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BASI FISIOPATOLOGICHE
DELLE ARITMIE
E DELLA LORO TERAPIA
Antonio Zaza
Laboratorio di Elettrofisiologia
Dipartimento di Fisiologia e Biochimica Generali,
Università di Milano
INTRODUZIONE
La potenziale letalità delle aritmie cardiache e la loro natura sporadica e imprevedibile fanno
della loro prevenzione un compito particolarmente delicato. La scelta del farmaco su basi
puramente empiriche è ostacolata dalla difficoltà della valutazione a priori dell’effetto
antiaritmico e del rischio proaritmico. Sarebbe quindi desiderabile disporre di criteri razionali
per orientare il processo di selezione della terapia, rendendolo più efficiente e sicuro.
Sebbene largamente incomplete, le attuali conoscenze sulla fisiopatologia delle aritmie
potrebbero fornire un primo orientamento nella selezione della terapia e nella interpretazione
dei suoi effetti; tuttavia, al loro utilizzo pratico spesso si oppone la vastità delle conoscenze
richieste. Lo scopo del presente manuale è quello di presentare al cardiologo, non cultore
della materia, un piccolo numero di concetti fondamentali all’interpretazione attuale dei
meccanismi di aritmogenesi e della farmacodinamica degli antiaritmici. Sebbene la
necessità di sintesi abbia imposto notevoli semplificazioni, esse non sono tali da impedire la
corretta applicazione di tali concetti alla pianificazione terapeutica. E’ però doveroso
sottolineare che per la complessità e per il numero dei fattori coinvolti, tali concetti possono
orientare, ma non eliminare, l’empirismo, ancora purtroppo necessario alla scelta del
farmaco antiaritmico.
Gli aspetti farmacocinetici della terapia antiaritmica, pur di grande rilevanza, non sono
considerati in questo manuale.
1. IL POTENZIALE D’AZIONE
Fase 2: plateau
Il potenziale d’azione ha morfologia variabile nei diversi distretti cardiaci, tuttavia differenze
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radicali si riscontrano tra il potenziale d’azione dei nodi, senoatriale (SA) e atrioventricolare
(AV), e quello del restante miocardio (fig. 1).
Figura 1
1.1. Le correnti
La gran parte delle correnti che, attraversando la membrana cellulare attraverso specifici
canali o pompe ioniche, generano il potenziale d’azione sono trasportate da ioni carichi
positivamente. Il Na+ e il Ca2+ sono maggiormente concentrati all’esterno della cellula
(tendono ad entrare), mentre il K+ è più concentrato all’interno (tende ad uscire).
Il movimento di tali ioni verso l’interno della cellula (corrente entrante) sposta il potenziale in
senso positivo (depolarizzazione), il movimento verso l’esterno ha effetto opposto
(ripolarizzazione).
Ne consegue che, durante il potenziale d’azione fisiologico, le correnti Na+ e di Ca2+ sono
entranti e causano depolarizzazione, le correnti di K+ sono uscenti e causano
ripolarizzazione.
Le correnti vengono generalmente denotate dal simbolo I (corrente), seguito dal simbolo
dello ione che trasporta la corrente (p.es. INa = corrente di Na+) ed, eventualmente, da
ulteriori simboli che definiscono vari tipi di corrente trasportata dallo stesso ione (p.es. IK=
corrente di K+ attivata in depolarizzazione; IK1 = corrente di K+ attivata in
iperpolarizzazione). Esistono però eccezioni a questa regola: Ito (transient outward) è una
corrente di K+ attivata in depolarizzazione; Ib (background) è la somma delle piccole correnti
entranti di Na+ e di Ca2+ che controbilanciano la corrente uscente IK1 durante la diastole
elettrica; If è una corrente entrante, trasportata principalmente da Na+, specifica delle cellule
dotate di automaticità normale.
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La figura 1 illustra le principali correnti e la loro relazione con le fasi del potenziale d’azione;
il segno si riferisce alla direzione della corrente e il numero di segni alla sua intensità. E’
possibile osservare che la diversa forma del potenziale d’azione dei nodi SA e AV dipende
principalmente dall’assenza della INa e dalla IK1; e dalla presenza durante la diastole, della
If.
In ogni fase del potenziale d’azione, la direzione di variazione del potenziale dipende dal
segno della somma algebrica di tutte le correnti attive in quella fase (corrente netta). La
velocità di variazione del potenziale ("pendenza" della fase) dipende dalla quantità di
corrente netta. Per esempio la fase 0 è generata da una corrente netta entrante di grande
intensità; la fase 2 è generata da una corrente netta uscente di minore intensità.
E’ importante notare che il principale meccanismo di estrusione del Ca2+ dalla cellula
(pompa Na+ / Ca2+) è spinto dal gradiente di Na+. Quindi, ogni diminuzione dell’ingresso di
Na+ (p.es. bradicardia o blocco della INa) si associa a diminuzione del Ca2+ intracellulare e
viceversa.
Figura 2
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2.4 Conduzione: è il fenomeno per cui il potenziale d’azione si propaga nel miocardio. Essa
è caratterizzata da una velocità (CV) e da un fattore di sicurezza (probabilità che la
conduzione persista anche in condizioni sfavorevoli), entrambi proporzionali all’intensità
della INa attivata durante la fase 0 del potenziale d’azione.
3. MECCANISMI DI ARITMOGENESI
Figura 3
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Figura 4
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L’intossicazione digitalica è la più tipica, ma non unica, causa di DADs, che compaiono
anche in altre condizioni di sofferenza metabolica associata a sovraccarico cellulare di Ca2+
(p.es. ischemia), specie se associate ad attivazione adrenergica.
Figura 5
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3.2 Rientro
Figura 6
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Tanto più piccolo è il perimetro minimo del circuito (WL = CV*RP), tanto più alte la
probabilità di un rientro e la frequenza dell’aritmia che ne risulta. A causa della non
uniformità elettrica del miocardio, il perimetro reale di un circuito è sempre maggiore della
sua WL teorica; tra la testa e la coda del circuito esiste quindi un intervallo eccitabile
(excitable gap = EG). Se, per aumento di CV e/o RP, tale intervallo si annulla il circuito
tende ad estinguersi.
Circuiti il cui percorso non è definito da ostacoli fissi (circuiti funzionali) hanno EG breve e
sede variabile, quelli delimitati da aree connettivali o strutture anatomiche (circuiti anatomici)
hanno sede fissa e generalmente, EG più ampio.
La genesi dei circuiti di rientro è favorita dalla disomogeneità della conduzione e della
ripolarizzazione del miocardio. Tale disomogeneità può avere base anatomica e permanente
(p.es. infiltrazione connettivale) o funzionale e temporanea (p.es. differenze regionali di ADP
dovute a EADs).
Il rientro è probabilmente il più comune meccanismo alla base delle tachicardie ectopiche
sostenute ed è sicuramente coinvolto nella genesi di flutter e fibrillazione. Circuiti a breve
EG e a sede variabile (di tipo funzionale) sono necessari a spiegare la fibrillazione.
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sopra elencati.
Il principio si cui si basa il loro utilizzo è quello di indurre una alterazione delle proprietà
elettriche del miocita tale da opporsi al meccanismo di aritmogenesi più probabilmente
coinvolto. Per comprendere il meccanismo dell’azione attesa dal farmaco, oltre alla funzione
delle correnti bloccate (vedi sopra), è necessario considerare la dipendenza del blocco dal
voltaggio e dalla frequenza cardiaca.
Figura 7
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L’effetto di una data concentrazione di farmaco (potenza) sarà allora proporzionale alla
frequenza cardiaca (uso-dipendenza diretta). Il caso opposto, cioè di farmaci il cui legame
viene sfavorito dalla depolarizzazione, seppur possibile, è molto raro.
Tuttavia, alcuni farmaci presentano uso-dipendenza inversa (potenza che aumenta col
diminuire della frequenza) perchè la corrente da loro bloccata ha un ruolo prevalente alle
frequenze più basse. Questo è il caso della maggior parte dei bloccanti della IK, che
bloccano solo la componente di tale corrente prevalente alle basse frequenze cardiache
(Ikr).
Figura 8
Molti dei farmaci disponibili bloccano, con potenza diversa, più di un canale ionico. Qui
elencheremo gli effetti attesi dal blocco di ogni corrente; l’effetto di un farmaco sarà
condizionato da tutte le azioni presenti alla concentrazione somministrata.
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Alcune azioni farmacologiche che interferiscono con l’evento scatenante (p.es. beta-
bloccanti, antagonisti muscarinici) o il substrato aritmogeno (p.es. ACE-inibitori), hanno
effetto antiaritmico che, anche se indiretto, può assumere notevole rilevanza terapeutica.
Selettività d’azione.
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Blocco della IK: in questo caso il rischio è legato primariamente alla genesi di
EADs. Le tachiaritmie che ne risultano possono rappresentare triggered activity o
rientro, facilitato dalla grande dispersione della refrattarietà conseguente alla
EAD. Parziale inibizione della Ik può conseguire a ipokaliemia e all’azione di una
varietà di farmaci (tabella 1).
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Diversi tipi di azione possono coesistere nello stesso farmaco o risultare dall’associazione di
farmaci diversi. La loro interazione può dar luogo ad effetti antagonisti o sinergici.
Illustreremo le interazioni, desiderabili o meno ai fini terapeutici, potenzialmente derivanti da
comuni associazioni di effetti.
Il rischio di EADs, associato al blocco di IK, può venire significativamente diminuito dalla
concomitante riduzione di INa e/o ICa, le principali correnti depolarizzanti attive durante la
fase di ripolarizzazione.
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