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World Congress of Catholic Universities

(WCCU) “Identity and Mission of the Catholic


University” August 12-14, 2011 -Avila (Spain)

Paper Title:
La via cattolica all'unità del sapere nella cultura contemporanea
The Catholic Way to the Unity of Knowledge in the Contemporary Debate

Valeria Ascheri
Dottore di Ricerca in Filosofia della Scienza

Professore Incaricato di "Gnoseologia" e "Scienza e Religione"


Istituto Superiore di Scienze Religiose all'Apollinare (ISSRA)
Pontificia Università della Santa Croce (PUSC)

Postal Address: Via dei Farnesi, 83


00186 Roma - Italia

Email: ascheri@pusc.it
Ph. +39 06 68164641 (office)

Published in:
Congreso Mundial de Universidades Católicas: comunicaciones, a cura di A. Sánchez
Cabaco, Universidad Catolica de Avila, Avila (España) 2011, pp. 630-643
Complete text available on line:
https://www.yumpu.com/es/document/read/14136987/world-congress-of-catholic-wccues
Core theme: The Catholic University’s response to the Great Challenges of Humanity

Title: La via cattolica all'unità del sapere nella cultura contemporanea


Summary (Italian)
Nel XX secolo la conoscenza umana ha raggiunto livelli di specializzazione e
complessità tali che è quasi impossibile abbracciare l'intero arco del sapere. C. P. Snow (The
two cultures and the scientific revolution, 1959) aveva riconosciuto l'esistenza di due culture -
umanistica e scientifica - rigidamente separate, auspicando una loro riunione. Oggi si constata
un multiculturalismo che lascia l'uomo disorientato nella frammentazione del sapere.
Seguendo quanto affermato nel The Idea of a University (1852) dal beato John H.
Newman, l'università cattolica, per sua natura, ha la missione di formare la generazione futura
con una visione del sapere universale e unitaria - andando ben al di là di una prospettiva
soltanto interdisciplinare - nella costante ricerca della verità e fondata responsabilmente sui
valori cristiani, ove l'uomo, sintesi a sua volta di spirito e corpo, è pienamente e
consapevolmente soggetto, oggetto e fine della conoscenza stessa.
Sostenere e promuovere una solida visione dell'unità del sapere, unità di fede e
ragione, radicata nella teologia e nella filosofia cristiana, è la base necessaria perché
l'università cattolica possa confrontarsi con le sfide poste dalle questioni più rilevanti e
controverse del dibattito contemporaneo. Come si legge infatti nella Ex Corde Ecclesiae
(1990), "L'università cattolica deve farsi sempre più attenta alle culture del mondo d'oggi,
come anche alle varie tradizioni culturali esistenti dentro la Chiesa, in maniera da promuovere
un continuo e proficuo dialogo tra il Vangelo e l'odierna società. Tra i criteri, che
contraddistinguono il valore di una cultura, vengono in primo luogo il senso della persona
umana, la sua libertà, la sua dignità, il suo senso di responsabilità e la sua apertura al
trascendente" (45).
Key words (Italian): università cattolica, unità del sapere, uomo, conoscenza, verità, cultura

Title: The Catholic Way to the Unity of Knowledge in the Contemporary Debate
Summary
During the XX century human knowledge reached so highly specialized and complex
levels as to make it almost impossible to comprehend the full range of knowledge. Charles P.
Snow (The Two Cultures and the Scientific Revolution, 1959 ) recognized the existence of two
separate cultures - humanistic and scientific - and wished their fusion. Nowadays we ascertain
a multiculturalism leaving man confused face to the splitting of knowledge.
In his The Idea of a University (1852) the Blessed John H. Newman stated that
Catholic University, owing to its own nature, has the task of forming future generations in a
universal and common vision - going far beyond a merely interdisciplinary perspective - in
the constant research of truth, founded on Christian values where man, a synthesis himself of
body and soul, is utterly aware of being subject , object and goal of knowledge itself.
Thus we can say that supporting and promoting a sound vision of the unity of
knowledge , rooted in theology and Christian philosophy, is the necessary ground to enable
the Catholic University to face the challenges put by the most outstanding and controversial
questions of today's debate. As we read in Ex Corde Ecclesiae (1990): "A Catholic University
must become more attentive to the cultures of the world of today, and to the various cultural
traditions existing within the Church in a way that will promote a continuous and profitable
dialogue between the Gospel and modern society. Among the criteria that characterize the
values of a culture are above all, the meaning of the human person, his or her liberty,
dignity, sense of responsibility, and openness to the transcendent" (45).
Key words: Catholic University, Unity of Knowledge, Man, Knowledge, Truth, Culture

Paper Text
Introduzione
Nel 1959, nel noto saggio The two cultures, C. P. Snow sosteneva che la separazione
fra la cultura letterario-umanistica e quella scientifico-tecnica costituisce un grave motivo di
crisi della nostra civiltà. Egli ne trovava i motivi in un'incomprensione di fondo tra i due
campi di ricerca: anzitutto la diffidenza da parte degli umanisti nei confronti delle rivoluzioni
scientifiche e tecniche passate e presenti, una caparbia incomprensione da parte umanista a
capire le ragioni e le novità di tali rivoluzioni e, di contro, una costante esaltazione della
cultura tradizionale accompagnata dalla denigrazione del progresso odierno come, sottolinea
l'autore, se non ci fosse il futuro. Gli scienziati, dal canto loro, propugnano invece un
ottimismo eccessivo e ingenuo, e faticano a comprendere, a loro volta, ciò che anima la
ricerca degli umanisti.
Per superare questa situazione d'impasse - oggi forse meno radicale ed evidente, ma
ancora ben presente sullo sfondo della nostra cultura - Snow faceva alcune proposte che,
anche se formulate mezzo secolo fa, oggi dovrebbero essere oggetto di nuova riflessione: una
riforma dei programmi scolastici per evitare una prematura specializzazione degli studi e
sottovalutazione delle discipline applicative di fronte a quelle teoriche, e allo scopo di fornire
un panorama culturale in cui le singole discipline e gli ambiti di ricerca si sviluppino
riconoscendo la validità delle altre forme di conoscenza e di razionalità; con questa mutua
comprensione per guadagnare un'armonica concezione della realtà e del valore dell'uomo, del
mondo e della vita. I giovani, futuri umanisti o scienziati, o destinati a ricoprire ruoli di
governo nella società, dovrebbero essere cresciuti nell'idea che, seppur all'interno della
propria specializzazione, sempre più accentuata, questo loro 'mestiere' non li esime
dall'assumersi responsabilità culturali, sociali, politiche e religiose.
Il filosofo Lluís Clavell (2001) chiarisce a questo proposito che la specializzazione è
necessaria per il progresso della conoscenza e delle diverse discipline ed è inevitabile per le
limitate capacità dell'uomo e per l'utilizzo delle metodologie e degli strumenti necessari a
compiere gli studi in modo adeguato. Tuttavia, anche se la specializzazione porta con sé una
gran diversità di metodi di ricerca e di linguaggi molto particolari, che tra loro non
permettono una facile comunicazione, dalla specializzazione non discende necessariamente la
frammentazione del sapere: è il modo con cui la specializzazione viene svolta che può
condurre alla frammentazione; è la stessa organizzazione dei centri di ricerca e delle
università in dipartimenti, istituti e sezioni distaccate che favorisce la formazione di piccoli
gruppi, focalizzati su singoli e ben definiti progetti, che devono portare risultati in tempi
prefissati, pena la fine della ricerca e, non di rado, dei finanziamenti necessari per portarla
avanti.

1. La sfida: la vastità, la complessità e la frammentazione dell'arco del sapere della


nostra epoca
Nel corso del XX secolo, l'estrema specializzazione della scienza e la complessità
delle ricerche e delle tecnologie utilizzate dagli studiosi, hanno in prima battuta portato ad una
chiusura del dialogo con le scienze umane sempre più netta e, allo stesso tempo, ad una
diffusione del sapere - chiamata talvolta divulgazione o 'cultura generale' - che, appare
forzatamente generica e imprecisa, a volte annunciata con tono quasi scandalistico su riviste e
quotidiani oppure orientata ideologicamente, e comunque non sorretta da una visione unitaria.
L'uomo di oggi, e soprattutto il giovane, è così disorientato e molto meno 'consapevole'
rispetto alle epoche precedenti. Snow segnala come, purtroppo, "persone che hanno avuto la
più intensa e ricca preparazione culturale che sia a nostra conoscenza, non riescono più a
comunicare tra di loro sul piano dei loro principali interessi culturali. È questo è un fatto grave
per la nostra vita creativa, intellettuale e, soprattutto, morale. Questa situazione ci porta ad
interpretare il passato in maniera errata, a non capire il presente, ed a precludere ogni speranza
per il futuro. Essa ci rende difficile od impossibile intraprendere l’azione giusta" (p. 60).
La grande sfida che oggi si pone agli educatori, e quindi alle università cattoliche, è
come aiutare l’uomo ad 'organizzare' tutta l’informazione che ha a disposizione per
trasformarla in conoscenza e, successivamente, in sapienza; si tratta di capire come sia
possibile selezionare, filtrare e rielaborare la massa dei dati e far maturare nell'uomo un
sapere durevole, profondo e non soltanto destinato al ‘pronto uso’, al soddisfacimento
immediato dei suoi bisogni personali o professionali, ma che possa portarlo ad una crescita
personale nelle virtù umane e soprannaturali e incidere sul suo modo di vivere e relazionarsi
con gli altri non solo 'qui e ora', ma in tutta la sua vita. T. S. Eliot scrive: “Dov'è la sapienza /
che abbiamo perso per seguire la conoscenza? / Dov'è la conoscenza / che abbiamo perso per
seguire l'erudizione?” (Choruses from "The Rock", 1934).
Clavell afferma che "la settorialità del sapere, in quanto comporta un approccio
parziale alla verità, con la conseguente frammentazione del senso, impedisce l'unità interiore
dell'uomo contemporaneo" (p. 43). Gli effetti negativi della frammentazione sono dunque
riscontrabili sia sulla realtà sia sull'uomo stesso: la realtà viene acquisita tramite una
molteplicità di dati e di conoscenze senza il filtro di una visione unitaria, ma formando una
serie d'immagini parziali e scollegate delle realtà del mondo, cosa che porta all'uomo un senso
di insicurezza che viene nascosto dai risultati della tecnologia. La persona ha, di riflesso, una
visione frammentata di se stessa, formata per lo più dagli studi di scienze naturali sul
soggetto, senza un adeguato rapporto del soggetto con l'oggetto, tanto che è difficile oggi
rispondere in maniera esaustiva alla domanda "Chi è l'uomo?" e, per il singolo uomo, alla
domanda "Chi sono io?"
A questo riguardo, Clavell constata che anche la filosofia e la teologia, discipline che
da sempre avevano un ruolo unificante e aperto all'intera realtà, hanno risentito della crisi
generale che ha attraversato il secolo scorso e, in particolare, dell'idea di verità. In tale
contesto, sia la filosofia sia la teologia hanno quasi completamente perso ogni aspirazione e
pressoché abbandonato i tentativi di tornare a svolgere un ruolo unificante tra i diversi saperi
contribuendo così a sancire la crisi del sapere quando l'umanità sembra invece continuare ad
incrementarla e a voler proseguire verso nuove frontiere specialmente nel campo scientifico-
tecnologico.

2. Compito dell'università cattolica nel formare la cultura contemporanea


Giovanni Paolo II nel discorso al Pontificio Consiglio della Cultura del 13 gennaio
1989 afferma: "L'uomo vive una vita realmente umana grazie alla cultura. E il legame
fondamentale del messaggio di Cristo e della Chiesa con l'uomo, nella sua stessa umanità, è
fonte di cultura nel suo fondamento più essenziale. Questo vuol dire che i rivolgimenti
culturali del nostro tempo ci stimolano ad un ritorno all'essenziale e a ritrovare la
preoccupazione fondamentale che è l'uomo in tutte le sue dimensioni, politiche e sociali -
certo - ma anche culturali, morali e spirituali. É in gioco l'avvenire stesso dell'umanità.
Inculturare il Vangelo non è ridurlo all'effimero e al superficiale che caratterizzano l'attualità
mutevole. É, al contrario, con audacia tutta spirituale, inserire la forza del lievito del Vangelo
e la sua novità, più giovane di ogni modernità, nel cuore stesso dei sommovimenti del nostro
tempo, per far nascere nuovi modi di pensare, di agire e di vivere. La fedeltà all'alleanza con
la saggezza eterna è la fonte continuamente rinnovata di nuove culture. Quelli che hanno
accolto la novità del Vangelo la fanno propria e la interiorizzano in modo da riesprimerla
nella loro vita quotidiana, secondo il proprio genio particolare".
É evidente dunque come sia un compito urgente quello che chiama le università
cattoliche a dedicare molte energie per riproporre una cultura che rappresenti l'unità del sapere
coltivata al suo interno e basata su una profonda unità del reale, in modo da formare cristiani
che, indipendentemente dalla singola vocazione professionale, siano pienamente consapevoli
e promotori di una tale visione. Da qualche tempo ormai si parla di 'emergenza educativa' e si
avverte come la situazione sia ormai allarmante, dopo essere stata sottovalutata o poco curata
nei decenni precedenti.
Il 22 maggio 2011, nell'incontro svoltosi con la comunità dell'università Cattolica del
Sacro Cuore in occasione del 90° anniversario della fondazione, Benedetto XVI ha
affermato: "Il nostro tempo è tempo di grandi e rapide trasformazioni, che si riflettono anche
sulla vita universitaria: la cultura umanistica sembra colpita da un progressivo logoramento,
mentre l’accento viene posto sulle discipline dette ‘produttive’, di ambito tecnologico ed
economico; si riscontra la tendenza a ridurre l’orizzonte umano al livello di ciò che è
misurabile, a eliminare dal sapere sistematico e critico la fondamentale questione del senso.
La cultura contemporanea, poi, tende a confinare la religione fuori dagli spazi della
razionalità: nella misura in cui le scienze empiriche monopolizzano i territori della ragione,
non sembra esserci più spazio per le ragioni del credere, per cui la dimensione religiosa viene
relegata nella sfera dell’opinabile e del privato. In questo contesto, le motivazioni e le
caratteristiche stesse della istituzione universitaria vengono poste radicalmente in questione".
Da queste parole, si evince come sia attuale quanto affermato da Giovanni Paolo II
nella Ex Corde Ecclesiae poco più di vent'anni fa: "L'università cattolica deve farsi sempre
più attenta alle culture del mondo d'oggi, come anche alle varie tradizioni culturali esistenti
dentro la Chiesa, in maniera da promuovere un continuo e proficuo dialogo tra il Vangelo e
l'odierna società. Tra i criteri, che contraddistinguono il valore di una cultura, vengono in
primo luogo il senso della persona umana, la sua libertà, la sua dignità, il suo senso di
responsabilità e la sua apertura al trascendente. Col rispetto della persona è collegato il valore
eminente della famiglia, cellula primaria di ogni cultura umana" (45)
Quello che si chiede all'università cattolica pare quindi andare ben al di là di una
conservazione e trasmissione di conoscenze (teoriche o pratiche, umanistiche o scientifiche) e,
auspicabilmente, di un loro avanzamento e approfondimento; si tratta piuttosto di formare gli
studenti come persone che - soltanto 'per mezzo' delle conoscenze - possano riuscire a vivere
in determinate epoche, società e luoghi, comprendendone appieno le caratteristiche, i
problemi e le esigenze per poter così adottare i comportamenti e svolgere i ruoli che saranno
per loro più consoni.
L'Ex Corde Ecclesiae prosegue infatti precisando che "le Università cattoliche si
sforzeranno di discernere e di ben valutare le aspirazioni come le contraddizioni della cultura
moderna per renderla più adatta allo sviluppo integrale delle persone e dei popoli. In
particolare, si raccomanda di approfondire, con studi appropriati, l'impatto della tecnologia
moderna e specialmente dei mezzi di comunicazione sociale sulle persone, le famiglie, le
istituzioni e l'insieme della cultura moderna. Le culture tradizionali sono da difendere nella
loro identità, aiutandole ad accogliere i valori moderni senza sacrificare il proprio patrimonio,
che è ricchezza per tutta la famiglia umana. Le Università, situate in ambienti culturali
tradizionali, cercheranno attentamente di armonizzare le culture locali col contributo positivo
delle culture moderne" (45).
3. L'idea di università come culla del sapere e della formazione integrale dell'uomo
Nell'opera The Idea of University (1852), il beato card. John Henry Newman (1801-
1890) sostiene che l'università deve educare al sapere ed insegnare un sapere universale che
deve permettere agli studenti di giungere alla 'perfezione dell'intelligenza' e fare in modo che
si possano trovare a loro agio in ogni luogo e circostanza; il fine di questo tipo d'educazione è
dunque formare l'uomo, fino a farlo diventare un gentleman, indipendentemente da scopi
utilitaristico-pratici ma, invece, con l'ambizione di trasmettere un'educazione liberale. Lo
studioso inglese chiarisce anzitutto che l'università non deve semplicemente fornire
l'istruzione; infatti, anche se trasmette un certo qual numero di informazioni e conoscenze,
non deve e non può limitarsi a questo ruolo, che di per sé non ha la capacità di formare la
persona né di sviluppare la sua intelligenza. La conoscenza autentica deve porsi su un piano
superiore, in cui i dati sono organizzati, giudicati e ricondotti ad un principio e posti in una
forma. L'università non deve nemmeno insegnare delle scienze pratiche, ma deve fornire un
ampio orizzonte in cui tutta la conoscenza, seppur suddivisa in settori, dia vita ad una visione
globale che l'insegnamento di una disciplina isolata non permetterebbe. Inoltre, sottolinea
ancora Newman, di per sé l'educazione universitaria non deve nemmeno dare una formazione
morale o religiosa, che hanno altri luoghi in cui essere coltivate e sviluppate.
La caratteristica che invece deve sempre mantenere la formazione universitaria è
quella di rendere possibile una visione unificata della realtà in cui sono evidenziati i nessi fra
le conoscenze, pur nelle diversità delle discipline e con giudizio critico sulle conclusioni cui
ciascuna di essa perviene, dove è riconosciuto il contributo di ogni sapere parziale volto alla
ricerca della verità come coerenza con il tutto; questo tipo di ‘educazione filosofica’ di
Newman si configura davvero come luogo dell'interdisciplinarità e come formatrice della
persona nella sua interezza che, così educata, può davvero essere pronta per scegliere
adeguatamente e saper prendere le decisioni opportune nel corso della vita.
"L’educazione universitaria - secondo Newman - è il grande mezzo ordinario per
raggiungere un fine grande ma straordinario; essa si propone di elevare il tono intellettuale
della società, di coltivare la mente del pubblico, di purificare il gusto nazionale, di fornire
principi autentici all’entusiasmo popolare e scopi stabili alle aspirazioni popolari, di dare
ampiezza e sobrietà alle idee dell’epoca, di facilitare l’esercizio del potere politico, e di
rendere più raffinati i rapporti della vita privata. È l’educazione che fornisce all’uomo una
chiara consapevole visione delle sue stesse opinioni e dei suoi stessi giudizi, un’autenticità
nello svilupparli, un’eloquenza nell’esprimerli, e una forza nell’imporli. Essa gli insegna a
vedere le cose come sono, ad andare diritto al nocciolo, a sbrogliare pensieri confusi, a
scoprire quel che è sofistico, e ad eliminare quello che è privo di rilievo. Lo prepara a
ricoprire un posto con onore, e a dominare ogni argomento con facilità. Gli mostra come
adattarsi agli altri, come mettersi nella loro condizione mentale, come presentare ad essi la
propria, come influenzarli, come intendersi con loro, come sopportarli. Egli si trova a suo agio
in qualsiasi società [...]. Ha la tranquillità di una mente che vive in se stessa, mentre vive nel
mondo, e che ha delle risorse per la sua felicità interiore quando non può uscire da se stessa"
(pp.212-213).
É quindi alla formazione integrale dell'uomo che l'università deve puntare e non tanto
a creare degli 'esperti' o degli 'specializzati' che invece possono essere istruiti in scuole e
istituti appositi. Jacques Maritain ne' L'educazione al bivio (1943), distingueva pertanto tra
‘Università’ e ‘Alte scuole professionali e tecniche’: nelle prime si coltiva la pura ricerca,
mentre nelle seconde si fa la ricerca applicata dove si formano tecnici e dirigenti d'azienda e
affermava che "niente sarebbe più funesto di un'educazione che mirasse non a rendere l'uomo
più veramente umano ma a fare di lui lo strumento perfettamente condizionato e
perfettamente adeguato ad una società tecnocratica" (pp. 177-178).
"Io dico che un intelletto coltivato - sottolinea Newman a questo riguardo - poiché è
un bene in se stesso, porta con sé una forza e una grazia per ogni opera e occupazione che
intraprende, e ci rende capaci di essere più utili, e a un numero maggiore di persone. Abbiamo
un dovere verso la società umana in quanto tale, verso la condizione cui apparteniamo, verso
la sfera in cui ci muoviamo, verso gli individui a cui siamo in vario modo legati, e che
incontriamo in periodi successivi della nostra vita; e quell’educazione filosofica e liberale,
come l’ho chiamata, che è la funzione specifica di una Università, se nega il posto più
eminente agli interessi professionali, non fa altro che posporli alla formazione del cittadino e,
mentre serve i più alti interessi della filantropia, prepara anche alla felice attuazione di quegli
scopi puramente personali, che a prima vista sembra screditare" (p.202).
Il filosofo e psicologo tedesco K. Jaspers (1883-1968), quasi un secolo dopo,
nell'opera Die Idee der Universität (1946), riprende alcuni concetti già espressi da Newman,
ossia che l'università è il luogo dove coltivare una conoscenza che ha valore in sé stessa e non
diretta ad altri fini e che deve dare una formazione delle virtù dell'uomo in una visione
unitaria della conoscenza. Le tesi di Jaspers sono basate principalmente su una visione
dell'unità del sapere e su una concezione della scienza che non devono essere trascurate; la
scienza ha un fine in se stessa, al di là delle applicazioni pragmatiche, perché è l'espressione
della sete di conoscenza dell'essere umano che vuole andare al di là di essa; d'altra parte non è
autonoma, ma è un'attività dell'uomo il quale, per metterla in atto, ha bisogno di tutto un
contorno di assunzioni, esperienze e conoscenze esterne che le diano una direzione. La
scienza deve dunque possedere un'altra dimensione che la spinga e la orienti nel suo operare e
nel suo sviluppo, in modo da trovare le relazioni delle parti con il tutto e il legame esistente
tra le pluralità delle esperienze e delle discipline e l'unità che l'uomo avverte come
soggiacente.
L'università è, secondo il filosofo tedesco, il luogo proprio dove realizzare tale unità
del tutto perché è in tale istituzione che la conoscenza, libera e al di sopra delle parti, può
spingersi nella ricerca della verità fino a trascendere se stessa. Il concetto di università è
dunque molto ampio e profondo, inteso come universitas sia in quanto insieme di tutti gli
sudi, sia come comunità di studenti e docenti, in cui viene privilegiato il dialogo costante e il
dibattito aperto, e luogo in cui le conoscenze sono coltivate e trasmesse nel modo più ampio,
anche perché la ricerca, l'educazione e l'istruzione sono fattori tutti presenti, ma nessuno di
essi è predominante e ne definisce l'orientamento.

4.L'unità del sapere come 'habitus' della persona


L'unità del sapere - che l'università è chiamata a promuovere - non è dunque da
intendere come la mera somma delle conoscenze che l'uomo ha raggiunto o raggiungerà, ma
come, elaborando quanto suggerito dal teologo Giuseppe Tanzella Nitti (2003), un habitus
(abito virtuoso) dell'uomo che lo conduca di primo impatto ad inserire la sua disciplina nel
contesto più generale di tutte le altre e poi a sviluppare tale inclinazione in forma molto più
ampia. L'habitus, che è proprio della formazione di un uomo colto, preoccupato non tanto di
accrescere in modo estensivo le proprie conoscenze, quanto di comprenderne in modo
intensivo il valore per la propria umanità, è essenziale perché sia possibile integrare e
ampliare con creatività quanto di volta in volta la scienza o una delle materie umanistiche
possa indicare, oppure di 'estrarre', da un'esperienza o da un problema, una nuova
interpretazione o spunto per risolvere una questione o affrontare un nuovo avvenimento o
emergenza.
Coltivare l'habitus come conoscenza vuol dire essere capace di cogliere il significato
della parte nel tutto, aperta all'ascolto dell'altro. L'unità del sapere deve essere costruita
attorno all'azione del soggetto, rivelatrice delle sue intenzioni più intime che tiene conto di
tutte le conoscenze che sono state, a suo giudizio, significative e sensate; la formazione
dell'habitus non è fine a se stessa, a vantaggio esclusivo dell'uomo che la coltiva, ma deve
essere orientata ad essere il fondamento e il motore che permette all'uomo di assumersi
completamente la responsabilità di agire in maniera intelligente, sapendo così riconoscere e
decidere con saggezza cosa scegliere e fare e trasmettendo questa forma mentis.
Il ruolo chiave nell'elaborare e trasmettere tale visione dell'unità del sapere, formando
così l'habitus dell'uomo, è proprio dell'università, il principale luogo educativo e formativo,
ove il sapere è unito nelle sue diverse forme e in cui lo spirito universitario deve essere vivo e
vivace, caratterizzato in primis da una capacità di riflessione critica e d'ascolto, da una volontà
di collaborazione sincera e da una sensibilità per l'uomo e per la sua promozione integrale.

Conclusioni: la missione della Chiesa nelle università cattoliche


La missione delle università cattoliche nella nostra epoca è accogliere la sfida 'per il
sapere' non tanto contro l'ignoranza o l'errore quanto piuttosto nel ridare all'uomo una
conoscenza in cui specchiarsi e riconoscersi. Allo stesso tempo si può dire che la stessa
identità dell'università cattolica sia in gioco: il sapere è del e per l'uomo e se non fosse a lui
'adeguato' allora sarebbe un sapere inutile e persino dannoso alla sua natura e al suo sviluppo.
Tale affermazione non significa che il sapere o la conoscenza debbano essere
rigidamente veicolati o chiusi alle novità, sia in campo culturale sia sociale. Come ha ancora
affermato Benedetto XVI nel già citato incontro con la comunità dell'università Cattolica del
Sacro Cuore: "l’orizzonte che anima il lavoro universitario può e deve essere la passione
autentica per l’uomo. Solo nel servizio all’uomo la scienza si svolge come vera coltivazione e
custodia dell’universo (cfr Gn 2,15). E servire l’uomo è fare la verità nella carità, è amare la
vita, rispettarla sempre, a cominciare dalle situazioni in cui essa è più fragile e indifesa. È
questo un nostro compito, specialmente nei tempi di crisi: la storia della cultura mostra come
la dignità dell’uomo sia stata riconosciuta veramente nella sua integralità alla luce della fede
cristiana. L’Università Cattolica è chiamata ad essere luogo in cui prende forma di eccellenza
quell’apertura al sapere, quella passione per la verità, quell’interesse per la storia dell’uomo
che caratterizzano l’autentica spiritualità cristiana. Porsi infatti, in atteggiamento di chiusura o
di distacco di fronte alla prospettiva della fede significa dimenticare che essa è stata lungo la
storia, e lo è tuttora, fermento di cultura e luce per l’intelligenza, stimolo a svilupparne tutte le
potenzialità positive per il bene autentico dell’uomo. Come afferma il Concilio Vaticano II, la
fede è capace di donare luce all’esistenza. Dice il Concilio che la fede: "Tutto rischiara di una
luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo, e perciò guida
l’intelligenza verso soluzioni pienamente umane" (Gaudium et spes, 11)".
Inoltre, è evidente come sia unico e quindi speciale il ruolo delle università: i giovani
si formano all'età adulta in quel fase della loro vita e le scelte più importanti sono effettuate
solitamente in quel periodo. Dunque tale coincidenza diventa la più grande opportunità e
responsabilità di fronte alla quale non è permesso tirarsi indietro. "La Chiesa - dice ancora
Giovanni Paolo II nel discorso al Pontificio Consiglio della Cultura menzionato sopra - ha nel
mondo universitario un luogo privilegiato per dialogare con le correnti spirituali e i modi di
pensare che segneranno la cultura di domani. La speranza cristiana deve porsi davanti alle
nuove aspirazioni delle coscienze e animare gli spiriti dei giovani universitari che dovranno
presto assumersi grandi responsabilità, "affinché la civiltà dell'uomo si apra sempre di più al
Vangelo"

Bibliografia
Benedetto XVI, Discorso alla comunità dell'università Cattolica del Sacro Cuore, 21
maggio 2011
Clavell L., "La metadisciplinarità. Scienza, filosofia e teologia" in Mariani M., (a cura
di), Unità del sapere e del fare. Una soluzione transdisciplinare? I quaderni dell'I.P.E. n. 12
settembre 2001, Napoli 2001 (pp.43-53)
Giovanni Paolo II, Costituzione Apostolica Ex Corde Ecclesiae, 15 agosto1990
Giovanni Paolo II, Discorso al Pontificio Consiglio della Cultura, 13 dicembre 1989
Maritain J., Educazione al bivio, La Scuola, Brescia 1963
Newman J.H., L'idea di università (a cura di L. Orbetello), Vita e Pensiero, Milano,
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Newman J.H, Opere, (a cura di A. Bosi), UTET, Torino 1988


Penati G., Interdisciplinarità La Scuola, Brescia 1976
Scola A., Ospitare il reale. Per una "idea" di università, Pontificia Università
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Snow C. P., The two cultures and the scientific revolution, The Rede lecture,
Cambridge University Press, Cambridge 1959
Tanzella Nitti G., Passione per la verità e responsabilità del sapere. Un'idea di
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Tanzella Nitti G., "Prospettive antropocentriche della scienza e unità del sapere" in
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1995, Napoli 1995 (pp.113-126).

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