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IL METODO SUZUKI

Presentazione

Il Metodo Suzuki si rivolge a bambini a partire dai tre anni di età, sino ai
quattordici anni, età in cui si prevede il passaggio eventuale agli studi professionali.
Imparare a suonare uno strumento è il mezzo per un fine ulteriore: la formazione
dell'individuo.
Molti dei bambini che hanno conosciuto lo strumento musicale attraverso il
metodo Suzuki sono diventati musicisti di livello eccellente (basti citare il primo
violino dei Berliner Philarmoniker o l'italiano Alessandro Milani, oggi primo
violino dell' Orchestra Nazionale della RAI, formatosi al Suzuki Talent Center di
Torino); certo la musica sarà una professione solo per alcuni, ma un elemento di
crescita per tutti.
La filosofia Suzuki rifiuta il concetto di musica come disciplina d'elite, nella
certezza che il talento sia in ognuno e vada sviluppato attraverso gli stimoli
dell'ambiente in cui il bambino cresce. La famiglia per prima deve perciò
adoperarsi perché questo ambiente sia favorevole.
Metodo significa cammino graduale con difficoltà crescenti: nel Suzuki in
particolare la ripetitività sia dell'ascolto sia dell'esecuzione sono elementi basilari.
Viene chiamato "Metodo della lingua madre", perché applica all'apprendimento
delle abilità strumentali gli stessi criteri in base ai quali il bambino impara a
parlare, prima di tutte la imitazione del maestro ma soprattutto dei genitori.
Nasce per lo studio del violino e degli strumenti ad arco, prima di tutto perché il
Maestro Shiniki Suzuki era violinista, ma anche perché gli strumenti sono reperibili
in misure piccole adatte ai bambini e consentono l' impiego in orchestra, favorendo
la socializzazione. Rispetto ad altre metodologie l'approccio con lo strumento è
immediato, il che permette al bambino l'espressione non imprigionata all'interno
di uno studio meramente teorico.

Suzuki: un approccio precoce allo strumento per crescere attraverso la musica.

Il metodo Suzuki è uno dei metodi strumentali per bambini dai 3 ai 13 anni ( fascia d’età
stabilita dalla scuola Suzuki italiana).
Ideato dal didatta giapponese Shiniki Suzuki (1898-1998), ha fatto sì che tantissimi
bambini di tutto il mondo potessero “dialogare” suonando insieme un repertorio comune
tratto da brani della tradizione musicale europea e particolarmente tedesca (paese nel quale
il Maestro compì la sua formazione violinistica).
Secondo Shiniki Suzuki , per sviluppare le capacità strumentali di un bambino occorre
creargli non solo un ambiente musicale adatto, ma fornirgli anche un buon insegnante;
grazie all’abilità, all’esperienza e alla sensibilità dell’insegnante, il metodo verrà adeguato
alle esigenze dell’allievo e non viceversa.
Il maestro Sven, presidente dell’associazione svedese Suzuki, dice che il vero “metodo
Suzuki” non è quello letto sui libri, ma quello vissuto quotidianamente da allievi, genitori e
insegnanti; è un metodo vivo in continua trasformazione che si adatta alle diverse esigenze
culturali.
Il ruolo dei genitori e l’età degli allievi
Quando si parla di educazione musicale rivolta ai bambini, è opportuno specificare l’età
perché a ciò corrisponde un preciso percorso didattico da seguire.
L’età degli allievi che vengono avviati alla metodologia Suzuki è compresa tra i 3 ai 5 anni
(età prescolare), età in cui la presenza del genitore è fondamentale e il metodo di
apprendimento è ancora imitativo. Il percorso didattico inizia con la ritmica strumentale: in
questa lezione bambini e genitori apprendono melodie, ritmi esercizi di motricità e motilità
fine delle dita, stabiliscono una strategia di lavoro comune, che servirà quando, dopo circa
tre mesi, inizierà lo studio strumentale. Oltre alle lezioni di strumento individuali gli allievi
svolgono attività comune nelle lezioni di gruppo, orchestra, stage, concerti, che
costituiscono attività integrante dell’insegnamento. Dai 6 ai 10 anni (età scolare: scuola
elementare) il bambino acquista in modo graduale autonomia nei confronti dell’adulto,
prende coscienza di sé stesso come individuo indipendente, acquisisce una graduale
capacità di ragionare su concetti astratti. Ecco che allora si introducono la lettura e la
scrittura musicale, gli studi classici (Curci, Kayser, Sitt, Kreutzer ecc.) pur conservando
l’esercizio della memoria, il suonare insieme, la necessità di non dimenticare “il repertorio
passato”. Il ruolo dei genitori naturalmente cambia: se prima era parte importante
nell’educazione musicale dei figli ora è principalmente di sostegno. Dagli 11 ai 13 anni
l’allievo è finalmente in grado di decidere se proseguire a livello professionale oppure
amatoriale. Il genitore è finalmente libero dal suo difficile compito, il ragazzo (non più
bambino) è ora in grado di seguire da solo e di capire il messaggio che l’insegnante offre ad
ogni lezione e dare un’interpretazione personale alle esecuzioni (le età di queste tre tappe
sono molto personali). Nel corso degli studi con il metodo Suzuki quindi non sono previste
solo lezioni “a 3” (allievo-genitore-insegnante), ma anche “a 2” come nel metodo
tradizionale.
Il compito degli educatori, siano essi genitori o insegnanti, è aiutare il bambino in questa
crescita.
L’ambiente e l’ascolto. Come è stato detto, compito della famiglia è quello di creare un
ambiente musicale favorevole affinché le capacità del proprio figlio possano svilupparsi in
maniera adeguata e naturale. Per far ciò occorre quindi ascoltare e cantare non solo i brani
che verranno poi eseguiti strumentalmente, ma anche della buona musica (Classica, Folk,
Jazz che sia) in maniera piacevole, magari come sottofondo ad altre attività distensive;
occorre frequentare le sale da concerto e suonare insieme.
La musica però è anche una disciplina ( e questo è vero qualunque sia il metodo), occorre
esercizio quotidiano: a 4 anni saranno pochi minuti al giorno, a 13 anni saranno poche ore
al giorno.
La scrittura. Il passaggio dal vocabolo parlato al segno grafico suscita naturale curiosità
nel bambino di 5-6-anni (ultimo anno di scuola materna, primo anno di scuola elementare).
Ciò accade anche in campo musicale (6-7 anni); se il maestro di musica, aiutato dal
genitore, lo presenterà come un avvenimento meraviglioso e necessario il bambino non
avrà nessun problema.
Per un bambino di 3-5 anni imitare e ripetere vuol dire acquistare sempre più sicurezza ,
interiorizzare il messaggio, dai 6 anni in avanti il messaggio interiorizzato viene
trasformato, lacerato, distrutto, adattato, ampliato, trasformato.
La ripetitività. L’insegnante deve sempre ricordarsi che ogni allievo di 3 anni o di 30 è
un essere meraviglioso, unico, raro e irripetibile degno di ascolto e di rispetto, così la
presenza di stima e di fiducia si ripercuoterà anche sulle esecuzioni che risulteranno
personali e diverse dal modello proposto. Per un insegnante Suzuki forse sarebbe più
comodo e più facile insegnare ad allievi che presentassero esecuzioni tutte uguali,
purtroppo ciò non accade!!!!!
Il repertorio. Il repertorio proposto inizialmente è barocco e classico, poi, mano a mano
che l’allievo sviluppa le proprie capacità individuali si può spaziare, purché la musica
proposta sia di buon livello ( Noi abbiamo suonato Bach, Mozart, ma anche musica del
500-600 di Marenzio, Frescobaldi, Gabrielli, Brahms, Schumann, musica “ fiddlers”
arrangiamenti Jazz, Beatles, musica contemporanea, popolare)
Il metodo Suzuki: metodo d’elite Il metodo Suzuki è un metodo d’elite non tanto da un
punto di vista economico (in Italia esiste solo in forma associativa privata; da noi si sono
iscritti anche figli di postini, di collaboratrici domestiche, di operai e camerieri), ma
soprattutto in quanto non tutti i genitori sono disposti ad affrontare il difficile compito di
educare i propri figli nel loro percorso musicale.
Oggi, comunque è più facile coinvolgere le famiglie, gli stessi genitori chiedono (non tutti)
di entrare in questo mondo sconosciuto o solo sfiorato: la Musica. Fanno di tutto per essere
dei buoni genitori “Suzuki”, ma soprattutto diventano dei buoni ascoltatori e “fruitori” di
musica.
Negli ultimi 20 anni il metodo, lungi dal rimanere identico a se stesso, è stato adattato alle
diverse realtà culturali in cui si è innestato. Molti di questi adattamenti sono stati ormai
acquisiti (ad es. inserimento di nuovi brani, uso della lettura e scrittura musicale) e sono
stati inseriti nella normale quotidiana metodologia suzukiana.

BIBLIGRAFIA

S. Suzuki , “Crescere con la musica” ed. Carsch


E. Herringel, “Lo Zen e il tiro con l’arco” ed. Adelphi
E. Hermann , “Suzuki: the Man and his Philosophy” A. Senzay Edition
A. Thornton , “A Parents guide to the Suzuki Method” ed. Omnibus Press
C. Mc Call Meyer, “ Suzuki repertory for Violin & Viola” ed. Suzuki Method
International
S. Suzuki, “ Tonalization” ed. Suzuki Method International
B. Steinschaden , H. Zehetmair, “ Ear Training and Violini Playng” ed. Suzuki Method
International,Princenton, New Jersey
J. Kendall, “ The Suzuki Violin Method in American Music Education” ” ed. Suzuki
Method International, Princenton, New Jersey

Edizioni a cura dell’Associazione SUZUKI Talent Center d’Italia


L. Robert-Mosca “ Il violino ed il bambino”
G. Bosio “ Il Bambino e l’arpa”
A. Mosca “ Il Bambino e il violoncello”
E. Galvagno “ Il Bambino e la chitarra”
A. Mosca “Leggere la Musica giocando”
A. Mosca “ Syllabus per l’insegnante Suzuki”
E. Enrico “ Corso di ritmica strumentale”
E. Enrico “ Corso di ritmica e vocalità”
E. Enrico “ Suonare come parlare”

FIORENZA ROSI
Cari genitori...

Con l'educazione il genitore sceglie gli stimoli da proporre al bambino e


comunque si pone come mediatore rispetto a quelli che non può direttamente
controllare. Spetta al genitore creare le condizioni per il successo:
trovando i tempi giusti per il suo bambino;
pretendendo;
organizzando l' intervento perché il bambino accetti una quantità di sforzo per
raggiungere il risultato;
scegliendo i contenuti (il che non significa togliere gli ostacoli);
concentrandosi perché l'insegnamento sia efficace;
vigilando affinché il bambino utilizzi tutti i sensi (attenzione, concentrazione sono
prerequisiti per l' apprendimento);
controllando che ci sia una percezione chiara dello spazio (l' orientamento implica
la percezione della propria personalità);
favorendo una situazione di ordine (che svilupperà la memoria);
promuovendo l' interiorizzazione del bambino, cioè la capacità di far suo un
problema ed esprimersi risolvendolo.

Per adempiere a questo impegno il genitore dovrà essere sempre presente alle
lezioni del figlio per poter lavorare/giocare quotidianamente con lui a casa,
seguendo le indicazioni dell' insegnante, con il quale è indispensabile un rapporto
di fiducia sia riguardo l' utilità di certi esercizi (specie quelli preparatori), sia
riguardo i risultati che otterrà il bambino (nessun genitore dubita che il suo
bambino parlerà bene!).
Dedicarsi al proprio figlio ne accresce l' affettività, la quale, come è stato
dimostrato, sviluppa l'intelligenza.
L' attività del bambino e del genitore si svolgerà in più fasi:
1. Esposizione: così come il bambino è "esposto" alle parole del genitore,
così ascolterà le musiche registrate del repertorio Suzuki, nonché brani del
repertorio barocco che più di altri si prestano per semplicità di struttura formale;
2. Ripetizione: a distanza di tempo dall' inizio degli ascolti, così come il
bambino fa quando pronuncia la prima parola, un po' per volta (i bambini
imparano con la ripetizione e non si stancano: non si deve stancare neanche il
genitore!);
3. Incoraggiamento: come la gioia che il genitore manifesta quando il
bambino pronuncia le prime parole;
4. Memoria: ogni cosa si aggiunge e rimane. Questo servirà qualsiasi cosa il
bambino farà da grande;
5. Perseveranza;
6. Orecchio;
7. Coordinazione motoria, controllo del corpo (prende coscienza della
propria abilità);
8. Socializzazione (il bambino perde l' egocentrismo lavorando con simboli,
sviluppa la capacità di applicarli a situazioni diverse, si relaziona). 
Critiche al metodo Suzuki: alcune risposte ai possibili dubbi di un genitore.

"E' troppo piccolo, deve giocare"


Per il bambino che impara a suonare con il Metodo Suzuki, lo studio ha tutte le
caratteristiche del gioco ed è sufficiente che metta in esso la convinzione e la serietà che
abitualmente i bambini dimostrano nelle loro attività. Certo potrà capitare la volta in cui
il bambino a casa non vorrà dedicarsi allo studio dello strumento, nel qual caso spetterà
al genitore valutare se insistere, ridurre i tempi o rimandare.

"Impara tutto a pappagallo"


L' esecuzione, sino a circa il quarto volume del metodo è imitativa-mnemonica. Ciò
permette di cominciare presto. Del resto il bambino prima impara a parlare e ben dopo
a leggere.

"Da piccolo impara meno: perché non aspettare che sia più grande?"
Quando sarà più grande certe cose saranno più facili, come la lettura, la
concentrazione, ma non la coordinazione e la manualità se non saranno state coltivate
prima.

"Diventa un automa", "Suonano tutti gli stessi pezzi"


Solo se c'è la sicurezza tecnica è possibile esprimersi. Nelle lezioni individuali c'è cura
del singolo. L'imitazione dei più bravi non è negativa (si pensi all' ascolto da parte di
ogni musicista delle esecuzioni dei grandi interpreti). Il fatto di suonare tutti gli stessi
brani consente l'esecuzione d'assieme (anche nelle orchestre professionali i musicisti
suonano lo stesso pezzo!). E' meglio che i piccoli non suonino in pubblico da soli, può
essere traumatizzante. Quando sentono il desiderio di essere 'solisti' sono loro a
richiederlo, non bisogna forzarli.

"Sono lezioni di gruppo"


E' un' errata convinzione data da una conoscenza di questi bambini attraverso le
apparizioni televisive come orchestra. In realtà le lezioni sono individuali con la
presenza del genitore.

"Non studiano il solfeggio"


Certamente a tre anni non potrebbero. Tuttavia da quando cominciano a leggere la
musica si inizia lo studio anche di tipo 'teorico'.

"Non è uno studio di tipo professionale", "L' insegnamento-gioco non è qualificante"


Cominciando lo studio a tre anni non si può utilizzare un metodo del tipo tradizionale
dei Conservatori di musica né è nello spirito del Suzuki formare necessariamente dei
professionisti. Nessun genitore del resto pensa che il bambino che impara a parlare
debba diventare un oratore! E' indispensabile fare cose vicine al bambino.

"Il bambino trova difficoltà nel passaggio allo studio di tipo tradizionale del
Conservatorio"
L' allievo spesso rifiuta il nuovo ambiente perché poco interessante e subisce talvolta
l' imbarazzo di essere considerato 'diverso'. Sarà opportuno farsi consigliare dall'
insegnante Suzuki sulla scelta del futuro insegnante del Conservatorio. Confortano
tuttavia i risultati ottenuti nella realtà torinese dove sono stati numerosi gli ex allievi
della Scuola Suzuki che si sono iscritti e diplomati al Conservatorio.

IL CERVELLO UMANO.
“Il cervello umano è un organo di elaborazione delle informazioni le cui diverse
componenti dialogano continuamente tra loro scambiandosi dei messaggi nervosi
di natura elettro chimica. Grazie a questi scambi l’individuo prende coscienza del
mondo che lo circonda. Il cervello, o meglio il tessuto nervoso, è costituito da
cellule nervose che si chiamano neuroni la cui funzione principale è quella di
raccogliere i segnali chimici e fisici provenienti dall’esterno e dall’interno
dell’organismo e di trasformarli in impulsi elettrici che sono condotti ad altre
cellule nervose o muscolari o ghiandolari… Per facilità è possibile paragonare il
nostro cervello ad un computer e i neuroni a dei microprocessori. Il
cervello/compiuter è formato da molti neuroni/microprocessori, ciascuno dei
quali stabilisce delle connessioni con altri neuroni/microprocessori, scambiando
delle informazioni sottoforma di messaggi chimici liberati da impulsi elettrici.
Visto da sopra, il cervello assomiglia ad una noce; è costituito infatti, da due
volumi di forma simile, arrotondati e ricco di circonvoluzioni, uniti tra loro nel
mezzo. Queste due metà si chiamano “emisfero sinistro” ed “emisfero destro”e
comunicano tra loro attraverso il corpo calloso(*)

SVILUPPO DEL CERVELLO UMANO: Lo sviluppo del cervello è un fatto


dinamico e in continuo mutamento: può essere arrestato, rallentato oppure
accellerato. L’intero processo di crescita è essenzialmente completo all’età di 8
anni. Alla nascita il neonato possiede 100 miliardi di cellule nervose che permetto
circa 2.500 connessioni, a 2 anni le connessioni aumentano a 15.000/18.000,
nella prima infanzia il cervello crea più connessioni di quanto siano necessarie, da
ciò si spiega la grande flessibilità del bambino ad imparare e a reagire
positivamente alle malattie; poi dai 2/3 anni fino alla pubertà il bambino
eliminerà tutte le connessioni superflue.

A 5 anni la crescita del cervello ha raggiunto l’80% del suo sviluppo totale; a 8
anni è virtualmente completo. Dagli 8 agli 80 anni la crescita del cervello è
addirittura inferiore a quella che si riscontra fra il 7° e l’8° anno.

Nello sviluppo normale i bambini passano attraverso 4 stadi di carattere


motorio:

1) ALLA NASCITA il midollo allungato o bulbo (è la continuazione in alto del


midollo spinale) e il midollo spinale controllano il grido neonatale, il riflesso della
luce, il sussulto riflesso, la presa riflessa (un bambino può stringere un oggetto,
ma non lasciarlo andare volontariamente), il riflesso di Babinski, la mobilità è di
carattere ondulatorio, simile a quella di un pesce.
2) TRA DUE E TRE MESI si sviluppa il ponte, che è situato sopra il midollo
allungato. Il ponte controlla la risposta vitale a minacce alla vita. Il bambino può,
una volta afferrato un oggetto lasciarlo andare volontariamente, incomincia a
sentire se stesso e i suoni intorno a lui, ma non può localizzarli perché usa le
orecchie indipendentemente una dall’altra, muove le braccia in modo da spostare
l’intero corpo strisciando, vede in maniera bi-oculare, cioè gli occhi sono usati
in modo alterno e raramente insieme.
3) TRA I SETTE E GLI OTTO MESI si sviluppa il mesencefalo che controlla la
presa prensile ed il coordinamento motorio nel gattonare a schema incrociato. Il
bambino ora raccoglie oggetti con le mani come se fossero manopole e impara a
seguire con entrambi gli occhi sia nel gattonamento sia nella presa degli
oggetti; vede in maniera binoculare, cioè gli occhi sono usati simultaneamente. Il
bambino gioca con i primi suoni, borbotta sillabando e incomincia a selezionare
quelli della propria madre lingua
4) TRA I NOVE MESI E L’ANNO si sviluppa la corteccia cerebrale che controlla
il cammino a schema incrociato; le braccia non seguono il sistema motorio
incrociato delle gambe, ma sono sollevate sopra la testa o tenute lateralmente
come timoni (ciò accadrà verso i tre/ quattro anni) gli occhi incominciano a
convergere e a percepire la profondità degli oggetti. I suoni acquistano un
carattere stereofonico. Il bambino incomincia a capire il linguaggio parlato.
-IL LINGUAGGIO Verso i 12-18 mesi il linguaggio decolla: si apprende una
parola ogni ora, da parole semplici si aggiungono parole più complicate, nasce la
frase almeno di due parole. Tra i 2-3 anni il bambino parla correttamente, usa il
linguaggio per esprimersi, farsi valere e dare sfogo alla propria fantasia.

-LATERIZZAZIONE. Il passaggio successivo verso una funzione


completamente umana è lo sviluppo della dominanza corticale emisferica: ora i
due emisferi di cui si è parlato precedentemente cominciano a sviluppare funzioni
differenziate e ad assumere un ruolo dominante uno e subdominante l’altro. A
volte i due emisferi operano singolarmente, vale a dire che uno di essi è attivo e
l’altro è più o meno inattivo, a volte entrano in conflitto tra loro a volte svolgono
un ruolo complementare.

L’emisfero dominante, in genere quello sinistro, (per i destrimani) controlla


secondo in sistema incrociato la parte destra del corpo e l’emisfero sinistro la
parte destra (accade il contrario per i mancini).

Attraverso vari esperimenti di circa 70 anni fa si è potuto constatare che la


funzione del linguaggio e le capacità connesse risiedono nell’emisfero sinistro
nella maggior parte degli individui (98% circa nei destrimani e due terzi nei
mancini).

Oltre al linguaggio nell’emisfero sinistro compaiono altre funzioni:


analitiche (soluzione dei problemi per gradi affrontando un aspetto per volta),
simboliche uso dei simboli per la rappresentazione degli oggetti), astratte,
temporali (scansione del tempo, applicazione di un ordine successivo agli
oggetti e alle azioni), razionali (formulazioni di conclusioni in base a premesse e
fatti, computistiche (uso dei numeri), logiche, lineari (pensiero basato su
idee collegate).

Nell’emisfero destro invece compaiono funzioni: non verbali,


sintetiche, concrete, analogiche (comprensione dei rapporti basate sulle
metafore, percezione delle somiglianze tra gli oggetti), atemporali, non
razionali, spaziali, intuitive, globali.

E’ la dualità che esiste tra Yin e Yang (i Ching o il libro dei mutamenti-testo
cinese taoista)

YIN: femminile, negativo, luna, oscurità, arrendevolezza, lato sinistro, caldo,


autunno, inverno, inconscio, parte destra del cervello, emotività.

YAN: maschile, positivo, sole, luce, aggressività, lato destro, freddo, primavera,
estate, conscio, parte sinistra del cervello, razocinio.

In pratica ciascun emisfero percepisce una propria realtà, o per meglio dire
percepisce la realtà a suo modo, ma entrambi le percezioni servono per avere una
visione completa. Come è stato precedentemente detto , a volte gli emisferi si
alternano altre volte operano insieme, ma uno dei due ha sempre la funzione
predominante e ciò dipende dalla velocità e dalla motivazione (dell’emisfero ad
impadronirsi del compito).

Purtroppo il sistema educativo dei nostri paesi è tutto impostato sullo sviluppo
dell’emisfero sinistro, a quasi discapito dell’emisfero destro dimenticando spesso
che per formare una persona equilibrata occorre sviluppare entrambi gli emisferi.

La Musica , essendo un linguaggio, è controllata dall’emisfero sinistro, ma la


musica suscita anche emozioni sensazioni controllate questa volta dall’emisfero
destro, l’emisfero destro gioca un ruolo predominante nel riconoscimento delle
melodie e della tonalità, quello sinistro il ritmo, da ciò si spiega perché i musicisti
abbiano un’attività elevatissima di neuroni che ripondono agli stimoli sonori;
inoltre si è verificato da recenti studi tedeschi che particolari zone del cervello, il
“corpo calloso” e il “planum temporale di sinistra” (la zona di corteccia
responsabile dell’elaborazione degli sitmoli sonori ) risultano più sviluppate nei
musicisti. Ecco quindi l’importanza dell’educazione musicale in tenera età,
periodo in cui il bambino assorbe ogni esperienza educativa, ecco l’importanza di
creare intorno a lui un ambiente ricco di stimoli, ecco l’importanza di proporgli
un educazione che sviluppi entrambi gli emisferi del cervello.

BIBLIOGRAFIA:

1) * “L’orecchio ascolta” autore: Marina Monge. (Tesi scritta per l’esame di


ritmica 2° livello A.S. 01/02)

2) “Disegnare con la parte destra del cervello” autore: B.Edwards edizione


Longaresi&C.
3) Video cassetta della trasmissione “Quark” di P. Angela mandata in onda il
18-1-2001

4) “L’intelligenza cresce a ritmo di musica” articolo su “Corriere della Sera”


25-11-96

5) “Se sutdi musica il cervello migliora” articolo su “Corriere della Sera” 31-5-98

VITA DI SHINIKI SUZUKI.

“Il Shiniki Suzuki è nato il 17-10-1898 a Nagota da Masakichi Suzuki e da Ryo


Fujie, 3° di una famiglia di 12 figli.

La madre Ryo Fujie proveniva da una famiglia di Samurai molto ricca, il padre,
Masakichi Suzuki, proveniva da una famiglia di Samurai più povera che
possedeva una fabbrica di Shamisen, strumento a corde giapponese. Il padre è
nato nel 1859 sotto la dinastia dei Tokugaua che regnò dal 1600 al 1868.

In tale periodo il Giappone visse una sorte di feudalesimo in cui la società era
organizzata in caste chiuse e vigeva un forte nazionalismo che vietava qualsiasi
influsso culturale europeo. Il 3-1-1868 si insediò la dinastia dei Meji e
l’imperatore diede l’avvio a una serie di riforme tanto che nel 1889 si arrivò alla
concessione della costituzione. Masakichi divenne prima insegnante di lingua
inglese e poi, riscattando la fabbrica dei suoi antenati, dirigente e costruttore di
violini.

In questo clima culturalmente vivo ed innovativo crebbe Shiniki Suzuki che nel
1919 (a 21 anni) andò a Tokio per studiare il violino. Nel 1920, invitato dal conte
Tokugaua (ultimo discendente dei Shoguns), parte per intraprendere un viaggio
del mondo, in realtà arriva in Germania (a 22 anni) e qui si ferma per 8 anni.
Per qualche anno Shiniki risiede a Berlino e diventa allievo di Karl Klinger,
respira la fervida atmosfera culturale tedesca, diventa amico di Albert Einstein,
conosce il dottor Michaelis, scienziato ed organizzatore di serate culturali.

Nel 1928 conosce e sposa Waltraud Prage, soprano solista della chiesa
cattolica, dopo 4 mesi la madre di Shiniki si ammala gravemente e così la coppia
si trasferisce in giappone.(nel frattempo la fabbrica del padre fallisce nel 1929).
In Giappone, insieme ai suoi fratelli, fonda il quartetto “Suzuki” dando concerti
in tutto il paese.

Nel 1937 è docente alla “scuola di musica imperiale” e nella scuola di musica
“Kunitachi” a Tokio, ma nel 1943, è ormai impossibile vivere a Tokio causa la
guerra si trasferisce sulle montagne del Kiso-Fukushima dove il padre aveva
trasferito e trasformato la fabbrica di violini in costruzione di navi belliche. In
queste montagne Shiniki matura la sua didattica e nel 1945 viene chiamato ad
insegnare a Matsumoto dove fonda il “Suzuki Talent Education Institute”. Nel
1964 si reca con la sua orchestra di bambini negli Stati Uniti e qui desta molto
scalpore, perplessità e ammirazione.

Negli anni ’70 il metodo arriva in europa e nel 1975, grazie all’instancabile
lavoro dei coniugi Mosca, arriva in Italia. Il metodo viene chiamatato “il metodo
della madre lingua” considera la musica come un linguaggio e si impara come
propria madre lingua: ascoltando e ripetendo, in tenera età nell’ambito della
famiglia. Suzuki riesce a trovare nella sua didattica un felice equilibrio tra la
cultura orientale ricca di filosofia Zen e la cultura occidentale dinamica ed
individualistica.

Suzuki fu apprezzato e criticato in tutte le parti del mondo, ebbe numerose


onorificenze in Giappone, Germania, Belgio, Francia, Stati Uniti, tra cui otto
dottorati onorari. Joseph Cingold, presidente dei maestri americani di violino,
disse di lui: “Suzuki ha fatto per l’esecuzione violinistica più di qualsiasi persona
in questo secolo”. Shiniki muore per un attacco cardiaco a Matusmoto martedì
27 gennaio (o 16-1 o 25-1) 1998 alla veneranda età di 99 anni.

CULTURA ORIENTALE - CULTURA OCCIDENTALE.


I bambini giapponesi vengono spesso chiamati con una antica espressione:
“kodakarà” che significa “bimbo tesoro”, fino all’età di sette anni i bimbi
vengono molto festeggiati ed amati, le madri sono affettuose ed indulgenti con i
loro piccoli (ora qualcosa sta cambiando, l’importanza del successo scolastico ha
fatto sì che l’educazione sia diventata più rigida), dopo i sette anni i bambini
sentono il peso di appartenere ad una certa società e di integrarsi in maniera
adeguata (ritorneranno ad essere amati e coccolati in età senile). E’ importante
sottolineare che la parola “educazione” è espressa con il termine “shitsuke”:
“esercizio”, disciplina, ma anche educazione al comportamento, alla moralità e
all’etica necessari alla vita quotidiana. Anticamente il compito di educare i figli
spettava al capo famiglia, cioè al padre, in caso di sua assenza era compito nonni.
Dopo la seconda guerra mondiale le nuove leggi sulla successione della proprietà
cambiarono portando alla sparizione della famiglia patriarcale e della figura del
capo famiglia; il padre perse l’autorità ed il compito assoluto di educare i propri
figli (così avvenne anche per i nonni) e negli anni ’50, dedicando molto tempo al
lavoro, delegò la moglie a tale compito. Il raggiungimento del successo da parte
del bambino in fase adulta ripaga i sacrifici e la sofferenze dei genitori; da ciò
nasce il profondo senso di “debito” e di “gratitudine” o di “colpa” nei confronti
dei propri genitori e dei propri avi. Così, secondo la filosofia giapponese ogni
uomo sta bene con se stesso quando riesce a stare al ”proprio posto” nella società
in cui appartiene; l’adulto ha timore della condanna sociale e di cadere nel
ridicolo; considera antisociale colui che disturba la pace e l’armonia in una
comunità e prova un forte “senso di colpa” e di “ vergogna” se non raggiunge
certi determinati scopi . Da ciò si può spiegare la fiducia all’ordine e alla gerarchia
così sentita da un giapponese e così antitetica con la nostra fede nell’uguaglianza
e nella libertà. Il senso di “vergogna” per i giapponesi, è inteso come mancata
soddisfazione dei valori morali davanti alla propria coscienza. L’etica giapponese
è orientata verso interessi e motivazioni intersoggettive e comunitarie, mentre
l’etica occidentale è generata da interessi e motivazioni soggettive ed individuali.
Queste differenze culturali dipendono da tradizioni religiose e storiche diverse:
in Oriente gli insegnamenti confuciani e buddisti regolarono i rapporti morali tra
genitore e figlio, tra moglie e marito, fra padrone e servitore, tra fratelli e fra
amici e manca il concetto ontologico di persona come nucleo dell’esistenza storica
in quanto l’individuo non è separabile dal gruppo sociale in cui appartiene. In
Occidente la tradizione religiosa giudaico-cristiana sostiene invece che tutti gli
esseri viventi sono uguali di fronte Dio e che la personalità di ogni individuo è
frutto di sviluppo e maturazione. In Oriente “le regole presenti nel sistema
feudale riscuotevano la fiducia della popolazione ed ognuno poteva sentirsi sicuro
nell’osservarle; il coraggio e l’onestà di una persona si dimostravano attraverso il
rispetto di queste leggi e non attraverso i tentativi di modificarle o di ribellarsi.
Il rispetto per l’ordine gerarchico è espresso, ancora oggi, in seno alla famiglia.”
(1)

Dalla filosofia buddista derivò la filosofia Zen, la quale non tardò a diffondersi tra
i samurai; “in una civiltà da questi dominata la morte era sempre presente e
distruggere la paura della morte fu proprio uno dei compiti della filosofia Zen. Lo
Zen si adoperò a ridestare l’innato senso estetico dell’anima giapponese creando
stretti legami con le caratteristiche nazionali del Giappone. Lo Zen diede grande
impulso non solo all’architettura, alla pittura, alla calligrafia, alla ceramica, ma
anche alla poesia e alla musica…….. Lo Zen considera l’uomo come parte
integrante delle cose che lo circondano……. di un universo il cui fondamentale
principio è la relatività piuttosto che il dissidio: non esiste alcun scopo non
essendoci vittoria da ottenere, né fine da raggiungere, poiché ogni fine è un
estremo, un opposto….In virtù di questo principio, quindi, non esiste alcuna
fretta proprio perché il mondo non procede verso alcuna meta” (1). Bisogna
raggiungere lo scopo senza sforzo, bisogna essere liberi e distaccati dal proprio
“se” e far sì che tutto sgorghi dall’inconscio. Questa condizione di
inconsapevolezza la si raggiunge solo se si è perfettamente liberi da ogni
difficoltà tecnica e si possieda una assoluta padronanza della forma. Ecco qui
l’importanza della ripetizione, della venerazione verso il maestro la cui pazienza
di aspettare e rispettare i ritmi dell’allievo farà sì che l’abilità tecnica diventi
abilità spirituale. Lo Zen presuppone quindi un rilassamento fisico che si
acquisisce concentrandosi sulla respirazione, una concentrazione di tutte le forze
fisiche e psichiche.( Il libro di Herrigel “ Tiro con l’arco” è un felice esempio di
come un uomo occidentale possa capire questa filosofia orientale). Da qui
l’importanza della memoria che diventa “lo strumento attraverso cui è possibile
automatizzare ed interirizzare l’esperienza”(1) in modo che l’arte appresa diventi
arte in appresa. La memoria migliora con l’esercizio e contribuisce allo sviluppo
del carattere dell’individuo. Il Maestro S. Suzuki (famoso musicista e maestro
giapponese), riesce a trovare nella sua didattica una felice applicazione di questi
principi.
Nel suo libro “Crescere con la musica” afferma che il talento di ciascun bambino
non è innato, ma viene sviluppato grazie all’ambiente circostante, grazie
all’esercizio, grazie a ciò che l’autore chiama Kan. “Attraverso esercizi ripetuti
acquistiamo un eccezionale vigore . La nostra attività vitale genera
–indipendentemente dalla nostra volontà- un grande potere, chiamato “Kan”, che
ci rende capaci di superare tutte le difficoltà”…. “Ciò che è assolutamente
necessario nell’educazione è una pazienza infinita e una resistenza incrollabile,
quello che noi chiamiamo “Kan” cioè l’intuito, il sesto senso” (2).

(1) Università degli studi di Bologna: Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di


Laurea in Discipline
delle arti della Musica e dello Spettacolo (D.A.M.S.)

“ Educazione musicale nell’età prescolare. Comparazione tra il


metodo Suzuki e gli

orientamenti psicopedagogici della Cultura Italiana” Anno


Accademico 1989-90 Tesi di

laurea di Tania Masiello.

(2) S.Suzuki “Crescere con la Musica” ed. Carish (1996)

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