Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Facoltà di Teología
Maria e Giuseppe:
Modelli di ministerialità
Tutti i battezatti partecipiamo nella missione che Cristo affidò alla Chiesa:
“Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mt 16, 15),
ma non tutti partecipiamo nello stesso modo. «C'è nella Chiesa diversità di
ministero ma unità di missione»1. I diversi servizi che esistono nella Chiesa, tutti
ordinati all compimento della stessa missione, si chiamano ministeri. Ed è
necessario che ci siano diversi ministeri, perché ci sono diversi compiti da fare.
Tutti però, serviamo lo stesso Signore.
C’è nel mio cuore una passione per capire meglio e diffondere la belleza
della voazione sacerdotale. Specialmente negli ultimi anni della mia formazione
iniziale, prima dell’ordinazione, ho trovato in san Giuseppe un modello
eccezionale. Lui è stato chiamato da Dio per compiere una missione
importantissima, forse la più importante: proteggere, custodire, difendere e
guidare Maria, sua sposa, e suo Figlio Gesù. Il sacerdote, infatti, “Alter Christus”,
è chiamato a vivere una relazione sponsale con la Chiesa, sposa di Cristo.
Nell’amore casto e delicato di Giuseppe per Maria, e nel suo amore paternale per
Gesù ho trovato una grandissima ispirazione.
1
CONCILIO VATICANO II, «Decreto sull’apostolato dei laici Apostolicam
actuositatem», AAS 58 (1966), 838-839 2.
2
Catechismo della Chiesa cattolica, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano
1992 875.
2
Ma tutti nella Chiesa serviamo lo stesso Signore, e quindi, tutti possiamo
imparare questo atteggiamento umile di servizio che devono avere i sacri ministri.
Anche il sacramento del matrimonio è un sacramento di servizio. Anche i laici,
anche quelli chiamati ad altri ministeri che non comportano la sacra potestà, tutti,
per forza del battesimo, siamo chiamati a servire Gesù nella sua missione regale,
profetica e sacerdotale. E tutti, in diversi modi, siamo chiamati a cooperare, anche
se in diversi modi, nelll’opera di redenzione che ha compiuto Gesú. Il Concilio
spiega che
come il sacerdozio di Cristo è in vari modi partecipato, tanto dai sacri ministri,
quanto dal popolo fedele, e come l'unica bontà di Dio è realmente diffusa in vari
modi nelle creature, così anche l'unica mediazione del Redentore non esclude,
bensì suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata da un'unica fonte. 3
3
CONCILIO VATICANO II, «Costituzione dogmatica sulla chiesa LUMEN GENTIUM»
62.
3
Il Papa ha il titolo di “Servo Servorum Dei”, Servo dei servi di Dio. Non
importa se è il Papa o la vecchieta dalla parrochia, tutti nella Chiesa abbiamo la
stessa dignità4, e tutti siamo chiamati a servire. È questo atteggiamento di servizio
che fa bello il cristianesimo, puro l’amore. È questo che ci fa, come dice la lettera
a Diogneto, “l’anima del mondo”.5
Gli apostoli non hanno capito questo sin dall’inizio. È stato necessario un
percorso insiemme, accompagnati da Gesù, finchè l’hanno capito, perché il
servizio richiesto da Lui era molto diverso da quello nel mondo, nelle esigenze,
nello stile e nelle le motivazioni.
Giovanni e Giacomo, mentre seguivano Gesù che parlava del Regno dei
cieli, una volta gli si avicinarono per chiederli di sedere alla sua destra e alla sua
sinistra nella sua gloria. Pensavano ancora in un modo molto terrenale sul Regno.
Gli altri 10, quando sentirono questo, si arrabiarono con loro. Gesù disse a tutti:
“Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni
dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi
vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra
voi sarà schiavo di tutti” (Mc 10, 42-44). Gli apostoli pensavano a comandare,
Gesù però, gli parla di servire, e comincia così a cambiare la loro mentalità. Papa
Benedetto lo spiega bene: «La sua comunità segue un’altra regola, un’altra logica,
4
Cf. Catechismo della Chiesa cattolica 872.
5
«I cristiani nel mondo, dall’epistola a Diogneto», 2021, vatican.va, en
http://www.vatican.va/spirit/documents/spirit_20010522_diogneto_it.html.
4
un altro modello […] Il criterio della grandezza e del primato secondo Dio non è
il dominio, ma il servizio»6.
Dopo il primo annuncio della passione, Pietro ha provato a dire a Gesù che
cosa doveva fare, dimenticando d’essere servo. Gesù disse a Pietro: “Va' dietro a
me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli
uomini!” (Mt 16, 23). Il servo, infatti, “non è più grande del suo padrone, né un
inviato è più grande di chi lo ha mandato” (Gv 13, 16). È Pietro che deve seguire
Gesù, non Gesù a Pietro, e quindi Gesù gli disse di andare dietro a Lui.
Pian piano i discepoli hanno capito questo. Pietro, verso la fine della sua
vita, esortava ai presbiteri a pascere il gregge di Dio a loro affidato con animo
generoso, “non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli
del gregge” (1Pt 5, 3). Lui, infatti, ha potuto servire Gesù fino alla croce,
seguendo il suo Maestro fino alla fine.
6
BENEDETTO XVI, «Omelia. Consistorio pubblico ordinario per la creazione di nuovi
cardinali», 2010, vatican.va, en http://www.vatican.va/content/benedict-
xvi/it/homilies/2010/documents/hf_ben-xvi_hom_20101120_concistoro.html.
7
Ibid.
5
vale per gli Apostoli, vale per tutta la Chiesa, vale soprattutto per coloro che
hanno compiti di guida nel popolo di Dio»8.
B. Il motivo
Il libro del profeta Isaia ha alcuni dei brani più belli della Bibbia: quelli del
servo sofferente. Questa profezia, che parla di un servo che soffre però che sarà
esaltato, non era considerata una profezia mesiànica. Gesù, invece, mostra di
essere questo servo sofferente, ma anche il Mesìa, il Cristo. “Ecco il mio servo
che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio” (Is 42, 1).
Il suo svuotarsi è un segno del suo inmenso amore per noi. Corresponde
alla logica dell’incarnazione, che è la logica dell’amore.
L’amore -spiega san Tommaso- è una forza grazie alla quale «l'amante
viene trasformato nell'amato e in certo qual modo convertito in esso» 9. È per
questo che Dio si è fatto uomo. «Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con
8
Ibid.
9
T. DE AQUINO, III Sent. d. 27, q. 1, a. 1
6
intelligenza d'uomo, ha agito con volontà d'uomo ha amato con cuore d'uomo.
Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a
noi fuorché il peccato»10.
Essendo Lui stesso servo per amore, ci mostra la via da seguire. Dio è
diventato servo, e anche nostro modello supremo. Nell’ultima cena, Gesù lava i
piedi ai suoi discepoli. Affinchè non rimanessero dei dubbi, gli disse anche: “Se
dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare
i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate
come io ho fatto a voi” (Gn 13, 14-15).
Lui non ci chiede di far nulla che non abbia fatto Lui per primo. Così
divenne il nostro esempio, la nostra ispirazione. Il servizio si converte allora nel
modo di esprimere questo infinito amore di Dio, e di portarlo a tutti gli uomini.
C. La forza
La forza per essere servo allo stile di Gesù solo può venire dallo Spirito
Santo.
Nel mondo non è così. Alcuni diventano servi per paura, perche non hanno
un’altra opzione. È il caso degli schiavi, del lavoro forzato, di quelli che soffrono
situazioni estreme. Hanno paura della morte, della violenzia, della fame,
dell’essere esclusi, o di altri mali. Altri divengono servi per ambizione. Guardano,
alla fine, a trarne un vantaggio, a ottenere una posizione, o dei soldi, o qualcosa
per sé stessi.
“Tra voi però non è così” (Mc 10, 43). Il servizio di Gesù è un servizio
fatto solo per amore. Quindi dev’essere ispirato dallo Spirito d’amore, che è lo
Spirito Santo. È per questo anche che bisogna prima ricevere questo dono,
10
CONCILIO VATICANO II, «Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, sulla Chiesa nel
mondo contemporaneo», AAS 58 (1966), 1025-1115, 22.
7
lasciarsi servire da Cristo. Solo così potremo poi avere parte nel suo servizio e
nella sua missione: “Se non ti laverò, non avrai parte con me” (Gv 13, 8).
Papa Francesco, nella Patris Corde, scrive: «Ogni vera vocazione nasce dal
dono di sé, che è la maturazione del semplice sacrificio.» 11 Lui descrive questo
percorso che va dal sacrificio di sé al dono di sé.
Nel dono di sé, invece, la finalità è servire un altro. M’interessa quello che
vuole Dio, che lo riceva Lui, anche se il dono sono le mie debolezze. Di qui
vengono la felicità e la gioia.
“Lì dove una vocazione, matrimoniale, celibataria o verginale, non giunge alla
maturazione del dono di sé fermandosi solo alla logica del sacrificio, allora
invece di farsi segno della bellezza e della gioia dell’amore rischia di esprimere
infelicità, tristezza e frustrazione.”12
11
FRANCESCO, «Lettera Apostolica Patris Corde. In occasione del 150° anniversario
della dichiarazione di san Giuseppe quale patrono della Chiesa universale», (2020) 7.
12
Ibid.
8
Nella storia della salvezza abbiamo due modelli di una vocazione molto
speciali, perché verginale13 e anche matrimoniale. Sono modelli che mostrano
bene la felicità del dono, di sapersi servi, di esultare in Dio “perché ha guardato
l'umiltà della sua serva.” (Lc 1, 48)
Maria e Giuseppe sono stati, e sono ancora, servi del Signore. Nei vangeli,
possiamo contemplare il loro atteggiamento umile di obbedienza, proprio dei
servi. Loro si uniscono alla lista di padri e dei profeti che hanno servito il Signore
nell’antica alleanza, e sono allo stesso tempo, servi di Cristo. Sono il ponte fra le
due parti della storia. Sono anche i maestri di Gesù, perché il Verbo divino,
quando si è fatto uomo, ha avuto bisogno di un padre e di una madre umani, di
una famiglia nella quale nascere e crescere, per diventare in tutto come noi trane il
peccato. Ma piano piano diventano anche i suoi primi discepoli. Tutta la loro vita
è centrata in Lui e nella sua missione.
E. Maria
13
La verginitá di Giuseppe non è un dogma di fede, ma una opinione sostenuta da
molti santi e autori spirituali. Alcuni di questi santi sono: sant’Agostino, san Geronimo,
san Bernardino di Siena, san Francesco di Sales e san John Henry Newman.
14
Wikipaedia, Protovangelo di Giacomo, 11 maggio 2021.
https://it.wikipedia.org/wiki/Protovangelo_di_Giacomo#:~:text=All%27et
%C3%A0%20di%20tre%20anni,tutti%20i%20vedovi%20della%20Giudea.
9
1) Ecco la serva
Ecco, disse Maria, l’ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola (Lc
1, 38). La grazia divina di solito si accompagna con l’umiltà. Dio infatti resiste ai
superbi, ma dà la grazia agli umili (1 Pt 5, 5). Ecco, dice, l’ancella del Signore.
Qual è questa sublime umiltà che viene meno negli onori, e non diviene insolente
nella gloria? Viene prescelta a Madre di Dio, e si nomina ancella: non è segno di
mediocre umiltà il non dimenticare di esserlo quando viene offerta una gloria così
grande. Non è grande cosa essere umile nell’abiezione; veramente grande e rara
virtù l’umiltà negli onori.15
2) Serva fedele
La prova ultima della umiltà di Maria è stata quella della croce. Anche lì
Maria seppe d’essere serva fedele: «è lì per fedeltà al piano di Dio di cui si è
proclamata serva nel primo giorno della sua vocazione»17
16
GIOVANNI PAOLO II, «Lettera enciclica REDEMPTORIS MATER. Sulla Beata
Vergine Maria nella vita della Chiesa in cammino», AAS 79 (1987), 361-367 20.
17
FRANCESCO, Udienza Generale. Piazza San Pietro, mercoledì, 10 maggio 2017.
11
“… in occasione dell’incarnazione di Gesù esistono due dialoghi che vanno
insieme e si fondono l’uno con l’altro, diventano un’unica cosa. C’è innanzitutto
il dialogo che Maria ha con l’Arcangelo Gabriele, e nel quale ella dice: “Avvenga
di me quello che hai detto” (Lc 1, 38). Ma esiste un testo parallelo a questo, un
dialogo, per così dire, all’interno di Dio, di cui ci riferisce la Lettera agli
Ebrei, quando dice che le parole del Salmo 40 sono diventate come un dialogo tra
Padre e Figlio – un dialogo nel quale s'avvia l’incarnazione. L’eterno Figlio dice
al Padre: “Tu non hai voluto né sacrifici né offerte, un corpo invece mi hai
preparato… Ecco, io vengo … per fare (.) la tua volontà” (Ebr 10,5-7; cfr Sl 40,6-
8). Il “sì” del Figlio: “Vengo per fare la tua volontà”, e il “sì” di Maria: “Avvenga
di me quello che hai detto” – questo duplice “sì” diventa un unico “sì”, e così il
Verbo diventa carne in Maria. In questo duplice “sì” l’obbedienza del Figlio si fa
corpo, Maria, con il suo “sì” gli dona il corpo. “Che ho da fare con te, o donna?”
Quello che nel più profondo hanno da fare l’uno con l’altra, è questo duplice “sì”,
nella cui coincidenza è avvenuta l’incarnazione. È a questo punto della loro
profondissima unità che il Signore mira con la sua risposta. Proprio lì rimanda la
Madre. Lì, in questo comune “sì” alla volontà del Padre, si trova la soluzione.” 18
Una delle paradosse della vita cristiana, è questa: che servendo regnamo con
Cristo. Il servizio fedele di Maria per tutta la sua vita alla missione affidata a Lei
dal Padre, è stata ricompensata alla fine di questa vita terrena.
Siamo chiamati a regnare con Cristo dopo aver perseverato nella sua
sequela: “se perseveriamo, con lui anche regneremo” (2Tm, 2, 12). Regnare con
Cristo vuol dire aver parte nella sua autorità divina, essere ministro della sua
grazia, anche dal cielo. È l’atteggiamento umile di servizio che ha Maria quello
che la rende disponibile a partecipare nell’unica mediazione di Cristo, per chi ci
viene data la salvezza. «Nel caso di Maria si tratta di una mediazione speciale ed
eccezionale, fondata sulla sua «pienezza di grazia», che si traduceva nella piena
disponibilità della «serva del Signore».»20
18
BENEDETTO XVI, Omelia nella piazza del Santuario di Altötting, en (11 settembre
20006).
19
GIOVANNI PAOLO II, «Redemptoris Mater» 41.
20
Ibid. 39.
12
F. Giuseppe
All’inizio del vangelo di Matteo c’è il racconto -molto sintetico- di come è nato
Gesù:
Sono molti gli autori che chiamano questo brano “la annunziacione di
Giuseppe”. Era veramente necessario un intervento divino che spiegasse a
Giuseppe che cosa stava scedendo, e quindi Dio mando il suo angello a
spiegarlelo – in un sogno.
Nel brano appena letto, Giuseppe viene descritto con una parola molto
significativa: era giusto. Nella spiritualità biblica, essere giusto vuo dire essere
santo. Per essere santo, nel popolo ebreo, era fondamentale il compimento della
legge. Ma la giustizia di Giuseppe va oltre il puro complimento della legge:
La giustizia di san Giuseppe non deriva, quindi, da una osservanza formale della
legge, ma da un senso profondo della sua appartenenza al popolo eletto. San
Giuseppe non considerava la legge soltanto un codice o una fredda raccolta di
precetti. La legge era, per lui, l’espressione della volontà del Dio vivo. Ed è per
questo che Giuseppe seppe riconoscere la voce del Signore quando essa gli si
manifestò inattesa e sorprendente.21
21
D. DEL GAUDIO, San Giuseppe il custode dell’amore. Vita, spiritualità e devozione,
IF Press srl, Roma 2021, 89.
22
Ibid., 26.
13
4) Servo obbediente
Mentre la risposta della Vergine è stata esplicita, detta all’angelo con una
umiltà grandissima, la risposta di Giuseppe non è stata espressa con delle parole,
ma è stata anche meravigliosa: “fece come le aveva ordinato l’angelo” (Mt 1, 24).
Giuseppe risponde con le opere.
Giuseppe, l’uomo giusto, è un uomo che vive della fede, secondo la frase
di Abacuc: “il giusto vivrà per la sua fede” (Ab 2, 4). Ma questa fede non è una
fede vuota, o morta. La lettera di Giacomo ci domanda: “A che serve, fratelli miei,
se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo?”
(Gc 2, 14). Giuseppe, invece, rispose con le opere. Quello che fece Giuseppe è
quello che il magistero chiama l’obbedienza della fede.
E così fece Giuseppe ogni volta che attraverso un sogno, riceveva una
indicazione da parte di Dio. Non dev’essere stata facile la fuga in Eggitto, in una
terra straniera, con un'altra lingua, un'altra cultura, un'altra religione. Ma Giuseppe
“si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto” (Mt 2,
14).
23
GIOVANNI PAOLO II, «Esortazione Apostolica REDEMPTORIS CUSTOS sulla
figura e la missione di san Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa», AAS 82 (1990),
5-34 4.
14
d'Israele” (Mt 2, 20-21). Poi gli vienne detto di non andare in Giudea, ma nella
Galilea. Giuseppe fu sempre obbediente come buon servo del Signore.
Il suo ruolo è ben preciso nel progetto di Dio: essere padre di Gesù. Non si tratta
soltanto di una paternità legale, utile agli occhi del mondo, ma Dio gli chiede una
paternità vera, seppure putativa, in quanto Giuseppe viene chiamato a prendersi
cura del Figlio di Dio, come farebbe un vero padre. Le parole del Vangelo sono
molto esplicite a riguuardo.24
24
D. DEL GAUDIO, San Giuseppe il custode dell’amore. Vita, spiritualità e devozione,
26.
25
Ibid., 28.
15
È proprio questo atteggiamento di servizio che permette a Giuseppe
d’essere un buon Padre. Il servizio libera l’amore. Lo rende puro dall’egoismo, e
così permette al Figlio di svillupparsi in tutte le sue dimensioni.
Nella sua natura umana, Gesù ha dei bisogni fisici, emozionali, psychologici. Dio
Padre non ha un corpo, delle emozioni o delle passioni perché non si è incarnato
come suo Figlio. Il Padre celeste non può fisicamente toccare, camminare,
abbracciare suo Figlio incarnato. Quindi, Dio Padre affida suo Figlio alla vigile e
amorevole cura di un padre umano.27
Infatti, a Giuseppe è stato affidato da Dio il suo tesoro più grande: Gesù.
La orazione coletta della solennità di san Giuseppe dice che Dio ha “voluto
26
GIOVANNI PAOLO II, «Esortazione Apostolica REDEMPTORIS CUSTOS sulla
figura e la missione di san Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa» 8.
27
D. H. CALLOWAY, Consecration to St. Joseph: the wonders of our spiritual Father,
2020, 29. Propria Traduzione.
28
FRANCESCO, «Patris Corde» 7.
16
affidare gli inizi della nostra redenzione alla custodia premurosa di san Giuseppe”.
La stessa Liturgia applica a san Giuseppe, parole del vangelo che spiegano bene
perché Dio lo ha scelto per questo compito così importante e delicato: “Ecco il
servo saggio e fedele, che il Signore ha posto a capo della sua famiglia” (Lc
12,42). È per la sua saggezza e la sua fedeltà; saggezza nel cercare e riconoscere
la volontà di Dio, fedeltà nel compierla.
Mi piace pensare che Gesù ha imparato dalla fedeltà di suo padre terrestre
tanti esempi che poi ha usato nelle sue parabole e insegnamenti; come la parabola
dei due figli (Mt 21, 28-32), perchè “Non chiunque mi dice: Signore, Signore,
entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei
cieli” (Mt 7, 21). Papa Francesco pensa alla parabola del Padre misericordioso.29
San Giuseppe, è anche patrone della buona morte. Chè bello dev’essere,
come lo immagina la pietà populare, l’essere accompagnato in questa trance da
Maria e da Gesù. È bello pensare che Giuseppe poi sentì quelle parole del padrone
rivolte al buon amministratore nella parabola dei talenti (Mt 25, 14-30): “Bene,
servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò
potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Addesso, dal cielo,
Giuseppe continua a servire la sua missione di protegere il corpo di Cristo, la
Chiesa universale.
29
Ibid. 2.
30
Cf. GIOVANNI PAOLO II, «Familiaris Consortio», AAS 74 (1982), 81-191 11.
17
Santa Madre Teresa di Calcutta diceva che «il frutto dell’amore è il
servizio»31. Anche Papa Francesco, parlando della Misericordia, spiega il
collegamento fra amore e servizio: «L’amore, quindi, è il servizio concreto che
rendiamo gli uni agli altri. L’amore non sono parole, sono opere e servizio »
«Quando tu ti dimentichi di te stesso e pensi agli altri, questo è amore!»32
Già per il Battesimo tutti cristiani siamo chiamati a servire Dio con il
servizio del sacerdozio comune dei fedeli. Ma Gesù, nella sua infinita sapienza, ci
ha lasciato due sacramenti che sono destinati al servizio degli altri. Infatti, si
chiamano i sacramenti di servizio: l’ordine e il matrimonio.
35
FRANCESCO, «Esortazione apostolica postsinodale AMORIS LAETITIA sull’amore
nella famiglia», AAS 108 (2016), 311-446 72.
36
GIOVANNI PAOLO II, «Lettera di Giovanni Paolo II alle Famiglie Gratissimam
Sane», AAS 86 (1994), 868-925 20.
37
Cf. B. LLAMERA, O.P., Teología de san José, Biblioteca de Autores Cristianos,
Madrid 1953, 39.
38
FRANCESCO, «Esortazione apostolica postsinodale AMORIS LAETITIA sull’amore
nella famiglia» 72.
19
saputo aspettare, cercando la Volontà di Dio. «E nel suo dubbio su come agire nel
modo migliore, Dio lo ha aiutato a scegliere illuminando il suo giudizio».39
39
FRANCESCO, «Patris Corde» 4.
40
GIOVANNI PAOLO II, «Lettera alle Famiglie» 20.
41
Catechismo della Chiesa cattolica 1662.
42
Summa Theologiae II, Q. 29, a.2; IV Sent. dist. 30, q. 2, a.2
20
battezzati abbiamo una parte da fare. Maria e Giuseppe sono stati pensati da Dio
per essere uniti e aiutarsi nella loro missione da tutta l’eternità.
In questo caso, anche se non sul piano sessuale, fra Giuseppe e Maria c’è stata
una vera, profonda e duratura unione, un’intesa che emerge dai racconti
evangelici in diverse circonsatnze, come all’andare insieme a Betlemme, o nel
fuggire in Eggitto, o ancora, quando ritrovano Gesù nel Tempio e Maria dice:
Tuo padre e io angosciati ti cercavamo. Maria e Giuseppe sono sempreuniti e
vivono insieme ongni situazione della loro vita di coppia. 43
8) Un servizio fecondo
43
D. DEL GAUDIO, San Giuseppe il custode dell’amore. Vita, spiritualità e devozione,
34.
44
Ibid., 35.
21
multiforme sapienza di Dio” (Ef 3, 10). Nell’amore di questa famiglia, Maria e
Giuseppe tenevano gli occhi fissi su Gesù (Eb 12, 2).
CONCLUSIONE
Maria e Giuseppe fanno visibile cosa vuol dire quel detto misterioso di
Gesù: “Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la
propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 10, 38). Loro sono stati, nella loro
semplicità, i maestri di Gesù, e mentre il Bambino cresceva, Maria e Giuseppe
impararono anche da Lui, divenendo così i suoi primi discepoli. Così hanno
scoperto la gioia di fare della loro vita un dono per Dio e per gli altri.
Ringraziamo Dio per il bellissimo dono che ci ha fatto nella sua Santa
Famiglia! Da loro possiamo imparare che cosa vuol dire servire questo Signore
che si è fatto piccolo come noi ed è in mezzo a noi come colui che serve. Quando
ci sembri che il nostro servizio sia inutile, perché troppo piccolo e insignificante,
guardiamo Maria e Giuseppe. Quando siamo stanchi della vita ordinaria, della sua
normalità, guardiamo Maria e Giuseppe. Che Maria e Giuseppe ci aiutino sempre
a scoprire la gioia di servire Gesù, e di partecipare, ognuno secondo la sua
vocazione, nel meraviglioso piano di salvezza per il quale siamo stati “scelti prima
dalla creazione del mondo” (Ef 1, 4), e che un giorno anche noi ci uniamo a loro
nel sentire queste parole: “Bene! servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti
darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone” (cf. Mt 25, 21).
22
BIBLIOGRAFÍA
–––, Omelia nella piazza del Santuario di Altötting, en (11 settembre 20006).
–––, «Lettera Apostolica Patris Corde. In occasione del 150° anniversario della
dichiarazione di san Giuseppe quale patrono della Chiesa universale»,
(2020).
23
–––, «Lettera enciclica REDEMPTORIS MATER. Sulla Beata Vergine Maria
nella vita della Chiesa in cammino», AAS 79 (1987), 361-367.
Catechismo della Chiesa cattolica, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano
1992.
24
ÍNDICE
INTRODUZIONE..................................................................................................1
E.MARIA.............................................................................................................8
1) Ecco la serva.........................................................................................8
2) Serva fedele.........................................................................................10
3) Regina che continua a servire..............................................................11
F. GIUSEPPE.....................................................................................................11
4) Servo obbediente.................................................................................13
5) Il servizio della Paternità.....................................................................14
6) Servo buono e fedele...........................................................................15
CONCLUSIONE..................................................................................................21
BIBLIOGRAFÍA..................................................................................................22
ÍNDICE.................................................................................................................24