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Dal Caos al Cosmo: gli elementi della creazione

Marica Dal Cengio

Introduzione

“In principio era il Caos”, scrive Esiodo all'inizio della sua Teogonia; “All'inizio c'era il vuoto”,
recita la Genesi. In realtà queste due frasi sono simili: caos infatti (che in realtà andrebbe scritto
chaos, perché la “c” è aspirata, proprio come nel greco moderno, è una parola greca che vuol dire
vuoto. Dico “parola greca”, ma in realtà è molto più antica del greco: la sua origine si perde nella
notte dei tempi. La sua forma riconosciuta più arcaica è infatti cavos i Greci poi, a un certo punto
della loro storia, smisero totalmente di pronunciare la lettera “v”, tanto da abolirla come segno
grafico, e trasformarono l'antica voce indoeuropea cavos in caos. La ritroviamo in latino con cavus,
che vuol dire appunto vuoto, ovvero cosa che ha il vuoto dentro.

Il vuoto è qualcosa che atterrisce, è ciò di cui l'uomo ha forse più paura: è l'immane, insondabile,
inesplicabile vastità dell'abisso del non conoscere. Ogni tradizione cosiddetta religiosa o filosofica
di ogni tempo ha sempre cercato di dare risposte alle domande fondamentali: chi sono – da dove
vengo – dove vado (?). E spesso lo ha fatto attraverso dei racconti, delle storie che poi sono
diventati miti, spesso delle favole. Ma è l’unico modo, quando non ci sono supporti materiali per
traghettare alle generazioni successive delle credenze e/o conoscenze. La difficoltà degli studiosi
oggi è proprio quella di raccoglierli e poterli decodificare, interpretare, capire.
Così il caos, dal primario significato di vuoto, ha via via assunto il ben più inquietante valore di
entità instabile, informe, irrazionale, qualcosa di estremamente confuso e disordinato.

Con il termine cosmo in filosofia s'intende un sistema ordinato o armonico. L'origine della parola è
il greco κόσμος (kósmos) che significa "ordine" in particolare quello assunto dall'esercito schierato
per la battaglia ed è il concetto opposto a caos. Nel linguaggio scientifico cosmo è considerato
sinonimo di universo.

La parola greca per elementi, stoicheia, si ritrova in Platone nel significato di lettere dell'alfabeto,
vale a dire gli elementi primi di ogni parola. Nella tradizione ellenica gli elementi sono quattro: il
fuoco ( ), la terra ( ), l'aria ( ), e l'acqua ( ). Possono essere considerati delle radici,
l'unione di tali radici determina la nascita delle cose, mentre la loro separazione, il dissolvimento
delle stesse, secondo cicli di continua trasformazione. Ne consegue che il buon funzionamento
dell'organismo dipenderebbe dall'equilibrio degli elementi, mentre il prevalere dell'uno o dell'altro
causerebbe la malattia. Il fuoco corrisponderebbe alla bile gialla; la terra alla bile nera; l'aria al
sangue; l'acqua al flegma. A questi elementi e umori corrispondono quattro temperamenti: la
predisposizione all'eccesso di uno dei quattro umori definirebbe un carattere psicologico e insieme
una costituzione fisica. Pensiamo ad esempio alla tradizione astrologica occidentale che divide i
segni zodiacali in: segni di fuoco (Ariete, Leone, Sagittario) - segni di terra (Toro, Vergine,
Capricorno) - segni d'aria (Gemelli, Bilancia, Aquario) - segni d'acqua (Cancro, Scorpione, Pesci).
Vediamo dunque nel dettaglio questi elementi, per familiarizzare con loro, per riconoscerli come
parte di noi stessi, per capire quali ci appartengono di più e quali di meno.

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ARIA

Il termine "aria" deriva dal latino aer e dal greco ἀήρ. La parola è associata nelle varie lingue
indoeuropee al vento, alla luce e al cielo. L'aria, identificata talvolta come etere, è un elemento al
quale sono state spesso attribuite le proprietà dello spirito e della purezza. La sua importanza, per
numerose tradizioni, consiste nel permettere di respirare e quindi, consentendo la vita,
nell'infondere l'anima. Se pensate ad esempio al modo in cui Michelangelo rappresenta la
creazione di Adamo nella Cappella Sistina, vedrete che i due esseri si toccano, quasi, con un dito,
l’indice. Sarà un caso, ma secondo la tradizione yogica indiana tra le dita della mano, è il dito
indice a corrispondere all’elemento aria.

L'aria è il terzo dei quattro elementi fondamentali secondo le cosmogonie occidentali e le tradizioni
sapienziali dell'antichità. Era comunemente ritenuta sinonimo di fantasia, immaginazione,
spiritualità. In alchimia l'aria è associata al triangolo e al numero 3, in quanto mediatrice tra il fuoco
e l'acqua, punto di equilibrio tra principi contrapposti e quindi simbolo di neutralità tra attivo e
passivo, positivo e negativo.

Cos’è che rappresenta nell’uomo? E’ il respiro, il dono della vita, la capacità di assorbire il mondo
che ci circonda attraverso i polmoni che si dilatano e restringono proprio come una spugna,
seguendo un certo ritmo.

Il termine prana, dal sanscrito prāṇa, significa letteralmente vita e in seconda istanza viene inteso
come respiro e spirito. Secondo la fisiologia induista, tutti gli esseri viventi, in quanto tali, sono
dotati di prāṇa, la cui conservazione deriva dal corretto svolgimento di tutte le funzioni
psicologiche, emotive e fisiologiche necessarie al mantenimento armonico dell'equilibrio interiore.

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Secondo tale filosofia, uno dei modi più evidenti attraverso cui gli esseri viventi ottengono prāṇa è
dato dalla respirazione che veicola, oltre all'ossigeno (elemento grossolano) anche la vitalità
(elemento sottile) che traiamo dall'aria. Ne risulta che la capacità di saper padroneggiare il respiro
(pranayama) assume un ruolo fondamentale, poiché attraverso la consapevolezza questo esercizio
consente di controllare e regolarizzare eventuali squilibri e disfunzioni dell'organismo, in particolare
tra corpo e psiche, ristabilendo la salute spirituale nella sua interezza, in un'ottica olistica.

Respiro, ritmo… suono il passo è breve e nei racconti di creazione è proprio il suono ad essere
indicato come l’agente principale della creazione. Senza la parola non c'è l'inno e senza il respiro
non c'è il canto, questi trovano la loro essenzialità nell’ OM (o AUM) ॐ la sillaba sacra per
eccellenza, la sintesi perfetta di ogni preghiera. Questo mantra viene spesso utilizzato per
rappresentare simbolicamente i tre aspetti differenti dell’unità: il tre in uno, ovvero, creazione –
conservazione e dissoluzione. Esisterebbe anche un quarto suono: esso, però, è trascendentale e
consiste nel silenzio che segue i tre suoni del mantra. È un "suono silenzioso", un momento di
assoluta contemplazione che rappresenta la condizione primordiale dell'Essere che precede la
manifestazione.

ACQUA

La vicinanza di sorgenti, fiumi, o laghi ai centri abitati ha favorito, sin dall'antichità,


l'approvvigionamento di acqua dolce quindi lo sviluppo dell'agricoltura (grazie alla maggiore
fertilità del suolo), e i commerci grazie ai trasporti sia fluviali che marini. Perciò l'acqua è spesso
associata all'idea della vita nelle sue varie forme, in particolare alla nascita e alla rinascita. Vari miti
cosmogonici vedono l'acqua protagonista o perlomeno presente come elemento fondante. Tra
questi, il poema mesopotamico Enûma Eliš dove Apsû (l'Abisso) è il dio primordiale delle acque
dolci che esisteva prima della creazione.

L'acqua è uno dei quattro elementi fondamentali secondo le cosmogonie occidentali e le tradizioni
ermetiche sapienziali dell'antichità. Ad essa vengono comunemente assegnate le qualità
dell'emozione, dell'intuizione dell'adattabilità oltre alle proprietà dell'umido e del freddo, che la
contrapponevano dunque al fuoco, secco e caldo. Il punto cardinale è l’Ovest e il genere è
femminile. L’acqua è sempre stata identificata col potere femminile di dare la vita: così l’umidità
delle grotte, le sorgenti sotterranee sono correlati col grembo della madre e la donna quale sua
immagine nel mondo reale ne ha adottato le insegne sacrali.

Gli studi dello scienziato giapponese Masaru Emoto hanno gettato una nuova luce sulla conoscenza
dell’acqua, ovvero sulle infinite possibilità di informazioni che l’acqua sa “condurre”. L’acqua
reagisce sia con informazioni negative quali agenti inquinanti sia con informazioni positive ovvero
parole e scritture che contengono un significato di pace e armonia. Da ciò pur se non si ha ancora
compreso il passaggio ovvero il come avviene, l’acqua ha la capacità di rigenerarsi se a contatto con
“vibrazioni” positive quali i canti di guarigione o le preghiere. La maggior parte del corpo umano è
composta da acqua (75-80%), pensate alle implicazioni che ne derivano.

Se la scrittura così come viene intesa oggi ovvero un sistema codificato convenzionale capace di
esprimere un messaggio, non fosse solo questo? Se le parole contenessero nei loro suoni e segni
delle radici, ovvero costanti vibrazionali capaci di produrre un’influenza sul reale? Allora ciò che ci
circonda la nostra stessa vita quotidiana, le parole che comunemente utilizziamo per parlare con noi
stessi ed interagire con gli altri, tutto acquisirebbe un nuovo fondamento: la necessità di usarle bene.
Nelle fiabe, nei racconti di magia le parole se combinate in un certo ritmo diventano incantesimi,
ovvero cantano dentro, dentro le cose e le persone fino a trasformarle. C’è una tradizione

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antichissima legata al canto che si chiama “Seidr”, ovvero il canto magico delle sapienti norrene
(chiamate “Völva” - Nord Europa). Lo stesso Odino, dio del Nord acquisisce il potere delle rune,
cioè della scrittura e del loro uso, il modo in cui scriverle e pronunciarle, grazie ad un sacrifico:
dona il proprio occhio alla maga che lo istruisce. E’ sempre una donna a fare da tramite tra il sapere
costituito e l’iniziato che cerca di acquisirlo. Non è un caso che nell’antico tempio/santuario di Este
dedicato alla Dea Reitia, la dea principale che adoravano i Veneti antichi, fossero le donne ad
insegnare la scrittura. E figure femminili - nella misura di tre - sono coloro che
tessono/filano/tagliano il destino di uomini e déi (le Parche, o Moire).

Come la sorgente dei fiumi è associata alla nascita, all'inizio della vita, la foce lo è invece alla
morte. Le acque del mare all'orizzonte, d'altro canto, paiono inghiottire il sole al tramonto; perciò
l'immagine del sole che s’immerge nell'acqua è spesso connessa, con il mondo dei morti e l'aldilà in
generale. Questo implica la capacità di purificazione/guarigione connessa all’acqua: l’acqua pulisce,
lava via, dona un nuovo inizio. Si pensi al rituale connesso al Battesimo in ambito cristiano, ma non
solo; ogni santuario, tempio, luogo sacro è stato innalzato, scelto o presenta un bacile, una vasca,
una fontana o una sorgente, che ha nell’acqua suo elemento principale da utilizzare prima di poterne
varcare la soglia.

TERRA

La terra identificabile con tutto ciò che è solido, si contrappone all’aria. Il punto cardinale è il Nord
e naturalmente il suo genere è femminile: la terra accoglie il seme e lo nutre portandolo a
compimento. Sono molteplici i miti che raccontano la creazione dell’uomo da un impasto di terra.
L’elemento terra corrisponde alla parte bassa del corpo: piedi, gambe e a tutto ciò che è connesso
con il sostegno e la forza di gravità. Sul piano psicologico è collegata con l’accettazione della vita.
Il senso che ad essa appartiene è l’odorato e tra le dita delle mani è rappresentata dall’anulare..
(Mentre l’aria è collegata al senso del tatto e tra le dita della mano è rappresentata dall’indice -
l’acqua è collegata al senso del gusto e alla lingua e il suo dito è il mignolo - il fuoco alla vista e al
pollice).

In alchimia viene raffigurata come un triangolo con la punta rivolta verso il basso e una linea
orizzontale, ma è riconoscibile soprattutto nella forma del quadrato o ancora nella croce. Le due
braccia [+ ]sono lo spazio entro quale l’uomo organizza il suo vivere sulla terra, era questo il senso
della disciplina romana chiamata “limitatio” (che derivava da quella etrusca): ogni città, ogni spazio
pubblico era concepito mediante regole che ne fissavano limiti precisi che tenevano conto delle
energie che si muovono nella terra; terra che deve essere sempre in armonia/specchio del cielo. Da
qui le corrispondenze con alcune date precise come solstizi ed equinozi oppure orientamenti
secondo la levata/tramonto di alcune stelle.
Il punto fisso, il centro attorno al quale pare roteare l'intero “cosmo”, in latino si chiama “Cardo”,
dal quale per estensione, deriva il cardine, l'asse del mondo, l'asse polare, che congiunge il cielo e la
terra, l'alto e il basso.
“Cardo" deriva dalla medesima radice indoeuropea kerd, krd, dalla quale origina il vocabolo
greco “kardia”, quello latino cor-cordis, il cuore, il centro vitale, la sede della mente e
dell'intelligenza, dell'amore e dell'anima, il cosiddetto tempio interiore e porta del cielo; il cuore
dell’uomo è congiunto con la terra, batte alla medesima frequenza.
Tra gli strumenti musicali il tamburo, da sempre evoca-mostra-esibisce questa corrispondenza; nelle
pratiche sciamaniche è lo strumento per eccellenza nell’indurre la trance (stati alterati di coscienza)
per la comunicazione con il mondo degli spiriti. Le caverne, i recessi della terra, sono porte per il
mondo degli spiriti, le forze ctonie. E proprio in occasione della fine dell’estate quando i terreni

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vanno messi a dimora, quando la natura si spoglia dei suoi frutti, ecco allora inizia la lunga notte
oscura, la notte del “caos”, quando tutto si mescola pronto per avviare un nuovo ciclo.

Se guardiamo alla misura del tempo infatti la concezione che predominava nell’uomo arcaico era
diversa dall’uomo di oggi: l’anno era una sorta di ruota che girava incessantemente. Solo due
stagioni formavano ad esempio l'antico anno celtico (sei mesi nelle profondità dell'inverno e sei
mesi nella luce dell'estate) ed era scandito quattro importanti festività, che cadevano quarantacinque
giorni dopo i due equinozi e i due solstizi. 1 novembre: Samain – 1 febbraio: Imbolc – 1
maggio:Beltain – 1 agosto: Lúgnasad.
Samain e Beltain erano le due feste più importanti, perché erano i punti di passaggio tra l'una e
l'altra stagione. Samain segnava l'inizio del lungo inverno, il momento in cui l'anno moriva,
sprofondando nel gelo e nelle tenebre; Beltain segnava la fine dell'inverno, il momento in cui l'anno
rinasceva, risorgendo a nuova vita, ascendendo verso la luce e il calore dell'estate.

FUOCO

Presso la religione induista, Agni è il dio del fuoco, termine che in sanscrito sta per "fuoco", affine
al latino ignis. Agni è una delle più importanti divinità vediche. La sua principale manifestazione è
“il fuoco che brucia sull'altare dei sacrifici”: il fumo porta in alto l’essenza del sacrificio in questo
senso fa da mediatore tra il mondo degli uomini e quello degli Dèi.
Secondo l'Ayurveda, la scienza indiana connessa alla cura, alla salute, Agni è il fuoco vitale, che
anima tutti i processi biologici (rappresenta il metabolismo digestivo).

Gli antichi greci distinsero inoltre la forza distruttiva del fuoco ( aidelon) generalmente associata al
dio Ade, dalle sue potenzialità creative, associate a Efesto. Anche la dea Ecate aveva relazioni col
fuoco, ed era chiamata in modi diversi: Pyrphoros (portatrice di fuoco), Pyripnon (soffiatrice di
fuoco), Daidoukhos (tedofora) e Phosphoros (portatrice di luce).

I l fuoco è da sempre uno degli elementi naturali di cui la luce è una fonte espressione. Il fuoco
rappresenta il sole e, come tale, possiede le energie purificatrici e rigeneratrici ad esso attribuite. In
alchimia viene raffigurato come un triangolo con il vertice in alto. E’ di genere maschile ed ha il
Sud come direzione.

L'etere primordiale del calore è assimilabile ad cerchio con un punto centrale. E’ da sempre il
simbolo utilizzato per identificare la potenza del sole.

Oggi sappiamo che la luce, come tutte le onde elettromagnetiche, interagisce con la materia e che
quest’ultima può influenzarne o impedirne la trasmissione. Così, la luce attiva il processo che ci
permette di vedere ciò che ci circonda e successivamente di poterlo rielaborare, comprendere,
capire, apprezzare, etc.

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Il termine "luce" ha origine dal latino lux (dalla radice indoeuropea leuk) con il significato di luce,
brillantezza; il corrispondente termine greco è reso con φῶς phaos/phōs che significa "mostrare",
"rendere manifesto", quindi "far vedere".

Il simbolo della pigna può essere equiparato alla fiaccola altro simbolo positivo, raffigura la vita e
l’illuminazione della nostra anima, (pensiamo alla valenza che ha la fiaccola olimpica o la fiaccola
che la “statua della libertà” regge.). Allude al più alto grado di illuminazione spirituale possibile
riconosciuto da molte culture antiche; il simbolo può essere trovato tra le rovine indonesiane,
Babilonesi, Egiziane, Greche, Romane, e Cristiane, solo per citarne alcune. Appare anche nei
disegni delle tradizioni esoteriche, come nella Massoneria, nella Teosofia, nello Gnosticismo e nel
Cristianesimo esoterico. Simboleggia un organo, la “ghiandola pineale” o “Terzo Occhio”, che tutti
noi possediamo. Il Terzo Occhio venne chiamato con nomi diversi nel corso della storia, tra cui
“occhio interiore”, “occhio della mente”, “occhio dell’anima” e “occhio della ragione.” La
tradizione indù insegna di risvegliare il Terzo Occhio, attivando i “sette chakra”(Kundalini Yoga).

Mentre… il ritratto di un singolo “occhio” è un’immagine archetipica che risale a migliaia di anni
fa. Appare più e più volte nei miti, nelle sculture, nelle incisioni, nei dipinti e nelle culture antiche di
tutto il mondo. Venne spesso raffigurato nell’antico Egitto come un unico occhio disincarnato,
ovvero l’Occhio di Ra, Dio del Sole.

Oppure pensiamo al Pantheon romano dove l’oculus, l’apertura la centro della cupola, rimanda
proprio al passaggio del sole che lo occupa inondando di vita l’interno.

"Pochi edifici nella storia dell'architettura sono chiamati a generare archetipi, il Pantheon di
Roma è uno di questi. (...) il disco di luce solare che percorre la cupola, il tamburo e il pavimento,
la pioggia che cadendo misura l'altezza, l'aria vibrante, l'azzurro e le stelle che si affacciano

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dall'oculo ed eventualmente l'uomo." (F. Espuelas, Il vuoto, riflessioni sullo spazio in architettura,
Marinotti, Milano 2004.)

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