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SENSO E DENOTAZIONE*
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I, di
GOTTLOB FREGE
" Gbcr Sinn und /Jedelltung, pubblicato per la prima volta in 'Zell~.:hi 1(.,
hi; Philosophie und _ph.tlosophisd1e Kri.tik ", lQO, 1892, pp. 25-50.
_ Y5? questo terI;1rn; nd sens,? J1 ;dentità c intendo 'a ""' l,' nd St":n:;..1
d1 a e lo stesso di b- ovwro a e o coincidono•.
10
OOTI'l.OaFl.ECR
SENSO l DfNO'T
i\ZlONP..
si ~~\ t~P~:dite-_
a ~ 'S\\t\o di assumete, ~)me_ segno di qu~ko.s '
un q~ e cnt<-'!, oggetto preso arburanamemc; pemò un sto che ci sia - vìcne chiarita sempre e soltwto pattialmentc.
enl~ - 10 ., cz. b n~~erebbc oon la msa stessa, m{l solo il Pe.r una tot.aie cono-sceoza dclla denotazione bisognerebbe poter
tro n.ux)o. d1 d~1gnll7.1one: con questo eouuc.ìato non esptitne- subito stabilire, dato uo qualunque senso, se esso ap~coc alla
rt!'~• ~un con~.,,sce.1.1-z;a
vera e ~roptia. Ma appunto nna cono- dcnotaziooe. Tuttavia non a.rriviam.omai a questo pwuo.
~. a che vorremmo esprimete in m Ire circostanze. il Di regola,i tapportì che intercorrono t.ra il segno, il suo ~
Sé&UO"'<J,. si distinguesse d:tl segno "b" soltanto come oggetto e la sua deoo1azione sono questi: al se~no conispoodc un detec•
minato senso e a q~1esto corrispondé di nuovo uoà determinata
in ~uc:;to ca:sò. per la. s~ cli~crsa _forma) e non in quanto ~gno
dcnotazioné, mentre a una dcnotaziooc (ossia • un oggetto) non
{et :w:~ per il inodo m cw ~tgna qualcosa), allora il 'Valo~
appartiene solo un segno. Un medesimo senso ha differenti espn::s-
-::onosouvo dell'enunciato {I.;;::; 4 sarebbe ~alment,c identico
. quello dcll'cnund~to a =b, sempre be sia am~sa la verità s.ioni in. lingue diverse e persino all'intcroo della ste$S&lingua. Ci
·sono natur.!inc.nre eccezioni a questa regola. Certo, in una CODl·
=
~ a b. Ci ptJÒ ·essa:cun1ld.iffere.nusolo od caso che la djvc:r,. plcta t0talità di segni a ogni espressione dovrebbe corrispondere
s~tà dd ~ corris.po~da a ~-~,;~ità_nd ~ajo in cui è dato un senso &!terminato; ma per lo più le lingue naturali non sod-
l ~-tt . dcs1gn_a10. SllUlo o:, b~ e le rette che congiungono i disfano questa esigenza, e ci si deve ritenere soddisfatti se
.._·ruo di un tn:U1golo con i punti mediani dei lati opposti. U la stessa parola mantiene il medesimo senso nello stesso contesto.
punto. d'~ntro dì .a e b coincide coo il punto d'incontro di b Forse si può amtn(:ttere che un'cspressio.nc grammaticalmente ben
e ... Abbi.amodunque pct .lo stesso punto diffei'ffltidesignazioni, costruita. fungente da nome proprio. abbia sempre un senso. Ma
e qutsti nomi ("punto d'incontro di" e b\ "punto d'incontro di\ oon è affatto detto che al senso corrisponda anche ma denota-
b e "'Jindicano anche il modo in cui il punto viene dato, sicché , zione. Le parole "il corpo celeste più lontano dalla terra· hanno
l'enun::iato contiene una conoscenza•effettiva. un senso ma è molto dubbio che abbiano anche un.a denotazione.
, Ci rroviaco dunque indotti a pensare che a un segno (sia esso L'espress'ione "la .erie meno conve.rgentc'" ha un senso, ma si
; n me, una connessione. di parole, una semplice lettera) è col- può dimostrare che non ha alcuna denotai-ione, perché. dat;l uns
r g;i.t<., oltre a ciò che è designato, e che potrei chiamare la serie coovergc.ntc, se ne può trovare un'altra meno convergente,
i..±en·,uzione 'd S('gOO, anche ciò che chiamerei il -~o del però sempre ancora convergente. Cosl. dal fatto che si :1ffe.rraun
~ no. e ~be contiene il modo in cui l'oggetto viene dato. Coose- senso oon si può dedurre con certezza di avere una denotazione.
gue.ntemente:, oc[ nostro -esèmpio, e espr ·otti •apunto d'in- Quando s-i usano delle parole io modo abicu le, ciò di cui si
c m ro d1 a c. d.i b • e ., il punto d'incontro di b e cli e .. hanno la vuole parlare è la loro denotazione. Può anche e pit. re che si
. t~ denor.a.zi.one, tnéntre i lo.ro -sensi sono diversi. E parimenti: voglia pa.rlare o de.ile parole stesse, o dd loro enso. Questo
e::spn~~iÌni come la stella della sera• e "la stella. del mattino" avviene ptt esempio quando cifr mo le parole dì un .,ltro _nel
, no i entiche nella denotazione, ma oon nel senso. discor59 diretto. lo questo ca le n06tte parole denotano pntna
fh qt :mto- si è den.o finora, si ricava che nell'usare "segno" e di tutto k p:1role dell'altro. e s~l. queste b.,rnno pùi h den. t.l··
,._nvl'XH.::•• ho ìot • una 1uah.mque designazione fungente da z:ione abituale. Abbiamo allora dei St:~i di segni. ln questi si,
nome· pwprio, la rui denmazione è cioè un oggetto determinato quando scriviamo, sì racchiudono fra virgolette. le pamie in u-e--
(u paro "oggetto,. va presa ncl modo. P!Ù ampio),-~ 001;1 _un stiooe. Le parole ua virgolette n~ po sono dunque venir a.'>Sunte
eooc.et.t • o una relazione - che preodero 10 esame p1u da. v1cmo nella denotazione abitu:.1.k
in n pr05!,imo saggio. [La designazione _cli un. singolo o~g~tto
p ,.ò a he consister~ dì più parole o a:ltn s.egru: per brevua la
chi.une eme; ...nome pr prio,..
H x:nso del nomeproprio vitne afferrato.da c~i~qu~ _conosca
a iuffic!enz.1 la lincgwo fa totalità deUc des1gna:nom ~• ti nome
prnpn<'J appartiene1; in questo roodo però la deootaz1011e - po-
• il
t f'er ·n ,futcntld} oou~ ptoprio come ·Ans~ote.k·. .le opilliOru CJIO.
12 COTTLOB FllGE
SENSO E Dt:NOTAZJOWE
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del senso, nd caso di un.2 rapprescnw:.iooc bisogna ~
Se si
vuole parlare del senso di un•cspressionc .,A", si può con esattezza a clii appartiene e quando ~ sopra,ggi nta .• Fon.e :si
semplicemente far uso della locuzione •n senso dell'espressione potrebbe dire: come alla stcsSA parola e~!-chi .collc:gauna rappre-
~-· iA• •. Nel discorso indiretto si parla per esempio del senso dd sentazione e chi un'altra, cosl può esserci ancbc: dii ,a qi..dl2
discorso di un altro. È perciò chiaro che, in questo tipo di di- parola collega un senso e chi un .altro. Ma in questo a.so la diffe-
scorso, le parole non hanno la loro denotazione abituale ma renza consiste solo nd modo di auuare Ja conness·ooc-..-Ciò non
denou.no quello _chedi ~on~ueto è il loro senso. In breve, v~glia- impedisce che entrambe le persone afferrino Io s~ senso, men--
m<> dire: nel discorso mdiretto le parole sono usate indiretta--
tre è imFihilc che ~iano la stessa rapp~taziooe. Si d110
mente, ovvero hanno una loro denotazione indiretta. Noi distin- idem faaunt~ non est idem. Se due persone s1 rappuscnw:t0- la
guiamo quindi la denotazione abituale di una parola da quella stessa rosa., ciascuno ha tuttavia 1apropria rapp.resentazio.ae. Ctt·
inJ.iretJa,e il suo senso abituale dal suo senso indiretto. La deno- tamente, è talvolta possibile stabilire le d:iffCKme.fra le r2ppre--
tazione indiretta di una parola è dunque il suo senso abituale. sentazioni e perfino tra le sensazioni di differenti uonuni; ma.
Qu~te eccezioni devono sempre essere tenute presenti, se si un confronto esatto non è possibile, l)C'tché non possiamo avere
vogliono esattamente comprendere nei singoli casi i rapporti tra
segno, senso e denotazione. insieme queste rappresentazioni nella medesima coscienza.
La denotaziooc di un nome proprio è l'ogge•tto stesso che oon
. Dalla denotazione e dal senso di un segno va tenuta distinta
la rappresentazione connessa al segno. Se la denotazione di un esso designiamo; la rappresentazione che ne abbiamo è del rotto
soggettiva; tu l'u:m e l'altra c'è il senso·, che non è più sogget-
~ è ~ oggetto sensibilmente percepibile, la mia !'3.ppresen-
tazlOJ!C di esso è invece un'immagine interna che si è costituita
tivo come la rappresentazione, ma non è neppu.rc l'oggetto .stesso.
St.Jl!.a.
base_d~i ricordi di impressioni sensibili da me provate e di Pe.r chiarire questi rapporti può forse essere u ti.te il seguente
a~vità, sta mt~rne che esterne, da me esercitate 3 . Quest'imma- paragone. Immaginiamo che qualcuno osse-rvi la luna atttaverso
gtne è spesso unpregnata di sentimenti; la chiarezza delle sue un cannocchiale. Or.a, io paragono la luna alla denotazione; essa
s~ole P3-r:iè diversa e incostante. La medesima rappresenta- ' è l'oggetto d'osservazione reso possibile dall'immagine reale· proiet-
zione non e sempre collegata al medesimo senso, neppure nella j tata dalla lente dell'obiettivo dentro .il cann.ocduaJe e dall'im.ma--
stessa persona. La rappresentazione è soggettiva, varia da persona gioe retinica deU'osservatore. 'In quesm paragone, l'immagine
a person~. Pertanto_, le rappresentazioni collegate allo stesso senso ( dell'obiettivo è il senso., e l'immagine retinica e la r:appresent~
sono vanamente diverse. Un pittore, un cavaliere, uno zoologo zione o intuizione. L'immagine .del cannocchiale è cioè solo par-
collegheranno molto probabilmente rappresentazioni assai diverse ziale poiché dipende dal punto d'osservazione, eppure ,è oggetti-
al nome "Bucefalo". La rappresentazione si distingue per questo va, poiché può servire a più osservatori. • i può predispor.la in
essenzialmente dal senso di un segno, senso che può essere un modo tale che più persone contemporaneamente pos- no utiliz-
possesso comune di molte persone e non è dunque una parte o zarla; l'immagine retinica è invece tale che .ognuno deve avere
un modo della psiche individuale. Non si può negare che l'uma- necessariamente la sua. Sarebbe perhno di.Hicile oue ere na con-
nità abbia un patrimonio comune di pensieri che trasmette di gruenza geometrica, per la diversa conformazione degli occhi, una
generazione in generazione 4 . effettiva coincidenza sarebbe comunque da esèludersi. Si pt,'ìtrehbc
Mentre non vi è alcuna incertezza nel parlare semplicemente ancora continuare a utilizzare questo paragone suppot;K"ndo che
l'immagine retinica. di A possa essere resa -.risìbHe a B. oppure
ançhe allo stesso A .attraverso uno specchio. Si potrebbe allora
1
Possiamo mettere sullo stesso piano delle rappresentazioni le intuizioni forse mostrare come una rappresentazione possa essete ~stm,
~r le quali entrano direttamente in gioco le impressioni sensibili e le aui: essa. stessa come oggetto, ma che, in quanto tale, n-011·è per l'os--
vità stesse, anziché le tracce che esse hanno lasciato nell'animo. Per il nostro
~• ~ ~er~i:iza è_ di scarsa importanza, anche perché nd completare servatore ciò che invece è per chi se la rapprese.nta direttamente.
1unmagme _mrumva_siamo aiutati non solo da impressioni e attività, ma Ma seguendo queste implicazioni cì allont.anere.mmo troppo al
~ dal ncordo di_altre precedenti. Per intuizione si può però anche in- nostro argomento.
tendere un oggetto, m quanto è spaziale o percepibile sensibilmente. Possiamo ora riconoscere tre livelli dì differenzi fra t:1.trale,
, • i::,e.rquesto non è conveniente designare con la parola • rappresenta-
z:iooe C'O$C oos2 fonda.mentalmente div~. fra espressioni e fra interi enunciati La differenza .r:ig:uard -:.0i-
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SENSO E DENOTAZIONE
mente ò preoccupiamo della denotazion_ccli ~ parte d~•ei:i~- poraneamente dd concetto e della relazione, ma lo fatò in Wl
eh alm an21 1gia altro saggio. Comunque, a questo punto dovrebbe essere ahha-
ciato, questo prova e gener ,ente ~conOSCJJllilolle •es di~ ·stanza chiaro che in ogru· aiudizio i, anche se ovvio, è crià avvc-
mo una denotazione anche per 1 enunoato stesso. _ pens1ei:o e,- , &-
un enuncill,to perde per noi cli valore no? apP:C113 o a~corgrn.~o nuto il passaggio dal livello del pensiero al livello della den()·~~
eh parte dello stesso enunciato è pnvo di denotazione. Sia- zione (dell'oggettivo).
e dU:.que pienamente giustificati se non ci accontentiamo solo Si potrebbe essere tentati di vedere il rapport<? del pensiero
dd senso di un enunciato, m~ andiamo an<:11e in cerca ~ella s~a
denotazione. Perché mai vogliamo che ogm nome propno abbi~
con il Vero non come rapporto tra senso e denotazione, ma come
quello tra soggetto e predicato. Si può infatti dire: "l! ~icro
• solo un senso ma anche una denotazione? Perché non o che 5 è un numero primo è vero." Ma, a ben vedere~ o s1 accor-
b:u il pensiero? Perché ciò che ci interessa è il valore di ve- ge che così non si dice niente di più dd sen:plic:c. enunciato:_
rità dell'enunciato. Le cose, però, non stann.? sem~re_così. Se "5 è un numero primo". L'assenione della ventà è m entrambi
per esempio. ascol,tiamo :ecitare _un poe~ epico, noi s1~0 sol- i casi nella forma dell'enunciato dichiarativo; e, quando questo
tanto attratti dall armoma dd linguaggio, ~ sen~ degli. enun- non ha la forza abituale (p.e. quando è affermato da un attore
ciati che risvegliano in noi immagini e sentuncntl. Con il pro- sulla scena), anche l'enunciato "Il pensiero che 5 è un numero
blen::.adella verità perderemmo la gioia ~tica, assum<=:°doun primo è vero" contiene soltanto un pensiero, e cioè lo stesso
atteggiamento scientifi~. <?>5~,finché ~ccetnamo ~ poesia .,co'IT!c pensiero del semplice enunciato: "'5 è un numero primo". Si
un'opera d'arte, per 001 è mdifferente il fatto ~ il nome U1!5: deve perciò ritenere che il rapporto tra il pensiero e il Vero non
6
se" abbia O no una denotazione .+L'essere protesi verso la venta può essere paragonato al rapporto tra soggetto e predicato. Sog-
è ciò che generalmente ci induce a procedere dal senso alla den<r
tazion.e.
Abbiamo visto che dobbiamo cercare per un enunciato una
I getto e predicato (intesi in senso logico) sono anzi parti dd pcn-
siero, si collocano allo stesso livello del conoscere. Collegwdo
soggetto e predicato si giunge sempre e soltanto a un pensiero,
denotazione,_qualora ci interessi la denotazione _delle singole par- non si passa da un senso alla sua denotazione, da un pensiero
ti dell'enunciato stesso; e questo accade sempre qu~Clo,_e_soltancoj al suo valore di verità. Ci si muove sempre sul medesimo livello.
quanao·,-a pomamo il problema del suo valore_di ve?ta. nog_si passa da un livello a quello superiore. Un vafore di verità
Siamo cosl indotti _a ri~onoscere la-9~otaz1one_ di ~ e~un.-~/ ( f /... non ~uò essere pa!te di, un pensiero, proprio come non può es-
ciato nel suo val.ore di verità. Intendo per valore di venta di un '1 serio il sole, perché non e un senso ma un oggetto.
eriunaato IirCiicostanza clie-esso sia vero o falso: non si dann? J ~ L~~ ZD ,7 • Se è giusta la nostra supposizione che la denotazione di un
altri valori di verità. In breve li chiamerò, senz'altro, l'uno il L ~1 Vll ( NI enunciato è il suo valore .di verità, allora il va.lore di verità. de-
Vero e l'altro il Fa1so:Ogni enunciato dichiarativo, in cui ~iò che I\.
t"' • ve rimanere invariato •Quando sì sostituiSC( una patte dd1'em:m-
interessa è la denotazione delle parole, va dunque considerato ·-.),,;., IJ ciato con un'espressione avente la stessa denotazione ma un
come oome pJ.oprio, e la sua denotazione, nel caso che esi5t a, è O il /Jj"'v\, ..r,, Uf.A:t . altro senso. E infatti le cose stanno cosl. Leibniz dà la segueo~
Vero o il Falso. Questi due oggetti sono riconoscmu, sia pure M
i. ,v\.,1.\>ì-l.Aj_,,definizio~e: :Eadem_ sunt'. quae sibi ~utuo_ substìtui pos~unt,
solo tacitamente, da chiunque pronunci in generale un giudizio, ~_ ; salva verltate . Al di fuon del valore di ventà> ~ cos. st po-
eia chiunque ritenga vero qualcosa, quindi anche dallo 5'ttti~. /t,ii.. 1
) trebbe trovare che sia proprio di ogni enunciato, cl,c tenga con--
Designare i valori di verità come oggetti può sembrare ancora W-& -,.·. ,.};W'vJ,.to in 8<:oerale del!a denocazi~ne _delle part~ costitutive, e che ri-
un fatto arbitrario e forse un semplice giuoco di parole dal quale
11
• - • ~.J·• -.. jlrnanga immutato m
nna SOSlltuzmne del Upù suddetto? . --,
non si può trarre nulla di rilevante. Per chiarire che cosa sia t ,t,"i 1 V..,, Se dunque la denotaziooc dì un enundato è costìtuire dal j
quello che io chiamo oggetto sarebbe necessario trattare rontem- Q,J. -v..t,•~f suo valore di verità, allora tutti gli enundati veri a.vrinoo la 1
~,.4 ,..,,.-'.
{,,> stessa deoC\ta?Jone, e cosl pure tutti gli enunciati falsi. Ve<liam~
1
' Sarebbe desiderabile disporre di un'espressione particolare che indichi Q'll ri,r..l ...._.,.;.;,.
i segni cl\é debbono avere solo un senso. Se li chi11IDassimoper esempio 1~ {1.JJJ •
figu.re,~OfJ le parole ddl'attorc sulla SCC1U sarebbero figure, anzi lo stesso ' ' Uo giudìzio non ~ per me if semr>liccatf~trlrt un l)t'.nstt!l\~,ma if ria).
attor<: san-bbc una, figura. nosc:ctt la sua ~ili.
19
:ric~i. ·1.:bc e 11ade~~ta:oo~ dcU'euuoci 10 viene canccllt gni idtr no gU nu iati scubordill.2ticom • uruti di pan.i d'em.m-
pen patticwarc. Ciò dlC inte~ , di uo cnuooa.tonon dipco-, ciato, e li suddividono iD nomiJ1all,am'i,Qw,i è 1,vvctbi;ill.Dt
..kn ttai . hanto d.aUa \l dei t .:ti.·ne; ma ti~ il semplice' ci. . i pe,trebbe s.upporr chc~tvl M di U:Jl nu.ocuto U•
dà kutta t ~c-.1~: la ~X> .' .e~ è nella ('()i(l,~ bordi.o to Mo sià un valore di veriù, ma sia smùle -alla d,eno.
1, •
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~i« • un peNiero l MiQ v lore di verità. ·();l(:sr• ooo deve': ~ ~na pan~ di es~. Solo un.t ri re.i, più ·• ;-.,r foodita può
oe'tU~tt ~re un. Jcfì.niii tx. U giudkttt è ~ di .,.. 1 ehi.art.te& pro ema. A tal fo,e o.on ci. atterremo fedelmente:alla
t.ut~te si.ngolan►• è ineomp.r bile. • potrebbe aocbc.dire·i guida dd r m.m2rici,.ma raggru,Ji)petcmoituic:me ciò• ché è k>-
ct)e il •°'r ~ un. dìs,ùll~•er~ .le parti e,Lro il t.lo.tt di ~ \ gia.m.cnrcaHioe. fo pri.cooh,ogp esaminiamoi cw in ari il R'.n-
dti.. ~~ •••tito'J()()e:avvi~ ritornando al pensicto. Op.i $0 dl'munclato s:ubordinato. proprio wtne supponevamo, :non è
scruo eh( It.Ìent • un l tt. di vt-rità, oomsJJC)kttbbc • un pensiero indip,eb<kn«:.
® . •· rei ddt• ropos.izi oc. 1A fr.tt'O '"pane"' ~ A~li cnundati nominali astratti intr·odoni da a . giu •• ·oc.
,~ a q •i i.o un ttKXk) (le t-tum s.pcciale: ho 1 tn ferito il • che• appanjeoc and,c il discorso i.odìret . Ah i:amo vis o _
~ rr • n in ~ro e .fXU"lC d...U'cnnnci~t •1la sua &ootazi:ooc. in esso le parole banno La.loro dcnouziooc indi.rena dJC a:/ -
io . ~- ..o ho '._.anut • p t Jdla ck:ootuionc di un tnunciato• cii.:k con quello che è il loro .SfflSO abituale. Jn qu • t~ caso,
la dcao-t.• ne di uoa p-arola. qu~ra la.piUOla st facciapu- quc, Pènunciato $Ub:>T.dinnoha come denow.-joo,e on pe1~® •.
te di , • o • uncato. 1::un l'tl()(Jo di es.primusi cenamente cli- e non tm valore di verità~ come senso ha .n.un •'ero ~i
~ . • . rdwé nd c-2. J, dtlb dcn tarionc l"iniero ~ 1a par- il scn.'iOdelle parole '"J pensiero che...", dl.t: è so un ., p,tte. <
~ non dtH'fflllfUJ10 il r. ·t • s· perché nel caso dei co:rpila pa-- del pensiero dell'intero e u.ociato cotnpl.. . Ciò •~ittr-
u .t. in un ,tlno sens.o. Si dovrebbe dunque i verbi "dire". '"ult'C ....... riteOètc'"', ''"es..ere I" ·:-u
·pres (:r . dere" e ·imil.t1 . I); rs.:m.nte, e io m- ie> • Q ie
tatt
vanti. r.
3.me dell ~upposi7.1oneche il . ra.'Ulo le ros.e con paw e mc ri
j , n enun.;1 ,,.,, !>I la sua ~ienora.21ne. Abbia- p()rre", di cui t aHcr,;;m tn ~g 1it.o_
a.rn die il · '2lore di edtà di un. enunciat.0rimane int t· Che nel casi or. Jesc:rtti b notlli e de: 'cn oc',u u -
• mo, nell'et1uoc1 to, una. espr siooc e o un'altra dinat. sia prs no il pen:iero, si e<le .m he. dal f , ro che., pe.r
... uri. : n rn hbiamo pe-.ròaoco mmato il ca- ~- ve.ri~ ddl'iote:°, è indi.ffe:c-nte se qud petl!'~eo ~i:a u o
.[()f)C cl sostituire sì , .ess,a tes:;a un enunci ro. talso. S1 ronfron r ...mp,i i due enu ·,uJ: "'Ccrie:- 1.::0
punto !h vista, il valore di verità de11eresta- credev che e orbit de· pu -ii f. ~5-e'.r fo" e· ~ ~-..erniro
sos1ituiwio. - postQ di quesio enunciato com• c~e- v che il moto a_ reote: d S()k fosse pt· 10 dal mo-
p«~te, ~n .hro cnt~ ~aes;~ valore di i.erità I)obbiarno n e-nto re.1e dell:1 •rra ~-.Q • si -pu" ~ i ,• e un :tn:mc •itn
, peruro f 0 •. è!CCW• q u o rutto !'e11unciato o 'enunciato subordin:ito on l'altro :iéru:a prt<iud e c-ri :-. •· ';en~. ; t~
eo. ··a · è un discorso diretto o indiretto. Infatti, abbiamo principale insieme ron. q_ dio. subordi:ruio hl e ,·~ _ fo
1V.~rò dr in esto L,-UO k dmotazionc delle parole non è quella un. unico pens.iero, e ti , rit" di tuth'.) r. ncia.to Il indwk
;_.}.;
• . Nd. di · ~ d.ireuo n enunci lo denota di nuovo un né la verità aé la n n- ~eri.ti dell•enunci xo ì · din ..H ,. In ue--
.. , :._.J!(:uuo.. in q ~ilo tndireuo denma un ~iero. . • sti cui oon è pero:tesso so·titui~ nell'enunci- m su.bordi m um
G rto•Ji:tmo cosl t • ni conside-rare..gli tnu ·~usubordi- espressionecon un'alt che abbia la stess.· en t:~z::onehiti.1ale;
t.J;atLQu ti• .., prcsenuno come puti di un tnunciato comp..lcsso, la so.:.tiruzi™! è i>'=
s.sìbie ::: o « n t.m'es:pre;si • . che- bbià
r ,, .it t.n punto di v.1stalogi l) ··qu.i.valea un enunciato~-~·precis •
••.tt! a r .n en Jnciau.,·pri11. ipa.le.M~ qui d s.i p,: nta il pr?ble:
·~ m a~tt ~ tl}(be· la de-rotazione degli enun iati su.hordinan • Nell'enuoci~t -.4 menri..,:1.cli(:cndo Ji ~- visto 8 00
• l"mm~..,atiJ :su'bor•
è nr, -valme:di verit)~ Per quanto rigu.ard• il ,Ji~orso indiretto di~ro dm.'>i..un. _p,m&ierodi e •.i •• •kt ~ primo h1_ cht:·A lo :ufe.,nò
U;)r,iil.mt'> gil the .uvienc proprio il root;r-irio. l grammatici con~ COOlC vero,e, s.et:i :l'oh~.
in ccht'. !)C(SUt;!l>i')
;,( cn. sua Wsit:t.
GOl"l'LOB
:nJ'.G& $.ENSO a J)fH()1' AZ'J'OHB 21
20
mente un pensiero: perdò anche fo es.i avtcmo denotazione
\a sr~ denow.ione indiretta, cioè lo stesso s.cmo ~hitual<:·
Se: indiretta delle· parole e, verbo al a.,ngiontivo.
pero quak\)OO ne volesse conclud,cre.~ ~ denotazione ~ un L'enunciato subordinato in.trodotto da 11che'• dopo i verbi
cnunciam non è il suo valore d1 venti perché al!or• s1 do-
"'ordinare•, .,pregate", "proibi.rc:''. sarebbe, nel discorso dirett9,
vttbbc sempre poterlo .sosthoirc. con un altro enunoa_to a.vent~
lo ~tesso valore di verità", sarebbe verao~ente eccessrvo. P~- ndfa fonna di .imperativo, Quest'enu.nciàtò oon ha: :akuna d •
nienti 'Si potrebbe ri teoere che la denotazione delle ~arole _la norazione, ma solo un senso. Un romando, una: preghiera, non
stella l mauino" non è v~:ncrc!'._, ~ich~ non sempce st_può dire sono pensieri, ma stanno sullo stesso piano dei pensieri. Perciò,
•Venere• per '"la.stdln cld mmi.no . S.Lpuò solo a rag1011~ con- negli enunciati subordinati che dipendono da '".comandare•, •~
cludere che la denotazione dell'enunciato non sempre è il suo gare.. ccc., Je parole hanno la loro •dc:notmOM indiretta. La dc-
valore di verirì\, e che "la stella del mattino• oon ~mpre denota. notazione di questo enunciato non ~ dunque un valott di l\.'ttlt.à, i
iJ p.uneta Venete, per esempio quando ~uesta p~rola ha la sua ma un comando, una pre_ghier~,ccc. --
dcoorxcione indiretta. Questo caso eccez.ionales1 presenta pro-- Similmente ace.ade con gli enunciati int.ertogativi dipcndénri
prio rx:g.lienunàari subordinati ora trattati, la cui dtnotazione da locuzioni come "dubitate ~•. •non sapere d1". cosa•. S:i vede
è un pcosìero. facilmente che anche qui le parole vanno ptt:Se nella loto deno--
~ si dice ..sembra che.. .'\ si intende "mi sembra che... ". ov- 1 taziooe indiretta. Gli enunciati interrogativi dipendenti:da «chi'\
vero •io pc.nsoche... •. Abbiamo dunque il caso precedente. Ana~ "che cosa•, •dove", ..quando•. •come•, •roll che CO$;I. • ecc.
Jogarneore stanno le cose .ron espressioni come "rallegrani ", semb.rano talvolta avvicioars.i molto .a enunciaci avve..-:biali.in
"'deplorare'', "approvate,., "hiasimare ", ..sperare'", "temere,.. Se cui le parole hanno la loro denotazione abituale. Da un punto
Wellington alla fine della battaglia di Belle-Alliance, si rallegrò di vista linguistico questi casi si distinguono per il modo dd v~r-
pe.r il f att, •che i prus:-iani 5tavano arrivando, i1 fon~amento_della bo: con il congiuntivo abbiamo in.rcrrogarive dipem:knti e dc-
sua gioi.i ··ra solo una convimlone: personale. Se st fosse mgan- norazìooe indiretta delle parole, cosicché un nome proprio non
nato oon sarebbe stato meno felice finché fosse durata la sua può generalmente essere sostituito da un altro dello s.teSso og-
illusione, meocre, prima di formarsi la conviwione che i prussia- getto.
ni sarebbero arriv~ti, non avrebbe poruto rallegrarsene, anche Nei _casi_ finora considerati, le parole avevano negli enunciati
se essi di fano .già si avvicinavano. . su~rdmau la loro denotazione indi.rena, ,e questo chiari ner-
Come una convinzione o una credenza è fondamento di un , che anche la denotu.ion.e dello stesso enunciato subordinato 1os-
~time.mo, rosl può anche essere fondamento di un'altra con- • se una ?cnotaziooc indireua, cioè non uo valore dì verità, m1t
vinziooe ìn forma di conclusione. Nell'enunciato "Dalla sfericità ' u_n pensiero,. un comando, una preghiera. una domanda. L ~cnun- -,
ddJa terra Colombo cond~ che poteva raggiungere le Indie c~ato subordm~to poteva essere inteso oome un sost nrivo, nz.ì,
n:a.vi~do verso occidenrc", abbiamo come denotazione delle s1 potrebbe .di.re, come un no~ proprio di qud pen5ciero, di
sue parti due _pensieri: che la terra. è rotonda; che C.Olombopo- quel .comando ecc., e.be esso t'appr:esentav-and rontesto defl'~-
teva raggiuoge:rele Indie navigando verso occidente. Ciò che nuncrato complesso.
è qui rilevante è che Colombo era convinto dell'uno e dell'altro Passiamo ora ad altri enunciati subordinat.i nei quali le parole •
pcn,çforoe che una convinzione era fondamento dell'altra. Che harm.
la te:rn sia davvero rotonda e che Colombo, come pensava, po- · · o hb
la.· lo.ro. denotazione abituale • •senza r-
nPrò ~ne
,~1.__ q
u~s.t~ ..
I enun-
c-tatt a . tan~ ~me sen~o ~n pensiero e come den0taz.ione un
tesse dfouivamentc ragg;hmgere le Indie navigando verso oc- v~lo~edì 11en_ta. Co~c oò srn possibile, muhcrà chiaro nd rnodo
cidente, è indifferente pé.r la. verità del nostto enunciato. Ma la mtghore dagli esempi.
oo~, non è più indifferente se al posto di "la terra• sostituiamo
"'il piaM:ta e~ ~ accoropagn.a.u,da una luna il cui diametro ~ "'Chi scopri 4 forma ellittica ddl'orbit;1 dei pian ri mod
map.gioredella quarta pan.e d:d diametro del pianeta .stesso•. An- in miseria."
che qui abbiamo la deootaziooe in firerta delle parole. _ Se in .questo caso l'e-nunciato suhordìn ,to 3v-essecom.e S<m5() •
Gli fflundati avv~biali di fine introdotti (f.. • a.ffinche ap-j un ~nsiero,, d~VTeh~ aHora es.sue possib1le esprimere questo
partQlgc>ooa:och'essi allo stesso tipo; infatti, il fine è evidente-\r permcro anche Ul un enunciato princip.lc. Ciò però non si può
......,
2J
~ n,1.t'A
.rt ,•,
~;it'•
GOTn.Oa nllGB SENSO E DENOTAZIONE
24 25
non woo da soli suHicienù a questo scopo. Essi sono da rite- Anche negli enunciati condizionali (come abbiamo visto per
~ a..-ruloghi agli aggettivi. Per esempio, invece di dire "la ra- quelli nominali, ~ttributivi e avverbiali) si può per lo più rico-
dltt quadrata dì 4 ~ è. mioore di O•, si può anche dire "la noscere un tenmne effettuante un'indicazione indeterminata al
radice quadtata negativa di 4 ...~ Abbiamo qui il caso in cui, con quale ne corrisponde uno simile nell'enunciato conscgue.oce. Sic-
\' ''<lto dcll'artkolo determinativo al singolare, un nome prcr C~>D~e_hanno un riferimento reciproco, essi collegano j due enun-
prio composto viene formato a partire ~a un'espressione di con- aatt m un tutto unico che di regola esprime un solo pensiero.
~etl . Ciò è lecito ogni volt.a che sotto il concetto cade uno e un Ndl 'enunciato
'$Ok) t~tto 11. Alcune espressioni di concetti possono essere for-
mate in modoche le note caratteristiche dei concetti si.ano foi- "Se un numero è minore di 1 e maggiore di O, anche il
n:itc da munciati .attributivi, come, nel nostro esempio, dall'enuo- suo quadrato è minore di 1 e maggiore di o•
ci.ato ~che è minore d:.iO". È chiaro che questo enunciato attri- il termine in questione è "un numero" nell'enunciato condizio-
butivo .oon può avere né un pensiero per senso, né un valore nale, e ~suo" nell'enunciato conseguente. Questa iodetenn.ù»
di vai!¼ per dcootazione,. proprio come accadeva per gli enun- tezza ass1rura al senso 1a generalità che ci si attende da una
ciati .oomim!i. presi in esame. .Esso avrà per senso solo una parte le~e. È essa a far sl che ~'enunciato condizionale, da solo, non
di pcmittn, che in .alcunicasi può anche essere espressa da un a?b1a_per senso alcun pensiero completo, e che soltanto in com-
singolo ~ttivo. Ancbc qui, romc negli enunciati nominali,
,f--mana un soggetto irnlipenden~ e quindi anche la possibilità cli
b~onc con_l'en~to conseguente esprima uno e un unico
pensiero_le cui parti non sono più pensieri. In generale non è
riprodune il senso ell'enunciato subordinato in un enunciato
esa~to dire che in un giudizio ipotetico sono messi in rclaz:i<:roc
p-òripale indipendente. _ _ . r~proc~ due giudizi. Quando si afferma questo, o qualcosa di
Spazi, ist~ti, intervalli di t~po -:-, consider~u d~ un '?unt? simile, !1 ~a la parola ..giudizio" in quello stesso senso che j 0
di ".'tst-a logK'O- sono oggetti. Pemo, la des1gnaz1onelingw- ho attn?wto :illa parola "pensiero", cosicché potrei .allo stesso
stio di un determinato luogo, istante o intervallo deve essere
~odo ~e: "w un pensiero ipotetico, due pensieri sono messi
coosiàeota come nome proprio. Enunciati avverbiali di luogo tn relazione reciproca". Ciò potrebbe essere vero soltanto se
e di t.empo possono essere usati per formare un simile nome
mancasse un termine effettuante un'indicazione indeterminata· in
proprio, e .qu:estonello stesso mcx¼oconsiderato per ~li _enunciati tal caso, però, non ci sarebbe neppure alcuna generalità '"· '
.,..
.,
oomìrwi e artnbutivi. Si possono cosl formare espresstoru per con- ~ ~•enunci_ato condizionale e .in quello conseguente si vuo-
ce ti -che contengono luoghi, tempi. ecc.. Anche qui si deve l: mdi~e un istante in modo indeterminato, non di rado lo
osserv:sre che il senso di questi enunciati subordinati non può s1 fa uruc~C?te _col tempus pres-ens- del verbo, che in questo
aseTC ripnxfotto in un ,enunciato principale, dal momento che caso non indica il momento presente. Pertanto, ndJ'enundato
maJ'lCa una parte costitutiva essenziale, cioè la determinazjone
di luogo o di tempo. Laquale è indicata soltanto da un pronome
.relati.-0 o da UM congiunzione 11. prcsupP?StO n~sario perché l'csprasionc • dopo la separaziooc: dc;:llo
Schleswtg-Holstein dalla Danimarca• abbia in gcnènde una denotnionc. fl
nostro enunciato si può ttrtamente anche iaccrpre1ate oome ,e ~ cbc
una volta lo Schleswig-Hol.stcinfu separato dalla Danima.rQI.Avremo allora
$i t ddto pii1 ropra, a una simile cspr~sione dovrebbe san-
' O, ·-11.1.a.titn un ~ che tntteremo in seguito. Per comprendere bene la diffemi1.a. met-
~ t:l'M'?'I: ntt0»a~ una <knouz.iooe mediante una particolare ooovemionc: tiamoci nci panni di un cinese che, pt.t b s.c:ru-uOOOOS(.""èn:t..l della storia
!}eT e1'emf'Ì.O la ronven7~ dl<C <k-1evalere rome sua denotazione il nun» europea, ritiene falso che una volta lo Schleswig-Holstciil ria itaro sep1nro
10 O ~~o .-.:«w_il~:r~w rìOn cade nessun ogg~tto o ne cade più di uno. dalla Danimarca. Il cinese allora riterrà il nostro <nunciaro, inlctpttato
• Qu:e:m rtlu.ncwi possono e:\Se,c iot.erpreuti in due modi .lqgcnnmtc nel prill)() modo, ~ vero né falso, ma ne:ghcri che abbia unt ~ooe
diwnr. U v.k..o <idl'emmciato .. Dopo ehe lo Schleswig,Holstein fu scpmato perché manca la denotuJonc defl'enunci.tto subotdiruato. Ques1'ultimo fcmi-
dalla Inmmarr.:~, Pnc.)i.a ,r. Ai.tmiaenuanx10in conflhtO"., lo possiamo reo- rebbc solo io apparenza una dt:tcrmlnarione tcu1poralc. $(" inve<'Cil cinoe
~~ •
<kre ilt.1.4 fom.ra: "Dopo !.;i~azione dello &hlawig-Holstdn dalla Da- modo, ci ti;ovcrli.espresso un pen.,ìcro
interpreterà l'enunciato nel sè('OO('.\o
.nil'J'.laKa.. Pnmia ~ Austria ennaron<> in ax1flitto•. In tale versione, si v~
--,r
principale e in quello subo~~~to,_ qu~ta fo~ grammaticale come senso, un pensiero c?mpleto_ (quando lo _completi~o c~m
è il termine effettuante un mdicmonc. mdetennmata. ~ U? l'indicazione di tempo e di luogo). La denotaz.tone_dell enunoa-
esempio: "Se il sole si trova nel ~ptc<>. del_Cancro_-_ em;-
nell to subordinato è perciò un valore di verità. Possiamo dunque
aspettarci di poter sostituire questo enunciato con un al~ro che
sfero settentrionale della terra abbiamo il giorno p~u lungo •
Anchequi è impossibile esp_r~ere il_se~ dell'enunaato subor- abbia lo stesso valore di verità, senza pregiudicare la verità del-
dinato in un enunciato pnnopale tndi_Pende~te,~ °!.°mento l'intero complesso. -E cosl infatti accade nd nostro .caso·;.si dev_e
che .non è un pensiero completo. Infato, se dicessuno: Il sole soltanto stare attenti che il soggetto del nuovo enunciato n-
si tr9va nd tropico del Cancro•, riferiremmo questo ~tto al_ manga "Napoleone". Ciò per motivi puramente gram.mati?-1i,
nostro presente e muteremmo il senso. Analoga.mente,il senso perché solo in questo mod,? può ~ formato. ~ cn~ato
dcII'enunciato principale non è un pensiero. Soltanto l'intero attributivo appartenente a Napoleone . Ma se S1 nnUDCla alla
ènunàato formaro dall'enunciato principale e da quello subor- richiesta che esso abbia appunto una forma attributiva, accet-
dinato, ~ntiene un pensiero. Del resto, nell'enunciato ':°ndizi:o- tando il collegamento dei due enur.ciati con urua "e", allora cade
nale e nell'enunciato conseguente possono venire indicate 1n modo anche quella condizione.
indeterminato anche più parti costitutive comuni. Anche negli enunciati subordinati introdotti da •sebbene• so--
È evidente che enunciati nominali introdotti da •chi", • che no espressi pensieri completi. Questa congiunzione non ha pro,.
cosa•, ed enunciati avverbiali introdotti da "dove", "quando", priarnentc alcun senso, e neppure muta il senso dcll'enunàato,
•dovunque", '"comunque", molto spesso vanno intesi, per il ma gli dà una coloritura parti.colate u_ Potremmo ci~ sostituire
loro senso, come enunciati condizionali: per esempio, "Chi toc- l'enunciato concessivo con un altro dello stesso valore di verità
' ca la pece si imbratta'". _ senza pregiudicare la verità dell'intero complesso; solo che quel-
Anche gli enunciati attributivi possono stare al posto di quel- la coloritura risulterebbe inopportuna, come se volessimo into-
li condizionali. Cosl possiamo esprimere il senso dell'enunciato nare un triste canto su motivetto allegro.
esaminato prima, anche in questa forma: "Il quadrato di un
Negli ultimi casi esaminati, la verità dell'intero complesso
numero che sia minore di 1 e maggiore di O è minore di 1 e
includeva quella degli enunciati componenti. Ciò non accade
maggioredi O ". ;
quando un enunciato condizionale esprime un pensiero completo,
In un modo del tutto diverso stanno le cose quando la parte i contenendo un nome proprio (o qualcosa di equivalente) invece
costitutiva comune dell'enunciato principale e di quello suhor- {
dinato viene designata con un nome proprio. Nell'enunciato: ! di un termine effettuante un'indicazione indeterminata. Nell'c--
nunciato
j
"Napoleone, che riconobbe il pericolo per il suo fianco de-- \ "Se il sole adesso è già sorto, il cielo è molto nuvoloso"
stro, guidò egli stesso la sua Guardia contro la posizione l il tempo è il momento presente, quindi è ben determinato. Qui
nemica" Lb f.f 1'J'Af V-l1.,t si può dire che viene posta una relazione tra il valore di verità
sono espressi due pensieri: ~~ •Jb-0it_· l)U..
~.e. dell'enunciato condizionale e quello del conseguente; non ci può
cioè essere il caso in cui l'enunàato condizionale denoti il vero
1. Napoleone riconobbe il pericolo per il suo fianco destro; .,i.,,,.,..I\.Y'
i e quello conseguente il falso. Penanto, il nostro enunciato è
2. Na~_leone gui?ò egli stesso la sua Guardia contro la, h 'V-xo-_11.Alt.vq vero tanto se il sole adesso non è ancora sorto e il cielo è
0
pos1Z1onenemica. ~ v. U,4i.J..,ol{ ,,.~
(.IJ -·:M.-, non è, molto nuvoloso, quanto se il sole è già sorto e il ciclo
"rw)\ 1-I.N.
C 1_ . è molto nuvoloso. Poiché qui ci interessano soltanto i valori
Quando e dove ciò avvenne, si può venire a sapere solo dal M v¼·p,-, di verità, si può sostituire ogrù enunciato componente con un
contesto,ma lo si deve considerare come determinato appunto
da t:ùe contesto. Se noi pronunciamo l'intero enunciato per
JJ
l+.
!J/f. ~. , altro di uguale valore di verità, senza con questo mutare il
M /-·"1'-Jv.iw-:, valore di verità dell'intero. È certo che anche qui la coloritura
i a_ssenrl?,
alloraasseriamo nel contempo entrambe le parti del-
1enunciato; se una di esse è falsa tutto l'enunciato sarà falso.
Qucswè il caso in cui l'enu.ncia;o subordinato ha di per sé, •
! .-,·
b. r
risulterebbe per lo pìù inopportuna; il pensiero apparirebbe in-
...J.. ,, Il ."'-1A.iNN,,~
.f.j' . J·•'.. f
•;JJ,,,.t.;''
y✓',\ Ili\/\ ,t'\· tfJ,.,J,/AJ J.} .L!:::!::!__
< ·-, ~· )
\ Jl\'À.l\,;J',~r• • •'
28 GOTI LOB FREGB SENSO E DENOTA.ZIO~ 29
lìuho, m:i qn<'StQnon avrebbe nulla. a che fare col suo valore di potrebbe trovare che nell'enunciato
verità, B1~og1ta . empre tenere presente che ì pensieri. suscitano
pensi.cri ~'Oli 'Qmitanti che non sono però effettivamente espressi "'Napoleone, che riconobbe il pericolo per il suo fianco de-
stro, guidò egli stesso la sua Guardia con!Io la posizione
e che i~rctò on possono esse.re compresi nel senso degli enun-
nemica"
ciati: non si può dunque tener conto dd loro valore di verità u_
Possi mo C(}ndò ritenere disrussi i casi semplici. Diamo ora siano espressi non solo i due pensieri sopra indicati, ma anche
u.oo ·g_ua.rJor-ctrosp~:trlvQ\a ciò che abbiamo appurato. il pensiero che la consapevolezza del pericofo fu il mor..i•.-oper
X Per lo più l'enunciato subordinato ha come senso non un cui Napoleoo.e guidò 1a sua Guardia contro la posizione nemica.
pensiero, ma solo una {>Qrte di pensiero, e qui.odi non ha, come Di fatto si può essere in dubbio se questo pensiero sia soltan:o
;>tazi 11c. un valore di verità. Questo dipende o da] fatto
t-l<~n suggerito o effettivamente espresso. Provi.a.mo a chiederci se jJ
he ndl'(•ntirK1ato ,,ubordinaco le parole hanno la loro denota-- nostro enunciato sarebbe falso qualora Napoleone avesse preso la
zione indiretta. osicc.hé la denoraziooe, e non il senso, dell'e-- sua decisione prima ancora di percepire il pericolo. Se nono-
n1rnciaro ·ubordi11a10 011 pt'n. iero; oppure, dal fatto che que- stante ciò il nosuo enunciato è vero, allora il pe.n.siero suboc-
sto enul)ciato è incompleto a ausa della presenza ,li• un termine dinaro non dovrebbe essere inteso come pane del senso deJì'.e-•
dfettuamc un 'indicazione indeterminata, cosicché l'enunciato su- nt1nciato stesso. Probabilmente sceglieremo questa interpreta·
bordinato e;-sprimeun pensiero solo in combinazione con l'cnun- zione. In caso contrario le cose si complicherebbero: avremmo
cinw prlllcip.1Je Ci sono però anche casi in cui i.l senso di un più pensieri sempki che enunciati. Se ora anche aU'enuociaro
e.nunciat , !>llhor!inaw è un pensiero completo; a.llora quest'e-
nunciato ptiè> essere s )Stiruito con un altro dello ~1t:sso valore "Napoleone riconobbe il pericolo per il suo fianco destro"
di v ,rità_,-t'll.ta pregiudicare ID verità dell'intero complesso, pur-
chJ m•n sì ~)ppongano motivi di carattere gramm:111:ile. sosrituìamo un altro enunciato dello stesso valore di verità, per
S.c ori.i <·s.uniniamo rutti gli enu.nciati subordinati che s.i pos- esempio:
sono incontra e. ue troveremo subito alcuni che non rientrano "Napoleone aveva già più di 4 5 anni",
c.-sa11amcn1endla nostra classificazione. Credo che ciò dipenda
dal fatro che questi enunciatj subordinati non hanno un senso non solo modifichiamo il nostro primo pensiero, ma anche il
cosl semplice. Quasi sempre colleghfa.mo dei pensi.eri subordi- terzo, e ciò potrebbe modificarne il valore di verità - i.I che
nati a uno prm<ipalc che espdmiamo; quei pensied, sebbene accade se l'età di Napoleone non determinò la ,foA::isione di gui-
n m esprt:~si, s 'no connessi :11le nostre parole d3Jl'.1s(oltatore se~ dare egli stesso la sua Guardia contro il ner.iico. Da ciò si com-
condo le1~gips1colog.iche. E siccome tali pensieri sono connessi prende perché in questi casi non si possono sempre sostituire
al!· nostre· p:1role quasi come lo stesso pensiero principale, q~an- tra di loro degli enunciati aventi lo stesso valore di verità. L'e-
do esprimfomo que-Sl°'ultimo vogliamo esprimere anche queU~. 11 nunciato, allora, proprio per essere in connessione con un al.tra,
senso deU'enundaro diventa cosl più ricco, e può ben capitare esprime molto di più di quello che esprimerebbe se fosse da solo_
di avere più perisieri semplici che enunciati. In. ak~ai ~asi l't-: Esaminiamo ora dei casi in cui ciò si verifica regolarmente.
nunciato deve essere inteso in questo modo arr1Cch1to, 10 altn Nell'enunciato
easi può es.~<::re dubbio se i.l pensiero subordinato appartenga al "Bebd si illude che con la testituz.ione dcll'Alsazìa-ù:ii-ena
14
sen.o ddl' rmociato oppure lo ;1ccompagoisol ramo - C...osisi possano venir pla.cati i desideri di vendetta della Francia"'
11
Si porrebbe esprimere il pensiero dd
n~tro_ enunciaw. anche cos~ sono espressi due pensi.eri dei quali non si può però dire e~
~oil sole ad"so oon è 30 .:·ora~mo, oppure 11 odo è mol~onuvolo_so• l'uno appartiene all'enunciato principale e l'altro a quello subor-
lo 4ut-sto caso si vedrebbe come va inteso qui:sw genere dt connessione dinato. Essi sooo:
ru en11nc1a1i. l
•• Questo {JtlÒ div-catare imporrante quando dobbiamo '.ispondc;re a pro- 1. Bebd. crede che con la resùtuzione dell'Alsazìa-1.orena
bkrrur.l! un'~scrziooc:sia o .no falsa, se 11.n giuramento sia o no uno sper• possano venir placati i desideri di vendetta della Franeit;
glilrfl
31
SENSO E DENOTAZIONE
GOTILOB FREGS
I
!
mplesso fonetico in rel.lZ?Ollt:: a U03 lingu , e non .s. .:-, \;'lCl-
vidao. Che questa nozione di senso int~gg-eu:i:vo
s oni abbi.a una graode importanza per
ddla conoS,<,.;--eoz.a
delle ,.~~
mctodok--igia e 5~-
-è 1eso plai1s1 ile già pet il f· tto che 1 ,e,.::!\C:1:.1
de. e sci.cnU: non son) :tluo se oon il scn...-<.0 che Sfle. •3 s ;:1•.rn
enunciati nelle lingue rorrispoo~enri e per il fatto -c.~e -.":)e
sce.nza stessa (a di.fe.renz-a del conosce.re) :-,nsistc, ìlltn-e~" (l('Ìfa
sua forma più m.Jitu!ll, appunto od. se: Ùlt • : mvo Ji ....I'-
ti enunciati ed evenc Irocore di esprc...s1onì di uo
looostantc: la gr-'1Il~• importi!IUS che tives.te ues.
d.ì senso per Lat.eoria '- a ·onost,--en:.:a,a mi ac,.-..ioo~
s<at:a aocora esauaroeor( de:ii.ruta. e ci i è peI lo piii --:._--o,1rt•':'!f
uo di destare un'"'u-. ·12.ione" di d~ ctR' tkve e-·s.se-re: mtt'a•n -:,,,1..~
•senso•. Il n&.;tt m --i.) <l.ipr.,i,oodete per n+,.~.:u:ea·i ,>;:,v.:.~.::;':
ll!U Jefin.Ì2Ì ne di ";..-,.;1,~") ~ - J.r:1 in .-,e, an...wri<». !n ,
t(:lKY e arhiuario. · ~iò vud dire- d,e, • )n ·nt'\Stn ,id "n~-.~
J1 ~ _.-nso·, imendì.:1.1n0-rt-nJere cr.nu :l pìù r--.s,hik ..k~L1.::ù"
1' ~ Spr .h< 'fili4 S1,..!t, ·E~r n .• \ 4, 19 ~. N"- l .).,f'':'. 'T :li.,~.:, ~-w:.
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