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La muffa e il cartongesso, ecco spiegato perché vanno

così d’accordo

Marco Argiolas, Patologo Edile®

Molto spesso la muffa si forma sulle superfici del cartongesso in maniera più rapida e con
manifestazioni più intense ed estese rispetto alle murature tradizionali. Ciò può avvenire a causa di
fenomeni infiltrativi, come ad esempio la perdita di un impianto o a causa di un apporto indesiderato
di acque meteoriche, oppure in conseguenza di condensa, anche derivante da un’elevata umidità
ambientale. Ma cosa rende così appetibile il cartongesso per le muffe? Lo scopriremo insieme in
questo interessante articolo.

La muffa negli ambienti

Le muffe sono dei microrganismi primordiali le cui spore, che possiamo immaginare simili ai loro semi, sono
aerodisperse perciò presenti dappertutto. In natura svolgono il ruolo di demolitori, esercitando un ruolo
importante in tutti gli ecosistemi, e possono nutrirsi di numerose sostanze organiche, anche in
decomposizione. Dal punto di vista biologico vengono classificate fra i funghi o miceti ma fino al 1965 erano
state inserite fra i vegetali, si insediano rapidamente e con grande facilità sulle superfici di numerosi materiali
anche minerali come pietra, vetro e mattoni. Si cibano di sostanze organiche ma anche di prodotti sintetici e
hanno bisogno soltanto di tre elementi per vivere e riprodursi: una superficie sulla quale stabilirsi, un livello
di umidità sufficientemente alto sul supporto e una piccolissima quantità di cibo.

Fig. 1. - Spore di Aspergillus niger osservate al criomicroscopio elettronico. (1)

Alcune muffe sono in grado di nutrirsi anche delle minime quantità di particolato biologico contenuto
nell’aria sotto forma di pollini, spore, residui di cellule vegetali e animali, batteri, altre muffe, frammenti di
protozoi, insetti, semi e altre componenti biologiche che costituiscono le particelle aerodisperse.

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Queste sono presenti in misura variabile, in funzione dell’ambiente preso in esame.
In natura finora sono state classificate oltre 100.000 specie diverse di muffe, delle quali secondo l’OMS circa
200 possono stabilirsi negli ambienti domestici. Negli edifici abitativi le muffe trovano le migliori condizioni
per poter crescere e riprodursi, cioè, abbondanti quantità di sostanze nutrienti, temperature abbastanza
stabili e comunque non troppo alte ma neppure troppo basse e spesso elevata umidità dell’aria e delle
superfici sulle quali potersi insediare.
Negli edifici residenziali, si ritiene che l'umidità sia l'unico fattore chiave che possa determinare la crescita
delle muffe, poiché l'intervallo fra la temperatura interna minima e massima entro le quali questi vengono
riscaldati e raffrescati, rientra nell'ampia gamma di temperature in cui questi microrganismi possono
svilupparsi. Inoltre, spesso i materiali presenti all’interno dell’edificio soddisfano i requisiti nutrizionali delle
muffe, ad esempio i capi in pelle e in lana, le copertine dei libri, la carta in gnerale e le pitture acriliche, sono
degli ottimi cibi per queste fastidiose attività biologiche.
L’umidità risulta perciò la condizione necessaria ma non sufficiente per consentire lo sviluppo delle muffe.
Studi condotti in tutto il mondo dall’Organizzazione Mondiale della Sanità evidenziano che l’eccessiva umidità
e la conseguente contaminazione da muffe colpisce un numero variabile fra il 20% ed il 50% delle unità
abitative, dove le situazioni peggiori sono correlate ai bassi redditi degli occupanti (fuel poverty due to low
income).

Fig. 2. - Diagramma isotermo di isteresi igroscopica di un materiale a base di gesso nel quale si osserva che la
curva di adsorbimento e quella di desorbimento non coincidono, durante l’asciugatura il materiale tende a
trattenere una parte dell’umidità adsorbita precedentemente anche quando torna alle condizioni di inizio
ciclo. Il fenomeno diventa più intenso con le basse temperature. (1)

È stato riscontrato che quando le abitazioni non sono sufficientemente riscaldate nel regime invernale, la
proliferazione delle muffe aumenta sensibilmente. Con basse temperature dell’aria interna e delle superfici,
anche in presenza di idonea aerazione o ventilazione, è molto difficile evitare la formazione di muffe sulle
pareti, sui soffitti e sui materiali contenuti nei locali.

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I problemi relativi alla bassa qualità dell’aria interna sono riconosciuti dalla comunità scientifica
internazionale come importanti fattori di rischio per la salute umana, sia nei paesi a basso reddito che in
quelli più ricchi. La qualità dell'aria interna è molto importante, anche perché le persone trascorrono una
quota considerevole delle loro giornate all'interno di spazi confinati. Nelle scuole, nelle residenze, nei centri
diurni, nelle case di riposo e in altri ambienti affollati, l'inquinamento dell'aria interna colpisce gruppi di
popolazione particolarmente vulnerabili a causa del loro stato di salute o età.
L'inquinamento biologico coinvolge svariate specie di muffe, batteri e altri microrganismi indesiderati che
crescono in casa quando è disponibile una quantità sufficiente di umidità. L'esposizione ai contaminanti
biologici è clinicamente associata a sintomatologie respiratorie, irritazioni, infiammazioni, allergie, asma e
reazioni immunologiche dell’organismo, in rari e gravi casi si riportano anche effetti tossici e cancerogeni.
Le evidenze relative ai diversi agenti biologici presenti nell’aria interna possono essere prese in esame solo
nella loro globalità e non singolarmente. Ciò è dovuto al fatto che le persone sono spesso esposte a più agenti
contemporaneamente ed è difficile stimare quale possa essere l’azione di ciascun singolo inquinante rispetto
al loro insieme. Alcune eccezioni includono diverse allergie comuni, che possono essere attribuite ad agenti
specifici, come gli acari della polvere oppure gli animali domestici.
La presenza eccessiva di agenti biologici indesiderati nell'ambiente interno, muffe comprese, nella maggior
parte dei casi è dovuta all'umidità elevata e alla aerazione o ventilazione inadeguata. L'eccesso di umidità su
quasi tutti i materiali interni porta alla crescita di muffe, batteri ed altri microrganismi indesiderati, che
successivamente emettono spore, cellule, frammenti e composti organici volatili dall’odore sgradevole
nell'aria interna. Inoltre, l'umidità promuove la degradazione chimica e quella biologica dei materiali, che a
loro volta sono la causa di maggior produzione di inquinanti dell'aria interna.
L'umidità in eccesso rappresenta anche un valido indicatore del rischio di asma e di altre patologie
respiratorie, e deve perciò essere considerata a tutti gli effetti un importante fattore di rischio. Indagini
epidemiologiche e studi condotti in diversi paesi e in svariate condizioni climatiche, evidenziano che gli
occupanti di edifici umidi con presenza abbondante di muffa, sia nelle case che negli edifici pubblici, sono a
maggior rischio di patologie respiratorie, infezioni, asma, rinite allergica e altre malattie correlate.
La quantità di acqua presente sulla superficie dei materiali è il primo fattore scatenante della crescita di
microrganismi, tra cui muffe e batteri. I microrganismi si propagano rapidamente ovunque sia disponibile
dell’acqua o dell’umidità in quantità sufficiente. La polvere e lo sporco, laddove presenti negli spazi interni,
forniscono nutrienti sufficienti per supportare un'ampia e diffusa crescita microbica. Poiché la muffa può
crescere su quasi tutti i materiali, è opportuno selezionare quelli più appropriati per prevenire l'accumulo di
sporco e la penetrazione dell'umidità, riducendo conseguentemente la possibilità di crescita della muffa.
Gli agenti che causano gli effetti avversi sulla salute non sono stati ancora identificati in modo univoco e
definitivo, ma si ritiene che un livello eccessivo di uno qualsiasi di questi nell'ambiente interno, possa
rappresentare un potenziale rischio per la salute. Anche le interazioni fra i diversi microrganismi dalle quali
derivano le catene trofiche e le emissioni chimiche legate all'umidità dei materiali da costruzione, possono
svolgere un ruolo negli effetti sulla salute legati all'umidità. Gli standard e i regolamenti edilizi in materia di
comfort e salute non stabiliscono con sufficientemente chiarezza i requisiti necessari per prevenire e limitare
l'umidità in eccesso.
L’acqua e l’umidità possono penetrare nell’edificio in occasione di eventi accidentali come infiltrazioni,
perdite d'acqua dagli impianti, forti piogge e inondazioni, ma la maggior parte dell'umidità all’interno
dell’edificio viene apportata attraverso l’aria, compresa quella che si infiltra dall’involucro e quella prodotta
dalle attività degli occupanti. Consentire alle superfici interne di diventare molto più fredde dell'aria
circostante può causare condensa indesiderata.

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I ponti termici, l'isolamento inadeguato, le infiltrazioni e le esfiltrazioni d’aria, l'impianto idraulico dell'acqua
fredda e le parti fredde delle unità di condizionamento dell'aria, possono abbassare le temperature
superficiali fino a valori inferiori rispetto al rischio muffa e nelle peggiori condizioni anche al punto di rugiada
dell'aria.

La muffa nei materiali e sulle superfici

Come è stato accennato nel precedente paragrafo, le muffe possono insediarsi e svilupparsi anche sui
supporti non nutrienti come ad esempio il vetro, i mattoni e gli intonaci ma preferiscono le superfici dei
materiali dei quali possono cibarsi, come la carta, il legno, i capi in pelle, in lana e alcuni tipi di rivestimento.
La cellulosa rappresenta una fra le migliori scelte per le muffe perché è molto diffusa in natura e perché nel
corso dell’evoluzione ha costituito il principale elemento nutritivo per questi microrganismi. Inoltre, essendo
anche molto igroscopica, la cellulosa tende a trattenere maggiormente l’umidità dell’aria costituendo così il
supporto ideale per lo sviluppo delle muffe. Lo Stachybotrys chartarum è una muffa molto diffusa in natura
ed è presente anche nei materiali da costruzione contenenti cellulosa. Deve il suo nome allo scienziato August
Carl Joseph Corda, il quale la descrisse per la prima volta nel 1837 dopo averla isolata nella carta da parati in
una casa di Praga. Un altro fattore che può favorire oppure ostacolare lo sviluppo delle muffe sulle superfici,
riguarda il pH di equilibrio del materiale di supporto, che deve essere compatibile con quello ammesso dalla
muffa in esame.
Quasi tutte le muffe possono proliferare quando il pH in equilibrio è compreso fra circa 4 e 11 ma
preferiscono un ambiente leggermente acido, cioè con valori fra 5 e 7. Il pH di una soluzione ci indica quanto
questa sia acida o basica, può variare da 0 a 14 con il valore neutro di 7 che corrisponde all’acqua distillata.
Con il pH da 7 a 14 si hanno soluzioni via via più basiche mentre da 7 a 0 le soluzioni sono progressivamente
più acide. Alcuni materiali hanno naturalmente delle proprietà antifungine e antibatteriche e sulle loro
superfici non possono svilupparsi attività biologiche, ad esempio il rame e le sue leghe, ma anche l’argento e
i sali di boro. Fanno parte di questa categoria di sostanze antifungine anche altri composti come i sali di sodio,
di alluminio, di cromo e svariati oli essenziali usati spesso nel restauro. Più in generale lo sviluppo di muffe e
di batteri viene rallentato fino ad essere impedito quando la concentrazione dei sali aumenta.
In base a quanto descritto, le condizioni migliori per le muffe sono quelle di umidità elevata su superfici
porose, igroscopiche e nutrienti, aventi un pH in equilibrio compreso fra 5 e 7. Bisogna considerare che le
muffe attecchiscono solo sulle superfici dei materiali e molto raramente si diffondono anche all’interno dei
pori, inoltre, poiché si tratta di organismi di dimensioni molto piccole, il loro ambiente si estende al massimo
per qualche decimo o centesimo di millimetro di spessore rispetto al supporto sul quale sono insediate.

Cos’è il cartongesso, composizione, caratteristiche, impieghi

Il cartongesso è un materiale prefabbricato, costituito da due fogli di cartone all’interno dei quali si trova un
nucleo centrale composto da gesso, amido, fibre di vetro e piccole quantità di altri additivi che ne migliorano
le caratteristiche in base agli impieghi previsti. Inventato negli Stati Uniti intorno alla metà dell’800 e
ampiamente diffuso in Nord America per le sue caratteristiche di semplicità e versatilità, è stato introdotto
in Europa durante la Prima Guerra Mondiale. Successivamente si è diffuso a partire dalle nazioni più
settentrionali e all’incirca a partire dagli anni ’60 anche in Italia e negli altri paesi mediterranei.
Viene fornito in lastre di dimensioni standardizzate, solitamente da 120 cm di larghezza e di lunghezza
variabile fra i 100 ed i 300 cm, lo spessore può variare fra i 6 ed i 25 mm in funzione degli utilizzi. Le lastre
possono essere fissate con viti su apposite strutture in acciaio zincato (inizialmente si utilizzavano dei listelli

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di legno) per la realizzazione di controsoffitti, pareti divisorie e contropareti, oppure possono essere fornite
come elemento preaccoppiato costituito dalla lastra incollata a un materiale isolante rigido come la lana di
vetro, lana di roccia, EPS, XPS ecc., solitamente da applicare sulle murature mediante adesivo o con fissaggio
meccanico.
È un materiale molto versatile che si presta a numerosissime applicazioni, può essere impiegato per la
realizzazione di pareti, controsoffitti, contropareti di qualsiasi forma e dimensione, può essere facilmente
curvato in fase di posa ed essere poi finito con un’ampia varietà di vernici, pitture e rivestimenti. Fra le
caratteristiche più importanti che lo rendono molto vantaggioso rispetto alle tecniche costruttive tradizionali,
vi sono la leggerezza, la semplicità di ottenere elementi con elevate prestazioni di isolamento termico, di
resistenza al fuoco e di insonorizzazione. Inoltre, essendo un materiale già asciutto e liscio in fase di posa,
riduce notevolmente i tempi di asciugatura durante i lavori e consente la realizzazione di interventi rapidi,
funzionali e di elevata qualità estetica.
Per questi motivi è diventato un materiale di ampia diffusione che viene impiegato sempre più spesso nelle
più varie applicazioni dell’edilizia e dell’industria, sia sul nuovo che nelle ristrutturazioni.
Per quanto riguarda le sue possibili interazioni con l’acqua, è da precisare che si tratta di un materiale che
non è destinato a bagnarsi ed è molto sensibile all’umidità. Essendo molto poroso e igroscopico tende a
trattenere facilmente l’umidità, perciò, in occasione di variazioni cicliche dell’umidità relativa ambientale, la
sua umidità superficiale tende ad essere più simile alle condizioni dell’ambiente durante la fase di umidità
crescente mentre tende ad essere maggiore durante la fase di asciugatura rispetto ad altri materiali utilizzati
in edilizia.
Detto in altre parole, è un materiale che si inumidisce rapidamente ma si asciuga lentamente, presenta cioè
un marcato fenomeno di isteresi igroscopica. Questa sua caratteristica, unita ad un pH di equilibrio in
superficie all’incirca neutro o leggermente acido, mentre il gesso che si trova al suo interno, se non additivato
ha un pH di circa 8, lo rendono particolarmente sensibile all’attacco delle muffe. La crescita di tutti i
microrganismi è strettamente correlata alla disponibilità di acqua o di umidità sufficientemente elevata sulle
superfici o sui supporti porosi.
Numerose istituzioni convenzionalmente considerano il valore limite dell’80% di Umidità Relativa (UR) in
superficie, come soglia al di sotto della quale non esisterebbe il cosiddetto “rischio muffa” cioè come limite
di sicurezza da non superare per prevenire la formazione di attività biologiche indesiderate. In realtà è stato
accertato dalla comunità scientifica internazionale che sono possibili formazioni di muffe anche con valori di
UR in superficie del 65%, in funzione del tempo di esposizione e della disponibilità di sostanze nutrienti.
Maggiore è il valore di UR in superficie e minore sarà il tempo necessario per lo sviluppo delle muffe e
viceversa. Se le superfici sono costituite da materiale nutriente, cioè da sostanze naturali come lana, cotone,
carta, cellulosa, pelle, legno ma anche diversi prodotti chimici come colle, pitture acriliche o alcuni tipi di
plastica e di gomma, le muffe cresceranno anche con valori di UR più bassi dell’80%.
Il Time Of Wetness (TOW) cioè il “tempo di umidità” rappresenta la frazione del tempo durante la quale
l’umidità relativa nel microambiente di crescita e sviluppo del fungo, cioè della superficie sulla quale questa
si insedia, è superiore al livello di soglia per la crescita della specie di muffa presa in esame. Le diverse specie
di muffa hanno diversi valori soglia di TOW. Per esempio le muffe idrofile si sviluppano più rapidamente ma
hanno bisogno di valori di UR in superficie prossimi al 100%, mentre le xerofile necessitano di tempi molto
più lunghi e si sviluppano anche con UR di circa il 75÷80%.
A causa della notevole porosità e igroscopicità, il cartongesso tende a trattenere maggiormente l’umidità e
per tempi più lunghi rispetto ad altri materiali solitamente impiegati nell’edilizia, ciò si traduce in elevati
valori di UR in superficie e contemporaneamente anche di TOW. Studi recenti hanno evidenziato che su un
campione di cartongesso portato a saturazione per 10 minuti, si è avuto un TOW di circa 6 ore.

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Fig. 3. - Rappresentazione schematica del Time Of Wetness (TOW) (1)

Muffe e cartongesso

A causa della elevata porosità e igroscopicità dei materiali che lo costituiscono e della presenza di cartone e
di altri additivi in superficie, cioè proprio dove le muffe hanno la possibilità di insediarsi, il cartongesso
presenta contemporaneamente diverse criticità che lo rendono maggiormente sensibile al rischio muffa
rispetto ad altri materiali di uso comune in edilizia. La superficie “nutriente”, costituita dal cartone ed il pH
di equilibrio prossimo al valore neutro, il TOW tendenzialmente molto elevato, la riserva di umidità dovuta
alla elevata igroscopicità, porosità e permeabilità del gesso, rendono questo validissimo materiale non adatto
all’impiego in tutte le situazioni di umidità elevata.

In particolare, si devono evitare:

• Bagnatura diretta o indiretta e qualsiasi contatto con l’acqua liquida per evitare assolutamente
qualsiasi possibilità di assorbimento che comporta anche la perdita delle prestazioni meccaniche.
• Umidità relativa dell’aria a contatto del materiale superiore al 65% per tempi molto lunghi, o dell’80%
per tempi anche brevi, che determinano un progressivo assorbimento di umidità e la conseguente
possibilità di formazione di muffe in superficie.
• Elevate variazioni cicliche dei valori di UR che causano accumulo di umidità in conseguenza
dell’isteresi igroscopica, che in ultima analisi favorisce lo sviluppo delle muffe.
• Pitture acriliche e altri rivestimenti “nutrienti” come, ad esempio, di tessuto o di carta da parati con
umidità ambientale elevata. Preferibilmente utilizzare delle pitture antimuffa.
• Basse temperature che esaltano i fenomeni igroscopici.

Un utilizzo del cartongesso da evitare a qualsiasi costo è quello delle contropareti da applicare sulle murature
perimetrali affette da risalita o peggio ancora su quelle controterra, per nascondere la retrostante umidità.
Le lastre di cartongesso “verde” cosiddetto idrofugo, se poste a contatto di umidità elevata per tempi
sufficientemente lunghi sono soggette ugualmente all’attacco delle muffe.

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Fig. 4. - Anche le lastre di cartongesso verde idrofugo sono soggette alla formazione di muffe in condizioni di
umidità elevata e prolungata.

Come prevenire e correggere le patologie correlate

La prevenzione dei fenomeni di muffa sul cartongesso è relativamente semplice da mettere in pratica e
consiste nel rispetto di poche regole fondamentali, che si riassumono di seguito.

• Evitare che il cartongesso possa essere bagnato da acqua liquida.


• Mantenere costantemente basso, al di sotto del 65%, il valore dell’UR ambientale a contatto del
materiale.
• Evitare rapide e marcate oscillazioni dell’umidità contenuta nell’aria a contatto del materiale.
• Evitare di utilizzare il cartongesso quando le temperature dell’ambiente possono raggiungere dei
valori molto bassi.
• Possibilmente non utilizzare delle pitture nutrienti come, ad esempio, le acriliche o le tempere,
preferendo invece quelle di calce che oltre a non rappresentare un cibo per le muffe, sono poco
igroscopiche ed hanno un pH di equilibrio in superficie di circa 10, cioè tendenzialmente non adatto
alla proliferazione fungina.
• Mantenere pulite le superfici, perché spesso le muffe si sviluppano sullo strato di polvere o di sporco
che si deposita sui materiali in quanto ricco di sostanze nutrienti.

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• Ventilare il più possibile in maniera continua i locali, preferibilmente mediante degli apparati
automatici dedicati, noti come VMC cioè di Ventilazione Meccanica Controllata, che assicurano
contemporaneamente di eliminare l’accumulo di umidità e di ridurre i fenomeni di isteresi
igroscopica, limitando l’oscillazione dei suoi valori.

Le stesse aziende che producono il cartongesso distribuiscono anche degli altri materiali similari, più adatti
ad essere impiegati in tutte le situazioni di elevata umidità ambientale, compresi gli esterni.

Fig. 5. - Controparete in cartongesso in un locale interrato con apporti di acqua e di umidità provenienti dalla
retrostante parete controterra. In questi casi la formazione di muffa è inevitabile.

Bibliografia

1) Olaf C.G. Adan: Fundamentals of Mold Growth in Indoor Environments and Strategies for Healthy Living
2) Dedesko and Siegel: Moisture parameters and fungal communities associated with gypsum drywall in
buildings
3) US Environmental Protection Agency: Moisture Movement (Wicking) within Gypsum Wallboard
4) WHO: Guidelines for indoor air quality dampness and mould

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