Sei sulla pagina 1di 26

ATENEO PONTIFICIO REGINA APOSTOLORUM

Facoltà di Teología

Maria e Giuseppe:
Modelli di ministerialità

Prof: Daniela del Gaudio


Estudiante: P. Andrés Orellana, LC
Número de Matrícula: 00009884
Lavoro Scritto per STEO 2074
Roma, 18 maggio 2021
INTRODUZIONE

Tutti i battezatti partecipiamo nella missione che Cristo affidò alla Chiesa:
“Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mt 16, 15),
ma non tutti partecipiamo nello stesso modo. «C'è nella Chiesa diversità di
ministero ma unità di missione»1. I diversi servizi che esistono nella Chiesa, tutti
ordinati all compimento della stessa missione, si chiamano ministeri. Ed è
necessario che ci siano diversi ministeri, perché ci sono diversi compiti da fare.
Tutti però, serviamo lo stesso Signore.

“vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di


operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.  E a ciascuno è data una
manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune” (1Cor 12, 4-7)

Per grazia di Dio e senza meriti da mia parte, il Signore mi ha chiamato


all’ordine sacerdotale. L’ordine è un sacramento mediante il quale i ministri
ricevono l’autorità di Cristo. «Da lui i Vescovi e i presbiteri ricevono la missione
e la facoltà (la «sacra potestà») di agire in persona di Cristo Capo» 2.
“Nessuno attribuisce a sé stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come
Aronne” (Eb 5,4).

C’è nel mio cuore una passione per capire meglio e diffondere la belleza
della voazione sacerdotale. Specialmente negli ultimi anni della mia formazione
iniziale, prima dell’ordinazione, ho trovato in san Giuseppe un modello
eccezionale. Lui è stato chiamato da Dio per compiere una missione
importantissima, forse la più importante: proteggere, custodire, difendere e
guidare Maria, sua sposa, e suo Figlio Gesù. Il sacerdote, infatti, “Alter Christus”,
è chiamato a vivere una relazione sponsale con la Chiesa, sposa di Cristo.
Nell’amore casto e delicato di Giuseppe per Maria, e nel suo amore paternale per
Gesù ho trovato una grandissima ispirazione.

1
CONCILIO VATICANO II, «Decreto sull’apostolato dei laici Apostolicam
actuositatem», AAS 58 (1966), 838-839 2.
2
Catechismo della Chiesa cattolica, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano
1992 875.
2
Ma tutti nella Chiesa serviamo lo stesso Signore, e quindi, tutti possiamo
imparare questo atteggiamento umile di servizio che devono avere i sacri ministri.
Anche il sacramento del matrimonio è un sacramento di servizio. Anche i laici,
anche quelli chiamati ad altri ministeri che non comportano la sacra potestà, tutti,
per forza del battesimo, siamo chiamati a servire Gesù nella sua missione regale,
profetica e sacerdotale. E tutti, in diversi modi, siamo chiamati a cooperare, anche
se in diversi modi, nelll’opera di redenzione che ha compiuto Gesú. Il Concilio
spiega che

come il sacerdozio di Cristo è in vari modi partecipato, tanto dai sacri ministri,
quanto dal popolo fedele, e come l'unica bontà di Dio è realmente diffusa in vari
modi nelle creature, così anche l'unica mediazione del Redentore non esclude,
bensì suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata da un'unica fonte. 3

Spero che questo piccolo lavoro possa essere un contributo al nostro


servizio nella Chiesa, qualsiasi esso sia, presentando due persone che hanno
orientato tutta la loro vita al servizio di colui che è venuto per servire “e dare la
propria vita in riscatto per molti” (Mt 20, 28).

I. Ministerialità e la logica del dono

Il Concilio ci insegna che c’è una differenza essenziale, e non solo di


grado, fra il sacerdozio ministeriale e il sacerdozio comunde dei fedeli. Cioè,
quelli uomini che sono chiamati da Cristo per servirlo come diaconi, sacerdoti o
vescovi hanno ricevuto, per il sacramento dell’ordine, la sacra autorità dello stesso
Cristo per servire il suo popolo. Ma questa autorità l’abbiamo ricevuta anche
come compito che ci è stato affidato, come servizio da prestare. Maria e Giuseppe
non ebbero il sacramento dell’ordine, ne la sacra autorità di Gesù. Ma il loro
atteggiamento umile di servizio è la chiave per svolgere ogni compito nella
Chiesa.

3
CONCILIO VATICANO II, «Costituzione dogmatica sulla chiesa LUMEN GENTIUM»
62.
3
Il Papa ha il titolo di “Servo Servorum Dei”, Servo dei servi di Dio. Non
importa se è il Papa o la vecchieta dalla parrochia, tutti nella Chiesa abbiamo la
stessa dignità4, e tutti siamo chiamati a servire. È questo atteggiamento di servizio
che fa bello il cristianesimo, puro l’amore. È questo che ci fa, come dice la lettera
a Diogneto, “l’anima del mondo”.5

A. La ministerialità come condizione della sequela


Christi

Ministerialità viene da minister che in latino significa “servo”. La


ministerialità, dunque, fa riferimento a quell’atteggiamento di servizio che ha una
persona che è subordinata a un’altra. Etimologicamente minister viene da minus,
che vuol dire “meno”, mentre magister –colui a chi erano subordinati i minister-
viene da magis, che vuol dire “più”. Nella Chiesa, la ministerialità è esenziale alla
sequela di Cristo, che “non è venuto per essere servito ma per servire” (Mc 10,
45).

Gli apostoli non hanno capito questo sin dall’inizio. È stato necessario un
percorso insiemme, accompagnati da Gesù, finchè l’hanno capito, perché il
servizio richiesto da Lui era molto diverso da quello nel mondo, nelle esigenze,
nello stile e nelle le motivazioni.

Giovanni e Giacomo, mentre seguivano Gesù che parlava del Regno dei
cieli, una volta gli si avicinarono per chiederli di sedere alla sua destra e alla sua
sinistra nella sua gloria. Pensavano ancora in un modo molto terrenale sul Regno.
Gli altri 10, quando sentirono questo, si arrabiarono con loro. Gesù disse a tutti:
“Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni
dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi
vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra
voi sarà schiavo di tutti” (Mc 10, 42-44). Gli apostoli pensavano a comandare,
Gesù però, gli parla di servire, e comincia così a cambiare la loro mentalità. Papa
Benedetto lo spiega bene: «La sua comunità segue un’altra regola, un’altra logica,
4
Cf. Catechismo della Chiesa cattolica 872.
5
«I cristiani nel mondo, dall’epistola a Diogneto», 2021, vatican.va, en
http://www.vatican.va/spirit/documents/spirit_20010522_diogneto_it.html.
4
un altro modello […] Il criterio della grandezza e del primato secondo Dio non è
il dominio, ma il servizio»6.

Dopo il primo annuncio della passione, Pietro ha provato a dire a Gesù che
cosa doveva fare, dimenticando d’essere servo. Gesù disse a Pietro: “Va' dietro a
me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli
uomini!” (Mt 16, 23). Il servo, infatti, “non è più grande del suo padrone, né un
inviato è più grande di chi lo ha mandato” (Gv 13, 16). È Pietro che deve seguire
Gesù, non Gesù a Pietro, e quindi Gesù gli disse di andare dietro a Lui.

Nell’ultima cena, Gesù disse agli apostoli: “Voi mi chiamate il Maestro e


il Signore, e dite bene, perché lo sono” (Gv 13, 13). Gli apostoli ormai lo
riconoscevano come il Maestro (magis), il “Rabbi”. Da Lui volevano imparare
tutto. Ma il servizio che Gesù chiedeva a loro non era quello di un lavoro normale.
Non era un ufficio come potevano avere i ministri dell’impero, rincompensati con
i soldi e il potere politico. Non era neanche come il servizio dei sacerdoti ebrei nel
Tempio, che era inanzitutto un servizio rituale. Gesù chiedeva da loro un servizio
totale, anzi, chiedeva loro di consegnare tutta la loro vita in servizio di Lui e della
sua missione: “Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il
mio servo” (Gv 12, 26). Servire Gesù vuol dire seguirlo, anche se va sulla croce.
La ricompensa viene anche promessa: “Se uno mi serve, il Padre lo onorerà” (Gv
12, 26).

Pian piano i discepoli hanno capito questo. Pietro, verso la fine della sua
vita, esortava ai presbiteri a pascere il gregge di Dio a loro affidato con animo
generoso, “non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli
del gregge” (1Pt 5, 3). Lui, infatti, ha potuto servire Gesù fino alla croce,
seguendo il suo Maestro fino alla fine.

Anche oggi, il servizio «è la legge fondamentale del discepolo e della


comunità cristiana»7. Come spiega Papa Benedetto XVI, «È un messaggio che

6
BENEDETTO XVI, «Omelia. Consistorio pubblico ordinario per la creazione di nuovi
cardinali», 2010, vatican.va, en http://www.vatican.va/content/benedict-
xvi/it/homilies/2010/documents/hf_ben-xvi_hom_20101120_concistoro.html.
7
Ibid.
5
vale per gli Apostoli, vale per tutta la Chiesa, vale soprattutto per coloro che
hanno compiti di guida nel popolo di Dio»8.

B. Il motivo

Perché Gesù chiede questo atteggiamento dai suoi discepoli e lo mete


come condizione? Il motivo è molto semplice: Gesù stesso è il servo di Dio. Il
servizio non è un’aggiunta, ma è esenziale alla sua missione, la qual vuole
condividere con i suoi apostoli.

Il libro del profeta Isaia ha alcuni dei brani più belli della Bibbia: quelli del
servo sofferente. Questa profezia, che parla di un servo che soffre però che sarà
esaltato, non era considerata una profezia mesiànica. Gesù, invece, mostra di
essere questo servo sofferente, ma anche il Mesìa, il Cristo. “Ecco il mio servo
che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio” (Is 42, 1).

La condizione di servo assunta da Gesù, Figlio di Dio, è infatti un mistero


che sconvolge il nostro orgoglio e, allo stesso tempo, ci mostra la via della
salvezza. I primi cristiani hanno composto un inno molto bello, trasmesso da
Paolo nella sua lettera ai Filipesi, che contempla questo mistero:

Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:


egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l'essere come Dio,
ma svuotò sé stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini… (Fil 2, 5-7).

Il suo svuotarsi è un segno del suo inmenso amore per noi. Corresponde
alla logica dell’incarnazione, che è la logica dell’amore.

L’amore -spiega san Tommaso- è una forza grazie alla quale «l'amante
viene trasformato nell'amato e in certo qual modo convertito in esso» 9. È per
questo che Dio si è fatto uomo. «Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con
8
Ibid.
9
T. DE AQUINO, III Sent. d. 27, q. 1, a. 1
6
intelligenza d'uomo, ha agito con volontà d'uomo ha amato con cuore d'uomo.
Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a
noi fuorché il peccato»10.

Essendo Lui stesso servo per amore, ci mostra la via da seguire. Dio è
diventato servo, e anche nostro modello supremo. Nell’ultima cena, Gesù lava i
piedi ai suoi discepoli. Affinchè non rimanessero dei dubbi, gli disse anche: “Se
dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare
i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate
come io ho fatto a voi” (Gn 13, 14-15).

Lui non ci chiede di far nulla che non abbia fatto Lui per primo. Così
divenne il nostro esempio, la nostra ispirazione. Il servizio si converte allora nel
modo di esprimere questo infinito amore di Dio, e di portarlo a tutti gli uomini.

C. La forza

La forza per essere servo allo stile di Gesù solo può venire dallo Spirito
Santo.

Nel mondo non è così. Alcuni diventano servi per paura, perche non hanno
un’altra opzione. È il caso degli schiavi, del lavoro forzato, di quelli che soffrono
situazioni estreme. Hanno paura della morte, della violenzia, della fame,
dell’essere esclusi, o di altri mali. Altri divengono servi per ambizione. Guardano,
alla fine, a trarne un vantaggio, a ottenere una posizione, o dei soldi, o qualcosa
per sé stessi.

“Tra voi però non è così” (Mc 10, 43). Il servizio di Gesù è un servizio
fatto solo per amore. Quindi dev’essere ispirato dallo Spirito d’amore, che è lo
Spirito Santo. È per questo anche che bisogna prima ricevere questo dono,

10
CONCILIO VATICANO II, «Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, sulla Chiesa nel
mondo contemporaneo», AAS 58 (1966), 1025-1115, 22.
7
lasciarsi servire da Cristo. Solo così potremo poi avere parte nel suo servizio e
nella sua missione: “Se non ti laverò, non avrai parte con me” (Gv 13, 8).

Lo stesso Pietro ci esorta: “chi fa un servizio, lo faccia nella forza che gli è


fornita da Dio, affinché in ogni cosa sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo,
a cui appartiene la gloria e il dominio per i secoli dei secoli. Amen” (1Pt 4-11).

D. La logica del dono

Così come gli apostoli hanno dovuto percorrere un cammino di


maturazione per arrivare al servizio richiesto da Gesù, così anche noi dobbiamo
percorre questa strada sulle loro orme.

Papa Francesco, nella Patris Corde, scrive: «Ogni vera vocazione nasce dal
dono di sé, che è la maturazione del semplice sacrificio.» 11 Lui descrive questo
percorso che va dal sacrificio di sé al dono di sé.

La distinzione essenziale tra il punto di partenza e il punto di arrivo è la


finalità del servizio. Nel sacrificio di sé, c’è un’atteggiamento generoso, disposto
anche a sopportare fatiche e duri lavori, ma la finalità è ancora chiusa in sé stessa:
è probare che io sono bravo, ti seguo, non mollerò. È ancora centrato in sé stesso.
Mi ricorda sempre Pietro: “Signore, con te sono pronto ad andare anche in
prigione e alla morte” (Lc 22, 33).

Nel dono di sé, invece, la finalità è servire un altro. M’interessa quello che
vuole Dio, che lo riceva Lui, anche se il dono sono le mie debolezze. Di qui
vengono la felicità e la gioia.

“Lì dove una vocazione, matrimoniale, celibataria o verginale, non giunge alla
maturazione del dono di sé fermandosi solo alla logica del sacrificio, allora
invece di farsi segno della bellezza e della gioia dell’amore rischia di esprimere
infelicità, tristezza e frustrazione.”12

11
FRANCESCO, «Lettera Apostolica Patris Corde. In occasione del 150° anniversario
della dichiarazione di san Giuseppe quale patrono della Chiesa universale», (2020) 7.
12
Ibid.
8
Nella storia della salvezza abbiamo due modelli di una vocazione molto
speciali, perché verginale13 e anche matrimoniale. Sono modelli che mostrano
bene la felicità del dono, di sapersi servi, di esultare in Dio “perché ha guardato
l'umiltà della sua serva.” (Lc 1, 48)

II. Come Maria e Giuseppe l’hanno vissuto

Maria e Giuseppe sono stati, e sono ancora, servi del Signore. Nei vangeli,
possiamo contemplare il loro atteggiamento umile di obbedienza, proprio dei
servi. Loro si uniscono alla lista di padri e dei profeti che hanno servito il Signore
nell’antica alleanza, e sono allo stesso tempo, servi di Cristo. Sono il ponte fra le
due parti della storia. Sono anche i maestri di Gesù, perché il Verbo divino,
quando si è fatto uomo, ha avuto bisogno di un padre e di una madre umani, di
una famiglia nella quale nascere e crescere, per diventare in tutto come noi trane il
peccato. Ma piano piano diventano anche i suoi primi discepoli. Tutta la loro vita
è centrata in Lui e nella sua missione.

E. Maria

Nel calendario liturgico s’inserisce una festa molto antica celebrata il 21


novembre insieme alla chiesa ortodossa: la festa della presentazione di Maria nel
Tempio. Secondo il documento apocrifo “Protovangelo di Giacomo”, la bambina
Maria, con soltanto tre anni, fu presentata dai suoi genitori al Tempio del Signore.
Lei sarebbe rimasta al suo servizio nel Tempio fino all’età di dodici anni,
crescendo così nella gioia d’appartenere al Sigonre e di servirlo.14

13
La verginitá di Giuseppe non è un dogma di fede, ma una opinione sostenuta da
molti santi e autori spirituali. Alcuni di questi santi sono: sant’Agostino, san Geronimo,
san Bernardino di Siena, san Francesco di Sales e san John Henry Newman.
14
Wikipaedia, Protovangelo di Giacomo, 11 maggio 2021.
https://it.wikipedia.org/wiki/Protovangelo_di_Giacomo#:~:text=All%27et
%C3%A0%20di%20tre%20anni,tutti%20i%20vedovi%20della%20Giudea.

9
1) Ecco la serva

Ma la sua profondissima umiltà risplende soprattutto nell’annunciazione.


Lì Maria, pur sapendo d’essere stata scelta per diventare la Madre di Dio, si
proclama serva. È la vera umiltà, quella esenziale, perché riguarda il concetto che
si ha di sé stesso; non si basa nelle azioni compiute, ma in quello che si è. Ecco la
spiegazione di san Bernardo:

Ecco, disse Maria, l’ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola (Lc
1, 38). La grazia divina di solito si accompagna con l’umiltà. Dio infatti resiste ai
superbi, ma dà la grazia agli umili (1 Pt 5, 5). Ecco, dice, l’ancella del Signore.
Qual è questa sublime umiltà che viene meno negli onori, e non diviene insolente
nella gloria? Viene prescelta a Madre di Dio, e si nomina ancella: non è segno di
mediocre umiltà il non dimenticare di esserlo quando viene offerta una gloria così
grande. Non è grande cosa essere umile nell’abiezione; veramente grande e rara
virtù l’umiltà negli onori.15

Nella metafisica classica, c’è un principio secondo il quale l’azione d’ogni


essere dipende dalla sua natura: “agere sequitur essere”. Le azioni di Maria,
allora, corrispondono alla sua consapevolleza d’essere creatura. Questa è l’umiltà
esenziale: lei si sapeva serva. In altre parole, Maria non fondamenta la sua umiltà
in ciò che lei fa, ma in ciò che lei è e sa d’essere. Quindi rimane forte, perche ciò
che Lei è non cambia. Nei vangeli, vediamo tanti momenti dove Maria è stata
provata, ma lei non si è mai comportata come capo ma sempre come serva umile e
obbediente alla volontá del Padre.

Un giorno, mentre Gesù predicava, qualcuno disse: “«Ecco, tua madre e i


tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». Ed egli, rispondendo a chi gli
parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?»” (Mt 12, 47-48). Non
dev’essere stato facile per Maria sentire queste parole, ma la risposta di Gesù alla
domanda che Lui stesso ha posto sicuramente l’ha consolata: “…chiunque fa la
volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre” (Mt
12, 50). Fare la volontà del Padre: ecco l’atteggiamento proprio dei servi di Dio, il
quale Maria non dimenticò mai.

In un’altra occasione, una donna alza la voce per fare un complimento a


Gesù: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte”, Gesù
15
B. DI CHIARAVALLE, «Lodi della Vergine Madre. Omelie» IV, 9.
10
glli rispose con un’altra: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la
osservano!” (Lc 11, 27-28). Al complimento della donna a livello umano, Gesù
risponde con un complimento a livello sovranaturale. San Giovanni Paolo II
spiega:

Possiamo dunque affermare che la beatitudine proclamata da Gesù non si


contrappone, nonostante le apparenze, a quella formulata dalla donna
sconosciuta, ma con essa viene a coincidere nella persona di questa Madre-
Vergine, che si è chiamata solo «serva del Signore» Lc 1,38. […] Maria madre
diventava così, in un certo senso, la prima «discepola» di suo Figlio, la prima alla
quale egli sembrava dire: «Seguimi», ancor prima di rivolgere questa chiamata
agli apostoli o a chiunque altro Gv 1,43.16

2) Serva fedele

La prova ultima della umiltà di Maria è stata quella della croce. Anche lì
Maria seppe d’essere serva fedele: «è lì per fedeltà al piano di Dio di cui si è
proclamata serva nel primo giorno della sua vocazione»17

Possiamo ancora chiederci: perché Maria ha vissuto così la sua


ministerialità nella sua vita? Qual è il motivo più profondo di questo suo
atteggiamento?

C’è un brano del vangelo che sembra dissonante quando contempliamo


l’atteggiamento di servizio di Maria, è quello di Cana. Lì è Maria a dire a Gesù
che cosa doveva fare. Ed è proprio lì che troviamo la chiave, le risposte alle
domande poste soppra. In un primo sguardo, Gesù sembra resistersi alla petizione
di Maria: “Che ho da fare con te, o donna?” (Gv 2, 4). La sua risposta è
sconvolgente, e nonostanteciò Marìa contiuna a dire ai servi: “Fate quello che vi
dirà” (Gv 2, 5), come se non avesse sentito niente. Che cosa sucede qui?

Per comprendere questo dialogo bisogna ascoltare anche un altro dialogo


paralelo, uno che non si sente se non con l’udito della fede. Papa Benedetto ci
spiega che cosa stà sucendendo:

16
GIOVANNI PAOLO II, «Lettera enciclica REDEMPTORIS MATER. Sulla Beata
Vergine Maria nella vita della Chiesa in cammino», AAS 79 (1987), 361-367 20.
17
FRANCESCO, Udienza Generale. Piazza San Pietro, mercoledì, 10 maggio 2017.
11
“… in occasione dell’incarnazione di Gesù esistono due dialoghi che vanno
insieme e si fondono l’uno con l’altro, diventano un’unica cosa. C’è innanzitutto
il dialogo che Maria ha con l’Arcangelo Gabriele, e nel quale ella dice: “Avvenga
di me quello che hai detto” (Lc 1, 38). Ma esiste un testo parallelo a questo, un
dialogo, per così dire, all’interno di Dio, di cui ci riferisce la Lettera agli
Ebrei, quando dice che le parole del Salmo 40 sono diventate come un dialogo tra
Padre e Figlio – un dialogo nel quale s'avvia l’incarnazione. L’eterno Figlio dice
al Padre: “Tu non hai voluto né sacrifici né offerte, un corpo invece mi hai
preparato… Ecco, io vengo … per fare (.) la tua volontà” (Ebr 10,5-7; cfr Sl 40,6-
8). Il “sì” del Figlio: “Vengo per fare la tua volontà”, e il “sì” di Maria: “Avvenga
di me quello che hai detto” – questo duplice “sì” diventa un unico “sì”, e così il
Verbo diventa carne in Maria. In questo duplice “sì” l’obbedienza del Figlio si fa
corpo, Maria, con il suo “sì” gli dona il corpo. “Che ho da fare con te, o donna?”
Quello che nel più profondo hanno da fare l’uno con l’altra, è questo duplice “sì”,
nella cui coincidenza è avvenuta l’incarnazione. È a questo punto della loro
profondissima unità che il Signore mira con la sua risposta. Proprio lì rimanda la
Madre. Lì, in questo comune “sì” alla volontà del Padre, si trova la soluzione.” 18

3) Regina che continua a servire

Una delle paradosse della vita cristiana, è questa: che servendo regnamo con
Cristo. Il servizio fedele di Maria per tutta la sua vita alla missione affidata a Lei
dal Padre, è stata ricompensata alla fine di questa vita terrena.

La Madre di Cristo è, infatti, glorificata quale «Regina dell'universo». (…) Maria


è diventata la prima tra coloro che, «servendo a Cristo anche negli altri, con
umiltà e pazienza conducono i loro fratelli al Re, servire al quale è regnare» ed ha
conseguito pienamente quello «stato di libertà regale», proprio dei discepoli di
Cristo: servire vuol dire regnare! «Cristo, fattosi obbediente fino alla morte e
perciò esaltato dal Padre (Fil 2,8), è entrato nella gloria del suo Regno; a lui sono
sottomesse tutte le cose, fino a che egli sottometta al Padre sé stesso e tutte le
creature, affinché Dio sia tutto in tutti (1Cor 15,27-28)».19

Siamo chiamati a regnare con Cristo dopo aver perseverato nella sua
sequela: “se perseveriamo, con lui anche regneremo” (2Tm, 2, 12). Regnare con
Cristo vuol dire aver parte nella sua autorità divina, essere ministro della sua
grazia, anche dal cielo. È l’atteggiamento umile di servizio che ha Maria quello
che la rende disponibile a partecipare nell’unica mediazione di Cristo, per chi ci
viene data la salvezza. «Nel caso di Maria si tratta di una mediazione speciale ed
eccezionale, fondata sulla sua «pienezza di grazia», che si traduceva nella piena
disponibilità della «serva del Signore».»20
18
BENEDETTO XVI, Omelia nella piazza del Santuario di Altötting, en (11 settembre
20006).
19
GIOVANNI PAOLO II, «Redemptoris Mater» 41.
20
Ibid. 39.
12
F. Giuseppe

All’inizio del vangelo di Matteo c’è il racconto -molto sintetico- di come è nato
Gesù:

Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere


insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché
era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in
segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno
un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di
prendere con te Maria, tua sposa. Infatti, il bambino che è generato in lei viene
dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti
salverà il suo popolo dai suoi peccati». (Mt 1, 18).

Sono molti gli autori che chiamano questo brano “la annunziacione di
Giuseppe”. Era veramente necessario un intervento divino che spiegasse a
Giuseppe che cosa stava scedendo, e quindi Dio mando il suo angello a
spiegarlelo – in un sogno.

Nel brano appena letto, Giuseppe viene descritto con una parola molto
significativa: era giusto. Nella spiritualità biblica, essere giusto vuo dire essere
santo. Per essere santo, nel popolo ebreo, era fondamentale il compimento della
legge. Ma la giustizia di Giuseppe va oltre il puro complimento della legge:

La giustizia di san Giuseppe non deriva, quindi, da una osservanza formale della
legge, ma da un senso profondo della sua appartenenza al popolo eletto. San
Giuseppe non considerava la legge soltanto un codice o una fredda raccolta di
precetti. La legge era, per lui, l’espressione della volontà del Dio vivo. Ed è per
questo che Giuseppe seppe riconoscere la voce del Signore quando essa gli si
manifestò inattesa e sorprendente.21

“Uomo giusto”, cioè, un uomo che cerca la volontà di Dio.

Giuseppe, come Maria, è stato chiamato da Dio a servirlo. L’iniziativa è


stata di Dio, perché è Lui chi sa esattamente com’è il servizio che vuole da loro. Il
complito è quello di «custodire Maria e il Bambino divino che da lei nascerà». 22 E
la loro risposta è stata esempiare.

21
D. DEL GAUDIO, San Giuseppe il custode dell’amore. Vita, spiritualità e devozione,
IF Press srl, Roma 2021, 89.
22
Ibid., 26.
13
4) Servo obbediente

Mentre la risposta della Vergine è stata esplicita, detta all’angelo con una
umiltà grandissima, la risposta di Giuseppe non è stata espressa con delle parole,
ma è stata anche meravigliosa: “fece come le aveva ordinato l’angelo” (Mt 1, 24).
Giuseppe risponde con le opere.

Giuseppe, l’uomo giusto, è un uomo che vive della fede, secondo la frase
di Abacuc: “il giusto vivrà per la sua fede” (Ab 2, 4). Ma questa fede non è una
fede vuota, o morta. La lettera di Giacomo ci domanda: “A che serve, fratelli miei,
se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo?”
(Gc 2, 14). Giuseppe, invece, rispose con le opere. Quello che fece Giuseppe è
quello che il magistero chiama l’obbedienza della fede.

Per la verità, Giuseppe non rispose all'«annuncio» dell'angelo come Maria, ma


«fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa».
Ciò che egli fece è purissima «obbedienza della fede» (cfr. Rm 1,5; 16,26; 2Cor
10,5-6). Il Concilio insegna: «A Dio che rivela è dovuta "l'obbedienza della
fede", per la quale l'uomo si abbandona totalmente e liberamente a Dio,
prestandogli il "pieno ossequio dell'intelletto e della volontà" e assentendo
volontariamente alla rivelazione da lui fatta» («Dei Verbum», 5). La frase
sopracitata, che tocca l'essenza stessa della fede, si applica perfettamente a
Giuseppe di Nazaret.23

E così fece Giuseppe ogni volta che attraverso un sogno, riceveva una
indicazione da parte di Dio. Non dev’essere stata facile la fuga in Eggitto, in una
terra straniera, con un'altra lingua, un'altra cultura, un'altra religione. Ma Giuseppe
“si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto” (Mt 2,
14).

Allo stesso modo, quando il Bambino Gesù doveva ritornare in Palestina,


un angelo del Signore apparve a Giuseppe in sogno e gli disse: “«Àlzati, prendi
con te il bambino e sua madre e va' nella terra d'Israele; sono morti infatti quelli
che cercavano di uccidere il bambino».” La sua risposta, di nuovo, è stata detta
con le opere: “Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra

23
GIOVANNI PAOLO II, «Esortazione Apostolica REDEMPTORIS CUSTOS sulla
figura e la missione di san Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa», AAS 82 (1990),
5-34 4.
14
d'Israele” (Mt 2, 20-21). Poi gli vienne detto di non andare in Giudea, ma nella
Galilea. Giuseppe fu sempre obbediente come buon servo del Signore.

Così, in Giuseppe, fede e opere si uniscono in una stessa cosa. La sua


obbedienza è un servizio che nasce dalla fede, dalla accoglienza della parola
del’angelo e quini, di Maria, sua moglie, e di questo Bambino misterioso e divino
di cui doveva essere Padre. Giuseppe ci insegna a mettere in prattica quello che
dice Giovanni nella sua lettera: “Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua,
ma con i fatti e nella verità” (1Gv 3, 18).

5) Il servizio della Paternità

Il fatto che l’angelo abbia rivelato a Giuseppe il segreto del concepimento


verginale di Gesù, e che l’abbia dato anche il compito di imporgli il nome,
conferma che a Giuseppe le è stata affidata la missione d’essere veramente suo
padre.

Il suo ruolo è ben preciso nel progetto di Dio: essere padre di Gesù. Non si tratta
soltanto di una paternità legale, utile agli occhi del mondo, ma Dio gli chiede una
paternità vera, seppure putativa, in quanto Giuseppe viene chiamato a prendersi
cura del Figlio di Dio, come farebbe un vero padre. Le parole del Vangelo sono
molto esplicite a riguuardo.24

Tutta la paternità di Giuseppe viene intesa come un servizio. Infatti, da


quel momento, tutta la sua vita si è orientata verso il compimento di sua missione,
che è sempre al servizio della missione stessa di Gesù. È perciò che anche
Giuseppe ha dovuto fare un percorso interiore, perché «la paternità di Gesù
comporta la chiamata ad entrare nel mistero di questo figlio, che non è come gli
altro, in quanto è il Figlio di Dio venuto sulla terra per salvare l’umanità dai suoi
peccati»25.

San Giuseppe è stato chiamato da Dio a servire direttamente la persona e la


missione di Gesù mediante l'esercizio della sua paternità: proprio in tal modo egli
coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della Redenzione ed è
veramente «ministro della salvezza» (cfr. S. Ioannis Chrysostomi, «In Matth.
Hom.», V, 3: PG 57, 57s).26

24
D. DEL GAUDIO, San Giuseppe il custode dell’amore. Vita, spiritualità e devozione,
26.
25
Ibid., 28.
15
È proprio questo atteggiamento di servizio che permette a Giuseppe
d’essere un buon Padre. Il servizio libera l’amore. Lo rende puro dall’egoismo, e
così permette al Figlio di svillupparsi in tutte le sue dimensioni.

È interessante il fatto che il Figlio di Dio ha avuto bisogno di un padre


umano. Certo, il Figlio eterno ha già un Padre, il suo Padre celeste. Ma con la sua
incarnazione ha voluto anche avere bisogno di un padre umano. P. Donald
Colloway lo spiega molto bene:

Nella sua natura umana, Gesù ha dei bisogni fisici, emozionali, psychologici. Dio
Padre non ha un corpo, delle emozioni o delle passioni perché non si è incarnato
come suo Figlio. Il Padre celeste non può fisicamente toccare, camminare,
abbracciare suo Figlio incarnato. Quindi, Dio Padre affida suo Figlio alla vigile e
amorevole cura di un padre umano.27

Il servizio della paternità consiste proprio nell’essere segno dell’unico


Padre celeste. Papa Francesco ci spiega:

Tutte le volte che ci troviamo nella condizione di esercitare la paternità,


dobbiamo sempre ricordare che non è mai esercizio di possesso, ma “segno” che
rinvia a una paternità più alta. In un certo senso, siamo tutti sempre nella
condizione di Giuseppe: ombra dell’unico Padre celeste, che «fa sorgere il sole
sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45); e ombra
che segue il Figlio.28

6) Servo buono e fedele

Nell’antico Testamento c’è anche un Giuseppe che in certo modo


prefigura lo sposo di Maria. È Giuseppe, il figlio di Giacobbe. Anche lui fu un
uomo casto, che sapeva interpretare i sogni. Fu venduto come schiavo dai suoi
fratelli, ma egli rimase sempre fedele al Signore. Dio lui dice il salmo 105, 21 che
il faraone “Lo nomina capo del suo governo e amministratore di tutti i suoi averi”.
Questo versetto viene anche aplicato al nostro Giuseppe.

Infatti, a Giuseppe è stato affidato da Dio il suo tesoro più grande: Gesù.
La orazione coletta della solennità di san Giuseppe dice che Dio ha “voluto

26
GIOVANNI PAOLO II, «Esortazione Apostolica REDEMPTORIS CUSTOS sulla
figura e la missione di san Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa» 8.
27
D. H. CALLOWAY, Consecration to St. Joseph: the wonders of our spiritual Father,
2020, 29. Propria Traduzione.
28
FRANCESCO, «Patris Corde» 7.
16
affidare gli inizi della nostra redenzione alla custodia premurosa di san Giuseppe”.
La stessa Liturgia applica a san Giuseppe, parole del vangelo che spiegano bene
perché Dio lo ha scelto per questo compito così importante e delicato: “Ecco il
servo saggio e fedele, che il Signore ha posto a capo della sua famiglia” (Lc
12,42). È per la sua saggezza e la sua fedeltà; saggezza nel cercare e riconoscere
la volontà di Dio, fedeltà nel compierla.

Mi piace pensare che Gesù ha imparato dalla fedeltà di suo padre terrestre
tanti esempi che poi ha usato nelle sue parabole e insegnamenti; come la parabola
dei due figli (Mt 21, 28-32), perchè “Non chiunque mi dice: Signore, Signore,
entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei
cieli” (Mt 7, 21). Papa Francesco pensa alla parabola del Padre misericordioso.29

San Giuseppe, è anche patrone della buona morte. Chè bello dev’essere,
come lo immagina la pietà populare, l’essere accompagnato in questa trance da
Maria e da Gesù. È bello pensare che Giuseppe poi sentì quelle parole del padrone
rivolte al buon amministratore nella parabola dei talenti (Mt 25, 14-30): “Bene,
servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò
potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Addesso, dal cielo,
Giuseppe continua a servire la sua missione di protegere il corpo di Cristo, la
Chiesa universale.

III. La unione tra i due e dei due con Gesù

La vocazione fondamentale di ogni essere umano è la vocazione


all’amore.30 Siamo creati a immagine della Trinità: tre persone diverse che si
amano infinitamente gli uni gli altri. L’amore implica sempre una uscita da me
stesso per incontrare un altro, implica entrare in rapporto con un altro per arrivare
al dono di sé.

29
Ibid. 2.
30
Cf. GIOVANNI PAOLO II, «Familiaris Consortio», AAS 74 (1982), 81-191 11.
17
Santa Madre Teresa di Calcutta diceva che «il frutto dell’amore è il
servizio»31. Anche Papa Francesco, parlando della Misericordia, spiega il
collegamento fra amore e servizio: «L’amore, quindi, è il servizio concreto che
rendiamo gli uni agli altri. L’amore non sono parole, sono opere e servizio »
«Quando tu ti dimentichi di te stesso e pensi agli altri, questo è amore!»32

Questa vocazione fondamentale si può realizzare da diversi modi:

La Rivelazione cristiana conosce due modi specifici di realizzare la vocazione


della persona umana, nella sua interezza, all'amore: il Matrimonio e la Verginità.
Sia l'uno che l'altra nella forma loro propria, sono una concretizzazione della
verità più profonda dell'uomo, del suo «essere ad immagine di Dio». 33

Se il frutto dell’amore è il servizio, e tutti siamo chiamati all’amore,


possiamo anche dire che tutti, in qualche modo, siamo chiamati al servizio. Il
matrimonio e la verginità sono due modi concreti di servire Dio nella vocazione
all’amore. Maria e Giuseppe sono forse gli unici che hanno vissuto la loro
vocazione all’amore e al servizio in ambe due modi.

7) Il Matrimonio come vocazione di servizio

Già per il Battesimo tutti cristiani siamo chiamati a servire Dio con il
servizio del sacerdozio comune dei fedeli. Ma Gesù, nella sua infinita sapienza, ci
ha lasciato due sacramenti che sono destinati al servizio degli altri. Infatti, si
chiamano i sacramenti di servizio: l’ordine e il matrimonio.

L’ordine e il Matrimonio sono ordinati alla salvezza altrui. Se contribuiscono


anche alla salvezza personale, questo avviene attraverso il servizio degli altri.
Essi conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all'edificazione
del popolo di Dio.34

Mettiamo addesso la nostra attenzione sul matrimonio. Il Matrimonio è un


sacramento di servizio. Ma, non tutti sono chiamati a ricevere questo sacramento.
Come accade con l’ordine, il matrimonio è anche una vocazione, «in quanto è una
risposta alla specifica chiamata a vivere l’amore coniugale come segno imperfetto
31
https://www.lefrasi.com/frase/madre-teresa-di-calcutta-frutto-amore-servizio-frutto-
servizio-pace?bg=p10
32
FRANCESCO, «UDIENZA GIUBILARE, Sabato, 12 marzo 2016».
33
GIOVANNI PAOLO II, «Familiaris Consortio» 11.
34
Catechismo della Chiesa cattolica 1534.
18
dell’amore tra Cristo e la Chiesa.»35 In quanto a sacramento, il principale servizio
del matrimonio, allora, è quello d’essere un segno dell’amore tra Cristo e la
Chiesa. Gli sposi, infatti, partecipano di questo amore divino e indeistruttibile
mediante questo sacramento. Questo viene spiegato da san Paolo nella lettera agli
efesini con le parole “grande mistero”: “Questo mistero è grande: io lo dico in
riferimento a Cristo e alla Chiesa!” (Ef 5, 32).

Il matrimonio di Giuseppe e Maria è stato un vero matrimonio. Anzi, «Ciò


che Paolo chiamerà il «grande mistero» trova nella Santa Famiglia la sua
espressione più alta».36 La nuova alleanza che Dio realizzerà in Cristo con la sua
Chiesa viene realizzata prima di tutto nella santa Famiglia.

Nella tradizione ebraica, c’eranno prima gli sposalizi, dove i fidanzati si


donavano il loro mutuo consenso, e più o meno un anno dopo passavano ad
abitare insieme. Questi sposalizi non erano un semplice fidanzamento, ma un vero
contratto matrimoniale.37 La prova piu evidente di questo fatto è quello che
l’angello disse a Giuseppe: “non temere di prendere con te Maria, tua sposa” (Mt
1, 20). Era questa la situazione in cui si trovava Giuseppe quando Maria si trovò
in cinta.

«[…] la decisione di sposarsi e di formare una famiglia dev’essere frutto di


un discernimento vocazionale».38 È probabile che Giuseppe e Maria, e i suoi
Genitori – com’era anche l’usanza- abbiano fatto un discernimento prima di
sposarsi. Quando però Giuseppe si trovò in una situazione inaspettata, al rendersi
conto che Maria era incinta, devi fare un altro discernimento. Prima pensò a
lasciarla in segreto, ma non si è lasciato trascinare dalla sua prima impressione,
dalle passioni e i sentimenti che potessero sorgire da quella situazione confusa. Ha

35
FRANCESCO, «Esortazione apostolica postsinodale AMORIS LAETITIA sull’amore
nella famiglia», AAS 108 (2016), 311-446 72.
36
GIOVANNI PAOLO II, «Lettera di Giovanni Paolo II alle Famiglie Gratissimam
Sane», AAS 86 (1994), 868-925 20.
37
Cf. B. LLAMERA, O.P., Teología de san José, Biblioteca de Autores Cristianos,
Madrid 1953, 39.
38
FRANCESCO, «Esortazione apostolica postsinodale AMORIS LAETITIA sull’amore
nella famiglia» 72.
19
saputo aspettare, cercando la Volontà di Dio. «E nel suo dubbio su come agire nel
modo migliore, Dio lo ha aiutato a scegliere illuminando il suo giudizio».39

L’accoglienza che Giuseppe ha dato a Maria dopo il suo concepimento


miracoloso è stata capita da Giuseppe come il piano di Dio per lui. Così,
nell’accogliere Maria, Giuseppe è entrato nella dimensione del «grande mistero»
(Ef 5, 32)

Maria è entrata per prima in questa dimensione, e vi ha introdotto pure il suo


sposo Giuseppe. Essi sono così diventati i primi esemplari di quel bell'amore che
la Chiesa non cessa di invocare per la gioventù, per i coniugi e per le famiglie. E
quanti fra questi si uniscono con fervore a tale preghiera! 40

Il cathechismo della Chiesa cattolica ci dice che «Il matrimonio si fonda


sul consenso dei contraenti, cioè sulla volontà di donarsi mutuamente e
definitivamente, allo scopo di vivere un'alleanza d'amore fedele e fecondo». 41 Qui
abbiamo chiaramente definite gli elementi esenziale di questo sacramento.

San Tommaso d’Aquino spiega che nel matrimonio di Maria e Giuseppe


questi elementi essenziali erano presente: «Essi erano uniti l’uno all’altro
dall’amore reciproco. Si scambiarono quei diriti coniugali che sono inerenti al
42
matrimonio, anche se, per il loro voto di verginità, non ne fecero uso.» Loro,
quindi, si donarono mutuamente l’uno all’altro «allo scopo di vivere un'alleanza
d'amore fedele e fecondo». Questa alleanza d’amore è nata dalla nuova alleanza
d’amore di Dio con noi. Maria e Giuseppe hanno vissuto il loro matrimonio come
una vocazione al servizio di Dio, che nei suoi piani meravigliosi di salvezza ha
voluto scegliergli a partecipare per primi in questa nuova alleanza. L’amore fra di
loro era tutto pervaso dall’amore di Dio.

Maria e Giuseppe ci insegano che cosa sia veramente il Matrimonio. Non è


un contratto da vivere in modo egoistico, ma è una vocazione da vivere nel
contesto più ampio dell’amore di Dio, che ha un piano di salvezza nel quale tutti i

39
FRANCESCO, «Patris Corde» 4.
40
GIOVANNI PAOLO II, «Lettera alle Famiglie» 20.
41
Catechismo della Chiesa cattolica 1662.
42
Summa Theologiae II, Q. 29, a.2; IV Sent. dist. 30, q. 2, a.2
20
battezzati abbiamo una parte da fare. Maria e Giuseppe sono stati pensati da Dio
per essere uniti e aiutarsi nella loro missione da tutta l’eternità.

In questo caso, anche se non sul piano sessuale, fra Giuseppe e Maria c’è stata
una vera, profonda e duratura unione, un’intesa che emerge dai racconti
evangelici in diverse circonsatnze, come all’andare insieme a Betlemme, o nel
fuggire in Eggitto, o ancora, quando ritrovano Gesù nel Tempio e Maria dice:
Tuo padre e io angosciati ti cercavamo. Maria e Giuseppe sono sempreuniti e
vivono insieme ongni situazione della loro vita di coppia. 43

Che diverso diventa un matrimonio quando si vive in chiave di servizio. Lì


non c’è spazio per la chiusura egoistica piena di autoreferenzialità che rattrista e fa
diventare amara la vita, ma c’è apertura e disponibilità per un proggetto più
grande che da senso e gioia a tutta la vita: il proggetto salvifico di Dio.

8) Un servizio fecondo

L’amore è sempre fecondo, e anche nel caso dell’amore verginale di


Giuseppe e Maria. Il frutto del loro amore è stata la vittima che anni dopo si
offrirebbe per la salvezza del mondo.

Anche se Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, è stato generato dallo


Spirito Santo nel ventre della Vergine, Lui ha avuto bisogno della sua santa
Famiglia per diventare, sul piano umano, quel’uomo che predicarebbe il Regno ai
suoi discepoli.

«L’amore sponsale di Giuseppe e Maria era incentrato in Gesù. La sua


presenza era il centro della loro vita, e anche del loro amore.» 44 Il loro Figlio,
infatti, spiega anche la loro verginità. Lui non era soltanto il centro della loro vita,
ma anche il centro dell’universo, colui che ci ha portato la salvezza, in cui abita la
pienezza della divinità (Col 2, 9). È Lui stesso il Regno per cui alcuni si fanno
eunuchi (Mt 19, 12). Lui è anche lo sposo a chi lo Spirito e la sposa dicono
“vieni” (Ap 22, 17). Lui è, infine, il capo del suo corpo che è la Chiesa (1Cor 12,
27), per mezzo della quale sarà manifestata “ai Principati e alle Potenze dei cieli la

43
D. DEL GAUDIO, San Giuseppe il custode dell’amore. Vita, spiritualità e devozione,
34.
44
Ibid., 35.
21
multiforme sapienza di Dio” (Ef 3, 10). Nell’amore di questa famiglia, Maria e
Giuseppe tenevano gli occhi fissi su Gesù (Eb 12, 2).

Così, Giuseppe e Maria, dedicandosi interamente al servizio di Gesù,


pressero anche parte nella sua missione, che piano piano compressero meglio.
Non è per caso che chiamiamo Maria Madre della Chiesa, e a Giuseppe suo
protettore. La loro fecondità è stata più grande dalle stelle del cielo.

CONCLUSIONE

Maria e Giuseppe fanno visibile cosa vuol dire quel detto misterioso di
Gesù: “Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la
propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 10, 38). Loro sono stati, nella loro
semplicità, i maestri di Gesù, e mentre il Bambino cresceva, Maria e Giuseppe
impararono anche da Lui, divenendo così i suoi primi discepoli. Così hanno
scoperto la gioia di fare della loro vita un dono per Dio e per gli altri.

Ringraziamo Dio per il bellissimo dono che ci ha fatto nella sua Santa
Famiglia! Da loro possiamo imparare che cosa vuol dire servire questo Signore
che si è fatto piccolo come noi ed è in mezzo a noi come colui che serve. Quando
ci sembri che il nostro servizio sia inutile, perché troppo piccolo e insignificante,
guardiamo Maria e Giuseppe. Quando siamo stanchi della vita ordinaria, della sua
normalità, guardiamo Maria e Giuseppe. Che Maria e Giuseppe ci aiutino sempre
a scoprire la gioia di servire Gesù, e di partecipare, ognuno secondo la sua
vocazione, nel meraviglioso piano di salvezza per il quale siamo stati “scelti prima
dalla creazione del mondo” (Ef 1, 4), e che un giorno anche noi ci uniamo a loro
nel sentire queste parole: “Bene! servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti
darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone” (cf. Mt 25, 21).

22
BIBLIOGRAFÍA

BENEDETTO XVI, «Omelia. Consistorio pubblico ordinario per la creazione di


nuovi cardinali», 2010, vatican.va, en
http://www.vatican.va/content/benedict-
xvi/it/homilies/2010/documents/hf_ben-
xvi_hom_20101120_concistoro.html.

–––, Omelia nella piazza del Santuario di Altötting, en (11 settembre 20006).

CALLOWAY, D. H., Consecration to St. Joseph: the wonders of our spiritual


Father, 2020.

CONCILIO VATICANO II, «Costituzione dogmatica sulla chiesa LUMEN


GENTIUM».

–––, «Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, sulla Chiesa nel mondo


contemporaneo», AAS 58 (1966), 1025-1115.

–––, «Decreto sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem», AAS 58 (1966),


838-839.

DE AQUINO, T., III Sent.

DEL GAUDIO, D., San Giuseppe il custode dell’amore. Vita, spiritualità e


devozione, IF Press srl, Roma 2021.

DI CHIARAVALLE, B., «Lodi della Vergine Madre. Omelie».

FRANCESCO, «Esortazione apostolica postsinodale AMORIS LAETITIA


sull’amore nella famiglia», AAS 108 (2016), 311-446.

–––, «Lettera Apostolica Patris Corde. In occasione del 150° anniversario della
dichiarazione di san Giuseppe quale patrono della Chiesa universale»,
(2020).

–––, «UDIENZA GIUBILARE, Sabato, 12 marzo 2016».

GIOVANNI PAOLO II, «Esortazione Apostolica REDEMPTORIS CUSTOS sulla


figura e la missione di san Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa»,
AAS 82 (1990), 5-34.

–––, «Familiaris Consortio», AAS 74 (1982), 81-191.

–––, «Lettera di Giovanni Paolo II alle Famiglie Gratissimam Sane», AAS 86


(1994), 868-925.

23
–––, «Lettera enciclica REDEMPTORIS MATER. Sulla Beata Vergine Maria
nella vita della Chiesa in cammino», AAS 79 (1987), 361-367.

LLAMERA, O.P., B., Teología de san José, Biblioteca de Autores Cristianos,


Madrid 1953.

Catechismo della Chiesa cattolica, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano
1992.

«I cristiani nel mondo, dall’epistola a Diogneto», 2021, vatican.va, en


http://www.vatican.va/spirit/documents/spirit_20010522_diogneto_it.html.

24
ÍNDICE
INTRODUZIONE..................................................................................................1

I. Ministerialità e la logica del dono...................................................................2

A. LA MINISTERIALITÀ COME CONDIZIONE DELLA SEQUELA CHRISTI........3


B.IL MOTIVO.......................................................................................................4
C.LA FORZA........................................................................................................6
D. LA LOGICA DEL DONO.............................................................................7

II. Come Maria e Giuseppe l’hanno vissuto.......................................................8

E.MARIA.............................................................................................................8
1) Ecco la serva.........................................................................................8
2) Serva fedele.........................................................................................10
3) Regina che continua a servire..............................................................11
F. GIUSEPPE.....................................................................................................11
4) Servo obbediente.................................................................................13
5) Il servizio della Paternità.....................................................................14
6) Servo buono e fedele...........................................................................15

III.La unione tra i due e dei due con Gesù........................................................16

7) Il Matrimonio come vocazione di servizio..........................................17


8) Un servizio fecondo............................................................................20

CONCLUSIONE..................................................................................................21

BIBLIOGRAFÍA..................................................................................................22

ÍNDICE.................................................................................................................24

Potrebbero piacerti anche