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Uomo e Natura

Arte: Wright con il rapporto architettura-natura con la casa sulla cascata.

Wright

È un architetto statunitense che aveva viaggiato moltissimo, risiedendo anche per un breve periodo in
Grecia, e toccando molte importanti tappe in Europa che gli avevano permesso di entrare in contatto con
gli artisti/architetti della sua generazione (Bauhouse, secessionismo). Una volta tornato negli USA ha
contatti anche con Van Der Rohe (progettista del grattacielo esaminato a NY). Oltre alla messa in pratica dei
principi architettonici del bauhouse, studia l’architettura in modo particolare. Con Wright infatti possiamo
parlare di architettura organica, ovvero che si adegua perfettamente all’ambiente in cui viene progettato.
Viene quindi stabilito e raggiunto quel rapporto tra uomo-architettura-natura.

Casa sulla cascata

Questa costruzione, in quanto diventata patrimonio dell’Unesco, è aperta alle visite e si presenta quindi
come un museo di architettura moderna. È situata in Pennsylvania e si adatta perfettamente alla natura.
Presenta vari sbalzi indicati con i terrazzi estremamente aggettanti tanto che gli ingegneri che avevano
partecipato al progetto si erano inizialmente rifiutati di costruirli visto il rischio di crollo data la mancanza di
sostegno. Ogni opera in calcestruzzo viene solitamente realizzata e poi dopo armata con l’aggiunta di
puntellature di tavole; una volta che il calcestruzzo si è indurito dopo 28 giorni di attesa, questi viene
smantellato e nel caso in cui la costruzione sia efficiente si presuppone che la struttura rimanga intatta
senza rischio di crollo. Per dimostrare la sicurezza del suo progetto e dei suoi calcoli si mise sotto uno dei
terrazzi aggettanti come dimostrazione. Nonostante il successo del progetto e la sua resistenza del tempo,
la poca esperienza con il calcestruzzo armato ha portato nel tempo a individuare degli abbassamenti della
struttura dovuti a un non preciso calcolo della pendenza. L’opera infatti è stata restrutturata negli anni 90
ma le pendenze non sono state modificate/corrette per volere dell’architetto.

La struttura è stata realizzata sulla pietra che termina con una piccola cascata di 5/6 m vista la presenza di
un ruscello che crea piccole vibrazioni. Proprio per questo motivo le fondamenta sono a cerniera (come
quelle della torre eiffell), (calcestruzzo alternato a pietra con aggiunta di struttura a cerniera) che
permettevano i micromovimenti. Notiamo la presenza di pilastri enormi, realizzati in calcestruzzo armato,
hanno forma trapezoidale che richiamano quelli dell’unitè d’habitation.

La parte sovrastante è costituita dalle terrazze aggettanti mentre le camere si trovano esattamente nella
posizione opposta al queste per controbilanciare il peso. Vi è inoltre la presenza di una scala pensile
sospesa sull’acqua.

Per la realizzazione di questa villa sono stati utilizzati i materiali del luogo; la pietra di rivestimento è quella
locale, gli elementi in legno che comprendono anche l’arredamento sono costruiti grazie agli alberi della
foresta circostante, il caminetto con pietra locale così come i pilastri e la pavimentazione. Vi sono
addirittura nel salone delle pietre sporgenti che fungono da panche sulle quali sedersi.

La struttura presenta finestre a nastro (elementi del bauhouse) con l’ulteriore aggiunta innovativa della
porta-finestra. Abbiamo pianta e facciata libere (ogni facciata diversa dalle altre).

L’ingresso è costituito da una sorta di portico con elementi in legna e addirittura la costruzione di questo
viene adattata alla presenza di un albero precedentemente presente.

Inglese: Stevenson con la condizione di Dottor Jekyll e Mr. Hyde.

The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde, novel by Scottish writer Robert Louis Stevenson, published in
1886. The names of Dr. Jekyll and Mr. Hyde, the two alter egos of the main character, have become
shorthand for the exhibition of wildly contradictory behaviour, especially between private and public
selves.

It takes place in London in the 1870s. At that time London had a ‘double’ nature and reflected the hypocrisy
of Victorian society: the respectable West End was in contrast with the appalling poverty of the East End
slums. Most scenes of the novel take place at night: there is no natural daylight, but only the artificial
lighting of Jekyll’s house and of the nightmarish street lamps. The most important events are wrapped up in
darkness and fog.

They are Jekyll and Hyde. As Jekyll has lived a virtuous life, his face is handsome, his hands are white and
well-shaped, his body is larger and more harmoniously proportioned than Hyde’s. Since Hyde is pure hate
and evil, he is pale and dwarfish, his hands are dark and hairy, he gives an impression of deformity, and the
good Mr Utterson reads ‘Satan’s signature’ in his traits.

They are the antithesis between good and evil, the duality of man’s nature, the double nature of Victorian
society with its antithetical values. The novel may also be considered a reflection on art itself, as a kind of
psychological search, and Jekyll’s discovery may symbolise the artist’s journey into the unexplored regions
of the human psyche.

Storia: collettivizzazione forzata delle campagne: (Unione Sovietica):

Durante la guerra civile, per far fronte alle difficoltà di approvvigionamento, il governo bolscevico attuò una
politica economica autoritaria, definita comunismo di guerra; il libero commercio venne soppresso, e la
terra e le industrie passarono sotto il completo controllo statale. Per approvvigionare l’esercito, squadre di
operai bolscevichi vennero inviate nelle campagne per strappare ai contadini tutto ciò che non fosse
necessario alla loro sopravvivenza.

Il comunismo di guerra durò fino al 1921 e mise in crisi l’alleanza tra contadini e bolscevichi, alleanza che
aveva garantito a questi ultimi il successo nella rivoluzione.

La spietata repressione di ogni rivolta dimostrò che si stava accentuando enormemente il centralismo, cioè
il potere incondizionato di Lenin e del partito. Terminata l’emergenza della guerra civile, nel 1921 si pose
fine anche al comunismo di guerra. In campo economico venne avviata la NEP che ottenne buoni risultati.

Dal punto di vista politico venne accentuato l’autoritarismo. All’interno del PCUS (Partito Comunista
dell’Unione Sovietica) non dovevano esistere contrasti: il membro del partito poteva esprimere le sue
posizioni nel dibattito interno, ma una volta che una decisione veniva approvata e resa pubblica, essa
diventava vincolante per tutti, anche per chi l’aveva contrastata (centralismo democratico).

Ci si avvia così verso la dittatura del partito: tutto il potere decisionale si concentrava nelle mani dei capi.

Lenin venne colpito da una malattia cerebrale che lo portò alla morte nel 1924.

Si apriva così un periodo di lotte per la successione del quale furono protagonisti due uomini: Stalin e
Trockij.

Trockij l’abbiamo già visto quando nel 1917, il 24-25 ottobre vi fu la presa di controllo del Palazzo d’Inverno.
Infatti si formò un consiglio con: Trockij a capo delle armate rosse (o bolsceviche) e Stalin affianco a Lenin.
Nonostante ciò lo stesso Lenin non vedeva di buon occhio Stalin.

Stalin: In questa fase – con il solo scopo di contrastare gli avversari –voleva una certa libertà di commercio
per gli agricoltori per incentivare la produzione agricola e rinsaldare l’alleanza tra i contadini e lo Stato.
Inoltre, riteneva che in una prima fase fosse necessario rafforzare il socialismo nella sola URSS, per far
divenire il Paese una potenza industriale (e attraverso anche alla collettivizzazione delle terre) capace di
fronteggiare l’ostilità del mondo capitalista (socialismo in un solo paese).
Trockij: Accusava la NEP di favorire contadini e commercianti a spese della classe operaia. Quindi,
Proponeva il completo controllo statale dell’economia. Infine, sosteneva che era necessario diffondere i
germi della Rivoluzione all’estero (rivoluzione permanente).

Nel 1922 Stalin era stato nominato segretario generale del PCUS, carica che gli assicurava la leadership nel
partito e, di conseguenza, il controllo dello Stato. Stalin uscì vincitore dal confronto con Trockij che, con i
suoi seguaci fu addirittura espulso dal Partito e costretto ad un lungo esilio che terminerà nel 1940 in
Messico, quando il dirigente bolscevico venne assassinato da un sicario di Stalin.

Nel 1927 il paese conobbe una grave crisi economica.

Rovesciando le sue posizioni precedenti, Stalin ripudiò La NEP accusandola di aver favorito le campagne, i
commerci e la piccola industria a scapito della grande industria e del proletariato urbano.

Stalin decise quindi di industrializzare il paese nel più breve tempo possibile e di realizzare il controllo
completo dell’economia da parte dello Stato. L’obiettivo dell’industrializzazione fu perseguito senza badare
ai costi umani.

Tra il 1927-1928: emergono problemi economici: l'industrializzazione procede troppo lentamente, ci sono
difficoltà nel rifornimento alimentare delle città perché i contadini tendono a ritardare la vendita dei
prodotti agricoli per far crescere i prezzi (secondo una logica di mercato).

Allora Stalin, rovesciando il suo orientamento precedente, decide di avviare l'industrializzazione forzata e la
collettivizzazione (=statalizzazione) dell'agricoltura.

L’industrializzazione viene sostenuta e accelerata dallo Stato per mezzo dei piani quinquennali: vengono
cioè fissate dall'alto le quote di produzione, l'economia viene completamente pianificata, in quanto tutte le
attività economiche vengono organizzate e dirette da uffici statali chiamati Gosplan.

Il mercato è perciò completamente sostituito dalla pianificazione statale; c’è quindi una forte
burocratizzazione, un dirigismo, che spesso crea anche intoppi e inefficienza. Vengono privilegiati i settori
dell'industria pesante (ferrovie, armamenti, energia elettrica), dei trasporti, delle materie prime rispetto
alla produzione di merci per il consumo privato.

L’industrializzazione è accompagnata da una forte urbanizzazione, con spostamento di milioni di persone


dalle campagne alle nuove città industriali. I piani quinquennali hanno successo, producono davvero una
rapida crescita dell’industria (a confronto della crisi del capitalismo negli anni Trenta), nonostante i difetti
della pianificazione. Uno Stato immenso come l’URSS viene dotato di una moderna rete ferroviaria e
stradale, di aerei e aeroporti, di corrente elettrica, di numerose città industriali.

Grazie a questo sforzo immenso l’URSS divenne nel giro di pochi anni una potenza industriale.

1929-1933: Collettivizzazione forzata delle campagne.

In questi anni anche l’agricoltura venne totalmente riorganizzata. Lo Stato assunse il pieno controllo delle
campagne espropriando i piccoli proprietari (kulaki).

I kulaki li avevamo già trovati alla Nep nel 1921 nella nuova politica economica. Consisteva nell’aprire alla
piccola proprietà terriera contadina (piccola apertura liberista ai contadini). Non erano proprio terre loro,
ma i contadini pur gestendo le terre a nome dello stato, si poteva consegnare i prodotti allo stato e
l’eccesso si poteva vendere per ricavare qualcosa. Si formò così una nuova classe sociale nella campagna: i
kulaki rappresentano un problema nella politica di Stalin: i contadini arricchiti.

Il problema del finanziamento dell'industrializzazione viene risolto con il trasferimento forzato di risorse
dall'agricoltura all'industria:
I contadini vengono costretti ad inserirsi in aziende agrarie collettive: i Kolkoz e i Sovkoz.

Kolkoz = fattorie cooperative, ma dirette da dirigenti del Partito Comunista.

Sovkoz = fattorie statali.

Sia nel primo caso, sia nel secondo, i contadini perdono la propria indipendenza e la proprietà delle terre
(assegnate loro nel 1917) e si impoveriscono perché non possono più vendere liberamente i prodotti
agricoli (come avveniva con la N.E.P.): la maggior parte dei prodotti agricoli va allo Stato che li rivende in
Russia e all’estero per finanziare la costruzione delle industrie.

Vi fu la resistenza dei contadini: i contadini, soprattutto i contadini più agiati, quindi i kulaki, si oppongono
alla collettivizzazione, fanno resistenza (non vogliono cedere le proprie terre alle fattorie collettive,
macellano il bestiame pur di non consegnarlo allo stato ecc.

I Kulaki vengono “liquidati” con le fucilazioni e le deportazioni.

Vorrei soffermarmi su quali furono gli scopi e conseguenze della Collettivizzazione

Scopi economici: modernizzare l’agricoltura, statalizzare l’agricoltura perché i profitti derivanti da essa
possano essere impiegati dallo Stato per l’industrializzazione, trasferire parte della popolazione dalle
campagne alle città e alle industrie.

Scopi politici: eliminare le differenze sociali prodotte dalla NEP, annientare i Kulaki, perché considerati
potenziali nemici dello Stato comunista (necessità del totalitarismo di individuare “nemici del popolo”)

Conseguenze: forte calo della produzione agricola e dell’allevamento.

1933: Carestia in Ucraina (provocat a! L’URSS esporta cereali all’estero mentre milioni di cittadini sovietici
muoiono di fame!).

HOLODOMOR (= assassinio con la fame) è il termine usato dagli ucraini per denominare questa carestia,
infatti l’Ucraina considera la Carestia del 1933 un genocidio voluto da Stalin.

L’annientamento dei Kulaki e la Carestia hanno complessivamente causato milioni di morti: Nel Libro nero
del comunismo circa cinque milioni. Le epidemie si diffusero e si registrarono casi di cannibalismo e quasi la
metà delle vittime era costituita da bambini.

Mosca soffocò qualsiasi forma di dissenso e non riconobbe mai questo spaventoso crimine: manipolando i
dati demografici riuscì a nascondere l'improvvisa scomparsa di milioni di esseri umani. L'insabbiamento
delle responsabilità fu totale non solo all'epoca dei fatti ma anche in seguito. Dopo la morte di Stalin (1953),
il suo successore Nikita Krusciov avviò alla "destalinizzazione" e denunciò i crimini del predecessore,
soprattutto le epurazioni all'interno del partito, le "purghe", avvenute con processi farsa tra il 1936 e il
1938.

Filosofia:alienazione hegel masarx foerbach

“Alienazione” è una parola hegeliana, introdotta come momento della negazione, che ritorna anche in
Marx. La religione e la teologia è una forma di alienazione mentale. In sostanza, sta chiamando squilibrati
(non con un termine psicanalitico, ma con un termine suo semplice) i credenti.

Li chiama squilibrati perché, invece di amare la vita, amare quello che hanno, ciò che sono, le persone che li
circondano, perdono tempo ad amare un essere che non c’è ed è solo frutto delle proprie fantasie. Più dio è
potente, più l’uomo viene schiacciato e messo da parte. Più l’uomo è forte, più gli uomini vengono messi da
parte.
Possiamo pensare al cristianesimo durante la storia (non adesso, perché comunque è più tollerante e
morbida, accogliente, c’è un’evoluzione), durante i secoli ormai passati: alle streghe, a Giordano Bruno; più
forte era il loro Dio, più schiacciavano l’uomo. Pensiamo alla società musulmane integraliste: più e forte il
loro Dio, più schiacciano i fedeli; tutte le forte integraliste, radicali, che possono essere scientifiche
piuttosto che religiose, sono dannose.

Anche Marx prende il concetto di alienazione, lo riprende da Feuerbach, ma non è un suo concetto, ma un
concetto Hegeliano. La differenza: in Hegel l’alienazione è un concetto dialettico, è un concetto che
permette il passaggio dalla tesi all’antitesi, è un momento della negazione, ma che consente lo sviluppo.
L’alienazione in Feuerbach è una patologia, è una espropriazione di noi stessi, è una proiezione di noi stessi
verso un essere in cui ci inventiamo.

Per Marx l’alienazione ha a che fare esclusivamente con l’economia, con il rapporto economico. Degli
uomini con la società. Con i rapporti economici, che si stabiliscono tra uomini. La base economica, che poi
avrà una ripercussione politica, che sfugge sia ad Hegel, ma anche a Feuerbach.

Questo rimprovera a Feuerbach, le sue teorie sono molto belle, ma non sono state approfondite
socialmente e culturalmente, restano delle intuizioni. Può essere una forma di espropriazione, ma alla
concezione religiosa andava aggiunta la concezione economica.

In questo rapporto economico l’alienazione si manifesta nei rapporti lavorativi e, in questo caso, Marx tiene
in considerazione il rapporto tra il capitalista e l’operaio (proletario). Perché in questo rapporto c’è
l’alienazione?

Innanzitutto il proletario è alienato rispetto al prodotto che produce. Un lavoratore della fabbrica è alienato
e distaccato e non appartenente al prodotto che produce perché non produce: né una cosa che vuole lui,
né che è sua. Lavora per qualcun altro. Mentre un artigiano nel medioevo produceva una sedia, un mobile,
che realizzava lui, dall’inizio alla fine, che faceva parte di un suo progetto, il prodotto non gli appartiene. Ma
soprattutto, al capitalista interessa quanto tempo ci impiega, è quindi distaccato rispetto al prodotto. Non
gli importa se gli piace o meno quel prodotto al lavoratore.

È alienato rispetto alla sua stessa attività perché non contano le idee, anche in questo caso; viene utilizzato
come animale da soma: anche i contratti si basano sulle ore e non sulle proprie capacità. Quante ore un
lavoratore spesso può impiegare per finire un prodotto. Tutto ciò si può ridurre ad un punto solo: è alienato
rispetto alla wesen:

la wesen è un concetto importante, vuol dire “propria essenza”. Il lavoratore è espropriato della propria
essenza. Qui sfocia della teoria di Feuerbach, la parte teologica. L’essenza dell’uomo è la creatività.

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