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IL G20

COS’È E COME FUNZIONE

Si tratta di un vertice al quale prendono parte le principali economie a livello mondiale. La


presidenza è su base annuale e segue un criterio di rotazione. Il 2021 è l’anno di presidenza
dell’Italia. Il vertice dei leader rappresenta di fatto la fine di un percorso. Nel corso dell’anno infatti
si tengono diversi vertici su diversi temi di particolare rilievo. Nel 2021 al centro delle discussioni
ci sono stati ovviamente il tema della pandemia, quello della ripresa economica e poi quello della
crisi afghana, che ha caratterizzato l’ultima parte dell’anno.

Come riportato sul sito ufficiale, i Paesi membri sono: l’Arabia Saudita, l’Argentina, l’Australia, il
Brasile, il Canada, la Cina, la Corea del Sud, la Francia, la Germania, il Giappone, l’India,
l’Indonesia, l’Italia, il Messico, il Regno Unito, la Russia, gli Stati Uniti, il Sud Africa, la Turchia e
l’Unione Europea.
Prende parte ai vertici anche la Spagna in qualità di invitato permanente del G20.Annualmente la
Presidenza invita altri Paesi e diverse organizzazioni internazionali e regionali.
RISULTATI

I risultati che i vari leader hanno trovato, possono essere elencati nei seguenti punti:

1. La soglia dei 1,5 gradi


I leader hanno confermato l’obiettivo dell’Accordo di Parigi che prevede che l’innalzamento medio
globale delle temperature rimanga sotto i 2 gradi dai livelli pre-industriali, e possibilmente sotto
1,5 gradi.
I Paesi restano «impegnati sull’accordo di Parigi per mantenere l’aumento della temperatura
globale sotto i 2 gradi e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5 gradi» prevede il documento
finale del vertice. Che riconosce: «L’impatto del cambiamento climatico a 1,5° centigradi è molto
inferiore rispetto a 2°. Mantenere l’obiettivo di 1,5°C a portata di mano richiederà azioni
significative ed efficaci e l’impegno da parte di tutti i Paesi».
Manca però il riferimento al 2050 come termine per azzerare le emissioni (termine contrastato da
Cina e Russia, che indicano il 2060), si parla invece di «entro o vicino alla metà del secolo». 

Un impegno ancora generico secondo Oxfam (confederazione internazionale di organizzazioni non


profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di
sviluppo) che chiede subito «la revisione dei piani nazionali per centrare l’obiettivo».
Secondo l’ultimo rapporto UNEP ( Ufficio Notificazioni Esecuzioni e Protesti) sulle emissioni
globali entro il 2030, bisognerebbe tagliare le emissioni del 30% per raggiungere l’obiettivo dei 2
gradi e del 55% per raggiungere l’obiettivo di 1,5 gradi (ad oggi il taglio delle emissioni si ferma
invece al 7,5%).

2. Via i dazi
Al G20 è stato siglato un accordo Usa-Ue sui dazi. Joe Biden ha annunciato la rimozione
immediata delle tariffe americane sull’acciaio (25%) e l’alluminio (10%) europei e l’Ue proporrà di
fare lo stesso verso 187 prodotti americani. È la fine del conflitto permanente scatenato da Donald
Trump, che nel 2018 eresse le barriere commerciali prima con la Cina, poi con l’Europa. Nella Ue i
Paesi più colpiti sono stati Germania, Paesi Bassi e Italia.
Dopo una serie di tentativi, infruttuosi, di dirimere amichevolmente la disputa, Bruxelles aveva
fatto ricorso al WTO (World Trade Organization, ovvero l’Organizzazione Mondiale del
Commercio) e adottato misure di rappresaglia multimiliardarie sulle esportazioni Usa. Quello
concordato al G20 di Roma è un primo passo per superare la fase conflittuale della disputa,
puntando a tornare a un percorso negoziale che consenta a sua volta di far tornare alla normalità
gli scambi tra i due giganti economici.

3. Global minimum tax


Dopo anni di trattative, i leader hanno approvato la Global minimum tax, il sistema di tassazione
internazionale per tassare i profitti globali delle corporation che andrà a colpire soprattutto i
colossi del web. Si tratta di un’imposta che permette di tassare le imprese anche nei Paesi dove
fanno gli utili e non solo in quelli di residenza fiscale; inoltre per evitare che queste continuino a
trasferire la propria sede fiscale in un Paese dove il trattamento è più favorevole, la global
minimum tax consente ai Paesi che ospitano compagnie multinazionali con almeno 750 milioni di
euro di fatturato di imporre una tassa minima del 15% sugli utili.

4. Stop ai finanziamenti del carbone


Il leader dei Paesi del G20 si sono impegnati a interrompere entro la fine di quest’anno il
finanziamento di nuove centrali a carbone all’estero. Uno stop parziale lo giudica Oxfam che
auspicava una simile misura anche sul fronte interno ed esteso anche all’eliminazione graduale di
altri combustibili fossili. «Ciò significa che le dannose centrali a carbone possono essere costruite
per altri dieci anni, il che è incompatibile con l’obiettivo di limitare il riscaldamento a 1,5°C»
osserva la ONG (Una organizzazione non governativa è un'organizzazione senza fini di lucro che è
indipendente dagli Stati e dalle organizzazioni governative internazionali).

5. 100 miliardi per il Fondo Green


Il documento finale del G20 conferma il fondo per il clima da 100 miliardi di dollari all’anno, fino
al 2025. Il testo sottolinea l’«importanza» di rispettare quell’impegno già fissato per sostenere la
transizione ecologica nei Paesi in via di sviluppo e accompagnare i Paesi più vulnerabili
nell’adattamento al cambiamento climatico. Ma rimane da vedere se poi questi fondi verranno
effettivamente elargiti.
Nuovi impegni sono stati assunti da alcuni dei membri del G20 per aumentare il proprio
contributo, come l’Italia, che ha aumentato il proprio aiuto a 7 miliardi in 5 anni.

DAL G20 ALLA COP26

Il vertice ha idealmente passato il testimone alla Cop 26, conferenza delle Nazioni Unite sui
cambiamenti climatici, presieduta quest'anno dal Regno Unito e ospitata a Glasgow dal 31 ottobre
al 12 novembre 2021, dove sono oltre 190 i leader mondiali riuniti per dodici giorni di negoziati.

In breve, sono tre i principali risultati emersi:


1. innanzitutto, è stato tenuto vivo l’obiettivo di mantenere la temperatura entro +1,5 °C
rispetto ai livelli pre-industriali. Questo risultato non era affatto scontato, perché ora i
leader dei Paesi sono chiamati ad aggiornare (chi ancora non l’ha fatto) i Piani nazionali
per raggiungere quel traguardo, Piani che verranno ridiscussi proprio l’anno prossimo,
alla COP27 in Egitto. Inoltre, per la prima volta nella storia degli accordi conclusivi di
una Conferenza ONU sul clima, sono stati citati i combustili fossili e la necessità di
ridurne l’utilizzo;
2. è stato l’accordo per iniziare a smettere l’utilizzo del carbone come fonte energetica e per
fermare i sussidi economici e finanziari ai combustibili fossili. Ma questo secondo punto
è stato il più “deludente”, perché dalla prima bozza dell’accordo, in cui si parlava di
eliminare gradualmente l’utilizzo del carbone e i finanziamenti ai combustibili fossili,
l’accordo finale, per via della presa di posizione dell’India, esprime di “ridurre
gradualmente”. Questa differenza, ceh per molti potrebbe essere una sciocchezza, ma
che è di una rilevante importanza, ha fatto commuovere il presidente della COP26, Alok
Sharma;
3. infine è stata rafforzata l’architettura della rendicontazione degli obiettivi di riduzione
delle emissioni nazionali, con un nuovo calendario, nuovi sistemi di trasparenza e tabelle
di rendicontazione più efficaci
SUCCESSO O FALLIMENTO?

La COP26 non ha risolto nulla, in realtà, ma ha permesso di compiere un piccolo e ulteriore passo
in avanti di fronte ad un’enorme ed epocale scalata, che va eseguita il più in fretta possibile.

Un ruolo pressoché centrale è stato compiuto proprio dai giovani attivisti che, da anni a questa
parte, svolgono l’ingrato ma, nello stesso tempo, valoroso compito di mettere pressione sui governi
di tutto il mondo e che, proprio durante i giorni della Conferenza, hanno riempito le piazze e sfilato
per focalizzare l’attenzione su problematiche che, in futuro, proprio su di loro avranno i maggiori
effetti. Senza questa “pressione” dal basso, le risposte del multilateralismo politico sarebbero
troppo lente per affrontare con efficacia la crisi climatica.

PICCCOLE CONSIDERAZIONI

Consideriamo il nostro pianeta, la nostra casa, come un uccellino ferito. Penso che davanti a questa
situazione ci possano essere solo due tipi di persone: chi non riesce ad ignorare il cinguettio
dell’uccellino e fa il di tutto per curarlo, e chi lo ignora, pensando che non lo riguarda direttamente
e quindi se ne lava le mani. Spetta solo a noi decidere che tipo di persone vogliamo essere,
vogliamo essere coloro che considerano il problema come non affar proprio, e quindi lasciarlo
morire, o vogliamo essere coloro che lo salvano?
Vorrei tanto conoscere chi ha il fegato di veder morire la propria casa davanti agli occhi. Credo che
le persone hanno il diritto e il dovere di mantener pulito l’ambiente in cui vivono

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