LA NOZIONE D'IMPRESA
Per diritto commerciale si intende l'insieme delle norme del diritto privato che disciplinano le attività
produttive e il loro esercizio.
Nell'ordinamento giuridico italiano, a differenza di altri, tali norme sono contenute, non già in un codice di
commercio, bensi nel codice civile, esattamente nel libro V (Del Lavoro), più in particolare,la parte che ci
interessa comincia dal titolo II (Del Lavoro Nell'Impresa), che si apre con l'articolo2082 (Imprenditore), che
recita:
"è imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o servizi"
Tale soggetto dovrà avere due requisiti: capacita giuridica e capacità di agire
La norma in oggetto definisce più che l'imprenditore, il fenomeno che l'imprenditore pone in essere, cioè
descrive in termini oggettivi un suo comportamento, che si sostanzia in un attività, qualificata
come produttiva, che abbia i requisiti di organizzazione, professionalità ed
economicità, e che prende il nome di Impresa.
L'attività' Produttiva
Esaminando l'articolo 2082 descrive l'impresa in termini di attività e poi la qualifica come produttiva.
a) Per attività si intende modello comportamentale costituito da tanti singoli comportamenti volti ad un
determinato scopo.
b) l'attività si qualifica in base alla natura del suo scopo ( o risultato a cui mira). In particolare in questo caso
l’attività produttiva mira a produrre utilità che prima non c'erano (nuova ricchezza). E ciò attraverso la
produzione e lo scambio di beni e servizi ( quindi o attraverso la trasformazione di materie prime o
collocando i beni e i servizi prodotti sul mercato.) Anche il trasferimento di un bene da un luogo diverso da
quello originario produce una nuova ricchezza .
Pertanto l'attività di godimento non è attività , in quanto volta a trarre l’utilità di qualcosa che gia si ha.
Non tutte le attività produttive sono imprese; esse devono presentare i tre attributi dell'art 2082 riportati di
seguito:
· La professionalità
Il requisito della professionalità richiede che essa venga svolta in maniera abituale, stabile e, non
occasionale o sporadica.
Affinchè vi sia la professionalità non occorre l’ esclusività ( a titolo di esempio
s'immagini un soggetto che di giorno gestisce un punto di ristoro e poi di sera va ad insegnare aerobica in
una palestra);
In secondo luogo, non occorre la continuità, ossia lo svolgimento dell’attività senza interruzione (a titolo di
esempio si pensi alle attività stagionali, come la gestione di un impianto sciistico o di uno stabilimento
balneare);
Infine, si ha professionalità anche nel caso di attività produttive finalizzate alla realizzazione di un unico
affare che pero richieda molteplici operazioni.(es costruzione di una strada)Ne consegue che un'attività
produttiva che difetti del requisito di professionalità è estranea ai nostri interessi, trattandosi di un iniziativa
occasionale, ossia posta in essere in modo sporadico.
· L'organizzazione
Il requisito dell'organizzazione richiede l’impiego dei mezzi nel suo svolgimento, richiedendo non solo la
capacità lavorativa di chi la pone in essere, ma anche con l'ausilio di altri fattori produttivi, che sono lavoro e
capitale.
Con il primo si allude alla forza lavoro acquisita sul mercato del lavoro (rapporto di lavoro subordinato,
occasionale, ecc); con il secondo si allude a qualunque entità materiale o immateriale (proprietà, locazione,
uso, usufrutto ecc.)
Non è necessario però che tali requisiti siano presenti contemporaneamente, in quanto in determinati processi
produttivi possano richiedere esclusivamente il fattore lavoro o il fattore capitale. Il ruolo del titolare di
un'attività produttiva organizzata non è tanto di partecipare attivamente nel processo produttivo, quanto di
svolgere un'opera di organizzazione. Tale opera di organizzazione non deve necessariamente manifestarsi
nella realizzazione di un apparato organizzativo tangibile, in qanto può non essere materialmente percepibile
alcun apparato organizzativo come ad esempio per le attività di investimento che si sostanziano nella raccolta
di una certa quantità di denaro e nel successivo impiego in strumenti finanziari oppure come nelle attività che
si svolgono attraverso la rete internet che mettono in contatto venditori e compratori di qualunque tipo di
bene.
Se manca questo profilo di organizzazione, l'iniziativa non è qualificabile come impresa bensì come lavoro
autonomo (dove il lavoro personale non solo è necessario ma anche sufficiente per il completamento del
processo produttivo).
· L'economicità
Il requisito dell'economicità connota l'attività sul piano del metodo che deve essere seguito nel suo
svolgimento e cioè il metodo economico in senso stretto, che tende ad assicurare il pareggio tra costi e
ricavi. Non è necessario che vi sia uno scopo di lucro.
Se sono presenti tali caratteristiche, a prescindere dalla destinazione che avra la produzione, si parlera pur
sempre di impresa, quindi anche quando svolge un’attivita per conto proprio, illecita, mafiosa e immorale.
Un' impresa per conto proprio prevede che la produzione non è destinata ad essere collocata sul mercato (es
l'agricoltore che coltiva il terreno ottenendo una produzione che, anzichè destinare al mercato, utilizza per
l'auto-consumo, oppure il costruttore edile che costruisce un'abitazione che, anzichè collocare sul
mercato,adibisce a sua abitazione personale ) . L’unico dubbio in tale tipologia di impresa è riconducibile al
requisito di economicità in quanto, non essendo presente in questa impresa un' azione di scambio, non si può
rilevare il ricavo, ma si è affermato che è possibile sostituire il ricavo con il risparmio di spesa o considerare
il ricavo come equivalente al risparmio di spesa.
Un impresa illecita si differenzia in:
- Impresa illegale, che ricorre tutte le volte che un’ attività produttiva inizia senza chiedere o ottenere le
autorizzazioni previste. Ad esempio un’attività bancaria esercitata senza autorizzazione.
- Impresa immorale, ricorre tutte le volte che un’ attività produttiva è finalizzata a creare un bene o a prestare
un servizio contrario ai valori dell’ordinamento, ad esempio lo spaccio di droga. Tale impresa a sua volta può
essere distinta in impresa mafiosa, che si presenta ogni volta che un’attività produttiva appoggia un disegno
criminoso. Anche le attività che perseguono un fine immorale o appoggiano un più ampio disegno criminoso,
possono senz'altro qualificarsi come imprese sul piano normativo, ciò tuttavia con l'eccezione di quella parte
di disciplina che è predisposto a tutelare gli interessi di chi svolge l'iniziativa medesima in quanto chi svolge
un'attività immorale o a sostegno di un progetto criminoso non può beneficiare delle applicazione degli
istituti che sono disposti per tutelare specificamente il suo interesse, ad esempio gli istituti dei segni
distintivi della concorrenza. in quanto l'ordinamento stabilisce che nessun soggetto può trarre una qualsiasi
forma di vantaggio dalla commissione di un atto illecito.
Tutte queste, possono essere considerate comunque imprese se presentano i requisiti richiesti dall’articolo
2082 del c.c.
Impresa Artigiana
La legge quadro dell'artigianato del 1985, 8 agosto n° 443, da una definizione e dei criteri affinché
si possa definire un impresa come artigiana, i quali si basano su :
1)l'oggetto dell'impresa che può essere costituito da qualsiasi attività di produzione, di beni anche
semilavorati o di prestazioni di servizi e
2) sul ruolo dell'artigiano nell'impresa in quanto quest'ultimo deve svolgere in misura prevalente il
proprio lavoro anche manuale nel processo produttivo (ad esempio le ceramiche di Vietri )
Normalmente è una piccola impresa, ma qualora supera i limiti previsti dalla legge fallimentare
articolo 1 sarà comunque sottoposta al fallimento.
In caso di società artigiana, la maggioranza dei soci deve prestare la propria opera manuale, può
essere costituita sotto forma di qualsiasi società tranne spa e società in accomandita per azioni, le
quali non possono essere iscritte nel registro delle imprese come imprese artigiane.
La definizione di impresa artigiana vale solo ai fini della legislazione speciale in particolare della
provvidenza di carattere tributario, in quanto la legge speciale prevede in suo favore una normativa
fiscale più favorevole in quanto l'articolo 45 secondo comma della Costituzione promuove
l'artigianato.
IV L’impresa Commerciale
L’impresa commerciale puo essere definita come un’attività di produzione di beni e di servizi che
si qualifica come industriale e/o un’attività di circolazione di beni che si qualifica come
intermediaria.
Secondo una prima interpretazione, l’industrialità alluderebbe al processo produttivo inaugurato
con la rivoluzione industriale a cavallo tra il 18 e 19 secolo; l’intermediarietà alluderebbe alle
attività commerciali di acquisto (all’ingrosso) e rivendita (al dettaglio).
Tale interpretazione da vita ad una terza categoria di impresa, che è l’impresa civile (Le imprese civili
sono imprese che per loro natura non sono collegabili né all'impresa agricola, né all'impresa
commerciale in quanto non svolgono attività riconducibili né all’intermediazione ne
all’industrialità. Tuttavia non è prevista una particolare disciplina per tale tipo di impresa la quale
pertanto viene trattata come un’ imprese commerciali. Sono considerate imprese civili:
- imprese artigiane sul presupposto che il processo produttivo non possa qualificarsi industriale in
quanto mai interamente automatizzato neanche per le lavorazioni in serie;
- le imprese primarie e le imprese di pubblici spettacoli in quanto il loro processo produttivo non
può qualificarsi come industriale in quanto non dà luogo ad una trasformazione fisico tecnica della
materia ma si limita a sfruttare le risorse che si trovano in natura come le pietre estratte dalle cave,
il gas estratto dai giacimenti, il calore solare sfruttato a fine energetici, il vento sfruttato a fini
energetici o le abilità umane esempio la capacità di recitare;
-le imprese finanziarie le quali facciano circolare il denaro limitandosi a raccogliere risparmio da
collocare in opportune soluzione di investimento o a concedere credito utilizzando denaro
appartenente al patrimonio personale del titolare;
- le agenzie matrimoniali le agenzie di collocamento le quali sono attività ausiliari ad iniziative
non rientranti nell'elenco della articolo 2195
Pertanto e’ da preferire una seconda interpretazione con cui si attribuisce al primo il significato di
non agricolo e al secondo il significato di scambio. In quest’ottica, si perviene ad una nozione di
impresa commerciale residuale, diversa da quelle già esaminate (art 2082,2135,2083), per cui in
essa rientrano tutti i fenomeno imprenditoriali che,in ragione della loro natura, non possono
qualificarsi come agricoli, senza lasciare spazio per ulteriori categorie.
·3 L’impresa Pubblica
L’espressione impresa pubblica è quell’impresa la cui attivita è svolta da un ente pubblico. Tale
attivita commerciale puo essere l’attivita esclusiva dell’ente e quindi si parla di ente pubblico
economico, oppure un’attività secondaria dell’ente e quindi se parlerà di ente pubblico non
economico.
- L’ente pubblico economico è un ente che esercita in via esclusiva un’attività commerciale. I più
importanti enti pubblici economici sono stati l'Eni, l'Enel, le Ferrovie dello Stato.
Disciplina: Tali enti sono soggetti all’iscrizione nel registro delle imprese e sono soggetti a liquidazione
coatta amministrativa, in quanto essendo enti rappresentativi dello stato, non è possibile dichiararne il
fallimento.
Oggi assume una dimensione senz’altro più circoscritta, residuando nei mercati con regime di
monopolio legale ( tabacchi giochi). Ciò in quanto molti enti pubblici si sono trasformati in società
di capitali a partecipazione statale (ad esempio Alitalia originariamente era un ente pubblico
economico come la Telecom).Infatti negli anni 90 è stato avviato un processo di privatizzazione, in
un primo tempo formale cioè si è trasformato un ente pubblico economico in una società per azioni
la cui partecipazione di controllo era tenuta dallo Stato, in un secondo tempo la trasformazione è
stata sostanziale, cioè le azioni di questa società partecipata originariamente soltanto dallo Stato,
sono state collocate presso il pubblico, in tal caso il soggetto giuridico dell’impresa non è più un
soggetto di diritto pubblico, essendo diventato privato; si parlerà pertanto di impresa societària che
pertanto, al pari delle altre imprese, sarà sottoposta allo statuto dell’imprenditore e
dell’imprenditore commerciale. Il ruolo dello Stato in queste società però non è del tutto scomparso,
ciò in quanto esse esercitano dei servizi pubblici o in taluni casi essenziali (come Poste Italiane) o di
rilevanza strategica per lo Stato (come nel caso della Alitalia in cui lo Stato ha evitato che la
compagnia passasse ai francesi e il turismo fosse dirottato in Francia.). Durante o a seguito della
privatizzazione, lo Stato può riservarsi poteri speciali tramite un istituto giuridico, la golden share:
lo Stato avendo una minima partecipazione alla società privatizzata o anche comunque non essendo
più un membro di quest'ultima, mantiene dei poteri di veto su determinate decisioni es fusione
scissione; nomina di organi amministrativi e di controllo. Tali società pertanto diventano ostaggio
dello Stato.
l'ente pubblico non economico (impresa organo), sono tutti gli altri enti pubblici (come ad
esempio regioni e province) che svolgono un’attività d'impresa in via secondaria rispetto ai fini
istituzionali dell'ente pubblico, possono essere affiancate anche da una o piu attivita commerciali
che configurano come servizi pubblici e possono avere:
- rilevanza economica e quindi consentono un margine di profitto(trasporto locali, i servizi
pubblici nei settori energetici come il gas, la luce e l'acqua)La gestione dei servizi a rilevanza
economica che non potendo essere effettuata direttamente dall’ente pubblico locale viene affidata
ad una società di capitali a partecipazione interamente pubblica, definita società in house
providing. Tali società sono costituite da enti pubblici territoriali e per anni si è discusso se questi
siano delle mere articolazioni dell’ente territoriale o se siano società indipendenti e oggetto di
diritto. In quest’ambito è in corso l’emanazione di un disegno di legge, che è indirizzato a
considerare tali società dei veri e propri soggetti indipendenti e quindi a cui possono essere
applicate le procedure concorsuali e quindi il fallimento. Il fallimento però potrebbe comportare un’
interruzione nel servizio pubblico e quindi bisognerebbe muoverci con accortezza. Tali società sono
tenute ad iscriversi al registro dell’imprese, a redigere le scritture contabili e sono soggette al
fallimento. Il comune di Napoli per esempio esercita questi servizi pubblici attraverso varie società
in house (la TAN per il trasporto pubblico, la Circumvesuviana, la SIA per la raccolta di rifiuti
solidi urbani) .
- privi di rilevanza economica (servizi sociali) è lasciata alla discrezionalità dell'ente pubblico che
può essere da quest'ultimo affidata o meno.
2. L’impresa Privata
passando all’impresa privata con questa espressione si fa riferimento ad un fenomeno produttivo
imprenditoriale che assume la forma giuridica diritto privato vale a dire la persona fisica (impresa
individuale) la società (impresa societaria) o un altro ente privato non societario (impresa collettiva
non societaria).
a) se l'impresa assume la forma individuale non sembra che si verifichino particolari ripercussioni
rispetto a quelle già viste studiando le categorie d'impresa enucleate in ragione della natura e della
dimensione;
b) se l'impresa assume la forma societaria sembra potersi replicare la medesima conclusione si
tratta delle così dette società di forma commerciale cioè scn sas srl e società azionarie. Che
implementano sempre alcune regole in particolare l'obbligo di tenuta delle scritture contabili è
l'obbligo di pubblicità;
c) se l'impresa assume la forma di un ente privato non societario quindi parliamo di consorzi
associazione e fondazione del libro I, può ritenersi ormai che un ente non societario possa esercitare
un'impresa e che l'impresa può essere il suo oggetto esclusivo, principale o secondario.
La disciplina dell’impresa si applica anche alle fondazioni e associazioni che esercitano attività
commerciale, quindi devono tenere le scritture contabili, iscriversi nel registro delle imprese e se
superano uno dei limiti dimensionali saranno soggette al fallimento.
Tuttavia nel 2006 il decreto legislativo 155 ha consentito alle associazioni, alle fondazioni alle
società di poter acquisire la qualifica di impresa sociale ed essere sottoposte ad un beneficio di
responsabilità limitata (in deroga alla responsabilità illimitata prevista per gli associati ei fondatori)
se l'impresa sociale ha un patrimonio di almeno 20mila, e l'esonero dal fallimento in quanto sono
sottoposti alla liquidazione coatta amministrativa.
Secondo tale criterio l’ inizio dell’impresa essere identificato secondo un criterio oggettivo nel
momento in cui vi è l’effettivo inizio dell’attività produttivo qualificabile come impresa, e quindi a
prescindere da qualsiasi autorizzazione, iscrizione nel registro delle imprese ecc, in quanto se si
facesse dipendere l’inizio' da tali formalita si finirebbe x far dipendere l’applicazione della
disciplina dalla volonta dell’imprenditore, non tutelando i diritti che gia sono sorti verso i terzi.
Non sembra che il discorso possa differenziarsi a seconda che l’impresa sia esercitata da una
persona fisica o da una società.
Per l’effettivo inizio dell’attività di impresa bisogna distinguere a seconda che l’esercizio
dell’impresa sia o meno preceduta da una fase organizzativa (esempio affitto di locali, acquisto di
macchinari …).
La fine dell’impresa
Il criterio di effettività. Le operazioni di liquidazioni
Con l’espressione fine dell’impresa si vuole fare riferimento al momento in cui cessa di trovare
applicazione la disciplina dell’impresa. Anche la fine dell’impresa deve essere accertata con un
criterio di effettività, ossia deve essere identificato il momento in cui nella realtà concreta viene
meno il fenomeno produttivo qualificabile come impresa.
Si ritiene estinta l’impresa solo quando è stata ultimata la liquidazione.
Tuttavia la liquidazione è una fase non essenziale nell’impresa, nel senso che l’impresa potrebbe
cessare anche a prescindere dalla fase di liquidazione, che risulta essere obbligatoria per le società
ed ogni altro ente collettivo. In tal caso, p er determinare la fine dell’impresa vi è un articolo, cioè
l’articolo 10 della legge fallimentare. Tale articolo ancora la fine dell’impresa, alla cancellazione di
quest’ultima dal registro dell’impresa, andando quindi a dare importanza ad un criterio formale più che
sostanziale perché l’attività imprenditoriale potrebbe continuare nonostante la cancellazione. Inoltre, ancfhe
a seguito della fine,non cessa di applicarsi la disciplina, in quanto entro un anno dalla cancellazione dal
registro dell’impresa e non dall’effettiva cessazione dell’attività, ( art 10 LF) è possibile aprire una
procedura concorsuale. Tuttavia, se i creditori riescono a dimistrare che l’attivitaà eà proseguita
anche dopo la cancellazione, l’anno per la dichiarazione di fallimento decorre da quando
effettivamente eà cessata l’attivitaà .
Nel nostro ordinamento manca un criterio di imputazione dell’attività,che consenta quindi di individuare il
soggetto a cui imputare la qualita di imprenditore, con le connesse responsabilità ed obbligazioni,
L’orientamento oggi prevalente è il criterio formale della spendita del nome,, quindi tutti gli atti giuridici
dell’attività saranno attruibuiti al soggetto il cui nome è speso. ; tuttavia c’è chi ritiene che l’impresa si
imputi secondo un criterio sostanziale o dell’interesse perseguito nello svolgimento della stessa, concludendo
che è imprenditore colui nel cui interesse l’impresa è svolta (criterio sostanziale).
In quest’ottica è evidente che la questione relativa all’imputazione appare risolta se l’impresa viene svolta in
nome e per conto di uno stesso soggetto (ad esempio se una persona fisica svolge l’impresa a suo nome e
nel suo interesse non vi è dubbio che sia imprenditore).
Tuttavia in alcuni casi l’imprenditore può affidare l’esercizio dell’impresa ad uno o più altri soggetti, quali
suoi collaboratori ( i quali eseguono tale incarico in nome e per conto del primo-mandante). In tal caso la
responsabilita giuridica ricadrà sul mandante quindi sull’imprenditore. Talvolta, l’imprenditore è addirittura
obbligato ad affidare l’esercizio dell’impresa ad un altro o più altri soggetti, quando non abbia la capacità di
agire, vuoi perché non l’ha ancora acquisita (il minore), o l’ha persa in tutto (interdetto) o in parte
(l’inabilitato) quindi necessita un sostituto legale: tutore o curatore.
A questo punto la giurisprudenza cerca di porre rimedio e quindi di trovare un modo per poter imputare la
responsabilità anche al dominus attraverso la figura dell'impresa fiancheggiatrice, secondo cui il dominus
può acquisire la qualifica di imprenditore in quanto il suo comportamento può qualificarsi come un’ impresa
fiancheggiatrice la quale dietro le quinte dirige e coordina finanze il prestanome, gli impartisce istruzioni gli
mette a disposizione capitali anche in forma di garanzie rilasciate a favore di qualche creditore, pertanto tale
azione di direzione produce un’utilità economica e, quando risulta qualificata dai requisiti della
professionalità organizzazione ed economicità, può qualificarsi come impresa e quindi anche il dominus
dovrebbe avere la qualifica di imprenditore con il conseguente assoggettamento alla disciplina dell'impresa e
al fallimento. Tuttavia però il fallimento del dominus consente soltanto ai propri creditori che da lui avevano
ottenuto una garanzia di beneficiare di tale tutela relativa all'attivazione della procedura concorsuale mentre
per gli altri creditori rimane del tutto irrilevante in quanto non hanno alcun titolo per potersi insinuare nel suo
patrimonio personale. A a tale proposito è sintomatico il famoso caso Caltagirone dove tre fratelli avevano
dato vita ad un'impresa operante nel settore immobiliare articolata su 158 società di capitali, i tre
esercitavano un'attività di direzione e coordinamento di tali società in quanto richiedevano i finanziamenti al
mondo bancario che facevano confluire nelle casse di tali società. Quando l'iniziativa è entrata in crisi ed ha
provocato lo stato di insolvenza in tutte le società del gruppo, che sono state dichiarate fallite, i giudici di
primo e di secondo grado (appello) hanno ritenuto che il comportamento dei tre fosse qualificabile come
un'impresa pertanto, dopo aver accertato il loro personale stato di insolvenza, ne hanno dichiarato il
fallimento. Successivamente però la Corte di Cassazione ha revocato la procedura concorsuale dei Tre fratelli
ritenendo che essi non potessero rappresentare un impresa fiancheggiatrice.
Sono state poi proposte diverse ricostruzioni per dimostrare che l'impresa si deve imputare a prescindere dal
nome speso. Importante tra tali ricostruzioni e la teoria dell'imprenditore occulto elaborata da Walter Bigiavi
tra gli anni 50 e 60. Secondo tale teoria nel nostro ordinamento vi è un inscindibile relazione biunivoca tra
potere e rischio pertanto chi ha la direzione di un'attività imprenditoriale non può sottrarsi alle relative
conseguenze sul piano patrimoniale. Tale teoria cerca di dimostrare che il dominus non solo risponde per le
obbligazioni ma acquista anche la qualifica di imprenditore e quindi può essere assoggettato alla disciplina
dell'impresa e quindi al fallimento. Questo decisivo passaggio trova riscontro nell'articolo 147 1 fall secondo
cui l'impresa si imputa in funzione dell'interesse perseguito a prescindere dal nome speso nel suo
svolgimento, in particolare fa riferimento al caso del fallimento di una società con soci illimitatamente
responsabili e stabilisce che esso determina il fallimento in estensione di tali soci; in particolare l'ipotesi
espressa in tale norma è quella in cui la società abbia un socio occulto che dopo il fallimento della società
viene scoperto attraverso opportuni indizi e quindi viene alla luce il rapporto sociale. Tuttavia tale norma
evidenzia un dubbio e cioè che il fallimento in estensione possa estendersi anche al caso di una società
occulta cioè società che viene esercitata spendendo il nome di un solo socio ma per conto del dominus in
quanto in questo caso il rapporto sociale non è agevole da rilevare o meglio non esiste se il prestanome
agisce solo per conto del dominus e non anche per conto proprio . In conclusione possiamo affermare che la
norma si basa su dati oggettivi pertanto a prescindere dalla relazione tra il dominus e il prestanome il
fallimento in estensione potrà applicarsi sia il caso di socio occulto di società Palese sia quando si tratti di
una società occulta.
La pubblicità di impresa
La disciplina dell’impresa prevede un obbligo di pubblicità. Si tratta di un obbligo pubblicitario
minimo, che mira a soddisfare due diverse esigenze: da un lato l’esigenza dei terzi
di poter fruire di informazioni riguardanti l’impresa; dall’altro l’esigenza dell’imprenditore di poter ritenere
che alcune informazioni della sua attività possono considerarsi conosciute da parte dei terzi con i quali entra
in contatto. L’obbligo pubblicitario è caratterizzato dal principio di tipicità, le informazioni da sottoporre a
pubblicità sono tutte quelle per le quali la legge impone siffatto obbligo pubblicitario, ad un tale obbligo si
adempie attraverso il registro delle imprese.
Libro giornale, vanno indicate giorno per giorno tutte le operazioni relative all’esercizio dell’impresa
secondo un criterio cronologico. Esso può essere aggiornato secondo le tempistiche prescelta
dall’imprenditore( settimanale, mensile)
Nel libro giornale vanno rilevati i fatti di gestione nel loro profilo patrimoniale e reddituale, es un contratto
di vendita rileva un credito v clienti sotto il profilo patrimoniale, e un ricavo di vendita sotto il profilo
reddituale.
Libro degli inventari Devono essere riportati tutti gli elementi patrimoniali attivi e
passivi dell’impresa con descrizione e valutazione. Viene redatto all’inizio dell’attività e successivamente
ogni anno. Scrittura che va tenuta secondo un criterio sistematico (ordine prestabilito).
Quest’ultimo inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite (bilancio
d’esercizio). Art. 2217.2
Quest’ultimo è costituito da : lo stato patrimoniale, il conto economico e la nota integrativa.
Stato patrimoniale, contiene gli elementi attivi e passivi suscettibile di valutazione economica.
Conto economico, contiene i (ricavi) e (i costi) di reddito, dalla cui somma algebrica scaturisce il reddito
d’esercizio (utile o perdita).
Nota integrativa, documento descrittivo, che serve a chiarire i documenti quantitativi.
(Nell’ordinamento italiano manca una disciplina giuridica generale sul bilancio d’esercizio.Questa è
prevista solo nel diritto della società per azioni e richiamata nel diritto delle altre società di capitali
e delle cooperative. Non è chiaro quale disciplina debba applicarsi al bilancio alle imprese che assumono una
forma diversa dalla società per azioni e dalle altre società di capitali e cooperative.
Art 2217.2 generalizza la disciplina del bilancio delle società per azioni nella parte relativa alle
valutazioni, la quale troverà applicazione nei bilanci di tutte le imprese. )
Il procuratore
Il procuratore è il collaboratore che compie atti pertinenti all’esercizio dell’impresa pur senza esservi
preposto (art 2209). Non è preposto all’esercizio dell’impresa in quanto non ha un potere di gestione
generale ( a differenza dell’istitore) ed ha quindi la gestione di aree piu circoscritte ( es settore vendite) pur
sempre sotto il controllo di un superiore gerarchico (istitore). Questi non ha rappresentanza processuale e
non ha obbligo di redazione delle scritture, inoltre i suoi poteri possono essere limitati dall’imprenditore,
attraverso il rilascio di un’apposita procura da iscrivere nel registro delle imprese. Non puo compiere atti
spendendo il propri nome, in tal caso ricadranno nella sua sfera giuridica ed in nessun caso potrà essere
chiamato l’imprenditore a risponderne.
I commessi
I commessi sono collaboratori che compiono gli atti relativi alle operazioni cui sono incaricati (art 2210,
co.1). Svolgono mansioni esecutive, hanno poteri decisionali e dichiaratori rispetto alle operazioni che
devono compiere. Tuttavia vi sono specifiche disposizioni riguardanti il momento della conclusione dei
contratti e della vendita. Le prime norme impongono ai commessi di attenersi agli eventuali contratti
standard utilizzati per la contrattazione d’impresa e di non derogare alle condizioni generali del contratto;
autorizzano i commessi a ricevere le dichiarazioni che riguardano l’esecuzione dei contratti e i reclami
relativi alle adempienze contrattuali
. Le seconde norme accordano ai commessi il potere di concedere i soli sconti e/o le sole dilazioni di
pagamento che rientrano negli usi commerciali nonché di riscuotere il prezzo delle merci vendute, salvo che
alla riscossione non sia destinata una cassa speciale.
CAP 9 L’AZIENDA
Per lo svolgimento dell’attività d’impresa occorre un apparato produttivo che è l’azienda. L’azienda è un
complesso di beni che l’imprenditore organizza per l’esercizio dell’impresa (art 2555).
L’azienda rappresenta un insieme di singoli beni aziendali, legati da un vincolo di interdipendenza
rappresentato dall’organizzazione, cioè dal coordinamento e dalla destinazione ad uno specifico scopo
produttivo che gli viene impressa dall’imprenditore.
La capacità di tale complesso di beni a produrre nuova ricchezza si definisce avviamento dell’azienda,
quindi quel maggior valore attribuito al complesso dei beni rispetto al valore dei singoli beni sommati.
L’avviamento rappresenta una qualità intrinseca ad ogni azienda non vendibile separatamente ma compreso
nel prezzo dell’azienda. Distinguiamo l’avviamento oggettivo dipende dalla natura dei beni che
compongono l’azienda, l’avviamento soggettivo dipendente dalle abilità e dalla reputazione personale
dell’imprenditore.
Clientela consiste in flusso di domanda rivolto all’azienda in un determinato momento.
L’azienda può essere composta da un insieme vario di beni.
Ogni bene aziendale conserva la propria autonomia , l’imprenditore ne potra disporre anche separatamente.
Non è necessario che l’imprenditore sia proprietario di ciascuno dei beni aziendali, l’importante è egli abbia
un titolo giuridico per poterne godere (es contratto di locazione).
L’azienda è inoltre un complesso di beni mutevole, la cui composizione è destinata a variare pressoché
quotidianamente. Essa si costituisce e permane anche nel caso in cui vengano esclusi taluni elementi, purché
non si tratti di beni essenziali che costituiscano il cuore dell’attività produttiva.
L’azienda può venire ad esistenza indipendentemente dall’avvio dell’attività e non viene meno nel
caso in cui questa cessi, fino a quando il complesso di beni non venga disgregato.
Ramo d’azienda
ART 2212 “Ramo è una parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di
un’attività economia organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del
suo trasferimento”
Il ramo è costituito da una parte di beni dell’azienda, che siano potenzialmente idonei ad essere utilizzati per
l’esercizio dell’impresa. Ai fini dell’individuazione di un ramo, ad ogni modo non è necessario che sussista
una completa separazione organizzativa rispetto alle restanti parti del complesso, né che sia tenuta una
contabilità separata. Non all’interno di ogni azienda sono isolabili singoli suoi rami. Il trasferimento del
ramo, attesane la funzionalità, è soggetta alle regole della cessione d’azienda.
Il trasferimento dell’azienda
Natura e causa del negozio
La fattispecie principale di trasferimento dell'azienda riguarda il trasferimento della proprietà nel suo
complesso ossia la cessione di tutte le posizioni giuridiche facenti capo all'alienante su ciascun elemento
aziendale, trasferimento quindi della proprietà per i beni che gli appartengono e dei diritti reali personali e di
godimento e così via.
Il trasferimento dell'azienda non è un tipo negoziale autonomo, ma può aversi per donazione,
compravendita ,conferimento in una società dell'azienda. In tutti questi casi si immette l'acquirente nel
concreto contesto imprenditoriale , pertanto lo scopo della cessione non sarà la cessione di uno o più beni ma
si spinge fino a comprendere l'acquirente all’interno dell’attività.
L'articolo 2557 vieta all'alienante dell'azienda di iniziare dopo il trasferimento qualsiasi attività
imprenditoriale che per l'oggetto l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell'azienda
ceduta. Il divieto ha durata quinquennale e serve anche per non far diminuire il valore dell’avviamento che
viene pagato dall’acquirente dell’azienda e quindi deve mantenere il proprio valore. E’ possibile inoltre che
le parti possano regolare tale divieto nel contratto di trasferimento dell’azienda, andando a specificare la
dimensione del divieto. Non vi è specificazione sulla natura dell'attività vietata, tuttavia tale divieto si baserà
sull'idoneità della potenziale attività di sviare la clientela pertanto si allude anche attività che possano
produrre beni diversi ma succedanei (simili). Tale divieto fa riferimento soltanto alle imprese commerciali in
quanto per le imprese agricole tale divieto vale solo per le attività connesse. Il divieto si mantiene anche in
caso di concessione di usufrutto o affitto a carico del proprietario per tutta la durata del rapporto stesso,
stessa cosa saranno obbligati a fare l'usufruttuario o il conduttore al termine del rapporto.
Il divieto del cedente concerne un'attività per conto proprio ma anche per conto terzi o anche una
partecipazione ad un impresa societaria qualora si tratti di una società unipersonale oppure l'acquisizione di
una partecipazione di controllo, non è vietato invece l'acquisto di un pacchetto azionario scarsa importanza
Tale disciplina vale non solo per un imprenditore cedente ma anche per il socio che alieni una partecipazione
sociale quando si tratti di una partecipazione di controllo.
L'articolo 2558 dispone l'automatico subingresso dell'acquirente nei contratti relativi all'esercizio
dell'azienda che non abbiano carattere personale, e cioè contratti che riguardano il godimento dei beni
aziendali (ad esempio contratto di locazione leasing), contratti mediante i quali si approvvigionano le
materie (contratti con i fornitori) e determinate prestazioni collaborative (contratto di prestazione d'opera).
Tale regola rappresenta una deroga alla disciplina generale in tema di cessione del contratto, nella quale vi è
bisogno dell'approvazione da parte del ceduto. L’acquirente quindi subentra in tutti i contratti, anche quelli di
cui ignorava l’esistenza, tuttavia la successione riguarda però solo i contratti a prestazioni corrispettive
non ancora eseguite da nessuno dei due contraenti. I contratti per i quali non vi sia la successione
automatica in capo all'acquirente sono i contratti a carattere personale dov'è la prestazione dell'alienante e
soggettivamente o oggettivamente infungibile.
L’acquirente quindi acquista la titolarità dei crediti e dei debiti. Tuttavia le parti possono sempre derogare a
tale previsione prevedendo che in alcuni contratti non vi sia la successione da parte dell'acquirente in tal caso
il contratto prosegue con l'alienante, o ancora possono decidere che l'acquirente subentri in uno o più
contratti personali, in tal caso vi sarà bisogno del consenso del terzo. Quest'ultimo ha diritto ad esercitare nei
confronti dell'acquirente entro tre mesi il recesso per giusta causa determinando così l'estinzione del
contratto con efficacia ex nunc ( d'ora in poi). La giusta causa va rilevata in ragioni oggettive che riguardano
la persona dell'acquirente qualora la sua situazione patrimoniale faccia temere per il corretto adempimento.
In caso di recesso il terzo potrà richiamare la responsabilità dell'alienante per i danni che abbia subito per
essere stato costretto a risolvere anticipatamente il contratto e l'alienante incorrerà in una culpa in eligendo
cioè una negligenza nell'individuazione del cessionario e quindi un insufficienza di attenzione