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Parigi all’inizio del 900 fu tra i centri europei più vivaci dal punto di vista culturale, dove si animarono i
movimenti cosiddetti “di avanguardia”. Molti artisti e poeti, provenienti da ogni parte, fecero di questa città
la loro residenza privilegiata. Le grandi esposizioni universali del 1878, 1889 e 1900 avevano portato il mondo
a Parigi. L’esotismo, in particolare, conquistò molti artisti e musicisti, soprattutto entusiasta dell’arte
orientale fu come sappiamo tutti Debussy. I caffè chantant e i bistrot diventarono un luogo di ritrovo per
artisti, poeti, compositori come Touluse Lautrec, Verlaine, Rimbaud e questo fino a Jean-Paul Sartre o Simone
de Beauvoir. Il simbolismo e l’impressionismo di pittori come Monet e Renoir avevano profondamente
influenzato la cultura francese, ma in questo fervore di rinnovamento soprattutto la pittura ha un ruolo di
primo piano nell’estetica del tempo. Nel 1905 si afferma il gruppo dei cosiddetti fauves con Henri Matisse,
che presenta tutte le caratteristiche dell’avanguardia novecentesca. Importante è la nuova ricerca volta al
superamento dello stesso impressionismo e indirizzata verso una diversa affermazione del colore, infatti
secondo i nuovi principi fauves la natura non doveva più essere riprodotta secondo le immagini che essa
suscitava nell’artista e quindi più o meno sognata, ma piuttosto la ricerca andava realizzata su un colore
costruttivo, violento e non a caso i soggetti più ricorrenti dei loro quadri erano proprio paesaggi marini con
barche, finestre aperte verso cieli pieni di luce. Da questo movimento pittorico si generarono diverse correnti
e tra queste la più eversiva fu probabilmente il cubismo. Il famoso quadro di Picasso intitolato “Les
demoiselles d’Avignon” da inizio nel 1907 proprio al cubismo. Questo nuovo modo di pensare le immagini,
basato sul principio della scomposizione e poi ricomposizione secondo progetti razionali, influenzò in modo
straordinario la letteratura e anche la musica negli anni prossimi alla prima guerra mondiale. Per certi versi
finì per influenzare gran parte della produzione musicale del primo 900, unitamente al futurismo. Una grande
spinta verso il rinnovamento della vita musicale parigina venne dai balletti russi dell’impresario Sergei
Diaghilev. Nel 1909 la stagione dei balletti russi si inaugurava con un esperimento affidato ad un giovane
russo conosciuto dall’impresario a Pietroburgo, era Igor Stravinsky; con un balletto intitolato “Le silfidi” su
musiche di Chopin trascritte per orchestra. Diaghilev era in realtà un simpatizzante delle nuove avanguardie
pittoriche e nutriva un sincero interesse per modernizzare la danza. Ogni evento da lui promosso nascondeva
in realtà una profonda riflessione intellettuale, il suo intervento sul balletto tradizionale fu radicale;
coreografia, scenografia, musica, tutte dovevano con pari importanza creare lo spettacolo. In questa ottica
la musica cessava di essere fisia, serva della danza. La musica cioè non era più scritta sulla base nelle
necessarie figure richieste dal balletto romantico, cioè quel repertorio di passi che era d’obbligo nel balletto
romantico. La danza doveva potersi esprimere in piena libertà e tutte le arti dovevano fruttare al massimo
nelle loro capacità espressive. A ben guardare questa concezione di fusione delle arti aveva ancora qualcosa
di wagneriano, quindi legato al mondo romantico però il risultato finale fu di straordinaria modernità; ogni
arte si manifestava in totale libertà rispetto alle altre, ed è questa in sostanza la conclusione che in effetti
rende di avanguardia questa concezione. I balletti russi usarono le scenografie realizzate dai più grandi pittori
e soprattutto negli anni adiacenti alla prima guerra mondiale i pittori erano legati soprattutto alle
avanguardie post impressioniste. Per la musica Diaghilev attinse sia al repertorio romantico che a quello di
compositori russi, ma soprattutto commissionò molte delle produzioni a giovani promettenti; e questo è il
caso di Stravinsky al quale commissionò nel 1911 un balletto destinato a rimanere alla storia del genere, ma
soprattutto nella storia della musica, si tratta di “Petruska”, Petruska era un burattino capace di provare
sentimenti, quindi molto vicino al pierrot; in questa partitura Stravinsky opera in piena sintonia con i pittori
fauves e utilizza una vasta gamma cromatica e una ritmica vitalistica e dirompente. La sitassi tradizionale si
sgretola ancora di più di quanto non fosse in quel momento e contribuisce a ciò l’uso di scale modali. L’intento
di offrire una musica che rendesse l’ambientazione del balletto, il quale è ambientato proprio in una fiera
russa, spinse Stravinsky a riprodurre i procedimenti tipici del folklore della sua terra di origine e questo lo
condusse anche ad un uso libero della dissonanza. D’altra parte in questo balletto Stravinsky non mira alla
citazione di musica popolare russa, ma in un certo senso la ricostruisce spesso deformandola o rendendola
in qualche modo più realistica al contesto. Interessante è poi l’orchestrazione, dal momento che
all’orchestrazione tradizionale si aggiunge la presenza del pianoforte, trattato come strumento a
percussione; un uso foriero di futuri sviluppi nella musica del 900.
Viene abbandonata una scrittura tonale tradizionale per uso di scale modali difettive, quasi a citare il folklore
russo. Si elimina l’idea di sviluppo, proveniente dalla tradizione romantica a vantaggio di una ripetizione di
melodie, fatte di poche note e la sovrapposizione di motivi diversi appartenenti a diverse scale modali, ovvero
la polimodalità, conduce ad un uso più libero della dissonanza. La dissonanza contribuisce a rendere secca la
timbrica all’orchestrazione tradizionale si aggiunge con questa funzione il pianoforte trattato come ho detto
prima in modo percussivo. In questa orchestra gli ottoni intervengono con urti violenti e gli archi portano i
passaggi cantabili. Gli archi hanno poi una funzione descrittiva, la festosità confusa della fiera e il movimento
della folla. Questo tipo di orchestra evidenzia naturalmente la grande novità di Stravinsky; ricchezza del
ritmo, un aspetto caratteristico e poi la ricostruzione ironica di musica preesistente di livello non nobile. Non
citazioni ma deformazioni talvolta grottesche, come ad esempio le stonature dei musicisti di fiera. Le melodie
popolari non sono inserite in contesti colti ma quasi lasciate nel loro ambiente linguistico. Petruska
rappresentava alcuni momenti, alcuni motivi più tipici dell’avanguardia parigina, la vivacità coloristica,
l’atteggiamento ironico e antiromantico, nonché gli ambienti di questo nuovo gusto come il circo o la fiera o
le marionette.