in maniera non distruttiva, su ogni singolo prodotto. Diversi sensori a differente grado di sofisticazione
vengono utilizzati allo scopo. Fra questi, interessanti applicazioni, a costi contenuti, possono derivare
dall’implementazione di algoritmi basati su sofisticate tecniche di analisi ed elaborazione delle immagini
ottenute dalle convenzionali selezionatrici ottiche, e che si basano sulla correlazione esistente per alcune
specie (pesche, nettarine, albicocche) tra colore esterno e grado di maturazione. Diventa possibile in tal

130
modo classificare i prodotti per caratteristiche qualitative legate alla maturazione (tra cui la consistenza),
effettuando una semplice lettura del colore esterno (Tabella 1).
In generale, l’uso di tecniche non distruttive per la selezione dei prodotti ortofrutticoli per caratteristiche
interne comporta da un lato il risultato di avere per la stessa specie lotti omogenei per grado di
maturazione che, quindi, presentano peculiari esigenze per ci che riguarda le condizioni di
stoccaggio/trasporto, dall’altro un maggior valore aggiunto del prodotto stesso, che quindi rende ancora più
importante minimizzare le perdite.

Tabella 1. Percentuale di corretta classificazione di 3 varietà di pesche in classi a diversa consistenza in


base ad una lettura del colore di fondo dell’epidermide utilizzando una linear discriminant analysis.

Varietà Corretta classificazione (%)


‘Babygold 9’ ‘Elegant lady’ ‘Maycrest
Classe 1 100 67 92
(morbide)
Classe 2 (dure) 91 63 85
Totale 93 65 88

23.3 Tecnologie impiantistiche innovative

Le macchine e gli impianti agroalimentari si dividono in due comparti, che hanno caratteristiche e logiche di
sviluppo completamente diverse e cioè: gli impianti per la conservazione dei prodotti freschi e di prima
elaborazione (selezione, pulizia, conservazione e trasporto) e quelli destinati alla estrazione o la
trasformazione della parte di prodotto destinata all’alimentazione umana.
Gli impianti di conservazione dei prodotti freschi tendono a preservare le loro caratteristiche naturali e a
minimizzare gli effetti dell’intervento tecnologico, valorizzando ciò che la natura e la tradizione alimentare ci
offrono (cfr. Figura 203).
Le attese del consumatore rispetto ad un prodotto ortofrutticolo fresco sono anche relative ad un più
elevato valore nutrizionale, sebbene tali attese frequentemente sono poco comunicate sulle confezioni.
Si può affermare che i prodotti distribuiti al commercio ed in particolare quelli della IV gamma possano
anche essere intesi come una risposta al consumatore desideroso di prodotti sani, nutrienti e facili da
consumare, in quanto, la frutta e gli ortaggi rappresentano una ottima fonte di vitamine, minerali e fibre.
Essi sono inoltre molto ricchi di alcuni costituenti per i quali è stata dimostrata la loro azione positiva per la
salute dell’uomo come carotenoidi e componenti fenolici.
Gli impianti per la estrazione e trasformazioni dei prodotti hanno lo scopo, invece, di intervenire sulla
materia prima, isolando la parte biologica destinata all’alimentazione, eventualmente elaborandola e
separando, invece, come scarto ciò che non è destinato al consumo alimentare.

131
Tuttavia, è importante sottolineare che la raccolta rappresenta una fase determinante nella filiera dei
prodotti ortofrutticoli in genere, soprattutto in relazione all’epoca ed alla modalità di raccolta.
La raccolta può essere effettuata manualmente o più spesso con l’ausilio di specifiche macchine operatrici,
soprattutto per ciò che riguarda lo sfalcio e lo scavo di organi ipogei e per le insalate da taglio. Importante è
che la manipolazione del prodotto sia tale da non danneggiarlo provocando lesioni o pressioni eccessive.
Per contenere tali rischi è opportuno operare con delicatezza limitando cadute libere ed eccessivi livelli di
riempimento dei contenitori in legno o plastica.
Le operazioni di raccolta e trasporto dovrebbero essere eseguite seguendo criteri di igienicità per operatori,
strumenti di raccolta, contenitori e mezzi di trasporto.
Dopo la raccolta è importante raffreddare rapidamente la materia prima per mantenerne inalterate le
caratteristiche: in base alla specie si può ricorrere ad un raffreddamento tramite aria forzata, molto usato e
particolarmente efficace e versatile, o ad un raffreddamento con acqua. Il raffreddamento mediante vuoto è
invece utilizzato per i prodotti con grande rapporto superficie/volume, quali i prodotti fogliosi.
Il trasporto prevede la movimentazione dal campo al centro aziendale o ai centri di condizionamento.

Fig. 203 Linea di lavorazione del prodotto fresco.

Nella seguente relazione ci limiteremo ad esaminare gli impianti destinati ai processi del post-raccolta, che
analizzano le modalità di manipolazione e della elaborazione del prodotto ed hanno come obiettivi primari
la flessibilità, la differenziazione e l’innovazione.
Le suddette esigenze tendono ad adeguare l’offerta dei prodotti e dei servizi che li accompagnano, alle
mutevoli e diverse esigenze dei consumatori, nonché alla normativa e alla relativa legislazione cogente, in
ordine alle imprescindibili esigenze di fornire un alimento di elevate caratteristi edonistiche, valorizzando
altresì i suoi aspetti nutrizionali e salutistici, nonché rendendoli sicuri dal punto di vista igienico-sanitario.
La prima tendenza di sviluppo della moderna tecnologia impiantistica è stata quella di perseguire il
miglioramento della qualità dei prodotti attraverso la riduzione degli effetti negativi connessi alle varie
operazioni di processo, pertanto, per ciascuna operazione unitaria, devono essere ridotti gli effetti legati ai
trattamenti termici, meccanici, chimici ed enzimatici ed in particolare è necessario intervenire nel processo
per ridurre: il danno termico, il danno ossidativo, il danno meccanico e il danno per contaminazioni
chimiche e biologiche (cfr. Figura 204).

132
Le innovazioni tecnologiche di processo di più recente introduzione che tendono a migliorare la qualità del
prodotto e conseguentemente le sue caratteristiche nutrizionali e funzionali sono le seguenti:

- uso di refrigerazione indiretta, con materiali isolanti di migliori caratteristiche ed


impiego del controllo dell’atmosfera anche con l’uso di gas tecnici per la
frigoconservazione dei prodotti;
- riduzione o eliminazione nelle celle o nelle confezioni dell’ossigeno, con nuovi
sistemi di confezionamento sottovuoto o in atmosfera controllato o modificata;
- impiego nei circuiti frigoriferi di fluidi naturali in sostituzione dei fluoro-clorocarburi;
- sviluppo di processi con nuovi sistemi di trasporto del calore e con la riduzione
delle temperature nei processi di trattamento;
- sviluppo di sistemi innovativi di selezione del prodotto anche con l ’uso di
telecamere che rilevano il danno e diano l’impulso a sistemi meccanici che
scartino il prodotto danneggiato;
- adeguate tecnologie di trasporto dal campo alla centrale ortofrutticola e quindi dei
prodotti confezionati al mercato.

Fig. 204 Valutazione della evoluzione fisiologica del prodotto fresco

23.4 Contributi innovativi sviluppati nelle Università di Bari e di Foggia

L’attività di ricerca sviluppata nell’Università di Bari ha fornito numerosi contributi innovati nel settore del
post-raccolta.
Infatti, già a partire dall’Anno Accademico 1965-66 fu realizzato a Bari un laboratorio sulle proprietà fisico-
meccaniche dei prodotti agricoli eseguendo numerosi studi sul comportamento dei tessuti vegetali alle
sollecitazioni indotte nelle fasi di raccolta e di trasporto dei prodotti ortofrutticoli, nonché alla valutazione
delle proprietà dei sottoprodotti, anche al fine di produrre compost organici di elevata qualità.
Tale attività iniziata in collaborazione con l’Università di Davis è proseguita poi con la valutazione della
risposta dei prodotti a diverse condizioni di conservazione in atmosfera modificata o controllata.
In particolare sono state messe a punto tecnologie di controllo dell’atmosfera nelle celle di conservazione
sia controllando i valori dell’umidità e del contenuto di ossigeno che con la eliminazione dell’etilene.

133
Inoltre, nel nostro laboratorio è stata installata, per la prima volta in Italia, una cella che utilizza la CO2
come fluido frigorigeno naturale (2007); pochi, infatti, sono al corrente che l’Italia è all’avanguardia di tale
tecnologia sviluppata dalla ditta Enex dell’ing. Girotto di Treviso che ha installato numerosi impianti in
centrali frigorifere d’Europa; ad oggi in Europa il 3% delle pompe di calore domestiche funziona a CO2, con
16 produttori Ue, mentre in Giappone il mercato è già integralmente basato su questa tecnologia (3,5
milioni di pezzi, 20 produttori e il 98% del mercato) e la Cina sta potenziando la sua capacità produttiva e
supera già le 100.000 unità annue.
I maggiori vantaggi dell’uso della CO2 come refrigerante sono (cfr. Figura 205):

- basso costo ed ampia disponibilità in tutto il mondo;


- non è dannosa per l’ambiente essendo una sostanza naturale;
- non è tossica e non è infiammabile e non sarà mai soggetta a
restrizioni legislative.

Fig. 205 Cella frigorifera attrezzata con strumenti per controllare e modificare l’atmosfera di conservazione

Più recentemente, con un contributo della Regione Puglia (Anno Accademico 2009-10) è stata valutata la
possibilità di introdurre nei mercati giapponesi prodotti preparati in Puglia; con tale finanziamento i miei
collaboratori ed un noto chef pugliese si sono recati in Giappone per presentare prodotti del nostro
meridione (cfr. Figure 206-207).
Va inoltre segnalato che da circa 10 anni i prodotti di IV gamma, cioè quei prodotti ortofrutticoli
confezionati e già pronti per il consumo, hanno sempre più rappresentato una nuova opportunità di
acquisto per il consumatore evidenziando crescite molto interessanti nelle vendite.

134
Fig. 206 Mercato giapponese di Tokyo.

Figura 207 Prodotti preparati per il mercato giapponese con la collaborazione di un


gruppo di ristorazione (Tokyo 3 marzo 2011).

Il favore di tali prodotti è legato al fatto che esiste una categoria di consumatori in aumento, che non
dispone di tempo per la preparazione dei pasti; inoltre, i prodotti della IV gamma non comportano scarti, in
quanto il prodotto è consumabile al 100% e possiede una elevata qualità che in genere viene associata ad
adeguate tecnologie di preparazione del prodotto.

135
Da stime eseguite da diversi autori, il volume di affari in Italia ha raggiunto già dal 2007 circa 616 milioni di
euro, con incrementi negli ultimi anni superiori al 10%; con questi valori il segmento della IV gamma
rappresenta il terzo mercato europeo dopo la Gran Bretagna e la Francia.
Le tecnologie innovative hanno fornito un notevole contributo a questo settore, consentendo di ottenere
una tipologia di prodotto di elevata qualità, sia in termini di aspetto esteriore, che di valore organolettico e
nutrizionale; inoltre, le tecnologie innovative introdotte hanno consentito di ottenere una minore deperibilità
rispetto al prodotto di partenza e una shelf-life compatibile con la distribuzione commerciale (Fig. 14).
La shelf-life, letteralmente “vita del prodotto sullo scaffale” è quel periodo di tempo durante il quale il
prodotto mantiene le sue caratteristiche qualitative nelle normali condizioni di conservazione e utilizzo.
La shelf-life è strettamente correlata alla durabilità di un alimento che può essere espressa come “da
consumarsi entro” oppure “da consumarsi preferibilmente entro” secondo le indicazioni degli articoli 9 e 10
del D.L. 181 del 2003. Queste due diciture, che sembrano simili, hanno in realtà significati molto differenti.
Infatti quando la shelf-life è preceduta dalla frase “da consumarsi entro” si tratta per legge di una scadenza
tassativa oltre la quale il prodotto non è più sicuro e non mantiene più le sue proprietà distintive.
Quando invece la shelf-life è preceduta dalla frase “da consumarsi preferibilmente entro” si tratta di una
scadenza meno restrittiva, un’indicazione di massima sul termine minimo di conservazione del prodotto
(cfr. Figura 208).

Figura 208 Il laboratorio dell’Università Foggia, diretto dal prof. G.C. Colelli, fra i più
attrezzati in Europa per la valutazione dei prodotti della IV gamma.

Le tecnologie innovative hanno migliorato i trattamenti post-taglio e d’imballaggio, che mirano in particolare
al rallentamento dell’imbrunimento e della perdita di consistenza, gli agenti sanitizzanti dell’acqua. Infine, le
basse temperature, i trattamenti termici e l’imballaggio in atmosfera modificata al fine di estendere la vita
commerciale dei prodotti di IV gamma.

136
Il confezionamento in atmosfera modificata (M.A.P.) è un valido ausilio al fine di estendere la vita
commerciale dei prodotti di IV gamma.
L’atmosfera protettiva, o Modified Atmosphere Packaging (M.A.P.), è una tecnologia di confezionamento
che, grazie alla sostituzione dell’aria con una miscela di gas, permette di aumentare il periodo di
conservabilità (shelf-life) dei prodotti alimentari, in particolare di quelli deperibili.
I gas utilizzati (additivi) sono prevalentemente costituiti da azoto, ossigeno e anidride carbonica, definiti
dalla Direttiva Europea 95/2/CE sugli additivi come “gas d’imballaggio”, cioè gas differenti dall’aria introdotti
in un contenitore prima, durante o dopo aver immesso in tale contenitore un prodotto alimentare.
Gli effetti positivi della modificazione dell’atmosfera, riducendo l’ossigeno e aumentando l’anidride
carbonica, consistono nella riduzione dell’attività respiratoria, della produzione di etilene, delle reazioni
enzimatiche e di alcune
alterazioni fisiologiche, contribuendo quindi a mantenere più a lungo la qualità.
Una volta chiuso l’imballaggio non è possibile nessun’altra forma di controllo e la composizione
dell’atmosfera al suo interno sarà inevitabilmente destinata a variare in relazione al metabolismo del
prodotto e alle proprietà barriera del materiale utilizzato.
Per ogni tipologia di prodotto è della massima importanza utilizzare appropriate composizioni gassose in
quanto la tolleranza a basse concentrazioni di O 2 e/o ad alte concentrazioni di CO2 dipendono dal tipo di
prodotto.
Recentemente, si va affermando per i prodotti di IV gamma l’uso di films plastici micro-perforati, per i quali,
attraverso microscopiche perforazioni effettuate con il laser, si può aumentare in maniera predeterminata la
permeabilità del materiale utilizzato.
In relazione alla tecnologia in atmosfera modificata (MAP), un ultimo accenno andrebbe rivolto ai materiali
da imballaggio, soprattutto in relazione all’impatto ambientale legato all’enorme aumento d’uso di tali
materiali dovuto alla crescita del settore della IV gamma.
Da questo punto di vista è in corso un forte dibattito legato alla sostenibilità ambientale di tale pratica e si
guarda con molta speranza alla crescente disponibilità ed utilizzo di materiali completamente riciclabili in
tempi brevi e, in molti casi, ottenuti a partire da sottoprodotti o da materiale vegetale.
Naturalmente il consumatore, che è disposto a pagare un prezzo più alto per un prodotto di alto valore, ha
delle aspettative molto elevate sia in termini di qualità sensoriale, sia in termini di valore nutrizionale e di
sicurezza chimica e microbiologica.
Un altro aspetto importante anche e non solo per il sempre maggior grado di attenzione da parte dei
consumatori, riguarda la sostenibilità ambientale di questa tipologia di prodotti. Da questo punto di vista
sarebbe molto importante la disponibilità sempre maggiore di materiali da imballaggio completamente
biodegradabili, possibilmente provenienti da fonti rinnovabili.
Infine, un altro aspetto della massima importanza riguarda l’aumento del grado di sicurezza relativo al
consumo di questa tipologia di alimenti, soprattutto, anche se non esclusivamente, dal punto di vista
microbico; Anche se sarebbe auspicabile la messa a punto di un trattamento risolutivo in termini di carica
microbica, inclusa quella potenzialmente patogena per l’uomo (il famoso killing-step di cui molto si parla
nell’industria), tale soluzione appare difficilmente compatibile con lo stato di prodotto fresco, quindi
facilmente danneggiabile da qualsiasi trattamento eradicante attualmente conosciuto e praticato
nell’industria alimentare.
137
Bisognerebbe comunque aumentare il grado di conoscenza relativa ai meccanismi di trasferimento, di
sopravvivenza e di crescita dei microrganismi patogeni sui prodotti di IV gamma; di conseguenza mettere a
punto protocolli di campionamento efficaci, sistemi diagnostici ultrarapidi e strategie di intervento
fortemente mirate, al fine di ridurre ulteriormente le possibilità che prodotti potenzialmente contaminati
arrivino al consumatore.

23.5 Conclusioni

I risultati, sinteticamente riportati nel presente lavoro, sono l’insieme di studi multidisciplinari, in cui l’aspetto
scientifico è stato affrontato in collaborazione da diverse unità operative dell’ingegneria agraria e di altre
discipline scientifiche delle scienze agrarie.
In particolare, dopo una prima analisi sugli aspetti relativi alla qualità dei prodotti, in relazione ai parametri
fisiologici, chimico-fisici, microbiologici e sensoriali, sono stati esaminati gli aspetti tecnologici ed
impiantistici relativi alla trasformazione industriale, con particolare riferimento ai trattamenti post-raccolta
che mirano in particolare al rallentamento dell’imbrunimento e della perdita di consistenza, nonché alla
selezione e al confezionamento.
Infine, sono stati esaminati i trattamenti tecnologici relativi all’imballaggio in atmosfera modificata, al fine di
estendere la vita commerciale dei prodotti.
Nell’applicazione dei risultati, inoltre, si è instaurata una proficua interazione con le industrie del settore che
hanno partecipato attivamente alla sperimentazione, fornendo risposte fruibili dagli operatori delle diverse
filiere alimentari.

Bibliografia
(1988) AMIRANTE P., “Tecniche di separazione, pulizia e cernita nella raccolta e primo trattamento delle
colture erbacce e arboree - Relazione Generale”, Atti del IV Convegno Nazionale di Genio Rurale
“Ingegneria per lo sviluppo dell’Agricoltura”, Porto Conte Alghero, 4-6 maggio, 898-906.
(1988) AMIRANTE P., CAPPIELLO M., DI RENZO G.C., “Influenza delle caratteristiche fisico-meccaniche
dei prodotti sul dimensionamento degli impianti di prerefrigerazione sottovuoto” - Atti del IV
Convegno Nazionale di Genio Rurale “Ingegneria per lo sviluppo dell’agricoltura”, Porto Conte
Alghero, 4-6 maggio, 916-923.
(1991) AMIRANTE P., 1991. “Trattamenti del post-raccolta”, Progetto Finalizzato Frutticoltura e
Agrumicoltura, Eurofrut, Ferrara 24-25 ottobre.
(1991) AMIRANTE P., DI RENZO G.C, 1991. “Prerefrigerazione ad aria forzata di frutti di medie e piccole
dimensioni”, Progetto Finalizzato Frutticoltura e Agrumicoltura, Eurofrut, Ferrara 24-25 ottobre.
(1991) AMIRANTE P., DI RENZO G.C, GIORGIO V., 1991. “Prerefrigerazione in tunnel ad aria forzata
dell’actinidia”, Progetto Finalizzato Frutticoltura e Agrumicoltura.
(2002) GODINI A. BELLOMO F. “Olivicoltura super-intensiva in Puglia per la raccolta meccanica con
vendemmiatrice”, Atti del Convegno Internazionale di Olivicoltura, Spoleto (Italy), 22-23 aprile
2002. pagg.230-234.
(2009) INGLESE P., FAMIANI F., SERVILI M., “I fattori di variabilità genetici, ambientali e colturali della
composizione dell'olio di oliva” Rivista Italus Hortus, n. 16 pagg. 67-81.

138
(2012) CAMPISI G., MARRAI F.P. CAMPOSEO S, VIVALDI G. A. PROIETTI P. NASINI L,
“Comportamento agronomico di impianti super-intensivi in tre aree olivicole italiane” Rivista di
Frutticoltura n, 9, anno 2012.
(2013) AMIRANTE P. “Prerefrigerazione in tunnel ad aria forzata dell’actinidia”, Progetto Finalizzato
Frutticoltura e Agrumicoltura.
(2013) AMIRANTE P. “Innovazioni tecniche nei processi del post-raccolta”, Atti del Seminario su
Innovazione e tecnologia nel comparto ortofrutticolo, Ferrara 27 novembre 2013.

139
CAPITOLO XXIV

MACCHINE ED IMPIANTI PER LE OPERAZIONI DEL POSTRACCOLTA

24.1 Introduzione

In questi ultimi anni si sono andati sempre più diffondendo gli studi e le ricerche nel campo refrigerazione
dei prodotti agricoli, tanto che negli Stati Uniti, tale settore è considerata come una vera e propria
specializzazione dell'Ingegneria Agraria.
Per la verità, già da molto tempo in alcuni Paesi, tecnologicamente più avanzati, si era avvertita la
necessità di una conoscenza più approfondita della natura fisica e del comportamento delle sostanze
vegetali ed animali al variare delle condizioni ambientali esterne, ma solo da pochi anni, in conseguenza
del rapido sviluppo della meccanizzazione in agricoltura, si è cominciato a capire appieno l'importanza di
tale conoscenza nelle applicazioni pratiche, il che ha portato un numero sempre maggiore di studiosi a
dedicarsi alle ricerche nel settore delle frigoconservazione (cfr. Figura 209).

Figure 209 Frigoconservazione dei prodotti alimentari

La conoscenza di tale tecnologia si va rivelando sempre più importante ed essenziale ai fini del progetto di
macchine ed attrezzature destinate alle applicazioni agricole ed in particolare di quelle che riguardano la
raccolta, la manipolazione, la lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli; inoltre, tale conoscenza
risulta utile ai fini della caratterizzazione del materiale biologico di cui risulta costituito il prodotto, sia allo
stato naturale, sia in qualunque fase del processo di conservazione e di eventuale trasformazione.
Tale caratterizzazione permette di prevedere non solo il comportamento del materiale biologico sotto le
diverse condizioni fisiche esterne, ma anche di effettuare una valutazione delle qualità intrinseche del
prodotto ed un controllo del suo possibile comportamento nelle varie fasi di conservazione, trasporto e
distribuzione al mercato.
C'è da rilevare, ancora, che i processi di lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli sono in continuo
progresso ed essi fanno sempre più uso di applicazioni di trattamenti fisici basati sui principi della
140
meccanica, della termodinamica, dell'elettrotecnica, dell'ottica e persino dell'acustica; risulta, quindi,
indispensabile la conoscenza sempre più approfondita delle proprietà biologiche dei prodotti che devono
essere sottoposti a tali trattamenti.
La conoscenza di tali proprietà risulta indispensabile non solo per i processi di conservazione degli
alimenti freschi, ma anche per ottimizzare i processi per la loro cottura (cfr. Figura 210).

Figura 210 Processi di cottura degli alimenti

Lo scopo fondamentale delle ricerche nel settore del post-raccolta è quello di ottenere macchine ed
attrezzature sempre più efficienti, metodi di lavorazione e trasformazione più idonei ed efficaci, prodotti di
più elevata qualità, sia allo stato naturale che alla fine del processo di lavorazione e trasformazione.

24.2 Evoluzione delle tecnologie del post-raccolta

Lo sviluppo di nuove tecnologie e impianti per l’industria agro-alimentare ha consentito di migliorare in


modo considerevole le tecniche di trattamento dei prodotti agricoli, allungandone in modo significativo la
vita commerciale degli alimenti e pertanto modificando il concetto di stagionalità nel consumo degli stessi.
Tuttavia, i risultati raggiunti appaiono ancora insufficienti a garantire un adeguamento della distribuzione
temporale della produzione alla domanda del mercato, per cui permangono, per la maggior parte dei
prodotti frutticoli, forti squilibri tra domanda ed offerta che naturalmente si ripercuotono negativamente sul
mercato e sugli orientamenti produttivi.
Va considerato che la numerosa gamma di prodotti ortofrutticoli richiede trattamenti di preparazione e di
trasformazione che possono essere dettati dalle più disparate motivazioni (abitudini alimentari, diverse
esigenze delle specie ortofrutticole o addirittura delle cultivar, esigenze e disponibilità produttive, ecc.), per
cui tale situazione non consente una razionale organizzazione della produzione, poiché è indispensabile

141
adeguare il processo produttivo alle “esigenze” del prodotto e, quindi, per ogni prodotto individuare gli
impianti necessari alla sua conservazione (cfr. Figura 211).

Figura 211 Prodotti ortofrutticoli freschi sui banchi della distribuzione

Inoltre, l’evoluzione tecnologica degli impianti destinati alla lavorazione post-raccolta dei prodotti agricoli,
ha determinato un incremento considerevole della produttività degli addetti, ha richiesto inoltre, un
maggiore approfondimento di tutte le informazioni relative alle caratteristiche fisiche, meccaniche, chimiche
e termiche relative al prodotto ortofrutticolo da trattare, ed una approfondita conoscenza di tutte le
modificazioni che intervengono durante la fase della conservazione e delle relative cause fisiologiche di
deterioramento, al fine di poter controllare tutte le fasi del processo di post-raccolta.
Il controllo della qualità del prodotto nella fase post-raccolta risulta particolarmente complesso, a causa
della non completa conoscenza dei trattamenti a cui è stato sottoposto; infatti esso, alla fine della propria
“vita post-raccolta”, vale a dire al consumo, deve giungere con le caratteristiche organolettiche tipiche del
prodotto fresco, per cui, oltre a mettere in atto tutti i normali accorgimenti richiesti per un prodotto destinato
all’alimentazione, è indispensabile che tutte le operazioni siano compatibili con la natura del prodotto e che
non provochino danni fisiologici o meccanici.
In definitiva, la tecnologia del post-raccolta dei prodotti ortofrutticoli è costituita da una serie di operazioni
che hanno lo scopo di consentirne la traslocazione nel tempo, mantenendone inalterate le caratteristiche
organolettiche e nutrizionali (cfr. Figura 212).

Figura 212 Interventi sul prodotto per prepararlo alla traslocazione nel tempo

Pertanto, la conservazione a temperatura controllata in cella, rappresenta solo una delle operazioni a cui
viene sottoposto il prodotto prima del conferimento sul mercato.
Infatti, oltre allo stoccaggio, nel magazzino frigorifero vengono eseguite operazioni di preparazione per il
mercato, che in alcuni casi presentano livelli elevati di complessità, per cui la struttura e gli impianti hanno
142
subito profonde trasformazioni negli ultimi anni. Quindi, se nel passato a queste attività erano destinati
fabbricati non specifici, allo stato attuale, invece, è noto che il successo dell’attività di gestione di un
magazzino frigorifero dipende dal modo in cui le strutture disponibili soddisfino le relative esigenze
gestionali, in quanto le scelte progettuali, eseguite in fase di realizzazione dell'impianto, diventano
vincolanti nella fase di gestione (cfr. Figura 213).

CATENA DEL
PRODOTTO
FRESCO

Figura 213 Ciclo di trattamento frigorifero del prodotto fresco

Infatti una corretta catena del prodotto fresco richiede la organizzazione della seguenti operazioni:
conferimento, selezione, pulizia e confezionamento, pesatura, prerefrigerazione, conservazione,
confezionamento carico sulle pedane e trasporto.
In particolare, va considerato che il controllo dell’ambiente di conservazione è una operazione complessa,
infatti il livello termico dell'aria e la relativa umidità, nell’interno di una cella, sono soggetto di sensibili e
frequenti variazioni dovute ai carichi termici.
Per cui, se il prodotto non deve subire stress dovuti a una variazione della propria temperatura, il vincolo
principale è determinato dalla necessità di mantenere il livello termico dell'aria nell’ambiente di
conservazione entro un intervallo di valori ben definito e la cui ampiezza, compresa tra il "set point"
superiore e inferiore, deve essere correlata con la sensibilità a tali variazioni dei prodotti conservati.
Inoltre, risulta prevalente, per lo stoccaggio di prodotti ortofrutticoli, l’orientamento a realizzare impianti
dotati di sistema di refrigerazione indiretta. Tale tecnologia, molto utilizzata per la conservazione dell’uva
da tavola, rappresenta una importante svolta nella gestione razionale del livello termo-igrometrico delle
celle di conservazione ed è anche legata alla incertezza sul futuro dei attuali fluidi frigorigeni, in quanto, e
pertanto per gli impianti a refrigerazione indiretta la sezione di refrigerazione viene sempre più prevista
completamente distaccata dalla sezione di distribuzione del freddo, per cui, eventuali interventi di modifica
dell’impianto, dovuti a un cambiamento del fluido frigorigeno, risultano più agevoli e meno onerosi, in
quanto da eseguirsi solo nella sala macchine.
Recentemente si vanno sviluppando tecnologie di refrigerazione mista e cioè nelle celle viene utilizzata la
refrigerazione indiretta, mentre negli impianti di prerefrigerazioni, ove i prodotti sostano per tempi limitati e
le potenze frigorifere sono sempre più elevate, vengono utilizzati sistemi di refrigerazione diretta; nella
143
Figura 216 è riportato il ciclo di lavorazione dell’uva da tavola ed una cella frigorifera a refrigerazione
indiretta con la possibilità della distribuzione della SO 2 direttamente in cella (cfr. Figura 214 A-B).

A B

Figura 214 Ciclo post-raccolta di lavorazione dell’uva da tavola (A) e cella di refrigerazione
indiretta per la conservazione dell’uva da tavola con tenda Bonomi (B)

Dal punto di vista impiantistico è possibile affermare che la prerefrigerazione è ormai generalmente
riconosciuta come una pratica indispensabile per mantenere inalterate il più a lungo possibile nel tempo le
caratteristiche qualitative dei prodotti ortofrutticoli.
Pertanto, ciò consente di ridurre la potenza frigorifera specifica installata nelle celle in modo sensibile fino
3
a livelli di 0,035 - 0,093 kJ/m .s (pari a circa 30 - 80 Kcal/m3.h); mentre negli impianti di prerefrigerazione
ad aria e ad acqua, la potenza frigorifera installata è compresa tra 2,3 e 5,8 kJ/m3.s (pari a circa 2.000 -
3
5.000 Kcal/m .h), in relazione alla tipologia dei prodotti e al tempo stabilito per l’esecuzione della
prerefrigerazione.
Quindi, la prerefrigerazione provoca nell’ambito della centrale ortofrutticola dei picchi di fabbisogno di
energia, a cui si può far fronte con un adeguato sistema di stoccaggio del freddo.
In tal modo durante, la prerefrigerazione risulta possibile utilizzare l’energia frigorifera prodotta dai
compressori e quella presente nel sistema di accumulo, al fine di regolarizzare i consumi di energia
elettrica e di ridurne i relativi costi.
Infatti, nel caso più generale di impianti di prerefrigerazione inseriti o accoppiati a celle frigorifere, la
potenza di punta impegnata potrebbe essere ridotta con sistemi di accumulo del freddo (sali eutettici o
soluzione di glicole gelida).
Pertanto, valutando la richiesta energetica di un tunnel di prerefrigerazione con diversi cicli operativi, nel
caso di utilizzo di sistema ad accumulo, va stimata la richiesta media di energia per poter dimensionare un
impianto frigorifero a potenza ridotta.

144
Un’altra importante innovazione nell’impiantistica per la conservazione a temperatura controllata è
costituita dall’introduzione di tecnologie basate su sistemi computerizzati per la gestione e il controllo di tutti
i parametri di conservazione del prodotto e di funzionamento dell’impianto (cfr. Figura 215).

Figura 215 Impianto di laboratorio testato per controllare con sonde lo stato
fisico di prodotto liquido o di una polpa o di terreno

I nuovi sistemi di controllo basati su hardware-software per la gestione dei parametri ambientali nelle celle
di conservazione sono dotati di sonde con risposta continua di tipo analogico, collegate con convertitori
analogico-digitali, che trasmettono in tempo reale ad un elaboratore elettronico i valori relativi ai parametri
rilevati (cfr. Figura 216)

Centralina elettronica

Figura 216 Centralina di registrazione e sensori per il controllo di una cella frigorifera

Quindi, la gestione della cella e dell'intero magazzino risulta più razionale, in quanto consente di operare
rapide modifiche dei set-points e dei parametri decisionali per adeguare le prestazioni alle esigenze
operative, vale a dire personalizzando il programma in relazione alle necessità contingenti (cfr. Figura 217).

145
A B C D

Figura 217 Sensori utilizzati per il controllo di: zuccheri (A), ossigeno (B), temperatura (C) e colore (D)

Nell'ambito della cella di conservazione, il sistema di gestione della temperatura deve essere realizzato
con sensori posizionati in diversi punti nell'interno della struttura, non escludendo anche una misura nei
frutti, con particolare riguardo a quelli localizzati nelle posizioni più sfavorite rispetto al flusso dell'aria
refrigerante.
Tali sonde trasmettono al software di gestione le indicazioni circa l'andamento della temperatura
nell'interno della cella, al fine di consentire, attraverso un'elaborazione effettuata con le istruzioni contenute
nel programma, di accendere i ventilatori per il rimescolamento dell'aria, in tal modo si riduce l'emissione di
energia termica e si limita il consumo di quella elettrica. Se, con questo intervento, la temperatura della
cella non viene ristabilita e i valori rilevati dalle sonde risultano superiori al "set point", viene comandato
l’azionamento dell’aero-convettore.
Considerando che un sistema computerizzato generalmente non viene posto a servizio di una sola cella di
refrigerazione, i sistemi di controllo più “evoluti” consentono di gestire in modo integrato i fabbisogni
energetici di tutte le celle, per ottimizzare l'impiego della centrale frigorifera.
Ad esempio, nel caso in cui più celle stiano per raggiungere le condizioni termiche di "set point", il sistema
deve essere in grado di modificare provvisoriamente i limiti stabiliti per l'accensione, al fine di modulare il
funzionamento degli aero-convettori nelle diverse celle, privilegiando quelle che contengono i prodotti più
sensibili, senza creare un sovraccarico per l'impianto frigorifero.
L’applicazione delle tecnologie avanzate ha anche determinato profonde modificazioni nei sistemi per il
controllo della sala macchine ove i tradizionali automatismi elettromeccanici sono stati sostituiti o integrati
con sistemi computerizzati, con i quali risulta possibile l’ottimizzazione dei consumi energetici della centrale
frigorifera, in quanto sono in grado di esercitare un'azione di stabilizzazione delle temperature di
condensazione del fluido, di regolazione del flusso di liquido all'evaporatore, delle pressioni nel circuito e,
infine, della temperatura nel condensatore.
Infine, di rilevante importanza, risulta la possibilità di eseguire oltre al monitoraggio delle grandezze rilevate
anche l’archiviazione e la tele-assistenza, per poter eseguire una verifica dello stato di funzionamento della
centrale e, in caso di malfunzionamenti, consentire una preventiva diagnosi dei guasti e un più efficace
intervento di manutenzione; tale possibilità viene già realizzata dalla ditta Enex di S. Girotto che, per

146
grandi centrali ortofrutticole , ha previsto, per la refrigerazione, l’utilizzo di un refrigerante naturale,
la CO2, ed il controllo a distanza della funzionalità dell’impianto.
Nella Figura 218 si riporta il primo impianto pilota realizzato dalla Enex in collaborazione con l’autore ed
nella Figura 219 l’impianto frigorifero sperimento ed il ciclo frigorifero a CO2.

IMPIANTO PILOTA A CO2

Figura 218 Primo impianto pilota realizzato dalla Enex per l’Università di Bari

Figura 219 Centrale frigorifera con compressore bi-stadio e ciclo frigorifero a CO2 utilizzato

La suddetta tecnologia ha riscosso un grande successo, sia perché viene utilizzato un fluido frigorigeno
naturale, innocuo per l’ambienta a differenza di altri fluidi frigorigeni, e sia perché il fluido ha una
capacità frigorifera elevata, per cui sta riscuotendo notevoli consensi ngli impianti che le ditte costruttrici
italiane stanno realizzando in Cina.

147
24.3 Gli impianti per la post-raccolta

Le operazioni descritte nel precedente capitolo, negli ultimi anni, hanno subito diverse modificazioni, grazie
soprattutto alla massiccia introduzione di innovazioni nel settore, rivolte principalmente all'automazione
delle varie fasi di esecuzione delle singole operazioni e all'aumento dei relativi rendimenti specifici, al fine
di assicurare la massima produttività degli impianti.
Pertanto, verranno di seguito brevemente analizzate alcune delle principali innovazioni tecnologiche
riguardanti gli impianti di prerefrigerazione, l’atmosfera controllata, la selezione dei frutti e l’uso di film
plastici.

24.3.1 Prerefrigerazione dei prodotti ortofrutticoli

Il trasporto e la conservazione dei prodotti ortofrutticoli freschi rivestono un ruolo molto importante ai fini del
mantenimento degli standard qualitativi richiesti dalla commercializzazione. Ma, a monte di queste fasi, si
va ormai affermando la pratica della prerefrigerazione del prodotto. Come si accennato in precedenza, alti
valori dei livelli termici accelerano i processi di maturazione e di senescenza degli ortofrutticoli freschi. Per
questo motivo, la rapida sottrazione del calore di campo al fine di portare quanto prima la temperatura del
prodotto ai valori ottimali per la conservazione o per il trasporto, un'operazione quanto mai necessaria.
I sistemi di prerefrigerazione più diffusi sono quelli:
- ad aria
- ad acqua
- sotto vuoto
- con ghiaccio tritato.
I sistemi di prerefrigerazione ad aria consistono nell’inserire le confezioni o i bins in tunnel ove viene
inviata aria refrigerata; la tendenza per i prodotti ortofrutticoli, ed alimentari più in generale, era quella di
utilizzare celle frigorifere con impianti di refrigerazione diretta ad aria con aero-convettori dotati di bassa
superficie di scambio (cfr. Figura 220), ma operanti con elevati salti termici; l’uso di tale tecnologia è stata
stimolata dal risparmio economico nella costruzione dell'impianto, ed attualmente è stata finalmente
superata.

Figura 220 Evaporatori con aereo-convettori montati nelle celle frigorifere

Nel campo della prerefrigerazione, la ricerca è orientata, più che verso l'introduzione di nuovi modelli,
orientati soprattutto verso l'ottimizzazione delle prestazioni delle tecniche già esistenti.
Tale esigenza scaturisce dalla necessità di mettere a punto delle relazioni che consentano la
determinazione delle caratteristiche strutturali degli impianti di prerefrigerazione partendo dai parametri
termodinamici e meccanici del mezzo refrigerante e del prodotto da refrigerare.
148
Si ritiene, pertanto, che per poter ottenere un efficace raffreddamento e, quindi, scegliere la tecnologia di
prerefrigerazione più idonea per i prodotti da trattare, è importante conoscere le caratteristiche termiche dei
frutti e individuare le modalità con cui avvengono i trasferimenti di calore tra questi e il mezzo refrigerante.
La Sezione Meccanica del Dipartimento PRO.GE.SA. di Bari ha condotto una vasta sperimentazione
sull'argomento, approfondendo da un lato gli aspetti legati alle proprietà fisico-meccaniche e termiche di
vari prodotti ortofrutticoli e quindi studiando approfonditamente le leggi dello scambio termico applicate ai
tessuti biologici, dall'altro operando un grande numero di prove sperimentali su impianti pilota per la
prerefrigerazione di piccoli frutti e di prodotti a foglia (cfr. Figura 221).

Figura 221 Prerefrigerazione di piccoli frutti e di prodotti a foglia

24.3.1.1 Impianti di prerefrigerazione ad aria

Al fine di eseguire ricerche e specifiche valutazioni per la scelta del tipo di impianto di prerefrigerazione
sono stati progettati e costruiti, in laboratorio ed in una centrale ortofrutticola un tunnel di prerefrigerazione
ad aria forzata (cfr. Figura 222 A), un impianto di prerefrigerazione ad acqua gelida (cfr. Figura 222 B) ed
un impianto di prerefrigerazione sottovuoto (cfr. Figura 222 C), tutti in scala ridotta da laboratorio, o in
centrali frigorifere, ed un'attrezzatura per il trasporto in regime di freddo (cfr. Figura 222 D).
La prerefrigerazione ad aria è stata realizzata curando la circolazione dell’aria nella cella frigorifera, che
viene convogliata da un ventilatore lateralmente e poi attraversa i bins in modo equivalente da entrambi i
lati e a quindi viene aspirata dal centro da un ventilatore e rimessa in circolo (cfr. Figura 222 A-B),

A B C

Figura 222 A Impianto pilota di prerefrigerazione ad aria

149
Figura 222 B Impianto per trasporto in regime di freddo

Sono state condotte prove sperimentali su diversi prodotti quali ciliegie, uva, pesche, susine, meloni
cantalupi, fragole, albicocche, lattughe, spinaci (cfr. Figura 222 B). Su ognuno di questi prodotti, inoltre,
sono state effettuate misure tendenti a rilevare le più importanti caratteristiche fisiche dei prodotti. E' stato
così possibile determinare che il parametro determinante ai fini della scelta del sistema di
prerefrigerazione, è dato dal rapporto S/V tra la superficie di scambio termico aria-frutto e il volume dei
singoli prodotti (cfr. Figura 222 C).
Dall'esame delle relazioni specifiche si evince che all'aumentare di S/V, cioè al diminuire delle dimensioni
del prodotto, le differenze tra i tempi di raffreddamento ottenuti con ciascun metodo si riducono
progressivamente fino a diventare insignificanti per i prodotti di piccole dimensioni. Anche nel diagramma
della prerefrigerazione sottovuoto si nota come il rapporto S/V rivesta notevole importanza.

-1
Figura 222 C Valore dimensionale del rapporto S/V (misurato in m ) che
influenza la scelta dell’impianto di prerefrigerazione

24.3.1.2 Impianti di prerefrigerazione ad acqua

L’impianto di prerefrigerazione ad acqua può essere realizzato per immersione del prodotto in una
soluzione gelida, o per aspersione con acqua gelida irrorazione di acqua fredda da docce poste in un
tunnel di refrigerazione o di tipo misto (cfr. Figura 222 D - 222 E).

150
Figura 222 D Schema delle tre diverse soluzioni di prerefrigerazione ad acqua

Figura 222 E Impianti di prerefrigerazione ad acqua: per immersione (A), per aspersione
in tunnel (B) e di tipo misto (C)

I vantaggi dell’uso di questo metodo di prerefrigerazione sono i seguenti:

- elevata velocità di raffreddamento;


- assenza di calo peso;
- possibilità di raffreddamento sia
su prodotto sfuso che imballato
purché sia resistente all’acqua;
- costo relativamente non elevato.

Gli svantaggi sono dovuti al fatto che non tutti i prodotti tollerano il contato con l’acqua e alla possibile
diffusione di agenti patogeni.

151
Figura 222 F Impianto di prerefrigerazione ad acqua

24.3.1.3 Impianti di prerefrigerazione sotto vuoto

Gli impianti di prerefrigerazione sotto vuoto sono particolarmente indicati per i prodotti che vengono
confezionati direttamente nelle aziende agricole o nelle centrali ortofrutticole, in cui il prodotto viene
confezionato in casette o cartoni e disposto su piattaforme in legno e quindi introdotto nell’impianto di
prerefrigerazione.
Nella Figura 223 A è riportato un impianto pilota di laboratorio messo a punto nell’Università di Bari, con
materiate trasparente in plexigas che consente di poter osservare il comportamento del prodotto quando
viene ridotta la pressione nell’impianto favorendo l’evaporazione di parte dell’acqua contenuta nel prodotto
determina un abbassamento della sua temperatura.

Figura 223 B Impianto pilota di laboratorio di prerefrigerazione sotto vuoto

Figura 223 C Prerefrigerazione sotto vuoto per prodotti orticoli della California

152
La tecnologia, partita dagli Stati Uniti già negli anni ’50-60 del secolo scorso, si è rapidamente diffusa in
Italia, ed in particolare nel Veneto , in Emilia Romagna ed in Puglia per i prodotti a foglia, per i quali è
particolarmente vocato.
Il vantaggio della suddetta tecnologia consiste nella rapidità con cui avviene la refrigerazione ed nel fatto
che il prodotto può essere rapidamente immesso sul mercato, dopo la sua refrigerazione.
Mi sia consentito di riportare questa mia reminiscenza, di cui rimasi particolarmente colpito negli anni ’60
del secolo scorso, allorché nel famoso film la Valle dell’Eden venivano proiettate alcune immagini sulla
spedizione dalla California (dalla Valle di Solinas) di ortaggi confezionati in regime di freddo con l’utilizzo
di ghiaccio tritato (cfr. Figura 224 A).
.

Figura 224 B Impianto di prerefrigerazione sottovuoto (vacuum cooling) ed


un immagine di James Dean tratta dal film la Valle dell’Eden

153
Esempio di tale nuova tecnologia sono i primi tunnel di prerefrigerazione costruito che erano costituiti dalla
struttura in linea con un piccolo volume di stoccaggio e collegato direttamente all'impianto di
prerefrigerazione e destinato alla breve sosta del prodotto prima del carico sui mezzi di trasporto.

24.4 Impianti per il controllo dell'atmosfera in celle di conservazione

All'operazione di prerefrigerazione come si è già innanzi detto, segue quella di conservazione;.


quest'ultima avviene normalmente nelle celle frigorifere, in un regime termico tale da avere un
rallentamento dell'attività metabolica del prodotto.
Generalmente tali risultati si ottengono con bassi valori della temperatura oppure, per la lunga
conservazione dei prodotti o per prodotti che hanno un attività metabolica molto sviluppata, si ricorre
all’uso di celle ad atmosfera controllata (cfr. Figura 225), cioè variando le percentuali dei gas presenti
nell'atmosfera di conservazione, in relazione alle esigenze fisiologiche dei prodotti, eliminando l'etilene
sviluppata nei processi metabolici dei frutti.

Figura 225 Schema di impianto di refrigerazione ad atmosfera controllata

Un'interessante applicazione in questo settore, risulta essere l’abbattimento dei prodotti volatili nelle celle,
eliminando l'etilene; questa sostanza, rilasciata in piccole quantità dal prodotto conservato, per effetto della
sia pur minima attività metabolica, riveste un ruolo molto importante nel processo di maturazione, in
quanto anche piccole quantità, dell'ordine di un p.p.b., determinano una minore durata del prodotto
conservato, soprattutto per alcune specie quali il kiwi che è molto sensibile a questo composto.

154
Risulta, quindi, necessario effettuare una efficace depurazione dell'atmosfera dall'etilene e da eventuali
altre sostanze volatili; a tale scopo, vi sono varie soluzione e fra queste si segnala la possibilità di
utilizzare un tipo di convertitore catalitico (SWINGTNERM) costituito da un serbatoio cilindrico in acciaio
nella cui parte centrale vi è un letto catalitico riscaldato da una resistenza elettrica (cfr. Figura 226).

Figura 226 Convertitore catalitico che ossida l’etilene

Tale cilindro è posto in comunicazione con la cella da tutte e due le testate, per cui vi è il passaggio di
atmosfera con etilene verso il letto catalitico; in tale zona, data l'elevata temperatura di regime (250 °C),
avviene l'ossidazione dell'etilene ad anidride carbonica.
Il flusso dell'atmosfera avviene con intermittenza nei due sensi, in maniera tale da avere una stratificazione
di valori della temperatura in senso decrescente passando dalla zona vicina alla resistenza (250°C) alla
zona più esterna del letto catalitico cilindrico (15-20°C).
Recentemente, per conseguire buoni risultati per la conservazione di prodotti ortofrutticoli molto deperibili
o destinati a trasporti a lunga distanza, si fa sempre più sviluppando l’uso di confezioni con imballaggi
costituiti da film plastici al cui interno è rilasciata da idoneo sacchetti l’anidride solforosa.
Gli effetti principali di questa tecnica consistono nella ridotta perdita di umidità da parte dei prodotti (quindi
minore calo in peso e migliore qualità) e nella riduzione dell’attività metabolica conseguente all’accumulo di
CO2 e alla riduzione dell’O2 derivante a sua volta dalla respirazione e dall’effetto barriera che il film esercita
nei confronti dei gas.
Le caratteristiche di permeabilità del films e la velocità di respirazione dei prodotti influiscono direttamente
sulle condizioni che si determinano all’interno dell’imballaggio, e che, dopo qualche tempo, raggiungono
l’equilibrio.
L’evoluzione tecnologica nella produzione di films plastici consente attualmente di disporre di una vasta
gamma di films con diverse caratteristiche di permeabilità al vapore d’acqua, all’O2 ed alla CO2.
Nell’ambito del Progetto Finalizzato MIRAAF “Liste Varietali”, l’Unità Operativa costituita dalla Sezione
Meccanica del Dipartimento PRO.GE.SA. di Bari ha svolto prove di attitudine varietale alla conservazione
di varietà di albicocche, pesche, nettarine e ciliegie; dalle prove eseguite in quattro anni di
sperimentazione, sono scaturiti effetti molto positivi relativamente al controllo dello stato di maturazione
dei frutti alla raccolta, del trattamento di prerefrigerazionee della presenza di imballaggi.

155
24.5 Tecnologie di selezione automatica dei prodotti

Fra le operazioni del post-raccolta, la selezione del prodotto, in base alle sue caratteristiche fisico-
meccaniche e soprattutto qualitative, è quella che ancora oggi richiede un consistente intervento del lavoro
dell'uomo.
Al riguardo è stata operata una vasta sperimentazione e molti impianti di selezione sono stati introdotti,
avendo come risultato un netto miglioramento delle prestazioni lavorative degli operatori. Tuttavia,
recentemente la ricerca è stata rivolta verso soluzioni innovative tendenti a sostituire completamente
l'intervento umano. La problematica è alquanto complessa e pone tre presupposti principali e cioè:

- sostituire l'occhio umano;


- sostituire il cervello umano;
- sostituire le mani dell'uomo nell'operazione di separazione del prodotto.

Recentemente sono stati messi a punto dispositivi capaci di effettuare la selezione automatica dei prodotti
ortofrutticoli rispetto alle qualità esteriori, basandosi, quindi, su proprietà quali il colore, la forma, le
dimensioni e il peso.
Il funzionamento di tali attrezzature è basato su tecniche di elaborazione di immagini, ossia l'elaborazione
di immagini a fini valutativi. L'immagine ripresa da una telecamera (sostituzione dell'occhio umano), oppure
attraverso uno scanner viene elaborata digitalmente tramite calcolatore. Si viene così a formare una
matrice a 2 dimensioni, costituita da unità fondamentali dette pixel, la cui posizione è definita da un numero
di riga e da un numero di colonna. Ogni pixel ha, inoltre, un suo valore corrispondente al colore e
all'intensità luminosa. Mediante un'analisi statistica dei valori presentati dai diversi pixel basati anche sul
confronto con modelli corrispondenti alla realtà che ci si attende dalla scena, essendo già nota la scena
stessa, si ha il processo decisionale (parziale sostituzione del cervello umano) e quindi poi la vera e propria
separazione meccanica.
Il problema di fondo nell'applicazione di questa tecnica è quello di riuscire ad avere una sufficiente velocità
di elaborazione delle informazioni tale da rendere applicabile tale tecnica, pur mantenendo i costi
dell'hardware entro livelli accettabili. Tale sistema presenta una elevata capacità di elaborazione dei frutti al
secondo per ogni canale di lavorazione. La macchina ispeziona la superficie dei frutti con una sensibilità di
1 mm di superficie, riconoscendone i difetti di ogni tipo e colore.
Inoltre, di recente, sono sempre più frequenti le applicazione di sistemi di selezione dei frutti attraverso la
valutazione delle loro caratteristiche intrinseche attraverso il controllo non distruttivo Tali valutazioni
vengono eseguite prevalentemente con l’utilizzo di tecniche del tipo NIR.

24.6 Conclusioni

L’insieme delle operazioni del post-raccolta dei prodotti ortofrutticoli, nel periodo che intercorre fra la
raccolta e il consumo, va opportunamente curato, in quanto i prodotti possono subire urti, attacchi di
parassiti, nonché decadimento qualitativo che è correlato con la sua fase fisiologica di maturazione.

156
Il decadimento di tali caratteristiche è strettamente correlato con la temperatura a cui il prodotto viene
conservato e al tempo che intercorre tra la raccolta e il consumo.
Il decadimento delle caratteristiche qualitative può anche essere accelerato da urti e pressioni sulla
superficie esterna del frutto che determinano a volte danni locali ed importanti, inoltre è molto importante
l’umidità dell’ambiente di conservazione , in quanto se l’umidità è bassa, può accelerare i processi di
traspirazione dell’acqua contenuta nel frutto con perdita di consistenza dello stesso.
Inoltre, anche la composizione dell’atmosfera di conservazione può incidere sulla durata di conservazione.
Nella progettazione di una centrale ortofrutticola viene, pertanto, rivolta sempre più attenzione agli impianti
di selezione dei prodotti, nonché a quelli di prerefrigerazione e al controllo dell’atmosfera di conservazione,
attribuendo particolare importanza, non solo alla temperatura di frigoconservazione, ma controllando ed
eventualmente dosando opportunamente, sia il contenuto igrometrico che la composizione chimica degli
aeriformi nell’ambiente di conservazione.
Infine, sempre maggiore importanza acquistano i problemi di confezionamento, movimentazione
automatica dei prodotti all’interno della centrale, nonché il trasporto dei prodotti sul mercato.
In conclusione, si ritiene che il tecnico progettista dell’impianto frigorifero deve tenere conto, nella
definizione progettuale delle diverse sezioni operative, sia degli aspetti connessi con la fisiologia dei
prodotti che con gli standard qualitativi richiesti dalla catena di distribuzione commerciale.

Bibliografia
(1991) AMIRANTE P., “Trattamenti del post-raccolta”, Progetto Finalizzato Frutticoltura e Agrumicoltura,
Eurofrut, Ferrara 24-25 ottobre 1991.
(1997) AMIRANTE P., MASSIGNAN L., ESTI M., COLELLI G., “Imballaggio in atmosfera modificata di
ciliege durante la frigoconservazione”, Italus Hortus, Vol. n.4, pp. 49-53, ISSN: 1127-3496. n. 3,
maggio-giugno.
(2003) AMIRANTE P., COLELLI G.C., ROMANI E., 2003. “Nuove tecnologie nella frigoconservazione dei
prodotti agroalimentari”. Atti del “Xth European Conference on Technological innovations in air
conditioning and refrigeration industry”, Milano 27-28 giugno.
(2009) MAINES.F., “Macchine per la potatura”, Fondazione Mach-“C:I:F , anno 2009.
(2013) AMIRANTE P. “Innovazione tecnologica nei processi del post-raccolta”, Atti del Seminario su
Innovazione e Tecnologia nel comparto orto-frutticolo dalla raccolta meccanica alla filiera
agroalimentare, Ferrara 27 novembre 2013.
(2013) BARALDI G. “Innovazione tecnologica nella filiera agro-alimentare”, Atti del Seminario su
Innovazione e Tecnologia nel comparto orto-frutticolo dalla raccolta meccanica alla filiera
agroalimentare, Ferrara 27 novembre 2013.
(2013) AMIRANTE P. “Prerefrigerazione in tunnel ad aria forzata dell’actinidia”, Progetto Finalizzato
Frutticoltura e Agrumicoltura.

157
CAPITOLO XXV

GESTIONE TECNICO-ECONOMICA DELLE MACCHINE AGRICOLE

25.1 Introduzione

La scelta di una macchina agricola deve essere svolta in via prioritaria tenendo conto delle esigenze
tecniche specifiche opportune per svolgere una determinata operazione agricola del ciclo colturale.
L’introduzione allo studio delle gestione tecnico-economica di tale macchine deve però tener conto di
precisi problemi di scelta in relazione alle esigenze tecnico-economiche della azienda agricola cioè: le
dimensioni aziendali, la presenza di personale idoneo a condurre la macchina per quella operazione
colturale, il vantaggio economico ottenibile nella riduzione delle ore di personale, passando da una
lavorazione prevalentemente manuale a quella meccanizzata ed infine la disponibilità economica
dell’azienda a sostenere il costo aggiuntivo necessario per l’acquisto della macchina ed in caso contrario il
costo aggiuntivo del reperimento dei fondi necessari,
In entrambi i casi vanno analizzati i seguenti aspetti:
- il costo di acquisto della macchina anche in relazione alle ore di utilizzazione
annue della macchina ed al numero di anni d’uso della sua gestione;
- le quote di reintegrazione, gli interessi passivi ed il prezzo d’uso del locale di
ricovero;
- l’assicurazione, le tasse ed i compenso per il lavoro direttivo;
- le quote di riparazione, manutenzione, lubrificazione, combustibile, mano
d’opera e spese generali.
In relazione a quanto innanzi detto è necessario svolgere una analisi specifiche delle relative quote di
spesa. (cfr. Figura 227).

Figura 227 Operazioni agricole eseguite manualmente

158
25.2. Analisi delle quote di spesa per l’acquisto di una machina agricola

Con riferimento a quanto già innanzi detto, esaminiamo ora singolarmente le quote di spesa per l’acquisto
e la gestione di una macchina agricola (cfr. Figura 228).

Figura 228 Valutazione delle spese di acquisto delle macchine

In via preliminare, si precisa che bisogna tener conto che la durata della macchina, dilazionata per tutti gli
anni della sua vita utile rappresenta la quota principale dell’accantonamento; essa è funzione
dell’invecchiamento tecnico che viene valutato in % del valore a nuovo e pari al:

- 30 % per i trattori e gli atomizzatori;


- 20% per la falciatrice, la moto-fresa, il caricatore, lo spandiconcime e i rimorchi.

A questa quota va detratto il valore dell’usato che varia da macchina a macchina, soprattutto in funzione
del suo stato d’uso (cfr. Figura 229).

Figura 229 Valutazione dello stato d’uso della macchina e del valore di riuso delle sue componenti

Le spese di gestione delle macchine agricole si dividono in due categorie:

- le spese fisse dette anche fondamentali e cioè


- le spese di rintegrazione del capitale;
- gli interessi passivi
- prezzo d’uso del locale ricovero delle assicurazioni, tasse e lavoro direttivo.
- le spese variabili dette anche di utilizzazione e cioè
- le spese di riparazione, e lubrificazione e manutenzione;
- le spese per il combustibile;
- le spese di mano d’opera e quelle generali:

159
25.2.1 Spese fisse ( o fondamentali)

Quote di reintegrazione
L’accantonamento della quota di reintegrazione consente di disporre alla fine della vita economica della
macchina di una somma pari al prezzo di acquisto della macchina stessa.
Il calcolo di tale quota comporta alcune difficoltà sia in fase di determinazione della durata della macchina
sotto l’aspetto tecnico ed economico, sia di valutazione del valore residuo della stessa.
Per quanto riguarda la durata della macchina essa in via prudenziale viene considerata pari a 5 a pari anni,
anche se i testi indicano la prevedibile durata in 10 anni; tuttavia molti testi indicano tale valore nullo, per le
difficoltà di vendere le macchine usate, anche perché sulla acquisto di tali macchine non è possibile
contare su contributi a fondo perduto.
A tal proposito pur essendo la letteratura tecnica molto nutrita, essa presenta notevoli divergenze in
quanto:
n
- alcuni autori considerano consigliano di utilizzare il coefficiente r/q –1;
- altri il coefficiente 1/n in cui r è il saggio di interesse e q il montante unitario.

Data la finalità del presente testo che non fa riferimento ad una macchina specifica si preferisce consigliare
il coefficiente 1/n ; per quanto riguarda il valore della macchina alcuni autori consigliano di utilizzare il
valore iniziale (A0) altri il valore finale (AN), applicando le formule di seguito indicate (cfr. Figura 229):

Figura 229 Valutazione delle quote di reintegrazione del capitale

Figura 230 Possibili finanziamenti regionali per le macchine usate e criteri di scelta

160
Interessi passivi
Gli interessi passivi rappresentano il rendimento del capitale, in quanto investendo un capitale si perdono
gli interessi che si sarebbero ottenuti da una banca o da un altro investimento e quindi gli interessi
rappresentano il mancato guadagno; in genere viene considerato un tasso di interesse al 6%, ma
considerato ma considerato che alle macchine si deve detrarre per prudenza un valore a nuovo (A n), i
calcoli si eseguono in genere solo sul 60% del valore a nuovo (cfr. Figura 231).
Per quanto riguarda il valore degli interessi alcuni autori consigliano di adottare quello medio tra il valore
iniziale e quello residuo, altri e tra questi lo Zihlman i 2/3 del valore iniziale della macchina, mentre il Di
Cocco considera il valore su cui calcolare gli interessi quello risultante dall’espressione:
Am = (C – R) / 2 x (1 + 1/n) + R
in cui C rappresenta il valore a nuovo, R quello di recupero, n la durata in anni.

Figura 231 Calcolo degli interessi passivi

Prezzo d’uso del locale ricovero delle assicurazioni tasse e lavoro direttivo

Non sempre la quota relativa al prezzo d’uso del locale ricovero viene presa in considerazione, in quanto in
molti casi le aziende dispongono di vecchi locali ricovero altrimenti inutilizzati; tuttavia quando le dimensioni
delle machine sono notevoli, si ritiene di considerare detto prezzo nella misura dell’1% rispetto al prezzo di
acquisto della macchina (cfr. Figura 232 A-B).
In passato, negli anni 1950-60 del secolo scorso, spesso molti agricoltori vivono nel centro aziendale, che
si sviluppava ima ampie superfici ove venivano posti i covoni del grano e si seguiva poi la trebbiatura a
punto fisso (cfr. Figura 232 C).

A B C

Figura 232 Tettoie di ricovero di macchine agricoli e spazi del centro aziendale di dedicati
all’accumulo dei covoni e alla trebbiatura a punto fisso

Attualmente, se le aziende sono facilmente raggiungibili con strade asfaltate e sono situate in zone di
elevato pregio paesaggistico, il centro aziendale e le relative abitazioni possono essere utilizzate per
attività agrituristiche (cfr. Figura 233).
161
Figura 233 Centri aziendali utilizzati per attività agrituristiche

25.2.2 Spese variabili

Spese di riparazione lubrificazione e manutenzione


Gli economisti Stone e Gulvin propongono di determinare le spese di riparazione lubrificazione e
manutenzione mediante una percentuale del prezzo iniziale di riparazione lubrificazione e manutenzione
della stessa macchina, tenuto conto della durata fisica della stessa espressa in ore.
Lo Zihmann considera separatamente le spese di riparazione da quelle di manutenzione e sostiene che le
prime vanno calcolate sulla base di un coefficiente di riparazione specifico, della durata fisica della
macchina e del prezzo di acquisto di essa; le seconde sulla base di un frazione del costo orario della mano
d’opera.
Bainer, Barger, Kepner ed altri consigliano infine di calcolare le spese di riparazione lubrificazione e
manutenzione in base ad un coefficiente (k) che rappresenta il costo delle riparazioni espresso in %
rispetto al prezzo di acquisto (A) della macchina ed in base alla sua utilizzazione annua espressa in ore
con la seguente espressione:
Qr = k x A / U x 100
Come si può rilevare dalla formula che precede, mentre la quota annua delle spese di cui si tratta risulta
costante, la quota oraria risulta, invece, inversamente proporzionale alle ore di utilizzazione della
macchina. Come è noto, in realtà è da supporre che solo una parte delle spese annue (come ad esempio
la revisione generale) risulti sostanzialmente costante, mentre la maggior parte di esse sia legata alle ore
di utilizzazione (cfr. Figura 234).

Figura 235 Costi di acquisto di macchine usate e spese annue di riparazione


lubrificazione e manutenzione
Pertanto, si ritiene opportuno considerare solo il 40% delle spese annue di riparazione lubrificazione e
manutenzione indipendenti dall’impiego della macchina, mentre, invece, il 60% di esse dipendenti dalla
effettiva utilizzazione in ore annue della macchina.

162
In definitiva, per la determinazione delle spese orarie, si dovrebbe più correttamente utilizzare una
formula che tenga conto, sia delle spese indipendenti dalla utilizzazione sia di quelle dipendenti e cioè:

Qr = 0,4 x k.A/Ux100 + 0,6 h.A/ 100


dove k può essere posto pari a 7,4 e la quota oraria h , espressa in percentuale, rispetto al prezzo di
acquisto 0,015.

Spese per il combustibile la mano d’opera e quelle generali

Le spese del combustibile vanno calcolate in base al prezzo unitario dello stesso, mentre per quanto
attiene alle spese della mano d’opera è necessario conoscere le specifiche attribuzioni degli addetti.
Le spese generali, infine, sono quelle per l’utilizzazione di una trattrice per il dislocamento della macchina
durante la lavorazione, di una seconda trattrice con rimorchio avente la funzione di assicurare con una
certa tempestività i rifornimenti; i suddetti costi sono quelli che normalmente avrebbero praticato le imprese
di noleggio, che specialmente in questi ultimi anni lavorano con margini di profitto tendenzialmente nulli.
A conclusione di questa breve analisi tecnico-economica sulla evoluzione e i relativi costi di gestione delle
macchine agricole ci sembra opportuno proporre le immagini della Figura 236, in cui si può costatare
come dal dopo guerra ad oggi, in poco più di 60 anni, si è passati da un motorizzazione agricola a
prevalente trazione animale alle moderne trattrici, tecnologicamente avanzate, con la possibilità di una
gestione praticamente autonoma, con l’utilizzo delle tecniche dell’agricoltura di precisione.

Figura 236 In poco più di 60 anni, si è passati da un motorizzazione agricola a prevalente


trazione animale alle moderne trattrici, tecnologicamente avanzate

Bibliografia

(1963) MANFREDI E. “Aspetti tecnico-economici dell’impiego di macchine operatrici agricole”, Rivista di


Agricoltura delle Venezie, n. 6 1963.

163
(1967) ZIHLMANN F. “Calcul du coùt revie des machines dans l’agriculture”, Rivista Le tracteur e la
machine agricole, . e n. 13-4-15 dell’anno 1961 e n. 11-15 del 1967.
(1967) DIPAOLA G. “Correlazione fra meccanizzazione, incremento delle produzioni e riduzione dei costi di
produzione in agricoltura nei Paesi in via di sviluppo”, Macchine Motori Agricoli, Edizioni
Edagricole, n. 11 1967.
(1972) DI COCCO E. “In tema di valutazione delle scorte fisse e di calcolo dell’ammortamento nel bilancio
dell’azienda agraria”, Edizioni Edagricole Rivista di Genio Rurale, Bologna, n.3, 1972.
(1972) AMIRANTE P. GRITTANI G., “Analisi tecnico-economica di una macchina di recente
introduzione”, Annali della Facoltà di Agraria, Volume XV Edizioni Laterza 1972, Bari pagg.461-
479.
(2013) BELLI P. “L’estimo rurale ambientale catastale” Edizioni Reda.
(2014) FABRIS O. “Fondamenti di estimo con elementi di legislazione “ Edizioni Reda.
(2015) AMICALE S. “Nuovo corso di economia ed estimo”, Edizioni Hoepli.

164
CAPITOLO XXVI

L’AGRICOLTURA DI PRECISIONE

26.1 Introduzione

L’agricoltura di precisione è una strategia di gestione aziendale che usa le tecnologie dell'informazione per
acquisire dati che portino a decisioni finalizzate alla produzione agricola. Lo scopo è quello di mettere in
sintonia la gestione del terreno e delle colture, con le specifiche esigenze di un campo eterogeneo, al fine
di migliorare la produzione, minimizzare i danni ambientali ed elevare gli standard qualitativi dei prodotti
agricoli.
Per Agricoltura di Precisione si considerano i principi ed i metodi di gestione agronomica basati
sull’osservazione e la risposta alle variazioni che esistono all’interno di aree coltivate (es. suolo, umidità,
sostanza organica, ecc...) e le azioni mirate all’ottimizzazione delle pratiche agronomiche di gestione ai fini
della sostenibilità avanzata (ambientale, climatica, produttiva, sociale ed economica).
Nella Figura 237 è riportato uno schema che del modo di gestire una azienda agricola con le tecnologie
rese disponibile con i metodi e i software dell’agricoltura di precisione

Figura 237 Schema di gestire di una azienda agricola con le tecnologie rese
disponibile con i metodi e i software dell’agricoltura di precisione

165
Il centro decisionale è affidato all’uomo che, con l’ausilio di un computer e del software predisposto per la
gestione della sua azienda agricola, con le tecniche dell’agricoltura di precisione organizza la gestione
delle singole pratiche agricole necessarie per le diverse operazioni colturali.
In via preliminare si precisa che sul computer è riportata una dettagliata planimetri dell’azienda (cfr. Figura
238).

Figura 238 Planimetria della azienda agricola prescelta per la gestione con
l’agricoltura di precisione
L’agricoltore, oltre ad avere una conoscenza adeguata delle pratiche agricole, necessarie per la sua
azienda agricola, deve conoscere gli strumenti digitali necessari per la gestione del software
dell’agricoltura di precisione.
Pochi imprenditori agricoli dispongono, però, delle competenze e delle risorse necessarie per gestire
cambiamenti tali problematiche.
Inoltre, i dispositivi high tech possono ammortizzarsi solo su ampie estensioni o monocolture, mentre
gravano pesantemente su piccoli coltivatori che lavorano in proprietà frammentate e colture di nicchia.
Il tema socialmente più critico rimane il binomio automazione-occupazione; infatti, come già la
meccanizzazione a inizio Novecento, anche l’automazione può contribuire a ridurre il numero di addetti nel
settore.
La vera sfida culturale è, quindi, che la formazione, la ricerca e la sperimentazione viaggino veloci quanto
la tecnologia e che, alla scomparsa progressiva di manodopera non qualificata, si affianchino opportunità
nuove per le figure professionali più creative.
Tuttavia i vantaggi della gestione con l’agricoltura di precisione sono notevoli, in quanto l’utilizzo di un
sistema di sensori offre l’opportunità di automatizzare la raccolta dei campioni sul suolo e sulle colture ad
un maggiore livello di conoscenze ed in particolare:
per il terreno

- il contenuto di sostanza organica del terreno con sensori ottici;


- il contenuto idrico del terreno con raggi IR o microonde;

- le proprietà fisiche del terreno con penetrometri e sensori ad induzione elettromagnetica.


per la pianta
- il livello nutritivo con sensori ad induzione elettromagnetica e le metodiche ’IR;

- lo stato della coltura, utilizzando radiometri, analizzatori d’immagine IR;


- l’investimento richiede, però, l’acquisto di sensori meccanici e fotoelettrici.

166
Si precisa che la fotografia in luce Infrarossa “IR” nasce per impieghi principalmente di ricerca e di
indagine scientifica, ma, sfruttando le singolari peculiarità di questa tecnica di ripresa, si possono ottenere
interessanti risultati creativi, sfruttando una classica fotocamera digitale.
Il sensore viene portato sul campo con un drone che rileva attraverso le immagini le informazioni
necessarie per la gestione della coltura; nella Figura 239 viene riportato un drone per il rilievo dei dati di
campo.

Figura 239 Drone utilizzabile per il rilievo dei dati di campo

L’agricoltura di precisione è sinonimo di avanzamento tecnologico e gestionale in un comparto per troppo


tempo concepito in modo arcaico e statico.
S precisa che i ricevitori GPS e sistemi di guida assistita su trattori, seminatrici o trebbiatrici, sono già usati
nelle monocolture intensive del Nord America e consentono di evitare sovrapposizioni di percorso
nell’aratura, semina o mietitura e di elaborare, in tempo reale, mappe delle rese e dell’umidità del suolo.
Si riducono, inoltre, i tempi di lavorazione, il consumo di carburante e lo stress dell’operatore.
In Giappone ed in California, nuovi apparati aeromobili, per la concimazione e per la disinfestazione,
consentono il rilascio variabile delle sostanze, in base alle alla fertilità del suolo o ai gradi di
contaminazione, limitando l’uso di agenti chimici.
A partire dal 2011, oltre il 30% delle attività di spraying (sistemi automatici di gestione) con diserbanti e
fertilizzanti sulle risaie giapponesi viene effettuato da piccoli serbatoi impiantati su aeromobili a pilotaggio
remoto (APR o “droni”) e nella Napa Valley, l’applicazione si estende ai vigneti, grazie ad un progetto di
collaborazione tra la Yamaha Motor Corporations e la University of California.
Con l’ausilio dei dati forniti dai sistemi di telerilevamento satellitare, dalle immagini di foto aeree e dalle
avanzate tecniche elettroniche di monitoraggio, si possono, così, automaticamente monitorare le colture e
le condizioni del suolo nello spazio e nel tempo.
Il controllo delle traiettorie e della posizione in campo della trattrice agricola, mediante sistema satellitare,
utilizzando i dati dei ricevitori GPS (posizione della macchina agricola, sua velocità, tempo ecc.) è ormai
generalmente acquisito nelle operazioni di campagna e per raccogliere i dati che saranno successivamente
impiegati nel centro aziendale per le ulteriori analisi.

167
26.2 Utilizzazione dell’agicoltura di precisore nella gestione delle trattrici e delle industrie agroalimentari

26.2.1 Sensori di prossimità


La trattrice è la macchina dove può essere più facilmente utilizzata, in modo generalizzato, l’agricoltura di
precisione.
Infatti, sulla trattrice possono essere i montati numerosi sensori, come ad esempio, celle di carico, sensori
NIR, sensori induttivi, ecc. (cfr. Figura 240).
I sensori di prossimità (più semplicemente indicati come sensori induttivi IR), si basano sul principio
della variazione di riluttanza che presenta un elettromagnete, quando nelle sue vicinanze si presenta un
oggetto realizzato in materiale ferromagnetico; la comparsa di materiale ferromagnetico all'interno del
campo magnetico fa sì che il campo stesso si chiuda meglio, con conseguente abbassamento della
riluttanza. I circuiti interni del sensore rilevano la variazione di riluttanza, e superata una certa soglia, fanno
commutare il segnale d'uscita.
Pertanto, questi sensori di prossimità, allo stato attuale, possono rilevare solo la presenza d'oggetti
realizzati in materiale ferromagnetico ed inoltre la loro portata nominale (cioè la distanza dall’oggitto da
rilevare) è piuttosto bassa, dell'ordine di qualche millimetro; tuttavia, questi sensori possono commutare il
loro stato a frequenze molto elevate, dell'ordine di migliaia di volte al secondo, rendendoli adatti a rilevare
oggetti in rapido movimento.

26.2.2 Sensori induttivi


Il sensore induttivo è costituito, invece, da un oscillatore LC, da un raddrizzatore e da una bobina che viene
alimentata con tensione sinusoidale ad alta frequenza di parecchi MHz.

Figura 240 Sensori montabili su una trattrice

Una delle possibili applicazioni è quella di essere montato sul trattore ed essere sensibilie ad urti o a
vibrazioni; essi sono montati con un involucro completamente resinato, dotato di connettori che hanno
una protezione specifica contro un eventuale svitamento; anche la struttura meccanica dei sistemi di
controllo e dei moduli è concepita in modo specifico per sollecitazioni continue dovute a urti e vibrazioni
(cfr. Figcura 241).

168
Figura 241 Sensore montate su trattrice per rilevare urti anomali contro ostacoli

26.2.3 Sensori capacitivi

I sensori capacitivi si basano sul principio della rilevazione della capacità elettrica di un condensatore: il
loro lato sensibile è costituito da un'armatura, mentre l'eventuale presenza nelle immediate vicinanze di un
oggetto conduttore, realizza l'altra armatura del condensatore.
Così la presenza di un oggetto crea una capacità che i circuiti interni rilevano, comandando la
commutazione del segnale d'uscita.
Rispetto ai sensori di prossimità induttivi, sono limitati nella velocità di commutazione (10-50 Hz), ma
presentano altri vantaggi:
- portate nominali più elevate (fino a 20 mm);
- possibilità di rilevare oggetti non ferromagnetici, purché almeno
parzialmente conduttivi;
- immunità a disturbi elettromagnetici.

Alcune soluzione sono state già utilizzate nel settore alimentare, come ad esempio i sensori di prossimità
per individuare oggetti estranei presenti sulle linee di imbottigliamento (cfr. Figura 242).

Figura 242 Sensori di prossimità impigate in via sperimentale in linne di imbottigliamento

169
26.2.4 Sensori di prossimità magnetici

I sensori di prossimità magnetici funzionano rilevando il campo magnetico generato da un magnete


permanente montato appositamente sull'oggetto da rilevare. Questi sensori si basano sul principio
dei contatti Reed o sull'effetto Hall.
I modelli realizzati con contatti Reed hanno una velocità di commutazione bassa (fino 50 Hz), ma i modelli
realizzati con sensori ad effetto Hall possono commutare a velocità elevate (anche migliaia di Hz).
Una particolarità di questi sensori è che le portate nominali dipendono dalla potenza del campo generato
dal magnete, più che dalle caratteristiche del sensore, e pertanto, usando un grosso magnete, possono
essere elevate (fino a 100 mm); di contro l'oggetto da rilevare deve essere predisposto montando un
opportuno magnete permanente.
Per ovvi motivi questi sensori, non possono essere utilizzati in prossimità di grosse fonti elettromagnetiche
(motori, teleruttori, linee d'alimentazione, ecc..), perché ne disturberebbero il funzionamento.

26.2.5 Sensori di prossimità ad ultrasuoni


I sensori di prossimità ad ultrasuoni funzionano sul principio del Sonar, cioè emettono impulsi sonori
ultrasonici e rilevano un'eventuale eco di ritorno generato dalla presenza di un oggetto all'interno della
portata nominale; vista la complessità costruttivo, questi sensori sono costosi, ma dispongono spesso di
funzioni evolute:
- settaggio della distanza di commutazione;
- uscita analogica per la trasduzione della distanza dell'oggetto rilevato;
- settaggio del campo sensibile;
- programmazione software dei settaggi dello strumento.
La velocità di commutazione di questi sensori di prossimità è bassa, ma in compenso presentano dei
significativi vantaggi:
- possono avere portate nominali molto elevate (fino a 10 m);
- sono immuni ai disturbi elettromagnetici;
- possono rilevare oggetti di qualsiasi materiale (eccetto materiali fonoassorbenti);
- possono rilevare oggetti senza che questi siano stati preventivamente preparati.
Una certa attenzione va però posta nella dimensione e nell'orientamento della superficie dell'oggetto che si
rivolge al sensore; infatti una superficie troppo piccola o orientata malamente (non ortogonale alla direzione
di lettura del sensore) può non assicurare la generazione di un'eco rilevabile.

26.2.6 Sensori di prossimità ottici


I sensori di prossimità ottici (chiamati anche fotoelettrici) si basano sulla rilevazione della riflessione di un
fascio luminoso da parte dell'oggetto rilevato. Normalmente viene usato un fascio di raggi infrarossi, in
quanto questa radiazione difficilmente si confonde con i disturbi generati da fonti luminose ambientali.

Oggi questi sensori sono relativamente economici e dispongono spesso di funzioni evolute come:

170
- settaggio della sensibilità di commutazione;
- settaggio della logica di uscita (PNP o NPN);
- settaggio di temporizzazioni sul segnale d'uscita.
Nella modalità d'uso più semplice, il fascio viene riflesso dalla superficie stessa dell'oggetto rilevato, per lo
stesso fenomeno per cui la luce visibile può essere riflessa e percepita dai nostri occhi. Il problema è che la
quantità di radiazione riflessa dipende dalla composizione e dall'orientamento della superficie; pertanto il
campo sensibile di questi sensori di prossimità dipende sostanzialmente dalla natura della superficie
dell'oggetto da rilevare: tipicamente da 10 a 100 cm. Montando un riflettore catadiotrico sull'oggetto da
rilevare, si possono ottenere portate nominali molto alte (fino a 50 m).
Va comunque posta attenzione al posizionamento di fonti di luce artificiale: la proiezione di una forte luce
su questi sensori ne può provocare l'accecamento.

26.3 Conclusioni
A conclusione di questa breve presentazione, è opportuno sottolineare che l’uso di droni è una delle
tecnologie più significative del nostro secolo: gli agro-droni e il dibattito sull’utilizzo dei droni in agricoltura è
quanto mai vivace ed in Italia è stato affrontato nella Roma Drone Conference (ottobre 2014 - gennaio
2015).
Tra gli interventi del convegno è stato presentato Agrodron, un quadricottero di 5,5 kg che, sorvolando le
coltivazioni, può trattare fino a 10 ettari di terreno in un’ora, per attività di rilevamento, spargimento di
concimi o fitofarmaci.
Inoltre si segnala che, secondo la Mit Technology Review (“10 Breakthrough Technologies”, MIT 2014 ), i
droni “contadini” si affiancano alle macchine agricole tradizionali e sono tra le dieci tecnologie applicate
emergenti che più avranno impatto sull’economia del futuro.
Inoltre, nelle Langhe piemontesi, avvalendosi di cofinanziamenti europei per lo sviluppo rurale, sono stati
avviati dal 2009 i progetti ViniVeri e SiGeVi per la gestione automatica del vigneto, promossi dalla Regione
Piemonte, con la partnership tecnologica di Istituti Universitari e di società ICT (le Imprese ICT sono
Società di Getione di Servizi Informatici molto attive nell’assumere giovani laureati).
Infine, sono state predisposte stazioni di rilevamento sul campo che trasmettono i dati raccolti dai sensori a
un centro di elaborazione dati ed i parametri rilevati possono guidare le decisioni di agronomi ed enologi,
attraverso piattaforme informatiche dotate di interfacce user-friendly o applicazioni per dispositivi mobili.

Figura 243 Droni utilizzati o utillizzabili in agricoltura per rilievi di superfici e per trattamenti antiparassitari

171
Si segnala, inoltre, che, per utilizzare tutte le informazioni raccolte sono oggi disponibili
aerofotogrammetrie, mappe in tre dimensioni, effettuate da satellite e immagini multispettrali ad alta
risoluzione verso le riprese dai droni, che restituiscono in tempo reale la topografia dei luoghi, la
composizione biochimica e fisica dei terreni, gli indici di vigore vegetativo e lo stress idrico delle
piantaggioni.

Bigliografia

(2010) BERTI A. SARTORI L. et altri “Potenzialità applicative dell’Agricoltura di Precisione” , Annali Facoltà
di Agraria di Padova, pagg.195-202
(2010) BERTOCCO M. “Agricoltura di precisione: Guida pratica all’introduzione in azienda”, Informatore
Agrario, anno 2010, pagg.1-96.
(2012) RANALLI P. SANSAVINI S. “Manuale di ortofrutticoltura. Innovazioni tecnologiche e prospettive di
mercato”, Edizioni Edagricole, anno XXIII, anno 2012, pagg. 1 - 667.
(2015) PISANTE M. “Agricoltura sostenibile. Principi, sistemi e tecnologie applicate all'agricoltura
produttiva per la salvaguardia dell'ambiente e la tutela climatica”, Edizioni Edagricole 2015.
(2015) AA.VV. “ Sistemi satellitari per l' agricoltura di precisione in zone collinari”, l’Informatore agrario
n.43, anno 2015, pagg. 1-48.
(2015) THE BOSTON CONSULTING GROUP, “Sempre più robotica e informatica in agricoltura”,
l’Informatore Agrario, n.27, anno 2015, pagg 1-14.
(2015) MARTINA M., “Un piano nazionale per l’agricoltura di precisione”, Mondo Agricolo, 1 luglio 2015.

172
CAPITOLO XXVII

MACCHINE ED IMPIANTI PER L’IRRIGAZIONE

27.1 Introduzione
L’acqua è un elemento fondamentale per l’agricoltura, sia per le piccole aziende agricole a conduzione
familiare, sia per le grandi aziende estensive.
La prima operazione dei sistemi irrigui è costituita dalla acquisizione dell’acqua che può avvenire o dai
consorzi di gestione delle risorse irrigue o dal prelievo in falda ove ne esiste la possibilità.
I consorzi di gestione delle risorse idriche sono addetti al reperimento delle risorse ed alla successiva
distribuzione con idonee reti irrigue.
La attrezzature necessarie sono costituite da:
- impianti di prelievo
- condotte e canali adduttori
- canali distributori
- laghetti o vasche di accumulo
- impianti di sollevamento e di distribuzione
- reti irrigue aziendali
- impianti di distribuzione aziendale ed i relativi componenti principali:
irrigatori, elettrovalvole e programmatori.

Poiché lo scopo del testo è quello di trattare le macchine e gli impianti utilizzati nelle aziende agricole ci
limiteremo, dopo una preliminare analisi di scelte delle macchine e degli impianti irrigui, alla trattazione
delle pompe e degli irrigatori

27.2 Fonti di approvvigionamento e relative scelte degli impianti


Le più comuni fonti di approvvigionamento possono essere:

- l’acquedotto
- i fiumi o i laghi
- i pozzi artesiani

Per valutare la convenienza ad utilizzare l’acqua dell’acquedotto occorrerà confrontare la portata


disponibile con il fabbisogno dell’impianto.
E’ inutile negare che negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo aumento dei costi dell’acqua
distribuita dagli acquedotti comunali, aumenti resi necessari dagli investimenti per modernizzare una rete
distributiva ormai obsoleta, ed è altrettanto inutile negare che tali aumenti continueranno a verificarsi per
adeguare il costo della distribuzione dell’acqua.
Le fonti di approvvigionamento più utilizzate sono i fiumi, i laghi ed pozzi artesiani.

173
27.2.1 Approvvigionamento idrico da fiumi
Il fiume è un corso d’acqua perenne (non va mai in secca) che scorre principalmente in superficie, ma che
può essere parzialmente sotterraneo; può essere alimentato dalle precipitazioni piovose, dallo scioglimento
di nevi o ghiacciai o dalle falde idriche sotterranee; in genere, il fiume è considerata una fonte ideale di
approvvigionamento, tuttavia tale approvvigionamento è limitato alle aree ove scorrono i fiumi ed in zone
limitrofe relativamente ristrette.
Le caratteristiche strutturali più importanti di un fiume che lo caratterizza sono:

- il profilo che per fenomeni di erosione, trasporto e


sedimentazione cambia nel tempo;
- la portata, ovvero il volume d’acqua che passa in una sezione
del fiume in un'unità di tempo;
- il regime, cioè l'insieme delle variazioni della portata durante un
periodo annuale;
- il coefficiente di deflusso, che è il rapporto fra il deflusso, ossia
il volume di acqua che esce attraverso una sezione nell'unità
di tempo, e l'afflusso meteorico, ossia le precipitazioni;
- la velocità.
I fiumi rappresentano una grossa riserva di acqua dolce utilizzata dall'uomo per l'irrigazione dei campi, ma
anche come fonte di acqua potabile ed in alcuni casi per produrre energia elettrica (cfr. Figura 244).

Figura 244 Fiume Adda

27.2.2 Approvvigionamento idrico da laghi


Un lago è una grande massa per lo più d'acqua dolce raccolta nelle cavità terrestri; i laghi di grosse
dimensioni sono alle volte chiamati "mari interni", mentre talvolta i piccoli mari sono chiamati i laghi che
raggiungono il loro equilibrio idrico attraverso l'alimentazione da parte di fiumi, sorgenti, ghiacciai e
precipitazioni, che influenzano questi la salinità e l’acidità dell'acqua.
Le proprietà termiche di un lago sono il fattore fisico più importante nel determinare il ciclo annuale e
giornaliero di un lago, queste influenzano le caratteristiche chimiche delle acque ed in ultima analisi
l'ecologia degli organismi costituenti l'ecosistema lacustre.
174
La principale fonte di calore di un lago è la radiazione solare che cede calore venendo assorbita dall'acqua,
essi raggiungono il loro equilibrio idrico attraverso l'alimentazione da parte di fiumi, sorgenti, ghiacciai e
precipitazioni, influendo questi sulla salinità e acidità dell'acqua, e il deflusso tramite fiumi (detti emissari) e
l'evaporazione, Essi rappresentano una grossa riserva di acqua dolce utilizzata dall'uomo per
l'irrigazione dei campi, come fonte di acqua potabile ed in alcuni casi anche per produrre energia elettrica.

Figura 245 Lago di Revine sito nelle pre-alpi trevigiane

27.2.3 Approvvigionamento idrico da pozzi artesiani

Un pozzo artesiano è un pozzo naturalmente effluente: le acque sotterranee arrivano in superficie


senza ausili meccanici, poiché esse tendono a risalire, zampillando, fino alla quota della linea
piezometrica (la quale sovente si trova sopra il piano di campagna).
Il termine "artesiano" deriva dal nome della regione francese di Artois, dove la presenza di argille consente
la formazione di acquiferi multistrato confinati; i cosiddetti bacini artesiani sono degli acquiferi
in pressione (grandi raccolte di acque sotterranee) in genere alimentati dall'infiltrazione delle
acque meteoriche nel sottosuolo.
I pozzi artesiani, che a seconda delle zone, possono avere anche profondità molto considerevoli, si
caratterizzano per: la profondità di scavo, il loro diametro, il livello statico dell’acqua e quello dinamico
dell’acqua.

Figura 246 Pozzo artesiana e rappresentazione della falda


freatica e di quella artesiana

175
Per quanto profondo possa essere lo scavo, l’acqua se dotata di sufficiente pressione può risalire anche a
quote molto prossime alla superficie, definendo quello che viene indicato come livello statico dell’acqua.
La pompa sommersa che vi verrà introdotta, quando entrerà in funzione, aspirerà l’acqua spostandone e si
istituirà un nuovo livello che viene definito come livello dinamico.
La differenza di quota tra il livello statico ed il livello dinamico è funzione della portata del pozzo e può
avere un andamento condizionato anche dalla stagionalità della falda.
E’ assai importante la conoscenza della quota del livello statico e del livello dinamico dell’acqua nel pozzo
ai fini del dimensionamento della pompa necessaria a garantire all’acqua la pressione utile all’impianto di
irrigazione.

27.4 Impianti per il sollevamento e la distribuzione dell’acqua


27.4.1 Le pompe
Le pompe sono macchine operatrici idrauliche che convertono l’energia meccanica fornita da un motore,
generalmente elettrico, in energia idraulica, utile al fluido per superare un determinato dislivello Hg, detto
dislivello geodetico, da un serbatoio di aspirazione alla pressione p a, ad un serbatoio di mandata alla
pressione pm; è ovvio che se i due serbatoi fossero vasche o bacini, le due pressioni p a e pm sarebbero fra
loro uguali e pari alla pressione atmosferica (cfr. Figura 247).
Una pompa in un circuito è quindi schematicamente costituita da un condotto, o tubo d'aspirazione, di
altezza Has, da un involucro o corpo che racchiude gli organi meccanici in movimento, collegati al motore e
da un tubo di mandata di altezza (Hm = Hg - Has).

Pm

Hg

Pompa
Has
Pa

Figura 247 Schema impianto di sollevamento d’acqua

Le pompe del tipo descritto sono dette aspiranti prementi; quelle nelle quali è nulla l'altezza di mandata
sono dette aspiranti; quelle nelle quali è nulla l'altezza di aspirazione H as (o negativa) sono dette prementi
sotto battente. Se la pompa è immersa nel serbatoio di aspirazione (Has strettamente negativa) la pompa si
dirà sommersa sotto battente.

176
In generale, le elettropompe si possono classificare in due tipi fondamentali:

- pompe volumetriche;
- turbopompe.

Le pompe volumetriche sono realizzate da organi meccanici che intrappolano il liquido in camere isolate
dal sistema (il cui volume complessivo V è noto con il nome di cilindrata), compiendo un ciclo di lavoro,
durante il quale il volume confinato in esse viene accompagnato dall’ambiente di aspirazione all’ambiente
di mandata. Le azioni che avvengono tra organi mobili della macchina ed il liquido sono azioni di tipo quasi
statiche, ovvero molto lente (cfr. Figura 248).

Figura 248 Pompe volumetriche: a stantuffo (A), ad ingranaggi (B), a palette (C)
Tra le pompe volumetriche più utilizzate sicuramente annoveriamo le seguenti:
- pompe a pistoni assiali, di comune utilizzo nelle trasmissioni idrostatiche
delle macchine da cantiere edile e agricolo (cfr. Figura 248 A);
- pompe a pistoni radiali, di utilizzo nei sistemi di alimentazione dei motori a
combustione interna ad elevatissime pressioni di iniezione (es. common
rail) e nelle applicazioni che necessitano pressioni superiori ai 500 bar;
- pompe ad ingranaggi, di utilizzo nei sistemi di lubrificazione forzata (cfr.
Figura 248 B);
- pompe a palette, anch’esse destinate ai sistemi di lubrificazione forzata
(cfr. Figura 248 C);
- pompe mono vite, dette anche pompe mono, utilizzate nelle industrie
alimentari per i fluidi ad elevata viscosità, quali impasti, paste frante,
fanghi, ecc. (cfr. Figura 248 D).

POMPA MONOVITE

Figura 248 D Pompe mono vite autoadescanti per fluidi sia puliti che sporchi, viscosi

177
Le turbopompe sono macchine a canali aperti nei quali il liquido scorre in regime permanente, senza
compiere in esse alcun ciclo. La velocità con cui avviene tale attraversamento è assai elevata tanto da
giustificarne il nome di turbomacchine.
Tra le turbopompe più utilizzate sicuramente annoveriamo le seguenti:
- pompe assiali;
- pompe centrifughe (o radiali) monostadio;
- pompe centrifughe (o radiali) pluristadio.
Le prevalenze che si possono ottenere con le prime due tipologie di pompe sono relativamente basse (15-
20 m), per prevalenze più elevate si rende necessario installare in serie due o più unità o utilizzare pompe
centrifughe pluristadio.
Le pompe centrifughe sono realizzate nelle seguenti versioni:
- ad asse verticale monoblocco con il motore elettrico adatto al
funzionamento sommerso(cfr. Figura 249 A) ;
- stagno alle infiltrazioni dell’acqua mediante apposite tenute
meccaniche (cfr. Figura 249 B);
- ad asse orizzontale con pompa esterna alla vasca o serbatoio
contenente il liquido e l’azionamento avviene con motore elettrico
orizzontale (cfr. Figura 249 C).

Figura 249 Pompa ad asse verticale sommersa (A), pompa stagno (B) e
pompa ad asse orizzontale esterna alla vasca (C)

I tipi caratterizzati da basse portate (fino a 600-800 l/min. e prevalenze di pochissimi metri) sono portatili;
gli altri modelli a maggiore pressione di esercizio fanno parte di installazioni fisse: in questo secondo caso,
le pompe vengono installate in apposite camerette dimensionate in modo da evitare sia un periodo di
ritenzione troppo lungo (cameretta sovradimensionata) sia un numero di avviamenti/ora superiore a 10
(cameretta sottodimensionata). Il funzionamento della elettropompa installata nella cameretta è comandata
da appositi interruttori.
Per il sollevamento, il trasferimento e l’alimentazione delle acque alle utenze o ai serbatoi di accumulo, la
pompa, nel caso più generale, solleva una data portata Q di acqua dal livello di un canale o condotto più
basso, ad un livello di un canale o condotto più alto (cfr. Figura 247). La differenza dei due livelli, chiamata
prevalenza Hg, viene suddivisa in due parti: altezza d'aspirazione H as, dal canale inferiore alla pompa,
altezza di mandata o mandata, dalla pompa al canale superiore Ham.

178
La prima (Has) non può teoricamente superare i 10 m (corrispondenti a circa 1 bar) e in pratica non
raggiunge gli 8 m, poiché oltre tali altezze, la pressione alla bocca di aspirazione della pompa stessa
diviene troppo bassa ed inferiore alla tensione di vapore del liquido. Tale effetto, sicuramente indesiderato,
indurrebbe la formazione di bolle di vapore nel liquido, tanto da innescare contraccolpi sicuramente
dannosi per la macchina.
Il fenomeno è noto con il nome di cavitazione; è cura del costruttore della pompa indicare la massima
altezza Has di installazione della stessa, affinché non si inneschi il fenomeno della cavitazione.
I principali parametri caratteristici delle elettropompe sono:
3
- portata Q (m /s)
- prevalenza H (m di colonna d’acqua)
- potenza del motore P (kW)
- numero di giri nell’unità di tempo n (giri/min.)
- rendimento η
La prevalenza richiesta ad una pompa (H) da installare su un circuito idraulico è data dalla somma delle
seguenti componenti:
- prevalenza geodetica Hg
- pressione manometrica (data dalla
differenza tra le pressioni regnati nel
serbatoio di monte e nel serbatoio di valle) Δp = pm-pa
- perdite di carico continue e localizzate
lungo il circuito Y
e quindi sarà:
H = Hg + Δp/( g) + Y

La formula soprascritta, nella quale g è l’accelerazione di gravità e  la densità del fluido in esame,
consente di tracciare la curva caratteristica del circuito idraulico.
L’azionamento delle pompe avviene mediante motori elettrici o termici, collegati alla pompa con giunti
elastici o variatori di velocità.
Nella maggior parte dei casi si ricorre all’azionamento elettrico con motori asincroni trifase ed il numero di
giri al primo della girante della pompa dipende dal numero di poli e dalla frequenza della corrente di
alimentazione secondo la seguente espressione:
f(1 − s)
n=
p
dove:
n = velocità di rotazione in (giri/s);
p= numero di coppie di poli del motore
elettrico (di solito si 2 - 4 - 6 poli) n
f= frequenza della rete elettrica in genere 50 Hz;
s= scorrimento passando dai motori di
minor potenza a quelli di potenza più
elevata (3 – 5; 90 – 110 kW). pari a 0.04-0.02

179
3
Per cui, note la portata Q (m /s) e la prevalenza H (m) è possibile determinare la potenza assorbita P (in
W) dal motore della pompa con la seguente formula:

ρgQH
P=
η
dove :
=
3
densità dell’acqua in kg/m
η= rendimento totale della pompa
2
g= accelerazione di gravità m/s .

Pertanto, la potenza di una pompa è proporzionale al prodotto della portata effettiva, ossia corrispondente
alla massa d'acqua che supera realmente la prevalenza, per la prevalenza.
Il rendimento totale di una pompa, usualmente fornito dal costruttore, è il prodotto del rendimento
meccanico del motore e della pompa ηm , per il rendimento idraulico della pompa ηy , per il rendimento
volumetrico della pompa ηv (determinato dalle perdite d'acqua che si verificano nei vari organi di tenuta) e
quindi sarà:.

η = ηm ηy ηv

Le pompe centrifughe forniscono, a parità di velocità, tipo costruttivo (profilo delle pale), numero e diametri
delle giranti, una portata variabile con la prevalenza secondo una legge sperimentale rappresentata
graficamente dal costruttore e nota con il nome di curva caratteristica della pompa (cfr. Figura 250).

Figura 250 Curve caratteristiche e punto di funzionamento del


sistema pompa centrifuga/circuito

Le perdite di carico per l’attrito nella tubazione (Y) sono funzione dello sviluppo totale della lunghezza (L)
della tubazione considerata, pari a:
Y=J.L
dove J rappresenta la perdita per unità di lunghezza della tubazione ed è funzione della portata erogata e
del tipo di materiale utilizzato per la tubazione.

180
L'espressione più generale che lega la perdita di carico J per unità di lunghezza L della condotta di un
fluido incomprimibile in moto permanente è quella di Darcy-Weisbach:

λv 2
J=
2gD

Avendo indicato con D diametro della condotta, la velocità media della corrente sarà pari a:
4Q
v=
πD2
dove
g è l'accelerazione di gravità
 è un coefficiente adimensionale di resistenza funzione,
in generale, della scabrezza relativa del tubo e del
numero di Reynolds:

Re =  v D/µ
con
 = densità del liquido
µ = viscosità dinamica dello stesso liquido.

Per il calcolo di  si può utilizzare la formula di Colebrook-White:

1 2.51 ε⁄
= −2 ∙ log ( + D)
√λ Re√λ 3.71

La formula normalmente viene utilizzata con il grafico del diagramma logaritmico noto come abaco di
Moody, rappresentata tramite un fascio di curve caratterizzate da scabrezze relative /D = cost.
Le scabrezze sono fornite da numerosi autori sulla base di esperienze e sono riportate in apposite tabelle.
L’equazione di Colebrook viene, ad oggi, calcolata agevolmente con metodi numerici.
Da quanto esposto, se pm = pa, è evidente che l’espressione delle perdite rappresentative del circuito
idraulico possono essere rappresentate dalla seguente formula:

2
H = Hg + Y = Hg + kQ

nota come curva caratteristica esterna dell’impianto.


Le perdite di carico concentrate, curve, raccordi ecc., sono usualmente computati come lunghezze
equivalenti da sommare ad L, lunghezza geometrica.
Plottando su un piano H-Q (cfr. Figura 250 )sia la curva caratteristica della pompa centrifuga sia la curva
caratteristica esterna della prevalenza sommata alle perdite di carico,si ottiene dalla loro intersezione il
punto di funzionamento del sistema pompa centrifuga/circuito funzionale, definito da una coppia univoca di

181
valori della ascissa Qfunz. e della ordinata Hfunz,.; è evidente che la portata erogata dalla turbopompa
Qfunz non è sempre la medesima, ma è funzione del punto di funzionamento, ovvero dipende dal circuito in
cui essa è inserita.
Per quanto attiene le pompe volumetriche, la porta erogata, per contro, è pressoché indipendente dal
circuito nella quale esse sono inserite e quindi dalle pressioni.
Il valore di portata erogato dalle pompe volumetriche viene espressa dalla seguente formula:

Q = ηv V n

dove n è la velocità angolare di rotazione del motore di comando, V è il valore della cilindrata, ηv è il
rendimento volumetrico (sempre minore di 1) che dipende dalle fughe di liquido dalle imperfezioni delle
tenute.

27.4.2 Gli irrigatori


La scelta degli irrigatori è strettamente legata alla rete di distribuzione irrigua che viene fornita dal
progettista dell’impianto di irrigazione aziendale.
Nella Figura 251 è riportato uno scema funzionale di una rete irrigua di un vigneto; il tracciato di massima
della rete ricopre una superficie rettangolare di 276 m x 323 m, in relazione della quale sarà definita la
posizione degli irrigatori e quindi la gittata del getto e la relativa portata in relazione delle esigenze irrigue.

Figura 251 Tracciato della rete irrigua in base alla quale e alle relative portate
richieste saranno scelti gli irrigatori

182
Gli irrigatori sono gli ultimi componenti del sistema di distribuzione dell’acqua, ma sono gli apparati dai
quali partire nella fase progettuale, per la definizione di tutto l’apparato di erogazione.
I parametri fondamentali da analizzale per eseguire la scelta di un irrigatore sono:
- la pressione di esercizio;
- la portata di lavoro;
- il raggio di lavoro;
- la traiettoria del getto;

Una prima classificazione degli irrigatori può essere la seguente:


- irrigatori fuori terra
- irrigatori a scomparsa o pop-up
Gli Irrigatori fuori terra sono utilizzati prevalentemente in agricoltura o in situazioni particolari nelle quali è
necessaria un’altezza di sollevamento della testina non ottenibile con i modelli a scomparsa ed in ogni
caso quando il risultato da ottenere prescinde da considerazioni estetiche; normalmente l’irrigatore viene
installato su un’asta rigida, in genere in metallo, opportunamente fissata al terreno in modo da non
danneggiarsi per le vibrazioni di esercizio (cfr. Figura 252).

Figura 252 Varie tipologie di irrigatori fuori terra utilizzati in agricoltura ed in prati

Gli irrigatori a scomparsa sono impiegati nella realizzazione di impianti per il giardinaggio o per il verde
sportivo, pertanto sono in genere poco utilizzati in agricoltura, ad eccezione che per irrigare i prati disposti
intorno alle case rurali.

Figura 253 Vista e sezione di un impianto di irrigazione a scomparsa

183
Una seconda classificazione degli irrigatori può essere eseguita in funzione delle loro caratteristiche
funzionali in:
- irrigatori statici
- irrigatori dinamici

Si definiscono irrigatori statici quei corpi irriganti che coprono contemporaneamente l’angolo previsto di
lavoro durante il tempo di funzionamento.
Dal punto di vista strutturale si tratta di sistemi nei quali è la testina che regola sia la quantità di acqua che
l’ampiezza dell’angolo; i suddetti irrigatori presentano i seguenti vantaggi:

- massima affidabilità anche con acqua non perfettamente pulita


- assenza di manutenzione
- ampia gamma, precisione ed affidabilità totale delle testine.

Si definiscono irrigatori dinamici quei corpi irriganti il cui funzionamento è legato al movimento del getto
d’acqua che, in certo periodo di tempo, copre l’angolo di lavoro impostato; dal punto di vista funzionale i
vantaggi conseguibili con tali irrigatori sono:

- vasta gamma dei modelli disponibili;


- vasta gamma di boccagli per ciascun modello
- bassa pluviometria
- basso costo dell’impianto per unità di superficie
- getto più potente e dunque meno sensibile all’effetto del vento
- maggiore robustezza del corpo.

Per contro gli svantaggi possono essere:

- alte pressioni di esercizio


- tempi più lunghi di irrigazione
- costi unitari più alti.

In relazione al meccanismo di movimentazione del getto gli irrigatori dinamici


possono essere ancora divisi in due categorie:
- a martelletto o massa battente
- a turbina

27.4.3 Centralina automatica di controllo dell’impianto irriguo


Le moderne tecnologie consentono di attrezzare l’impianto irriguo con una centralina che può
automaticamente provvedere alla programmazione del funzionamento dell’impianto ivi compresi gli
interventi di soccorso per il ripristino della corrente per eseguire irrigazioni di soccorso secondo un
programma con tempi standard di intervento.
184
Le caratteristiche fondamentali di un programmatore possono prevedere interventi con due diverse
tipologie di intervento e cioè con:
- programmatori elettromeccanici
- programmatori elettronici
I programmatori elettromeccanici sono un sistema di intervento che viene eseguito con una scheda
elettronica, ma attraverso una serie di motorini elettrici ai quali i comandi vengono impartiti da ingranaggi
provvisti di cavallotti.
Il sistema, per quanto antiquato, gode ancora di grande diffusione poiché risulta il più stabile in zone
soggette a sbalzi di tensione o colpite frequentemente da temporali e fulmini, che possono danneggiare la
scheda elettronica di centraline più moderne.
I programmatori elettromeccanici non hanno, ovviamente, memoria tampone né altri dispositivi elettronici di
programmazione.
I programmatori elettronici diffusi già da moltissimi anni hanno risentito degli sviluppi del settore
informatico: sempre più sofisticati ed economici e possono presentare caratteristiche così diverse tra loro
da richiedere un’attenta analisi prima della scelta.
Normalmente consentono di comandare fino a 24 elettrovalvole con 3 programmi distinti e fino ad 8
partenze giornaliere.

Bibliografia

(1971) AMIRANTE P., PASQUALONE S. B., “Macchine impianti e attrezzature per l’irrigazione”, Istituto di
Tecnica e Propaganda Agraria, agosto 1971,pagg. 49-63.
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introduzione”, Annali della Facoltà di Agraria, Volume XV Edizioni Laterza 1972, Bari pagg.461-
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(2003) PECCHIOLLI S., “Gestione del verde urbano e del paesaggio. La progettazione di un impianto di
irrigazione”, Appunti del Corso di laurea di I Livello, Università di Pisa, 2003
(2007) CAPRA A., SCICOLONE B., “Progettazione e gestione degli impianti di irrigazione. Criteri di
impiego e valorizzazione delle acque per uso irriguo”. Edizioni Edagricole, Il Sole 24 ORE,
Bologna, pp. 297.

185
CAPITOLO XXVIII

MACCHINE ED IMPIANTI PER LA MUNGITURA MECCANICA

28.1 Introduzione

La mungitura è la pratica per prelevare da un animale ( ad esempio le vacche, le capre, le pecore, ecc.), il
latte utile non solo per essere bevuto tal quale, dopo le operazioni di pulizia e di risanamento, ma anche
per la fabbricazione dei formaggi.
La mungitura a mano viene realizzata abbracciando la mammella con le dita della mano dell’uomo ed
effettuando gradatamente dall'alto verso il basso, una pressione regolare, al fine di convogliare il latte
verso i capezzoli e poi con un'ultima pressione del pollice e dell'indice, determinare l’uscita del latte
indirizzandolo in un contenitore.
La mungitura meccanica viene, invece, eseguita applicando ai capezzoli degli aspiratori costituiti da
attrezzi detti prendi capezzoli per l'estrazione del latte, sfruttando il principio del vuoto d'aria.
Gli aspiratori, applicati sui capezzoli e collegati ad una macchina denominata mungitrice meccanica,
estraggono il latte alternando il vuoto alla normale pressione dell'aria, raccogliendo così il latte in un
recipiente di acciaio, senza danneggiare le mammelle.
La mungitura meccanica avviene applicando alternativamente ai capezzoli delle mammelle dei bicchierini
denominati prendi capezzolo, creando un parziale grado di vuoto d'aria e poi un successivo ripristino della
pressione normale.
Il prendi capezzolo è costituito da un bicchiere in acciaio con una guaina interna di gomma, detta
camera di pulsazione, collegata tramite un sistema di tubi in gomma ad una pompa del vuoto, che
agisce ad impulsi e con la chiusura e l’apertura della guaina alterna la fase di estrazione del latte
ad una fase di massaggio del capezzolo.
Il latte estratto, sotto parziale grado di vuoto, attraverso dei tubi in gomma, viene convogliato in un
recipiente denominato collettore, da dove viene poi trasferito nel recipiente di raccolta, dove è
riportato alla pressione atmosferica applicati sui capezzoli (cfr. Figura 254).

A B C

Figura 254 Mungitura meccanica di vacche (A-B) e capra (C)

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La mungitura deve essere un’operazione veloce e deve creare uno svuotamento completo della mammella
nell’arco di pochi minuti, in quanto se rimanesse del latte all’interno della stessa, fermenterebbe e con la
proliferazione dei batteri potrebbe creare la mastite della mammella.
La mungitura ha una diversa durata per ogni specie; infatti per la vacca può durare all’incirca 7-8 minuti e
per la pecora e la capra arriva a 3 minuti. Prima della mungitura, la mammella viene massaggiata con
acqua tiepida, che ha anche la funzione di lavaggio della mammella.

28.2 Mungitura delle vacche

La mungitura meccanica va organizzata nell’ambito di una struttura in cui la organizzazione delle varie fasi
operative, la pulizia dei locali e la mobilità dei soggetti, deve essere strutturata in modo da non alterare la
produttività delle vacche.
Il locale adibita alla mungitura è costituito da: corridoi di convogliamento degli animali, sala di attesa,
vasche di pediluvio, sala di mungitura e corridoi di rientro nelle stalle.
Il fabbricato va progettato evitando percorsi lunghi e tortuosi, zone di passaggio strette, pavimentazioni
sporche, ostacoli o gradini, sia in ingresso che in uscita, ed infine un corretto dimensionamento delle poste
di mungitura.
La sala di mungitura deve essere realizzata per consentire una gestione igienicamente corretta con una
buona ventilazione ed una adeguata illuminazione, per agevolare il lavoro del mungitore, ma anche per
effettuare una corretta manutenzione dell'intero impianto.
Nella scelta dell’impianto non va trascurata la fase iniziale e preparatoria della mungitura, costituita dalle
operazioni di preparazione della mammella alla mungitura con la raccolta a parte in un contenitore di una
piccola quantità di latte per controllarne la sua qualità.
La sala di mungitura può essere realizzata in un gruppo (cfr. Figura 255 A) o due gruppi paralleli (cfr.
Figura B-D) o a giostra (cfr. Figura 255 C-E).
2
La struttura a due gruppi paralleli (cfr. Figura 255 B) può avere una dimensione di 11 m x 17 = 187 m
circa, con un corridoio centrale di larghezza di circa 2 metri in posizione sottoposta per facilitare il lavoro
dei mungitori (cfr. Figura 255 B - D).

Figura 255 A Sala di mungitura ad un gruppo con poste affiancate

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B C

D E

Figura 255 Sala di mungitura a due gruppi paralleli (B - D) ed a giostra (C - E)

In alternativa alla sala di mungitura a gruppi paralleli può essere utilizzata una sala di mungitura a giostra.
La sala di mungitura a giostra è un sistema ben collaudato ed utilizzabile per allevamenti con un numero di
capi elevato (cfr. Figure 255-256).
Le sale a giostra consentono di effettuate la mungitura di un elevato numero orario di capi ed è in genere
gradito dalle vacche che si abituano in fretta a questo sistema di mungitura.
Gli operatori di una sala di mungitura a giostra sono posizionati in un unico posto pur svolgendo diverse
mansioni. I suddetti operatori lasciano le loro postazioni solo per portare assistenza ad una vacca o ad una
macchina che presenza un problema tecnico.
Il flusso continuo degli animali rende possibile un lavoro senza interruzioni, perché l'operatore non si deve
occupare della movimentazione degli animali e può concentrarsi totalmente sulle attività essenziali della
mungitura.
La sala di mungitura a giostra fornisce ottime condizioni di lavoro per l'operatore, un ambiente sicuro ed
una operatività continua. L'ingresso alla piattaforma, la routine di pre-mungitura, l'attacco dell'unità di
mungitura e l'uscita dalla giostra avvengono sempre in condizioni ottimali.

Figura 156 Sala di mungitura a giostra nella operazione di mungitura

188
Per piccole stalle viene più frequentemente utilizzato un carrello mungitore mobile che può essere guidato
attraverso due stegole dall’operaio addetto alla mungitura che lo trasporta all’interno della stalla in
prossimità di ciascuna posta (cfr. Figura 257)

Figura 257 Carrello di mungitura che può operare in prossimità della posta

L’apparato di mungitura meccanica è costituito dai seguenti organi funzionali (cfr. Figura 258 A):
- una pompa a vuoto con una annessa camera del vuoto (1),
- una valvola di regolazione del vuoto (2);
- un manometro per la misura della pressione (3);
- un pulsatore (4);
- un tubo di collegamento ai pulsatori (5);
- intercettatore sanitario (6);
- vaso terminale di raccolta del latte (7);
- tubo di trasferimento del latte al lattometro (8);
- lattometro (9);
- tubo connessione prendi capezzoli-lattometro (10);
- gruppo prendi capezzoli (11);
- pompa di estrazione del latte (12);
- tubo di trasferimento del latte al serbatoio refrigerato (13).

Figura 258 Organi funzionali del gruppo di mungitura meccanica

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L’operazione di mungitura può essere controllata attraverso l’analisi del ciclo di pulsazione (cfr.
Figura 258 B) che è diviso nelle seguenti fasi:
- fase iniziale di mungitura in cui viene fissato l’opportuno grado si vuoto (a);
- fase di mungitura con l’estrazione del latte (b)
- fase di massaggio con decremento del vuoto (c-d)
- ripristino della pressione atmosferica (cfr. Figura 258 B).

Figura 258 B Ciclo pulsante con l diverse fasi di mungitura con il movimento della guaina

Ultimata l’operazione di mungitura, l’operaio procede al distacco del prendi capezzoli e al ripristino delle
condizioni iniziali con l’operazione di finissaggio premendo sul collettore al fine di controllare la completa
esecuzione della mungitura.

Figura 259 Planimetria di una stalla con inserimento della sala di mungitura in posizione
pressoché baricentrica

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La sala di mungitura è, in genere, posizionata in zona pressoché baricentrica della stalla (cfr. Figura 259),
in modo da razionalizzare il movimento delle vacche ed inoltre devono essere accuratamente controllate
le condizioni ambientali, in particolare la temperatura e la movimentazione dell’aria d’ambiente, che sono i
fattori che influenzano maggiormente il benessere delle bovine e quindi la produzione di latte

28.3 Mungitura degli ovini e dei caprini

L’allevamento degli ovini da latte desta un certo interesse in considerazione dell’aumentata richiesta di
prodotti lattiero caseari da parte del mercato nazionale ed internazionale.
In Sardegna, area importante per l’allevamento della pecora sarda, esistono numerosi allevamenti di
medie e grandi dimensioni che trasformano il latte in prodotto o lo consegnano a caseifici industriali.
Anche nel resto dell’Italia ad eccezione dell’arco alpino, l’allevamento ovino è diffuso su tutto il territorio
nazionale.
La tipologia d’allevamento è principalmente estensivo o semi estensivo, con sfruttamento costante del
pascolo, utilizzando per l’alimentazione una integrazione di concentrati durante la mungitura, per conferire
apporti nutrizionali tali da sostenere le produzioni lattifere.
La mungitura degli ovini viene eseguita manualmente in campo (cfr. Figura 260 A) o in apposita area
predisposta (cfr. Figura 260 B) o altrimenti con il supporto dell’impianto di mungitura montato su carro,
dotato di generatore (cfr. Figure 260 C-D), e quindi con possibilità di seguire il gregge durante i suoi
spostamenti.

A B C D

Figura 260 Impianti di mungitura fissi ubicati nel centro aziendale (A-B) o mobili montati su carri (C-D)

Le razze allevate variano a seconda della zona: esistono razze selezionate che sono tipiche del territorio e
poco o nulla diffuse al di fuori di questo, mentre altre, come la pecora sarda, hanno avuto espansione al di
fuori della regione di provenienza, vuoi per la facile capacità d’adattamento al territorio e soprattutto per
l’attitudine alla produzione di latte.
Mungendo manualmente, un singolo operatore riesce a mungere anche più di 100 capi per ora di lavoro,
deve tuttavia prestare attenzione al luogo di mungitura che dovrebbe essere un’area sempre pulita, come
pure i secchi e le attrezzature di raccolta del latte devono essere gestiti in ottime condizioni igieniche.
La mancanza di queste premesse porta ad ottenere un latte sporco ed inquinato da batteri, quindi meno
propenso alla caseificazione in quanto può subire processi di alterazione.
Per ovviare a tali problemi sono sorti impianti tecnologicamente molto avanzati ubicati sia a punto fisso
nel centro aziendale (cfr. Figura 261 A-B-C) sia punto mobile montati su carri (cfr. Figura 261 D-E-F).
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A B C

D E F

Figura 261 Impianti di mungitura tecnologicamente avanzati ubicati a punto fisso nel centro aziendale
(A-B-C) o montati su carri per essere montati fissati in zone diverse dell’azienda (D-E-F)

L’impianto del tipo a fossa a linea alta, dotato di 48 poste (24+24) e 2 gruppi di mungitura (cfr. Figura 261
A) è dimensionato con parametri tecnici di funzionamento della macchina che lavorano con un grado di
vuoto di 42 kPa e una frequenza di pulsazione di 180 pulsazioni/minuto.
Lo schema funzionale dell’impianto di mungitura degli ovini, utilizzabile anche per caprini, è dotato di
apparati tecnici simili a quelli già descritti per i bovini , apparati per i quali le ditte costruttici prevedono il
funzionamento nel rispetto delle norme UNI I 1008 del 2002 conformemente allo schema riportato nella
Figura 262.

Figura 262 Schema funzionale dell’impianto di mungitura degli ovini conforme alle
norme UNI I 1008 del 2002

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Le principali innovazioni tecnologiche sono rappresentate da un sistema di cattura degli animali di tipo
automatico e sequenziale (cfr. Figura 263 A) e da un dispositivo di distacco automatico dei gruppi prendi
capezzoli regolato a tempo (cfr. Figura 263 B).

A B

Figura 263 Dispositivi di cattura automatica degli animali e di


distacco automatico del gruppo porta capelli

Il dispositivo di distacco automatico dei gruppo prendi capezzoli è fornito di su un sistema di controllo che
prevede l’interruzione del vuoto, il conseguente distacco del gruppo allo scadere del tempo di mungitura
preventivamente programmato e il trasferimento dei gruppo prendi capezzoli sul lato opposto della fossa.
La programmazione dell’impianto è regolata da un quadro generale di comandi per la scelta della modalità
di funzionamento (automatico o manuale) e la selezione del programma operativo (cfr. Figura 264).

Figura 264 Centralina elettronica di controllo del


funzionamento automatico dell’impianto

Ciascun programma è definito da un tempo di mungitura e da un tempo supplementare. Il primo


rappresenta il tempo di mungitura del singolo capo, mentre il secondo si riferisce alla durata della
mungitura supplementare che viene praticata in caso di necessità.
Il sistema di cattura degli animali è costituito da una rastrelliera a 24 poste con mangiatoie singole, un
cancello automatico per l’ingresso degli animali, un distributore automatico dei concentrati (adatto anche
per somministrazioni individuali) scorrevole lungo una rotaia situata al di sopra della rastrelliera ed attivato

193
da un dispositivo fotoelettrico. Al momento d’ingresso degli animali, il distributore si colloca in
corrispondenza della posta più lontana al punto di entrata della corsia.
La cattura della prima pecora della fila provoca lo scorrimento a ritroso del blocco distributore-pannello che
libera la posta adiacente nella quale si va a sistemare la pecora successiva.
In tale maniera si innesca un meccanismo di accesso sequenziale alle catture che termina con l’ingresso
della ventiquattresima pecora. Dopo la mungitura, un sensore misura la produzione del latte per singolo
capo e per tutto il gruppo di capi munti; i dati di mungitura vengono quindi registrati su un gruppo di misura
della produzione, i cui valori sono visibili su un quadro di controllo (cfr. Figura 265).

Figura 265 Quadro di controllo della centralina di misura della produzione di latte

Un dispositivo, azionato da un telecomando, consente la liberazione dalle catture, l’apertura automatica


del cancelletto di uscita e lo scorrimento in avanti del blocco distributore-pannello che, per mezzo del
dispositivo fotoelettrico, si muove in sincronia con la posizione dell’ultima pecora munta.
Infine, l’impianto è dotato di un dispositivo di sicurezza che permette l’arresto istantaneo del sistema di
alimentazione e cattura.
In caso di pericolo l’operatore può bloccare le parti in movimento tirando verso di sé un cavo d’acciaio che
corre lateralmente alla corsia d’ingresso in corrispondenza del bordo della fossa.

Bibliografia
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