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Vibrocompattazione per il miglioramento dei terreni

Davide Sergeant, Ingegnere Civile Geotecnico (davide.sergeant@gmail.com)

Nel presente articolo, dopo un accenno introduttivo relativo al miglioramento dei terreni ed alle
relative prescrizioni normative nonché alla definizione di parametro caratteristico, si evidenziano
alcune peculiarità relative all’uso delle colonne in ghiaia per migliorare i terreni di fondazione. In
particolare, si discutono i temi relativi alla realizzabilità, alla stima della capacità portante ed alla
stima dei cedimenti delle colonne in ghiaia. Si riportano infine alcuni cenni sull’impiego delle colonne
in ghiaia per mitigare il rischio di liquefazione.

IL MIGLIORAMENTO DEI TERRENI E LE NTC 2018

Nella realizzazione di manufatti su suoli cedevoli, la scelta della tipologia fondazionale più idonea dipende da
molteplici fattori quali le caratteristiche geologico – geotecniche del sottosuolo, la presenza di acque
sotterranee, l’entità dei carichi in gioco, la logistica dell’area di cantiere e, non ultimo, da aspetti di natura
economica e legati alle tempistiche realizzative. Sulla base di questi aspetti, al Progettista si prospetta un
ampio ventaglio di possibilità tra le quali valutare l’apparato fondazionale più idoneo al singolo caso:
fondazioni dirette, fondazioni su pali, fondazioni miste o fondazioni realizzate su terreni migliorati.

Quest’ultima possibilità, ovvero il miglioramento dei terreni, consiste essenzialmente nella modifica delle
caratteristiche dei terreni di appoggio delle fondazioni e può essere realizzato con molteplici tecnologie:
addensamento, realizzazione di colonne in ghiaia, in sabbia incapsulate o in jet grouting, inserimento di
inclusioni rigide nel sottosuolo, esecuzione di iniezioni, deep mixing o congelamento dei terreni. Un’ulteriore
modalità per migliorare le caratteristiche di un terreno, senza ricorrere all’esecuzione di opere nel sottosuolo
ma operando direttamente da piano campagna, è quella della precarica.

Il miglioramento dei terreni viene trattato dalla Normativa vigente NTC 2018 in maniera specifica al paragrafo
6.9. Essenzialmente, rispetto alle opere geotecniche tradizionali, per il miglioramento dei terreni la Norma
prescrive che siano previste apposite indagini atte ad accertare l’efficacia degli interventi:

“… il progetto deve indicare le modalità di accertamento dei risultati, specificando le misure e le indagini
sperimentali più opportune in relazione alla tipologia ed agli obiettivi dell’intervento di miglioramento e/o
rinforzo ...”.

A tal proposito si sottolinea l’importanza e la convenienza di realizzare dei campi prova, prima di procedere
con l’esecuzione dell’opera, volti alla valutazione presso il sito d’intervento sia dei parametri operativi di
formazione degli interventi di miglioramento sia dei risultati effettivamente conseguibili con gli stessi.

Si evidenzia inoltre che la Normativa vigente prescrive di accertare l’efficacia degli interventi di
miglioramento con opportuni sistemi di monitoraggio:

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“… Il monitoraggio ha lo scopo di valutare l’efficacia degli interventi e di verificare la rispondenza dei risultati
ottenuti con le ipotesi progettuali. Ha inoltre lo scopo di controllare il comportamento nel tempo del
complesso opera-terreno trattato. Il monitoraggio deve essere previsto nei casi in cui gli interventi di
miglioramento e di rinforzo possano condizionare la sicurezza e la funzionalità dell’opera in progetto o di
opere circostanti ...”.

La definizione di tipologia, numero e posizione sia delle prove di controllo sull’efficacia degli interventi sia del
sistema di monitoraggio andranno valutati in via preliminare durante la fase progettuale.

IMPORTANZA DELLE INDAGINI GEOGNOSTICHE E PARAMETRI CARATTERISTICI

Dato che gli interventi di consolidamento modificano i terreni presenti in sito migliorandone le
caratteristiche, per poter dimensionare in maniera adeguata un qualsiasi intervento di miglioramento è
fondamentale disporre di un’indagine geologico – geotecnica debitamente approfondita, con la quale sia
possibile definire la litologia ed i parametri geotecnici dei materiali presenti in sito oltre alla condizione delle
acque sotterranee eventualmente presenti. A tal proposito risulta fondamentale l’apporto che il Geologo può
fornire nelle fasi progettuali, evidenziando eventuali peculiarità e criticità dei terreni che potrebbero
compromettere tanto la realizzabilità quanto il buon funzionamento degli interventi.

In merito alla definizione di parametro geotecnico caratteristico, si riporta quanto prescritto dalla Normativa
vigente NTC 2018 al paragrafo 6.2.2:

“… per valore caratteristico di un parametro geotecnico deve intendersi una stima ragionata e cautelativa del
valore del parametro per ogni stato limite considerato. I valori caratteristici delle proprietà fisiche e
meccaniche da attribuire ai terreni devono essere dedotti dall’interpretazione dei risultati di specifiche prove
di laboratorio su campioni rappresentativi di terreno e di prove e misure in sito ...”

Come prima indicato, nella definizione fornita dalla Normativa vigente non viene citato alcun riferimento
specifico ad approcci di tipo statistico, comunque impiegabili nel caso in cui si disponga di un numero
sufficiente di indagini. A seconda della finalità dell’intervento di miglioramento (incremento della capacità
portante o della stabilità, riduzione dei cedimenti, mitigazione del rischio di liquefazione, effetto di
drenaggio) i parametri geotecnici caratteristici andranno definiti sulla base di indagini specifiche che
consentano di individuare i parametri geotecnici d’interesse e di definirli con la dovuta cautela.

A seconda dell’estensione dell’area e dell’importanza dell’intervento, può essere opportuno suddividere la


campagna geognostica in più fasi sfruttando le conoscenze acquisite nella prima parte della compagna per
ottimizzare le prove da condurre nelle fasi successive in termini di numero, tipologia, posizione e profondità
delle indagini. In particolare l’indagine geognostica dev’essere mirata, oltre che ad una conoscenza generale
degli aspetti geologico – geotecnici per la definizione del modello geotecnico di sito, anche all’individuazione
dell’eventuale presenza di uno strato rigido di base e di criticità più o meno locali come ad esempio lenti di
materiale particolarmente scadente o eccessivamente compatto che possono precludere la realizzabilità o
diminuire l’efficienza degli interventi di miglioramento. In tale ottica l’impiego delle prove di tipo geofisico,
se correttamente eseguite ed interpretate, può essere un valido ausilio per indirizzare la scelta e il
posizionamento delle prove tradizionali nonché per completare la definizione del modello geotecnico
richiesto dalla Normativa.

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ASPETTI OPERATIVI RELATIVI ALLA VIBROCOMPATTAZIONE

Le colonne in ghiaia vengono generalmente realizzate impiegando la tecnica “Bottom feed” che consiste
nell’infissione del vibro fino alla quota di base della colonna, eseguita senza asportazione di terreno, e nella
successiva fuoriuscita del materiale granulare sotto pressione d’aria dalla punta del vibro. La risalita del vibro
non avviene in continuo ma viene eseguita per fasi successive; infatti, una volta sollevato il vibro di una certa
quantità, viene rilasciato il materiale granulare nel terreno, compattandolo con un movimento verticale del
vibro stesso. Queste operazioni vengono ripetute fino a raggiungere la quota della teste delle colonne in
ghiaia.

Si evidenzia che il materiale impiegato per la formazione delle colonne dovrà presentare idonee
caratteristiche meccaniche di resistenza per evitarne la frantumazione durante la loro formazione nonché
adeguate caratteristiche chimiche necessarie per resistere agli attacchi di sostanze aggressive eventualmente
presenti nel terreno e/o nelle acque sotterranee.

Da un punto di vista operativo, dato che le colonne in ghiaia vengono realizzate senza asportazione di
materiale né iniezioni di miscele, non si hanno da gestire in cantiere materiali di risulta, fanghi di refluo né
bentonite.

Risulta comunque di particolare importanza, anche ai fini della sicurezza, assicurare che lo strato di terreno
più superficiale presenti delle caratteristiche meccaniche sufficienti a sostenere i carichi, statici e dinamici,
dovuti al peso ed al passaggio dei mezzi d’opera nonché dei cumuli di materiali che vengono impiegati per la
formazione delle colonne. Se così non fosse, una possibile soluzione è quella di procedere con la bonifica
dello strato più superficiale impiegando eventualmente rinforzi con geotessuti per garantire la stabilità del
piano di lavoro.

REALIZZABILITA’ DELLE COLONNE IN GHIAIA

Il primo punto da affrontare nella scelta della tecnologia di miglioramento dei terreni è la valutazione della
realizzabilità o meno degli interventi stessi. Nel caso particolare delle colonne in ghiaia, queste possono
essere realizzate se il terreno è sufficientemente tenero da poter essere attraversato dal vibro ed abbastanza
consistente da poter sorreggere la colonna sia durante la sua realizzazione sia in esercizio. Dovrà inoltre
essere posta particolare attenzione all’assenza di trovanti, lenti di conglomerato o strati particolarmente
consistenti che possono impedire l’infissione del vibro.

Da ciò deriva l’opportunità, prima di procedere con la realizzazione degli interventi, di eseguire campi prova
volti sia alla calibrazione dei parametri operativi di formazione delle colonne che alla stima in sito
dell’efficacia degli interventi di miglioramento.

Per quanto riguarda le colonne in ghiaia, queste vengono usualmente impiegate per il miglioramento di
terreni a granulometria prevalente argillosa, limosa o sabbiosa. Come già anticipato, affinché sia possibile
procedere con la realizzazione delle colonne, i terreni presenti in sito devono essere in grado di sostenere la

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colonna relitta sia nel corso della realizzazione delle colonne che in esercizio; indicativamente tale condizione
risulta verificata quando il valore di coesione non drenata è Cu > 15 kPa.

Sotto tale limite è necessario ricorrere a tecnologie differenti, quali ad esempio colonne in sabbia o ghiaia
incapsulate con geosintetici. L’impiego delle colonne in ghiaia è inoltre idoneo per quei materiali con scarse
capacità di addensamento se soggetti a vibrazione ovvero, in linea generale, quando la frazione fine della
granulometria del terreno presente in sito supera il 10 – 15 %.

Un importante contributo sulla realizzabilità delle colonne in ghiaia è stato fornito da Degen (Degen, 1997)
che impiegando la classificazione USCS ha evidenziando le tipologie di terreno per le quali le colonne in ghiaia
risultano non realizzabili o difficilmente realizzabili.

CAPACITA’ PORTANTE DELLE COLONNE IN GHIAIA

A seconda delle condizioni stratigrafiche del sito d’intervento, che può presentare o meno stati rigidi ad una
profondità raggiungibile dalle colonne in ghiaia, le colonne stesse possono essere valutate considerando la
presenza di uno strato rigido di base oppure come sospese.

Nel caso di terreni omogenei, i potenziali meccanismi di collasso della singola colonna sono riassunti
nell’immagine seguente (Fig. 1):

Figura 1 – Meccanismi di collasso di singole colonne in ghiaia in terreno omogeneo (Design and construction
of stone column Vol. 1 – FHWA).

La prima modalità di collasso (bulging failure) è dovuta all’espansione che la colonna, costituita da materiale
granulare e soggetta ad un carico verticale, tende ad avere nel terreno naturale che la confina lateralmente.

Per tale modalità di collasso, la capacità portante viene valutata con una formulazione del tipo:

𝑞𝑙𝑖𝑚 = 𝜎3 ∙ 𝐾𝑝𝑐

Dove:

qlim = capacità portante della colonna


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σ3 = tensione laterale di confinamento

Kpc = coefficiente di spinta passiva del materiale costituente la colonna

La tensione laterale di confinamento σ3 dipende essenzialmente dalle caratteristiche del terreno e può essere
ricavata direttamente in sito eseguendo delle prove pressiometriche oppure con apposite formulazioni
teoriche legate all’espansione della cavità cilindrica. Si osserva inoltre che data l’espansione laterale della
colonna, nella valutazione della pressione passiva Kpc è opportuno impiegare i valori di angolo d’attrito
residuo.

La seconda modalità di collasso (shear failure) è dovuta alla possibile formazione di una superficie di
scorrimento e risulta particolarmente critica nel caso in cui i terreni più superficiali presentino caratteristiche
meccaniche particolarmente scadenti. Tale aspetto, oltre a poter inficiare il comportamente in opera delle
colonne, può risultare assai critico anche per quanto riguarda la cantierabilità dell’intervento.

La terza modalità di collasso (punching failure) risulta particolarmente critica nel caso di colonne di limitata
lunghezza e che non raggiungono uno strato di base portante, ovvero nel caso delle colonne sospese.

In presenza di terreni stratificati, andrà verificato che i meccanismi di collasso prima indicati non si verifichino
in nessuno strato; in particolare bisognerà prestare particolare attenzione a strati di spessore più o meno
ridotto dalle caratteristiche meccaniche scadenti che potrebbero essere presenti tanto in superficie quanto
in profondità come illustrato nell’immagine seguente (Fig. 2):

Figura 2 – Meccanismi di collasso di singole colonne in ghiaia in terreno stratificato (Design and construction
of stone column Vol. 1 – FHWA).

Infine si evidenzia che nella valutazione della capacità portante delle colonne in gruppo, i potenziali
meccanismi di collasso prima citati vengono adattati alla presenza di più colonne. È consuetudine, per la
conduzione di tali verifiche, impiegare dei parametri del terreno modificati al fine di tener debitamente in
conto degli interventi di miglioramento.

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STIMA DEI CEDIMENTI DEL TERRENO A SEGUITO DEL MIGLIORAMENTO

La riduzione dei cedimenti è uno degli aspetti principali per i quali si ricorre all’uso degli interventi di
miglioramento dei terreni.

La stima dei cedimenti del terreno migliorato con le colonne in ghiaia può essere condotta sia con i metodi
classici della geotecnica usualmente adottati nei casi di fondazioni superficiali, fondazioni su pali e fondazioni
miste, sia adottando i metodi di calcolo specifici che derivano essenzialmente da correlazioni di natura
empirica.

Nel caso di carico indefinitamente esteso, i metodi di calcolo disponibili si basano sulla cosidetta “cella ideale”
ovvero analizzano l’insieme costituito dalla singola colonna in ghiaia e dal terreno che interagisce con questa.
Nell’immagine seguente (Fig. 3) si riporta lo schema indicativo della cella ideale e della distribuzione delle
pressioni tra colonna e terreno circostante.

Figura 3 – Schema della cella ideale e della distribuzione delle pressioni

Considerando un sovraccarico uniformemente distribuito q, per la cella ideale viene quindi imposto
l’equilibrio in direzione verticale:

𝐴 ∙ 𝑞 = 𝐴𝑐 ∙ c + 𝐴𝑠 ∙ s

Dove:

A = area della cella ideale

q = pressione trasferita dalla fondazione

Ac = area della colonna

c = quota parte di pressione scaricata sulle colonne

As = area del terreno interposto tra le colonne = A - Ac

s = quota parte di pressione scaricata sul terreno circostante le colonne = q – c

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I metodi disponibili in letteratura si differenziano tra loro principalmente per la modalità di determinazione
della quota parte di carico afferente alle colonne c e di quella afferente al terreno s, valutate stimando il
valore del fattore di miglioramento n.

Di seguito si elencano alcuni tra i metodi più diffusi per la stima dei cedimenti di terreni migliorati con colonne
in ghiaia ovvero il metodo di Priebe, l’Equivalent Column Method e l’Equilibrium Method.

Il metodo sviluppato da Priebe (Priebe, 1995) fornisce una soluzione approssimata del problema e si basa
sulle seguenti ipotesi: le colonne vengono intestate in uno strato rigido di base, il materiale che costituisce il
terreno è caratterizzato da un legame costitutivo elastico ed il peso delle colonne è trascurabile.

Per la stima del fattore di miglioramento n, l’Autore propone il seguente procedimento: determinazione della
cella ideale e del rapporto tra l’area della cella stessa A e l’area della colonna Ac, stima del fattore di
miglioramento iniziale (n0) e successiva correzione del fattore stesso per tener conto della compressibilità
delle colonne, del peso proprio dei materiali e della profondità, determinando così il fattore di miglioramento
corretto (n2). Nel caso in cui si volessero stimare i cedimenti di plinti o fondazioni nastriformi realizzati su
terreno migliorato con colonne in ghiaia, è possibile fare riferimento agli abachi ed alle formulazioni forniti
dall’Autore del metodo.

Con l’Equivalent Column Method (Ng & Tan, 2014), in funzione delle caratteristiche dei terreni presenti in
sito e degli interventi colonnari, viene determinato un modulo equivalente per il terreno migliorato. Tale
metodo consente di stimare in modo differenziato sia i cedimenti immediati che i cedimenti dovuti alla
consolidazione primaria.

L’Equilibrium Method (Aboshi et al., 1979) si basa essenzialmente sul rapporto tra i cedimenti del terreno
migliorato ed i cedimenti del terreno in assenza del miglioramento. Anche in tal caso, per l’adozione del
metodo di calcolo, è necessario conoscere le caratteristiche dei terreni presenti in sito e degli interventi
colonnari.

È importante osservare che i metodi prima indicati sono riferiti alla stima del cedimento della sola porzione
di terreno migliorata. Nel caso in cui siano presenti terreni cedevoli al di sotto della base delle colonne, al
cedimento stimato andrà aggiunto il cedimento degli strati profondi compressibili; analoga considerazione
va estesa al caso in cui il terreno sia soggetto a consolidazione secondaria.

Infine andrà opportunamente valutata, in fase progettuale, la necessità o meno di estendere l’area trattata
con le colonne anche lateralmente rispetto all’area d’impronta della fondazione.

MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI LIQUEFAZIONE

Negli ultimi anni il rischio di liquefazione ha assunto sempre maggior attenzione da parte del legislatore. In
particolare nelle NTC 2018 viene indicato:

“… se il terreno risulta suscettibile di liquefazione e gli effetti conseguenti appaiono tali da influire sulle
condizioni di stabilità di pendii o manufatti, occorre procedere ad interventi di consolidamento del terreno e/o
trasferire il carico a strati di terreno non suscettibili di liquefazione …”.

Gli interventi di consolidamento, quali le colonne in ghiaia, risultano quindi tra le opzioni possibili che la
Normativa consente di adottare per mitigare il rischio di liquefazione. Per quanto riguarda l’impiego dei pali
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di fondazione, che fondamentalmente hanno la funzione di trasferire il carico a strati di terreno non
suscettibili di liquefazione, la Normativa vigente NTC 2018 impone di valutare gli effetti che la liquefazione
stessa può avere sui pali sia dal punto di vista geotecnico che strutturale; si riporta a tal proposito quanto
prescritto al paragrafo 7.11.3.4.1:

“… In assenza di interventi di miglioramento del terreno, l’impiego di fondazioni profonde richiede comunque
la valutazione della riduzione della capacità portante e degli incrementi delle sollecitazioni indotti nei pali …”

Anche nel caso d’intervento su costruzioni esistenti, il fenomeno della liquefazione è tenuto particolarmente
in considerazione da parte del legislatore. Si riporta infatti lo stralcio tratto dal paragrafo 8.3 delle NTC 2018
nel quale si indica che:

“… la verifica del sistema di fondazione è obbligatoria solo se sussistono condizioni che possano dare luogo a
fenomeni di instabilità globale o se si verifica una delle seguenti condizioni: … siano possibili fenomeni di
liquefazione del terreno di fondazione dovuti alle azioni sismiche di progetto …”.

In linea generale, l’efficiacia delle colonne in ghiaia nella mitigazione del rischio da liquefazione è dovuta a
tre fattori: compattazione, drenaggio ed incremento della resistenza al taglio.

Per quanto riguarda la compattazione, questa può essere considerata nel caso in cui i materiali ne consentano
l’evenienza ovvero quando il contenuto di materiale fine è inferiore indicativamente al 10 - 15 %. Quando il
contenuto di fine supera tale quantità, l’effetto di compattazione risulta pressoché trascurabile.

Per quanto riguarda l’effetto di drenaggio questo consente la dissipazione delle sovrapressioni che si
generano in caso di sisma; affinché tale effetto si possa realmente esplicare, nella formazione delle colonne
in ghiaia risulta fondamentale adottare un fuso granulometrico idoneo (Saito et al., 1987) tale da garantire
la formazione di un gradiente idraulico, grazie alla differenza di permeabilità tra la ghiaia costituente la
colonna ed il terreno circostante, nonché evitare l’intasamento dei vuoti da parte del materiale fine presente
in sito.

In situzioni dinamiche, il fuso granulometrico delle colonne in ghiaia dovrà quindi rispettare le seguenti
condizioni:

20 ∙ 𝑑15 < 𝐷15 < 9 ∙ 𝑑85

Dove:

D15 = passante al 15% del fuso granulometrico della colonna

d15 = passante al 15% del fuso granulometrico del terreno

d85 = passante al 15% del fuso granulometrico del terreno

In presenza di terreni stratificati e non omogenei, nel caso in cui si volesse considerare l’effetto drenante
offerto dalle colonne in ghiaia, l’indagine geognostica dovrà pertanto essere finalizzata anche ad investigare
in maniera idonea le granulometrie dei terreni presenti in sito.

Per quanto riguarda l’incremento di resistenza al taglio, una trattazione della questione è stata sviluppata
da Priebe (Priebe, 1998) che ha fornito una soluzione approssimata valutando la riduzione dello sforzo di
taglio agente nel terreno dovuta alla presenza degli interventi colonnari:

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𝐴
𝑝𝑠 𝐾𝑎𝑐 ∙ (1 − 𝑐⁄𝐴)
𝛼= =
𝑝 𝐴𝑐⁄ 𝐴𝑐 2
𝐴 + 𝐾𝑎𝑐 ∙ (1 − ⁄𝐴)
Dove:

α = rapporto tra gli sforzi ps e p

ps = sforzo residuo nel terreno contenuto tra le colonne

p = sforzo complessivo

Kac = coefficiente di spinta attiva del materiale costituente la colonna in ghiaia

Ac = area della colonna in ghiaia

A = area della cella idealizzata

Una volta determinato il coefficiente α, è possibile quindi ridurre in maniera adeguata la sollecitazione ciclica,
rivalutando il fattore di sicurezza alla liquefazione a seguito dell’intervento di miglioramento.

È importante evidenziare che la trattazione prima mostrata è stata sviluppata per un’area indefinitamente
estesa, sfruttando cioè il concetto di “cella ideale”. Nella pratica professionale questo comporta che
tendenzialmente l’intervento di miglioramento non potrà limitarsi alla sola impronta di fondazione, ma andrà
opportunamente esteso nell’intorno del manufatto da proteggere; considerando infatti che la resistenza
delle colonne in ghiaia è dovuta principalmente al confinamento che il terreno offre alla colonne stesse, nel
caso in cui il terreno adiacente alla fondazione liquefi tale confinamento potrebbe venire a mancare con
conseguenze potenzialmente nefaste.

Nel progetto dell’intervento di miglioramento, oltre alla rivalutazione del coefficiente di sicurezza alla
liquefazione, è inoltre opportuno verificare che le colonne in ghiaia siano in grado di incassare le sollecitazioni
agenti sulle colonne stesse.

CONCLUSIONI

Gli sviluppi tecnologici degli ultimi decenni hanno consentito di adottare soluzioni innovative per la
realizzazione di fondazioni su terreni cedevoli grazie al miglioramento dei terreni stessi. Tra le varie
tecnologie disponibili, nel presente articolo vengono riportati degli spunti e delle indicazioni inerenti alla
progettazione ed alle prestazioni di colonne in ghiaia.

Si evidenzia che la buona e corretta progettazione degli interventi di miglioramento necessita di un’adeguata
caratterizzazione geologico – geotecnica ottenibile solo a seguito sia di proporzionate indagini geognostiche
sia della taratura in sito mediante campo prova.

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BIBLIOGRAFIA

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Soft Clays by Inclusion of Large Diameter Sand Columns," p&OCeetigA, International Conference on Soil
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R.D. Barksdale, R.C. Bachus (1983) – “Design and constructione of stone columns Volume I”. U.S.
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W. Degen (1997) – “Vibroflotation ground improvement”. Unpublished

F. Kirsch, K. Kirsch (2010) – “Ground improvement using deep vibratory method”. Spon Press

Ng K.S.,Tan S. A. (2015) – “Simplified homogenization method in stone column designs”. Soils and
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H.J. Priebe (1995) – “The design of vibro replacement”. Ground engineering, december 1995, Technical paper
12-61 E

H.J. Priebe (1998) – “Vibro replacement to prevent earthquake induced liquefaction ”. Proceedings of the
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Saito A.,Tagawa K.,Tamura T.,Oishi H.,Nagayama H.,Shimaoka H. (1987) - “A countermeasure for sand
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Settle3D, theory manual: Ground Improvement Feature (n.d.) “Verification of settlement calculation of stone
columns”

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