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STORIA DELL’ARCHITETTURA

Roma Barocca e l’Europa: architettura e città nei pontificati del Seicento.

Nel corso del ‘500 Roma ha cambiato la sua morfologia strutturale con la realizzazione di una serie di
collegamenti in parte ideali e in parte effettivi affidati ai rettifili (vie recte).
Sisto V viene considerato il papa urbanista, in 5 anni ha saputo immaginare un assetto complessivo nuovo
in un processo di sacralizzazione della struttura urbana, il suo progetto solo in parte è stato realizzato
mentre gran parte resta sulla carta (Sisto V aveva l’ambizione di regnare fino al giubileo).
Rappresentazione simbolica della Roma in sideris formam (Roma in forma di stella); Basilica di Santa Maria
Maggiore era il fulcro. La basilica era già stata individuata da Felice Peretti, prima di diventare papa, come il
luogo della propria sepoltura: presenta la cappella di Sisto V, a destra, e la cappella di Paolo V, a sinistra, nei
due bracci del transetto. La cappella di Sisto V, a pianta cruciforme, vede l’altare al centro e due rampe di
scale conducono al vano ipogeo dove si trova la reliquia del presepio di Arnolfo di Cambio; tutt’attorno le
sepolture destinate a Sisto V e Pio V, colui che aveva creato cardinale Felice Peretti. La cappella diviene un
prototipo di mausoleo sepolcrale, infatti Paolo V creerà una cappella gemella.
Il piano sistino è rappresentato anche in un affresco del Salone Sistino della Biblioteca Vaticana.
7 chiese di Roma (incisione del 1575) = le basiliche che vengono tenute in conto da Sisto V nella
ricostruzione del nuovo assetto viario della città realizzato da Domenico Fontana.
Obelischi = elementi antichi recuperati nei resti della Roma antica (essi erano simboli pagani) e collocati da
Sisto V negli snodi principali di questo sistema viario; da simboli pagani essi diventano simboli della nuova
Roma sistina con la sovrapposizione della croce sulla cuspide. Gli obelischi si collocano negli spazi di arrivo
degli assi sistini davanti alle basiliche.
Obelisco tratto dal circo di Nerone e collocato nei pressi della nuova basilica vaticana; grande impresa
ingegneristica messa a punto da Domenico Fontana per spostare l’obelisco.
Obelisco collocato davanti alla basilica di Santa Maria Maggiore.
Colonna Traiana e Colonna di Marco Aurelio vengono cristianizzate con la sovrapposizione delle due statue
di San Pietro e San Paolo

Nella grande villa (Villa Montalto) che Sisto V realizza nella zona di Termini, dunque nelle vicinanze di Santa
Maria Maggiore, Domenico Fontana, assieme al fratello Giovanni Fontana, sperimenta in piccolo ciò che
immaginava nella città, nell’intera Roma; i giardini sono collegati agli edifici in modo significativo; siamo
nella parte più alta della città.
La “Mostra dell’Acqua Felice” o Fontana del Mosè = l’intento di Sisto V era portare l’acqua nella città con
vecchi acquedotti che erano rimasti nelle campagne, è un’impresa colossale; l’acqua alimenta la villa
Montalto e poi tutta la zona dell’Esquilino che era sostanzialmente disabitata. La fontana si trova
nell’angolo di Villa Montalto con la strada Pia, è il manifesto della grande impresa sistina; essa assume la
configurazione di un vero e proprio arco di trionfo all’antica con le 3 arcate intervallate da colonne,
trabeazione superiore con iscrizione nella quale si inneggia alla grande impresa del papa, al di sopra il
coronamento con le insegne papali sistine (tre monti e la croce). La fontana si caratterizza con tutti gli
elementi di ricollegamento ad un’ornamentazione antica, si utilizzano frammenti preziosi, antiquari
recuperati dal Pantheon e dalle terme di Diocleziano, inoltre i bassorilievi rappresentano scene del Vecchio
Testamento (figura del Mosè nel centro).

Palazzo Lateranense = progettato da Domenico Fontana, esso fiancheggia la basilica di San Giovanni in
Laterano e la facciata riecheggia il palazzo cinquecentesco su modello di Palazzo Farnese.

La residenza in Vaticano viene ripensata e rinnovata da Sisto V con il nuovo palazzo Vaticano, progettato e
realizzato dal solito Domenico Fontana architetto di fiducia di Sisto V.

Residenza pontificia realizzata da Paolo II Barbo, essa parte dal palazzetto cardinalizio, di cui mantiene la
torre, e forma un grande palazzo in forma rinascimentale dunque isolato sui 4 lati ed organizzato attorno ad
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un cortile centrale. La residenza viene collegata al Campidoglio nella metà del ‘500, durante il pontificato di
Paolo III Farnese, con un passetto coperto che attraversa il tessuto urbano.

Il Palazzo della Cancelleria, del potente cardinale Raffaele Riario, è realizzato in travertino (la pietra nobile
romana) con ordini sovrapposti (ripresa del Colosseo). Questa residenza è uno degli esempi più eclatanti
della rappresentazione pontificia nella città.

Residenza estiva pontificia a Montecavallo (si realizzerà in lungo arco di tempo e con l’intervento di molti
pontefici: Pio V, Gregorio XIII Buoncompagni). Ippolito d’Este darà l’avvio alla costruzione di questa grande
residenza. È proprio con Sisto V, nel 1587, che la camera apostolica acquisterà la proprietà della vigna
Carafa per trasformarla in una villa suburbana con valenza di residenza per il papa.
Sullo spiazzo di Montecavallo sono presenti due statue colossali dei Dioscuri che vengono poi orientati in
modo diverso.

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A Sisto V successe, nel 1592, Ippolito Aldobrandini con il nome di Clemente VIII. Fin dall’inizio questo nuovo
pontificato si ricollegò all’opera di Sisto V ma non tanto sul piano dell’organizzazione della città, quanto
piuttosto rivolgendosi verso l’architettura religiosa.
Dopo il sacco di Roma la popolazione di Roma si era di molto accresciuta: pellegrini e stranieri, popolazione
che giungeva dalle campagne spesso riducendosi in uno stato di mendicità.
Negli ultimi anni del ‘500 i titolari delle chiese e delle basiliche romane si attivarono per organizzare la
ristrutturazione delle chiese in vista del giubileo; tra questi ricordiamo il cardinale Cesare Baronio che curò i
restauri nelle chiese dei Santi Nereo e Achilleo, San Gregorio al Celio, finanziando restauri che portarono
alla riqualificazione dello spazio liturgico. A questo rinnovamento contribuiscono anche gli ordini religiosi di
nuova fondazione come i teatini e i filippini.

Villa Aldobrandini a Frascati realizzata su progetto di Carlo Maderno e Giovanni Fontana a partire dal 1601
(nel 1621 abbiamo ancora notizie di lavori in corso). All’inizio dei lavori è presente anche Giacomo della
Porta al quale è affidato un primo progetto abbastanza contenuto, alla sua morte avvenuta nel 1602 il
progetto passerà a Maderno e Fontana. Questi ultimi progetteranno la ristrutturazione di quello che era un
casino semplice, che viene demolito e ricostruito, pur mantenendo l’impostazione planimetrica definita nel
progetto di Della Porta. Il prospetto della villa è orientato verso la città di Roma. I lavori vanno avanti a
lungo con l’impegno del cardinal nepote Pietro Aldobrandini (Clemente VIII muore nel 1605).
il grande complesso dei giardini e dei ninfei sono la parte più affascinante della villa e si dispongono nella
parte posteriore quindi sono addossati alla collina; vi intervengono i fontanieri che avevano già operato a
Tivoli per la famiglia d’Este e anche artisti che caratterizzeranno la stagione del primo barocco romano
(come il giovane Bernini che realizzerà alcune sculture). Ninfeo declinato secondo il linguaggio classico,
all’antica, con archi disposti in sequenza, paraste che sostengono un’iscrizione in latino, balaustra, nicchie
con decorazione a grotta.
L’edificio è poco profondo; due ali terrazzate fiancheggiano l’edificio principale e coprono le due cucine di
servizio, esse sono tenute basse e sono in mattone, anziché in travertino, dunque sono tenute sottotono.

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Paolo V (Camillo Borghese) eletto nel 1605, interventi urbanistici ambiziosi tuttavia non paragonabili a
quelli di Sisto V. Anche Paolo V interverrà nel sistema infrastrutturale, viario della città ma in una maniera
molto diversa e in una scala molto più ridotta che puntava più che altro a microinterventi ridotti
maggiormente agli edifici (dunque parliamo di interventi architettonici). Nei primi anni del pontificato di
Paolo V si era posto il problema di come portare a compimento il nuovo S. Pietro: si assistette alla
contrapposizione tra chi propugnava la supremazia dell’eredità michelangiolesca e chi voleva muoversi tra
altre linee espressive.
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Cappella Strozzi in Sant’Andrea della Valle: la famiglia Strozzi era un importante famiglia fiorentina che
aveva esponenti anche a Roma, in particolare Piero Strozzi era diventato segretario dei brevi apostolici di
Paolo V e quindi decise di dotarsi di una cappella in una delle nuove chiese degli ordini della Controriforma.
In questa cappella si gioca il tema del michelangiolismo a Roma. A Firenze Michelangelo Buonarroti il
Giovane era attivo e depositario della memoria di suo zio (conservava tutti i disegni), dunque la cultura
michelangiolesca da Firenze a Roma arrivava attraverso i grandi personaggi delle famiglie fiorentine che
erano impegnate presso la corte pontificia. La cappella ripropone il linguaggio di Michelangelo seppure in
chiave semplificata: ritroviamo le grandi volute flessuose sopra la trabeazione delle pareti laterali; la
decorazione scultorea con grandi urne funerarie (ripresa delle cappelle medicee in San Lorenzo a Firenze); il
fondale architettonico che è soltanto supporto all’apparato scultoreo (copie di celebri opere di
Michelangelo). Non conosciamo l’architetto di questa cappella ma è probabile che fu Paolo Strozzi,
appassionato di arte e architettura nella quale si dilettava.
Completamento del nuovo San Pietro: ci sono interventi importanti, realizzati da Carlo Maderno (divenuto
architetto della chiesa nel 1603), che di fatto modificano l’impianto michelangiolesco (a croce greca
incentrato sulla tomba di Pietro su cui si ergeva la cupola); c’è la realizzazione della confessione sotto
l’altare maggiore, un allungamento del braccio d’ingresso della basilica (la croce greca si trasforma in croce
latina), infine c’è la realizzazione della nuova facciata. [Precedentemente Clemente VIII aveva cercato di far
coesistere il vecchio col nuovo, si era dedicato alla decorazione interna]
Dunque c’era chi, riprendendo sostanzialmente l’idea di Giacomo della Porta, proponeva una facciata
addossata all’impianto cruciforme senza alterarne la spazialità, un secondo gruppo era invece favorevole ad
un allungamento della navata funzionale all’alto afflusso di pellegrini e fedeli che riempivano lo spazio
interno della basilica. Il primo progetto di Carlo Maderno mostra una facciata declinata da ordini giganti di
colonne corinzie che mantengono il fregio con la dedica al papa (nel punto di attacco all’impianto
michelangiolesco c’è un restringimento, proprio per dividere l’impianto cinquecentesco con quello che
viene realizzato dopo); la facciata si mantiene bassa e piuttosto allungata per evitare che si coprisse la
grande cupola (il progetto di Michelangelo prevedeva invece una facciata molto semplice con un portico
rifacendosi al progetto di Bramante). Il progetto di Maderno prevedeva anche dei campanili ai lati della
facciata ma sapeva che il rischio di alterare il lavoro di Michelangelo era molto alto, i campanili avevano la
funzione di esaltare la cupola al centro ma anche di rendere più imponente ai due estremi una facciata che
risultava piuttosto bassa e allungata; i campanili non furono poi realizzati. La fazione filomichelangiolesca
ebbe a risentirsi con questi lavori: Maffeo Barberini (poi divenuto papa Urbano VIII) disse al papa che un
altro papa avrebbe demolito il disegno di Maderno per restituire quello di Michelangelo.
Martino Ferrabosco, un altro architetto che lavora nella fabbrica di San Pietro, realizzerà un ingresso
monumentale al palazzo vaticano con una porta che è anche torre e campanile (sulla via Alessandrina).

Palazzo Borghese al Quirinale: Sisto V aveva già costruito metà palazzo (aveva acquistato la vigna dei
Carafa, tuttavia la trasformazione del casino Carafa in palazzo pontificio avviene già con Gregorio XIII
(progetto di Ottaviano Mascherino)), Paolo V porterà a compimento l’intero impianto della residenza
dunque concludendo l’edificio attorno al cortile centrale. L’interesse per il colle del Quirinale è giustificato,
per molti pontefici, dal fatto di essere un’altura particolarmente piacevole soprattutto nei mesi estivi.
Scipione Borghese, il nipote del papa, si occuperà della trasformazione della residenza. Successivamente il
palazzo sarà abbandonato e diventerà proprietà della famiglia Rospigliosi-Pallavicini. Il palazzo si mostra
con il suo carattere di palazzo-villa, non si presenta con il prospetto allineato sul filo stradale ma è arretrato
e anticipato da una serie di giardini. Nel palazzo hanno lavorato Carlo Maderno e Giuseppe Vasanzio.
- Casino dell’Aurora con affresco sulla volta di Guido Reni.
Nel palazzo, così come anche nel Casino dell’Aurora, erano conservate le opere dei borghese poi trasferite
da Scipione a Villa Borghese.
- Scalone d’onore di accesso agli appartamenti papali.
- Sala del Concistoro, oggi detto Salone delle feste, progettato da Flaminio Ponzio.
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- Cappellina dell’Annunziata (Flaminio Ponzio) con affreschi di Guido Reni.


Alla morte di Ponzio Carlo Maderno prenderà la direzione della costruzione del palazzo.
- Sala regia, oggi Salone dei Corazzieri, realizzata da Carlo Maderno (le finestre si affacciano sulla via Pia).
- Cappella Paolina.

Interventi stradali di Paolo V, puntuali e capillari, che danno grande funzionalità in punti nevralgici del
tessuto abitativo della città. Nell’area di Montecavallo quindi nelle vicinanze del Quirinale.
- L’acqua Vergine e la Fontana di Trevi: era uno degli arrivi dell’acquedotto vergine.
- Via Paolina: breve tratto a rettifilo che attraversa il rione di Monti verso S. Maria Maggiore dove sarà
realizzata la cappella Paolina (gemella e speculare alla cappella sistina), l’altare è sul fondo e nei bracci
laterali della croce la sepoltura di Paolo V Borghese e di Clemente Aldobrandini che aveva creato cardinale
Camillo Borghese. Proprio in Santa Maria Maggiore la sacrestia viene riprogettata da Flaminio Ponzio, che
era l’architetto della famiglia Borghese.

Paolo V utilizza più spesso il tema delle fontane e delle colonne come elemento identificativo e simbolico
del suo programma architettonico e urbanistico (si ricordi che Sisto V aveva utilizzato gli obelischi).
Grande impresa di Paolo V di portare l’acquedotto dell’acqua Paola dal lago di Bracciano fino al colle
Gianicolo per sostare nella grande mostra dell’Acqua Paola (manifesto di quest’impresa).
La Fontana dell’Acqua Paola: architettura trionfale, con arcate in successione, l’attico con la grande
iscrizione che inneggia all’impresa del papa, è insieme arco trionfale e frontespizio scenico come
scenografia teatrale (elementi di recupero, materiali pregiati come marmi e porfidi). Si trattava di una vera
e propria loggia, dalla quale ci si poteva affacciare, con facciata architettonica ad arco di trionfo;
inizialmente pensata con 5 arcate e 5 vasche per ciascuna arcata, poi modificata nella sua forma da Carlo
Fontana alla fine del ‘600 unificando le 5 diverse conche che raccoglievano l’acqua in un’unica vasca
antistante.
Questo progetto si collegava all’idea di una nuova strada che doveva collegare l’area del Gianicolo con la
parte bassa di Trastevere, dunque era la meta di arrivo di un asse viario.
L’acquedotto viene portato anche in vaticano ad alimentare tutta una serie di fontane:
- Fontana delle Torri nei Giardini Vaticani (progetto di Giovanni Vasanzio)
- Fontana della Galera al Belvedere vaticano (progetto di Martino Ferrabosco, poi di Giovanni Vasanzio); la
galera è stata restaurata recentemente ma era stata oggetto di restauro anche di Gian Lorenzo Bernini che
l’ha rimessa in funzione con i getti d’acqua.

Villa Borghese su progetto di Flaminio Ponzio poi completato da Giovanni Vasanzio. Il casino di villa
Borghese si declina in una forma più moderna e articolata rispetto al tipico progetto di villa extraurbana:
blocco compatto con corpi laterali leggermente in aggetto rispetto alla parte centrale; due torrette sulla
parte posteriore e al centro una loggia affacciata sui giardini privati; ai fianchi della palazzina ci sono i due
giardini segreti cinti da mura di contenimento; tinello o nevaia (lo ritroviamo ancora oggi nel parco della
villa) una specie di struttura che aveva nella parte ipogea una camera dove poter tener in fresco le vivande
e sopra, sulla parte in superficie, una sorta di loggetta a pianta ovale. [Il prototipo della villa suburbana lo
riconosciamo nella villa Farnesina]

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Urbano VIII, Maffeo Barberini, eletto nel 1623. Anni del secondo giubileo, controllo dello stato di
conservazione delle chiese più importanti della città.
Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini si contenderanno il primato in campo architettonico e
modificheranno radicalmente il volto della città di Roma. Si concretizza il concerto di arte e architettura
barocca -> giudizio negativo del Vasari poi rivalutato da Giulio Carlo Argan.
Ampliamento della cinta muraria di Roma con i grandi bastioni ancora oggi visibili. Un’altra importante
opera di fortificazione fu quella delle mura che cingevano la nuova residenza pontificia del Quirinale. Altra
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cinta difensiva fu quella attorno a Castel Sant’Angelo, quindi il Mausoleo di Adriano si trasforma in una
fortezza pontificia; esso viene collegato dal passetto di Borgo al Palazzo Vaticano; all’interno del castello si
trovava anche il tesoro, i forzieri, dei papi.
Restauro dell’antica chiesa di Santa Bibiana (nella zona di Termini) effettuato da Bernini per la parte
architettonica, e Pietro da Cortona per la decorazione della chiesa; il papa ci teneva a intensificare il culto
dei santi martiri in vista del giubileo; il restauro è molto raffinato e cauto nel rispetto delle memorie
antiche. Ciò che viene radicalmente rinnovato è il frontespizio, quindi la facciata che Bernini declina in
modo estremamente originale, mostrandosi come un ibrido tra facciata di un edificio civile e facciata di una
chiesa. Essa si rifà molto all’architettura michelangiolesca per la balaustra -> palazzi capitolini sul
Campidoglio. C’è un confronto anche con l’architettura di Palladio (classicismo molto evidente). All’interno
la chiesa mantiene la sua impostazione con colonne di spoglio che strutturano le 3 navate di questa chiesa,
ma viene trasformata con pochi tocchi architettonici e decorativi che la trasformano in un teatro barocco
(narrazioni pittoriche nei muri in alto della navata centrale); nella parete di fondo Bernini inserisce
un’edicola con colonne, paraste che sostengono una trabeazione con timpano triangolare e c’è una scultura
della Santa rappresentata nella sua enfasi del martirio (il capitello è il tipico ionico michelangiolesco con le
volute inclinate) [Bernini è l’artista che unisce le tre arti: pittura, scultura e architettura]. Utilizzo della luce
come elemento che viene inserito a pieno titolo nella composizione architettonica: in questo caso c’è un
controluce creato dalla finestra posta sul fondo che si percepisce entrando nella chiesa, piano piano
l’occhio si abitua e rivela la rappresentazione; il controluce è bilanciato da un’altra luce che arriva in modo
misterioso da un’altra sorgente che illumina diagonalmente la statua della santa Bibiana (uno dei riquadri
dell’arcone della cappella di fondo).
Baldacchino di S. Pietro che realizza a partire dal 1623 chiamato da Urbano VIII, è un’opera di grande
impatto. La scelta compositiva di questo enorme baldacchino in bronzo, e costituito da 4 colonne tortili,
viene dall’esistenza nella tradizionale pergola o recinto realizzato con colonne tortili tramandato dalla
tradizione del tempio di Gerusalemme che era appunto costituito da colonne tortili (questa tipologia di
colonna salomonica viene ripresa nella costruzione della basilica di Costantino a Roma. Costantino utilizzò
ben 12 colonne per la realizzazione della pergula constantiniana provenienti dall’oriente da due parti
diverse: una parte dalla Grecia, una parte probabilmente dalla Terra Santa. Delle 12 colonne, che sappiamo
essere state utilizzate da Costantino, ne restano 11 perché una è andata perduta: 1 è ritenuta la colonna
santa su cui si è appoggiato Cristo in un momento della passione; 8 di queste colonne vengono posizionate
da Bernini nei cantoni che sostengono la grande cupola michelangiolesca). Il baldacchino per quanto
gigantesco nelle sue dimensioni non interrompe la visione integrale spazio interno della basilica (elemento
leggero e trasparente)

I Barberini necessitavano di un palazzo in città; tra i consulenti dei Barberini c’era Michelangelo Buonarroti
il giovane; la scelta verteva verso l’alta città. Uno dei nipoti di Maffeo Barberini, Francesco che aveva
intrapreso anch’egli la carriera ecclesiastica ed era diventato cardinale acquista dagli Sforza un casino nei
pressi della via Felice e viene coinvolto Carlo Maderno che cura il progetto di una nuova residenza
barberiniana; insieme a Maderno troviamo i 3 maestri del barocco romano: Bernini, Borromini e Pietro da
Cortona. Palazzo Barberini alle quattro fontane la prima idea di trasformazione del casino punta ad un
palazzo d’impostazione tradizionale rinascimentale, quindi un palazzo con cortile centrale simmetrico che
doveva inglobare il casino Sforza (disegno di Carlo Maderno del 1627). Il palazzo viene costruito non
allineato sulla strada ma all’interno del lotto della proprietà. Il palazzo si mostra con due facce: sulla piazza
Barberini (prima piazza Grimana) il prospetto è rettilineo con una successione fitta di finestre con timpani
triangolari (si impone sulla città con la sua grande mole e con le sembianze del classico palazzo urbano), la
parte laterale prospiciente alla via Felice si mostra con un’articolazione diversa cioè con due avancorpi e la
parte centrale è configurata a loggiati sovrapposti su un porticato (questo tipo di prospetto si ripete anche
nella facciata che dà verso il giardino privato dei Barberini) = configurazione ad H. È un palazzo e villa allo
stesso tempo. In questa facciata ci sono tre finestre sovrapposte tutte diverse che si attribuiscono partendo
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dal basso rispettivamente a: Cortona, Bernini (finestra di ordine ionico), Borromini (è una finestra
particolarissima quadrata) -> la sovrapposizione di finestre diverse richiama la San Pietro di Michelangelo;
questo richiamo potrebbe essere un’idea di Maderno che aveva pure lavorato a S. Pietro o un’adesione al
michelangiolismo perseguita anche dai giovani artisti.
Il modello a corte centrale proveniva dal Palais du Luxembourg (da erano molto stretti i rapporti tra i
Barberini e la corte francese).
Pianta definitiva del palazzo dove i due appartamenti vengono distinti: quello di sinistra contiene i resti
della villa Sforza, quello di destra accoglie gli appartamenti del cardinale Francesco. Le scale dei due
appartamenti sono differenti: a sinistra c’è una scala tradizionale ed è attribuita a Bernini (è uno scalone
trionfale); a destra la scala è elicoidale ed è attribuita a Borromini (con suggerimento beniniano nella
dilatazione della forma da circolare o ovale) -> tradizione degli scaloni ovali che vanno da Bramante nel
Belvedere Vaticano passando per Vignola che realizza la scala di Caprarola. Affresco di Pietro da Cortona il
Trionfo della divina provvidenza, che diventa il manifesto della pittura barocca. Particolari delle architetture
delle volte del salone.
Sala ovale, attribuita all’ingegno di Bernini, che guarda verso il giardino posteriore; ci sono paraste che
seguono l’andamento della travata ritmica (campate più strette alternate a campate più ampie).
Ponte ruinante barberiniano realizzato da Bernini come una sorta di gioco scherzoso, di elemento
scenografico, per ricordare un tema a lui molto caro in architettura cioè quello dell’incertezza del passaggio
dall’elemento naturale all’architettura (l’architettura è una manipolazione dell’uomo sull’elemento
naturale, quindi l’architettura deriva dalla natura); ma anche il tema della provvisorietà e della rovina
antiche che è testimonianza di un passaggio -> Il ponte è costituito da elementi che rimandano ad un
linguaggio classico (arcate su colonne).
Teatro stabile di palazzo Barberini realizzato da Pietro da Cortona, oggi ancora esiste anche se nascosto ed
ampiamente trasformato, resta solo il prospetto esterno del blocco dell’edificio.
Sempre a Pietro da Cortona è attribuita una delle 4 fontane tra la via Pia e la via Felice: la Fontana di Diana
realizzata nel 1633.

Nel cantiere di palazzo Barberini PIETRO DA CORTONA era ritenuta una figura marginale poiché gli si attribuiva
solo il grande affresco del salone, tuttavia sono molti i contributi dell’artista nell’architettura del palazzo.
Per i contemporanei Pietro da Cortona godeva di una grande fama come pittore ma anche architetto,
mentre noi in tempi più recenti abbiamo considerato un po’ meno il suo ruolo di architetto del barocco;
solo molto più recentemente sono stati fatti degli studi più approfonditi sugli interventi architettonici di
Cortona che hanno rivalutato il suo ruolo come architetto.
Pietro da Cortona giunge giovanissimo a Roma, nel 1612, al seguito di Andrea Commodi e poi si avvicinò a
Baccio Ciarbi che lo introdusse negli ambienti degli oratoriani. Tuttavia è grazie a Marcello Sacchetti, ricco
mecenate, e Cassiano dal Pozzo, erudito e segratario del cardinale Francesco Barberini, che il giovane
pittore cortonese prende contatto con la corte barberiniana di papa Urbano VIII -> Appartenere al circolo
barberiniano lo porteranno ad entrare nell’Accademia di San Luca. Cortona non aveva avuto una specifica
educazione in architettura ma lo si può considerare come l’ultimo dei grandi pittore che sebbe eccellere
anche in architettura.
Tombe di Bernardo e Guglielmi e Girolamo Aleandro, realizzate dal Cortona in S. Lorenzo fuori le mura per
due intellettuali della corte barberiniana: è una doppia tomba parietale che ha subito modifiche dal
progetto iniziale che prevedeva una struttura tridimensionale.
Cortona, mentre è impegnato a palazzo Barberini, si dedica ad uno studio sul feudo di Palestrina, feudo
acquisito nel momento in cui avviene l’ascesa di Maffeo Barberini al soglio pontificio. Fu comprato dai
Colonna. Il cardinale Francesco pensa probabilmente ad una residenza extraurbana. Cortona elabora un
disegno che elabora il tempio della Fortuna Primigenia.
Pietro da Cortona disegna un costosissimo apparato per la festa delle quarant’ore che si celebrava in
prossimità della Quaresima. È un apparato effimero che riproduce l’interno di un teatro sacro, con colonne
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corinzie, rappresentazione del santissimo sacramento al di sopra dell’altare.


Il tema delle colonne libere che ritmano l’architettura e si distaccano dalla parete di fondo è molto caro a
Pietro da Cortona, lo ritroviamo in molte sue opere e forse riprende l’idea michelangiolesca
dell’ambivalenza dell’architettura costituita da pareti e membrature -> chiesa dei Santi Luca e Martina:
capolavoro dell’artista e in questa chiesa egli avrebbe voluto avere la propria sepoltura; Pietro da Cortona
propone di scavare, a proprie spese, perché si diceva che ci fossero delle reliquie ed infatti nel 1634
vengono trovate le reliquie di santa Martina e di altri due santi Epifanio e Concordio. La facciata che Pietro
da Cortona disegna è molto particolare, ben distante dalle facciate delle chiese cinquecentesche romane: le
paraste sembrano stringere la parte centrale della facciata che crea una sorta di convessità (è uno dei primi
esempi di facciate tipicamente barocche); fregio con iscrizione a carattere capitali che celebra i santi e i
committenti, appunto i Barberini; la chiesa presenta una pianta a croce greca che riprende il progetto
michelangiolesco di S. Pietro (tuttavia c’è una leggera lunghezza del braccio d’ingresso alla chiesa), e i bracci
vengono arrotondati alla loro terminazione. All’interno osserviamo l’uso delle colonne e delle paraste
ioniche con i capitelli divaricati a 45° in fuori, quindi secondo la modalità michelangiolesca; grande
trabeazione al di sopra; arcate che sostengono attraverso pennacchi la grande cupola centrale a cassettoni
geometrici con costoloni (Pantheon e S. Pietro) -> effetto vibrante di luce e ombra, l’ombra è creata dalle
sovrapposizioni architettoniche. In quest’architettura, Pietro da Cortona che era un eccelso pittore, non
utilizza alcun elemento decorativo, è tutto bianco a riprodurre la pietra nobile, cioè il travertino = è
l’architettura stessa che è ornamento massimo. Sull’altare maggiore è rappresentato il martirio di santa
Martina. Nel sacrario della chiesa, dove c’era la tomba ipogea della santa e dove anche Pietro da Cortona
voleva essere sepolto, è osservabile una decorazione con marmi policromi ed elementi in bronzo. La
lanterna che conclude esternamente la cupola è di disegno molto originale e distante dagli esempi
cinquecenteschi.

FRANCESCO BORROMINI giunge a Roma nel 1519. È la figura che più seppe fondere insieme gli aspetti
fondamentali dell’arte architettonica. C’è un’arcaica modalità di realizzazione nei cantieri di Borromini.
Chiesa di San Carlo alle quattro fontane: riprogettazione e ricostruzione del convento e della chiesa per i
trinitari spagnoli. Spazio conventuale con un chiostro affiancato dal corpo della chiesa. Il chiostro viene
declinato in una maniera originalissima e riusciamo a leggere un linguaggio architettonico derivato dalla
tradizione lombarda: Borromini gioca con il tema architettonico della serliana (arcata e due intercolumni
più ravvicinati che sono architravati, appunto molto utilizzata in area lombarda); gli angoli sono smussati a
45°; le colonne sono a fusto circolare ma con capitello poligonale (anche questa è una caratteristica che
deriva da una cultura nord peninsulare); bianco dell’intonaco ->licenze formale di Borromini nei dettagli =
balaustrini messi in modo alternato a formare una balaustra originale; basi delle colonne che non ripetono
le modanature classiche ma sono modanature molto libere e personali. La pianta della chiesa è cruciforme
che viene trattata anamorficamente, viene deformata fino ad assumere una forma particolarissima e
mistilinea molto affascinante. All’interno della chiesa si notano gli smussi angolari; cupola ovale (ovata),
nell’intradosso riconosciamo anche la complessa composizione geometrica cui era dedito Borromini nel
trovare sempre un incastro complicato = cassetto nato con ottagoni, esagoni e croci. Piccola scala a lumaca
che porta nel piccolo vano ipogeo della cripta. La facciata diventa l’elemento cardine di rappresentazione,
Borromini unisce la spinta verso l’esterno data dall’abside d’ingresso e la facciata si flette ad ali di gabbiano;
nicchie che si sovrappongono alle finestre nel registro inferiore (successione di linee), nel registro superiore
c’è la successione delle tre concavità (particolare degli angeli svolazzanti con le grandi ali che sostengono il
medaglione centrale).
Oratorio dei filippini: Facciata concava (la convessità è nella parte centrale) con paraste all’ordine inferiore,
semicolonne addossate nella parte centrale e coronamento con timpano mistilineo. Facciata in mattoncino
al posto del travertino proprio per distinguerla dalla chiesa, l’oratorio infatti era stato pensato proprio di
fianco all’ingresso della chiesa di Santa Maria alla Vallicella. Le finestre sono sempre una reinterpretazione
originale di forme e modelli del passato. Al piano superiore dell’oratorio ci sarà l’ambiente della biblioteca
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vallicelliana. L’oratorio, di forma rettangolare (tuttavia i punti morti degli angoli sono eliminati), si mostra
estremamente raffinato nella sua architettura scandita da paraste di ordine ionico; sviluppo verticale
tipicamente neogotico; volta ribassata con ovale centrale che racchiude l’affresco della rappresentazione
dell’Assunta di Francesco Romanelli. L’uso delle paraste che abbracciano più piani è una ripresa del lessico
michelangiolesco, paraste composite che si trovano all’interno del cortile del chiostro del convento dei
filippini; la soluzione adottata da Borromini è di incurvare la parasta in modo da dare una continuità tra i
prospetti interni dello stesso chiostro. Salone della biblioteca con paraste che simulano un soffitto in
materiale lapideo (in realtà è a cassettoni in legno)
Progetto di ristrutturazione di Palazzo Carpegna oggi sede dell’Accademia di San Luca. Ingresso con
vestibolo molto lungo su cui si apre una scala semicircolare; cortile ovale (forma tipica del barocco). Scala
ovale di Borromini il cui accesso avviene da un passaggio estremamente raffinato costituito da una coppia
di colonne che sostengono un fastigio con due cornucopie rovesciate che si intrecciano e si appoggiano sui
due capitelli corinzi.
Galleria di palazzo Spada all’interno del palazzo del cardinale Bernardino Spada. È una sorta di esperimento
ottico-scientifico-prospettico. Corridoio costituito da un colonnato di ordine dorico con trabeazione che
sostengono una volta a botte cassettonata = impostazione molto classica -> gli architetti del barocco
utilizzano quelle che sono le scoperte scientifiche in ambito di percezione per creare suggestioni. Il
pavimento è in salita, la volta a botte è in discesa, infine un restringimento laterale del passaggio dal punto
di partenza al punto di arrivo (una persona arriva a poter toccare con le mani la volta).
Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza realizzata nel complesso dell’archiginnasio di Roma. Era stato Bernini a
raccomandare la figura di Borromini al cardinale Maffeo Barberini per quest’opera. Lanterna con
coronamento a elica/a lumaca. La costruzione di questa chiesa investe più pontificati: da Urbano VIII, a
Innocenzo X e Alessandro VII. La pianta adottata si rifà ad una forma esagonale (triangoli equilateri che si
incrociano). La cupola è tenuta nascosta all’esterno dal tiburio polilobato. All’interno paraste scanalate di
ordine corinzio; stelle e monti(intervallati dai rami di quercia)=emblema chigiano. All’esterno, sulla
lanterna, tra la palla e la croce riconosciamo la colomba con il ramoscello d’ulivo.

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Innocenzo X (1644 – 1655 Giovanni Battista Pamphilj) questo nuovo pontificato segnò un cambiamento
nella politica pontificia che si accostò all’altra monarchia cattolica, quella spagnola.
Negli anni del pontificato di Innocenzo X Borromini ebbe la possibilità di esprimersi nelle sue opere più
importanti (fu l’architetto del quale più si servì il papa)
Questo pontificato era vicino ad un evento importante, ovvero il giubileo del 1650, e il papa si concentrò sul
restauro delle quattro basiliche di Roma. Per la Basilica di San Pietro porta a compimento la decorazione
dell’interno della basilica: completamento delle logge a costituire un vero e proprio “teatro sacro” nel
centro della basilica e sopra la tomba di Pietro (il centro della basilica costituiva sostanzialmente il punto di
arrivo del pellegrinaggio universale). Decorazione marmorea della navata centrale e delle laterali: marmi
policromi in una combinazione ricercata e raffinata. Particolari scultorei (tutti i materiali contribuiscono per
l’allestimento scenografico): allegorie che si poggiano sulle parti architettoniche della basilica.
Palazzo Ludovisi in Montecitorio realizzato da Bernini per il principe Niccolò Ludovisi che aveva sposato una
nipote del papa. Immagina un’architettura che si discosta dal tradizionale palazzo nobiliare: la facciata
principale è scandita da 5 settori che si flettono (seguono una linea spezzata) con un avanzamento della
parte centrale, è estremamente dinamica che si mette in stretto dialogo con lo spazio antistante, c’è una
serliana con due figure alate con le trombe che reggono il grande stemma pontificio. Carlo Fontana
riprende il cantiere e completa il palazzo realizzato solo a poco più del 1° piano (il cantiere viene interrotto
a causa di contrasti familiari). Nel primo livello Bernini utilizza il tema della scogliera per cui gli angoli, le
paraste, i davanzali delle finestre sono trattati con la roccia naturalizzata che subisce la metamorfosi e i
trasforma in architettura. (Il tema della naturalizzazione dell’architettura è un tema su cui si concentra la
vena creativa di Bernini)
STORIA DELL’ARCHITETTURA

Borromini si occupò invece del restauro della Basilica di San Giovanni in Laterano che era in condizioni
fatiscenti, nella sua antica veste di basilica costantiniana a 5 navate. Pilastri che contengono le antiche
colonne della basilica paleocristiana; nella controfacciata grande loggia; soffitto cinquecentesco che si
appoggia sulla trabeazione sostenuta dalle grandi paraste giganti corinzie
Basilica di San Paolo fuori le mura, il progetto di ristrutturazione poi non verrà messo in atto.
Programma minuzioso per dare rappresentatività alla propria figura e alla propria famiglia, proprio nel
cuore di Roma, in piazza Navona, si concentra l’attenzione di Innocenzo X con una serie di proprietà
immobiliari (palazzo e chiesa)->la piazza viene scelta per diventare una piazza pamphiliana, foro
pamphiliano (era l’area del circo domiziano). Già esistevano le due fontane agli estremi realizzate da
Giacomo della Porta; in questa stagione di lavori troviamo coinvolti Borromini, Bernini e Pietro da Cortona.
Costruzione di un grande palazzo che fiancheggia la chiesa di Sant’Agnese in Agone (che diventerà chiesa
palatina), realizzato dai Rainaldi e poi è intervenuto Borromini. Borromini propone un cortile in forma di
circo (forma ovata). Serliana elegantissima che si affaccia sulla piazza, è riprodotta specularmente dall’altro
lato. Galleria affrescata da Pietro da Cortona. => rimando ai palazzi imperiali del palatino che affacciavano
sul Circo Massimo.
Per quanto riguarda la chiesa: concavità della facciata per dare maggiore risalto alla cupola; facciata bassa e
piuttosto ampia orizzontalmente.
Intervento sulla piazza con la realizzazione della Fontana dei 4 fiumi al centro e proprio di fronte alla chiesa
borrominiana (ribadisce la presenza dell’acqua nella piazza). Bernini propone il tema della scogliera che
viene generata dall’acqua e si conforma in un arco quadrifronte (nell’antica Roma esistevano molte di
queste composizioni). Oltre al tema trionfale, la fontana, rimanda al tema del circo. La piazza poteva essere
appena allagata per far svolgere giochi con le carrozze ricordando il tema delle naumachie. La fontana
voleva rappresentare il primato del papato sull’intero mondo simboleggiato appunto dai 4 fiumi che
indicano i 4 continenti: il Nilo, il Danubio, il Rio de la Plata, il Gange (il leone si fa largo tra i massi della
scogliera=animali che animano la parte bassa della scogliera, vediamo anche un serpente, un cavallo). La
vista dall’alto ci permette una visione zenitale della fontana, è un’immagine parlante delle 4 parti del
mondo, sembra un mappamondo, è una trasposizioni in architettura e scultura dei 4 fiumi nella loro
posizione rispetto a quanto si conosceva al tempo della geografia (il polo artico veniva descritto come una
sorta di montagna da cui discendevano i 4 fiumi che appunto formavano i 4 continenti).
Negli schizzi si vede una sorta di saetta, è un elemento enigmatico. In alcuni punti di travertino sono state
trovate tracce di colore, quindi la fontana doveva avere dei colori, in particolare delle dorature (i pagamenti
riportano delle notizie sulle dorature). Quindi la saetta rappresentata nel disegno era il simbolo della luce
divina riprodotto poi con la doratura.
Progetto per una villa Pamphilij di Borromini, mai realizzato. La villa doveva essere realizzata sopra il
Gianicolo, nei pressi della porta di san Pancrazio. Il principe Camillo Pamphilij non ritenne di dover
realizzare quest’interessante opera. Borromini aveva in mente quest’edificio che doveva essere una sorta di
allegoria, di architettura concettuale, ma doveva essere un luogo di svago, di scambio di informazioni
scientifiche. Si tratta di una villa pensata in forma di fortezza (ricordo dei tempi passati) ma strutturata con
portici, colonnati, elementi centrali che svettano; al centro doveva esserci una sala che doveva costituire il
cuore della costruzione. Esiste un documento in cui Borromini descrive in modo analitico il suo progetto; i
disegni conservati ci fanno comprendere il valore del progetto, era un esercizio architettonico, non aveva
una vera e propria finalità se non quella della contemplazione (macchina matematica e astronomica).

Villa Sacchetti detta il Pigneto (Pigneto=zona nei pressi del Vaticano), esistevano una fontana e un antico
casale che vengono ripensati in nuovo progetto da Pietro da Cortona. Oggi non resta più nulla di questa
realizzazione se non alcuni frammenti ritrovati in scavi archeologici; la villa era stata abbandonata quasi
subito perché la zona si era rivelata malsana e quindi non vivibile in modo agiato. In realtà i lavori iniziano
prima del pontificato di Innocenzo X, ma in questo periodo (1648-1650)viene completata con le ultime
integrazioni. Si tratta di un casino molto piccolo, quindi non una villa di grandi dimensioni, ma tutto è
STORIA DELL’ARCHITETTURA

giocato sul tema della decorazione scenografica, del rimando al linguaggio antico, è una vera e propria
scena teatrale. Nicchia nel centro del fondale architettonico, cattura l’occhio, rimanda all’architettura
antica, in particolare alla ricostruzione del santuario della Fortuna Primigenia di Palestrina. Pineta che
contornava la proprietà dei Sacchetti.

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Nel 1655 sarà il cardinale Fabio Chigi a salire sul soglio pontificio con il nome di Alessandro VII. Sarà
ricordato per aver portato a compimento il progetto di una Roma moderna partito diversi anni prima da
Sisto V. Tuttavia il contesto storico era piuttosto diverso rispetto a quello dei pontificati precedenti, in
particolare dopo la pace di Vestfalia l’importanza del pontificato di Roma era venuta meno.
Il programma architettonico urbanistico viene ricordato come straordinario, del resto l’interesse di Fabio
Chigi per l’architettura risale alla sua giovinezza (aveva studiato i testi di Vitruvio); sappiamo dalle fonti e
dal suo diario, che annotava sistematicamente, che partecipa in prima persona all’attività progettuale e che
il giorno stesso della sua elezione chiamò Bernini per chiederne la collaborazione e per avviare il suo piano
di grandi opere per il progetto ambizioso di Roma alessandrina. Bernini può dare finalmente dimostrazione
delle sue capacità di creatore d’immagini, di regista della Roma barocca e delle sue doti d’architetto poiché
nei pontificati precedenti aveva avuto poche occasioni di dimostrare le sue doti di progettista mentre era
ormai acclarata la sua fama di grande scultore. Quindi Bernini diventa l’interprete principale delle iniziative
papali anche se avremo Pietro da Cortona, in parte Borromini e anche Carlo Rainaldi, ma anche altri
architetti come Domenico Castelli, Martino Longhi il giovane, Giovan Battista Mola, Giovan Francesco
Contini -> senza questo collettivo non sarebbe stato possibile realizzare il nuovo volto di Roma.
L’importanza della trasformazione urbana della città è data anche dalla raccolta di vedute di Lieven Cruyl
che sono proprio degli anni di Alessandro VII e riproducono i poli principali della città con le fabbriche
alessandrine viste appunto nel loro contesto urbano, con un’ampia focale di rappresentazione ( vediamo la
sistemazione di Piazza del Popolo, Via del Corso, Piazza Colonna che diventa l’enclave chigiano).
Alessandro VII come novello Alessandro Magno, ma anche rifondatore della Roma alessandrina e quindi si
pone come novello Romolo è testimoniato dal restauro della Piramide di Caio Cesto (1663)= richiamo con
l’antico; disegno con grande albero di quercia, che si poggia sulla cuspide della piramide, che sostiene i
monti chigiani, la stella e la croce; la piramide viene dedicata ai Ss. Pietro e Paolo. [Alessandro VI Borgia
aveva demolito la Meta Romuli, corrispondente della Meta Remi, ossia la Piramide di Caio Cesto].
La piazza con la colonna di Marco Aurelio (o colonna antonina) viene scelta da Alessandro VII per favorire la
residenza della propria famiglia; in questa piazza vi era il palazzo che era di proprietà degli Aldobrandini che
fu ristrutturato per renderlo alla famiglia Chigi; vi era la fontana realizzata da Giacomo della Porta; più
dietro la più piccola piazza di Montecitorio. Bernini intervenne nella progettazione della piazza Colonna che
si trasforma in una nuova enclave chigiana.
Il palazzo degli Aldobrandini fu acquistato nel 1559. Palazzo Chigi -> progetto di Pietro da Cortona: il
palazzo si mostra col suo frontespizio estremamente scenografico trionfale, con una grande arcata al centro
inquadrata da coppie di colonne trabeate; fontana con scogliere e figure delle divinità fluviali in basso. Il
progetto non fu approvato e restò un’idea abbandonata. Palazzo Aldobrandini fu trasformato da Vincenzo e
Felice della Greca, due architetti al servizio della famiglia Chigi.
Santa Maria in via Lata (via del Corso): Pietro da Cortona ricostruisce la facciata della chiesa che mostra
dunque un nuovo prospetto monumentale, trionfale. Le fasi costruttive della facciata sono due: il primo
livello con il porticato risale al 1658, preludeva anche agli ambienti sotterranei; la seconda fase inizia nel
1661 con Alessandro VII finanzia la sopraelevazione della facciata con una loggia delle benedizioni -> motivo
architettonico della serliana (strettamente legata alla celebrazione del papato).
La galleria di Alessandro VII nel palazzo del Quirinale (galleria alessandrina): palazzo ormai pressoché
completato dopo l’intervento di Sisto V, Alessandro VII interviene con la definizione architettonica di una
galleria, è Pietro da Cortona che interviene tra il 1655 e il 1656 con i suoi allievi (oggi non è più possibile
vederla nella sua interezza perché è stata divisa in 3 sale). Alessandro VII si era fatto costruire in questa
STORIA DELL’ARCHITETTURA

galleria un plastico di Roma per poter meglio discutere con gli artisti e architetti che era solito ricevere in
questo spazio. Decorazione a finto colonnato (successione di coppie di colonne giganti) con rilievi a
monocromo che rappresentano le fabbriche che Alessandro VII stava realizzando.
Restauro della Sala ducale in Vaticano: Bernini interviene in modo estremamente scenografico, allarga il
passaggio tra due sale antiche rompendo muri portanti e inserendo travi di ferro che vengono camuffate da
un drappo realizzato a stucco (come fosse un sipario) sostenuto in volo da putti e decorato a damasco.
Santa Maria della Pace: pochi ma significativi ritocchi decorativi; la cupola, su tamburo ottagonale, viene
ricostruita su progetto di Pietro da Cortona con tutta la decorazione dell’intradosso: costoloni di S. Pietro e
cassettoni del Pantheon (l’impianto dell’edificio è tardoquattrocentesco). Il tema richiesto per la facciata
dallo stesso Alessandro VII era quello di un portico che rimandava al tempio della pace (il tema della pace
diviene il tema politico utilizzato dal papa). Pietro da Cortona taglia una parte degli edifici che erano
presenti attorno alla vecchia chiesa per ridefinire una nuova piazza. La chiesa è poi affiancata dal chiostro,
opera di Donato Bramante, che è una delle opere più importanti del primo ‘500 romano.
Costruzione lungo la via Pia dell’edificio denominato Manica lunga che doveva ospitare gli alloggi della
guardia svizzera. In un primo tratto della costruzione di questo lungo corpo di fabbrica, raggiungerà il
portone di accesso ai giardini venendosi a trovare quasi esattamente di fronte alla chiesa di Sant’Andrea al
Quirinale (il corpo sarà poi allungato nel ‘700 con lo stesso disegno del corpo berninano per poi concludersi
con il cosiddetto Palazzetto del segretario della cifra). [disegno di Bernini per una nuova disposizione dei
Dioscuri nella piazza del Quirinale per formare una fontana]
Sant’Andrea al Quirinale commissionata dall’ordine dei gesuiti che aveva in questo punto una piccola chiesa
del noviziato, l’idea era dare una nuova forma a questa chiesa modesta visto che la nuova strada che
portava al Quirinale aveva acquistato notevole importanza. L’idea di restaurare questa chiesetta/cappellina,
era già venuta a Innocenzo X che attraverso Borromini aveva ottenuto un progetto che però non era stato
messo in atto; Alessandro VII tornò su questo progetto anche dietro le pressioni dei gesuiti. Bernini si fa
subito carico della progettazione di questa chiesa ma Alessandro VII non volle impegnarsi nella
realizzazione di questo progetto che fu dunque finanziato dai gesuiti con la partecipazione diretta del
principe Camillo Pamphilj che era il nipote di Innocenzo X, evidentemente l’intenzione del papa precedente
resta comunque ereditata nella volontà della stessa famiglia. Bernini la definisce come una delle sue opere
meglio riuscite. Il primo progetto prevedeva una chiesa a pianta pentagonale perchè era stato richiesto dai
gesuiti di avere 5 altari; poi il progetto variò e venne scelta dall’architetto la forma dell’ovale in senso
trasversale, abbiamo dei disegni, era un po’ distante dal filo stradale; ancora il progetto cambia e Bernini
progetta una chiesa che si lega invece al rettifilo della strada. La facciata è molto semplice: un’unica edicola
gigante con paraste corinzie, timpano triangolare (ricorda Michelangelo nel Palazzo dei Conservatori in
Campidoglio); dietro la facciata si percepisce bene la forma ovata della chiesa, è una sorta di pantheon
allungato, anamorfizzato. La chiesa presenta 5 cappelle, quella maggiore è disposta sul fondo, e sono
ricavate entro lo spessore murario come il pantheon. Il visitatore entra dentro la chiesa e dopo pochi passi
si trova al centro della composizione, egli è spiazzato dal fatto che la chiesa si sviluppa trasversalmente. In
questo teatro si rappresenta il martirio di Sant’Andrea che si volge proprio nella cappella di fondo (pala
d’altare di Borgognone) che prolunga l’asse longitudinale che è ridotto rispetto a quello trasversale; dei
pilastri bloccano quest’allungamento trasversale; la disposizione delle cappelle è a croce di Sant’Andrea
(croce a bracci ravvicinati). La figura di Sant’Andrea compare anche nella trabeazione dell’altare maggiore,
sul timpano curvilineo: è una figura in stucco che vola sulle nuvole. Nella cupola ci sono grandi finestre che
corrono sopra la trabeazione; luce che entra dalla lanterna correndo lungo le dorature e inondando di luce
la chiesa (la luce per Bernini è fondamentale e utilizza vari tipi di illuminazione nei suoi progetti). Iscrizione
interpretata da Bernini in modo estremamente scenografico e originale: è un cartiglio che si flette retto da
figure alate che reggono anche lo stemma pamphiliano sulla porta d’ingresso della chiesa in controfacciata.
Collegiata di Santa Maria Assunta: Il cardinale Flavio Chigi aveva acquistato nel 1661 un piccolo territorio
dalla famiglia Savelli in cui c’era il palazzo, l’intento era ristrutturare il palazzo ma anche realizzare una
chiesa di fronte, si crea una piazza chigiana. Bernini lavora dunque ad Ariccia ancora sul tema pantheon
STORIA DELL’ARCHITETTURA

(questo progetto precede di poco quello di Sant’Andrea al Quirinale. La cupola estradossata con lanterna;
davanti un portico su pilastri (-> pronao del pantheon); ali laterali in forma di palazzo; le due fontane sulla
piazza sono due fuochi che rafforzano l’immagine frontale della chiesa.
La chiesa di San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo chiesa con pianta a croce greca
Nell’ambizioso programma di Alessandro VII per una Roma alessandrina, era necessario porre una
premessa a quella che era stato l’enclave chigiano che ha il suo fuoco nella Porta del Popolo o Porta
Flaminia (era l’ingresso principale alla città). Essa era stata nobilitata negli anni ’60 del ‘500 da papa Pio IV:
porta racchiusa tra due torri quadrangolari. Nel 1655 per l’ingresso trionfale della regina Cristina di Svezia,
invitata da Alessandro VII perché si era convertita al cattolicesimo, Alessandro VII progettò festeggiamenti e
apparati per rinnovare la città (per il papa la conversione della regina era una sorta di rivincita del
cattolicesimo romano sull’Europa eretica); il papa chiese a Bernini di realizzare apparati effimeri nella piazza
che poi vengono tradotti in apparati stabili, in una ridefinizione della facciata della Porta del Popolo nella
parte interna. All’interno l’architettura assume una configurazione ad arco trionfale in chiave barocca,
berniniana con un ricco fastigio nella parte superiore con due volute raccordate da una ghirlanda che
sostengono l’emblema dei 6 monti chigiani; sul fianco c’è la facciata della chiesa quattrocentesca di S.
Maria del Popolo anch’essa poi investita da un rinnovamento interno. Piazza di forma trapezoidale nel
progetto di Valadier che tuttavia non sarà attuato.
Progetto di decorazione della facciata di Palazzo Farnese di Carlo Rainaldi, architetto attivo per Alessandro
VII = disegno che mostra l’apparato effimero da collocare nella parte centrale del prospetto del palazzo.
Chiesa di Santa Maria del Popolo: chiesa dell’ordine degli agostiniani + chiese gemelle: Santa Maria di
Montesanto e Santa Maria dei Miracoli.
Piazza del Popolo -> Tridente = Via del Babuino, Via del Corso e Via di Ripetta, si tratta di una delle massime
realizzazioni urbanistiche del XVI sec.
Chiesa di Santa Maria del Popolo: Bernini realizza un ennesimo apparato scenografico con queste figure
architettoniche sulla trabeazione delle arcate ad animare in chiave teatrale lo spazio liturgico; angeli che
sembrano reggere e indicare la pala; cantorie arricchite dagli elementi araldici chigiani (in una cantoria
anche le canne dell’organo vengono avviluppate dai rami di quercia dorati).
Scalinata di Trinità dei Monti: avrebbe dovuto rappresentare un elemento scenografico di ascesa, era un
progetto molto difficile e delicato perché si realizzava in un’area dove c’erano le due forti presenze
straniere: la Spagna con il palazzo sottostante della residenza dell’ambasciatore spagnolo; nella parte alta il
complesso dei padri minimi francesi. L’abate Benedetti propone a Bernini un progetto per una scalinata
monumentale ma Alessandro VII non diede il permesso (il progetto vedeva il re Sole in una statua equestre;
la presenza così forte di un re straniero sarebbe stato un affronto).
Nel 1662 per la nascita del delfino di Francia Bernini allestì una scenografica macchina pirotecnica effimera.
Villa il Vascello a Porta San Pancrazio: è una villa che viene ideata in forma di vascello; l’edificio è
posizionato sulla scogliera. Di questa villa ne resta pochissimo, è stata quasi completamente demolita
durante l’inizio del’800.
Episodio increscioso: scontro tra le guardie corse (guardie che erano al servizio del papa) che avevano
attaccato le milizie al servizio dell’ambasciatore di Francia -> incidente diplomatico molto grave per cui il
papa fu costretto ad accettare la rimozione dell’antico corpo di guardia delle guardie corse e addirittura il
posizionamento nella piazza degli Specchi di una Piramide in cui raccontava con esplicite iscrizioni ciò che
era accaduto in quel momento.
Nel 1664 Bernini si reca a Parigi chiamato da Luigi XIV per l’ambizioso progetto di una costruzione per una
nuova reggia: il palazzo del Louvre doveva diventare la sua nuova residenza. Il disegno mostra
un’architettura nuova per il mondo francese e parigino, distante dal linguaggio architettonico francese o
comunque nordeuropeo. Il progetto prevedeva un edificio con un incavo centrale abbracciato da due ali
laterali; semicolonne corinzie; serliane del secondo ordine che nobilitano il prospetto del palazzo; l’edifico si
poggiava su delle scale che rimandano in qualche modo ad una scogliera. Questo primo progetto non fu
pienamente accolto dal re sebbene conoscesse a Bernini una genialità nelle sue proposte, ma dovette fare i
STORIA DELL’ARCHITETTURA

conti con gli architetti francesi che ostacolavano le proposte di Bernini troppo lontane dalle loro soluzioni
architettoniche. Nel secondo progetto si ritorna al tema della concavità (effetto mobile e dinamico
dell’architettura); anche questo progetto non verrà accolto pienamente e Bernini continuerà ad elaborare
nuove idee per convincere il re ad avviare il cantiere. Nel terzo progetto si vede in modo più evidente il
tema della scogliera.
Sistemazione della piazza davanti a Santa Maria sopra Minerva che viene arricchita e decorata da un
obelisco poggiato sulla groppa di un elefante. L’occasione di questo intervento si ebbe dal ritrovamento di
una coppia di obelischi egizi nel giardino dei domenicani della chieda della Minerva; uno di questi fu
appunto trasportato nella piazza per volere di Alessandro VII. L’elefante guarda verso il palazzo adiacente e
con la proboscide sembra quasi voler indicare un altro monumento che è lì a due passi: il Pantheon. L’opera
sarà realizzata da un allievo di Bernini, Ercole Ferrata.
Progetto più significativo di Alessandro VII Chigi, ossia il progetto di sistemazione della piazza della basilica
vaticana. Piazza che è teatro e circo in qualche modo (rimando al Colosseo), vuole dare l’impressione di una
chiesa grande e accogliente capace di accogliere non solo i cittadini di Roma -> universalità. Progetto per
una pavimentazione cosmologica in cui erano presenti gli emisferi celesti. L’ovale ha molti significati: teatro,
funzionamento cosmologico, idea delle due braccia che accolgono simbolicamente i fedeli. Il portico
tuscanico è anche l’occasione di avere dei percorsi coperti a 3 corsie (quella centrale è la privilegiata).
Corridore scandito da coppie di paraste doriche che arriva alla scala regia che porta all’appartamento del
papa. La scala era prima abbastanza angusta perché gli appartamenti erano molto antichi, Bernini dà
grande enfasi e monumentalità all’accesso, la scenografia è massima nell’arcata: vediamo lo stemma del
papa sostenuto da figure alate con le trombe che inneggiano al papa Alessandro. Scala a doppia rampa,
pianerottolo intermedio che dà un effetto di luce fenomenica.
Cattedra di San Pietro (1666) doveva contenere la presunta reliquia lignea della cattedra di Pietro; corona di
angeli che vorticosamente girano attorno alla finestra ovata.
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Clemente IX, ovvero il pistoiese Giulio Rospigliosi, uomo di altissima cultura, artista egli stesso (fu un
drammaturgo) e raffinato committente d’arte. Il breve pontificato dal 1667 al 1669 mostra, pur nella sua
brevità, caratteri interessanti e importanti.
I grandi maestri del Barocco, Borromini, Bernini e Pietro da Cortona, erano ormai alla fine del loro lavoro, in
realtà vissero solo Bernini e Pietro da Cortona sebbene molto anziani (Bernini fu l’unico protagonista e
regista di tutto il programma artistico e architettonico).
Tra le prime grandi imprese iniziate da papa Clemente IX fu quella del completamento del teatro vaticano,
cioè la sistemazione della piazza che era rimasta incompiuta alla morte di papa Chigi -> costruzione del
braccio sinistro della monumentale scalinata che porta alla basilica; messa in opera delle statue sul
colonnato (=porta a compimento uno dei progetti più significativi e importanti della nuova Roma barocca. Il
papa, come tutti i papi, voleva lasciare un segno in questa zona così importante). Una prima idea fu quella
di realizzare un corpo di fabbrica, nel braccio meridionale che era ancora in costruzione, da innestare al di
sopra e destinare alla sede del conclave, ma questo progetto fu abbandonato e dovette pensare a qualcosa
di nuovo. (Ponte Sant’Angelo) L’attenzione del papa cadde sull’accesso del borgo vaticano, ovvero
l’attraversamento del Tevere che veniva percorso dalla moltitudine dei fedeli; l’unico attraversamento era
quello in corrispondenza di Castel Sant’Angelo, l’antico ponte Elio, che era sostanzialmente una strettoia
che a volte si rivelava pericolosa perché si creavano incidenti e ingorghi. Dunque Clemente IX pensa di dar
vita ad un ingresso, un attraversamento, imponente per raggiungere la meta del pellegrinaggio cristiano =
restauro dell’antico ponte Elio. Recuperando l’antica immagine del ponte con le statue trionfali, Bernini
riprende quest’idea, pensando ad un restauro in una chiave teatrale-scenografica di grande effetto e
significato. Bernini immaginò lungo il percorso un passaggio fortemente evocativo, l’idea era quella di
realizzare un itinerario per i fedeli che fosse di purificazione e meraviglia, coinvolgendo il passante
attraverso la rappresentazione del dramma della passione messa in atto da 10 sculture che rappresentano i
10 angeli che tengono in mano gli strumenti della passione di Cristo; dunque passare attraverso il ponte era
STORIA DELL’ARCHITETTURA

per i fedeli in qualche modo vivere lo stesso cammino di Cristo. Ai 10 angeli si aggiungono nella testata
verso la città la due statue più antiche, posizionate nel ‘500, dei Santi Pietro e Paolo. Bernini scolpisce
personalmente i due angeli con il cartiglio e la corona di spine, mentre invece gli altri sono realizzati dagli
scultori eccelsi che facevano parte della sua bottega.
Clemente IX visti gli angeli in bottega, andava spesso nello studio di Bernini per vedere come procedevano i
lavori, volle che gli angeli realizzati personalmente da Bernini fossero mandati a Pistoia, nella chiesa dello
Spirito Santo alla quale il papa era molto legato, e così Bernini scolpì altri due angeli uguali da mettere sul
ponte. Tuttavia la morte del papa fece sì che queste due statue non fossero inviate a Pistoia e restassero
nella bottega di Bernini, fino a quando il cardinale nipote Giacomo Rospigliosi (tutti i Rospigliosi erano
approdati a Roma) li fece trasferire nella chiesa di Sant’Andrea delle Fratte.
Già prima del pontificato (e questo testimonia la grande amicizia che esisteva tra Giulio Rospigliosi e
Bernini), Giulio Rospigliosi aveva incaricato Bernini di realizzare opere per la chiesa dello Spirito Santo a
Pistoia. Bernini, che non amava molto spostarsi da Roma, ebbe una qualche ritrosia ma non seppe e non
volle disattendere i desideri dell’amico e dunque realizzò nella chiesa l’altare maggiore (ai lati del quale
voleva posizionare i due angeli). L’altare fu realizzato con l’aiuto di un architetto di fiducia di Bernini, Mattia
de Rossi, che arrivò in Toscana per seguire alcune opere volute appunto da Giulio Rospigliosi; l’altare è
estremamente classico, la tela è opera di Pietro da Cortona, una delle sue ultimissime opere pittoriche.
Villa Rospigliosi a Lamporecchio: costruzione di una villa in cui potersi ritirare alla fine della sua carriera
ecclesiastica, ma l’ascesa al soglio pontificio cambia i programmi. Villa palazzetto a forma di H; spazio verde
centrale con una fontana; linguaggio sobrio, è tutto molto contenuto; non c’è ordine architettonico.
Nessuno ha mai voluto riconoscere in quest’architettura una paternità berniniana; Bernini era molto
rispettoso della cultura artistica e architettonica dei luoghi distanti da Roma. All’interno c’è un unico
ambiente centrale di forma ovale, un salone disposto orizzontalmente, è a doppio livello si sono
rappresentate anche scene teatrali in questo salone; le sale laterali sono piccole. Affresco centrale con il
carro di Aurora. Cappella Rospigliosi anch’essa a pianta ovale; interno semplice; la cappella viene realizzata
dopo la morte di Clemente IX.
Per questa villa Bernini aveva previsto anche l’inserimento di una fontana poggiata sul muro di cinta del
giardino della villa che rappresentava un arco quasi generato dalla roccia naturale, quindi una sorta di
antro, di grotta, e al centro due tritoni che soffiavano da vasi di terracotta getti d’acqua. Questa creazione
tuttavia non fu realizzata, e il progetto fu poi concesso a Paolo Strada, cameriere di Clemente IX, che lo
realizzerà nel proprio palazzo a Roma in via della Panetteria (alle pendici del Quirinale).
Gli accordi della pace dei Pirenei tra Francia e Spagna (durante il pontificato di Alessandro VII), portarono
ad un indebolimento del ruolo della chiesa. Le contrapposizioni vennero risolte anche attraverso le opere
d’arte e d’architettura, alcune fermamente volute, altre respinte. Le doti di equilibrio istituzionale, non
comuni, esercitate da Giulio Rospigliosi, emergono in modo molto significativo nelle opere francesi
destinate per la terrazza del Pincio e della chiesa di Trinità dei Monti; egli non sembra intervenire nelle
vicende urbanistico-architettoniche della scalinata, quanto piuttosto negli aspetti più prettamente politici
ed emblematici; infatti questo progetto prevedeva la collocazione della grande statua equestre di Luigi XIV.
Inserimento dello stemma francese sulla facciata della chiesa di Trinità dei Monti, retto da due angeli che
coprivano l’iscrizione in cui si diceva che la chiesa era stata eretta anche con l’aiuto di pie donazioni (la
versione definitiva in marmo verrà realizzata nel 1609); lo stemma viene poi tolto nell’800.
Complesso domenicano di Santa Sabina sopra il colle dell’Aventino: custodiva i resti della cella medievale in
cui aveva soggiornato San Domenico. Giulio Rospigliosi ripropose l’antico rito del soggiorno in Santa Sabina
durante la Quaresima. Ideare e realizzare uno scenografico itinerario devozionale. Strombo prospettico
della serliana con Santa Rosa da Lima-> stemma pontificio. Nella seconda nicchia doveva essere collocato il
gruppo scultoreo della Madonna del Rosario. Arrivo della scala nel piano più alto del convento; porte che
introducono nel piccolo oratorio dedicato a san Pio V proprio nel luogo in cui Pio V si tratteneva nel
convento domenicano.
Volta dell’oratorio beniniano affrescata da Gimignani San Domenico con i suoi confratelli.
STORIA DELL’ARCHITETTURA

Palazzo del Quirinale: l’intervento di Bernini per Clemente IX in questo palazzo è stato dimenticato e
trascurato dagli studi che hanno riguardato l’intero complesso del Quirinale. Bernini realizza una macchina
in legno che simula lo zampillare d’acqua di una fontana per aiutare il papa anziano a prendere sonno, nella
camera adiacente alla stanza da letto, quando invece il papa gli aveva chiesto di sistemare una fontana
sotto la finestra della sua stanza da letto.
Sul corpo della Manica lunga fato costruire da Alessandro VII Bernini attaccò il piccolo ambiente delle Sale
Rosse che si affacciava sul verde e da cui si poteva sentire il rumore delle acque; fece costruire un piccolo
appartamento con una loggia con i vetri colorati di verde poiché era un colore distensivo per i suoi occhi.
Tuttavia quest’ambiente probabilmente non nemmeno goduto dal papa che morì due anni dopo.
Sale Rosse: prendono il nome dal rivestimento delle pareti in damasco rosso; fregio con paesaggi marini e
naturalistici; volta affrescata con cielo, uccelli, elementi vegetali, vasi di fiori e piante; piccola scala che
portava verso il giardino, il papa poteva scendere quindi segretamente nel giardino vero del Quirinale.
Macchine idrauliche (trattato delle acque di Carlo Fontana).
Restauro voluto da Clemente IX delle Quattro fontane: divinità fluviali, inserimento di stalattiti e stalagmiti
realizzate in modo illusivo, effetto di costruzione della grotta scavata dallo zampillare dell’acqua, quindi
l’elemento dell’acqua che plasma l’intera architettura; albero di palma (confronto con la Fontana dei Fiumi
in Piazza Navona).
L’ultimo teatro individuato per questa Roma clementina è individuato nella Basilica di Santa Maria
Maggiore, nelle prossimità della quale sia Bernini che Giulio Rospigliosi avevano abitato. Giulio Rospigliosi
era molto legato alla chiesa di Santa Maria Maggiore, aveva fatto parte del capitolo, sappiamo che il
capitolo era stato sotto la protezione della Spagna, e Giulio Rospigliosi volle onorare i re di Spagna
commissionando a Bernini la grande statua bronzea di Filippo IV che si voleva sistemare nel portico della
facciata. Giulio Rospigliosi coltivava l’idea di farsi seppellire nella basilica, divenuto papa espresse la volontà
di farsi costruire una cappella -> idea di trasformare l’abside in una cappella pontificia che avrebbe dovuto
accogliere le spoglie del papa committente, cioè Clemente IX, ma anche quelle del suo predecessore
Alessandro VII che lo aveva creato cardinale. Critica perché Bernini stava distruggendo l’abside con mosaici
medievali. Bernini pensava di aumentare le dimensioni dell’abside con una cupola sovrastante. Alla fine
Giulio Rospigliosi lasciò che il suo corpo riposasse in una semplice tomba a pavimento davanti alla tribuna

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