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TEORIA E TECNICHE DELL’ARMONIA

Undicesima lezione (20/02-04/03/2019) – Considerazioni e approfondimento

Modulazione ai toni “vicini”

A lezione si è partiti dal concetto di “modulazione ai toni vicini”.


Gli schemi sono relativi alla tonalità di partenza di RE Maggiore e di RE minore.

Schema 1

Sopra le tonalità sono scritte le sigle funzionali.


Il MAIUSCOLO indica una tonalità MAGGIORE, il minuscolo una tonalità minore;
quando le lettere sono due, prima si legge la seconda, che si riferisce alla prima lettera.

T = tonalità Maggiore della Tonica t = tonalità minore della tonica


D = tonalità Maggiore della Dominante d = tonalità minore della dominante
S = tonalità Maggiore della Sottodominante s = tonalità minore della sottodominante
Tp = tonalità parallela minore della Tonica Maggiore (è la relativa minore di un Maggiore)
Dp = tonalità parallela minore della Dominante Maggiore
Sp = tonalità parallela minore della Sottodominante Maggiore
tP = tonalità parallela Maggiore della tonica minore (è la relativa Maggiore di un minore)
dP = tonalità parallela Maggiore della dominante minore
sP = tonalità parallela Maggiore della sottodominante minore

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L’utilizzo delle sigle funzionali non è un obbligo, ma un’opportunità per esprimere in modo
molto chiaro e sintetico il prospetto generale delle tonalità toccate in un brano, soprattutto di
ampio respiro. La dizione tradizionale basata sulla parola “relativa di” rimane pur sempre valida.
Il vantaggio delle sigle è basato sulla differenza tra MAIUSCOLO (=MAGGIORE) e minuscolo
(= minore); qualora ci siano delle relazioni, fra le varie tonalità, basate per esempio sul cambio di
modo, l’automatico “allontanamento” dalla tonalità d’impianto (normalmente si tratterebbe di
vedere appunto tonalità già definite “lontane”) potrebbe essere seguito in modo più
consequenziale.
Per esempio:

DO Maggiore --- mi minore --- MI MAGGIORE:


T --- Dp --- DP (= parallelo Magg. della Dominante Magg.)
--- + 1 diesis --- + 3 diesis = + 4 diesis dalla partenza
--- (1 quinta asc.) --- (3 quinte asc.) = 4 quinte ascendenti dalla partenza

Il cambio di modo su qualsiasi tonalità in uso prevede:


da minore a Maggiore (per esempio da t a T) uno spostamento di 3 quinte ascendenti,
da Maggiore a minore (per esempio da T a t) uno spostamento di 3 quinte discendenti.

A questo proposito si è detto a lezione di aggiungere, come tonalità “vicina” a una data tonalità di
partenza, quella omonima con cambio di modo.
Conseguente integrazione allo schema 1 della pagina precedente:

Schema 2
RE minore

SOL Maggiore RE Maggiore LA Maggiore

MI minore SI minore FA# minore

RE Maggiore

SOL minore RE minore LA minore

SI b Maggiore FA Maggiore DO Maggiore

Due ulteriori osservazioni su quest’ultimo schema.


1- E’ bene ricordarsi che gli autori classici (e oltre) fanno largo uso della scala maggiore
armonica, così detta perché utilizza il sesto grado abbassato, tipico della scala minore
armonica. Questa scala crea l’illusione di un cambio di modo da Maggiore a minore, ma in
realtà fa sì che si modifichino gli accordi contenenti il 6° grado, come se si fosse nel
minore, ma lasciando inalterata la modalità maggiore della tonica (vedi appunti della 10a
lezione, a pag. 9 Scala maggiore armonica di DO).
2- La “vicinanza” tra RE Maggiore e RE minore (e viceversa) può suggerire, anche se ancora
solamente in teoria, di “mescolare” fra loro tutte le tonalità citate nello schema, rendendo

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plausibile una relazione “lontanissima”, per esempio, tra FA# minore e SI b Maggiore: dal
parallelo minore della Dominante Maggiore di RE Maggiore al parallelo Maggiore della
sottodominante minore di RE minore.
Come risulta dal sottostante schema 3, le toniche delle tonalità vicine a una data tonalità sono
rappresentate dalle stesse triadi maggiori e minori contenute nella scala di partenza (scala
Maggiore per la tonalità Maggiore, scala naturale per la tonalità minore).
Ecco le sequenze, prendendo come riferimento RE Maggiore e RE minore naturale:

Schema 3

I I I I I (triade diminuita!)
MI – FA# – SOL + LA + SI –

(triade diminuita!) I I I I I
FA + SOL – LA – SI b + DO +

Note caratteristiche

Si possono definire tali quelle note che cambiano nel passaggio da una tonalità a un’altra.
Integrazione allo schema 1 di pag. 1 con le note caratteristiche.
Schema 4

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Osservazioni sulle note caratteristiche.
Il numero di note caratteristiche varia a seconda del modo della tonalità di partenza e del modo e
del rapporto con quella d’arrivo. In particolare:
1 nota caratteristica: - da una Tonalità Maggiore ad altra Maggiore
(= una quinta sopra o una quinta sotto),
- da una tonalità (Maggiore o minore) a quella relativa.
2 note caratteristiche: - da una Tonalità ad altra di modo opposto (esclusa la relativa della
tonalità di partenza).
3 note caratteristiche: da una Tonalità minore ad altra minore
(= una quinta sopra o una quinta sotto).

La nota caratteristica è rappresentata da:


- alterazione in più o in meno (bemolle o diesis) posta in armatura di chiave,
- sensibile della Tonalità d’arrivo (solo minore),
- sensibile della Tonalità di partenza (solo minore) che si annulla.

Procedimenti per modulare

Sono essenzialmente due.

- Per alterazione cromatica


Consiste nell’utilizzo di due accordi, il primo dei quali (nella tonalità di partenza)
contenga una delle note destinate a cambiare nella tonalità d’arrivo (= nota
caratteristica); il secondo accordo (nella tonalità d’arrivo) deve contenere proprio
quella nota caratteristica, già prevista nell’accordo precedente.
Nella pratica compositiva, una delle voci si muoverà proprio per semitono cromatico
(ascendente o discendente) nel passaggio dal primo al secondo accordo.
Casi desumibili dai corali di Bach:

Esempio 1

I -------- V6 V2 I6 I---------- I6 V V6 I
FA Maggiore SI b Maggiore FA maggiore RE minore

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- Per accordi comuni (o per note comuni)
Consiste nel far precedere l’accordo della nuova tonalità (contenente una o più note
caratteristiche) da uno o più accordi che utilizzino le note in comune alla tonalità di
partenza e a quella di arrivo e che in pratica sono valutabili in entrambe le tonalità.
Questo procedimento rimane come sottinteso e non percepito all’ascolto; l’orecchio
sentirà un cambiamento al solo ed effettivo comparire delle note caratteristiche, ma
costituisce comunque una preparazione alla modulazione.
In altre parole, questo procedimento opera al contrario del precedente: sfruttando le
note comuni alle due tonalità, si crea una zona più o meno estesa di accordi che
tengono separate fra loro le note destinate a cambiare, facendo sortire alla
modulazione un effetto più morbido e progressivo.
Il cambiamento di funzione di questi accordi in comune contribuisce a rinforzare il
processo di acquisizione di un nuovo centro tonale.
Esempio 2

SI b Maggiore I V I
FA Maggiore IV V IV6 VII7 I V I

Contrariamente agli esempi precedenti che riguardavano il procedimento per alterazione


cromatica, qui l’arrivo del V di Fa Maggiore, con la nota caratteristica < mi bequadro >, è
preceduto dalla triade < si bemolle-re-fa >; questa triade, che già dall’inizio costituisce il I di SI b
Maggiore, introduce il V di Fa Maggiore, diventando il IV dalla nuova tonalità.

Osservazione: mentre prima la nota caratteristica è raggiunta attraverso un vero e proprio


semitono cromatico (vedi in entrambi i casi il basso), ora (vedi il contralto) il < mi bequadro > è
raggiunto attraverso un semitono diatonico (= seconda minore) discendente.

I metodi più chiari per segnare quest’ultimo procedimento di modulazione sono:


1- quello di scrivere su due linee diverse i gradi relativi alla tonalità di partenza e a quella
d’arrivo, in modo che la sovrapposizione dei gradi indichi la presenza di accordi comuni;
2- quello di utilizzare il segno di uguale fra i due gradi indicanti l’accordo comune, e una barra a
forma di L capovolta per indicare il cambio di tonalità.

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Relativamente al precedente esempio 2:

I V I = IV V IV6 VII7 I V I
SI b Maggiore FA Maggiore

Se gli accordi comuni dovessero essere due (o più) è meglio usare il primo metodo. Per es.:

SI b Maggiore I V I VI
FA Maggiore IV II V IV6 VII7 I V I

In quest’ultimo caso, il metodo di ricorrere al segno di uguale (=) o alla barra obliqua o “slash” ( /
) può risultare confusionario, per la collocazione non precisa delle tonalità, soprattutto se ci sono
più modulazioni ravvicinate:

Aspetto formale della modulazione

Il procedimento di modulazione tramite uno o più accordi comuni è trattato dal Piston nel
secondo paragrafo del capitolo La modulazione, e precisamente in Relazioni elementari: tre stadi,
nel quale l’accordo comune è detto accordo-perno.
Questo procedimento è legato ad esempi che il Piston stesso, all’inizio del paragrafo successivo,
riconosce essere estratti dal loro contesto, con il tacito presupposto che la seconda tonalità sia
fissata saldamente come nuovo centro tonale.
E più avanti: se la nuova tonica non verrà affermata abbastanza energicamente e in un periodo
di tempo sufficientemente lungo, l’orecchio conserverà il ricordo della prima tonalità e un
eventuale ritorno al tono iniziale darà la sensazione che nessuna autentica modulazione abbia
avuto luogo.

E’ quindi di fondamentale importanza scindere i procedimenti per modulare dall’aspetto formale


della modulazione.

L’effetto reale del cambiamento di tonalità dipende da due fattori:


1- dalla durata del procedimento,
2- dal punto della frase (o della parte della struttura fraseologica) in cui avviene la
modulazione.

I casi sono molti per le numerose variabili di questi due fattori.


Seguendo il testo del Piston si possono definire 4 livelli, partendo da quello in cui il cambio di
tono è molto “sfumato” e quasi impercettibile a quello in cui la nuova tonica risulta perfettamente
definita e stabilizzata.

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Il 1° livello è rappresentato dalla cosiddetta tonicizzazione, realizzata con le dominanti
secondarie: si tratta di dar risalto ad alcuni gradi, all’interno di una tonalità precisa, facendoli
momentaneamente diventare toniche proprio perché preceduti dalla propria dominante.
In questo caso si parla di dominante in senso funzionale, cioè comprendendo triadi e quadriadi
del V e del VII. Il Piston lo definisce (a pag. 221) “come un procedimento che si svolge in un
periodo breve di tempo, con il ritorno della tonica originale all’interno della stessa frase”.

Si è già riscontrato questo fenomeno nell’analisi del corale di Bach a pag. 30 del pdf sulle note
estranee all’armonia, affrontate nella quinta lezione.

Esempio 3

La frase di chiusura del ritornello di quel corale è e rimane tutta in DO Maggiore, come si vede
già dalla prima corona dell’esempio, ma il VI e il V grado di DO sono preceduti rispettivamente
dalla quadriade diminuita di sensibile di LA minore e da quella diminuita di sensibile di SOL
Maggiore armonico. La presenza di questi accordi non causa la perdita di DO come baricentro
tonale di tutta la riga; crea, anzi, una tensione che dà risalto alle triadi < la-do-mi > e < sol-si-re >
funzionalmente ben ancorate a DO.

Su questo argomento si rimanda l’ulteriore approfondimento al capitolo 16 del testo del Piston:
Dominanti secondarie.

Per ora preme trovare il metodo più semplice per indicare questi accordi.
Il manuale suggerisce (come indicato nell’esempio sopra n. 3) l’uso del V09 (oppure V90) per
esprimere le quadriadi di sensibile, intese come none di dominante con fondamentale sottintesa
(vedi pag. 319).
Il suggerimento è quello di semplificare scrivendo VII del... , inserendo le solite cifre dopo il
numero romano per indicare lo stato della quadriade (VII7, VII65, VII43, VII42 oppure VII2), e al
posto dei puntini il numero romano del grado “tonicizzato”.

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I gradi dell’esempio 3 risultano così modificati:

Esempio 4

DO Maggiore I VII7 VI VII7 V I


del VI del V

Il 2° livello è rappresentato dalla modulazione passeggera, che “si estende per un periodo più
lungo (rispetto alla tonicizzazione), tanto che il ritorno della tonica autentica è rimandato alla
frase successiva”.
Questo riguarda quei numerosi casi nei quali la nuova tonica (soprattutto rappresentata dalla
dominante) è raggiunta alla fine della frase (quindi in fase di cadenza) o di una piccola sezione,
molto spesso ritornellata (vedi sotto l’esempio 14-8 di pag. 220).

La durata del procedimento e la quantità degli accordi renderebbe assurdo il ricorso al modo di
scrivere i gradi armonici come nella tonicizzazione:

Re: I IV II V I V65 V VI6 V64 V V


del V del V

Il 3° livello è rappresentato dal susseguirsi di modulazioni passeggere, “ma prive di forti


conferme cadenzali”; “siamo in presenza di una catena di modulazioni”, che “vengono talvolta
definite modulazioni transitorie”.

L’esempio seguente è tratto dall’elaborazione del I tempo della sonata per pianoforte K 310 di W.
A. Mozart; ci sono tre frasi ripetute in forma di progressione modulante, ognuna sul pedale di
dominante della rispettiva tonalità (MI minore, LA minore, RE minore)

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[Sono segnati in maniera sintetica solo i gradi fondamentali]

Il 4° livello è costituito da una modulazione reale e cioè da un cambio di tonalità effettivo,


ottenuto tramite una o più cadenze. Quasi sempre nelle composizioni con prevalente scrittura
omofonica (canto con accompagnamento), la nuova tonalità raggiunta corrisponde a un’ampia
sezione con materiale tematico e melodico nuovo.

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