Fasc.515-52016
Antonello5Iuliani
Estratto
Milano5•5Giuffrè5Editore
Antonello Iuliani
LA FISIONOMIA DEL DANNO E L’AMPIEZZA
DEL RISARCIMENTO NELLE DUE SPECIE
DI RESPONSABILITÀ
diritto civile “Il diritto delle obbligazioni e dei contrati: verso una riforma? Le
prospettive di una novellazione del Libro IV del Codice Civile nel momento
storico attuale”, Treviso, 23-24-25 marzo 2006 (Padova 2006), 86 s..
(4) È opinione diffusa che l’introduzione della teoria del doppio nesso
nel dibattito coincida con la pubblicazione del saggio di G. Gorla, Sulla
cosiddetta causalità giuridica: « fatto dannoso e conseguenze », Riv. dir.
comm., 1951, 405 s., spec., 409. Sulla validità attuale della distinzione, cfr. tra
gli altri: M. Franzoni, L’illecito, Trattato della responsabilità civile cit., 57; C.
Salvi, La responsabilità civile, Tratt. dir. priv., a cura di G. Iudica e P. Zatti
(Milano 1998), 223 s, sebbene con notevoli perplessità.
In senso contrario alla distinzione: Realmonte, Il problema del rapporto di
causalità nel risarcimento del danno cit., 9 s.; A. Belvedere, Causalità giuri-
dica?, Riv. dir. civ., 2006, 7 s.; G. Visintini, Il risarcimento del danno, Trattato
diretto da P. Rescigno (Torino 1984), 257 s.; G. Visintini, Trattato breve della
responsabilità civile. Fatti illeciti. Inadempimento. Danno risarcibile (Padova
2005), 680 s.; R. Scognamiglio, Responsabilità civile, Responsabilità civile e
danno (Torino 2010), 76.
(5) Gorla, Sulla cosiddetta causalità giuridica cit., 409.
(6) Ibidem.
(20) C. Castronovo, Eclissi del diritto civile (Milano 2015), 218, 220.
(21) V. Carbone, Nesso di causalità e criteri di valutazione del danno
contrattuale, Il rapporto obbligatorio, Diritto civile, diretto da N. Lipari e P.
Rescigno, III, t. 1 (Milano 2009), 720.
(22) M. Barcellona, Trattato della responsabilità civile (Torino 2011),
299, osserva come nei conflitti modali « il danno non consiste nel deteriora-
mento di una res, bensì nella delusione di aspettative relative a “relazioni” »:
ciò caratterizza anche i danni consequenziali.
(23) Castronovo, Eclissi cit., 217 afferma che « la natura meramente
patrimoniale del danno esclude in limine che lo si possa qualificare come
conseguenza di un evento: esso è infatti intrinsecamente un danno senza
evento, appunto una pura perdita patrimoniale direttamente conseguente alla
condotta imputata al danneggiante. Perciò è fuori quadro un legame causale
nel senso della causalità del fatto, nella quale la conseguenza è appunto
costituita da un evento ».
(35) Afferma Nicolussi, Lesione del potere di disposizione cit., 624, nt. 45
che « La lesione del credito si rende rilevante automaticamente, infatti, solo
al verificarsi di una lesione della persona del debitore o dell’oggetto della
prestazione riguardo alla quale il requisito della causalità è già soddisfatto ».
(36) Cfr., sul punto, C. Castronovo, La relazione come categoria essen-
ziale dell’obbligazione e della responsabilità contrattuale, in questa Rivista,
2011, 55 s., in particolare, 76, il quale ritiene che « il diritto di credito riceve
tutela alla stregua dei diritti assoluti quando venga violato non dal debitore
ma da un terzo che ne rende impossibile l’adempimento ».
(37) Cass. 4-5-1982, n. 2765, Giust. civ., 1982, I, 1745, con nota di A. di
Majo, Ingiustizia del danno e diritti non nominati.
(38) Molto interessanti sul punto i rilievi di Rizzo, Giudizi di valore cit.,
264, il quale sottolinea come l’attuale stadio dei ragionamenti e delle prassi in
materia di responsabilità civile segni « un nuovo spostamento dell’area di
incidenza dell’ingiustizia […] dal danno alla condotta ». L’attenzione per la
condotta dell’agente, rifletterebbe « un’incertezza nel modo della determina-
zione degli interessi oggetto della tutela aquiliana, mascherata dalla retorica
del bilanciamento ». Cfr., sul punto, Castronovo, Del non risarcibile aquiliano
cit., 320-321.
(45) Ibidem.
(46) Tuttavia lo stesso A., ivi, 239 avverte come, sebbene « i congiunti si
collocano sicuramente oltre l’area di tutela e oltre la responsabilità, è altret-
tanto innegabile che essi, anche negli altri ordinamenti e pure nel nostro già
per profili diversi dal danno alla salute, per la semplice ragione costituita dal
loro statu ricevono un trattamento diverso da quelli di tutti gli altri soggetti
originariamente estranei all’ambito di tutela della regola di responsabilità ».
(47) Cfr. da ultimo, sul punto, F. Piraino, Intorno alla responsabilità
precontrattuale, al dolo incidente e a una recente sentenza giusta ma erronea-
mente motivata, nota a Cass. 17-9-2012, n. 19702, in questa Rivista, 2013, 1118
s., spec. 1140 s.
dubbio (48) che tra le due ipotesi — lesione del credito e danno
ai congiunti — sussista quella divergenza dichiarata e che la
stretta inerenza del credito alla persona o al bene oggetto della
lesione non giova a dimostrarne la prevedibilità, ma risolve
piuttosto la diversa questione della determinazione dell’am-
piezza (soggettiva) del risarcimento del danno. La ragione della
distinzione tra le due fattispecie, operata dalla Corte Costitu-
zionale e avallata dalla dottrina, va ricercata allora nella scelta
di politica del diritto di « limitare la proliferazione dei danni
risarcibili » (49) in occasione della morte di un individuo, tra-
sformando quello che è un problema di determinazione del
danno in un problema di struttura della fattispecie così da
privare il giudice di ogni margine di discrezionalità nell’accer-
tamento del caso in concreto. Infatti mentre l’esistenza di un
diritto di credito familiare, il cui oggetto è di per sé infungibile,
circoscrive i soggetti legittimati a chiederne il risarcimento,
l’allargamento della tutela al diritto di credito tout court e al
danno non patrimoniale rende la cerchia dei soggetti che la-
mentano la perdita potenzialmente infinita o comunque molto
estesa, circostanza che rimette la selezione dei danni risarcibili
ad un criterio ulteriore, quello della particolare relazione di
interesse col bene leso, o infungibilità, che, nel caso di danni
immateriali non patrimoniali (danni esistenziali) costituisce
addirittura una presunzione di danno, in assenza di un para-
metro oggettivo, qual è il mercato, per il diritto di credito, e
l’accertamento medico, per il danno biologico.
La questione appena affrontata offre altresì l’occasione per
indagare il significato dell’ingiustizia rispetto alle due tipologie
di danno e per rimeditare i rapporti tra l’art. 1223 c.c. e l’art.
2059 c.c. (50), in particolare se tali norme siano alternative,
come potrebbe fare ritenere la collocazione della norma dopo
l’art. 2056 c.c., oppure complementari. Un tale interrogativo
(54) D. Messinetti, Oggetto dei diritti, Enc. dir., XXIX (Milano 1979),
825 e nello stesso senso Id., Oggettività giuridica delle cose incorporali (Milano
1970), 294 s.
(55) Ibidem.
(56) Messinetti, Recenti orientamenti cit., 177.
(57) Afferma Messinetti, Danno giuridico cit., 472: « Si è ragionato,
infatti, in questo modo: se è vero che il danno in senso giuridico consiste nella
lesione di un interesse normativamente protetto (prima premessa), e se è vero
anche che un interesse non patrimoniale può assumere rilievo nelle forme di
protezione giuridica come gli interessi patrimoniali (seconda premessa), ne
di legge in contrasto con la prima sia o meno lesiva della persona umana,
occorre verificare se essa non sia espressione di un interesse della persona
altrettanto rilevante o addirittura superiore. Ciò significa che per quanto la
tutela della persona globalmente intesa possa essere l’obiettivo di una plura-
lità di diposizioni di legge, tale unicità può essere ricostruita solo dall’inter-
prete a livello di sistema attraverso un bilanciamento degli interessi contrap-
posti che ad essa fanno capo. In quest’ottica si spiega, ad esempio, la
possibilità che l’adozione di un regolamento contrattuale che imponga al
lavoratore, in contrasto con una norma inderogabile, un demansionamento
possa non essere considerato in contrasto con la tutela della persona, e
dunque non affetto da nullità se, tenuto conto delle circostanze concrete, sia
diretto a salvaguardare un altro interesse del lavoratore prevalente rispetto a
quello tutelato dalla norma. Così la tutela della professionalità della persona
di cui il divieto del demansionamento è espressione cede il passo di fronte alla
tutela del lavoro, anch’essa espressione della dignità umana, là dove situa-
zioni di crisi dell’impresa impongano la scelta tra demansionamento e licen-
ziamento. Cfr., sul punto, A. Albanese, La norma inderogabile nel diritto civile
e nel diritto del lavoro tra efficienza del mercato e tutela della persona, Riv. giur.
lav., 2008, 165 s., spec. 176 s.
(74) Così Castronovo, Il risarcimento del danno cit., 88, nt. 28.
(75) Il discorso non vale per le obbligazioni aventi ad oggetto un’attività
professionale nelle quali, essendo il risultato non determinabile a priori, l’even-
tuale inadempimento si presta alla dimostrazione controfattuale che il risultato
sarebbe stato vantaggioso per il creditore se il debitore avesse agito diversa-
mente (sul punto cfr. F. Piraino, Adempimento e responsabilità (Napoli 2011),
576 s.) Ritiene Castronovo, Il risarcimento del danno cit., 90, nt. 40, che anche
il danno da violazione degli obblighi di protezione pone una questione causale.
(76) Castronovo, Il risarcimento del danno cit., 88.
(77) Così G. Ferri jr, Danno extracontrattuale e valori di mercato, Riv.
dir. comm., 1992, 778-779.
(78) Il riferimento è a Castronovo, Del non risarcibile aquiliano cit.,
322-323.
(79) Ibidem.
(80) Ibidem.
(81) Cavallaro, Il danno da « fermo tecnico » cit., 93.
(82) V. però, in senso opposto all’opinione maggioritaria, le riflessioni
critiche di Castronovo, Il risarcimento del danno cit., passim; C. Salvi, Il danno
extracontrattuale, Modelli e funzioni (Napoli 1985), 15 s.
(84) Nivarra, Alcune precisazioni cit., 103 s., ritiene che « la misura pre-
vista dall’at. 1218, al di là del nomen iurs (risarcimento n.d.a.), partecipa della
medesima specie della pretesa primaria e deve, pertanto, essere iscritta entro
il novero delle tutele reali, ossia di quelle forme di tutela caratterizzate dal fatto
che, mediante il processo, il titolare del diritto […] ottiene, in natura o per
equivalente, l’utilità attribuitagli ex ante dall’ordinamento ». Qualcosa di simile
si può leggere anche in Messinetti, Danno giuridico cit., 493 dove si legge che
« l’uso del termine « danno » possa introdurre anche tecniche coattive assunte
per soddisfare finalità ed esigenze che non sono spiegabili secondo la pecu-
liarità della finalità risarcitoria nella sua funzione essenziale, ma piuttosto sono
coordinate dalla coercizione derivata dal mantenimento dell’interesse specifico
del creditore verso la prestazione »; e ancora, p. 494, « Di conseguenza, esso
deve essere considerato come una rinnovazione delle stesse condizioni di va-
lidità a cui è legata la forza di costrizione dell’esecutività della pretesa, in un
progetto che si traduce in forma monetaria in seguito alla mancata attuazione
coattiva, ma che è sin dall’origine concepito in termini monetari ».
(85) In giurisprudenza, oltre a Trib. Roma, 16-1-2006, Giur. it., 2007,
877 già riportata da Nivarra, I rimedi specifici cit., 179, nt. 22, si segnala la
recente Cass. 12-1-2015, n. 262, Giur. it., 2015, 82 s., con nota di A. Plaia, Ciò
che danno non è, sull’interpretazione dell’art. 32, l. 183 del 2010 avente ad
oggetto la tutela del lavoratore assunto con un contratto a termine illegittimo.
L’art. 32, quinto comma, come interpretato dalla l. 92 del 2012, prevede
un’indennità onnicomprensiva, volta a ristorare il pregiudizio subito dal
lavoratore, per il periodo non lavorato. Afferma la Cassazione: « Dalla norma
si desume che l’indennità è volta al “risarcimento” del lavoratore”. Quindi
concerne un danno subito dal lavoratore e cioè il danno derivante dalla
perdita del lavoro dovuta ad un contratto a termine legittimo, un danno da
mancato lavoro ». Per quanto riguarda, invece, i periodi lavorati, riconosce la
Corte che « I diritti relativi a questi periodi non possono essere intaccati e
inglobati nell’indennizzo forfetizzato del danno causato dal non lavoro », e
questo perché « Per questi periodi non vi è niente da risarcire ed il risarci-
mento mediante indennizzo non può, in una sorta di eterogenesi dei fini,
risolversi nella contrazione di diritti legati da un rapporto di corrispettività
con la prestazione lavorativa effettuata ».
(86) In questo senso, per l’ancoraggio del valore della prestazione al
valore di mercato, P. Trimarchi, Il contratto: inadempimento e rimedi (Milano
2010), 113 s., contra M. Ambrosoli, Inadempimento del contratto e risarci-
mento del danno (Milano 2012), 169 s.
(87) Nivarra, I rimedi specifici cit., 180, 182.
(92) Cfr. Argiroffi, Delle azioni a difesa della proprietà cit., 155 s.; Id.,
Ripetizione di cosa determinata cit., 150 s.
(93) Il rilievo è sempre di Piraino, Sulla natura non colposa cit., 1102.
(94) In tal senso, M. Giorgianni, L’inadempimento, Corso di diritto civile
(Milano 1959), 219 s.; Id., L’obbligazione, Corso di diritto civile (Roma 1974),
84 s.
(95) Così, invece, Piraino, Sulla natura non colposa cit., 1098.
(96) Ivi, 183.
(97) Il riferimento è a G. Calabresi - AD Melamed, Property Rules,
Liability Rules and Inalienability: Ove View of the Cathedral, Harv. L. Rev.,
1972, 1089; il saggio si trova tradotto, in versione ridotta, in Interpretazione
giuridica e analisi economica a cura di G. Alpa - F. Pulitini - S. Rodotà - F.
Romani (Milano 1982), 1456.
(116) Id., ivi, 94; Id., La nuova responsabilità civile cit., 595 s.
(117) Id., ibidem.
(118) V. ad es. già A. Graziani, Appunti sul lucro cessante, Studi di diritto
civile e commerciale (Napoli 1953), 276 s. La lettura è pacifica nella dottrina
contemporanea: cfr. G. Visintini, Trattato breve della responsabilità civile
(Padova 2005), 635; di Majo, Le tutele contrattuali cit., 182; P. Rescigno,
Valutazione equitativa: profili comuni, Risarcimento del danno contrattuale
ed extracontrattuale, a cura di G. Visintini (Milano 1984), 84; Salvi, Il danno
extracontrattuale cit., 59; S. Mazzamuto, Il danno da perdita di una ragionevole
aspettativa patrimoniale, in questa Rivista, 2010, 72; G. Grisi, sub art. 1223,
Commentario del codice civile, Delle obbligazioni, diretto da E. Gabrielli
(Milano 2013), 178 e M. R. Marella, Il risarcimento per equivalente e il
principio della riparazione integrale, Trattato della responsabilità contrattuale,
III, dir. G. Visintini (Padova 2009), 53, nota 86. Diversa l’interpretazione di P.
Trimarchi, Causalità e danno (Milano 1967), 107 il quale afferma che poiché
il secondo comma dell’art. 2056 cod. civ. non può essere inteso come un’inu-
tile ripetizione […] non vedo altra interpretazione possibile se non quella che
autorizza il giudice a limitare la responsabilità per il lucro cessante, quando
il peso di essa sia in enorme sproporzione con la condotta illecita ».
(123) Cass. 24-6-1972, n. 2135, Giur. it., 1973, I, 1, 1124, con nota di G.
Visintini.
(124) Cfr. Forchielli, Il rapporto di causalità nell’illecito civile cit., 57 s.
(137) Cfr. ad es. G. Pacchioni, Sulla c.d. compensazione delle colpe, Riv.
dir. comm., 1910, II, 1032; P. Coppa-Zuccari, La compensazione delle colpe
(Modena 1909). Per una ricostruzione in chiave storica v. A. Benedetti, La
colpa del danneggiato nell’illecito civile: un’analisi storico-comparata, Nuova
giur. civ. comm, 2012, 358 s.
(138) Cfr. sul punto, M. Feola, La responsabilità del medico per il danno
da perdita delle chances di miglioramento della qualità e delle aspettative di vita
del paziente, Dir. giur., 2008, 595 che afferma: « La teoria della perdita di
chance, inducendo a quantificare il danno nella misura che rifletta il grado di
probabilità che esso sia stato causato dal responsabile, rappresenta uno
strumento giusto ed efficiente, rispondente alle funzioni compensative dei
sistemi di responsabilità civile, che tende a ripartire proporzionalmente il
peso del danno tra la vittima e il danneggiante ».
(139) Prima dell’introduzione dell’art. 1227 c.c. in favore del criterio
della gravità della colpa: V. Polacco, Le obbligazioni nel diritto civile italiano,
I (Roma 1915), 484 s. e G. P. Chironi, La colpa nel diritto civile odierno, Colpa
contrattuale (Torino 1897), 706-707; per quello dell’entità delle conseguenze
G. Venezian, Danno e risarcimento fuori dai contratti, Opere giuridiche, I
(Roma 1907), 307 s. Riferisce entrambi i parametri alla quantificazione del
danno, Bianca, Dell’inadempimento delle obbligazioni cit., 410 s.
(140) In tal senso L. Mengoni, Inadempimento delle obbligazioni. Ras-
segna critica di giurisprudenza (1943-1946), Temi, 1946, 566 s., ora Scritti II,
a cura di A. Albanese - C. Castronovo - A. Nicolussi (Milano 2011), 3 s.
(141) Da pluris.cedam-utetgiuridica.it.
(142) Da pluris.cedam-utetgiuridica.it
(145) Da pluris.cedam-utetgiuridica.it
(151) Così, ritiene invece, Forchielli, ivi, 59. Sul punto v. le osservazioni
critiche di Rossello, Il danno evitabile cit., 55 s.
(152) Realmonte, Il problema cit., 203 s.; P. Trimarchi, Causalità giuri-
dica e danno, Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, a
cura di G. Visintini cit., 1 s., riproponendo, nel contrattuale, le conclusioni
raggiunte in Causalità e danno cit., 56 s.; R. Villa, Il danno contrattuale
risarcibile, Trattato del contratto diretto da V. Roppo, v. 2 (Milano 2006), 901
s.
(156) Ciò del resto è quanto intuito da Marx circa i rapporti tra econo-
mia e diritto, impropriamente relegati nella dicotomia struttura/
sovrastruttura (da cui l’idea che mutata la prima, la seconda possa prestarsi
ad altri obiettivi), e che invece vanno interpretati in chiave di perfetta
immedesimazione tale per cui il diritto borghese, pur conservando tratti di
autonomia (formale, contenutistica, ideologica), è caratterizzato da una per-
fetta aderenza alla forma della merce. Sul punto si rinvia al recente lavoro di
Nivarra, La grande illusione cit., 11 s.
(157) In questo senso Nivarra, La grande illusione cit., 16.
(158) Ibidem.
causato dal fatto illecito del terzo. È tuttavia sin troppo evi-
dente che la mancanza in astratto di una necessaria correla-
zione tra la diminuzione del valore del patrimonio sociale e il
valore della quota del singolo socio non escluda affatto la
possibilità che in concreto tale correlazione vi sia. Il modo di
argomentare della Corte suona assai simile a quello di Pothier
che, nell’escludere il risarcimento del dissesto finanziario del
creditore, in conseguenza dell’inadempimento del debitore, af-
fermava: « questo danno non è che una conseguenza molto
lontana e indiretta del suo dolo, e non vi ha una relazione
necessaria, giacché la perdita del mio bestiame cagionatomi dal
suo dolo ha bensì avuto influenza nel rovescio dei miei affari,
ma questo può anche aver avuto altre cause » (162). In en-
trambi i casi, l’utilizzo dell’argomento causale, in forza del
quale i danni sono irrisarcibili in quanto “conseguenze indi-
rette” ha la funzione di giustificare in termini oggettivi una
scelta che è dettata da ragioni eminentemente di politica del
diritto, ossia escludere in ogni caso la risarcibilità di un certo
tipo di danni, come dimostra l’assoluta irrilevanza data alle
circostanze concrete nella valutazione del nesso causale.
ABSTRACT
The physiognomy of damage and the entity of its compensation
in the two of civil liability