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Ordinamenti giuridici politici: diretti a perseguire fini generali che soddisfano tutti gli interessati
ritenuti utili per lo sviluppo e la conservazione della società̀ →STATO (nome dato ad una particolare
forma storica di organizzazione del potere politico). Lo stato non si estingue MAI, in quanto
possessore di fini continuamente nuovi e diversi. Si estingue se e quando vengono a mancare i
consociati.
Ordinamenti giuridici non politici: diretti a soddisfare interessi particolari: sportivi, culturali,
economici. Tali associazioni si estinguono con il raggiungimento del fine prefissato.
LA NORMA GIURIDICA
La norma giuridica è una regola che viene applicata ad una platea indeterminata di destinatari in
base a determinate situazioni. Come prevede il termine latino "Ex facto oritor ius" (dal fatto nasce il
diritto), la norma giuridica nasce da un’esigenza sociale, da un caso concreto e ne pone la disciplina.
A seguire viene costruita la cosiddetta FATTISPECIE, cioè un’ipotesi astratta che implica l'intervento
concreto della norma per tutte le situazioni simili al caso per cui è sorta.
Come si costruisce una norma?
Le norme vengono prodotte dal parlamento secondo tre momenti:
1.Fenomenologico: descrizione del fenomeno;
2.Giudizio di valore: riguarda la questione dello iustum(giusto), si giudica ciò che si esamina.
3.Prescrizione: il legislatore prescrive la legge o ne prescrive il divieto.
Una volta pubblicata una legge c'è la cosiddetta vacatio legis, che corrisponde ad un periodo di
tempo di 15 giorni tra la pubblicazione e l'entrata in vigore. Dopo il trascorrere di tale periodo si
presuppone che tutti i destinatari conoscano la nuova legge e in caso contrario secondo il principio
"Ignoranzia legis non escusat", non vengono tollerate giustificazioni.
LO STATO
Lo stato è con un gruppo sociale accomunato da diverse caratteristiche (lingua, etnia, cultura), più
comunemente si può affermare che lo stato coincide con la nazione e viene definito come
"ordinamento politico territoriale sovrano".
ORDINAMENTO: poiché è costituito da una collettività di persone organizzate da regole.;
POLITICO: basato sul modello della prima comunità organizzata “la polis greca.”Da polis infatti viene
il termine politica, intesa come la politica dei cittadini, della società! Con Dragone ad Atene nel 621
a.c, nasce l'idea di socialità del diritto poiché si ha una collettività che prende decisioni e non il
singolo individuo;
TERRITORIALE che indica che si ha un territorio, inteso come spazio fisico di competenza in cui vige
l'ordinamento dello stato.
Lo stato è infine qualificato SOVRANO in quanto dotato di una sovranità che lo distingue dagli altri
ordinamenti territoriali, i quali non sono sovrani ma sono autonomi. Tale sovranità deriva dal fatto
che, lo stato beneficia di un potere originario che non deriva da nessun altro ordinamento.
La sovranità appartiene quindi solo agli stati ed ha una doppia valenza:
Internamente è caratterizzata da una preminenza dell'ordinamento statale su un determinato
spazio fisico;
Esternamente la sovranità conferisce una condizione di parità nel piano internazionale, lo stato è
indipendente da tutti gli altri stati, perciò autonomo. La dimensione di sovranità dello stato con il
tempo è stata di gran lunga attenuata, poiché esso nel proprio territorio coesiste con tanti
ordinamenti autonomi, a testimonianza di ciò Con l'art.5 della costituzione italiana, lo stato per il
principio di socialità del diritto ha riconosciuto al proprio interno la presenza degli elementi che
preesistono dalla sua esistenza e delle autonomie locali, le quali hanno avuto le proprie porzioni di
luogo di competenza con i propri ordinamenti coordinati all'ordinamento statale.
Art 114:"La repubblica è costituita dai comuni, dalle province, dalle regioni e dallo stato".
L'ordinamento repubblicano contiene quindi tutti gli ordinamenti, i quali sono posti tutti allo stesso
livello, compreso quello dello stato.
TERRITORIO: per lo stato il territorio è inteso come luogo di competenza ossia lo spazio fisico, dove
vige l'ordinamento statale. Esso comprende anche il Mare territoriale, che corrisponde allo spazio
di mare che va dalla costa sino a 12 Miglia e lo spazio aereo soprastante alla nazione.
Viene delimitato da dei confini naturali o "decisi a tavolino" e al di là di essi non vige più
l'ordinamento dello stato. Esistono dei casi extra-territoriali: Ambasciate: è una rappresentanza
diplomatica di uno stato, disposta nel territorio di un altro stato; solitamente nella capitale.
All'interno di essa vige l'ordinamento della nazione di appartenenza. Vi è poi il caso particolare dei
mezzi con bandiera della nazione: aeri o navi caratterizzati dal fatto che al loro interno vige
l'ordinamento della nazione di appartenenza. L'ultimo dei tre elementi costituivi dello stato è la
SOVRANITÀ: Lo stato è sovrano poiché beneficia di un potere originario
Lo stato federale: da "fedus" (patto),il quale sta ad indicare più stati sovrani che si aggregano tra
loro tramite un accordo, cedendo volontariamente una parte della propria sovranità ad un soggetto
terzo. Il governo ha sempre un ruolo centrale ma gli stati federati che compongono la federazione,
seppur controllati possiedono una certa autonomia. Si parla quindi di due livelli di sovranità:
sovranità della federazione & sovranità degli stati membri. I poteri sono equamente separati. Alla
base di una federazione di stati vi è un testo unico, la carta costituzionale, che rappresenta l'atto di
fusione unitario, di conseguenza non sarà ammessa la secessione. La formazione di uno stato
federale può avvenire se si hanno delle particolari condizioni, possiamo suddividere tre momenti
fondamentali:
1)La prima fase necessita della presenza di più stati sovrani vicini tra loro accomunati da un'idea
collettiva, ossia gestire in comune determinate materie in maniera più efficace.
2)Tale concetto prevede quindi la nascita di un'associazione, i stati restano sovrani ma si uniscono
politicamente creando una confederazione.
3)Come ultimo atto di consolidamento si può avere la nascita della federazione.
Avviene a seguito di un'esigenza da parte dei singoli stati membri, i quali necessitano di devolvere
parte della loro sovranità ad un'entità superiore che le possa gestire al meglio. Si ha perciò una
limitazione della sovranità degli stati federati.
Caso particolare: Uno stato federale si può creare anche a seguito di una disgregazione da parte di
uno stato unitario in più stati membri. (es.Belgio).
Stato confederale: è una forma di stato a natura transitoria, consiste in un unione di stati
preesistenti aventi piena sovranità che non hanno alla base una costituzione ma si tengono insieme
tra loro grazie ad un trattato.
Stato regionale -à Italia
Nel corso dell'evoluzione storica dello stato italiano, dal momento dell'unità d'Italia, ci sono stati
gran parte degli elementi tipici che in molti altri stati hanno condotto alla formazione di uno stato
regionale:
- “Pluralità di stati autonomi”: c'era il regno delle due Sicilie, Il Vaticano, il regno del Piemonte e
molti altri tra cui alcuni che si erano uniti tramite dei plebisciti ( voti popolari-espressione di
adesione volontaria da parte del cittadino)
La volontà di fusione unitaria veniva meno per i Regni più autoritari, che non avrebbero mai ceduto
parte della propria sovranità verso degli stati annessi.
✗ Mancava quindi la volontà di formare un soggetto giuridico terzo a cui tutti avrebbero dovuto
aderire limitando parte della propria sovranità.
✗ Un ulteriore elemento contrario al federalismo, era la presenza delle continue influenze estere e
di alcuni regni caratterizzati da spinte autonomistiche molto forti, queste due componenti
avrebbero potuto causare delle secessioni.
Più corretto e premuroso sembrò l'idea di creare uno stato unitario, il Regno d'Italia.
FORME DI GOVERNO
Indica l'assetto del potere d'indirizzo politico tra gli organi costituzionali dello stato, ossia il
parlamento e il governo. A seconda di come questo rapporto è strutturato si distinguono diverse
forme di governo,5 fondamentali:
Costituzionale pura – I due organi sono del tutto separati e differenziati per legittimazione. Si ha un
parlamento eletto dai cittadini, legittimazione popolare, governo al cui vertice c'è un ministro
nominato dal re, legittimazione sovrana.
Forma di governo parlamentare: Caratterizzata dal rapporto di fiducia che lega il governo al
parlamento, l'indirizzo politico dello stato è un potere condiviso tra i due organi. Il governo può
esercitare a pieno i suoi poteri se ha la fiducia del parlamento, perciò il governo non dipende dal
popolo ma dal parlamento che è sovrano,è il dominus in quanto accorda o revoca la fiducia.
Forma di governo presidenziale: Entrambe le camere hanno una legittimazione popolare, il governo
è nelle mani del presidente della repubblica. Anche il vertice dell'esecutivo viene eletto
direttamente dal popolo, sono presenti i cosiddetti pesi e contrappesi, i quali consentono di
bilanciare il potere dell'esecutivo da parte del parlamento.
Forma di governo semi-presidenziale: Il presidente della repubblica viene eletto direttamente dai
cittadini, ma presenta una scissione dal potere esecutivo. – Il p.d.r è solo capo dello stato non
anche del governo,esso si consulta con il parlamento per verificare la presenza di una maggioranza
politica e nomina in accordo con esso il capo del governo; così facilitando la fiducia del parlamento.
Forma di governo direttoriale: Si ha un esecutivo collegiale, noto come direttorio che viene
nominato tramite emanazione del parlamento.
STATO ITALIANO
Ad oggi l'Italia viene ufficialmente riconosciuta Repubblica italiana poiché nel 1946 divenne una
repubblica parlamentare regolata dalla costituzione del 1948.
In tale forma di stato il parlamento è l'unica istituzione a detenere la rappresentanza della volontà
popolare e le maggiori istituzioni sono:
Presidente della Repubblica: capo dello Stato eletto dal parlamento, rappresenta l'unita nazionale
Parlamento bicamerale: composto dalla camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, tale
organo esercita il potere esecutivo e vota la fiducia al governo;
Governo: costituito dal presidente del consiglio, i ministri e il consiglio dei ministri, esercita il potere
esecutivo;
Magistratura: è indipendente ed esercita il potere giudiziario.
Consiglio superiore della magistratura: CSM, il quale ha lo scopo di garantire l'autonomia della
magistratura dagli altri poteri dello stato.
Corte costituzionale: svolge la funzione di garante della costituzione.
L'Italia può essere definita come:
Stato costituzionale, poiché si fonda sulla costituzione nata per esigenza di ridurre il potere e
garantire il diritto;
Stato di diritto, poiché si limita il potere il quale è soggetto al diritto e alle norme.
Stato rappresentativo, difatti nell'art.1 della costituzione viene dichiarato: "La sovranità appartiene
al popolo".
I cittadini tramite un meccanismo elettivo eleggono i loro rappresentanti. Il potere politico viene
quindi esercitato da organi formati secondo il principio di rappresentanza popolare. Tale
meccanismo ha valenza a livello nazionale anche per i livelli istituzionali inferiori, i cittadini eleggono
i propri rappresentanti anche in consiglio comunale e regionale.
Rapporto tra soggetto rappresentato e rappresentante
Viene definito da diverse tipologie:
-Rappresentanza di tipo giuridico: si instaura un rapporto noto come mandato imperativo, cioè il
rappresentante agisce per nome e per conto del rappresentato. Esso non ha una sua autonoma
possibilità d'azione poiché è strettamente vincolato dalla volontà del rappresentato di cui è un
"Mero nuncius" (portavoce). Se il rappresentante non esegue la volontà del rappresentato la
rappresentanza viene definita viziata e l'atto viene di conseguenza annullato.
-Rappresentanza di tipo politica: si differenzia per una rappresentanza libera, poiché vi è il divieto di
mandato imperativo. Il rappresentato concorre all'elezione del rappresentante ma non pone in
esso nessun vincolo, egli resta autonomo e svolge la propria attività liberamente come meglio
crede. Ciò è espressamente riportato nell'art.67 della costituzione, il quale prevede il "Principio di
libero mandato parlamentare": "Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le
sue funzioni senza vincolo di mandato". Perciò le scelte del rappresentante anche se non conformi
a quanto promesso sono costituzionalmente legittime, possono essere discutibili ed avere
conseguenze politiche ma non giuridiche.
Direttamente legata al principio di rappresentanza vi è la democraticità, cioè una visione
pluralistica dell'agire politico, una dinamica in grado di garantire un libero confronto costante di
opinioni diverse, così da scaturire decisioni collettive di interesse generale.
Viene cosi a crearsi un particolare criterio: Il Principio di maggioranza. La decisione si scaturisce
dalla "volontà dei più", tuttavia la minoranza non viene emarginata ma tutelata in quanto è una
componente che può continuare ad esprimersi puntando alla crescita. La maggioranza la si può
calcolare su diverse tipologie:
-votanti, tutti coloro che partecipano all'elezione;
-gli aventi diritto al voto, su un preciso numero.
Il livello da raggiungere per prendere una decisione prende il nome di Quorum. Quando la
maggioranza si calcola sugli aventi diritto al voto si parla di Quorum strutturale; quando si calcola
sui votanti si parla di Quorum funzionale.
Si possono distinguere diversi tipi di maggioranza:
Maggioranza assoluta: quando si ha la metà più uno degli aventi diritto al voto;
Maggioranza qualificata: quando si ha i 2/3 degli aventi diritto al voto;
Maggioranza semplice: calcolata sui votanti.
2)La Petizione: viene espressamente prevista nell'art.50 della costituzione: "tutti i cittadini possono
rivolgere petizione alle camere per esporre comuni necessità". Consiste quindi in un numero di
cittadini con finalità comuni che propongono una richiesta alle camere, le quali non sono obbligate
a valutarla e quindi ha effetti limitati.
3)L'Iniziativa legislativa popolare: prevede che i cittadini possono presentare alle camere una
proposta di legge accompagnata da 50 mila firme, una volta che essa viene depositata le camere
sono libere di decidere se valutare o meno. La costituzione, garante dei diritti degli individui,
prevede che se si raccolgono 150 mila firme le camere hanno l'obbligo di esaminare la proposta, si
hanno perciò effetti immediati.
TIPOLOGIE DI DEGENERAZIONE DELLA DEMOCRAZIA
Partitocrazia: già vista, i partiti prendono il sopravvento rispetto al loro ruolo preparatorio e
assumono un ruolo decisorio.
Ostruzionismo: la minoranza cerca di impedire che le decisioni vengano prese dalla maggioranza, vi
è quindi un opposizione volontaria tramite la manipolazione esasperata delle regole;
Tirannia della maggioranza: abuso di potere dalla parte dei più forti;
Consociativismo: maggioranza e minoranza si accordano per prendere le decisioni, si avranno
perciò scelte condizionate ed inefficienti.
COSTITUZIONE
Il nostro è uno stato costituzionale poiché si fonda sulla costituzione. La prima costituzione nasce
nel 1215 in Inghilterra, dove viene riconosciuta "La Magna Carta",“la grande carta delle libertà”, che
imponeva una serie di limiti al potere del sovrano inglese. Con la costituzione c'è la rottura
dell'assolutismo monarchico dato che i promotori del costituzionalismo avevano come obiettivo la
ripartizione dei poteri e il riconoscimento dei diritti.
Alla base dell'instaurazione di un ordinamento costituzionale vi è un potere costituente che fonda
un insieme di leggi e istituzioni (un ordine giuridico) su cui si fonderà una società, tale ordine
giuridico è noto come ordine costituito.
La costituzione può essere analizzata secondo diverse prospettive:
-Costituzione in senso formale: Si ha il prodotto del processo costituente, che assume la forma di un
atto scritto solenne composto da 139 articoli e rappresenta la legge fondamentale
dell'ordinamento italiano.
-Costituzione in senso sostanziale: indica ciò che deve essere necessariamente disciplinato a livello
costituzionale. E' libera scelta del costituente stabilire cosa collocare in sede di costituzione ma ci
sono due elementi fondamentali collocati in ambito costituzionale: le garanzie dei diritti
fondamentali & La divisione dei poteri della sovranità -- Ad esempio nella nostra costituzione, nella
prima parte si riconosce i diritti fondamentali e nella seconda parte si stabilisce l'organizzazione dei
poteri.
-Costituzione in senso materiale :subentra un concetto di Costantino Mortati - In un determinato
ordinamento in concreto funzionano solo alcune norme costituzionali, rispetto a ciò che c'è scritto
nella costituzione formale ciò che è effettivamente vigente è per lo più diverso. Difatti molte norme
in costituzione sono scritte ma non vengono ancora attuate mentre altre sono state attuate ma
dopo molto tempo dalla loro produzione (esempio rilevante lo si ha pensando al fatto che la corte
costituzionale prevista nella costituzione istituita nel 48,sia diventata operativa soltanto nel 56 e le
regioni solo nel 70). Tale concetto è valido anche al contrario, ci sono norme non scritte ma che
concretamente funzionano nel nostro sistema costituzionale, ad esempio le consuetudini
costituzionali in grado di integrare ciò che formalmente è scritto in costituzione. Basta pensare a
istituti come le consultazioni del p.d.r o la questione di fiducia, non previsti in costituzione che si
sono progressivamente consolidati sino ad essere disciplinati negli ordinamenti parlamentari.
Anche nella formazione del governo, ci sono figure non previste nella costituzione del 48: i
sottosegretari e i viceministri. La costituzione quindi vive al di là della carta, i rapporti degli organi
costituzionali vengono regolati da norme non scritte, istituti che si sviluppano sotto forma di
consuetudini.
COSTITUZIONE ITALIANA
Precedentemente l'ordinamento sociale italiano era regolato dallo Statuto Albertino, esso non era
un documento proveniente dalla volontà popolare ma era un atto di benevolenza concesso dal
sovrano che autolimitava il proprio potere. Venne sostituito dalla costituzione, scritta e votata
dall'assemblea costituente ed eletta a suffragio universale il 2 Giugno del 1946.Nel 27 dicembre fu
pubblicata nella gazzetta ufficiale ed entrò ufficialmente in vigore il 1 Gennaio del 1948 producendo
la costituzione repubblicana, approvata con 458 voti su 556. Da allora in poi lo Statuto Albertino
risulta come "vecchio ordinamento" ma non tutte le leggi esistenti vennero abrogate. Ancora oggi,
secondo il principio di continuità dell'ordinamento, abbiamo leggi del 48 attive poiché non sono in
contrasto con la costituzione e con il nuovo ordinamento. Perciò nonostante si cambi l'ordine
costituzionale, se quello giuridico è conforme alla nuova costituzione rimane in vigore, altrimenti se
una legge risultasse difforme al nuovo ordinamento la corte costituzionale ha il potere di annullarla.
Le norme costituzionali si contraddistinguono per struttura in due tipologie:
Precettive: hanno una forza giuridica vincolante con effetti concreti ed immediati. Esse pongono
una regola (Art 12. "La bandiera italiana della repubblica è il tricolore ..." )
Programmatiche: non hanno forza giuridica vincolante, delineano un indirizzo di fondo, un obiettivo
che verrà affidato e sviluppato dal legislatore. (Art 9. "La repubblica tutela il paesaggio....")
L’ONU
L’Organizzazione delle nazioni unite è stata creata dalla Carta di San Francisco del 26 giugno 1945,
sottoscritta da 50 paesi, quando la guerra si era appena conclusa. Essa ha costituito il tentativo di
rilanciare il progetto, fallito, della Società delle Nazioni (1919) creata a seguito della Prima guerra
mondiale. L’ONU ha sede centrale a New York. Il suo obiettivo principale è quello di promuovere la
pace nel mondo e di salvaguardare i diritti fondamentali dell’uomo; a tal fine ha istituito la
Dichiarazione universale dei diritti umani. Tale carta non è giuridicamente vincolante per gli Stati
membri dell'organizzazione ma implica un impegno da parte degli stati appartenei all’ONU di creare
legislazioni al fine di rispettare e garantire tali diritti. Ad essi va attribuito un valore giuridico
autonomo nell'ambito della comunità internazionale, dal momento che sono ormai considerati
dalla gran parte delle nazioni civili alla stregua di principi inalienabili del diritto internazionale
generale. La Dichiarazione dei Diritti Umani è un codice etico di importanza storica fondamentale: è
stato il primo documento a sancire universalmente (cioè in ogni epoca storica e in ogni parte del
mondo) i diritti che spettano all'essere umano. L’ONU non ha strumenti di carattere pratico al di
fuori dei casi di:
- grave violazione dei diritti umani collettivi
-genocidio
-grave violazione di certi beni
In questo caso ha un diritto-dovere di intervenire e, qualora necessario, di processare i capi di stato
delle nazioni coinvolte.
LA STORIA L’Unione Europea nasce il 1° novembre 1993 a seguito dell’entrata in vigore del Trattato
sull’Unione europea, firmato nel 1991 nella città olandese di Maastricht (tale trattato è infatti
conosciuto come il Trattato di Maastricht). E’ un ordinamento giuridico autonomo, nato come una
sorta di limitazione della sovranità propria di ogni stato a favore di un organismo comunitario. Gli
stati restano pienamente autonomi, ma si realizzano interferenze tra di loro.
Altiero Spinelli ebbe un ruolo rilevante nella nascita e nella definizione in chiave moderna del
concetto di Europa. Egli, relegato a Ventotene stilò il famoso documento “Manifesto di Ventotene”
(1941), riportato nell’Atto unico europeo. Il Manifesto propugna ideali di unificazione dell'Europa in
senso federale. Nel maggio del 1950 Robert Shuman, ministro degli esteri francese, ribadì il
concetto che “L’unione delle nazioni europee richiede di eliminare la secolare opposizione tra la
Francia e la Germania” (già affermato nel 1946 da Wiston Churchill, Primo ministro britannico) e
proponeva un piano di cooperazione intereuropea. In collaborazione con l’economista Jean
Monnet, attuò un progetto per la condivisione delle risorse di acciaio e di carbone (queste materie
prime vennero scelte perché simbolo della guerra, al fine di sancire l’abbandono di tutte le tensioni
e gli scontri). L’UE si avviò nel 1951 con la firma del Trattato di Parigi, che dette vita alla CECA
(Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio). Scopo della CECA era far regolare tutta la
produzione del carbone e dell’acciaio (tra le più importanti materie prime dell’epoca) da un’unica
autorità comunitaria, facilitando gli scambi in questo mercato tra i paesi della Comunità. I paesi che
vi aderirono furono solamente 6: il Belgio, la Francia, la Germania, l’Italia, il Lussemburgo e i Paesi
Bassi. Il primo presidente fu un italiano, Alcide De Gasperi (egli, insieme ad Eisenhower, studiò gli
elementi stimolatori della guerra per cercare di evitarli). La CECA fu il primo passo per la formazione
dell’Unione Europea. E’ importante notare che, inizialmente, nacque come ordinamento giuridico
non politico ma economico. Nel 1955 venne avanzata la proposta di abolire i dazi doganali tra gli
Stati della CECA e di adottare tariffe doganali in comune per tutti i paesi che non ne facevano parte.
Questa proposta venne realizzata solo nel 1957, con la firma del Trattato di Roma, che portava alla
costituzione di due Comunità:
- la CEE (Comunità Economica Europea), che nacque come Mercato comune europeo (MEC), il cui
obiettivo era quello di abbattere le barriere commerciali fra i sei Stati e di conseguenza costituire
un mercato comune.
- l’Euratom (Comunità Europea per l’Energia Atomica), con lo scopo di realizzare la collaborazione
tra gli Stati europei per la ricerca e lo sfruttamento del nucleare (a seguito di un consistente
aumento del prezzo del petrolio)
Mentre la CECA era in effetti nata come iniziativa di pace, con lo scopo di fare dialogare i vincitori e
i vinti dell’ultima grande guerra, le seconde nate (EURATOM e CEE) furono, invece, il risultato di una
reale volontà di lavorare e crescere insieme per perseguire un interesse comune e reciproco. Delle
tre Comunità quella che ha subito un costante sviluppo dalla sua nascita ad oggi è stata la CEE.
L’EURATOM, invece, fu boicottata dalla Francia del generale De Gaulle, che decise di dare priorità
all’armamento atomico nazionale, limitando fortemente il suo contributo alla Comunità. La CECA,
invece, scomparve nel 1967, anno in cui fu concordata la fusione delle tre Comunità europee che
da allora ebbero organi comuni. Agli inizi degli anni ’70 a seguito della grande inflazione, si presentò
la necessità di una convergenza monetaria che, dopo lunghe trattative, si concretizzò nella
creazione del Sistema monetario europeo (SME) il cui scopo era quello di stabilizzare entro certi
margini i cambi e le oscillazioni delle valute dei paesi europei ed evitare eccessive fluttuazioni
economiche. In quell’occasione fu creata l’unità di conto europea (ecu - moneta fittizia, mai
coniata, il cui valore era calcolato sulla media dei valori di gran parte delle monete europee): non
avendo, però, effettiva circolazione servì esclusivamente come punto di riferimento per le valute
nazionali nelle transazioni contabili. E’ importante sottolineare che dal 1° gennaio 1972 il $ non fu
più convertibile in oro e crollò il GOLD EXCHAING. Fu un periodo caratterizzato da una forte
incertezza nei cambi, che creò disordini negli scambi internazionali). (Serpentone europeo) Nel
1986 venne firmato l’Atto unico europeo, che presentava sostanziali modifiche e integrazioni ai
trattati esistenti e sanciva l’impegno da parte dei firmatari di adeguare le proprie legislazioni alla
creazione di un grande mercato unico europeo, uno spazio senza frontiere nel quale le merci, le
persone, i servizi e i capitali potessero liberamente circolare senza più controlli e dazi doganali.
L’Atto unico introdusse anche nuove forme di cooperazione tra gli Stati membri in materia di
giustizia e di difesa reciproca (ma l’atto non venne ratificato da tutti i paesi dell’Unione). Il Trattato
di Maastricht firmato nel 1992 (dopo l’unificazione delle due Germanie) non istituisce una nuova
organizzazione, ma si limita a definire quelle che devono essere le politiche per concludere il
processo verso l’unione reale ed effettiva degli Stati europei. Tali politiche si basano sui cosiddetti 3
pilastri in cui è strutturato il trattato:
- il primo pilastro fa riferimento ad una serie di norme tese all’instaurazione dell’unione economica
e monetaria e alla liberalizzazione del mercato del lavoro. Si tratta di una serie di interventi di
politica sociale;
- il secondo pilastro si riferisce alla politica estera e di sicurezza comune. Per la prima volta si parla
di politica comune e si attribuisce al Consiglio dell’UE la possibilità di adottare azioni comuni
vincolanti per gli Stati membri;
- il terzo pilastro fa invece riferimento alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari
interni, che comprende la politica dell’immigrazione, il terrorismo...
Nel 1995 entrò in vigore anche la convenzione di Schenghen. Per accordi di Schengen si fa
riferimento ad un trattato che coinvolge sia alcuni Stati membri dell'Unione Europea sia stati terzi.
Gli accordi, inizialmente nati al di fuori della normativa UE, ne divennero parte con il Trattato di
Amsterdam. Tali accordi sono parte integrante del Trattato di Maastricht. Gli stati membri che non
fanno parte dell' "area Schengen" (l'insieme dei territori su cui il trattato stesso è applicato) sono il
Regno Unito e l'Irlanda. Gli stati terzi che vi partecipano sono Islanda, Norvegia e la Svizzera. Gli
accordi vennero firmati nel giugno 1985 proprio a Schengen (da qui ne deriva il nome), cittadina del
Lussemburgo, inizialmente da solo 5 Stati membri della allora CEE: Belgio, Francia, Lussemburgo,
Germania e Paesi Bassi. Successivamente vi aderirono altri stati dell'Unione: Italia, Portogallo,
Spagna, Grecia e Austria. Dopo il primo accordo tra i 5 paesi fondatori, è stata elaborata una
convenzione, firmata nel giugno del 1990 ed entrata in vigore nel 1995.
Gli obiettivi del trattato di Schengen sono:
- l’abolizione dei controlli sistematici delle persone alle frontiere interne dello Spazio
Schengen;
- il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne dello Spazio,
- la collaborazione delle forze di polizia e la loro possibilità di intervenire, in alcuni casi, anche
oltre i propri confini,
- il coordinamento degli Stati nella lotta alla criminalità organizzata di rilevanza
internazionale,
- l’integrazione delle banche dati delle forze di polizia (il SIS, Sistema di informazione
- Schengen)
Nel 1997 ebbe luogo il Trattato di Amsterdam, entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 1999, che
aveva gli obiettivi di:
- affrontare le sempre maggiori problematiche dell’Unione, quali i diritti del cittadino e
l’occupazione,
- eliminare gli ultimi ostacoli alla libera circolazione delle persone e aumentare la sicurezza
- consentire all’Europa di avere più voce in capitolo nelle politiche mondiali,
- migliorare il funzionamento degli organi europei e conferire maggiore efficacia alla struttura
istituzionale dell’Unione in vista del prossimo ampliamento.
Il Trattato di Nizza nel 2001 stabilì nuove norme per un funzionamento più regolare dei rapporti tra
Stati membri e istituzioni comunitarie; venne ribadito l’impegno a portare avanti il processo avviato
dal trattato di Amsterdam.
Un altro importantissimo passo verso la piena attuazione politica dell’Unione è la discussione su un
primo modello di Costituzione europea.
LE ISTITUZIONI COMUNITARIE
L’articolo 3 del trattato UE afferma che l’unione dispone di un quadro istituzionale unico, che
assicura la coerenza e la continuità delle azioni svolte per il perseguimento dei suoi obiettivi:
promuovere il progresso economico e sociale
affermare la propria identità sulla scena mondiale
rafforzare la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini, mediante l’istituzione di una cittadinanza
dell’Unione conservare e sviluppare l’Unione quale spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia
assicurata la libera circolazione delle persone. Le istituzioni fondamentali sono:
Il CONSIGLIO DEI MINISTRI è l’organo decisionale e riveste il ruolo più importante, in quanto gode
del potere legislativo che, per molte materie, esercita congiuntamente con il Parlamento europeo.Il
Consiglio ha però anche altre competenze:
il Consiglio adotta gli atti giuridici comunitari (regolamenti, direttive...) presentati dalla
Commissione europea, alla quale spetta il diritto di iniziativa; provvede al coordinamento delle
politiche economiche degli Stati membri; conclude gli accordi internazionali; adotta insieme al
Parlamento, il bilancio della Comunità.
Il Consiglio dei Ministri ha sede a Bruxelles; è costituito da un rappresentante di ciascuno dagli Stati
membri, generalmente un Ministro in carica. La composizione di ciascuna sessione o riunione del
Consiglio varia a seconda degli argomenti trattati (sarà costituita dal Ministro di competenza della
materia in esame). Il Consiglio è presieduto a turno da ciascuno Stato membro, cambiando ogni sei
mesi la presidenza (gennaio-giugno, luglio-dicembre); il Consiglio è inoltre assistito da un Segretario
generale che ha funzione di alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. Le
deliberazioni o decisioni del Consiglio sono valide se approvate a maggioranza dei membri che lo
compongono. Qualora, però, una particolare decisione richiede la maggioranza qualificata, ai voti
dei membri viene attribuita una ponderazione, cioè un valore relativo all’importanza politica e
demografica dello Stato in ambito comunitario. Solo per alcune questioni particolarmente
importanti è necessaria l’unanimità dei voti. I lavori e le decisioni sono preparati dal Comitato dei
Rappresentanti permanenti degli stati membri, che si occupa di eseguire quanto affidatogli dal
Consiglio dei Ministri.
Il CONSIGLIO EUROPEO riunisce periodicamente (almeno 2 volte all’anno) i capi di Stato o di
Governo della Comunità, assistiti dai rispettivi ministri degli esteri, e dal presidente della
Commissione; la presidenza è a rotazione semestrale. Il trattato di Maastricht ha assegnato al
Consiglio un ruolo d’impulso delle più importanti iniziative politiche dell’Unione, nonché di arbitro
dei problemi non risolti dal Consiglio dei Ministri. Il Consiglio europeo è ospitato dallo Stato
membro che esercita la presidenza del Consiglio dei Ministri (solitamente a giugno e dicembre). Le
decisioni assunte nell’ambito di tale riunione rivestono una notevole importanza, in quanto capaci
di dare un forte impulso alla definizione degli orientamenti politici generali dell’Unione. Il Consiglio
europeo esercita un potere di indirizzo politico. E’ importante notare che il Consiglio europeo non è
un’istituzione comunitaria, bensì un organo intergovernativo, che decide all’unanimità.
Il PARLAMENTO EUROPEO è l’organo di espressione democratica e di controllo politico della
Comunità. Dal 1979 il Parlamento viene eletto, ogni 5 anni, a suffragio universale diretto dei
cittadini europei. Il numero di eurodeputati di ciascuno stato è stabilito dal trattato; i membri si
ripartono in gruppi politici (che riuniscono tutti i principali partiti politici degli Stati membri)
composti da un minimo di 20 deputati; essi lavorano suddivisi in 20 commissioni; il Parlamento
europeo ha un proprio regolamento e solitamente delibera a maggioranza dei voti espressi. Le
sessioni plenarie del Parlamento europeo si svolgono generalmente a Strasburgo (in Francia),
mentre i gruppi politici e le commissioni parlamentari, che preparano i lavori delle sedute plenarie,
si riuniscono a Bruxelles. Lussemburgo ospita segretariato ed uffici.
Come ogni parlamento, anche quello europeo, è dotato di tre poteri fondamentali:
- legislativo
- di bilancio
- di controllo
Inoltre, può anche approvare i trattati di adesione di nuovi stati, gli accordi internazionali che
comportano spese, le sanzioni contro uno stato membro che violi i principi fondamentali
dell’Unione. La funzione legislativa è esercitata congiuntamente con il Consiglio, che partecipa
all’elaborazione delle direttive e dei regolamenti comunitari e si pronuncia sulle proposte della
Commissione europea (monopolio dell’iniziativa). Ciò che decide il tipo di procedimento è l’ambito
materiale dell’atto; i tre procedimenti fondamentali sono:
Codecisione: viene applicata in numerose importanti materie. La proposta è presentata dalla
Commissione e poi concorrono al testo il Parlamento europeo congiuntamente con il Consiglio,
eventualmente anche facendo ricorso ad un apposito comitato di conciliazione; se il comitato
raggiunge l’accordo su un testo entro sei settimane, questo va al Consiglio e al Parlamento europeo
per l’approvazione finale; se non raggiunge l’accordo il testo si intende respinto;
Cooperazione, è limitata a pochi ambiti (politica economica o monetaria). In questo caso gli organi
principali del procedimento sono Consiglio e Commissione; il Parlamento vi concorre assumendo
posizioni che possono essere superata dal voto del Consiglio.
Consultazione, nell’ambito della quale il Parlamento europeo può soltanto esprimere un parere
obbligatorio ma non vincolante nei riguardi di una proposta legislativa presentata dalla
Commissione, in quanto la decisione di approvare o meno il testo spetta solo al Consiglio.
Nel caso di questioni particolarmente importanti, come l’adesione di un nuovo stato membro, viene
utilizzato un ulteriore metodo, la procedura del parere conforme, in base al quale il Parlamento può
solo approvare o respingere il testo legislativo, senza la possibilità di apporvi emendamenti. Il
Parlamento può inoltre spingere e sollecitare l’iniziativa della Commissione su determinate
questioni, mentre nei confronti del Consiglio, può soltanto formulare proposte, mediante
risoluzioni non vincolanti. La funzione di bilancio di cui è titolare il Parlamento europeo consiste nel
potere, condiviso ancora una volta con il Consiglio, di adottare o respingere il bilancio della
Comunità. La proposta di bilancio annuale viene preparata dalla Commissione, che la invia poi sia al
Parlamento che al Consiglio.
La COMMISSIONE EUROPEA è l’organo esecutivo, che ha sostituito nel 1967 l’Alta autorità della
CECA e le Commissioni CEE ed Euratom. Ne fanno parte 27 membri (uno per ciascuno Stato; ogni
membro nominato dal singolo Stato deve essere accettato dal Parlamento europeo). I commissari
europei esercitano le loro funzioni in piena indipendenza nell’interesse generale della Comunità. La
Commissione è responsabile politicamente nei confronti del Parlamento europeo. Può assistere a
tutte le sedute del Parlamento ed è obbligata, qualora le venga richiesto, a chiarire o giustificare
dinanzi al Parlamento le sue politiche nonché a rispondere alle interrogazioni, scritte o orali, che le
vengono rivolte dagli eurodeputati. Alla fine di ogni anno la Commissione deve poi presentare al
Parlamento una relazione sull’attività svolta, specificando gli obiettivi raggiunti ed i mezzi utilizzati.
Ha sede a Bruxelles, ma dispone di uffici in tutti i paesi dell’Unione e in molte capitali del mondo.
Dura in carica 5 anni, salvo approvazione di una mozione di sfiducia (censura) da parte del
Parlamento. Il presidente viene designato dai governi e tale designazione deve essere approvata dal
Parlamento. Poteri e funzioni fondamentali sono: proporre atti legislativi (direttive e regolamenti) al
parlamento e al Consiglio (potere di iniziativa legislativa); dirigere ed eseguire le strategie ed il
bilancio dell’Unione ; vigilare, con la Corte di giustizia, sulla corretta applicazione del diritto
comunitario ; formulare raccomandazioni o pareri; rappresentare l’Unione a livello internazionale.
Nei confronti degli Stati che infrangono il diritto comunitario, la Commissione invita lo Stato in
questione a presentare delle osservazioni in merito al suo comportamento.
La CORTE DI GIUSTIZIA esercita il potere giurisdizionale e assicura il rispetto del diritto
nell’interpretazione e nell’applicazione del trattato e degli atti normativi comunitari (qualsiasi atto o
norma in contrasto con le norme europee viene quindi indirizzato alla Corte di giustizia).
E’ composta da 27 giudici nominati per 6 anni dai governi degli Stati membri e coadiuvata da 8
avvocati generali. La corte ha un proprio statuto e un proprio regolamento.
Le competenze della Corte riguardano:
- l’interpretazione del diritto comunitario,
- la risoluzione dei conflitti tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie,
- il controllo della legittimità degli atti di tali istituzioni,
- il controllo del rispetto del diritto comunitario da parte degli Stati membri e dei privati
cittadini europei.
A tale proposito ciascuno Stato membro può presentare ricorso alla Corte di Giustizia, quando
reputi che un altro Stato della comunità è venuto meno a qualche obbligo impostogli dal trattato
TCE.
Accanto alla Corte di giustizia opera il Tribunale di primo grado, competente a per le controversie
tra la Comunità e i propri funzionari, nonché per la maggior parte delle azioni intraprese da persone
fisiche o giuridiche contro atti comunitari. E’ composto da almeno un giudice per ciascuno Stato
membro.
Altri organi:
La CORTE DEI CONTI si occupa del controllo contabile sui bilanci: verifica la legalità e la regolarità
delle entrate e delle uscite economiche della Comunità, nonché della sua corretta gestione
finanziaria. La Corte dei conti dunque esamina i conti di tutte le entrate e le spese non solo della
Comunità, ma anche di ogni organismo creato dalla Comunità. Nella vita e nell’attività economica
intervengono, direttamente o indirettamente, molti altri organi, tra i quali di particolare importanza
sono gli organi finanziari e gli organi consultivi. Tra gli altri, fa parte degli organi finanziari la Banca
centrale europea. La Banca centrale europea (BCE), con sede a Francoforte, è stata istituita nel
1998 per introdurre e gestire la nuova moneta, l’€uro, che, dal 1° gennaio 2002, circola in tutti i
Paesi membri dell’Unione. E’ altresì responsabile della politica economica e monetaria dell’Unione.
La BCE opera nell’ambito del Sistema europeo delle banche centrali (SEBC) che comprende,
appunto, le banche centrali dei 15 Stati membri dell’Unione. Suo obiettivo primario è il
mantenimento della stabilità dei prezzi nell’area dell’euro, al fine di proteggere il potere d’acquisto
della giovane moneta. Fanno invece parte degli organi consultivi il Comitato economico e sociale,
composto di rappresentanti delle categorie economiche e produttive e il Comitato delle regioni,
composto di rappresentanti di enti regionali e locali, al fine di garantire che tali realtà locali abbiano
la giusta importanze nel processo decisionale in ambito europeo ma soprattutto che vengano
rispettate le identità e le caratteristiche territoriali locali; deve cioè essere consultato nei casi
previsti dal trattato o quando il Consiglio, il Parlamento o la Commissione lo ritengano necessario.
Altro organo importante è il Mediatore europeo (nominato dal Parlamento), che opera come
difensore: tutela i cittadini che si sentono lesi nei propri diritti, sia dalla legge del proprio Stato, sia
dalle norme europee.
LA FUNZIONE LEGISLATIVA
La funzione legislativa è esercitata collettivamente (NB: per l’approvazione della legge occorre
l’approvazione di entrambe le camere; questa è la conseguenza del BICAMERALISMO PERFETTO)
dalle due Camere (art. 70 Cost.).L’iter di formazione di una legge si articola in varie fasi:
FASE INIZIALE: iniziativa legislativa e presentazione del progetto di legge ad una delle due Camere;
FASE ISTRUTTORIA : esame del progetto di legge da parte delle Commissioni permanenti;
FASE DELIBERATIVA: deliberazione e approvazione del progetto di legge da parte delle Camere
(procedimento ordinario) o delle stesse Commissioni in sede deliberante;
FASE DELLA PROMULGAZIONE: promulgazione della legge da parte del Presidente della Repubblica,
pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale e sua entrata in vigore.
Iniziativa legislativa
Consiste nella presentazione ad una delle Camere di un progetto di legge accompagnato da una
relazione esplicativa e composta di solito da vari titoli, sezioni, articoli, commi. La Cost. all’art. 71,
precisa che l’iniziativa legislativa spetta al Governo, a ciascun membro delle Camere. Anche il
popolo è titolare del potere di iniziativa legislativa, tramite petizione, ossia la proposta da parte di
almeno 50.000 elettori di un progetto redatto in articoli. L’iniziativa spetta anche ai Consigli
regionali e al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL). Relativamente ai disegni di
legge, la Cost. sancisce che quelli presentati alla Camera o al Senato non possono essere
direttamente discussi dall’Assemblea, bensì devono essere assegnati dal Presidente della Camera
alla Commissione permanente competente in materia
Esame e approvazione
L’esame di un progetto di legge dà avvio al procedimento ordinario che si articola in due fasi: -
esame da parte della commissione competente per materia, il cui compito è quello di svolgere
un’istruttoria e una valutazione preliminare, ma soprattutto di preparare il testo da sottoporre alla
discussione in Assemblea;
-discussione e deliberazione o approvazione da parte dell’Assemblea.
Compito della commissione, nel procedimento ordinario, è quello di riferire alle Camere sul
progetto di legge esaminato (sede referente). Durante l’esame la Commissione può acquisire i parei
di altre commissioni che si riuniscono in sede consultiva per formulare osservazioni e avanzare
suggerimenti e proposte in merito alle parti del progetto di propria competenza. Una volta
completato l’esame del progetto il presidente della Commissione espone, presentando una o più
relazioni all’Assemblea, le linee generali e gli obiettivi del testo e se ritiene che debba, o meno,
essere approvato. Tale esposizione provoca la discussione in aula che parte, ovviamente, dalla
relazione ascoltata; in seguito interviene un rappresentante del governo e i deputati che
desiderano intervenire in merito esprimendo anche la posizione dei gruppi parlamentari. Dopo la
discussione si passa all’esame dei singoli articoli del progetto e alla votazione articolo per articolo:
in questa fase possono anche essere presentati degli emendamenti.
Superate le prime fasi e soprattutto quelle della votazione dei singoli articoli si passa alla votazione
dell’intero progetto di legge completo degli emendamenti e di tutti gli interventi oggetto di
discussione in aula, progetto che deve essere approvato dalla maggioranza dei presenti in
assemblea, normalmente a scrutinio palese. Il progetto di legge viene poi approvato dall’assemblea.
Il progetto approvato in una camera deve in seguito passare all’altra camera. Questa gode degli
stessi poteri della prima camera e può, oltre che decidere di utilizzare un iter di approvazione
diverso dalla prima, apportare nuove modifiche e emendamenti al testo: in questo caso il testo
emendato dalla seconda camera deve tornare alla prima e così via, creando una sorta di effetto
“ping-pong”. E’ questo il cosiddetto fenomeno della navetta. Per ovviare a tale problema, i
regolamenti di entrambe le camere hanno stabilito che quello dei due rami del Parlamento cui
ritorna il progetto emendato, deve limitarsi a deliberare solo sulle eventuali modificazioni apportate
all’altro ramo. L’art. 72 Cost. sancisce che qualora si ritenga che un progetto di legge rivesta
carattere d’urgenza si può procedere in parlamento mediante il cosiddetto procedimento
abbreviato.
L’urgenza di un determinato disegno di legge viene dichiarato a seguito di una votazione
preliminare. La procedura di approvazione è sostanzialmente uguale a quella del procedimento
ordinario, ma i tempi sono ridotti alla metà. Una procedura più rapida e meno articolata del
procedimento ordinario è quella che prevede l’assegnazione del progetto di legge da parte del
Presidente della Camera alla quale viene presentato, alla Commissione competente in sede
deliberativa (cosiddetto sede deliberante o legislativa). In questo caso la Commissione oltre ad
esaminare il progetto e a riferirne all’Assemblea, gestisce l’intero procedimento legislativo (esame,
emendamenti, votazione, approvazione o rigetto del progetto). La Cost. però, sancisce che fino al
momento dell’approvazione definitiva il disegno di legge può essere rimesso alla Camera se il
governo o 1/10 dei componenti della Camera, o ancora 1/5 dei membri della Commissione
richiedano che sia discusso o votato dalla Camera stessa. Sempre l’art. 72 Cost. stabilisce
l’obbligatorietà del procedimento ordinario per i disegni di legge in materia costituzionale ed
elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali,
di approvazione di bilancio consuntivi. Esiste, infine, un altro procedimento legislativo previsto e
introdotto dai regolamenti parlamentari che, in sostanza, è una via di mezzo tra quello ordinario e
quello deliberativo. Si tratta del procedimento in sede redigente: le Commissioni competenti in
materia esaminano, come da routine, il progetto di legge, discutono gli emendamenti e procedono
alla votazione dei singoli articoli. Una volta approvato il progetto di legge dalla Commissione in sede
redigente il testo passa all’assemblea nell’ambito della quale si svolge la votazione finale e definitiva
del progetto, senza dunque l’esame e il voto sui singoli articoli.
Promulgazione e pubblicazione
Una volta approvata da entrambe le camera la legge viene trasmessa al Presidente della Repubblica
cui spetta, per Cost. il compito di promulgarla. La promulgazione è l’atto con il quale il Presidente
della Repubblica attesta che un determinato testo è stato approvato come legge del Parlamento e
ne ordina la pubblicazione e l’osservanza da parte di tutti. La promulgazione deve avvenire entro 1
mese dall’approvazione, ma se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti,
ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito. Le leggi sono
pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrato in vigore il 15esimo giorno successivo alla loro
pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso. Trascorso questo tempo,
detto vacatio legis, la legge diventa obbligatoria per tutti. La pubblicazione della legge avviene ad
opera del Ministro della Giustizia e consiste nell’inserimento della legge nella Raccolta ufficiale degli
atti normativi della Repubblica Italiana e nella promulgazione della stessa nella Gazzetta Ufficiale. E’
importante richiamare il fatto che le Camere prevedono procedimenti speciali per:
- esame dei disegni di legge di conversione di decreti legge
- esame dei progetti di legge costituzionale
- esame della legge di bilancio e della legge finanziaria, al quale è dedicata un’apposita
sessione
- esame della legge comunitaria
La sessione di bilancio è un periodo che dura circa un mese e mezzo in ciascuna camera, in cui tutti
lavori parlamentari sono finalizzati alla discussione e votazione della legge finanziaria e del bilancio
di previsione in modo che siano approvati entro il 31 dicembre di ogni anno. Il governo entro il 30
settembre presenta il disegno di legge di bilancio, che non può prevedere nuove spese o nuove
entrate - art. 81 Cost. e il disegno di legge finanziaria. Essi sono preceduti dalla presentazione entro
il 30 giugno del documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef) come primo atto del
ciclo annuale di bilancio; invece i disegni di legge collegati alla manovra finanziaria sono presentati
dal governo entro il 15 novembre. La legge comunitaria è lo strumento con cui viene assicurato il
periodico adeguamento dell’ordinamento interno all’ordinamento comunitario. Entro il 31 gennaio
di ogni anno il governo presenta alle Camere il disegno di legge comunitaria.
Procedimento di formazione delle leggi costituzionali
L’ultimo titolo della Cost. (Titolo VI) disciplina il procedimento di formazione delle leggi
costituzionali e di revisione costituzionale. Le leggi costituzionali sono atti normativi con i quali
viene integrato il testo costituzionale, mentre le leggi di revisione cost. sono quegli atti normativi
con i quali si modificano o si abrogano determinate norme della Cost.
La potestà di modifica del testo costituzionale è attribuita al Parlamento dalla Cost. all’art. 138: “Le
leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera
con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di 3 mesi, e sono approvate a
maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse
sono sottoposte a referendum popolare quando, entro 3 mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano
domanda 1/5 dei membri di una Camera o 500.000 elettori o 5 Consigli regionali. La legge
sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si da luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna
delle Camere a maggioranza assoluto di 2/3 dei suoi componenti.”
Altre funzioni del Parlamento
Oltre alla funzione legislativa al Parlamento sono attribuite altre importanti funzioni:
1)La funzione di indirizzo politico e di controllo sull’attività del Governo che scaturisce dalla
responsabilità politica dell’organo esecutivo nei confronti dell’organo legislativo prevista dalla
nostra Cost. e viene esplicata in occasione del dibattito e della votazione sulla fiducia al Governo (in
base programma presentato) che, ai sensi dell’art. 92, deve presentarsi alle Camere entro 10 giorni
dalla sua formazione. La fiducia può essere sottoposta a verifica in qualsiasi momento su iniziativa
del Parlamento o del Governo. La verifica da parte del Parlamento avviene attraverso la
presentazione alla Camera o al Senato di una mozione di sfiducia da parte di 1/10 dei componenti.
In altri termini, si tratta di una richiesta formulata da un gruppo di parlamentari al fine di provocare
una discussione e una conseguente votazione su temi attinenti l’attività dell’Esecutivo o di un
singolo ministro. La verifica della fiducia da parte del Governo, invece, consiste nella possibilità
attribuita al Governo dalla Cost. di porre la questione di fiducia su una specifica proposta.
Il Parlamento dispone anche di altri strumenti per definire ed intervenire sugli indirizzi del
programma politico portato avanti dal Governo, che sono:
la mozione, con cui il Parlamento propone un dibattito e una conseguente deliberazione in
Assemblea, contente una specifica direttiva indirizzata al Governo che, qualora fosse contrario, può
porre la questione di fiducia. Può essere presentata dal presidente di un gruppo parlamentare, da
10 deputati o da 8 senatori; la risoluzione, che presenta le medesime finalità della mozione (cambia
le circostanze in cui è presentata), può essere presentata come atto finale di indirizzo a conclusione
del dibattito su uno specifico argomento presentato dal Governo (cd. Comunicazione del Governo)
gli ordini del giorno, che possono essere presentati nel corso dell’esame di progetti di legge o di una
mozione, e consistono in istruzioni al Governo per l’attuazione delle leggi.
Il parlamento si occupa anche dell’esame, della discussione e dell’approvazione del bilancio. Le
camere dispongono di molti strumenti per esercitare funzioni di controllo e informazione. Le più
importanti sono le interrogazioni e le interpellanze che sono rivolte al governo e sono diverse in
contenuto e effetti: interrogazioni, vere e proprie domande rivolte al Governo da parte di uno o più
parlamentari, per acquisire elementi utili su determinati fatti o argomenti di rilevanza nazionale e
soprattutto per conoscere le intenzioni del Governo in merito. Il Governo interrogato può
rispondere oralmente o per iscritto. Inoltre è prevista la risposta immediata ad alcune
interrogazioni. Interpellanze, domande scritte presentate da parte di singoli parlamentari per
conoscere le motivazioni del comportamento del Governo in merito a specifiche questioni.
Ciascuna Camera può disporre di inchieste su materie di pubblico interesse, ai sensi dell’art. 82
Cost. A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione d’inchiesta formata in modo da
rispecchiare la proporzione dei vari gruppi politici.
2)L’art. 90 attribuisce al Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei suoi membri
anche una funzione giudiziaria, il potere cioè di mettere in stato di accusa il Presidente della
Repubblica per attentato alla Costituzione ed alto tradimento. Il giudizio e, però, svolto dalla Corte
costituzionale.
Regioni: la Costituzione aveva previsto una commissione parlamentare per le questioni regionali
che fosse sentita in caso di scioglimento di un consiglio regionale; i regolamenti parlamentari hanno
poi aggiunto altri compiti consultivi e possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle
regioni e degli enti locali ai lavori della commissione, che riceve così una potestà consultiva
rinforzata sui progetti di legge riguardanti le materie regionali.
Unione Europea: La produzione normativa degli organi comunitari ha l’effetto sia di sottrarre ambiti
di competenza normativa agli organi interni, innanzi tutto al Parlamento, sia di far discendere
obblighi di adeguamento della normativa interna alle direttive comunitarie.
Organi ausiliari e autorità indipendenti: Le camere si avvalgono di parere, studi e indagini del CNEL.
La Corte dei conti riferisce direttamente alle Camere sui riscontri che esegue e può essere invitata a
fornire elementi informativi alle commissioni parlamentari; essa inoltre presenta relazioni annuali
sulla gestione di tutti gli enti sovvenzionati dallo Stato.
Il PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI: Organo necessario e monocratico (art. 95), che dirige
la politica generale del Governo, assumendone la responsabilità e ha il compito di mantenere
l’unità di indirizzo politico ed amministrativo.
In particolare:
- promuove e coordina l’attività dei ministri ;
- ha una posizione di supremazia, in quanto decide la composizione del Governo e propone la
lista dei nomi al presidente della Repubblica;
- è l’unico a poter proporre la questione di fiducia al consiglio; rappresenta il governo nei
rapporti con gli altri organi costituzionali ;
- controfirma qualsiasi atto deliberato dal Consiglio e presenta alle Camere i disegni di legge
di iniziativa governativa;
- ha il potere di porre il segreto di stato; ha l’alta direzione e la responsabilità politica dei
servizi di sicurezza;
- promuove e coordina l’azione del governo in materia di rapporti con il sistema delle
autonomie (regioni, enti locali) ;
- promuove e coordina l’azione del governo relativa alla partecipazione dell’Italia all’UE ed è
responsabile dell’attuazione degli impegni assunti in quella sede.
RAPPORTO DI FIDUCIA
Il governo resta in carica fino a quando gode della fiducia delle due Camere. Essa può essere
verificata nel corso della vita del Governo e può essere revocata. I mezzi di verifica suono due:
La mozione di sfiducia consiste in un documento, firmato da almeno un decimo dei componenti di
una camera, nel quale si espongono i motivi per i quali il governo è venuto a perdere il consenso
politico. La questione di fiducia è uno strumento a disposizione del governo. Il Presidente del
Consiglio può dichiarare che l’approvazione di un provvedimento (per esempio un disegno di legge)
sono essenziali per la realizzazione del programma.
Pone allora la “questione di fiducia” su quel provvedimento: con ciò il Governo afferma che la
bocciatura equivale al ritiro della fiducia, con le conseguenti dimissioni del governo stesso. Il
Governo cessa le sue funzioni nel momento in cui si apre la crisi di governo, conseguenza delle
dimissioni di questo e, in particolare, del presidente del Consiglio dei ministri. E’ prassi che il
presidente convochi il Consiglio per annunciare la sua volontà di dimissione.
La crisi di governo può essere:
Parlamentare: vi è una mozione di sfiducia proposta dalle Camere, in conseguenza della quale il
Governo è obbligato a dimettersi. Inoltre è il governo stesso che può porre la questione di fiducia in
occasione di una qualsiasi deliberazione parlamentare, il voto contrario equivale in questo caso ad
approvazione di una mozione di sfiducia: e dunque determina l’obbligo di dimissioni.
Extraparlamentare: non dipende dal rapporto di fiducia ma solitamente viene meno un partito della
maggioranza governante. La consuetudine prevede che il Presidente del Consiglio presenta le
dimissioni al Presidente della Repubblica, che solitamente accetta con riserva, in quanto può
decidere di invitare il Governo a presentarsi nuovamente al Parlamento in seduta comune, per
valutare se esiste ancora una maggioranza che lo sostenga. In caso positivo al Presidente del
Consiglio viene nuovamente attribuito l’incarico di formare il governo, con la creazione di un
programma politico e l’attribuzione dei Ministeri ai Ministri (spesso diversi dai precedenti → si
attua un cambio della partecipazione al governo, in quanto nuovi partiti entrano e vecchi partiti
escono, con conseguente entrata e uscita dei loro rappresentanti). Viene sciolta la riserva e
presentata la lista dei Ministri, nominati dal Presidente della Repubblica, di fronte al quale poi il
Presidente del Consiglio presta nuovamente giuramento. Ne consegue poi la presentazione del
programma politico alle Camere. Nel caso contrario, invece, il Presidente della Repubblica inizia le
consultazioni. Qualora fosse impossibile procedere alla formazione di un nuovo Governo (es.
continua mancanza di maggioranze parlamentari) → elezioni anticipate politiche. Il governo dal
momento in cui entra in crisi, norme di correttezza costituzionale impongono che si attenga alla
ordinaria amministrazione, ovvero agli affari correnti.
Il regolamento della Camera e la prassi anche del Senato ammettono la mozione di sfiducia
individuale contro un singolo ministro.
MINISTRI
Componenti del Consiglio dei ministri, ciascuno dei quali è posto a dirigere e gestire uno specifico
appartato amministrativo, il Ministero. I Ministri nello svolgimento delle proprie funzioni sono
coadiuvati da Sottosegretari di Stato, organo non previsto dalla Cost. titolare delle sole funzioni
affidategli dal Ministro.
Segretario generale: responsabile del funzionamento del Segretariato generale e della gestione
delle risorse umane e strumentali della Presidenza. I ministri costituiscono il vertice delle
amministrazioni cui sono preposti e degli atti di queste sono responsabili. L’attuale numero dei
ministeri è 21. All’atto della formazione del governo possono essere nominati in numero non
limitato ministri i quali non siano a capo di alcun ministero, ma esercitino funzioni a loro delegate
dal presidente del Consiglio che ne resta il titolare, ministri senza portafoglio.
Organi eventuali
La l. 400/1988 prevede una serie di organi costituzionalmente non necessari che integrano la
composizione dell’organo complesso governo.Si tratta di:
Ministri senza portafoglio: possono essere proposti dal Presidente del Consiglio al Consiglio, che li
nomina. Non sono a capo di un ministero, ma siedono a pieno diritto nell’ambito del consiglio dei
ministri.
Vicepresidenti del Consiglio: il Presidente può proporre al Consiglio uno o più vicepresidenti che
possono a lui supplire in caso di sua assenza (fondamentalmente, però, coadiuvano il Presidente).
Sottosegretari di stato: collaborano strettamente con un ministro o col Presidente del Consiglio e,
su delega, esercitano determinate funzioni che a lui appartengono; sono nominati con D.P.R.
(proposti dal Presedente del Consiglio); operano negli uffici del Consiglio, ma non fanno parte del
governo. Tra i sottosegretari di stato vengono nominati i:
Viceministri: il Presidente del Consiglio li propone e il Consiglio può individuarli tra non più di 10
sottosegretari; a loro sono attribuite deleghe nel settore di relativa competenza; possono riferire su
questioni di particolare importanza ma senza il diritto di voto.
Comitati dei ministri: il Presidente della Repubblica può disporre con decreto l’elezione di ministri
per esaminare questioni di loro competenza, per esprimere pareri sulle direttive dell’attività di
governo, oppure per partecipare nel caso di decisioni di particolare importanza.
Tra questi vi è :
Consiglio di Gabinetto: (prassi istaurata in Italia dal 1983). E’ un organo di supporto politico del
presidente. Il presidente può nominarlo con alcuni ministri che lo assistano nello svolgimento delle
sue funzioni, nella politica generale del governo; possono assistere a tale consiglio anche ministri
non appartenenti ma competenti nella materia in discussione.
Comitati interministeriali: istituiti per legge, sono ministri competenti per materia; hanno funzioni
di indirizzo (il più importante è il CIPE; il numero di tali comitati è diminuito negli ultimi anni).
Commissari straordinari del Governo: art. 11 legge 400/88. Sono organi amministrativi temporanei
nominati con D.P.R. su proposta del Presidente del Consiglio per realizzare specifici obiettivi o per
tamponare esigenze di coordinamento nelle amministrazioni statali (anche negli enti locali).
LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI: Insieme di strutture, uffici ed enti dipendenti dal governo, con il
fine di tutelare l’interesse pubblico distribuendo beni e servizi. In ogni ordinamento moderno sono
previste strutture formate da pubblici impiegati con specifiche competenze professionali, il cui
compito è quello di:
- Coadiuvare le istituzioni politiche, statali, regionali o locali, nell’azione di governo;
- Curare specifici interessi pubblici;
- Produrre beni o servizi a favore delle collettività amministrate.
In tutti e tre i casi tali strutture svolgono attività amministrativa. L’ attività amministrativa si
distingue dall’attività normativa in questo: la prima consiste nel provvedere con atti specifici alla
cura di determinati interessi pubblici, mentre la seconda, consiste nel prevedere casi e situazioni cui
applicare norme generali e astratte. Mentre l’atto amministrativo si esaurisce di norma nel
momento della sua esecuzione, l’atto normativo è invece suscettibile di una indefinita applicabilità
e ripetibilità. Nell’esercizio di tali attività le pubbliche amministrazioni operano come autorità
amministrative oppure come soggetti erogatori di servizi pubblici. Agiscono come autorità, per
esempio, allorché il comune espropria un’aria edificabile, mentre agiscono come soggetto
erogatore di servizi allorché il comune organizza un asilo nido. Nel primo caso le P.A operano in
posizione di supremazia, utilizzando gli strumenti proprio del diritto amministrativo, vale a dire un
insieme di regole speciali volte a garantire immediatamente il perseguimento di un pubblico
interesse. Nel secondo caso le P.A tendono sempre più a operare attraverso gli strumenti
contrattuali propri del diritto comune, ponendosi cioè sullo stesso piano dei soggetti con cui
vengono in rapporto. Spetta alla legge stabilire quale regime deve essere seguito, se quello proprio
del diritto provato o quello amministrativo, ma la legge può anche lasciare all’autorità
amministrativa tale scelta ( in ciò consiste la discrezionalità amministrativa ).
Le P.A sono organizzate e agiscono secondo i seguenti principi costituzionali:
Autonomia, l’amministrazione è affidata agli enti regionali e locali, rappresentativi delle comunità
territoriali, tendenzialmente più vicini agli interessi da soddisfare, secondo il principio di
sussidiarietà (art. 118 cost.)
Decentramento, le funzioni amministrative svolte da organi dello Stato devono essere decentrate
nel territorio nazionale, o a livello burocratico (attraverso funzionari dipendenti dagli apparati
centrali ma collocati in sedi locali) o a livello istituzionale (attraverso enti autonomi)
Riserva di legge, per quanto riguarda l’organizzazione delle p.a. Secondo l’art. 97 Cost. “i pubblici
uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge”. Si tratta di una riserva relativa, non assoluta:
la legge non è tenuta a disegnare l’intera organizzazione delle p.a. ma solo a fissare i criteri generali
alla base dei quali le p.a. possono svolgere esse stesse la necessaria attività organizzativa.
Legalità, corrispondenza dell’attività amministrativa alle disposizioni di legge
Buon andamento, svolgimento dell’attività nei modi più opportuni per assicurarne l’efficacia,
l’efficienza e l’economicità.
Imparzialità, richiede la ponderazione e composizione degli interessi pubblici da soddisfare con gli
interessi privati da sacrificare, il divieto di operare discriminazioni prive di ragionevole
giustificazione, l’apartiticità degli apparati amministrativi.
Regime speciale dei beni, la proprietà può essere pubblica o privata. Anche la p.a. è titolare i
particolari beni denominati beni pubblici, che vanno a formare parte del complessivo patrimonio
delle amministrazioni statali, regionali e locali sottoposto a un regime speciale. Il c.c. distingue tra
demanio pubblico (es. spiagge, fiumi, porti), patrimonio indisponibile (es. foreste, miniere, cose di
interesse artistico) e patrimonio disponibile. I beni del demanio pubblico sono inalienabili e non
possono formare oggetto di diritti a favore di tersi; quelli appartenenti al patrimonio indisponibile
non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalla legge; il
patrimonio disponibile invece è sottoposto alle regole di diritto comune.
Accesso mediante concorso agli impieghi nelle p.a.
Trasparenza ;Ragionevolezza.
La funzione di produzione dei beni o servizi può essere svolta:
attraverso l’amministrazione diretta
attraverso l’istituzione di appositi enti o aziende pubbliche, l’amministrazione per enti
attraverso la regolazione di soggetti privati che operano sul mercato, l’amministrazione per regole.
Dal primo dopoguerra con l’estensione delle basi democratiche dello Stato e l’affermarsi del
welfare state, si sono fortemente accresciute le attività delle p.a. volte alla prestazione di servizi da
esse erogati direttamente o attraverso la creazione di appositi enti pubblici, controllati e finanziati
dallo Stato (servizi pubblici in senso soggettivo). Dagli anni ’90 in Italia si è affermata invece la
tendenza a ricorrere più frequentemente al mercato, predisponendo regole per la produzione di
beni o servizi da parte dei privati e la loro acquisizione a vantaggio della collettività, senza ricorrere
all’intervento diretto delle pubbliche amministrazioni (servizi pubblici in senso oggettivo). In questa
direzione spinge anche il principio di “sussidiarietà orizzontale” introdotto nel 2001 nell’art. 118.4
della Costituzione. In alcuni casi si sceglie una strada intermedia, affidando il servizio a società di
capitali cui concorrono le stesse p.a. (società miste). L’ordinamento del lavoro nelle p.a. è passato
dal regime speciale proprio del diritto amministrativo (pubblico impiego) a quello ordinario del
“diritto del lavoro” proprio dei lavoratori del settore privato. L’unità organizzativa
dell’amministrazione centrale è rappresentata dai ministeri cui è preposto un ministro: organo
individuale, capo di un dicastero e componente dell’organo collegiale governo, cerniera fra governo
e amministrazione. Ad essi spettano compiti di amministrazione diretta nonché compiti di indirizzo
e vigilanza nei confronti degli enti che operano nel settore stesso; l’art. 95 Cost. prevede una riserva
di legge assoluta per la determinazione del numero, delle attribuzione e dell’organizzazione dei
ministeri; essi sono: ministero degli affari esteri; ministero dell’interno (amministrazione civile e
sicurezza pubblica) ;ministero della giustizia ; ministero della difesa ; ministero dell’economia e
delle finanze; ministero dello sviluppo economico ; ministero delle politiche agricole, alimentari e
forestali; ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ; ministero delle
infrastrutture e dei trasporti ; ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali
ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ; ministero per i beni e le attività culturali.
All’interno del ministero sono previsti numerosi organi consultivi e di controllo. Importanza
particolare assumono due istituti direttamente definiti dalla Costituzione come organi ausiliari del
governo: il Consiglio di Stato e la Corte dei conti, i quali sono indipendenti di fronte al governo.
GARANZIE INDIVIDUALI
Come già accennato l'art.101 della costituzione stabilisce che i giudici non sono soggetti ad alcun
potere, ad alcun autorità che non sia la legge. L' art.107 stabilisce la garanzia di inamovibilità per cui
i magistrati sono inamovibili, ossia non possono essere sospesi dal servizio ne destinati ad altre sedi
se non a seguito di una decisione del consiglio superiore della magistratura – CSM, il quale ha il
potere di avviare un azione disciplinare il cui esito sarà causa di giudizio. Tale norma stabilisce una
garanzia per il magistrato di svolgere le proprie funzioni senza possibilità di impedimento, per
sospendere il servizio di un magistrato vi deve essere una volontà propria del soggetto, una
richiesta. A meno che, si fa eccezione alla norma, se il provvedimento è la conseguenza di una
responsabilità disciplinare contestata dal CSM; poiché il magistrato è venuto meno dei sui doveri. Si
potrebbero avere anche casi diversi, un esempio può essere il trasferimento per incompatibilità
ambientale: Situazione per cui il magistrato nel luogo di sua competenza non è più in grado di
esercitare serenamente la sua funzione, si mettono perciò in dubbio le sue facoltà.
I pubblici ministeri( magistrati) beneficiano delle stesse garanzie di un giudice, l 'art.107 stabilisce
poi la differenza tra le due figure che come visto precedentemente si distinguono fra loro soltanto
per diversità di funzioni:
Giudici: Magistrati che esercitano una funzione giudicante attraverso il processo ed emettono in
conclusione un atto tipico noto come Sentenze.
Pubblici ministeri: Magistrati che esercitano una funzione inquirente.
Perseguono l'accusa di una delle parti in causa per appurare responsabilità.
GERARCHIE NEL POTERE GIURISDIZIONALE
Non c'è una ripartizione gerarchica tra i magistrati i quali hanno tutti lo stesso livello.
Organi giurisdizionali monocratici: Giudice monocratico, composto da persona fisica. Il magistrato
ha un potere acefalo ma diffuso, cioè privo di vertice ma articolato in una pluralità di organi. Si può
individuare una gerarchia fondata tra gli atti, tutti i provvedimenti dei giudici in ultima istanza
verranno controllati dalla corte di cassazione, tale fatto potrebbe spingerci a pensare che la corte di
cassazione sia quindi una corte suprema con una posizione sovraordinata nell'ordinamento
giurisdizionale.
Organi giurisdizionali collegiali: Giudice collegiale, composto da più persone fisiche. Essi sono
simbolo di garanzia di un corretto esercizio delle funzioni, in quanto si presume che una pluralità di
giudici che interpretano la legge, siano simbolo di una minore possibilità di errore.
Si hanno perciò diversi gradi di giudici e di giudizio, al fine di limitare al minimo gli errori, per
garantire un corretto esercizio della giurisdizione.
Doppio grado di giudizio: Si forma una sorta di bicameralismo giurisdizionale. In tutti gli ambiti
giurisdizionali c'è un primo grado di giudizio definito da un primo giudice a cui rivolgersi, il giudice
d'ufficio, che deve ricostruire il fatto ed esporre un giudizio finale. In caso di esito negativo della
sentenza l'imputato può fare appello a un giudice di secondo grado, il giudice d'appello, questo può
rivedere la decisione presa dal giudice di primo grado per verificarla ed eventualmente correggerla
o migliorarla. I giudici di primo e secondo grado valutano i profili di fatto, cioè il merito.
Il terzo grado di giudizio spetta ad un organo giurisdizionale collegiale, la corte di cassazione la
quale svolge il compito di corte di legittimità. Essa a differenza dei primi due giudici non valuta i
profili di fatto, non è quindi suo compito entrare nel merito del caso ma valuta i profili di diritto,
ossia stima come i giudici hanno applicato le leggi.
Giudici Speciali
All'interno degli organi giudiziari ordinari si possono istituire sezioni specializzate con competenze
specifiche su determinati temi (minori,scuole,istruzione...) L' art.102 della costituzione prevede il
principio dell'unicità della giurisdizione per cui, la funzione giurisdizionale viene esercitata
esclusivamente da magistrati ordinari istituiti e disciplinati dalle norme sull'ordinamento
giurisdizionale. L'esistenza dei giudici speciali sono un eccezione al principio costituzionale, in
quanto si prevede l'impossibilità d'istituire giudici straordinari, tuttavia non sono giudicati
incostituzionali poiché esistono dapprima della costituzione che si limita a riconoscerli.
Giudice amministrativo: fanno parte della magistratura amministrativa, hanno perciò competenza
territoriale circoscritta per regione e si occupano delle controversie tra cittadini e pubblica
amministrazione.
Giudice contabile: fanno parte della magistratura contabile, hanno funzioni giurisdizionali,
amministrative e di controllo in materia fiscale.
Giudice militare: ha funzioni giurisdizionali riservate ai militari, i quali hanno organi di giustizia
specifici.
Il principio sopra elencato viene integrato con il Principio del giudice naturale, previsto
dall'art.25:"Nessuno può essere distolto dal suo giudice naturale precostituito per legge" Non è
perciò possibile scegliere di giudici ad hoc per gli imputati, il giudice di un eventuale controversia
viene individuato dalla legge in base ai requisiti e alle regole prestabilite, esso deve essere “terzo e
superpartes"
Vi sono dei casi in cui il giudice naturale può essere sostituito:
Ipotesi di astensione: Il giudice è coinvolto personalmente, si presenta un conflitto d'interesse con
una delle parti in causa, si potrebbe avere un giudizio condizionato. In tal caso, nonostante
assegnato dalla legge, il giudice non può più giudicare, dato che si manifesterebbe un'imparzialità
causata da una situazione di incompatibilità con la questione.
Ipotesi di ricusazione: Una delle parti in causa individua un motivo di imparzialità da parte del
giudice naturale (pregiudizi, conflitti,..)esso perciò chiede una ricusa del giudice in quanto si mette
in dubbio la capacità di giudicare in maniera obiettiva.
Ipotesi di legittimo sospetto: Sospetto che il giudice naturale possa giudicare in modo imparziale
eventuale controversia.
Un giudice per svolgere al meglio la propria funzione giudicante, deve essere adagiato in una
condizione di serenità, imparzialità e sicurezza.
Più nel dettaglio l'art.111 stabilisce il Principio del giusto processo, vi sono quattro condizioni
fondamentali regolate dalla legge:
Principio del contraddittorio: non si possono subire gli effetti di una sentenza senza aver avuto la
possibilità di un effettiva partecipazione alla formazione del provvedimento disciplinare. Sono
colpevole se le prove della mia colpevolezza sorgono dal contraddittorio tra imputato e accusa,
ossia durante il processo e non al di fuori di esso. Le prove a favore o contro l'imputato si devono
formare all'interno del processo, al seguito di esso può avvenire la condanna.
Esempio: Avviso di garanzia, è un istituto previsto dal codice di procedura penale è un avviso
formale che indica la fase delle indagini preliminari compiute dal pubblico ministero. Esse non
possono scaturire pena per l'indagato dato che, non si è ancora sotto processo; all'esito di esso il
soggetto può essere assolto o rinviato al giudizio.
Durata ragionevole di giustizia: il processo deve garantire tempi ragionevoli, una giustizia in tempi
dilatati è un'ingiustizia
Condizione di parità tra le parti
Giudice terzo e imparziale
CORTE COSTITUZIONALE
E' un organo tecnico di garanzia, privo di qualsiasi legittimazione del popolo, in grado di smentire la
volontà del parlamento con il fine di tutelare la costituzione e garantirne effettivamente la
sovranità e rigidità. Si crea a seguito del passaggio tra l'impostazione della rivoluzione francese, la
quale prevedeva la superiorità della legge come espressione della volontà generale dello stato,
all'ideale americano di una costituzione sovrana anche alla legge. L'idea di una costituzione al di
sopra del potere politico, in grado di prevalere sull'atto dell'organo rappresentativo della sovranità
popolare nasce quindi in America con il celebre caso giurisprudenziale "Madison contro Melbury".
La corte suprema degli stati uniti sancisce per la prima volta che una legge in contrasto con la
costituzione doveva essere annullata.
Nel nostro ordinamento
Insieme alle regioni è una delle due novità introdotte nella costituzione del 48 ma divenne
operativa solo nel 56, per 8 anni è esistito quindi un istituto previsto ma non operativo. Viene
collocata nel titolo VI della seconda parte della costituzione, intitolato Garanzie costituzionali,
quest'ultimo si divide in due sezioni:
La prima sezione prevede la disciplina della corte costituzionale;
La seconda riguarda la revisione della costituzione e le leggi costituzionali.
Come già visto la nostra costituzione si contrappone allo statuto Albertino per la sua rigidità,
precedentemente si aveva un ordinamento flessibile il quale poteva essere modificato con
qualunque legge ordinaria. Ad oggi la rigidità della nostra costituzione è legata alla sua sovranità, le
leggi costituzionali, nonostante siano delle fonti superiori che tendono a perdurare più a lungo nel
tempo, hanno bisogno anch'esse di adeguarsi ai mutamenti sociali. Perciò si è previsto un processo
specifico di revisione, in quanto esse hanno forza giuridica maggiore rispetto lo norme ordinarie.
Non basta definire in astratto il principio fondamentale di superiorità della costituzione rispetto la
legge ma vi è un'esigenza di controllo e concretezza. Interviene così la corte costituzionale con il
compito di garantire l'effettiva sovranità e rigidità della costituzione. Fa sostanzialmente da giudice
di legge, con il compito di valutare e sindacare la conformità della legge e degli atti aventi forza di
legge alla costituzione; se questi non sono conformi a costituzione la corte ha l'eventuale potere di
censurare le norme contrastanti, poiché incostituzionali.
Il sistema italiano è noto come sistema di sindacato accentrato di costituzionalità, in quanto
prevede che la valutazione di costituzionalità sia affidata ad un giudice ad hoc, si ha perciò un
controllo esclusivo
Garanzie di esercizio della funzione
Come evidenziato la corte svolge una funzione molto delicata che per essere correttamente
esercitata non deve subire nessun tipo d'influenza esterna. Vi è perciò un’esigenza di una serie di
garanzie affinché i suoi componenti, possano esercitare l'esercizio delle proprie funzioni in maniera
autonoma ed indipendente dagli altri poteri.
Interviene la costituzione con una serie di accorgimenti:
Stabilisce la sua composizione – Organo collegiale, simbolo di garanzia di un corretto esercizio della
funzione giurisdizionale, composto in totale da 15 membri.
La composizione avviene tramite un criterio bilanciato, nell'organo c'è la rappresentanza dei 3
poteri dello stato i quali si rispecchiano quindi nella sua volontà, nessuno prevale sull'altro nelle
decisioni e si equivalgono anche numericamente:
1/5 nominati, attraverso accordi tra i gruppi parlamentar, dal parlamento in seduta comune;
1/5 nominati in piena autonomia dal presidente della repubblica;
1/5 nominati dalle supreme magistrature (3 dalla corte di cassazione,1 dalla corte dei conti,1 dal
consiglio di stato)
Requisiti di Garanzia d'esercizio – Per diventare giudice della corte costituzionale servono dei
particolari requisiti di competenza tecnica, si devono individuare persone altamente competenti.
(Avvocato con almeno 20 anni di servizio; ex magistrato; professore in materie giuridiche)
Maggioranze particolari – Per essere eletti giudici costituzionali dal parlamento si deve avere un
largo consenso:2/3 (60%) dei membri nei primi 3 scrutini;2/3 dei membri dal quarto scrutinio in
avanti.
Durata del mandato – E' la carica pubblica più lunga che ci sia, restano in carica per 9 anni. Sono in
carica anche dopo la scadenza naturale degli organi che li hanno eletti, ciò simbolo che la corte
nell'esercizio della propria funzione non deve essere riconoscente a chi la ha nominata; non è
soggetta a condizionamenti.
I giudici della corte costituzionale non possono essere riconfermati e il ricambio di essi si può
definire un"ricambio soft".
Modalità di rinnovazione della corte – Non si rinnova in modo unitario ogni 9 anni ma prevede delle
sfasature nel tempo. Così come le nomine vengono fatte in momenti diversi ,anche il ricambio dei
giudici sarà soggetto a tempi diversi tra loro; si ha perciò un ricambio continuo a seconda delle
scadenze dei mandati. Tale procedura permette una garanzia di continuità della giurisdizione in
quanto si limitano i mutamenti giurisprudenziali sostituendo poco alla volta, facendo così in modo
che i nuovi entranti continuino ad interpretare in modo già stabilito dagli ex giudici.
La modalità d'interpretazione della costituzione quindi non viene stravolta da una frattura interna
ma rimane sostanzialmente la stessa.
ART.7 e 8 DELLA COSTITUZIONE vengono disciplinati i "Rapporti tra l'ordinamento Italiano e gli altri
ordinamenti"
I cittadini di uno stato sono accomunati non solo dalla nazione in cui vivono ma anche dalla fede
religiosa, difatti il primo ordinamento in rilievo oltre all'italiano è l'ordinamento cattolico; entrambi
hanno delle proprie regole da rispettare ai fini della pacifica convivenza. In risalto viene quindi il
rapporto tra l'ordinamento ecclesiastico e l'ordinamento dello stato italiano, il quale viene
disciplinato dall'art.7 della costituzione; mentre i rapporti con le altre confessioni religiose vengono
stabilite nell'art.8. Il sorgere dei problemi tra Stato e Chiesa è legato a delle questioni che sono di
comune interesse note come Res Miste, ossia aree di possibile oggetto di norme sia per lo stato che
per la chiesa (famiglia, profili come morte e aborto...). Nella disciplina di queste questioni quale dei
due ordinamenti deve prevalere!?
Si possono individuare in diversi momenti storici, cinque modelli di regolazione tra stato e chiesa.
Modello confessionalista: Stato è subordinato all'ordinamento religioso che ha il primato. Tale
modello individua il fondamento ulteriore del diritto nella religione, la quale diviene
automaticamente legge dello stato. (Stati teocratici: Nella nostra storia lo abbiamo avuto con lo
statuto Albertino: Art.1 "Religione cattolica è la religione dello Stato")
Modello giurisdizionalista: lo Stato è dominante e la religione si sottomette ad esso. Spetta allo
stato il compito di definire gli obiettivi e i valori da perseguire. (1870,Breccia di Porta Pia - ingresso
dello stato italiano a Roma, fine del potere della Chiesa con la Legge Guarentige :lo stato benevolo
concede e impone una serie di garanzie.
Modello del separatismo: Stato e chiesa come due rette parallele che non si incontrano mai. Si
hanno perciò ambiti separati, ognuno indipendente dall'altro con vita propria, ciò implica che il
potere religioso sia un fattore privato senza alcuna rilevanza pubblica. Camillo Benso conte di
Cavour, "libera Chiesa e libero Stato"
Modello concordatario: Stato e Chiesa posti su una condizione di parità, intesa tra i due
ordinamenti. C'è la consapevolezza che i due stati hanno delle materie di disciplina comune, si
arriva perciò a definire un accordo. – 1929-Con un trattato internazionale contenuto nei patti
lateranensi si pone fine alla questione Romana;ordinamento della chiesa viene riconosciuto come
ordine Statale e vi è l'istituzione dello Stato del Vaticano. Come detto il concordato tra Stato e
Chiesa viene fatto con un Trattato di diritto internazionale, cioè l'atto che si usa per regolare i
rapporti tra due stati autonomi e sovrani, ciò sta ad indicare come i due ordinamenti vengano posti
in una condizione di parità.
Modello collaboratorio: Stato e Chiesa hanno lo stesso obiettivo, perseguono insieme valori
comuni. I due ordini si accordano per la disciplinare in comune le cosiddette Res miste. Accordi di
villa Madama del 1984, evoluzione dei patti lateranensi - Dal concordato all'accordo, collaborazione
tra stato e chiesa nelle questioni di comune interesse. Ad oggi l'articolo 7 della costituzione
dichiara: "Lo Stato e la Chiesa cattolica sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani" –
La sovranità, viene riferita anche alla chiesa cattolica per richiamare il fatto che anch'essa è
riconosciuta come ordine statale; si ha quindi il presupposto per cui è possibile accordarsi tramite
un trattato internazionale. Nel secondo comma si richiama il principio pattizio che regola i rapporti:
"I loro rapporti sono regolati dai patti lateranensi”. Inoltre si esplicita che le modificazioni dei patti
richiedono procedimento di revisione costituzionale solamente nel caso in cui una delle due parti
non fosse d'accordo con la modifica. Per un modifica accordata dei patti non c'è bisogno del
procedimento di revisione aggravato previsto nel 138.
L'articolo 8 della costituzione invece, stabilisce i rapporti tra lo stato e le confessioni diverse dalla
cattolica e prevede che: "Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge". Si
applica perciò il principio di uguaglianza nei confronti delle confessioni religiose, ognuna di esse è
libera di darsi delle regole di organizzazione interne attraverso propri statuti che non devono
contrastare l'ordinamento giuridico italiano. I rapporti con tali religioni comunque non vengono
stipulate con dei trattati, come con lo stato vaticano ma tramite uno strumento noto come Intesa in
cui si accordano delle questioni; lo stato le potrà in seguito recepire nell'ordinamento giuridico
come leggi atipiche (già accordate in sede di intesa). Se c'è ne è necessita per cause di forza
maggiore nelle Res miste con le altre confessioni religiose prevale lo stato. (Trasfusione del sangue,
testimoni di geova).
Art. 19. Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma,
individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché
non si tratti di riti contrari al buon costume. L’articolo 8 abbraccia tutte le confessioni religiose
disciplinandone la libertà davanti alla legge e i rapporti tra lo Stato e le altre chiese sono regolati da
intese. Questa norma va letta insieme con quanto previsto dall‘articolo 19 che riconosce a tutti il
diritto di professare liberamente la propria fede religiosa. A ciascuno viene riconosciuto il diritto di
pregare, meditare, riflettere, celebrare in qualsiasi modo e secondo qualsiasi rito, sia privatamente
che pubblicamente, sia da solo che in comunità.
Il limite posto dalla Costituzione all’art. 19 consiste nel non compiere atti offensivi verso altre
religioni, di non attentare per motivi religiosi ai principi sanciti dalla Costituzione e ai diritti umani
da essa riconosciuti, di non offendere il buon costume (il rispetto altrui, la decenza e la cortesia) e
di non compiere riti contrari alla legge giustificati dal culto (sacrifici umani, violenze ingiustificate,
violenze fisiche o psicologiche verso altri cittadini...) Viene dichiarato anche il diritto alla
propaganda, cioè la possibilità di diffondere le proprie idee religiose con lo scopo di conformare ad
esse il maggior numero possibile di persone.
Art. 2. Diritti inviolabili
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili
di solidarietà politica, economica e sociale. Ciascun individuo è titolare di una serie di diritti e
doveri, rispettivamente garantiti ed imposti dalla legge. Vi è, però, una categoria di diritti
caratterizzati dal fatto che sono innati e universali. Stiamo parlando dei diritti umani: innati, in
quanto non è richiesto il riconoscimento dalla legge, universali in quanto estesi a tutta l’umanità.
L’autorità statale non concede perciò questi diritti, ma prende atto della loro esistenza
riconoscendoli formalmente. I diritti inviolabili, dunque, appartengono all’uomo in quanto tale.
Il carattere dell’inviolabilità ha un importante significato: i diritti inviolabili non possono essere
“toccati” nemmeno dal legislatore costituzionale (la sentenza cost. del 1988 ha espresso a chiare
lettere questa peculiarità dei diritti fondamentali) e hanno le seguenti caratteristiche:
assolutezza, possono essere fatti valere nei confronti di tutti;
inalienabilità e indisponibilità, non possono essere trasferiti per volontà del titolare;
imprescrittibilità, il mancato esercizio di essi anche per tempo prolungato, non ne comporta
l’estinzione, ossia la perdita;
irrinunciabilità, il titolare non vi può rinunciare, neppure volendo.
I DIRITTI DELLA PERSONALITA’
Accanto ai diritti della personalità che trovano espresso riconoscimento in Costituzione, come il
diritto alla capacità giuridica, il diritto alla cittadinanza, il diritto al nome (art. 22), sono stati
individuati, sulla base di una concezione aperta dell’art. 2 i seguenti diritti:
Diritto alla vita e all’integrità fisica, pur non essendo specificamente previsto in Cost. è tutelato dalle
leggi civili che consentono la donazione di sangue, il trapianto di organi, vietando, però atti di
disposizione del proprio corpo che cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica del
soggetto e che siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume. Il diritto
alla vita si può implicitamente trarre anche dall’art. 27 contro la pena di morte;
Diritto all’onore, ovvero alla tutela dell’integrità morale della persona, del decoro, del prestigio ,
della reputazione;
Diritto all’identità personale, ovvero il diritto ad essere se stesso, inteso come rispetto
dell’immagine di partecipe alla vita associata, con le convinzioni ideologiche, religiose, morali;
Diritto alla libertà sessuale, inteso come diritto di disporre liberamente della propria sessualità; ad
esso è collegato il diritto al libero orientamento sessuale
Diritto alla riservatezza e diritto alla privacy, cioè alla segretezza e all’intimità della vita privata. La
Cost. non contiene un riconoscimento esplicito del diritto alla riservatezza, ma anche in questo caso
la sua tutela passa attraverso il riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, e conseguentemente
al diritto all’inviolabilità del domicilio e delle comunicazioni. Nel 1996, a seguito di una direttiva
europea è stato introdotto la figura del Garante della privacy dei dati personali.
I DOVERI COSTITUZIONALI
La seconda parte dell’art. 2 collega alla garanzia dei diritti inviolabili l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, senza però sancire alcuna priorità dei diritti
sui doveri o viceversa.
Dovere dei genitori al mantenimento, istruzione e educazione nei confronti dei figli
Dovere “sacro” di difesa della Patria
Dovere di tutti di concorrere alle spese pubbliche (art. 53)
Dovere di fedeltà alla Repubblica, di osservare la Costituzione e le leggi e il dovere dei cittadini cui
sono affidate funzioni pubbliche di adempierle con disciplina e onore.
LA LIBERTA’ DELLA E NELLA SCUOLA. DIRITTO ALL’ISTRUZIONE E DIRITTO ALLO STUDIO Art. 33.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e
gradi. Enti pubblici e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri
per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità,
deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a
quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e
gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. Le
istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi
nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
Art. 40. Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano. Con il diritto di
sciopero si intende l’astensione programmata di uno o più lavoratori dall’attività lavorativa. Diversa
è la serrata, cioè la chiusura totale o parziale dell’impresa da parte del datore di lavoro, che dovrà
risarcire i dipendenti per la mancata prestazione di lavoro. Del diritto di sciopero possono avvalersi
certamente i lavoratori subordinati (pubblici e privati) e, con soluzioni che sono state contestate,
anche quelli autonomi, ma non gli imprenditori. Il limite allo sciopero è imposto al fine di garantire i
servizi pubblici essenziali.
I DIRITTO SOCIALI
IL DIRITTO AL LAVORO Art. 4.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano
effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la
propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della
società. Già dall’art. 1 “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” si evidenzia Il ruolo
primario dei lavoratori nella società (in quanto il lavoro realizza beni economici, benessere
psicologico e materiale del popolo, continuità dello Stato stesso ed è il mezzo per affermare la
dignità dei cittadini). L'art. 4 afferma che ogni persona deve avere la possibilità di lavorare e,
insieme, deve svolgere il suo lavoro in modo tale da contribuire al progresso della società, in quanto
parte integrante di essa. Tutti i cittadini hanno diritto al lavoro: talvolta, di fronte al crescere della
disoccupazione si sente commentare amaramente questo articolo. L’affermazione in esso
contenuta va intesa come compito dello Stato di impegnarsi ad intervenire nel sistema economico
per creare possibilità di lavoro per i cittadini; interventi di questo tipo sono perciò un obbligo per il
nostro Stato, che si caratterizza dunque come Stato sociale. Accanto all’accezione del diritto al
lavoro quale obiettivo che la Repubblica deve perseguire attraverso interventi da operare sul
mercato del lavoro, vi sono poi altri significati di natura precettiva:
-libertà del cittadino di scegliere l’attività lavorativa o professionale da esercitare;
-diritto del lavoratore a non essere licenziato in modo arbitrario.
Vi sono altri diritti sociali legati al diritto al lavoro:
-Giusta retribuzione, art. 36 Cost. riconoscendo al lavoratore il diritto ad una retribuzione non solo
proporzionata alla quantità e qualità del lavoro, ma anche tale da permettere a lui e alla sua
famiglia un'esistenza libera e dignitosa. Si affida poi alla legge ordinaria il compito di fissare un
elemento importante del rapporto di lavoro (rapporto fra privati), vale a dire la durata massima
della giornata lavorativa; riposo settimanale e ferie sono dichiarati diritti irrinunciabili.
- Riposo settimanale e ferie
IL DIRITTO ALLA SALUTE Art. 32.
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività,
e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i
limiti imposti dal rispetto della persona umana. L’articolo prevede un implicito diritto a ricevere i
trattamenti sanitari. Più complesso è il caso in cui i trattamenti riguardino la tutela della salute della
stessa persona affetta da malattie psichiche. Caso particolare è quello dell’ “accanimento
terapeutico”. In Italia una sentenza della Corte di cassazione (2007) ha autorizzato la sospensione
del trattamento sanitario in presenza di due circostanze concorrenti:
-che la condizione di stato vegetativo del aziende sia irreversibile
-che sia univocamente accertato, sulla base di elementi tratti dal vissuto del paziente, della sua
personalità e dei convincimenti etici, religiosi, culturali che questi, se cosciente, non avrebbe
prestato il suo consenso alla continuazione del trattamento.