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Ricerca SCRITTA sul fascismo (anni '20-'30) in rapporto alla sua relazione con la

Chiesa Cattolica di Roma e in particolar modo con papa PIO XI (Achille Ratti)
iniziando da pag. 315 del libro La Chiesa e il fascismo (correzione con voto e ricerca
che potrai portare agli esami per Religione e Storia).

I rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa sono stati conflittuali fin dal 1870, quando i bersaglieri
conquistano Roma, di lì a poco capitale del nuovo Regno d’Italia.
L’11 febbraio 1929 la controversia (che prende il nome di “questione romana”) viene risolta con la
firma, da parte della Santa Sede e del governo fascista di Benito Mussolini, dei Patti Lateranensi: la
Santa Sede riconosce lo Stato Italiano, in cambio del riconoscimento della sovranità sulla Città del
Vaticano e di un’indennità in denaro. Con questo accordo, inoltre, il cattolicesimo torna a essere la
religione dello Stato Italiano.
Alla Chiesa cattolica vengono inoltre riconosciute alcune importanti prerogative. Tra le principali, il
diritto di celebrare matrimoni validi anche per lo Stato e l’insegnamento della religione cattolica
come “fondamento e coronamento dell’istruzione”.

Complesso fu il rapporto della Chiesa cattolica con il fascismo italiano. Ai suoi inizi, il movimento di
Mussolini era apertamente anticlericale e ostile alla Chiesa. Inoltre, negli anni 1921-1922, lo
squadrismo fascista colpì con la sua violenza brutale le organizzazioni cattoliche. Nel 1923 venne
assassinato a bastonate persino un sacerdote, don Giovanni Minzoni.
Il primo giudizio della Chiesa sul fascismo fu, dunque, estremamente duro: «Il fascismo - scrisse la
"Civiltà cattolica" nel 1922 - ha lo spirito di violenza del socialismo, a cui pretende di rimediare,
imitandone non solo, ma superandone ben anche le prepotenze, le uccisioni, le barbarie».

La valutazione iniziò a modificarsi dopo che il fascismo andò al potere, Mussolini si rese conto di
quinto fosse essenziale, per consolidare il proprio potere, l'appoggio dei cattolici. Pertanto, con
grande soddisfazione della Santa Sede, nel 1923 ordinò di reintrodurre i crocefissi negli ospedali
(da dove, invece, il laico stato liberale li aveva rimossi) e stanziò tre milioni di lire per il restauro e
la ricostruzione delle chiese danneggiate durante la guerra. In tal modo, andò costruendosi un
clima di reciproca fiducia, che sfociò nella firma degli accordi del Laterano dell'11 febbraio 1929.
Che erano quindi dei patti assunti dal fascismo per guadagnarsi la simpatia e l’appoggio della
Chiesa cattolica.

Il Regno d'Italia riconosceva Santa Sede «la piena proprietà e la esclusiva ed assoluta potestà e
giurisdizione sovrana sul -Vaticano». In tal modo, dopo quasi sessant'anni, rinasceva uno Stato
della Chiesa (la Città del Vaticano), dotato di piena e completa sovranità sul proprio territorio: la
«questione romana», apertasi nel 1870, trovava così la sua definitiva e formale chiusura.

L'Italia si impegnò a versare alla Santa Sede una cospicua somma (750 milioni di lire in contanti,
più una rendita perpetua di 50 milioni annui da interessi su un miliardo in titoli di stato) in qualità
di indennizzo per la perdita dei proventi dell'antico Stato della Chiesa, subita dal papato nel 1870.

Lo stato cessava di essere neutrale in campo religioso, e accettava di privilegiare una confessione
sopra tutte le altre. Alla Chiesa cattolica fu concesso che la sua dottrina religiosa fosse oggetto di
insegnamento in tutte le scuole di ogni ordine e grado; «l'insegnamento della dottrina cristiana
secondo la forma ricevuta nella tradizione cattolica» veniva considerato dall'Italia a fondamento e
coronamento dell'istruzione pubblica». Analogamente, alla Chiesa venne concesso che il
matrimonio celebrato secondo il rito cattolico avesse piena validità civile e che ai sacerdoti
scomunicati fosse impedito di esercitare attività di insegnamento nelle scuole e nelle università
dello stato.

La differente valutazione degli accordi del Laterano

Sia per la Chiesa sia per il regime fascista, i Patti Lateranensi furono un grande successo. Eppure
ben presto emersero differenti valutazioni degli accordi: ciascuna delle due parti cercò di porre
l'accento sull'elemento che riteneva maggiormente importante per la propria strategia d'azione.
Mussolini ad esempio, insisté soprattutto sul fatto che lo stato fascista era riuscito là dove lo stato
liberale aveva sempre fallito. Gli accordi erano stati soltanto il necessario prezzo da pagare per
giungere alla soluzione della questione romana.
Tuttavia Mussolini non si proponeva di tutelare quel poco che restava della laicità dello stato
italiano, né si preoccupava che i cittadini non cattolici potessero in qualche modo risultare
discriminati.

Il papato, all'opposto, minimizzò l'importanza del Trattato, insistendo sul fatto che i vari documenti
erano assolutamente inseparabili l'uno dall'altro. Quel che contava, agli occhi di Pio XI, era di esser
riuscito ad infliggere un colpo decisivo al principio della laicità dello stato, e per questo motivo
ammetteva che solo con un nemico del liberalismo come Mussolini gli era stato possibile
raggiungere un simile risultato.
Per il papa, l'essenziale era di esser riuscito a far sì che lo stato italiano fosse di nuovo
ufficialmente cattolico, e non più agnostico.
Tutta la storia dei rapporti tra fascismo e Chiesa cattolica poggiò su un equivoco: ognuna delle due
parti pensava di poter utilizzare e strumentalmente l'altra, traendone profitto per i propri fini. Da
un lato, in effetti, Mussolini trasse innegabili vantaggi dalla firma dei Patti, ovvero utilizzò l'alleanza
con la Chiesa come potente arma per ottenere il consenso delle masse cattoliche al regime.
Dall'altra parte, viceversa, la Chiesa sperò di poter sfruttare la cancellazione dalla scena italiana del
liberalismo e del socialismo come piattaforma per rilanciare una vera e propria riconquista
cristiana dell'Italia.

I Patti lateranensi saranno rivisti nel 1984.

La revisione dei Patti Lateranensi (1984 - 1985). Col tempo sia l'evoluzione in senso sempre più
pluralista della nostra democrazia e la crescente sensibilità di fronte all'esigenza di una completa
penetrazione dei principi costituzionali in ogni campo della vita associata, sia il nuovo
orientamento della Chiesa, che con il Concilio Vaticano Il hanno finito per far riconoscere il pieno il
valore della libertà religiosa. La Chiesa ha definitivamente rinunciato ad avvalersi delle braccia
secolare dello Stato per la realizzazione dei suoi fini spirituali ed in tal modo si è affermata una
diversa maniera d'intendere i rapporti tra le due istituzioni che ha portato all'accordo di modifica
dei Patti Lateranensi, firmata il 18 febbraio 1984 e tradotta in legge nel marzo dell'anno
successivo. Le innovazioni rispetto ai Patti del 1929 non sono poche né di poco conto. Scompare
l'affermazione che la religione cattolica è la sola religione dello Stato ed è solennemente
proclamato il principio della libertà religiosa, che sia lo Stato sia la Chiesa sono tenuti a rispettare. I
matrimoni contratti con unione religiosa continuano a cadere sotto la giurisdizione dei tribunali
ecclesiastici, ma le sentenze emesse da tali tribunali vengono sottoposte al controllo dei giudici
italiano, teso ad accertare che non siano stati violati i principi fondamentali dell'ordinamento
italiano. La religione cattolica continua ad essere oggetto di insegnamento nelle scuole pubbliche
elementari e secondarie, ma è rispettata la libertà di coscienza e la responsabilità educativa dei
genitori degli alunni minorenni, per i quali essi hanno il diritto di scegliere se avvalersi o no di
quell'insegnamento (l'applicazione di tale normativa ha determinato nella vita di molte scuole
notevoli difficoltà organizzativi ed ha suscitato anche aspre polemiche su questioni di principio). E'
stato poi stabilito che, con decorrenza 1 gennaio 1990, venga a cessare ogni finanziamento diretto
dello Stato alla Chiesa cattolica e divenga operativo un sistema in base al quale lo Stato ammette
in detrazione fiscale le offerte elargite dai cittadini contribuenti in favore dei clero e riserva una
percentuale dello 0,8% della massa delle imposte dirette o per scopi umanitari (a diretta gestione
statale) o per scopi di carattere religioso (a diretta gestione della Chiesa o di altre confessioni
religiose). Nel momento in cui si compila la denuncia dei redditi ciascun cittadino sceglie a quale
dei due scopi debba essere indirizzata la quota suddetta: se non dà indicazioni la quota è ripartita
in proporzione alle scelte operate dall'insieme dei contribuenti.

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