Relatore Laureando
Prof. Ing. Maurizio Piazza Alessandro Crosatti
Correlatore
Dott. Ing. Roberto Tomasi
Dott. Ing. Albino Angeli
VII
Indice
VIII
Indice
IX
Indice
X
Indice
XI
Indice dei simboli
F Forza generica
n Numero di connettori
XIII
Indice dei simboli
XIV
Indice dei simboli
mento ligneo
XV
Indice dei simboli
XVI
Introduzione
XVII
Introduzione
XVIII
Introduzione
Particolare riguardo è stato posto alle viti inclinate autoforanti a doppio filetto
tipo WT, a cui si dedicano dei capitoli specifici, in quanto gli attuali modelli proposti
in normativa, come si vedrà in seguito, non risultano adeguati al fine della deter-
minazione della resistenza e rigidezza. L’analisi del comportamento meccanico di
viti inclinate tipo WT rappresenta la continuazione e approfondimento di preceden-
ti lavori di tesi condotti presso l’Università degli Studi di Trento da Albino Angeli
(vedi [4]) e Mario Mores (vedi [5]). Sulla base dei risultati ottenuti in questi lavori di
tesi si riscontra la necessità di ulteriori approfondimenti teorici e sperimentali prima
di una possibile implementazione di specifiche formule di calcolo all'interno di nuo-
ve normative.
XIX
Introduzione
Bibliografia essenziale
XX
1 Sistemi di collegamento
1.1 Generalità
Come è noto in tutte le strutture, indipendentemente dal materiale da costru-
zione con il quale sono realizzate, i collegamenti fra gli elementi rappresentano
sempre un punto di criticità a cui si deve riservare una cura e una progettazione di
livello superiore rispetto a quella che usualmente si dedica al generico elemento
strutturale. Dai collegamenti, infatti, dipende il comportamento complessivo della
struttura nella sua totalità il quale può mutare considerevolmente qualora le ipotesi
di fondo, che stanno alla base del loro dimensionamento, siano diverse da quelle
che si vengono a concretizzare nella realtà dei fatti.
Da sempre è noto a tutti che il ripristino della continuità fra elementi portanti
nelle strutture di legno è più complicato rispetto ad altri materiali strutturali per i
quali il problema può essere risolto in maniera abbastanza spedita: nel caso di
membrature d’acciaio si ricorre in genere alla saldatura o alla bullonatura (in que-
sta seconda opportunità quindi non siamo molto lontani dai problemi che si incon-
trano con il legno), mentre nel caso del cemento armato, di regola, si sfrutta la ri-
presa dei getti per ottenere interi organismi monolitici. Con il legno, purtroppo, tut-
to si fa più complesso: di primo acchito, si potrebbe pensare di utilizzare moderne
tecniche di incollaggio per eseguire le giunzioni, ed in effetti non mancano esempi
concreti di edifici progettati in questo modo. Tuttavia, si tratta sempre di interventi
particolarmente delicati, soprattutto se svolti in cantiere, che devono essere effet-
tuati da maestranze esperte, per non risultare poco affidabili o addirittura pericolo-
si in quanto estremamente sensibili alle condizioni termo-igrometriche all’atto della
realizzazione; per tale motivo e anche per le ancora ridotte informazioni e studi sul
1
Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
comportamento nel tempo dei collegamenti incollati qualora si proceda per questa
strada, che presenta degli indubbi vantaggi (elevata resistenza e rigidezza), si pre-
ferisce quasi sempre realizzare l’unione in stabilimento produttivo. Di conseguen-
za, si fa normalmente ricorso ad altre tipologie di giunto, spesso basate sull’utilizzo
di dispositivi meccanici in acciaio e più raramente si ricorre ancora alle cosiddette
unioni tradizionali della carpenteria lignea.
Per una data struttura, la scelta del sistema di collegamento da utilizzare non
è determinata unicamente dalle condizioni di carico e dalla capacità portante del
singolo elemento di connessione; essa include anche alcune considerazioni relati-
ve alla costruzione quali l’estetica, il costo economico , il processo di fabbricazio-
ne, la posa in opera, le preferenze del progettista. Cosa importante da tener pre-
sente è che nel caso delle strutture di legno, la funzionalità e la durabilità della
struttura dipendono principalmente se non esclusivamente dalla progettazione del-
le unioni tra gli elementi. Riguardo a quanto detto in precedenza va rimarcato il fat-
to secondo cui, rappresentando molto spesso il costo delle connessioni una bella
fetta di quelli della struttura, ne deriva quindi che il loro progetto ottimale è spesso
molto vantaggioso economicamente. Scegliendo opportunamente il tipo di colle-
gamento si possono ottimizzare le fasi di trasporto e di montaggio degli elementi
permettendo un ulteriore contenimento dei costi e se come accade spesso, questi
sono uno dei parametri fondamentali vincolanti la progettazione si comprende
l’importanza delle ultime affermazioni.
Negli ultimi decenni sta poi prendendo sempre più importanza, soprattutto in na-
zioni soggette ad elevato rischio sismico, la tendenza ad affidare ai giunti la capa-
cità dissipativa, capacità che non tutti i tipi di collegamento hanno e che quindi di-
venta un altro parametro influenzante le scelte costruttive.
È impossibile, però definire un insieme di regole dalle quali si possa stabilire
quale sia il tipo di connessione migliore in funzione del tipo di struttura. Il concetto
fondamentale dal punto di vista strutturale è che più semplice è l’unione e migliore
sarà il risultato.
Nel calcolo delle giunzioni è fondamentale tenere conto delle condizioni di
umidità in cui si viene a trovare la struttura e della durata di applicazione dei vari
carichi, che vengono a gravare durante la vita della stessa, di conseguenza le ve-
rifiche di resistenza devono essere condotte durante tutte le fasi di esercizio della
struttura.
2
Sistemi di collegamento - Capitolo 1
Lo scopo principale dei paragrafi successivi sarà quello di dare una descri-
zione delle caratteristiche di tutti i connettori utilizzati nelle giunzioni testate duran-
te la campagna sperimentale andando ad analizzarli in dettaglio.
1.2 Classificazione
A livello descrittivo generale le tecniche di connessione tra elementi lignei,
comunemente utilizzate, possono differenziarsi sia per il tipo di sollecitazione a cui
vengono sottoposte in fase di esercizio, sia per i materiali utilizzati per la loro rea-
lizzazione. La distinzione più comune è tra le due seguenti tipologie :
• unioni tradizionali della carpenteria lignea realizzate attraverso la la-
vorazione delle superfici di contatto degli elementi da unire (car-
pentry joint): le sollecitazioni si trasmettono in maniera diretta preva-
lentemente attraverso sforzi di compressione;
• unioni meccaniche di tipo moderno nelle quali la trasmissione degli
sforzi non avviene in maniera diretta, ma attraverso l’inserimento di
elementi metallici, eventualmente con la presenza di colla (mecha-
nical joint); le sollecitazioni si trasmettono prevalentemente attraver-
so sforzi di taglio.
3
Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
4
Sistemi di collegamento - Capitolo 1
5
Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
6
Sistemi di collegamento - Capitolo 1
1.3.2 Tirafondi
I tirafondi sono le classiche viti da legno e quindi necessitano di preforo in
misura differente per la parte liscia e quella filettata del gambo, quindi il foro deve
essere realizzato in due passaggi.
I tirafondi sono prodotti con diametri nominali nell’intervallo 6 ÷ 16 mm con
lunghezze nell’intervallo 40 ÷ 400 mm; gli incrementi sono sempre di 2 mm.
Il diametro della parte liscia è uguale a quello della parte filettata, che viene
ricavata per estrusione.
Si deve realizzare un preforo con trapano nel caso di tirafondi con diametro
della parte liscia superiore a 6 mm, con diametro pari a d per la parte liscia del ti-
rafondo e pari a 0,7d per la parte filettata, dove d è il diametro delle parte liscia.
La vite ha una testa esagonale che, quindi non rimane a filo dell’elemento di
legno; il montaggio avviene con trapano ed inserto esagonale ortogonalmente agli
elementi da collegare.
La resistenza a rottura per trazione minima è di 400 MPa.
Anche nel caso dei tirafondi si possono utilizzare rondelle che, anche in que-
sto caso, influenzano il comportamento meccanico della connessione.
Si può dire tranquillamente che i tirafondi non sono molto usati, prevalente-
mente per la scomodità di dover realizzare il preforo (addirittura doppio) ed il loro
impiego si limita alla connessione tra trave principale e soletta di calcestruzzo nei
solai.
In questo lavoro di tesi sono stati analizzati i diametri 8 e 10 mm con lun-
ghezza per entrambi pari a 180 mm, esclusivamente come confronto per gli altri
tipi di viti analizzati (HBS, WT); rondelle 8,4 x 24 x 2 per φ8 e 10,5 x 30 x 2,5 per
φ10.
7
Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
1.3.3 Chiodi
I chiodi rappresentano sicuramente il mezzo di connessione più antico per gli
elementi in legno ma tuttora molto usato.
L’apparente difficoltà di dover martellare ogni connettore all’interno
dell’elemento di legno o di dover effettuare il preforo è ovviata dall’utilizzo di chio-
datrici elettriche o pneumatiche; questo vantaggio è tuttavia sfruttabile solo per
chiodi di ridotta lunghezza (massimo 10 cm).
I chiodi possono essere lisci o ad aderenza migliorata (non si può parlare di
vera filettatura), quadrati o tondi; la testa dei chiodi è circolare con diametro pari a
circa il doppio di quello del gambo; i chiodi a gambo liscio, che sono i più diffusi,
sono prodotti con diametri nominali compresi tra 2,7 e 8 mm, con lunghezze tra 60
e 300; quindi con rapporti lmax/d compreso nell’intervallo 20 ÷ 30.
Figura 1.7
Chiodi (da [1]): a) Tondi;
b) A filettatura elicoidale;
c) Con gambo a rilievi tronco conici;
d) Infissi a macchina.
8
Sistemi di collegamento - Capitolo 1
1.3.4 Bulloni
I bulloni sono elementi cilindrici di acciaio filettati ad un’estremità e dotati di
testa esagonale all’altra; gli elementi vengono serrati con dadi posizionando delle
rondelle tra testa, bullone e legno e tra dado e legno.
Le rondelle hanno uno spessore minimo di 0,3d e diametro minimo 3d, dove
d è il diametro nominale del bullone.
Oltre al diametro 10 mm i bulloni sono prodotti con diametri nell’intervallo 12
÷ 24 mm con incrementi di produzione di 4 mm; le lunghezze variano nell’intervallo
100 ÷ 600 mm e sono circa 20 volte il diametro (anche se si può arrivare per alcu-
ni diametri a più di 30 volte).
Per la messa in opera dei bulloni si deve realizzare con un trapano un foro,
ortogonalmente agli elementi da collegare, pari al diametro nominale del bullone
(che è più grande del diametro reale), successivamente si inserisce il bullone con
le rondelle e si serra il dado con chiavi inglesi o avvitatori meccanici fino ad ottene-
re un adeguato contatto delle superfici da unire. La normativa tedesca DIN
1052:1988 ([4]) prevedeva che le rondelle penetrassero nel legno di 1 mm per a-
vere una chiusura corretta.
9
Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
Per il fatto che i fori non sono calibrati a causa delle naturali variazioni di u-
midità del legno, è spesso necessario ricorrere ad un ulteriore serraggio degli e-
lementi dopo la posa in opera.
I bulloni vanno messi subito in sede perché, pur avendo un po’ di gioco (fino
a 1 mm), le variazioni di umidità del legno possono provocare un disallineamento
dei fori e l’evidente impossibilità di chiudere la connessione.
I bulloni sono generalmente utilizzati in unioni a più piani di taglio.
La resistenza a rottura per trazione minima dei bulloni è di 400 MPa.
1.3.5 Spinotti
Sono elementi di acciaio con superficie liscia, rastremati alle estremità per un
migliore inserimento nel foro; usati generalmente in unioni a più piani di taglio.
Gli spinotti sono prodotti con diametro nell’intervallo 8 ÷ 24 mm con incre-
menti di produzione di 4 mm e lunghezze nell’intervallo 50 ÷ 500 mm; il rapporto
lmax/d è circa pari a 20.
Per la messa in opera degli spinotti si deve realizzare con un trapano un foro,
ortogonalmente agli elementi da collegare, pari al diametro dello spinotto che,
quindi, deve essere inserito a forza e a filo della superficie degli elementi da colle-
gare.
10
Sistemi di collegamento - Capitolo 1
Il fatto di inserire subito gli spinotti in sede per ovviare ai disallineamenti del
foro è ancora più importante che nel caso dei bulloni perché qui il foro è calibrato.
La resistenza a rottura per trazione minima degli spinotti è di 400 MPa.
I collegamenti con spinotti sono meno deformabili di quelli con i bulloni per il
fatto di avere il foro calibrato; resta il problema della perpendicolarità del foro ri-
spetto all’elemento per gli spinotti più lunghi.
Una caratteristica comune agli spinotti e ai bulloni è l’elevata rigidezza rispet-
to ai connettori analizzati in precedenza, ed il fatto che entrambi vengono utilizzati
per sforzi di taglio di elevato valore per i quali, con gli altri tipi di connessione, sa-
rebbe necessario un gran numero di elementi.
Spinotti e bulloni sono accomunati anche dal fatto di essere più costosi di viti
o chiodi (svantaggio compensato dal minor numero di elementi necessari in una
connessione) e per l’indebolimento delle sezioni in cui si realizzano i fori, in quanto
hanno diametri ben più importanti sempre di viti e chiodi.
Il problema più rilevante degli spinotti è che non hanno alcun elemento di
chiusura del giunto; di solito alcuni spinotti vengono rimpiazzati da bulloni o alcuni
bulloni vengono aggiunti senza essere conteggiati nel calcolo della connessione,
con la sola funzione di “chiudere il giunto”.
Gli spinotti oggetto delle nostre prove sono stati i diametri 12, 16 e 20 mm,
tutti con lunghezza pari a 400 mm esattamente uguale allo spessore degli elemen-
ti da collegare.
11
Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
La resistenza del connettore non è legata, come nel caso degli elementi in
acciaio, alla resistenza a trazione dell’elemento ma, piuttosto, a quella a taglio del-
la spina.
Il grosso problema delle spine di faggio sollecitate a taglio è che hanno un
comportamento estremamente fragile (slip max 10 mm) e ciò ne rende difficile
l’utilizzo nelle connessioni al posto degli elementi di acciaio.
Le spine oggetto delle nostre prove sono state i diametri 12, 16 e 20 mm, tutti
con lunghezza pari a 400 mm esattamente uguale allo spessore degli elementi di
legno da collegare.
12
Sistemi di collegamento - Capitolo 1
Figura 1.14 Caratteristiche geometriche della vite tipo WT (da catalogo SFS Intec).
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Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
Gli assemblaggi con delle viti universali non permettono di riprendere delle
forze assiali di compressione. Per gli assemblaggi legno-legno si possono ripren-
dere delle forze limitate di trazione purché vengano associate delle rondelle appo-
site. Nel caso dei connettori WT la trasmissione delle forze assiali fra il connettore
e i due pezzi da assemblare si verifica a taglio grazie alle due filettature previste in
funzione di questo effetto. Questo metodo di funzionamento permette la ripresa
delle grandi forze di compressione o di trazione agenti sull’asse dei connettori. Ne
risultano degli assemblaggi particolarmente efficaci e rigidi.
Nel caso in cui gli assi dei connettori non siano orientati parallelamente alle
forze da riprendere è possibile assicurare la trasmissione degli sforzi grazie ad un
paio di connettori disposti a croce. I connettori possono essere sollecitati anche
assialmente.
Le viti sollecitate a taglio rappresentano, invece, il classico utilizzo delle viti
da legno già visto per viti tipo HBS e tipo tirafondi.
Una caratteristica fondamentale delle viti WT è che sono notevolmente più
rigide delle altre viti.
14
Sistemi di collegamento - Capitolo 1
I connettori WT sono particolarmente ben ancorati nel legno grazie alle due
filettature di cui sono provvisti e quando la portata delle deformazioni è sufficiente
si nota l’apparizione di una trazione assiale nelle viti, il cosiddetto “effetto cavo”.
Le viti WT sono usate in vari modi per collegare travi, pannelli ed elementi di
tetto; un nuovo utilizzo che si sta diffondendo per questo tipo di vite è quello di rin-
forzo per appoggi, intagli, travi curve dove vanno a riprendere quelle sollecitazioni
che per il legno agiscono ortogonalmente alla fibratura.
Figura 1.15 Rinforzi per trazioni ortogonali alla fibratura (da catalogo SFS Intec).
Figura 1.16 Rinforzi per compressioni ortogonali alla fibratura (da catalogo SFS Intec).
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Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
del giunto per effetto dei momenti trasversali e una migliore messa in opera.
Il diametro del bullone è stato scelto facendo riferimento alla DIN 1052:1988
([4]) nel rispetto di quanto riportato nelle normative [5], [6], [7].
Nella tabella 1.1 da [3] sono riportati i valori delle grandezze geometriche in
funzione dei diversi diametri.
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Sistemi di collegamento - Capitolo 1
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Sistemi di collegamento - Capitolo 1
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Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
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Sistemi di collegamento - Capitolo 1
Il diametro del bullone è stato scelto facendo riferimento alla DIN 1052:1988
([4]) nel rispetto di quanto riportato nelle normative [5], [6], [7].
Nella tabella 1.3 da [3] sono riportati i valori delle grandezze geometriche in
funzione dei diversi diametri.
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Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
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Sistemi di collegamento - Capitolo 1
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Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
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Sistemi di collegamento - Capitolo 1
Figura 1.27 Elemento di legno collegato con spinotti e grandi piastre di acciaio (da [10]).
Con riferimento alla figura 1.27 lo stato di coazione generato nel legno è:
−1
1 2⋅ A
σ = α ⋅ ∆ω ⋅ + Eq. 1.1
E K ⋅i
Chiamato α il coefficiente di dilatazione/contrazione lungo la direzione ana-
tomica considerata (parallela o ortogonale alla fibratura) in funzione dell’umidità
del materiale, ∆ω la variazione di umidità, A l’area di sezione dell’elemento ligneo,
E il modulo elastico del legno nella direzione anatomica considerata, K la rigidezza
laterale di ciascuno spinotto e i l’interasse dei bulloni. Conviene quindi, per limitare
il valore dello stato di coazione, usare elementi meno rigidi posti a distanza ravvi-
cinata piuttosto che elementi più grandi posti ad interassi maggiori.
1.4.2 Eccentricità
Nella progettazione strutturale, i collegamenti fra gli elementi devono essere
per quanto possibile simmetrici e concentrici, in particolar modo nel caso di ele-
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Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
Figura 1.28
(a) eccentricità dovute agli elementi di collegamento;
(c) eccentricità dovute alle aste;
(b) e (d) soluzioni alternative per evitare le eccentricità.
26
Sistemi di collegamento - Capitolo 1
Figura 1.29
(a) rottura per trazione nell’area netta St ;
(b) rottura a taglio nell’area netta Sc .
Questa rottura a taglio d’insieme (block shear failure) per un gruppo di ele-
menti di collegamento interessa il taglio lungo un piano e la trazione su un piano
perpendicolare. Il modo di rottura è sequenziale con una frattura su una delle su-
perfici resistenti, S, seguita dal superamento del limite elastico e dalla rottura sulla
superficie perpendicolare al piano della frattura. Per un materiale fragile come il
legno, le resistenze su entrambi i piani non devono essere sommate. Pertanto, la
resistenza dell’elemento è determinata considerando la sezione netta St a trazione
o Sc a taglio e la resistenza di progetto del materiale. La resistenza a taglio
d’insieme di progetto corrisponde al valore maggiore dei due.
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Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
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Sistemi di collegamento - Capitolo 1
zione efficace dall’azione diretta del sole e dell’acqua. In condizioni ambientali se-
vere, la corrosione può essere evitata proteggendo dall’ossidazione i componenti
d’acciaio o utilizzando metalli resistenti alla corrosione. Il progettista deve anche
considerare la compatibilità dell’elemento di collegamento con i trattamenti protet-
tivi per il legno. Per esempio, occorre fare attenzione all’utilizzo di elementi di col-
legamento d’alluminio o acciaio in legno trattato con preservanti contenenti rame.
29
Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
Figura 1.32 Influenza della snellezza di uno spinotto sulla curva F-u.
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Sistemi di collegamento - Capitolo 1
sione degli elementi di collegamento in relazione allo spessore degli anelli di ac-
crescimento nel legno. Da risultati ottenuti da prove sperimentali (vedi [9]), la ca-
pacità portante per elementi di collegamento di diametro fino agli 8 mm è indipen-
dente dall’angolo di inclinazione del carico rispetto alla direzione della fibratura.
Nel caso di carichi agenti inclinati rispetto alla direzione della fibratura, le
tensioni di trazione ortogonali alla fibratura riducono la duttilità e la capacità
dell’unione. Al fine di evitare rotture e spaccature fragili, la duttilità dell’unione può
essere aumentata rinforzando gli elementi nella superficie del giunto. Si possono
ottenere dei rinforzi efficaci con piastre metalliche o pannelli a base di legno incol-
lati alle superfici interne degli elementi da collegare; questi interventi possono es-
sere adatti per la resistenza ad azioni eccezionali quali l’azione sismica.
Al fine di modellare il giunto nei calcoli strutturali, si può effettuare una oppor-
tuna classificazione delle unioni basata sulla duttilità statica DS = uu/uy dell’unione
(figura 1.33 da [1]). Sulla base di questa classificazione (tabella 1.4 da [1]), i calco-
li di progetto possono essere effettuati utilizzando i modelli delle unioni definiti per
gli stati limite di esercizio e per gli stati limite ultimi a seconda della situazione di
progetto.
31
Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
Modello allo
Elemento e condizione di carico DS
S.L.U.
Chiodi e viti sollecitati assialmente
Barre incollate
DS ≤ 3 Fig 1.33 (c)
Anelli, Caviglie
Connettori a gambo cilindrico con modo di rottura I
Piastre dentate
Piastre punzonate 3 < DS ≤ 6 Fig 1.33 (c)
Connettori a gambo cilindrico con modo di rottura II
Chiodi
DS > 6 Fig 1.33 (d)
Connettori a gambo cilindrico con modo di rottura III
32
Sistemi di collegamento - Capitolo 1
giunti lignei simmetrici 80x180 mm (il calcolo è stato effettuato secondo [7], con
kmod = 0,8 ma senza considerare alcuna riduzione per numero efficace).
Rd Kser
Elemento di collegamento Numero
[kN] [kN/mm]
Perni (2 p.d.t. d = 28 mm) 2 ≈ 64 36
Perni (2 p.d.t. d = 14 mm) 5 ≈ 65 45
Perni (2 p.d.t. d = 10 mm) 9 ≈ 65 58
Chiodi (1 p.d.t. d = 5,1 mm
l = 125 mm ad. migl.) 2 x 21 ≈ 60 69
Figura 1.35
Influenza dell’umidità ω sulla resistenza in funzione del percentile della distribuzione per
provini sottoposti a prova per la specie di Picea Abies (Abete rosso):
fc = resistenza a compressione; ft = resistenza a trazione; fm = resistenza a flessione.
33
Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
Figura 1.36
Tasso di sollecitazione SR (%) in funzione del logaritmo del tempo di rottura (ore) per travi
di Abete rosso (Picea Abies) sollecitate a flessione con ω = 10%, ω = 20%, cicli di ω fra
10% e 20%: A = anno; M = mese; S = settimana; G = giorno; O = ora; 10’ = dieci minuti.
34
Sistemi di collegamento - Capitolo 1
le azioni vanno assegnate a diverse classi di durata del carico; l’EC5 ([7]) poi
definisce:
• i coefficienti di correzione kmod , da applicare alle resistenze caratte-
ristiche, per ciascuna combinazione di queste due classi;
• i coefficienti kdef, da applicare ai parametri deformativi, per ciascuna
classe di servizio.
Tabella 1.6 Valori del coefficiente kmod per legno massiccio e per legno lamellare in base
alla classe di durata del carico e alla classe di servizio, secondo l’EC5 ([7]).
Tabella 1.7 Valori del coefficiente kdef per legno massiccio e per legno lamellare in base
alla classe di servizio di appartenenza, secondo l’EC5 ([7]); nel caso il legno venga messo
in opera non stagionato, tali valori devono essere aumentati di 1,0.
35
Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
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Sistemi di collegamento - Capitolo 1
37
Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
38
Sistemi di collegamento - Capitolo 1
Tutto questo può essere ottenuto per la maggior parte dei giunti comunemente uti-
lizzati, seguendo alcune semplici prescrizioni progettuali contenute nell’EC8 ([11])
specificatamente per gli edifici in legno. Tuttavia, al fine di evitare limitazioni
all’utilizzo delle strutture in legno in zona sismica, l’EC8 ci autorizza, in linea di
principio, ad utilizzare qualsiasi tipo di giunto a patto che venga dimostrata la sua
capacità plastica e dissipativa secondo la procedure di prova stabilita dalla UNI
EN 12512 ([12]) la quale prevede escursioni in campo plastico definendo il numero
di cicli a inversione completa, pari almeno a 3, l’estensione della deformazione
anelastica e la massima riduzione consentita nella resistenza in seguito ai cicli ,
che ammonta al 20%. Il rapporto di duttilità statica DS richiesto, al fine di poter u-
sare i valori del fattore di struttura indicati nell’EC8 per le diverse tipologie struttu-
rali è pari a:
• 4 per le strutture a media capacità dissipativa (classe M);
• 6 per le strutture ad alta capacità dissipativa (classe H).
In ogni caso, se i calcoli eseguiti per i carichi statici portano a valori delle sol-
lecitazioni agenti sugli elementi strutturali che siano maggiori di quelle attese nel
caso di azione sismica (anche assumendo un valore del fattore di struttura q=1)
non c’è nessuna necessità di prescrivere alcun livello di duttilità nei giunti. Questo
può essere il caso di grandi strutture in zone con elevati carichi da neve. Cionono-
stante, anche in questo caso, pur non essendo necessario, il soddisfacimento del-
le prescrizioni progettuali dell’EC8 darà alla struttura stessa una riserva di duttilità
che è in ogni caso sempre opportuna.
Per concludere riportiamo qui di seguito una serie di considerazioni sul com-
portamento duttile e non dei vari tipi di unione e sul loro possibile impiego in strut-
ture sismoresistenti.
Chiodi, cambrette e viti: se si eccettuano quelli realizzati in acciaio duro, i
chiodi le cambrette e le viti mostrano uno spiccato comportamento plastico se sol-
lecitate all’interno di unioni meccaniche per il legno. La lunghezza del gambo do-
vrebbe essere opportunamente incrementata nel caso si preveda il rischio di sfi-
lamento. I chiodi lisci a questo proposito non sono ammessi. Se la snellezza del
chiodo è maggiore di 8-10 verrà assicurato un buon livello di duttilità. Nelle con-
nessioni tra pannelli di compensato e gli elementi lignei, il comportamento duttile
può essere raggiunto a patto che la snellezza del chiodo sia maggiore di 4. Prove
effettuate su pareti di taglio chiodate hanno mostrato degli elevati livelli di duttilità
39
Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
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Sistemi di collegamento - Capitolo 1
41
Capitolo 1 - Sistemi di collegamento
Bibliografia essenziale
42
2 Modelli di calcolo: aspetti
teorici e normativi
2.1 Introduzione
In questo capitolo andremo ad introdurre i modelli di calcolo utilizzati dalle at-
tuali normative europee e nazionali, tutte basate sul metodo di calcolo agli stati li-
mite, per la determinazione della capacità portante delle unioni legno-legno con
connettori metallici a gambo cilindrico e con connettori metallici di superficie.
Nella prima parte del capitolo introdurremo, dal punto di vista teorico, i mo-
delli di calcolo della resistenza soffermandoci anche sul concetto di numero effica-
ce. Nella seconda parte andremo a presentare i metodi di calcolo adottati dalle
principali normative europee e nazionali, con riferimento ai soli connettori della cui
elaborazione dei dati sperimentali la presente tesi si occupa (vedi Introduzione e
§1.3) e quindi di:
• viti autoforanti a doppio filetto tipo WT;
• connettori metallici di superficie.
Nella determinazione della capacità portante di un’unione e nella sua proget-
tazione ci sono tre aspetti fondamentali da tenere in considerazione:
• numero efficace di connettori da considerare nel calcolo;
• resistenza del singolo connettore;
• distanziamenti minimi dei connettori dai bordi e dalle estremità.
43
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
44
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
Nel caso di trasmissione bilanciata del carico mostrata in figura 2.1(a) la di-
stribuzione degli sforzi è simmetrica e la maggior parte del carico trasmesso è as-
sorbita dai connettori più esterni, mentre andando verso l’interno questo valore
diminuisce; questo perché la forza trasmessa dal singolo connettore è direttamen-
te proporzionale allo scorrimento che subisce, quindi più bassa per il connettore
centrale che si sposta meno. Il fenomeno è anche influenzato dalla rigidezza pre-
sentata dal singolo connettore: se si potesse disporre, come caso limite, di connet-
tori infinitamente rigidi la F sarebbe trasmessa solamente dal primo e dall’ultimo
dei connettori dell’allineamento.
Nel caso, invece, di trasmissione non bilanciata del carico, vedi figura 2.1(b),
l’elevata rigidezza assiale delle due piastre di acciaio, molto maggiore rispetto a
quella dell’elemento centrale di legno, determina la distribuzione asimmetrica dello
sforzo trasmesso e schematizzata nella figura citata.
45
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
46
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
dove:
• Rmultiplo è la capacità portante dell’unione;
• nef è il numero efficace di elementi in linea (nef ≤ nreale);
• Rsingoloè la capacità portante del singolo connettore.
Per quanto riguarda le espressioni analitiche di nef avremo modo di introdur-
le, nei paragrafi successivi, con riferimento ai metodi di calcolo delle varie norma-
tive considerate.
47
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
Questa “lacuna” nelle prestazioni dei materiali legnosi può essere superata
essenzialmente in due modi: una prima scelta può essere quella di limitare il più
possibile le trazioni perpendicolari alla fibratura, come viene ad esempio fatto con
le unioni di tipo tradizionale che funzionano prevalentemente a compressione op-
pure, una seconda scelta, può essere quella di utilizzare dei rinforzi locali in corri-
spondenza delle unioni.
I connettori a gambo cilindrico molto tozzi, con ridotti spessori degli elementi
di legno, sono spesso soggetti alla comparsa di fratture e cricche, e dunque, il cal-
colo della resistenza di queste tipologie d’unione dovrebbe essere più corretta-
mente condotto utilizzando la teoria della meccanica della frattura. Questa meto-
dologia di calcolo non è molto diffusa nella progettazione odierna, benché si sia
dimostrato come i valori di resistenza che essa fornisce, in alcune condizioni parti-
colari, come, ad esempio, con elementi di legno sottili, siano più vicini a quelli spe-
rimentali rispetto ad altri ottenibili da differenti procedure di progettazione (questa
è, infatti, una delle critiche più frequenti che viene fatta all’European Yield Model o
modello di Johansen). A tal proposito Jorissen in [3] propone la seguente relazio-
ne per il calcolo della resistenza di un singolo connettore rigido:
In molte delle normative attualmente in uso non sono impiegate formule ba-
sate sulla meccanica della frattura, analoghe a quella sopra, ed il pericolo di rottu-
re fragili è evitato attraverso l’imposizione di dimensioni minime degli elementi da
collegare, di distanze minime del connettore dall’estremità o dal bordo
dell’elemento e di spaziature minime tra i connettori stessi. Nonostante queste li-
48
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
49
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
Figura 2.4 Accumulo delle tensioni perpendicolari alle fibre (da [3])
50
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
si può dire nulla. Occorre ricordare che, se la distanza tra le righe è trop-
po piccola, si possono verificare rotture per distacco dell’intero gruppo di
connettori;
e) Snellezza del connettore (λ=t/d): per bassi valori di snellezza le prove
sperimentali non hanno evidenziato una grande influenza di questo para-
metro sulla capacità portante della connessione, poiché la rottura che si
manifesta è di tipo fragile. Un’influenza della snellezza può essere dun-
que presumibile solamente per valori maggiori del rapporto stesso;
f) Distanza del connettore dal bordo dell’elemento ligneo: la capacità por-
tante della connessione non è molto influenzata da questo parametro tut-
tavia, se il suo valore è basso, si possono verificare incrementi delle tra-
zioni ortogonali alla fibratura con conseguenti rotture fragili per splitting;
g) Massa volumica del legno: con l’aumento della massa volumica del legno
aumenta la duttilità della connessione.
Maggiori e più specifiche informazioni riguardo le considerazioni sopra ripor-
tate si possono trovare in [3], ma in definitiva i fattori che Jorissen considera come
maggiormente influenti la capacità portante di una connessione sono:
• numero di connettori in linea;
• spaziatura tra i connettori;
• rapporto di snellezza del connettore;
• distanza dall’estremità del connettore.
Tutti fattori che vengono considerati dalle attuali normative.
52
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
Figura 2.7 Modalità di rottura fragili non previste dal modello di Johansen (da [9]).
53
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
Nella figura 2.8 sono schematizzati i tre modi di rottura previsti dall’EYM; essi
sono i seguenti:
• MODO I: è caratterizzato dal rifollamento del legno e si manifesta per
connettori tozzi che non si plasticizzano e rimangono rettilinei; con
54
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
Figura 2.9 a) determinazione della tensione di rifollamento nel legno (vedi [10]);
b) determinazione del momento di snervamento nell’acciaio (vedi [11]).
55
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
56
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
a) Modo di rottura I
57
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
• Modo IA
Dall’ equilibrio alla traslazione dell’elemento di spessore t1 si ottiene:
Rk = fh,1,k ⋅ t1 ⋅ d Eq. 2.4
• Modo IB
Dall’ equilibrio alla traslazione dell’elemento di spessore t2 si ottiene:
Rk = fh,2,k ⋅ t 2 ⋅ d Eq. 2.5
• Modo IC
Dall’equilibrio alla traslazione dell’elemento di spessore t1 si ottiene:
Rk − fh,1,k ⋅ d ⋅ (t1 − x1 ) + fh,1,k ⋅ d ⋅ x1 = 0 Eq. 2.6
(t1 − x1 )2
MO = fh,1,k ⋅ d ⋅ − x1 ⋅ (t1 − 2 ⋅ x1 ) Eq. 2.10
2
Dall’equilibrio alla rotazione intorno al polo “O” del connettore all’interno
dell’elemento di spessore t2 si ottiene:
(t − x 2 )2 x
MO = β ⋅ fh,1,k ⋅ d ⋅ 2 − x2 ⋅ t 2 − 2 Eq. 2.11
2 2
• Modo IIA
Tenendo presente che la cerniera plastica si forma nel punto in cui il
momento flettente del connettore è massimo, cioè nel punto in cui il taglio
è nullo, si può fare l’equilibrio alla traslazione, ottenendo:
59
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
x 2′ =
(t1 − 2 ⋅ x1 ) Eq. 2.15
β
Il momento vale:
x t −x x ′2
M y ,k = fh,1,k ⋅ d ⋅ x1 ⋅ t1 − 1 + x2′ − fh,1,k ⋅ d ⋅ (t1 − x1 )⋅ 1 1 + x 2′ + β ⋅ fh,1,k ⋅ d ⋅ 2 Eq. 2.16
2 2 2
Sostituendo l’espressione 2.15 nell’equazione 2.16 del momento appe-
na ricavata, si ottiene:
t1 4 ⋅ β ⋅ (2 + β )⋅ M y ,k
(t1 − 2 ⋅ x1 ) = ⋅ 2 ⋅ β ⋅ (1+ β ) + −β Eq. 2.17
2+ β fh,1,k ⋅ d ⋅ t1
2
fh,1,k ⋅ d ⋅ t1 4 ⋅ β ⋅ (2 + β )⋅ M y ,k
Rk = ⋅ 2 ⋅ β ⋅ (1+ β ) + − β Eq. 2.18
2 + β fh,1,k ⋅ d ⋅ t12
• Modo IIB
Tenendo presente che, anche in questo caso, la cerniera plastica si
forma nel punto in cui il momento flettente del connettore è massimo, cioè
nel punto in cui il taglio è nullo, si può fare l’equilibrio alla traslazione, ot-
tenendo:
− fh,1,k ⋅ d ⋅ x1′ + β ⋅ fh,1,k ⋅ d ⋅ (t 2 − x 2 ) + β ⋅ fh,1,k ⋅ d ⋅ x 2 = 0 Eq. 2.19
t2 4 ⋅ β ⋅ (1+ 2 ⋅ β )⋅ M y ,k
(t 2 − 2⋅ x2 ) = ⋅ 2 ⋅ β 2 ⋅ (1+ β )+ − β Eq. 2.23
β ⋅ (1+ 2 ⋅ β ) fh,1,k ⋅ d ⋅ t 2
2
60
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
fh,1,k ⋅ d ⋅ t 2 4 ⋅ β ⋅ (1+ 2 ⋅ β )⋅ M y ,k
Rk = ⋅ 2 ⋅ β 2 ⋅ (1+ β )+ −β Eq. 2.24
1+ 2 ⋅ β fh,1,k ⋅ d ⋅ t 2
2
c) Modo di rottura III
x1′
x 2′ = Eq. 2.27
β
Sostituendo la 2.27 nella 2.25 e risolvendo rispetto a x1′ , si ottiene:
2⋅ β 2 ⋅ M y ,k
x1′ = ⋅ Eq. 2.28
1+ β fh,1,k ⋅ d
2⋅ β
Rk = ⋅ 2 ⋅ M y ,k ⋅ fh,1,k ⋅ d Eq. 2.29
1+ β
61
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
La capacità portante dell’unione sarà la minore fra tutte quelle associate alle
varie modalità di collasso appena elencate; allora si può scrivere che la resistenza
a taglio di un connettore per unioni legno – legno ad 1 piano di taglio è data da:
fh,1,k ⋅ t1 ⋅ d (a)
fh,2,k ⋅ t 2 ⋅ d (b)
fh,1,k ⋅ d ⋅ t1 t t 2
2
3 t2 t2
β + 2 ⋅ β ⋅ 1+ + + β ⋅ − β ⋅ 1+
2 2 2
(c)
1+ β t1 t1
t1 t1
Rk = min fh,1,k ⋅ d ⋅ t1 2 ⋅ β ⋅ (1+ β ) + 4 ⋅ β ⋅ ( 2 + β ) ⋅ M y ,k − β
(d) Eq. 2.30
2+ β fh,1,k ⋅ d ⋅ t12
f ⋅d ⋅ t 4 ⋅ β ⋅ (1+ 2 ⋅ β ) ⋅ M y ,k
h,1,k 2
2 ⋅ β 2 ⋅ (1+ β ) + − β (e)
1+ 2 ⋅ β fh,1,k ⋅ d ⋅ t 22
2⋅ β
⋅ 2 ⋅ M y ,k ⋅ fh,1,k ⋅ d (f)
1+ β
Figura 2.15 Diagramma di Möller per unioni legno – legno ad 1 p.d.t. per β = 1 (da [12]).
62
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
Per la simmetria del problema valgono ancora le modalità di rottura IA, IIA e III
viste nel caso di un piano di taglio (§2.3.1) con le stesse identiche formule.
L’unica modalità di rottura differente è la IB per la quale l’equilibrio alla trasla-
zione fornisce:
2 ⋅ Rk = fh,2,k ⋅ d ⋅ t 2 = β ⋅ fh,1,k ⋅ d ⋅ t 2 Eq. 2.31
Sempre per ragioni di simmetria è evidente che non si possono avere le mo-
dalità di rottura IC e IIB viste per le unioni ad 1 piano di taglio.
La rottura avviene per il valore più basso della resistenza a taglio ottenibile
dalle diverse modalità di rottura, si può scrivere che la resistenza a taglio di un
63
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
connettore per singolo piano di taglio per unioni legno – legno a 2 piano di taglio è
data dalle seguente condizione:
fh,1,k ⋅ t1 ⋅ d (g)
0,5 ⋅ fh,2,k ⋅ t 2 ⋅ d (h)
fh,1,k ⋅ d ⋅ t1 4 ⋅ β ⋅ ( 2 + β ) ⋅ M y ,k
Rk = min 2 ⋅ β ⋅ (1+ β ) + − β (j) Eq. 2.33
2 + β fh,1,k ⋅ d ⋅ t12
2⋅ β ⋅ 2⋅M ⋅f ⋅d (k)
1+ β y ,k h,1,k
Figura 2.17 Diagramma di Möller per unioni legno – legno ad 2 p.d.t. per β = 1 (da [12]).
64
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
Figura 2.18 Meccanismo di trasmissione degli sforzi in una connessione sollecitata oltre il
valore della forza corrispondente al modo do rottura II o III (da [1]).
Il cosiddetto “effetto fune” quindi consta di due resistenze aggiuntive alla ca-
pacità portante di Johansen che sono rappresentate dalla componente parallela al
piano di taglio:
a) della forza assiale nel connettore;
b) causata dall’attrito fra gli elementi.
65
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
66
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
Figura 2.19 Unione con anello (a sinistra) e con piastra incastonata (a destra) (da [15]).
67
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
tori sono messi in opera prima del montaggio della struttura oppure se le unioni
devono essere smontabili (vedi figura 2.20). I connettori unilaterali sono anche u-
sati per le unioni acciaio-legno. A causa della necessità di inserire a pressione il
dente nel legno, i connettori a piastra dentata possono essere utilizzati solo con
legno avente una massa volumica caratteristica non maggiore di circa 500 kg/m3.
Figura 2.20 Unione con piastra dentata bilaterale (sinistra) e unilaterale (destra) (da [15]).
68
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
Figura 2.21 Connettore ad anello (a sinistra) e a piastra incastonata (a destra) (da [14]).
Numerose prove di laboratorio (vedi [16], [17], [18], [19], [20]) hanno eviden-
ziato che sia i connettori ad anello, che i connettori a piastra incastonata mostra-
no, se sollecitati a taglio, le seguenti modalità di rottura:
69
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
a) rottura causata dall’azione delle tensioni tangenziali sulla parte lignea re-
sistente a taglio compresa tra il connettore ed il bordo sollecitato, oppure
tra due connettori (vedi figura 2.22);
b) rottura causata dal rifollamento del legno sulla superficie di contatto con il
connettore.
Figura 2.22 Modalità di trasmissione degli sforzi e modelli di calcolo a taglio (da [16]).
Figura 2.23 Rottura a taglio dell’elemento centrale e laterale in un giunto con connettore
ad anello caricato a trazione(da [16]).
70
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
La figura 2.23 mostra una connessione rotta in una prova a trazione nella
quale si è manifestata la rottura a taglio sia nell’elemento ligneo centrale che in
uno di quelli laterali. Assumendo la rottura a doppio taglio come la modalità de-
terminante di collasso per i giunti a trazione, la capacità della connessione dipen-
de di conseguenza dall’area di taglio davanti al connettore e dalla resistenza a ta-
glio del legno. La stessa sperimentazione ha anche mostrato che normalmente,
l’elemento ligneo cilindrico all’interno del connettore metallico di superficie cede
prima del raggiungimento del carico di rottura dell’unione e addirittura in alcuni ca-
si già sotto il carico d’esercizio. Pertanto, la superficie soggetta a taglio ad esso
associata ha un’influenza trascurabile sulla resistenza ultima dell’unione e per tale
motivo non viene considerata nel computo della superficie resistente a taglio.
Questo comportamento risulta facilmente spiegabile se si pensa che la rottura per
taglio di questo elemento cilindrico avviene in maniera fragile e per valori di de-
formazione più bassi di quelli che causano la rottura ultima dell’unione. Comun-
que, la rottura a doppio taglio avviene soltanto se la resistenza al rifollamento del
legno davanti al connettore è sufficientemente grande; Altrimenti la rottura a rifol-
lamento determinerà la capacità portante della connessione, così come la deter-
minerà per distanze dalle estremità a3 più grandi. La capacità del bullone viene
trascurata, dato che esso di solito è inserito in fori sovradimensionati e comincia a
portare solo al momento che la connessione si rompe.
La capacità portante caratteristica di un connettore ad anello o a piastra in-
castonata caricato a trazione parallelamente alla fibratura può di conseguenza es-
sere scritta come segue:
fv , k ⋅ As rottura per taglio (a )
Rc ,0°, k = min Eq. 2.34
fh, k ⋅ dc ⋅ he rottura per rifollamento (b )
dove:
Rc,0°,k è la capacità portante caratteristica parallela alla fibratura per
mezzo di unione e per piano di taglio;
fv,k è la resistenza apparente o resistenza media a taglio;
As è l’area apparente di taglio per connettore;
fh,k è la resistenza caratteristica a rifollamento // alla fibratura;
dc è diametro del connettore;
he è la profondità d’infissione del connettore nel singolo elemento
ligneo.
71
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
Con riferimento alla simbologia di figura 2.22 le due aree a taglio A1 e A2 ri-
sultano pari a:
π ⋅ dc2 1
A1 = ( 2 ⋅ he + dc ) ⋅ a3, t − ⋅ Eq. 2.35
4 2
π ⋅ dc2
A 2 = ( 2 ⋅ he + dc ) ⋅ a1 − Eq. 2.36
4
Considerato che per i giunti testati in [16] sui quali è stato tarato il metodo e
in generale per questa tipologia di connettori:
a) il rapporto tra il diametro e la semi-altezza del mezzo di unione è solita-
mente pari a dc / he ≅ 8;
b) a1 e a3,t, per anelli e piastre sollecitati // alla fibratura, solitamente sono
pari a: a1 ≅ 2 dc e a3,t ≅ 2 dc (valori minimi in base alla [22], normativa per
il calcolo dei connettori di superficie ripresa in [13], [9],[21]).
Le aree A1 e A2 assumono i seguenti valori:
π ⋅ dc2 1
A1 = ( 2 ⋅ he + dc ) ⋅ a3, t − ⋅ ≅ 2,11⋅ d c2 Eq. 2.37
4 2
π ⋅ dc2
A 2 = ( 2 ⋅ he + dc ) ⋅ a1 − ≅ 1,72 ⋅ d c2 Eq. 2.38
4
L’area di taglio Av da prendere in considerazione nei calcoli, nel caso di più di
un connettore per piano di taglio allineati, sarà pari alla minore fra A1 e A2 cioè:
A v = min ( A1 ; A 2 ) = min 2,11⋅ dc2 ;1,72 ⋅ dc2 = A 2 = 1,72 ⋅ dc2
( ) Eq. 2.39
Mentre nel caso di un solo connettore per piano di taglio è evidente che Av
sarà pari a:
A v = A1 = 2,11⋅ dc2 Eq. 2.40
I risultati sperimentali che ora andremo a riportare, e che sono necessari per
la definizione del modello di calcolo, sono basati su prove eseguite nello Stevin-
Laboratory della Delft University of Technology e nel Danish Building Research In-
stitute fra il 1957 e il 1991.
Sono stati testati rispettivamente un connettore a piastra incastonata avente
diametro di 67 mm, e due connettori ad anello aventi diametri pari a 72 mm e 112
mm. Sono state valutate un numero totale di 948 prove. Una descrizione dettaglia-
ta di queste prove e dei relativi risultati è riportata in Blass et al. ([16]). Le prove
per determinare la resistenza a rifollamento del legno sollecitato dai connettori fu-
rono svolte al Brighton College of Technology da Hilson ([18] e [19]).
72
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
Per quanto riguarda la resistenza apparente a taglio si è visto che essa dimi-
nuisce al crescere dell’area di taglio. Sulla base di prove su unioni con connettori
ad anello eseguite da Kuipers e Vermeyden ([19]), si assume la seguente relazio-
ne fra la resistenza apparente a taglio e l’area di taglio:
f v , k = K ⋅ As−0,25 Eq. 2.41
fh, k = 82 ⋅ ( ρk /1000 )
1,075
N / mm 2 con ρk in kg / m3 Eq. 2.43
L’equazione 2.43 può essere sostituita da una relazione lineare più semplice:
fh, k = 0,078 ⋅ ρ k N / mm 2 con ρk in kg / m3 Eq. 2.44
Nel seguito, in base anche a quanto riferito in [15], si adotta il seguente valo-
re per quanto riguarda la reistenza caratteristica a rifollamento:
73
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
Sulla base di questo valore di fh,k e sul valore del parametro Kk fornito
dall’equazione 2.42, inserendo queste due quantità nella 2.34, la capacità portan-
te caratteristica di un connettore ad anello oppure a piastra incastonata caricato a
trazione parallelamente alla fibratura ed espressa in Newton è :
20 ⋅ As0,75 (N ) rottura per taglio (a )
Rc ,0°,k = min Eq. 2.48
0,09 ⋅ ρ k ⋅ d c ⋅ he (N ) rottura per rifollamento (b )
Il significato dei simboli è come al solito quello riportato nelle pagine prece-
denti e nella figura 2.22 con As in mm2, ρ k in kg/m3,dc ed he in mm.
Se poi si tiene conto del fatto secondo cui la sperimentazione citata ha fatto
riferimento a legno con ρ k = 350 kg/m3 e si introduce l’equazione 2.40, valida nel
caso di un solo connettore per piano di taglio, nella 2.48 allora si ottiene la condi-
zione più completa e similare a quella delle attuali normative, che è espressa dalla
seguente equazione:
35,0 ⋅ dc1,5 (N ) rottura per taglio (a )
Rc ,0°,k = min Eq. 2.49
31,5 ⋅ dc ⋅ he (N ) rottura per rifollamento (b )
compresi fra 30° e 150° mostrano una modalità di rottura a spacco (splitting), men-
tre nella maggior parte dei casi gli elementi con una componente perpendicolare
alla fibratura mostrano una rottura a trazione perpendicolare alla fibratura stessa
(si veda la figura 2.24 da [16]). I giunti sottoposti a compressione nella maggior
parte dei casi cedono secondo una modalità di rottura mista a rifollamento-spacco
(si veda la figura 2.25 da [16]).
Qui lo spacco avviene solo dopo che si sono verificate significative deforma-
zioni a rifollamento sia in corrispondenza del connettore che del bullone. Nelle u-
nioni con connettore ad anello o a piastra incastonata caricate a compressione, il
bullone contribuisce pertanto alla capacità portante della connessione (in [16] era
stata avanzata la proposta di tenerne conto però non è stata recepita dalle attuali
normative). Questa ripartizione del carico fra bullone e connettore può essere os-
servata soltanto per le unioni sollecitate a compressione che mostrano grosse de-
formazioni a rottura, nonché un chiaro comportamento plastico al confronto delle
unioni sollecitate a trazione oppure secondo un certo angolo rispetto alla direzione
della fibratura, dato che queste ultime generalmente cedono con una modalità di
frattura fragile. Dato inoltre che anche nei giunti compressi il nucleo di legno inclu-
so nel connettore si rompe a taglio prima che sia raggiunto il carico ultimo della
connessione, l’area di rifollamento del bullone viene ridotta della porzione di area
contenuta nel connettore.
I risultati delle prove di valutazione del comportamento a trazione non mo-
strano, per un numero di connettori fino a tre per giunto, alcuna indicazione di
un’influenza dovuta al numero stesso di connettori. La stessa cosa si applica ai
giunti sollecitati a compressione, dove non è possibile stabilire una chiara relazio-
ne fra il valore di 5-percentile del parametro K e il numero di connettori per giunto.
Ciò non significa, tuttavia, che non esista alcuna influenza da parte del numero di
75
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
connettori per giunto sulla capacità di carico caratteristica delle unioni realizzate
con connettori ad anello e a piastra incastonata. Fino a quando ulteriori ricerche
potranno chiarire l’influenza del numero di connettori, il numero efficace nef di più
di due connettori allineati alla direzione del carico dovrebbe essere assunto pari a:
nef = 2 + (1 − n / 20) ⋅ (n − 2) Eq. 2.50
dove n è il numero di connettori allineati in direzione del carico.
76
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
una modalità plastica di rottura, sia il bullone che il connettore contribuiscono alla
capacità portante del giunto.
Figura 2.26 Rottura al rifollamento del legno sotto i denti e sotto il bullone. Il
bullone e i denti del connettore sono deformati plasticamente (da [15]).
dove:
Rj,k è la capacità portante caratteristica dell’unione per mezzo di u-
nione e per piano di taglio;
Rc,k è la capacità portante caratteristica della sola piastra dentata
per mezzo di unione e per piano di taglio;
Rb,k è la capacità portante caratteristica del solo bullone per mezzo
di unione e per piano di taglio (secondo teoria di Johansen).
I risultati sperimentali che ora andremo a riportare, e che sono necessari per
77
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
la definizione del modello di calcolo, sono basati su prove eseguite nello Stevi-
Laboratory della Delft University of Technology e nel Danish Building Research In-
stitute fra il 1957 e il 1991. Sono state valutate prove con un solo tipo di connetto-
re a piastra dentata, il connettore Bulldog; sono stati sottoposti a prova, in elemen-
ti di legno di abete (Picea abies), connettori circolari con diametri compresi fra 50
mm e 117 mm, due connettori quadrati con lato pari a 100 mm e 130 mm nonché
un connettore ovale 70 mm per 130 mm. Sono state valutate in totale 486 prove.
Una descrizione dettagliata dei risultati di prova e della loro valutazione è riportata
in Blass et al. ([23]).
Sulla base di tali prove si è arrivati alla conclusione che la capacità portante
caratteristica di un connettore a piastra dentata circolare può essere descritta dalla
seguente relazione empirica:
Rc , k = A ⋅ dc1,5 Eq. 2.52
dove:
A è un coefficiente dipendente dal tipo di connettore e determina-
to attraverso prove;
dc è il diametro del connettore.
A partire dalle dimensioni delle unioni utilizzando una massa volumica carat-
teristica pari a 350 kg/m3 è stata determinata per ciascun provino la capacità por-
tante caratteristica del bullone, conformemente all’EC5. La capacità portante del
bullone è stata successivamente sottratta dal carico di rottura della connessione
prima di calcolare il parametro A per ciascun provino. Basandosi sulle classi di
servizio 1 e 2 e su uno spessore minimo specificato dell’elemento ligneo, si è de-
terminato il valore caratteristico del parametro A che risulta:
A k = 18 N / mm1,5 Eq. 2.53
con dc in mm.
A livello normativo il modello è stato recepito introducendo dei valori limite
per lo spessore dell’elemento, dato che piccoli spessori darebbero luogo a modali-
tà di rottura a spacco (splitting) invece che a rifollamento, con conseguente dimi-
nuzione della resistenza. La valutazione dei risultati di prova è basata sullo stesso
78
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
spessore minimo dell’elemento ligneo adottato per le unioni realizzate con connet-
tori ad anello e a piastra incastonata, e precisamente uno spessore minimo
dell’elemento centrale pari a 2,5 hc; hc è l’altezza (spessore) del connettore per i
connettori a piastra dentata bilateralmente, è invece il doppio dell’altezza (spesso-
re) del connettore per i connettori a piastra dentata unilateralmente.
L’analisi dei dati sperimentali mostra un lieve decremento della capacità por-
tante caratteristica per connettore all’aumentare del numero di connettori fino a un
massimo di tre connettori per giunto. La diminuzione nella capacità portante media
per connettore, all’aumentare del numero di connettori, è più sensibile. Fino a
quando ulteriori ricerche potranno chiarire l’influenza del numero di connettori, si
può assumere come numero efficace nef di più di due connettori allineati nella di-
rezione del carico:
nef = 2 + (1 − n / 20) ⋅ (n − 2) Eq. 2.55
dove n è il numero di connettori allineati in direzione del carico.
Il modello incluso nelle versioni attuali dell’EC5 ([13]), della CNR-DT 206 ([9])
e della DIN 1052 ([21]) sostanzialmente è quello appena presentato; l’unica diffe-
renza sta nel valore del parametro A per il quale si assumono i seguenti valori:
A k = 18 N / mm1,5 per piastre unilaterali
Eq. 2.56
A k = 25N / mm1,5 per piastre bilaterali
79
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
Per passare dal valore caratteristico al valore di calcolo della capacità por-
tante dell’unione si utilizza la seguente formula:
Rk
Rd = kmod ⋅ Eq. 2.57
γm
con:
kmod coefficiente di correzione che tiene conto, dell'effetto sui para-
metri di resistenza, della durata del carico e dell’umidità del
materiale;
Rk o Fv,Rk resistenza caratteristica dell’unione;
γm coefficiente parziale di sicurezza delle proprietà del materiale.
80
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
fh,1,k ⋅ t1 ⋅ d γ m = 1,3
fh,2,k ⋅ t 2 ⋅ d γ m = 1,3
fh,1,k ⋅ d ⋅ t1 t t 2
2
3 t2 t2
β + 2 ⋅ β ⋅ 1+ + + β ⋅ − β ⋅ 1+
2 2 2
γ m = 1,3
1+ β t1 t1
t1 t1
Rk = min fh,1,k ⋅ d ⋅ t1 2 ⋅ β ⋅ (1+ β ) + 4 ⋅ β ⋅ ( 2 + β ) ⋅ M y ,k − β
γ m = 1,2
2+ β fh,1,k ⋅ d ⋅ t12
f ⋅d ⋅t 4 ⋅ β ⋅ (1+ 2 ⋅ β ) ⋅ M y ,k
h,1,k 2
2 ⋅ β 2 ⋅ (1+ β ) + − β γ m = 1,2
1+ 2 ⋅ β fh,1,k ⋅ d ⋅ t 22
2⋅ β
⋅ 2 ⋅ M y ,k ⋅ fh,1,k ⋅ d γ m = 1,1
1+ β
fh,1,k ⋅ t1 ⋅ d γ m = 1,3
0,5 ⋅ fh,2,k ⋅ t 2 ⋅ d γ m = 1,3
f ⋅ d ⋅ t1 4 ⋅ β ⋅ ( 2 + β ) ⋅ M y ,k
Rk = min h,1,k 2 ⋅ β ⋅ (1+ β ) + − β γ m = 1,2
2 + β fh,1,k ⋅ d ⋅ t12
2⋅ β ⋅ 2⋅M ⋅ f ⋅d γ m = 1,1
1+ β y ,k h,1,k
Come si può facilmente notare queste formule non tengono conto in modo
esplicito dell’effetto cavo né con un fattore moltiplicativo, né con un termine additi-
vo, tuttavia la variabilità del coefficiente γm ne tiene conto in un certo qual modo.
b) EN 1995-1-1:2004 e CNR-DT 206/2006
Ambedue le normative utilizzano le stesse formule basate su quelle del
modello di Johansen ma con un fattore moltiplicativo di 1,05 per il modo
II, di 1,15 per il modo III e con un termine additivo Fax,Rk/4 per i modi II e III
per tenere conto del fenomeno dell’effetto cavo. Il coefficiente γm è sem-
pre pari a 1,3.
81
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
fh,1,k ⋅ t1 ⋅ d
fh,2,k ⋅ t 2 ⋅ d
fh,1,k ⋅ d ⋅ t1 t t 2
2
3 t2 t2
β + 2 ⋅ β 2
⋅ 1 + 2
+ 2
+ β ⋅ − β ⋅ 1 +
1+ β t1 t1
t1 t1
Fv ,Rk = min 1,05 ⋅ fh,1,k ⋅ d ⋅ t1 2 ⋅ β ⋅ (1+ β ) + 4 ⋅ β ⋅ ( 2 + β ) ⋅ M y ,k − β + Fax ,Rk
2+ β fh,1,k ⋅ d ⋅ t12 4
f ⋅d ⋅ t2 4 ⋅ β ⋅ (1+ 2 ⋅ β ) ⋅ M y ,k F
1,05 ⋅ h,1,k 2 ⋅ β 2 ⋅ (1+ β ) + − β + ax ,Rk
1+ 2 ⋅ β fh,1,k ⋅ d ⋅ t 22 4
2⋅ β F
1,15 ⋅ ⋅ 2 ⋅ M y ,k ⋅ fh,1,k ⋅ d + ax,Rk
1+ β 4
fh,1,k ⋅ t1 ⋅ d
0,5 ⋅ fh,2,k ⋅ t 2 ⋅ d
f ⋅ d ⋅ t1 4 ⋅ β ⋅ ( 2 + β ) ⋅ M y ,k F
Fv ,Rk = min 1,05 ⋅ h,1,k 2 ⋅ β ⋅ (1+ β ) + − β + ax ,Rk
2 + β fh,1,k ⋅ d ⋅ t1
2
4
1,15 ⋅ 2 ⋅ β ⋅ 2 ⋅ M ⋅ f ⋅ d + Fax,Rk
1+ β
y ,k h,1,k
4
82
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
b) EN 1995-1-1:2004
La norma europea prevede al §8.3.1.1 (4) per una resistenza minima a
trazione di 600 MPa il seguente valore del momento di snervamento:
M y ,Rk = 0,3 ⋅ fu ⋅ d 2,6 per chiodi tondi
Eq. 2.63
M y ,Rk = 0,45 ⋅ fu ⋅ d 2,6 per chiodi quadrati
c) CNR-DT 206/2006
La norma italiana prevede al §B 7.8.3.1.1 per una resistenza minima a
trazione di 600 MPa il seguente valore del momento di snervamento:
M y ,k = ζ ch ⋅ fu,k ⋅Wpl ,b Eq. 2.64
ζch fattore riduttivo del momento plastico che tiene conto dell’effettivo
comportamento del chiodo allo stato limite ultimo, pari a
ζ ch = κ ⋅d −0,4 con κ = 1,8 mm0,4 ;
83
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
b) EN 1995-1-1:2004
La norma europea prevede al §8.5.1.1 (1) il seguente valore del mo-
mento di snervamento:
M y ,k = 0,3 ⋅fu,k ⋅d 2,6 Eq. 2.67
c) CNR-DT 206/2006
La norma italiana prevede al §B 7.8.5.1.1 il seguente valore del mo-
mento di snervamento:
M y ,k = ζ ch ⋅fu,k ⋅d 3 6 Eq. 2.68
ζch fattore riduttivo del momento plastico che tiene conto dell’effettivo
comportamento del chiodo allo stato limite ultimo, pari a
ζ ch = κ ⋅d −0,4 con κ = 1,8 mm0,4 ;
84
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
dove:
ρk massa volumica del legno in kg/m3;
d diametro del chiodo tondo o lato del chiodo quadrato in mm.
85
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
86
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
87
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
Per la determinazione di fax,k vedi [25], mentre per fhead,k vedi [26]; ven-
gono tuttavia fornite formule per i chiodi lisci con tpen ≥ 12d.
fax ,k = 20 ⋅10−6 ⋅ ρ k2
Eq. 2.76
fhead ,k = 70 ⋅10 −6 ⋅ ρk2
dove:
ρk densità caratteristica volumica del legno in kg/m3.
88
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
dove:
f1,k è la resistenza caratteristica ad estrazione della punta in MPa;
f2,k è la resistenza caratteristica ad estrazione della testa in MPa;
lef è la lunghezza della parte filettata della vite nell’elemento che
ne riceve la punta in mm;
d è il diametro nominale della vite in mm;
dk è il diametro esterno della testa della vite in mm, eventualmen-
te comprendendo il diametro della rondella.
Nella tabella 2.1 si forniscono i valori di f1,k e f2,k in funzione della classe
di capacità portante e per massa volumica non minore di 500 kg/m3.
Tabella 2.1
Valori di f1,k e f2,k in funzione della classe di capacità portante.
fax,k
fax ,α ,k = (a )
sen α + 1,5 ⋅cos2 α
2
Eq. 2.80
fax,k = 3,6 ⋅10 −3 ⋅ ρk1,5 (b )
89
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
dove:
d è il diametro della parte filettata della vite in mm;
lef è la lunghezza della parte filettata della vite nell’elemento che
ne riceve la punta, meno una volta il diametro della vite in mm.
α angolo tra la direzione della forza e quella della fibratura;
fax,α,k è la resistenza caratteristica unitaria ad estrazione secondo un
angolo α rispetto alla fibratura in MPa;
fax,k è la resistenza caratteristica unitaria ad estrazione per α = 0 in
MPa;
ρk è la densità caratteristica volumica del legno in kg/m3.
90
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
E’ facile verificare come nel caso dei bulloni non ci sia una grossa differenza
tra la curva della normativa tedesca e quella delle altre due normative.
91
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
92
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
Fax ,d Fv ,Rd
+ ≤ 1 per chiodi a gambo liscio Eq. 2.86
Fax ,Rd Fv ,Rd
2 2
Fax ,d Fv ,Rd
+ ≤ 1 per chiodi ad aderenza migliorata Eq. 2.87
Fax ,Rd Fv ,Rd
dove:
Fax,d è il valore di calcolo della sollecitazione assiale;
Fax,Rd è il valore di calcolo della resistenza assiale;
Fv,d è il valore di calcolo della sollecitazione laterale;
Fv,Rd è il valore di calcolo della resistenza laterale.
93
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
2 2
Fax ,d Fla,d
+ ≤ 1 Eq. 2.89
Rax ,d Rla,d
dove:
Fax,d è il valore di calcolo della sollecitazione assiale;
Rax,d è il valore di calcolo della resistenza assiale;
Fla,d è il valore di calcolo della sollecitazione laterale;
Rla,d è il valore di calcolo della resistenza laterale.
b) EN 1995-1-1:2004 e CNR-DT 206/2006
La norma europea al §8.7.3 e quella italiana al §B 7.8.7.3 prevedono il
soddisfacimento di questa condizione:
2 2
Fax ,d Fv ,Rd
+ ≤ 1 Eq. 2.90
Fax ,Rd Fv ,Rd
dove:
Fax,d è il valore di calcolo della sollecitazione assiale;
Fax,Rd è il valore di calcolo della resistenza assiale;
Fv,d è il valore di calcolo della sollecitazione laterale;
Fv,Rd è il valore di calcolo della resistenza laterale.
94
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
Fv ,0°,R k = min
( )
k1 ⋅ k2 ⋅ k3 ⋅ k 4 ⋅ 35,0 ⋅ dc1,5 (a )
Eq. 2.91
k1 ⋅ k3 ⋅ he ⋅ ( 31,5 ⋅ d c ) (b )
con:
t t
k1 = min 1,00; 1 ; 2
3he 5he
a
k2 = min 1,25; 3,t per unioni con un elemento per p.d.t. e direzione
2dc
ρ
k3 = min 1,75; k con ρk densità caratteristica del legno in kg/m3;
350
95
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
Per collegamenti con un connettore per p.d.t. nel caso di estremità sca-
rica (150°≤ α ≤210°), la condizione (a) nell'equazione 2.91 si dovrebbe
trascurare.
Gli spessori t1 e t2 devono rispettare le seguenti limitazioni:
t1 ≥ 2,25he t 2 ≥ 3,75he Eq. 2.92
Rc ,0°,k = min
( )
kt ⋅ ka1,t ⋅ k ρ ⋅ 35,0 ⋅ dc1,5 (a )
Eq. 2.95
kt ⋅ k ρ ⋅ ( 31,5 ⋅ d c ) (b )
con:
t t
kt = min 1,00; 1 ; 2
3he 5he
96
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
a
ka1,t = min 1,25; 1,t per unioni con un elemento per p.d.t. e direzione
2d c
ρ
k ρ = min 1,75; k con ρk densità caratteristica del legno in kg/m3;
350
97
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
98
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
con:
t t
k1 = min 1,00; 1 ; 2 t1 ≥ 2,25he t 2 ≥ 3,75he
3he 5he
a
k2 = min 1; 3,t per gli elementi di tipo da C1 a C9; con la se-
1,5 ⋅ d c
guente limitazione: a3,t ,min = max {1,1⋅ dc ;7d ;80mm} ;
a
k2 = min 1; 3,t per gli elementi di tipo C10 e C11; con la se-
2dc
guente limitazione: a3,t ,min = max {1,5 ⋅ dc ;7d ;80mm}
ρ
k3 = min 1,5; k con ρk densità caratteristica del legno in kg/m3;
350
99
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
a
ka1,t = min 1; 3,t per gli elementi di tipo C1, C2, C5; con la se-
1,5 ⋅ dc
guente limitazione: a3,t ,min = max {1,1⋅ dc ;7d ;80mm} ;
a
ka1,t = min 1; 3,t per gli elementi di tipo C3 e C4; con la seguente
1,5ac
limitazione: a3,t ,min = max {1,1⋅ a2 ;7d ;80mm} ;
a
ka1,t = min 1; 3,t per gli elementi di tipo C10 e C11; con la se-
2d c
guente limitazione: a3,t ,min = max {1,5 ⋅ dc ;7d ;80mm} ;
ρ
k ρ = min 1; k con ρk densità caratteristica del legno in kg/m3;
350
100
Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
101
Capitolo 2 - Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi
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Modelli di calcolo: aspetti teorici e normativi - Capitolo 2
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Nazionale Italiano di Unificazione, Milano.
[26] UNI EN 1383:2002, Strutture di legno. Metodi di prova. Resistenza
all’attraversamento della testa di elementi meccanici di collegamento per le-
gno, UNI – Ente Nazionale Italiano di Unificazione, Milano.
103
3 Modelli di calcolo specifici
per viti inclinate
3.1 Introduzione
La resistenza di unioni lignee, realizzate con elementi metallici a gambo ci-
lindrico caricati perpendicolarmente all’asse del connettore, può essere calcolata
mediante la teoria di Johansen ([1]), essa dipende principalmente (vedi §2.3) dalla
resistenza a rifollamento dell’elemento ligneo e dal momento di snervamento del
connettore.
Nel caso di unioni legno-legno realizzate con viti inclinate, disposte cioè con
un’inclinazione α diversa da 0°, rispetto la perpendicolare al piano di taglio, la resi-
stenza all’estrazione delle viti, l’angolo tra l’asse della vite e la direzione della forza
così come l’attrito tra gli elementi lignei, in corrispondenza del piano di taglio, co-
stituiscono nuovi parametri influenzanti la capacità portante della connessione.
Per questa tipologia di collegamenti, di conseguenza, diventa di fondamentale im-
portanza il cosiddetto “effetto fune” o “rope effect” costituito da due resistenze ag-
giuntive alla capacità portante di Johansen che sono rappresentate dalla compo-
nente parallela al piano di taglio:
a) della forza assiale nel connettore;
b) causata dall’attrito fra gli elementi.
Numerose prove e analisi numeriche (vedi da [2] a [9]) hanno messo in evi-
denza l’importanza del “rope effect” ed, inoltre, come l’aumentare dell’inclinazione
α delle viti sia accompagnato da una crescita della resistenza e della rigidezza dei
giunti con viti disposte inclinate.
Le normative europee e nazionali analizzate nel capitolo precedente, nella
condizione di carico caratterizzata da viti sollecitate contemporaneamente a taglio
105
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
106
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
Figura 3.1 Connessioni realizzate con viti inclinate a filetto continuo (da [8]):
a) viti in taglio-trazione; b) viti incrociate in taglio-trazione e taglio-compressione.
Il modello che riporteremo qui di seguito è valido per viti soggette a taglio tra-
zione, mentre, nel caso di viti disposte incrociate (in una coppia una vite lavora in
taglio-trazione e l’altra in taglio-compressione), il modello dovrà esser leggermente
modificato in conseguenza delle diverse equazioni di equilibrio (vedi §3.2.3).
La teoria sviluppata è una generalizzazione di quella di Johansen ([1]): per
un rapido raffronto si rimanda al §2.3.
Nel citato modello di Johansen, le equazioni della capacità portante dipende-
vano dal momento di snervamento del connettore, dalle resistenze a rifollamento
degli elementi lignei e dallo spessore di questi ultimi. In quello di Bejtka e Blaß vi è
la comparsa di alcuni parametri addizionali, quali la resistenza ad estrazione delle
viti, l’angolo di infissione delle stesse ed il coefficiente di attrito fra le membrature
lungo il piano di scorrimento.
Una delle assunzioni della teoria di Johansen è quella di poter descrivere il
107
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
108
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
Figura 3.2
Modalità di collasso III per una connessione ad un piano di taglio fra due elementi lignei,
realizzata con una vite soggetta a taglio-trazione (da [5]): formazione di due cerniere pla-
stiche sulla vite, una in ciascun elemento ligneo.
109
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
Con riferimento alla notazione già utilizzata nel §2.3, mediante la scrittura di
sole condizioni di equilibrio, si ottengono dunque le seguenti equazioni 3.1÷3.6, re-
lative ai modi di rottura secondo Bejtka e Blaß per viti in taglio-trazione:
Ra = Rax ,a ⋅ sin α + fh,1 ⋅ s1 ⋅ d ⋅ cos α Eq. 3.1
fh,1 ⋅ s1 ⋅ d
Rc = Rax,c ⋅ ( µ ⋅ cos α + senα ) + ⋅(1− µ ⋅ tan α ) ⋅
1+ β
s s 2 2 Eq. 3.3
3 s2 s2
⋅ β + 2 ⋅ β ⋅ 1+ + + β ⋅ − β ⋅ 1+
2 2 2
s1 s1 s1 s1
fh,1 ⋅ s1 ⋅ d ⋅
Rd = Rax,d ⋅ ( µ ⋅ cos α + senα ) + ⋅(1− µ ⋅ tan α ) ⋅
2+ β
Eq. 3.4
4 ⋅ β ⋅( 2 + β ) ⋅M y
⋅ 2 ⋅ β ⋅ (1+ β ) + − β
fh,1 ⋅ d ⋅ s12
fh,1 ⋅ s2 ⋅ d
Re = Rax,e ⋅ ( µ ⋅ cos α + senα ) + ⋅(1− µ ⋅ tan α ) ⋅
1+ 2 ⋅ β
Eq. 3.5
4 ⋅ β ⋅ (1+ 2 ⋅ β ) ⋅ M y
⋅ 2 ⋅ β 2 ⋅ (1+ β ) + − β
fh,1 ⋅ d ⋅ s22
2⋅ β
Rf = Rax ,f ⋅ ( µ ⋅ cos α + senα ) + (1− µ ⋅ tan α ) ⋅ ⋅ 2 ⋅ M y ⋅fh,1 ⋅d ⋅cos2 α Eq. 3.6
1+ β
La capacità portante R di unioni legno-legno con viti inclinate sollecitate a ta-
glio-trazione sarà allora:
fax ,mod,1, j ⋅ d ⋅ s1 / cos α
Rax , j = min con j = a, b, c, d , e, f Eq. 3.7
fax ,mod,2, j ⋅ d ⋅ s2 / cos α
R = min {Ra ; Rb ; Rc ; Rd ; Re ; Rf } Eq. 3.8
L’equazione 3.7 dovrà dunque essere calcolata per ogni modalità di collasso
in base agli specifici valori di fax,mod,1 e fax,mod,2 che come si è già detto variano a
seconda del modo di rottura considerato.
Come al solito R rappresenta il valore della resistenza a taglio della connes-
sione per ciascun piano di taglio e per ciascun mezzo di unione.
Data l’importanza rivestita dal modo di collasso III nel seguito andremo a svi-
luppare i calcoli, che portano all’equazione 3.6, in modo tale da poter condurre un
rapido confronto con quanto previsto da Johansen per la medesima modalità di
110
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
rottura (vedi §2.3.1 eq. 2.25÷2.29 ), nel caso di elementi a gambo cilindrico solleci-
tati perpendicolarmente al proprio asse.
Si faccia riferimento alla figura 3.2 precedentemente riportata, relativa ad una
vite inclinata soggetta a taglio-trazione, e si svolga la trattazione nell’ipotesi di pic-
coli spostamenti. Il momento flettente agente sul connettore, in corrispondenza del
piano di scorrimento, sarà descritto dalle equazioni 3.9 e 3.10.
fh,1 ⋅ d ⋅ x12
M1 = M y − Eq. 3.9
2 ⋅ cos2 α
fh,2 ⋅ d ⋅ x22
M 2 = −M y + Eq. 3.10
2 ⋅ cos2 α
Dove sono coinvolte le seguenti grandezze:
M1 momento flettente del connettore all’interfaccia tra il primo e il secon-
do elemento ligneo;
M2 momento flettente del connettore all’interfaccia tra il primo e il secon-
do elemento ligneo;
x1 posizione della cerniera plastica nel primo elemento ligneo, misurata
ortogonalmente rispetto al piano di taglio;
x2 posizione della cerniera plastica nel secondo elemento ligneo, misu-
rata ortogonalmente rispetto al piano di taglio.
Dato che, per equilibrio, M1 = M2 uguagliando l’espressione 3.9 con la 3.10 si
avrà che:
4 ⋅ M y ⋅ cos2 α
x12 + β ⋅ x22 = Eq. 3.11
d ⋅ fh,1
Con riferimento poi alla singola porzione di vite infissa nel i-esimo elemento
ligneo, l’equilibrio alla traslazione in direzione parallela e perpendicolare all’asse
del connettore conduce alle seguenti uguaglianze:
111
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
fh,1 ⋅ d ⋅ x1 fh,2 ⋅ d ⋅ x2
Q1 = Eq. 3.16 Q2 = Eq. 3.17
cos α cos α
fax ,mod,1,III ⋅ d ⋅ s1 fax ,mod,2,III ⋅ d ⋅ s2
N1 = Eq. 3.18 N2 = Eq. 3.19
cos α cos α
Il significato delle grandezze appena utilizzate si deduce dalla figura 3.2 ed è
qui di seguito richiamato:
Q1 resistenza laterale del connettore nel primo elemento ligneo;
Q2 resistenza laterale del connettore nel secondo elemento ligneo;
N1 resistenza ad estrazione del connettore dal primo elemento ligneo;
N2 resistenza ad estrazione del connettore dal secondo elemento ligneo;
H1 reazione vincolare all’interfaccia agente sul primo elemento ligneo e
normale al piano di taglio;
H2 reazione vincolare all’interfaccia agente sul secondo elemento ligneo e
normale al piano di taglio;
R1 capacità portante espressa dal primo elemento ligneo;
R2 capacità portante espressa dal secondo elemento ligneo.
112
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
−
(f
ax ,mod,1,III ⋅ s1 − fax ,mod,2,III ⋅ s2 )
=
( µ + tanα ) ⋅ ( fax,mod,1,III ⋅ s1 − fax,mod,2,III ⋅ s2 )
Eq. 3.25
tan α (1 − µ ⋅ tanα )
Come è facile verificare la 3.25 ammette soluzione se e solo se:
fax ,mod,1,III ⋅ s1 = fax ,mod,2,III ⋅ s2 Eq. 3.26
2⋅ β 2 ⋅ M y ⋅ cos2 α
x1 = ⋅ Eq. 3.28
1+ β fh,1 ⋅ d
Sostituendo la 3.28 nella 3.20, posto fax ,mod,1,III ⋅ s1 = fax ,mod,2,III ⋅ s2 = fax ,mod ⋅ s ho:
2⋅β
R = fax ,mod ⋅ d ⋅ s ⋅ ( µ + tan α ) + (1 − µ ⋅ tan α ) ⋅ ⋅ 2 ⋅ M y ⋅ fh,1 ⋅ d ⋅ cos2 α Eq. 3.29
1+ β
In tale espressione si è indicata la capacità portante come R (in virtù della
condizione R1 = R2 ), e si sono utilizzati i parametri semplificati fax,mod ed s (grazie
2⋅ β
Rf = µ ⋅ Rax ,f + ⋅ 2 ⋅ M y ⋅ fh,1 ⋅ d = µ ⋅ Rax + Rlat , johansen Eq. 3.30
1+ β
113
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
s1 1 4 ⋅ β ⋅ ( 2 + β ) ⋅ M y ⋅ cos2 α
x2,d = ⋅ ⋅ 2 ⋅ β ⋅ (1 + β ) + + 2 − 1 Eq. 3.31
β (2 + β ) fh,1 ⋅ d ⋅ s12
1 4 ⋅ β ⋅ (1 + 2 ⋅ β ) ⋅ M y ⋅ cos2 α
x1,e = ⋅ 2 ⋅ β ⋅ (1 + β ) +
2
− β Eq. 3.32
(1 + 2 ⋅ β ) fh,1 ⋅ d ⋅ s22
2⋅ β 2 ⋅ M y ⋅ cos2 α
x1,f = ⋅ Eq. 3.33
1+ β fh,1 ⋅ d
x1,f
x2,f = Eq. 3.34
β
Resta ora da chiarire il valore che deve essere assunto per fax,mod : come era
stato precedentemente accennato, esso dipende dalla distribuzione di tensioni
tangenziali lungo il connettore nell’elemento ligneo considerato. Si faccia riferi-
mento, ai fini della comprensione del fenomeno, ancora alla figura 3.2, relativa ad
un modo di rottura III. Le tensioni tangenziali saranno influenzate da due fattori: in
primo luogo, il tratto di vite a contatto con la zona rifollata subirà il degrado del fi-
letto della madrevite, proprio per i fenomeni localizzati di plasticizzazione del le-
gno, producendo un calo delle tensioni tangenziali lì sviluppate.
Il secondo fattore da considerare è lo scorrimento assiale della vite, il quale è
funzione, a sua volta, dell’angolo di infissione. Dato che la resistenza ad estrazio-
ne esibisce un picco, seguito da una rapida diminuzione, può accadere, infatti, che
la vite non abbia attinto alla sua massima capacità assiale, nel momento in cui il
giunto ha raggiunto la sua resistenza ultima. Vi è dunque un’interazione fra la ca-
pacità portante laterale e quella assiale.
A questo proposito, Bejtka e Blaß riportano, nella loro ricerca (vedi [5]), una
114
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
Figura 3.3
Curve carico-spostamento assiale per viti sottoposte a spostamento laterale: vite con
diametro pari a 7,5 mm inserita in elementi in legno lamellare.
115
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
Figura 3.4 Resistenza ad estrazione fax in funzione dello spostamento laterale δ della
connessione per una vite con d = 7,5 mm.
Lo scorrimento assiale della vite può essere poi messo in relazione con lo
spostamento impartito a tutto il giunto tramite semplici relazioni geometriche. Ipo-
tizzando, com’è ragionevole, che il connettore sia assialmente indeformabile, in
base alla figura 3.5 (da [5]) si ottengono le espressioni 3.35 e 3.37.
Definiti i parametri:
x1 tratto rifollato nel primo elemento ligneo;
x2 tratto rifollato nel secondo elemento ligneo;
δ1 spostamento relativo fra la vite ed il primo elemento ligneo, misurato
parallelamente al piano di taglio;
δ2 spostamento relativo fra la vite ed il secondo elemento ligneo, misu-
rato parallelamente al piano di taglio;
δtot spostamento totale applicato alla connessione;
D1 spostamento assiale della vite nel primo elemento ligneo;
116
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
Figura 3.5
Modello cinematico di comportamento che consente di legare lo spostamento
della connessione con lo spostamento assiale della vite.
2
xi δ
∆i = ⋅ + tan α + 1 ⋅ cos α − 1 con : j = 1,2
i
Eq. 3.35
cos α xi
2
x1 + x2 δ tot
Si ottiene: ∆ tot = ⋅ + tan α + 1 ⋅ cos α − 1
Eq. 3.37
cos α x1 + x2
Bejtka e Blaß propongono, nella loro ricerca, D tot pari a 15 mm, in accordo
con la UNI EN 26891 ([11]). In questo modo, nel caso, ad esempio, della modalità
di collasso III, per il tipo di connettore descritto in precedenza, riescono a prevede-
re l’andamento delle tensioni tangenziali rappresentato in figura 3.6 (da [5]). Infatti,
nota la relazione fax – δ, esplicitata dalla figura 3.4, tramite l’equazione 3.37 e defi-
nita la posizione delle cerniere plastiche (eq. 3.31÷3.34) si riesce a risalire
all’andamento di fax lungo l’asse della vite.
Si nota, chiaramente, la diminuzione delle tensioni tangenziali nello spazio
compreso fra le due cerniere plastiche, mentre all’esterno il loro andamento rima-
ne costante. I valori del parametro fax,mod saranno allora dati da un’operazione di
media delle tensioni effettive lungo la vite.
117
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
Figura 3.6
Andamento delle tensioni tangenziali lungo una vite in modalità di collasso III:
tratteggio = andamento reale; tratto continuo = tensioni mediate.
• per i test della SERIE 2: viti con diametro par a 7,5mm, lunghezza di
180mm e momento di snervamento pari a 38 Nm.
Il secondo tipo di connettori sembra quindi direttamente confrontabile con
quelli descritti al § 1.3.7.
Per quanto concerne la resistenza a rifollamento fh degli elementi lignei, essa
è stata valutata pari a 18,5 Mpa; si osservi che tale valore è assunto costante per
qualsiasi angolo di inserimento delle viti.
La resistenza ad estrazione è stata invece ricavata in base alle considerazio-
ni sviluppate al precedente §3.2.1, ottenendo i vari parametri fax,mod,i,j : si veda, a
questo proposito, la tabella 3.1 (da [5]).
119
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
Dalla figura 3.7 si può evincere la bontà del modello proposto da Bejtka e
Blaß: i dati sperimentali confermano pienamente i risultati teorici. Si osservi che,
per entrambe le serie, i giunti con viti a 45° presentano resistenza inferiore a quel-
la dei giunti con viti a 30°. Il motivo è da ricercarsi nel fatto che la lunghezza delle
viti è stata mantenuta costante (all’interno di ciascuna serie), perciò la lunghezza
di penetrazione nel secondo elemento ligneo risulta minore per le maggiori ango-
lazioni (si confrontino s1 ed s2 in figura 3.7).
Volendo generalizzare i risultati, con riferimento ad ulteriori prove svolte, gli
autori propongono la seguente figura 3.9 (da [6] e [8]), nella quale si rappresenta
l’andamento delle massime resistenze esibite dalle unioni testate. A titolo di con-
fronto, sono anche riportati i risultati relativi a campioni con interposto un foglio in
120
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
materiale plastico a livello dell’interfaccia fra gli elementi lignei, in modo da mini-
mizzare il coefficiente d’attrito. Si nota, ancora una volta, che la massima capacità
si ha per collegamenti con viti disposte a 30°.
Figura 3.9 Andamento della capacità portante in funzione dell’inclinazione delle viti.
Per quanto concerne le rigidezze iniziali esibite dai giunti, si riporta invece la
seguente figura 3.10 (da [6] e [8]): è palese l’aumento di rigidezza che si ottiene
inclinando i connettori, arrivando ad avere, per viti disposte a 45°, rigidezze oltre
10 volte superiori a quelle per viti a 0°. Il fenomeno è imputabile proprio allo sfila-
mento delle viti: in base allo schema di figura 3.5, aumentando l’inclinazione del
connettore aumenta anche il suo scorrimento assiale, il quale riesce a mobilitare
prima la resistenza ad estrazione rispetto alle minori angolazioni dove predomina
la resistenza laterale.
121
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
Figura 3.11 Resistenze mobilitate sui connettori di un giunto con viti disposte incrociate
secondo uno stesso angolo α . Rispetto alla fig.3.2 i pedici sono ora riferiti alle viti.
122
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
fh,1 ⋅ s1 ⋅ d
Rc = Rax,c ⋅ senα + ⋅
1+ β
s s 2 2 Eq. 3.40
s s
⋅ β + 2 ⋅ β ⋅ 1+ + + β ⋅ − β ⋅ 1+ 2
2 2 2 3 2
s1 s1 s1 s1
fh,1 ⋅ s1 ⋅ d ⋅ 4 ⋅ β ⋅( 2 + β )⋅My
Rd = Rax,d ⋅ senα + ⋅ 2 ⋅ β ⋅ (1+ β ) + − β Eq. 3.41
2+ β fh,1 ⋅ d ⋅ s12
fh,1 ⋅ s2 ⋅ d 4 ⋅ β ⋅ (1+ 2 ⋅ β ) ⋅ M y
Re = Rax,e ⋅ senα + ⋅ 2 ⋅ β 2 ⋅ (1+ β ) + − β Eq. 3.42
1+ 2 ⋅ β fh,1 ⋅ d ⋅ s22
2⋅ β
Rf = Rax ,f ⋅ senα + ⋅ 2 ⋅ M y ⋅fh,1 ⋅ d ⋅ cos2 α Eq. 3.43
1+ β
La capacità portante R di unioni legno-legno con viti inclinate sollecitate a ta-
glio-trazione sarà allora:
fax ,mod,1, j ⋅ d ⋅ s1 / cos α
Rax , j = min con j = a, b, c, d , e, f Eq. 3.44
fax ,mod,2, j ⋅ d ⋅ s2 / cos α
R = min {Ra ; Rb ; Rc ; Rd ; Re ; Rf } Eq. 3.45
L’equazione 3.44 dovrà dunque essere calcolata per ogni modalità di collas-
so in base agli specifici valori di fax,mod,1 e fax,mod,2 che come si è già detto variano a
seconda del modo di rottura considerato.
Come al solito R rappresenta il valore della resistenza a taglio della connes-
sione per ciascun piano di taglio e per ciascun mezzo di unione.
La seconda osservazione riguarda le connessioni con viti posizionate orto-
gonalmente al piano di taglio, cioè nella usuale condizione di utilizzo delle viti nella
maggioranza dei casi. A tal proposito si considerino le equazioni 3.1÷3.8 andando
ad applicarle al caso α = 0°: si otterranno le seguenti espressioni 3.46÷3.53.
Ra,0° = fh,1 ⋅ s1 ⋅ d Eq. 3.46
fh,1 ⋅ s1 ⋅ d
Rc,0° = µ ⋅ Rax,c + ⋅
1+ β
s s 2 2 Eq. 3.48
3 s2 s2
⋅ β + 2 ⋅ β ⋅ 1+ + + β ⋅ − β ⋅ 1+
2 2 2
s1 s1 s1 s1
123
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
fh,1 ⋅ s1 ⋅ d 4 ⋅ β ⋅( 2 + β ) ⋅M y
Rd ,0° = µ ⋅ Rax ,d + ⋅ 2 ⋅ β ⋅ (1+ β ) + − β Eq. 3.49
2+ β fh,1 ⋅ d ⋅ s12
fh,1 ⋅ s2 ⋅ d 4 ⋅ β ⋅ (1+ 2 ⋅ β ) ⋅ M y
Re,0° = µ ⋅ Rax,e + ⋅ 2 ⋅ β 2 ⋅ (1+ β ) + − β Eq. 3.50
1+ 2 ⋅ β fh,1 ⋅ d ⋅ s22
2⋅ β
Rf ,0° = µ ⋅ Rax,f + ⋅ 2 ⋅ M y ⋅ fh,1 ⋅ d Eq. 3.51
1+ β
La capacità portante R di unioni legno-legno con viti inclinate sollecitate a ta-
glio-trazione sarà allora:
fax ,mod,1, j ⋅ d ⋅ s1 / cos α
Rax , j = min con j = a, b, c, d , e, f Eq. 3.52
fax ,mod,2, j ⋅ d ⋅ s2 / cos α
R = min {Ra ; Rb ; Rc ; Rd ; Re ; Rf } Eq. 3.53
124
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
125
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
Con:
fa,1,d ⋅ π ⋅ d ⋅ s1
RC ,d = min fa,2,d ⋅ π ⋅ d ⋅ s2 Eq. 3.55
0,8 ⋅ F
u ,d
fa,1,d ⋅ π ⋅ d ⋅ s1 + fhead ,d ⋅ d h2
RT ,d = min fa,2,d ⋅ π ⋅ d ⋅ s2 ⋅ ( s2 − d ) Eq. 3.56
Fu,d
0,2
kmod 8⋅d
fa,i ,d = ⋅ fax ,45°,k ⋅ Eq. 3.57
γm si
Dove i parametri coinvolti risultano essere:
np numero delle coppie di viti incrociate presenti nel giunto;
α angolo di inserimento della vite rispetto alla normale al p.d.t. (45°);
d diametro del filetto della vite;
dhead diametro della testa della vite;
s1 lunghezza di inserimento della vite nel primo elemento ligneo, mi
surata lungo l’asse del connettore;
s2 lunghezza di inserimento della vite nel secondo elemento ligneo,
misurata lungo l’asse del connettore;
si lunghezza di inserimento della vite nell’i-esimo elemento ligneo,
misurata lungo l’asse del connettore;
fa,1,d resistenza ad estrazione di progetto per unità d’area della vite nel
primo elemento ligneo;
fa,2,d resistenza ad estrazione di progetto per unità d’area della vite nel
primo elemento ligneo;
fa,i,d resistenza ad estrazione di progetto per unità d’area della vite
nell’i-esimo elemento ligneo;
fax,45,k resistenza ad estrazione caratteristica della vite inserita a 45° ri
spetto alla fibratura;
126
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
Da notare che il termine (8d/si), presente nell’eq. 3.57 ed utilizzato anche nel
seguito, deriva da motivi legati alla fase sperimentale (vedi §3.3.1): le viti impiega-
te, infatti, erano state inserite nell’elemento ligneo che riceve la punta per una lun-
ghezza pari ad 8 volte il diametro d; in pratica, si tratta di un fattore di ragguaglio.
Nel caso di giunti con viti lavoranti solo in trazione, con riferimento sempre al-
la figura 3.12 (da [9]), si ha la seguente espressione per la capacità portante:
Rd = n ⋅ RT ,d ⋅ ( cos α + µ ⋅ sin α ) Eq. 3.58
1
Ks = Eq. 3.60
1/ k1 + 1/ k 2
127
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
Figura 3.13 Modello di calcolo della rigidezza di un giunto con viti inclinate: k1 = rigidezza
ad estrazione dal 1° elemento; k2 = rigidezza ad estrazione dal 2° elemento.
128
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
Al lato pratico, si tratta quindi di eseguire un test di estrazione di una vite in-
fissa a 45° rispetto alla fibratura al fine di ricavarne la relativa rigidezza; tale valore
verrà poi ragguagliato in base alla profondità di inserimento dei filetti; infine, si ri-
correrà all’equazione 3.60, la quale corrisponde ad una formula di combinazione in
serie delle rigidezze ad estrazione ki, come chiarito dalla figura 3.13 da [3].
Kevarinmäki, infine, propone anche le spaziature e gli interassi da attribuire
alle viti nel momento dell’unione, come riportato in tabella 3.2 ed in fig. 3.14. Le
differenze riscontrabili rispetto alle disposizioni per le viti inserite perpendicolar-
mente al piano di taglio sono da attribuirsi proprio alla presenza di connettori incli-
nati, che necessitano di maggiori distanze reciproche.
129
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
Figura 3.14
Definizione delle grandezze geometriche della tabella 3.2 (da [9]):
a) viti incrociate adiacenti;
b) viti incrociate consecutive;
c) viti in trazione per forza di trazione;
d) viti in trazione per forza di compressione.
130
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
131
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
Figura 3.16 Curve carico-spostamento nel caso di campioni realizzati in legno massiccio
di classe di resistenza C24 e viti a filetto continuo 7,5x152mm (da [9]):
a) viti incrociate (cross screw joint); b) viti in trazione (tension screw joint).
132
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
Volendo commentare i risultati, si osserva come i giunti con viti sollecitate so-
lo a trazione, a parità di altri fattori, dimostrino una resistenza superiore alle unioni
con viti incrociate, mediamente del 20%. Le curve carico-spostamento che si ot-
tengono, tuttavia, dimostrano lo stesso andamento: come previsto, si rileva un bru-
sco calo dopo il raggiungimento della capacità massima. Il fenomeno è dovuto,
chiaramente, alla diminuzione della resistenza ad estrazione delle viti a causa de-
gli importanti scorrimenti assiali (come da figura 3.3).
In merito alla rigidezza dei collegamenti, Kevarinmäki fa notare come le con-
nessioni con viti in trazione si presentino generalmente più rigide di quelle con viti
incrociate. Questo a patto che non vi sia un gap iniziale fra le membrature, causa-
to magari dal ritiro del legno o da errori di montaggio: nel qual caso la rigidezza
precipita vistosamente (si è infatti creato un lasco, o, secondo la terminologia an-
glosassone, si manifesta uno slackness nella connessione).
133
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
stamento δ = AA ' , rispetto alla configurazione indeformata della vite, saranno date
dalle seguenti espressioni:
δ ⊥ = δ ⋅ cos α Eq. 3.66
Dove:
δ è lo spostamento laterale parallelo al piano di taglio;
δ⊥ è la componente perpendicolare dello spostamento δ rispetto alla
Dove:
Flat è la forza elastica agente perpendicolarmente all’asse della vite;
Fax è la forza elastica agente parallelamente all’asse della vite;
K⊥ è la rigidezza a taglio della vite;
Per quanto riguarda l’equilibrio si farà riferimento alle equazioni 3.12 e 3.14
ricavate da Bejkta & Blaß che, con le sostituzioni R1 = F , Q1 = Flat , N1 = Fax dovute
134
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
Come si può notare quindi la rigidezza di una vite inclinata di un’angolo α ri-
spetto la normale al piano di taglio è una combinazione della rigidezza laterale K ⊥
• per α = 0° → K = K ⊥
• per α = 90° → K = K //
Si ritrovano quindi le rigidezze associate alle due condizioni limite di vite sol-
lecitata a taglio puro e vite sollecitata a sforzo assiale puro.
In tutte le espressioni in cui compare K ovviamente si intende indicare la rigi-
dezza di una singola vite, cioè di una singola sezione resistente.
A questo punto per poter utilizzare dal punto di vista pratico le espressioni
3.72 e 3.74, al fine della determinazione della rigidezza, si devono fare due
precisazioni.
La prima precisazione riguarda il valore di K ⊥ da adottare; per esso si deve
utilizzare l’espressione di Kser fornita dalle normative relativamente alle viti e quin-
di usare una delle due seguenti formule (d è il diametro di nocciolo della vite):
K ser = ρ m1,5 ⋅ d / 23 (EC 5) Eq. 3.75
1
K ser , ax = Eq. 3.77
1/ K ser ,ax ,1 + 1/ K ser ,ax ,2
135
Capitolo 3 - Modelli di calcolo specifici per viti inclinate
Dove:
Kser,ax è il modulo di slip ad estrazione della vite;
Kser,ax,i è il modulo di slip ad estrazione della parte di filetto infissa per una
lunghezza si nell’i-esimo elemento ligneo.
136
Modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 3
Bibliografia essenziale
137
4 Descrizione delle prove
4.1 Introduzione
Lo scopo principale di questo capitolo sarà quello di procedere alla presenta-
zione e descrizione delle prove, i cui dati sono stati oggetto d’elaborazione del pre-
sente lavoro di tesi (per la restante parte della campagna di prove vedasi [1]).
Si è già accennato nell’Introduzione e nel §1.3 come, fra la fine del novembre
2006 e quella del febbraio 2007, presso il laboratorio D.I.M.S. dell’Università degli
Studi di Trento, si sia svolta una campagna di sperimentazione per un totale di
261 test, riguardanti complessivamente 11 diversi tipi di connettori.
Se le tipologie dei mezzi d’unione testati sono già state presentate al §1.3
ora invece, andremo ad introdurre nel dettaglio le caratteristiche geometriche e
meccaniche dei provini testati.
In primo luogo si descriverà la procedura utilizzata per la misura della massa
volumica del legno e per la determinazione della resistenza a trazione dell’acciaio.
Si proseguirà poi con una descrizione delle caratteristiche dei provini realiz-
zati e del set-up di prova con le relative normative di riferimento.
139
Capitolo 4 - Descrizione delle prove
140
Descrizione delle prove - Capitolo 4
b) Metodo 2
Il secondo metodo ha lo scopo di ottenere provini di massa volumica
uniforme, paragonabile alla massa volumica media del legno a cui si in-
tende applicare i risultati della prova.
La massa volumica media ρm di tutti provini deve rispettare la seguente
condizione:
1,05 ⋅ ρ k ≤ ρ m ≤ 1,25 ⋅ ρ k Eq. 4.4
ρk =
∑ ρ ⋅n
05, j j
Eq. 4.6
∑n j
Dove:
ρ es sono la massa volumica media in kg/m3 e lo scarto quadratico
medio;
ρ05 è la massa volumica al 5-percentile (distribuzione gaussiana);
nj è il numero di provini nel campione j-esimo;
ρk è la massa volumica caratteristica in kg/m3.
Tabella 4.1 Massa volumica misurata nei provini divisa per 1,05.
142
Descrizione delle prove - Capitolo 4
143
Capitolo 4 - Descrizione delle prove
Tabella 4.3 Risultati delle prove sull’acciaio delle viti autoforanti tipo WT.
WT
φ [mm] 4,95 4,90 4,80
fu [MPa] 940,5 943,9 936,6
L0 [mm] 40 40 40
Lu [mm] 41,6 41,7 42,5
Nelle tabelle 4.2 e 4.3 sono riportati i risultati delle prove a trazione effettuate
sui bulloni (diametri 12,16 e 20 mm) e sulle viti WT (diametro 8,2 mm).
I valori relativi al diametro φ, alla lunghezza iniziale L0 e finale Lu del tratto ra-
stremato sono misurati manualmente, mentre la tensione di rottura fu è fornita di-
rettamente dalla macchina; essa fornisce anche i valori della tensione di snerva-
mento ma, al di là del fatto che non servono nei calcoli, spesso non è stato possi-
bile rilevarli poiché si ha a che fare con acciai duri.
Nella tabella 4.4 si riporta il confronto tra i valori della resistenza a trazione
caratteristica prevista e quella ricavata dalle prove; quest’ultima, malgrado
l’esiguità dei dati di ogni campione, è stata ricavata applicando la distribuzione
gaussiana, ricavando valore medio fu,m, scarto quadratico medio s e valore carat-
teristico fu,k, ottenendo i risultati riportati qui sotto.
Tabella 4.4 Confronto tra i valori di fu,k previsti e quelli ottenuti dalle prove.
Come si può notare per i bulloni i valori misurati sono maggiori di quelli previ-
sti dalla classe di resistenza di appartenenza, e non di poco, mentre per le viti WT
i valori sono leggermente inferiori rispetto a quelli specificati dal fornitore.
Va precisato che per trarre considerazioni più precise si dovrebbero effettua-
re un numero maggiore di prove, in modo da avere a che fare con un campione
numeroso, in ogni caso già questi pochi dati mettono in evidenza alcuni aspetti
non trascurabili sulla resistenza.
144
Descrizione delle prove - Capitolo 4
146
Descrizione delle prove - Capitolo 4
Tabella 4.5 Spaziature minime per unioni bullonate secondo EC5 (da [4]).
α Spaziatura
a1 0° ≤ α ≤ 360° ( 4 + cos α ) ⋅d (1)
a2 0° ≤ α ≤ 360° 4·d
a3,t -90° ≤ α ≤ 90° max (7·d; 80 mm)
90° ≤ α < 150° max [(1+6·senα)·d; 4·d] (2)
a3,c 150° ≤ α < 210° 4·d (2)
210° ≤ α ≤ 270° max [(1+6·senα)·d; 4·d] (2)
a4,t 0° ≤ α ≤ 180° max [(2+2·senα)·d; 3·d] (3)
a4,c 180° ≤ α ≤ 360° 3·d
(1)
( 4 + 3 ⋅ cos α )⋅d per CNR-DT 206/2006 e ( 3 + 2 ⋅ cos α ) ⋅ d ≥ 4·d per DIN
1052:2004.
(2)
max (7·d; 80 mm) per DIN 1052:2004.
(3)
3·d per DIN 1052:2004.
Si sono realizzati provini con 2 connettori su ogni lato, disposti su una riga e
due colonne, e provini con 4 connettori su ogni lato, disposti su due righe e due
colonne; per la spaziatura a1 tra le colonne si è utilizzato sia il valore minimo della
147
Capitolo 4 - Descrizione delle prove
tabella 4.5 (provini individuati dalla sigla 4+4), sia il valore di 18d (160 mm per φ =
8,9 mm; provini individuati dalla sigla 4+4E) necessario per avere le viti “efficaci”
(cioè tale che nef teorico fosse pari al numero reale n dei connettori).
5·d 45
a1
(7·d per CNR-DT) (62)
a2 4·d 36
a3,t max(7·d;80mm) 80
4·d 27
a3,c
(80 mm per DIN) (80)
a4,t 4·d 36
a4,c 3·d 27
Nella tabella 4.6 sono indicati i valori minimi delle spaziature, calcolati con ri-
ferimento al maggior diametro della parte filettata della vite. Nella disposizione dei
connettori si è cercato, di volta in volta, di rispettare sempre i valori più gravosi,
anche se in taluni casi, è stato impossibile e ci si è limitati a rispettare solo quelli
dell’EC5. Nonostante questo, va rimarcato il fatto secondo cui, non si sono mai ve-
rificate rotture fragili durante le prove con viti WT-T 8,2 mm. Si riportano qui di se-
guito le piante e i prospetti dei provini con le dimensioni geometriche principali.
148
Descrizione delle prove - Capitolo 4
149
Capitolo 4 - Descrizione delle prove
150
Descrizione delle prove - Capitolo 4
151
Capitolo 4 - Descrizione delle prove
Tabella 4.7 Spaziature minime per connettori tipo A e B secondo EC5 ( da [4]).
α Spaziatura
a1 0° ≤ α ≤ 360° (1,2 + 0,8 ⋅ cos α ) ⋅d c
a2 0° ≤ α ≤ 360° 1,2·dc
a3,t -90° ≤ α ≤ 90° 1,5·dc
90° ≤ α < 150° ( 0,4 +1,6 ⋅senα ) ⋅dc
a3,c 150° ≤ α < 210° 1,2·dc
210° ≤ α ≤ 270° ( 0,4 +1,6 ⋅ senα ) ⋅dc
a4,t 0° ≤ α ≤ 180° ( 0,6 + 0,2 ⋅senα ) ⋅dc
a4,c 180° ≤ α ≤ 360° 0,6·dc
Tabella 4.8 Spaziature minime per connettori tipo da C1 a C9 secondo EC5 da ([4]).
α Spaziatura
a1 0° ≤ α ≤ 360° (1,2 + 0,3 ⋅ cos α ) ⋅d c
a2 0° ≤ α ≤ 360° 1,2·dc
a3,t -90° ≤ α ≤ 90° 2·dc
90° ≤ α < 150° ( 0,9 + 0,6 ⋅senα ) ⋅dc
a3,c 150° ≤ α < 210° 1,2·dc
210° ≤ α ≤ 270° ( 0,9 + 0,6 ⋅ senα ) ⋅dc
a4,t 0° ≤ α ≤ 180° ( 0,6 + 0,2 ⋅senα ) ⋅dc
a4,c 180° ≤ α ≤ 360° 0,6·dc
Tabella 4.9 Spaziature minime per connettori tipo C10 e C11 secondo EC5 (da [4]).
α Spaziatura
a1 0° ≤ α ≤ 360° (1,2 + 0,8 ⋅ cos α ) ⋅d c
a2 0° ≤ α ≤ 360° 1,2·dc
a3,t -90° ≤ α ≤ 90° 2·dc
90° ≤ α < 150° ( 0,4 +1,6 ⋅senα ) ⋅dc
a3,c 150° ≤ α < 210° 1,2·dc
210° ≤ α ≤ 270° ( 0,4 +1,6 ⋅ senα ) ⋅dc
a4,t 0° ≤ α ≤ 180° ( 0,6 + 0,2 ⋅senα ) ⋅dc
a4,c 180° ≤ α ≤ 360° 0,6·dc
152
Descrizione delle prove - Capitolo 4
Nelle tabelle 4.10÷4.10 sono indicati i valori minimi delle spaziature fra i con-
nettori; come si può verificare graficamente, dalle immagini successive relativi ai
provini, esse sono tutte rispettate nella disposizione reale dei connettori.
dc = 65 130
a1 2·dc
dc = 80 160
dc = 65 78
a2 1,2·dc
dc = 80 96
dc = 65 97,5
a3,t 1,5·dc
dc = 80 120
dc = 65 78
a3,c 1,2·dc
dc = 80 96
dc = 65 39
a4,t e a4,c 0,6·dc
dc = 80 48
dc = 65 97,5
a1 1,5·dc
dc = 80 120
dc = 65 78
a2 1,2·dc
dc = 80 96
dc = 65 130
a3,t 2·dc
dc = 80 160
dc = 65 78
a3,c 1,2·dc
dc = 80 96
dc = 65 39
a4,t e a4,c 0,6·dc
dc = 80 48
dc = 62 124
a1 2·dc
dc = 75 150
dc = 62 74,4
a2 1,2·dc
dc = 75 90
dc = 62 124
a3,t 2·dc
dc = 75 150
dc = 62 74,4
a3,c 1,2·dc
dc = 75 90
dc = 62 37,2
a4,t e a4,c 0,6·dc
dc = 75 45
per tale motivo è lecito considerarne il contributo di resistenza alla capacità por-
tante totale dell’unione. Si riportano qui di seguito le piante e i prospetti dei provini
con le dimensioni geometriche principali.
154
Descrizione delle prove - Capitolo 4
Nei test di tipo push-out i campioni sono stati sottoposti ad uno sforzo di
compressione in modalità di controllo di spostamento: tale scelta permette di co-
gliere eventuali tratti discendenti nelle curve carico - spostamento delle unioni.
La macchina tipo METROCOM permette di impostare gli spostamenti attra-
verso un attuatore idraulico, la cui velocità di deformazione è impostata manual-
mente (vedi figura 4.3).
In base alla norma UNI EN 12512 ([14]) la velocità di scorrimento deve esse-
re compresa tra 0,02 e 0,2 mm/s; nel nostro caso si è adottato un valor medio del-
la velocità di scorrimento di circa 0,12 mm/s.
I campioni utilizzati nelle prove monotone, nello specifico, sono stati spinti fi-
no a spostamenti considerevoli, di circa 90 mm quando possibile. La scelta è piut-
tosto inusuale per questo tipo di indagini sperimentali: ad esempio, la norma UNI
EN 26891 ([15]) per la determinazione della resistenza e rigidezza delle connes-
sioni, prevede di raggiungere uno slip massimo di 15 mm, mentre la norma [14],
da seguire per la definizione della duttilità di un’unione, prevede si possano rag-
giungere scorrimenti massimi di 30 mm.
155
Capitolo 4 - Descrizione delle prove
156
Descrizione delle prove - Capitolo 4
mente limitato e proporzionale alla rigidezza della molla al loro interno, nel caso in
esame comunque sempre inferiore ad 80 N per ognuno di loro e quindi del tutto
trascurabile.
I trasduttori utilizzati potevano misurare scorrimenti fino ad un massimo di
circa 45 mm, la loro scelta è stata obbligata in quanto mancava fisicamente lo
spazio per utilizzarne di più lunghi (ad esempio quelli con corsa di 100 mm). Per
tale motivo la parte di curva carico – scorrimento eccedente i 45 mm è basata sul-
lo spostamento fornito dalla METROCOM.
I dati sono stati acquisiti dal pannello di controllo della METROCOM e dagli
L.V.D.T. tramite uno SPIDER8, per mezzo di un opportuno software installato su
un computer posto nelle vicinanze della macchina di prova, al fine di controllare
l’andamento di ciascun test.
157
Capitolo 4 - Descrizione delle prove
158
Descrizione delle prove - Capitolo 4
159
Capitolo 4 - Descrizione delle prove
Bibliografia essenziale
160
5 Risultati delle prove
5.1 Introduzione
Lo scopo principale di questo capitolo sarà quello di procedere alla presenta-
zione dei risultati delle prove, i cui dati sono stati oggetto d’elaborazione del pre-
sente lavoro di tesi (per l’analisi della restante parte della campagna di prove si
rimanda in [1]).
In primo luogo sarà spiegata la modalità d’interpretazione delle curve F-v (ca-
rico – spostamento) e i dati che se ne possono ricavare in base alla norma:
• UNI EN 26891 ([2]), sulla resistenza e rigidezza dei giunti;
• UNI EN 12512 ([3]), sulle prove cicliche dei giunti.
In seguito si indicheranno le modalità di calcolo seguite per la valutazione
della capacità portante e della rigidezza delle unioni in base all’EC5 ([4]).
Per finire si andranno a riportare, per ogni tipologia di campione, i grafici rap-
presentanti le curve F-v (carico – spostamento) ed una tabella in cui compaiono i
principali dati, sperimentali e di calcolo, ad esso associati.
161
Capitolo 5 - Risultati delle prove
Detto questo andiamo ad introdurre nel dettaglio cosa prevede la norma [2];
per fare ciò introduciamo i seguenti simboli:
Fest carico massimo stimato: è la stima di Fmax da determinare sulla
base dell’esperienza, o del calcolo, o mediante prove preliminari.
Fmax carico massimo (o carico massimo ammissibile): è quello corri-
spondente alla prima delle due seguenti condizioni, che si verifi-
cano durante la prova:
– carico massimo reale (Fmax,R)
– carico corrispondente allo scorrimento di 15 mm (F15)
k modulo di scorrimento;
v scorrimento del giunto.
Il carico massimo stimato è stato determinato come media degli Fmax,i , di di-
versi campioni dello stesso tipo, verificando contemporaneamente il soddisfaci-
mento della condizione b) sottostante:
a ) Fest = media ( Fmax,1; Fmax,2 ;....; Fmax,N ) b ) 0,8 ⋅ Fmax,i ≤ Fest ≤ 1,2 ⋅ Fmax,i
Il carico massimo di ogni prova, invece, è stato determinato in base alla defi-
nizione di cui alla simbologia precedentemente introdotta.
162
Risultati delle prove - Capitolo 5
(
v i ,mod = 4 / 3 ⋅ v 0,4⋅Fest − v 0,1⋅Fest ; ) Eq. 5.1
ks =
( 0,4 ⋅ Fest − 0,1⋅ Fest ) Eq. 5.4
(v 0,4⋅Fest − v 0,1⋅Fest )
163
Capitolo 5 - Risultati delle prove
La norma [3] definisce la duttilità come la capacità del giunto di subire uno
scorrimento di grande ampiezza nell’intervallo di plasticità, senza una sostanziale
riduzione della resistenza. La sua misura si esplica attraverso la determinazione
del rapporto tra lo scorrimento ammissibile massimo vu e lo scorrimento per sner-
vamento vy , come definito dall’equazione 5.5:
vu
D= Eq. 5.5
vy
Dove:
vu è lo scorrimento massimo ammissibile: scorrimento del giunto cor-
rispondente al carico massimo ammissibile ;
vy è lo scorrimento per snervamento: scorrimento del giunto corri-
spondente al carico di snervamento.
165
Capitolo 5 - Risultati delle prove
2 2
Fax ,d Fl ,d
+ ≤ 1
Fax ,Rk Fl ,Rk
1
Fax ,d = Fv ⋅ sin α Fv = Fv ,Rk = Rk = Eq. 5.6
2 1/ 2
Fl ,d = Fv ⋅ cos α senα 2 cos α
+
Fax ,Rk Fl ,Rk
166
Risultati delle prove - Capitolo 5
Tabella 5.1 Kser per mezzo d’unione e piano di taglio secondo varie normative.
CNR-DT 206/2006
EN 1995-1-1:2004
DIN 1052:2004
Viti, Bulloni, Spinotti ρ m1,5 ⋅d 23 ρ k1,5 ⋅d 20
Anelli e piastre
ρm ⋅dc / 2 0,6 ⋅ ρk ⋅ dc
tipo A e B secondo [8]
Piastre dentate unilaterali tipo 1,5 ⋅ ρm ⋅ d c / 4 0,3 ⋅ ρk ⋅ dc
C1÷C9 secondo [8]
Piastre dentate bilaterali tipo ρm ⋅dc / 2 0,45 ⋅ ρk ⋅ dc
C10 e C11 secondo [8]
La tabella 5.1 fornisce i valori della rigidezza istantanea Kser in kN/m (o anche
N/mm) in funzione dei seguenti parametri:
d o dc diametro del connettore in mm;
ρk massa volumica caratteristica in kg/m3 dell’elemento di legno;
ρm massa volumica media in kg/m3 dell’elemento di legno.
167
Capitolo 5 - Risultati delle prove
5.5 Curve F – v
In questo paragrafo riporteremo le curve carico – scorrimento ottenute per le
varie tipologie di campioni.
Nei grafici seguenti compaiono 3 tipi di curve:
• curva tratteggiata a tratto leggero: rappresenta la singola curva F - v
relativa a ciascuna prova;
• curva continua a tratto grosso: rappresenta la media delle curve F - v
fra tutte le prove eseguite per quella tipologia di campione;
• retta tratteggiata a tratto grosso: rappresenta il valore caratteristico
della capacità portante determinata secondo l’EC5 ([4]).
Le curve F – v, di cui ai grafici seguenti, sono ottenute partendo dai dati regi-
strati durante le prove, elaborati andando a normalizzare gli spostamenti a valori
prefissati (multipli di 0,05 mm) e calcolando in seguito il valore del carico in tali
punti. Questa operazione è stata condotta per ogni singola prova consentendo poi
di determinare la curva media F – v (quella continua a tratto grosso), rappresen-
tante la media fra tutte le curve delle prove eseguite per una data tipologia di
campione.
168
Risultati delle prove - Capitolo 5
I valori sperimentali riportati nella tabella, che accompagna ogni singolo gra-
fico, sono stati determinati come media fra i valori dei parametri, valutati seguendo
le metodologie di cui ai §5.2 e 5.3, di tutte le prove eseguite per una data tipologia
di campione.
Riportiamo qui di seguito l’elenco ed il significato dei simboli utilizzati nelle
tabelle.
Fv,Rk è la resistenza caratteristica totale dell’unione;
Fv,Rk,c è la resistenza caratteristica dei soli connettori a piastra dentata
(tipo C secondo [8]) presenti nell’unione;
Fv,Rk,b è la resistenza caratteristica dei soli bulloni presenti nell’unione;
Fmax è il carico massimo (ammissibile) secondo la UNI EN 26891 ([2]);
Fmax,R è il carico massimo reale raggiunto durante la prova;
Fu è il carico massimo ammissibile secondo la UNI EN 12512 ([3]);
Fy è il carico di snervamento secondo la UNI EN 12512 ([3]);
vmax è lo scorrimento del giunto corrispondente al carico Fmax ;
vmax,R è lo scorrimento del giunto corrispondente al carico Fmax,R ;
vu è lo scorrimento del giunto corrispondente al carico Fu ;
vy è lo scorrimento del giunto corrispondente al carico Fy ;
vu
Ds è la duttilità statica Ds = valutata conformemente alla normativa
vy
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Capitolo 5 - Risultati delle prove
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Capitolo 5 - Risultati delle prove
Bibliografia essenziale
190
6 Confronto tra i risultati delle
prove e la normativa
6.1 Introduzione
L’obiettivo del presente capitolo è quello di procedere, mediante l’utilizzo di
grafici del tipo ad istogramma, al confronto tra i risultati ottenuti dalle prove, de-
terminati secondo le metodologie illustrate ai §5.2 e 5.3, ed i relativi valori di pro-
getto caratteristici valutati secondo la normativa europea EN 1995-1-1:2004 ([1])
con le precisazioni di cui al §5.4. Tale confronto ha riguardato in particolare:
• il carico massimo (ammissibile);
• il numero efficace;
• la rigidezza;
• la duttilità.
Per valutare l’affidabilità dei modelli di calcolo e il grado di sicurezza rispetto
al collasso convenzionale si riportano, inoltre, i valori del fattore η = Fmax / Fv ,Rk .
Al fine poi di consentire un rapido confronto tra i vari tipi di connettori, in ter-
mini di prestazioni meccaniche, si è deciso di presentare anche i valori dei princi-
pali parametri meccanici, relativi alla singola sezione resistente del generico mez-
zo d’unione.
A conclusione del capitolo andremo poi a mostrare delle fotografie di provini
“aperti”, evidenziando così la reale modalità di rottura dell’unione e la relativa de-
formazione del connettore al collasso, riportando anche il corrispondente modo di
rottura previsto dal modello di calcolo teorico adottato dall’EC5 ([1]).
Per quanto riguarda le tipologie di connettori testate nella campagna di pro-
ve, ma non analizzate nel presente lavoro di tesi si rimanda in [2].
191
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
192
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
SPERIMENTALE EC5
[kN]
1+1 2+2 1+1 2+2
D65 72,86 141,26 49,78 79,66
D80 113,12 178,49 67,98 108,76
SPERIMENTALE EC5
[kN]
1+1 2+2 1+1 2+2
D65 61,24 98,50 49,78 79,66
D80 92,55 169,13 67,98 108,76
193
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
SPERIMENTALE EC5
[kN]
1+1 2+2 1+1 2+2
D65 76,33 158,95 61,95 (28,45) 123,90 (56,90)
D80 112,57 225,45 87,70 (38,84) 175,40 (77,69)
(Tra parentesi i valori di Fv,Rk dell’unione senza il contributo resistente dei bulloni)
SPERIMENTALE EC5
[kN]
1+1 2+2 1+1 2+2
D62 51,28 101,44 46,93 (26,50) 93,87 (53,00)
D75 68,84 138,15 68,76 (35,26) 137,53 (70,52)
(Tra parentesi i valori di Fv,Rk dell’unione senza il contributo resistente dei bulloni)
194
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
195
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
196
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
197
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
Dove:
Fv,Rk è la resistenza caratteristica totale dell’unione;
Fv,Rk,c è la resistenza caratteristica dei soli connettori a piastra dentata
(tipo C secondo [6]) presenti nell’unione;
Fmax è il carico massimo (ammissibile) secondo la UNI EN 26891 ([3]).
L’espressione 6.1 è stata utilizzata, sia riguardo alle viti autoforanti a doppio
filetto WT che per tutti i connettori di superficie, mentre l’equazione 6.1, invece, è
stata adottata solo con riferimento agli elementi di superficie di tipo C (quelli in cui
si considera il contributo dei bulloni di serraggio alla capacità portante totale).
APPEL APPEL+WT
[]
D65 D80 D65 D80
1+1 1,46 1,66 1,23 1,36
2+2 1,77 1,64 1,24 1,56
198
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
GEKA BULLDOG
[]
D65 D80 D62 D75
1+1 1,23 (2,68) 1,28 (2,90) 1,09 (1,93) 1,00 (1,95)
2+2 1,28 (2,79) 1,29 (2,90) 1,08 (1,91) 1,00 (1,96)
(Tra parentesi i valori calcolati secondo l’equazione 6.2 senza il contributo resistente dei bulloni)
199
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
200
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
Fy ,multiplo
nef , Fy = Eq. 6.4
Fy ,sin golo
Dove:
Fmax,multiplo è il valore di Fmax relativo a più connettori in linea (prove
identificate dalla sigla 4+4E, 4+4 e 2+2);
Fmax,singolo è il valore di Fmax relativo ad un solo connettore in linea
(prove identificate dalla sigla 2+2 e 1+1);
Fy,multiplo è il valore di Fy relativo a più connettori in linea (prove
identificate dalla sigla 4+4E, 4+4 e 2+2);
Fy,singolo è il valore di Fy relativo ad un solo connettore in linea (pro-
ve identificate dalla sigla 2+2 e 1+1).
a
• per le viti autoforanti a doppio filetto WT nef = min n; n 0,9 ⋅ 4 1
13 ⋅ d
n 90 − α α
• per i connettori di superfici e nef = 2 + 1− ⋅ ( n − 2 ) ⋅ +n⋅
20 90 90
Dove:
n è il numero di connettori allineati in direzione della forza;
a1 è la spaziatura tra i connettori nella direzione della fibratura in mm;
d diametro del connettore in mm (diametro filettatura della vite);
α è l’angolo tra la direzione della forza e quella della fibratura.
201
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
APPEL APPEL+WT
[2+2]
D65 D80 D65 D80
nef,F y 2,05 1,26 1,16 0,94
nef,F max 1,94 1,58 1,61 1,83
nef,EC5 1,6* 1,6* 1,6* 1,6*
(nef = 2/1,25 =1,6 poiché Fv,Rk di un solo connettore per piano di taglio è maggiore del 25% rispetto
a quella di uno stesso connettore ma con più elementi disposti per piano di taglio; vedi §2.5.2.1)
GEKA BULLDOG
[2+2]
D65 D80 D62 D75
nef,F y 1,90 1,99 1,85 1,94
nef,F max 2,08 2,00 1,98 2,01
nef,EC5 2 2 2 2
202
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
203
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
I due grafici soprastanti, che riprendono i dati di cui alle tabelle della pagina
precedente, evidenziano come i casi 4+4E e 4+4, producendo a meno di piccole
differenze i medesimi risultati sperimentali, si possano considerare indistinguibili
l’uno dall’altro. Si può dedurre, quindi, che sia per il caso 4+4E, a cui corrisponde
un distanziamento a1=18d, che per il caso 4+4, a cui corrisponde il distanziamento
minimo da normativa a1=7d, si deva assumere “2” come valore teorico del numero
efficace. Per questa particolare situazione geometrica risulta quindi inadeguata la
formulazione assunta dall’EC5 ([1]), ma anche dalle altre normative, per la valuta-
zione del numero efficace teorico.
204
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
6.5 Rigidezza
Per rigidezza sperimentale intendiamo il valore di ks, determinato conforme-
mente a quanto indicato nel §5.2, secondo la normativa UNI EN 26891 ([3]).
Il valore teorico della rigidezza Kser è quello determinato in base alle formule
e alle precisazioni di cui al §5.4.
I grafici che si riportano sono di due tipologie. Uno riguarda il confronto dei
valori sperimentali della rigidezza tra i vari tipi di mezzi d’unione, in funzione
dell’inclinazione dei connettori rispetto al piano di taglio (solo per le viti autoforanti
a doppio filetto WT) e del numero di elementi di connessione per provino. L’altro si
occupa del confronto tra i valori sperimentali e i valori teorici della rigidezza, in
funzione sempre dei medesimi parametri.
205
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
SPERIMENTALE EC5
[kN/m]
1+1 2+2 1+1 2+2
D65 30924 48992 27300 54600
D80 30857 64081 33600 67200
SPERIMENTALE EC5
[kN/m]
1+1 2+2 1+1 2+2
D65 32397 62311 27300 54600
D80 29503 53785 33600 67200
206
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
SPERIMENTALE EC5
[kN/m]
1+1 2+2 1+1 2+2
D65 36419 56663 27300 54600
D80 32800 56012 33600 67200
SPERIMENTALE EC5
[kN/m]
1+1 2+2 1+1 2+2
D62 15727 27636 19530 39060
D75 27104 53305 23625 47250
207
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
208
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
209
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
210
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
6.6 Duttilità
Poiché nelle prove i carichi sono applicati con una velocità così ridotta, da
poter esser considerati quasi statici, si parla di duttilità statica Ds ; essa è determi-
nata in base a quanto indicato nel §5.3 secondo la normativa UNI EN 12512 ([4]).
Allo stato attuale delle conoscenze, per quel che riguarda i valori teorici da
attribuire alla duttilità statica, non ci sono modelli di calcolo in grado di fornire for-
mulazioni al fine della sua determinazione. Per tal motivo non si riporta alcun con-
fronto con i valori previsti da normativa, ma ci si limiterà solamente ad un confron-
to tra i vari tipi di connettori dei valori sperimentali di Ds.
Valori indicativi, in funzione della tipologia dei soli connettori qui analizzati,
sono indicati nella tabella seguente.
Tabella 6.1 Classificazione dei collegamenti in funzione della duttilità (da [5]).
211
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
212
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
213
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
214
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
APPEL APPEL+WT
[]
D65 D80 D65 D80
η 1,62 1,65 1,23 1,46
215
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
GEKA BULLDOG
[]
D65 D80 D62 D75
η C.B. 1,26 1,28 1,09 1,00
η S.B. 2,74 2,90 1,93 1,96
216
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
217
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
218
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
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Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
220
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
221
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
Figura 6.1 Modalità di rottura: a) II e III per unione a 2 p.d.t; b) III per unione a 1.p.d.t.
222
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
Figura 6.2 Caso 30°A: taglio-trazione. Figura 6.3 Caso 45°B: taglio-compressione.
223
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
Nelle figure 6.5 e 6.6 si nota chiaramente, per APPEL e APPEL+WT, la rottu-
224
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
ra per taglio del blocco di legno compreso fra i due connettori, accompagnata dal
rifollamento nel legno e dalla formazione del massimo numero di cerniere plasti-
che sul bullone (modo III). La stessa cosa si verifica quando al posto dei bulloni di
serraggio si utilizzano le viti autoforanti a doppio filetto WT (figure 6.7 e 6.8).
Figura 6.9 Splitting del guanciale laterale e deformazione plastica della rondella.
225
Capitolo 6 - Confronto tra i risultati delle prove e la normativa
In figura 6.10 si può vedere il notevole rifollamento nel legno al di sotto del
bullone e sotto i denti del BULLDOG, accompagnato dalla deformazione plastica
dei denti e dalla formazione di 4 cerniere plastiche su ciascun bullone (modo III).
Come previsto dal punto di vista teorico si riscontra in figura 6.11, per i con-
nettori tipo GEKA (diametro 80 mm nel caso specifico), la rottura per rifollamento
nel legno con contemporanea deformazione plastica dei denti e bulloni caratteriz-
zati dalla formazione di 3 e 4 cerniere plastiche (3 nel bullone in basso a destra, 4
in quello sopra) corrispondenti rispettivamente al modo II e III.
226
Confronto tra i risultati delle prove e la normativa - Capitolo 6
Bibliografia essenziale
227
7 Confronto tra i risultati delle
prove e i modelli di calcolo
specifici per viti inclinate
7.1 Introduzione
Scopo principale di questo capitolo è quello di procedere, mediante tabelle e
grafici, al confronto tra i risultati ottenuti dalle prove sulle viti autoforanti a doppio
filetto WT, determinati secondo le metodologie illustrate al §5.2, ed i relativi valori
di progetto caratteristici valutati secondo i modelli di calcolo specifici per viti incli-
nate presentati nel capitolo 3. Al fine di mostrare l’affidabilità e le peculiarità di tali
modelli di calcolo si riporteranno anche i valori della resistenza e rigidezza, già il-
lustrati nei capitoli 5 e 6, valutati secondo la normativa EN 1995-1-1:2004 ([1]) con
le precisazioni di cui al §5.4. Tale confronto ha riguardato in particolare:
• il carico massimo (ammissibile);
• la rigidezza.
Per giudicare l’affidabilità dei modelli di calcolo e il grado di sicurezza rispetto
al collasso convenzionale si riportano, inoltre, i valori del fattore η = Fmax / Fv ,Rk .
Se nella prima parte del capitolo ci siamo concentrati sulla capacità portante
caratteristica, in quella finale abbiamo focalizzato l’attenzione sulla rigidezza delle
unioni con viti inclinate.
229
Capitolo 7 - Confronto tra i risultati delle prove e i modelli di calcolo specifici per viti inclinate
230
Confronto tra i risultati delle prove e i modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 7
2⋅ β
Rf = Rax ,f ⋅ ( µ ⋅ cos α + senα ) + (1− µ ⋅ tan α ) ⋅ ⋅ 2 ⋅ M y ⋅fh,1 ⋅d ⋅cos2 α
1+ β
viti lavoranti in taglio-compressione (Eq. 7.2)
2⋅ β
Rf = Rax ,f ⋅senα + ⋅ 2 ⋅ M y ⋅fh,1 ⋅d ⋅ cos2 α
1+ β
viti incrociate (Eq. 7.3)
2⋅ β
Rf = Rax ,f ⋅senα + ⋅ 2 ⋅ M y ⋅fh,1 ⋅d ⋅ cos2 α
1+ β
L’equazione 7.2 è identica alla 7.3 in quanto entrambe si ottengono
ponendo nella 7.1 l’attrito µ = 0 per i seguenti motivi:
• nelle viti disposte incrociate la scrittura delle condizioni di equilibrio
viene fatta tenendo conto che il sistema resistente è costituito da una
coppia di viti disposte ad X: così facendo si registra la scomparsa
delle forze d’attrito;
• nelle viti lavoranti in taglio-compressione durante la prova, in
maniera opposta a quello che accade in taglio-trazione, gli elementi
lignei tendono ad allontanarsi, di conseguenza, perdendo il contatto
non si possono sviluppare le forze d’attrito.
b) Modello di Kevarinmäki
Si devono utilizzare le equazioni 3.54 o 3.58 (vedi capitolo 3) secondo
la situazione considerata. In maniera analoga alle considerazione fatte al
punto a) le formule utilizzate per il calcolo della resistenza caratteristica
sono state:
viti lavoranti in taglio-trazione (Eq. 7.4)
Fv ,Rk = Rk = n ⋅ RT ,k ( cos α + µ ⋅ sin α )
231
Capitolo 7 - Confronto tra i risultati delle prove e i modelli di calcolo specifici per viti inclinate
Resistenza a rifollamento
Per quanto riguarda il valore della resistenza caratteristica a rifollamento si
segue quanto riportato in uno studio di ricerca su una vasta tipologia di viti, con-
dotto da Blaß e altri (vedi [2]), nel quale si riporta la seguente formulazione indi-
pendente dall’angolo α (vedi figura 7.1):
0,019 ⋅ ρ k1,24 ⋅ d −0,3
fh,ε ,k = in N / mm 2 Eq. 7.7
2,5 ⋅ cos2 ε + sin2 ε
Dove:
ρk massa volumica del legno in kg/m3 (380 kg/m3 per GL24h);
d diametro nominale o efficace della vite in mm (def =1,1dnocciolo);
ε angolo tra l’asse della vite e la direzione della fibratura.
Figura 7.1 Angoli α ed ε rispetto alla direzione della fibratura (da [2]).
232
Confronto tra i risultati delle prove e i modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 7
Dove:
ρk massa volumica del legno in kg/m3 (380 kg/m3 per GL24h);
d diametro esterno della filettatura della vite in mm;
lef profondità efficace di inserimento: lunghezza del filetto nell’i-esimo
elemento ligneo inclusa la punta forante in mm;
f1,k resistenza caratteristica unitaria ad estrazione.
Coefficiente d’attrito µ
Conformemente alle assunzioni dell’EC5 si è scelto µ = 0,25 = ¼.
233
Capitolo 7 - Confronto tra i risultati delle prove e i modelli di calcolo specifici per viti inclinate
Numero efficace
Visti i riscontri sperimentali e le considerazioni tratte al §6.4 si è deciso di as-
sumere, ai fini del calcolo della capacità portante, sia per il caso 4+4E, che per il
4+4, un numero efficace pari a 2.
In breve, senza entrare troppo nel dettaglio (per approfondimenti vedi §5.4),
richiamiamo anche i principali aspetti previsti dall’EC5 per la determinazione della
capacità portante delle viti inclinate; essa è determinata tramite l’equazione 5.6 di
cui al §5.4 e qui riportata:
1
Fv ,Rk = Rk = 1/ 2
Eq. 7.9
senα 2
cos α
2
+
Fax ,α , Rk Fl , Rk
Dove:
Fv,Rk è la resistenza a taglio parallela al piano di taglio;
Fax,α,Rk è la resistenza ad estrazione valutata secondo l’EC5 ([1]) in ba-
se all’equazione 2.79 di cui al capitolo 2;
Fl,Rk è la resistenza laterale a taglio (┴ alla vite) secondo l’EC5 ([1]).
fh,0,k = 0,082 ⋅(1− 0,01⋅ d ) ⋅ ρ k (regole valide per i bulloni essendo dliscio > 6 mm);
Fax,α ,Rk = (π ⋅ d ⋅ lef ) ⋅ fax ,α ,k (con fax,α,k secondo l’equazione 2.80 capitolo 2).
0,8
Per il significato dei simboli presenti nelle due espressioni soprastanti si ri-
manda al capitolo 2; nel calcolo di fh,0,k si è utilizzato come diametro quello effica-
ce, mentre nel calcolo di Fax,α,Rk per d si è adottato il diametro della filettatura.
E’ da evidenziare che la differenza più importante tra l’EC5 e i modelli per viti
inclinate, applicati con le precisazioni di cui sopra, è rappresentata dall’utilizzo di
un valore costante per la resistenza a rifollamento al variare dell’inclinazione α del-
le viti rispetto alla fibratura.
Meno importante, dal punto di vista dei risultati, è l’assunzione di una resi-
stenza ad estrazione variabile con l’inclinazione α delle viti.
234
Confronto tra i risultati delle prove e i modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 7
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Capitolo 7 - Confronto tra i risultati delle prove e i modelli di calcolo specifici per viti inclinate
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Confronto tra i risultati delle prove e i modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 7
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Capitolo 7 - Confronto tra i risultati delle prove e i modelli di calcolo specifici per viti inclinate
Tabella 7.1 Valori del fattore di sicurezza η applicando il modello di calcolo misto.
Come evidenziano i valori assunti dal fattore η e riportati in tabella 7.1, i risul-
tati in termini di affidabilità del modello e capacità di stima dei valori sperimentali di
resistenza sono ottimi; a parte i casi 0° e 15°B, il valore di η risulta compreso fra
1,26 e 1,67, assumendo nel caso 45°A (quello a cui corrisponde il maggior valore
di Fv,Rk) il valore di circa 1,3.
L’unica critica che si può muovere al modello di calcolo misto e a quello di
Bejkta & Blaß è che, nel caso di viti disposte perpendicolarmente al piano di taglio
(disposizione abituale per le viti normali da legno) il parametro di sicurezza
η assume un valore prossimo a 2 penalizzando eccessivamente la capacità por-
tante. Il motivo a nostro avviso è da ricercarsi in una sottostima della capacità por-
tante ad estrazione per questo particolare tipo di viti autoforanti a doppio filetto.
Per arrivare ad una migliore stima della capacità portante attraverso il model-
lo di Bejkta & Blaß si dovrebbe procedere, come nelle ricerche di Blaß, alla taratu-
ra del modello, con riferimento alle viti autoforanti a doppio filetto WT, mediante
una campagna sperimentale di prove mirata a determinare:
• il valore caratteristico della capacità portante ad estrazione e/o pene-
trazione al variare dell’inclinazione α delle viti e dello spostamento
assiale della connessione (vedi §3.2.1 capitolo 3);
• l’andamento della resistenza caratteristica a rifollamento al variare
dell’inclinazione α delle viti rispetto alla direzione della fibratura (al fi-
ne di verificare la validità dell’equazione 7.7);
• l’effettivo valore del coefficiente d’attrito µ.
A titolo indicativo si riporta anche il grafico relativo alle viti incrociate con il
confronto tra i dati sperimentali e quelli del modello di calcolo di Bejkta & Blaß e
dell’EC5.
242
Confronto tra i risultati delle prove e i modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 7
Sulla base dei risultati sperimentali riportati in questo paragrafo sono evidenti
due cose fondamentali:
• a parità del numero di viti utilizzate e dell’inclinazione α delle stesse,
la disposizione con viti lavoranti a taglio-trazione è caratterizzata da
capacità portanti mediamente maggiori del 20÷40%, a seconda
dell’inclinazione α considerata, rispetto a quelle ottenibili con viti di-
sposte incrociate (ad X);
• sia nel caso di viti lavoranti in taglio-trazione, che in quello di viti in-
crociate, la resistenza massima si attinge per α = 45°.
243
Capitolo 7 - Confronto tra i risultati delle prove e i modelli di calcolo specifici per viti inclinate
7.4 Rigidezza
Nel paragrafo seguente andremo a confrontare i valori sperimentali della rigi-
dezza ks, determinata in base alla normativa UNI EN 26891 ([3]) secondo quanto
specificato nel §5.2 del capitolo 5, con quelli teorici.
I valori teorici della rigidezza sono stati valutati adottando:
di una sola delle due porzioni filettate di vite infisse negli elementi li-
gnei, in tal caso si è utilizzata la semplice relazione K ser , ax = K ser ,ax , i .
lunghezza d’infissione, in mm, della parte filettata della vite nel gene-
rico elemento ligneo, d è il diametro esterno della filettatura della vite
espresso in mm).
Prima di mostrare i grafici di confronto e i risultati ottenuti si riportano le due
seguenti considerazioni utili all’interpretazione dei dati illustrati. Da un punto di vi-
sta teorico, al fine dell’applicazione del modello di calcolo della rigidezza, l’ipotesi
che appare corretta è quella che ipotizza il contemporaneo sfilamento d’entrambe
le porzioni filettate dai due elementi lignei.
244
Confronto tra i risultati delle prove e i modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 7
Sperimentale si è riscontrato per svariati casi che, all’apertura dei provini do-
po il collasso, le teste delle viti entravano nei guanciali laterali fino a 4 cm, rispetto
alla situazione geometrica precedente la prova, mentre le relative punte sembra-
vano rimaner fisse nella posizione iniziale. Prendendo spunto da questa osserva-
zione si è pensato che anche in corrispondenza di piccoli spostamenti accada ciò,
vi sia cioè lo sfilamento di una sola porzione filettata, per tale motivo si è deciso di
effettuare il calcolo anche in questa condizione: il risultato predittivo sul valore as-
sunto dalla rigidezza derivante da questa seconda ipotesi è notevole.
L’osservazione del grafico e dei dati in tabella mostra come per viti lavoranti
in taglio-compressione e per il caso α = 0° la rigidezza sia all’incirca la stessa.
Per viti sollecitate a taglio-trazione il modulo di scorrimento, invece, cresce al
crescere dell’inclinazione α delle viti rispetto al piano di taglio raggiungendo nel
caso 45°B il valore maggiore (circa 7÷8 volte quello a 0°).
Il modello di calcolo proposto coglie, nelle sue due formulazioni, l’andamento
crescente di K all’aumentare dell’inclinazione; fra le due ipotesi quella caratterizza-
ta dal miglior riscontro con i dati sperimentali è senza dubbio quella relativa allo
sfilamento di una sola porzione filettata della vite dall’elemento ligneo.
245
Capitolo 7 - Confronto tra i risultati delle prove e i modelli di calcolo specifici per viti inclinate
L’osservazione del grafico e dei dati in tabella soprastanti mostrano che per
viti incrociate a X il modulo di scorrimento cresce al crescere dell’inclinazione α ri-
spetto al piano di taglio, raggiungendo nel caso 45°X il valore maggiore (circa 6÷7
volte il valore che si ha a 0°).
Il modello di calcolo proposto coglie anche in questo caso l’andamento cre-
scente di K all’aumentare dell’inclinazione; fra le due ipotesi quella caratterizzata
dal miglior riscontro con i dati sperimentali, come per le viti in taglio-trazione, è
senza dubbio quella relativa allo sfilamento di una sola porzione filettata della vite.
Sulla base dei risultati sperimentali riportati in questo paragrafo sono evidenti
due cose fondamentali:
• sia nel caso di viti lavoranti in taglio-trazione, che in quello di viti in-
crociate, la rigidezza massima si attinge per α = 45°.
• a parità del numero di viti utilizzate e dell’inclinazione α delle stesse,
la disposizione con viti lavoranti a taglio-trazione per α = 45° è carat-
terizzata da rigidezze in media maggiori del 15% rispetto a quelle ot-
tenibili con viti disposte incrociate a X (per gli angoli α = 15° e 30° si
è riscontrata invece una diminuzione del 10%);
246
Confronto tra i risultati delle prove e i modelli di calcolo specifici per viti inclinate - Capitolo 7
Bibliografia essenziale
247
8 Conclusioni e futuri sviluppi
8.1 Introduzione
In questo capitolo finale andremo a presentare conclusioni e futuri sviluppi,
con riferimento alle sole tipologie di mezzi d’unione i cui dati sono stati oggetto
d’elaborazione del presente lavoro di tesi (per la parte restante della campagna di
prove vedasi [1]).
Le considerazioni conclusive, in parte anticipate nei capitoli 6 e 7, che si pos-
sono trarre dall’osservazione dei dati sperimentali e dal loro confronto con quelli
desumibili dai modelli di calcolo teorici, sono state riportate differenziando fra:
• connettori metallici a gambo cilindrico (a questa categoria apparten-
gono le viti autoforanti a doppio filetto WT);
• connettori metallici di superficie (in questa categoria ricadono gli e-
lementi tipo APPEL, GEKA, BULLDOG).
Con riferimento ad ognuna di queste due famiglie d’elementi si sono riportate
le osservazioni che hanno riguardato:
• la capacità portante e il fattore di sicurezza η = Fmax / Fv ,Rk ;
• il numero efficace;
• la rigidezza;
• la duttilità;
• i futuri sviluppi.
249
Capitolo 8 - Conclusioni e futuri sviluppi
250
Conclusioni e futuri sviluppi - Capitolo 8
η = Fmax / Fv ,Rk ; per le altre angolazioni invece i due valori sono coincidenti.
251
Capitolo 8 - Conclusioni e futuri sviluppi
Da rilevare anche il fatto secondo cui per una data inclinazione α rispetto al
piano di taglio, i valori del parametro η non subiscono significative variazioni al
variare del numero di mezzi d’unione disposti in fila.
Con riferimento ai valori sperimentali del carico massimo si è riscontrato che
le viti autoforanti a doppio filetto WT:
• lavoranti a taglio-compressione (casi 45°A, 30°A, 15°A) hanno
all’incirca stessa capacità portante;
• lavoranti a taglio-trazione (casi 45°B, 30°B, 15°B) hanno capacità
portante crescente con l’inclinazione α, raggiungendo i valori massi-
mi per α = 30° e 45°;
• disposte a X (casi 45°X, 30°X,15°X) hanno la capacità portante cre-
scente con l’angolo α, raggiungendo il valore massimo per α = 45°.
• fra tutte le disposizioni il valore massimo della capacità portante si
attinge nel caso di viti lavoranti a taglio-trazione con α = 45°.
8.2.3 Rigidezza
In base ai dati di cui ai §6.5 e 6.7 è evidente che la formulazione proposta
dall’EC5 stima bene i valori sperimentali della rigidezza solo nel caso di viti lavo-
ranti in taglio-compressione e disposte perpendicolarmente al piano di taglio; per
viti disposte incrociate e lavoranti in taglio trazione la formulazione risulta del tutto
inadeguata, poiché sottostima molto i reali valori del modulo di scorrimento.
Il modello di calcolo della rigidezza da noi appositamente sviluppato, i cui ri-
sultati sono illustrati al 7.4, risulta essere una buona stima dei valori sperimentali
252
Conclusioni e futuri sviluppi - Capitolo 8
8.2.4 Duttilità
Allo stato attuale delle conoscenze ingegneristiche non ci sono modelli di
calcolo in grado di fornire formulazioni al fine della determinazione dei valori teorici
della duttilità; sono a disposizione invece campagne sperimentali che riportano i
valori indicativi che può assumere questo parametro.
La sperimentazione da noi condotta sulle viti autoforanti a doppio filetto WT
mette in evidenza come la duttilità statica diminuisce al crescere di α, raggiungen-
do il valor massimo Ds ≅ 30 nel caso di connettori disposti perpendicolarmente al
piano di taglio, risultando sempre maggiore di 4 per tutte le configurazioni di α.
Secondo quanto previsto dall’EC8([4]), con riferimento però ad almeno 3 cicli
completi d’inversione del carico (le nostre prove sono invece di tipo monotono), il
rapporto di duttilità statica Ds richiesto, al fine di poter usare i valori del fattore di
struttura indicati in [4] per le diverse tipologie strutturali, è pari a:
• 4 per le strutture a media capacità dissipativa (classe M);
• 6 per le strutture ad alta capacità dissipativa (classe H).
Sulla base dei valori sperimentali determinati per Ds c’è buona probabilità
che, se si conducono delle prove cicliche sui giunti conformemente alla normativa
[5], tutte le unioni testate possano essere classificate appartenenti alla classe di
duttilità M o H.
253
Capitolo 8 - Conclusioni e futuri sviluppi
254
Conclusioni e futuri sviluppi - Capitolo 8
8.3.3 Rigidezza
In base ai dati presentati ai §6.5 e 6.7 è evidente che la formulazione propo-
sta dall’EC5 ha un buon riscontro con i valori sperimentali della rigidezza per tutte
le tipologie di connettori di superficie testati, tenuto conto ovviamente della natura-
255
Capitolo 8 - Conclusioni e futuri sviluppi
8.3.4 Duttilità
Allo stato attuale delle conoscenze ingegneristiche non ci sono modelli di
calcolo in grado di fornire formulazioni al fine della determinazione dei valori teorici
della duttilità; sono a disposizione invece campagne sperimentali che riportano i
valori indicativi che può assumere questo parametro.
La sperimentazione da noi condotta sui connettori di superficie riscontra in
media, tranne che per gli elementi tipo BULLDOG, una diminuzione della duttilità
statica nel passare da uno a due connettori in fila e al crescere del diametro dc
dell’elemento. A causa della naturale variabilità dei dati relativi a Ds, il cui valore
risente molto di quello assunto dagli scorrimenti v (molto più difficili da misurare
che non il carico), per avere dati medi più attendibili bisognerebbe aumentare il
numero di prove in modo tale da aver a che fare con un campione numeroso.
Per quanto riguarda i valori assunti dalla duttilità statica riportati ai §6.6 e 6.7
si può dire che:
• per connettori tipo GEKA e BULLDOG Ds risulta sempre maggiore di
6, quindi più elevata dei dati indicati in tabella 6.1 nel §6.6 (tratta da
[6]) secondo la quale invece dovrebbe essere 3≤ Ds ≤6. I provini in
compressione sembrano quindi essere caratterizzati da un buon
grado di duttilità e probabilmente l’intervallo 3≤ Ds ≤6 si riferisce a
campioni sottoposti a trazione nei quali le rotture tipo splitting avven-
gono per scorrimenti minori.
• per connettori tipo APPEL e APPEL+WT i valori di Ds sono molto più
variabili, a causa delle rotture tipo splitting, ma sempre maggiori di
2,5. Tuttavia in media si riscontrano valori superiori al limite di 3 ri-
portato nella tabella 6.1 del §6.6, nonostante ciò è evidente il com-
portamento fragile di tali tipologie d’elementi.
256
Conclusioni e futuri sviluppi - Capitolo 8
Sulla base dei valori sperimentali determinati per Ds c’è buona probabilità
che, se si conducono delle prove cicliche sui giunti conformemente alla normativa
[5], le unioni testate tipo:
• GEKA e BULLDOG possano essere classificate appartenenti alla
classe di duttilità M o H;
• APPEL e APPEL+WT siano classificabili come non dissipative.
257
Capitolo 8 - Conclusioni e futuri sviluppi
Bibliografia essenziale
258
Bibliografia completa
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Normative di riferimento
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Bibliografia completa
UNI ISO 3131:1975 Legno - Determinazione della massa volumica per le prove fi-
siche e meccaniche, UNI – Ente Nazionale Italiano di Unificazione, Milano.
262
Ringraziamenti
Questo lavoro di tesi rappresenta l’ultima tappa di una dura avventura iniziata, non
senza dubbi e incertezze, spinto da mia sorella Cristina senza la quale probabilmente non
avrei mai fatto questa scelta; è a lei, ai miei fantastici genitori che hanno sempre creduto
in me, e alla nonna Maria che tanto avrebbe voluto esserci, che dedico tutto questo.
Gli ultimi anni sono stati indimenticabili non tanto per quello che ho appreso, ma
per i momenti unici condivisi con le stupende persone conosciute e senza le quali non sa-
rebbe stato tutto così speciale: Garbu, Nico e Frenci, Benny, Silvia, Checco, Eugenio, Ma-
nu, Giò, Nello, Igor, Fabri, Tesca, tutte le Giulie, Michela, Ale, Vivi, Albe, Ciuffo, Nanni,
Thomas, Giona, Martini, Terri, Desa, Rizzo e tutti i miei amici di avventure di sempre ...
Ivan e Francesca, Moro, Ceci, Lea, Mario, Mauro, Festa, Bobe, Sonia, Sele, Ele, Lorenzo,
Marco, Sayo, Nadia e Serena.
Grazie ad Andrea per il suo aiuto nel realizzare questa campagna di prove e per la
sua compagnia durante tutti quei giorni in laboratorio: ne abbiamo rotti di provini!
Non posso dimenticare i tecnici del laboratorio D.I.M.S. della Facoltà di Ingegneria
dell’Università di Trento per la loro disponibilità durante la fase sperimentale, ma soprat-
tutto per la loro simpatia; voglio ringraziare in particolare i tecnici Alfredo Pojer, Ivan
Brandolise, Tiziano Dalla Torre, Luca Corradini e l’Ing. Marco Molinari per la supervi-
sione.
Un grosso ringraziamento va di sicuro all’Ing. Albino Angeli, Peter Lang e Robert
Blaas, della ditta Rothoblaas, per la fiducia e la cortesia dimostrata nella fornitura com-
pleta di tutto il materiale, per l’interesse continuo e l’apprezzamento nei confronti del la-
voro condotto da me e Andrea Malatesta.
Desidero ringraziare sentitamente il Prof. Maurizio Piazza per avermi dato la possi-
bilità di approfondire le conoscenze nell’ambito delle strutture in legno e l’Ing. Roberto
Tomasi per la Sua grande disponibilità e per la fiducia dimostratami.
Un ricordo speciale va all’Ing. Luigi Antolini, persona unica nel suo genere e inse-
gnante straordinario dell’I.T.G. Cangrande della Scala; è lui che mi ha trasmesso la sua
profonda passione per il mondo delle costruzioni e grazie al quale ho deciso di intrapren-
dere questa carriera.
ˆSe ami quello che fai, non sarà mai un lavoro!˜
Confucio (Kong Zi, 551 a.C. - 479 a.C.)