Sei sulla pagina 1di 34

FILOSOFIA

LEZIONE 1- 11\02

Domanda EPISTEMOLOGICA → conoscenza, cosa una proposizione intende farci conoscere → GNOSOLOGIA

Domanda SEMANTICA → verità, realtà → METAFISICA, ONTOLOGIA

METAFISICA: Parte della filosofia attiene alle fondamenta dell’essere. Fondamenti del mondo, al di là dell’apparenza
dei sensi. Realtà vera delle cose. Qual è l’essere, cosa esiste dietro all’apparenza dei sensi. →ONTOLOGIA: Qual è
l’essere

FONTI CONOSCITIVE :

➢ Percezione: ciò che i sensi ci dicono


➢ Introspezione: lavoro di ragionamento interno
➢ Testimonianza

Per molti la percezione è significativa la dove fa riferimento a ciò che abbiamo appreso attraverso l’esperienza. La
percezione è sempre carica di teorie, ciò che vedo è sempre influenzato da teorie, che ho interiorizzato (es: un
copernicano e un non copernicano che guardano il sole.. uno sostiene che sia il sole a girare e l’altro la terra, in base a
ciò che hanno appreso)

CARTESIO uno dei fondatori della scienza e filo moderna, sosteneva che i sensi ci ingannano, riteneva l’introspezione
fondamentale per l’h, non la percezione/esperienza

Percepire non è altro che incepire (cera, cera + calore..)

GALILEO contestò l’autorità dei sensi\della percezione, bisogna fare sensate esperienze e grandi dimostrazioni

Si stacca dalla visione Aristotelica→cambia la visione della scienza, la scienza moderna non si basa sui sensi, mette in
discussione l’esperienza

APPARTENENZA\REALTA’

Il mondo come ci appare è reale? (domanda metafisica)

Che cos’è questo tavolo? (domanda metafisica) è un ogg duro, ha una forma rettangolare, colore marrone ecc.. quindi
ha un insieme di PROPRIETA’. Ma se togliamo tutte le proprietà alla fine non rimane niente. → LA REALTA’ E’ FATTA DI
FENOMENI SENSORIALI.

FENOMENISMO: il mondo è fatto di fenomeni (dal greco=apparire)

Esistono 2 tipi di fenomenismo (metafisico e epistemologico)

 Fenomenismo METAFISICO
Berkley: Noi conosciamo solo i fenomeni e possiamo dire che esistono solo i fenomeni, è insensato dire che c’è
qualcosa al di là dei fenomeni.
Esiste solo ciò che è percepito (esse est percepi) → questo pensiero viene definito anche idealismo

Critica al fenomenismo metafisico: non logicamente accettabile che ‘esiste solo ciò che è percepito’, perché se è vero
che per percepire una cosa serve una mente che percepisce, allora può esserci una mente che non percepisce una
cosa che esiste.
 Fenomenismo EPISTEMOLOGICO
Kant: Il mondo esterno esiste, ma noi conosciamo solo i fenomeni. Tutto ciò che c’è dietro ai fenomeni, ovvero il
neumeno, non possiamo conoscerlo

REALISMO DA UN PUNTO DI VISTA METAFISICO/ONTOLOGICO

REALISMO → qual è il mondo reale (metafisica)

o REALISMO INGENUO\DEL SENSO COMUNE\ARISTOTELICO


Il mondo esiste nel modo in cui noi lo percepiamo.
Questo tipo di realismo è legato alla percezione.
Esistono illusioni, allucinazioni, ma comunque la percezione è in grado di correggersi. La percezione è in
grado di autocorreggersi

o REALISMO SCIENTIFICO (classico)


Nascita scienza moderna: Galileo, Locke, Newton, Cartesio..
La percezione è attendibile solo per le proprietà primarie, le quali sono oggettive, non dipendono da noi.

Nel mondo ci sono 2 PROPRIETA’


1. Proprietà primarie: proprietà solo del mondo, reali, oggettive, che non dipendono da noi (forma,
movimento ecc..)
2. Proprietà secondarie: proprietà soggettive, poiché dipendono dal sogg umano, dipende
dall’interazione tra H e mondo (sapore, odore, colore ecc..)

o IPER-REALISMO
La percezione è un’illusione
Non sono oggettive ne le proprietà primarie ne le proprietà secondarie
La percezione non ci mette a contatto con l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo

MESOSFERA: Dimensione in cui viviamo, dimensione considerata illusione dai fisici della materia

LEZIONE 2- 12\02

Epistemologia strumentalista
Critica di Max Born all’iper-realismo: non si può dire che è reale solo la dimensione che parla di elettroni ecc..
perché sono STUMENTI (=da cui strumentalismo), sono ENTITA’ TEORICHE che servono per spiegare il mondo in cui
viviamo, per spiegare la mesosfera. Si dichiara che il mondo della percezione è illusione, ma per spiegare il mondo si
usano strumenti ed entità teoriche (Entità teoriche postulate dalla fisica)

Max Born sostiene\sottolinea, inoltre, ‘definite il mondo della percezione è tutta illusione, allo stesso tempo tutti gli
strumenti di cui vi dotate, sono utili per spiegare un mondo che (per voi è) illusorio. Ma se è illusorio, non dovrebbe
avere bisogno di una spiegazione..’ Come si fa a definire il mondo illusorio, se poi lo vuoi definire?

Entità teoriche postulate per descrivere dei fenomeni del mondo ordinario.

Questa è una visione metafisica, ontologica del mondo, che non è condivisa da tutti.
REALISMO DA UN PUNTO DI VISTA EPISTEMOLOGICO (conoscitivo)

Come con il realismo conosciamo qualcosa, realtà conoscitiva del mondo

Realismo può essere:

1. DIRETTO: conosciamo il mondo in modo DIRETTO, apriamo gli occhi e direttamente abbiamo accesso al
mondo, realismo diretto della tradizione Aristotelica (del senso comune)

2. INDIRETTO: Noi abbiamo accesso al mondo, ma tra noi e il mondo c’è qualcosa in mezzo, ci facciamo
delle RAPPRESENTAZIONI mentali per arrivare al mondo (oppure attraverso la SENSAZIONE). Non ci
rappresentiamo direttamente il mondo.

DUALISMO tra Sensazione e Percezione: (messo in discussione)

❖ Stadio della sensazione: primo stadio con il rapporto con il mondo

Il livello della sensazione è estremamente variabile, non soltanto da sogg a sogg, ma anche dallo stesso sogg. Variabile
causata da un’instabilità, un’equivocità, non univocità.
Esempio del piatto sul tavolo, lo vedo perfettamente rotondo solo in una certa posizione, quando cambio posizione
può sembrare un’ellisse. Il piano della sensazione è molto variabile, instabile. Le sensazioni che noi riceviamo, ci fanno
vedere il piatto rotondo solo in una posizione.

❖ Stadio della percezione: secondo stadio con il rapporto con il mondo, frutto di un’elaborazione, che fa si che ciò
che il mondo della sensazione si stabilizzi. La rappresentazione effettiva finale, percettiva è lo stabilirsi dell’ogg.

Non abbiamo la consapevolezza dei due piani, dei due stadi, nel rapporto col mondo. La percezione è una cosa
immediata, quando viviamo l’esperienza non c’è traccia di questo doppio stadio del rapporto col mondo. Non
abbiamo una doppia consapevolezza (piano sensaz, p. percezione)
Se c’è qualcosa di immediato è il nostro sguardo sul mondo.

Da un punto di vista fenomenologico (x come noi viviamo l’esperienza) di tutto questo non c’è nessuna traccia, la
nostra presa sul mondo è immediata.

Se questa distinzione, vuole precisare che nel sistema sensoriale ci sono 2 stadi distinti, allora ok.
Altrimenti se vuole indicare esclusivamente il momento della rivelazione dei dati dai nostri apparati sensoriale.
E’ banale→ E’ solo un sottosistema della percezione del mondo (del sistema globale), è il primo contatto con il mondo.

Chi sostiene questo dualismo si basa sulla continua trasformazione dei dati dell’esterno. Basato sull’instabilità dei dati,
confusionali che arrivano dall’esterno, cose caotiche (vedi Kant: organizzazione del caos, l’empirismo: mondo della
sensazione è qualcosa di instabile, capiamo il mondo attraverso inferenze..)

Arriviamo a stabilire il mondo attraverso inferenze, intermediari ecc..

Tutto ciò venne contestato nel 900 (supportato oggi dalle scienze-cognitive) la sensazione è uno stadio caratterizzato
dalla povertà, gli ogg sono dei polipotenziali d’azione. Sono delle opportunità che gli ogg ci offrono.

Non dobbiamo dar significato a tutto. Noi siamo in continuo rapporto funzionale con l’ambiente, il quale ci da delle
opportunità d’azione. Non hanno bisogno di continue forme e spiegazioni.

Oggi: La ‘povertà’ ‘equivocità’ ‘instabilità’ del livello della sensazione NON C’E’, non ha bisogno di significati. Ciò che il
mondo ci offre STIMOLI che ci attivano pragmaticamente (ogg=polipotenziali d’azione). Rapporto h-mondo stabile,
basato sugli aspetti pragmatici. Il mondo ci offre opportunità, che non hanno bisogno di significati.
LE RAPPRESENTAZIONI (realismo indiretto, perché?)

-La rappresentazione intesa in senso classico (tradizionale, scolastica, Filo di san Tommaso), che la filo e scienza
moderna vogliono scardinare: Rappresentare significa contenere una somiglianza con l’ogg che si vuole rappresentare.
Vincolo di somiglianza.

-Scienza moderna: non ci deve essere nessuna somiglianza. Perché ci sono idee della mente che non possono essere
somiglianti all’oggetto esterno. (es: piuma che si passa sul braccio, l’effetto è piacere, ma la mia rappresentazione non
corrisponde all’ogg) La rappresentazione va intesa come effetto, come segno di una causa esterna. Ma tra l’effetto e la
causa non c’è un necessario vincolo di somiglianza. (il fumo è un segno del fuoco, è effetto del fuoco, rappresenta la
presenza del fuoco, ma il fumo non assomiglia al fuoco). Il concetto di rappresentazione: contenuto mentale che non
ha somiglianza tra effetto e causa.

La rappresentazione diventa un ogg interno, ogg mentale attraverso cui conosco il mondo, quindi nel realismo
indiretto c’è un rapporto mediato con il mondo → intermediario che può essere o la sensazione o la rappresentazione

Ma il concetto di rappresentazione non deve essere xforza collegato al realismo indiretto. Perché ? Perché il concetto
di rappresentazione cambia. Es: il termometro a mercurio, il quale rappresenta la temperatura del corpo. Lo
strumento di misura ha un rapporto di covarianza tra il suo modo di funzionare e ciò che deve misurare. Questo tipo di
rappresentazione non è indiretta, perché la colonnina di mercurio rappresenta la temperatura del corpo muovendosi
direttamente, senza bisogno di intermediario.

-FILO CONTEMPORANEA: cambia il concetto di rapp. La rappresentazione va intesa come una covarianza costante tra
determinati eventi esterni e l’attivazione delle nostre strutture celebrali. (in analogia con gli strumenti di misura) Varia
in modo univoco. Attivazione celebrale che covaria con determinati eventi. Si stacca dall’intermediario, dall’indiretto.

COVARIANZA → Diretto
LEZIONE 3- 13\02

Teoria dei dati sensoriali è stata considerata fino agli anni 50 del 900 il fondamento epistemologico (= conoscitivo) che
garantiva una costruzione certa delle teorie.

Per affrontare la teoria dei dati sensoriali ci serve capire la percezione.

Per spiegare la percezione si sottolinea 2 livelli di approccio, approfondimento

1) Analisi intenzionale:
Se vogliamo dar conto di com’è fatta la percezione. Dobbiamo riconoscere che la Percezione è qualcosa di
intenzionale, ovvero si riferisce a qls esterno alla coscienza. Caratteristica della mente: poter rivolgersi a degli
ogg, essere in relazione con gli ogg. La mente è in relazione con qls di esterna a se (che non si trova in nessun
ogg inanimati, che possono essere in relazione tra loro. Ad es i suoni possono essere in relazione tra di loro)
La relazione della mente con i propri oggetti, la mente è sempre in relazione a qls (es: penso a qualcosa). La
caratteristica della mente è la relazionalità, la mente fa sempre riferimento a un oggetto.
IN-ESISTENZA INTENZIONALE : non xk gli oggetti della percezione non esistono, ma perche gli ogg assumono
‘esistenza’, diventano contenuto della mente. Diventare contenuto della mente ma non in senso materiale, la
mente li contiene dentro di se, hanno esistenza dentro il concetto.
L’atto della mente di mettersi in relazione con gli ogg è intenzionale.
Intenzionalità (=essere rivolto a qualcosa\oggetto, non si riferisce al volontario): avere una relazione con qls
altro, tutti gli ogg sono in relazione ma non in modo intenzionale, la mente ha una relazione particolare con le
cose, non è riferito a un senso materiale, gli ogg diventano contenuto della mente, non in senso materiale.
L’atto della mente di mettersi in relazione con gli ogg è intenzionale e in-esistenza (ovvero contenuto dentro,
non che non esiste)

L’INTENZIONALITA’----c’è un ogg intenzionale


----c’è un contenuto intenzionale
----c’è un modo intenzionale (detto anche senso apprensionale)

-Ogg intenzionale: l’ogg esterno, a cui mi rivolgo che è diverso dal contenuto intenzionale. Ciò a cui la mente
di riferisce
La nostra visione degli oggetti è sempre prospettica (es quando guardo una borsa, non posso vedere tutte le
prospettive dell’ogg, non vedo la parte posteriore, laterale..)
-Il contenuto intenzionale è come mi è dato alla coscienza quell’oggetto. Percepisco dei dati\lati di ogg, non
prendo in considerazione tutto. Visione degli ogg PROSPETTICA.
-Il modo intenzionale: l’attività della mente si articola in diverse modalità (può credere, ricordare,
immaginare..) Diversi modi in cui posso avere il contenuto.
Visione olistica (complessiva) noi non abbiamo questa visione, ci saranno sempre delle parti mancanti. →
Visione prospettica

(Questa struttura è legata all’idea di rappresentazione del terzo modello, non al secondo)

2) Analisi fenomenologica
Gli aspetti fenomenologici si rifanno al com’è a fare esperienza, cosa si prova a fare una determinata
esperienza. Portare l’attenzione su cosa si prova ad avere diverse esperienze.
Non è affatto vero che la mente è che è sempre rivolta ad un determinato oggetto (es: angoscia, la noia, la
malinconia: non c’è un oggetto specifico) Ci sono stati mentali che non hanno ogg, non c’è intenzionalità.
La percezione è fatta dai contenuti, ma anche dal cosa si prova ad avere determinate esperienze (es:
scienziata Mery cieca..)
Gli aspetti qualitativi dell’esperienza (QUALIA) → cosa si prova
Da qui sono state introdotte le qualità terziarie: ovvero aspetto qualitativo, i qualia, cosa si prova (es:
paesaggio calmo, serenità) Il mondo ha qualità emotive, che noi cogliamo (oltre alle qualità primarie e
secondarie) sono qualità oggettive.
Anche le qualità secondarie (=rosso) possono diventare terziaria (=rosso caldo) attiene alla sensorialità. Il rosso caldo
non posso esprimerlo in un altro modo.

Le metafore che posso spiegare con altri termini non sono qualità terziarie (es: profilo della montagna, dorso della
montagna..) ma rosso caldo non si può tradurre in un altro modo, ha un ‘vestito emotivo’, esprime la ricchezza della
sensibilità → QUALIA, aspetti qualitativi.

Sviluppo delle scienze cognitive –> parla di mente estesa, mente inserita nel modo e il mondo entra dentro di noi. La
mente è estesa e condizionata dal mondo. Descriviamo la nostra interiorità con descrizioni derivanti del mondo
esterno (=oggi sono tesa, sono serena, sono nera). Siamo inseriti nel mondo, lo si coglie anche dalle nostre
affermazioni.
LEZIONE 4-18/02

TEORIA DEL DATO SENSORIALE:

Nata in Inghilterra agli inizi del 900, è stata dominante in filo fino agli 40 del 900. E’ basata sulla distinzione tra
percezione e sensazione. Questa teoria è durata a lungo in ambito filosofico e filosofia della scienza, mentre in ambito
psicologico non è ancora stata superata.

Come è stata sostenuta la teoria del dato sensoriale in ambito filosofico:

Gli autori che l’hanno sostenuta sono dei grandi del 900 (Mour, Russel)

Questa teoria afferma: poiché nella percezione possiamo avere illusioni e allucinazioni e poiché quando abbiamo
allucinazioni e illusioni abbiamo una conoscenza\esperienza fenomenologica (come le cose ci appaiono). Illusioni,
allucinazioni sono esperienze che sono fenomenologicamente indistinguibili dalle esperienze veridiche, dobbiamo
concludere che percepiamo solo DATI SENSORIALI e non cose materiali fuori di noi.

Noi conosciamo solo dati sensoriali. Ma perché? Perché pongono questo argomento: l’indistinguibilità tra esperienze
verifiche, allucinatorie e illusioni percettive.

Es illusioni percettive, esperimento di Muller-Lyer:

Sono segmenti perfettamente uguali, ma la nostra percezione ci dice altro, li vediamo diversi. Contenuto illusorio. →
E’ un’illusione inemendabile, esperienze non inemendabili, non modificabili.

Poiché c’è un’indistinguibilità fenomenologica fra percezioni verifiche, percezioni allucinatorie e percezioni illusorie,
vuol dire che percepiamo solo dati sensoriali e poi arriviamo al mondo. (questa è la tesi della teoria)

Argomentazioni della teoria sono 2:

1) Trovare un fondamento certo alla scienza, alla conoscenza, trovare un FONDAMENTALISMO


EPISTEMOLOGICO (conoscenza)
Non possiamo essere certi che ciò che ho davanti è una mela, potrebbe essere un palla.. ma non posso
dubitare di aver una sensazione di rosso. Posso sempre dubitare che le cose esterne siano come mi appaiano,
ma non posso dubitare di avere determinate sensazioni, di avere dati sensoriali.
Non posso dubitare dei dati sensoriali, i quali sono sicuramente soggettivi.
L’unica certezza che possiamo dare anche alla scienza è quello dei DATI SENSORIALI.

2) ANALISI FENOMENOLOGICA (come viviamo le esperienze)


Es: bastone che sembra spezzato nell’acqua, in realtà è un bastone intero.
L’esperienza fenomenologica è indistinguibile dall’esperienza veridica. Ciò vuol dire che non percepiamo mai
oggetti materiali, ma percepiamo sempre dati sensoriali. I contenuti dell’allucinazione sono dati sensoriali.

C’è una indistinguibilità fenomenologica ed è una premessa vera, ma si possono contestare le conclusioni.
Il fatto che ci siano delle esperienze indistinguibili (ammesso che sia vero) non implica che logicamente non
percepiamo sempre dati sensoriali. (es: ho visto 2 sorelle che si somigliano, ma non implica che le sorelle si devono
sempre somigliare) → INDEBITA GENERALIZZAZIONE, è vero che ci sono esperienze indistinguibili, ma non è detto che
dobbiamo sempre percepire dati sensoriali. Non è sempre così.

Ma dal punto di vista ontologico, cosa sono questi dati sensoriali? Non si capisce lo statuto (il carattere)
metafisico\ontologico di questi oggetti (=non si capisce cosa sono, entità mentali? Idee?..)
Siccome nella costruzione di qst teoria, si fa appello alla fenomenologia (come le cs ci appaiono) allora bisogna
prendere sul serio la fenomenologia fino in fondo. Dicono che fenomenologicamente le esperienze sono
indistinguibili, ma dell’esperienza percettiva fenomenologicamente, quando vediamo qls di rosso, vediamo la
proprietà che riguarda un oggetto esterno a noi, non ci appartiene. (principio di trasparenza, la percezione è
trasparente) Noi viviamo le proprietà del mondo, come proprietà delle cose e non del nostro modo di vedere le cose.

Quindi stando alla teoria del dato sensoriale, primariamente percepiamo ogg che sappiamo cosa sono, dovremmo
percepire le proprietà come proprietà di dati sensoriali, interni a noi. Ma noi percepiamo le proprietà come proprietà
delle cose. (il rosso è qls che è esterno a noi, non del nostro modo di percepire il mondo)

LIBRO HOSPERS

Cap 3 pag 87 Si deve fare:

-Illusione e allucinazioni (differenza)

-Diverse forme di realismo

-Distinzione proprietà primaria, proprietà secondarie

- Cartesio, obiettivo: scardinare la certezza dei sensi (es cera)

-Pag 101, esse est percipi, fenomenismo di berkley (detto anche idealismo) Critiche a Berkley

-Da pag 109 teoria del dato sensoriale (realismo indiretto) e pag 116 critica (realismo diretto)

LA CONOSCENZA, CHE COSA POSSIAMO SAPERE (Cap. 2, PAG 47)

Che cosa significa SAPERE? Può essere inteso in senso:

-Competenziale: il saper fare (know how)

-Conoscenza diretta: come la percezione

-Conoscenza di tipo proposizionale: essere in grado di stabilire se qls è vero o falso. Ha a che vedere con la dimensione
semantica

Differenza tra enunciato e proposizione:

-Enunciato: esprime qualcosa, ma lo può esprimere in modo diverso. Può riferirsi a qls ma in modo diverso. (la
montagna x è piu grande della montagna y, la montagna y è più piccola della montagna x)

-Proposizione: contenuto semantico. La proposizione può essere detta con enunciati diversi.

Che differenza c’è tra CREDERE e SAPERE (spesso domanda d’esame)


• Credere: condizione soggettiva della conoscenza. Condizione necessaria, ma non sufficiente della
conoscenza\della verità (Ovvero serve altro) Essere certi di qualcosa, ma le cose possono essere in un altro
modo.
• Sapere: condizione oggettiva della verità, di come stanno le cose.

Condizione necessaria → Essere donna è una condizione necessaria x fare figli, ma è sufficiente? No, è necessario ma
serve altro (essere fertile, aver un h)

Il verbo SAPERE, a differenza del verbo credere, è un verbo FATTIVO, implica la verità di ciò che è affermato.
Esempio:

Maria crede che Berlino sia la capitale dell’Italia → proposizione vera, ma ciò non implica che Berlino sia la capitale
dell’Italia.

Maria sa che Roma è la capitale dell’Italia → implica verità

Credere è una condizione della conoscenza soggettiva, che non indica verità, non è un verbo fattivo. Essere certi è
diverso da sapere.

Pag 49\50

Come possiamo definire la verità? (Spesso domanda d’esame)

Ci sono 3 grandi famiglie di teorie della verità

 TEORIE CORRISPONDENTISTE
Teorie del senso comune
E’ vero ciò che dico quando ciò che dico corrisponde alla realtà\a un fatto. (es: la neve è bianca, basta vedere
se la neve è bianca)

Critiche\Obiezioni
-Questa teoria taglia fuori la verità\falsità di tutte le proposizioni controfattuali\ipotetiche, che noi
comunemente usiamo e con cui ci dobbiamo confrontare.
(es: se Hitler avesse vinto la guerra, il mondo sarebbe migliore. Non c’è un fatto con cui posso fare
corrispondere ciò che dico. → è controfattuale, ma posso dire che non è vero, possi dire qualcosa a riguardo.
Posso confrontarmi riguardo a questa ipotesi.)
Quindi queste teorie sono insoddisfacenti perché non ci permettono di parlare di molte cose, delle quali non
abbiamo un fatto empirico con cui confrontarci. Non possiamo confrontarci con la dimensione della
controfattualità, proposizioni ipotetiche.
-Inoltre, fanno intendere che ci deve esserci una corrispondenza con qualcosa di empirico. Ma oltre alle
proposizioni controfattuali, ci sono le verità logiche (es: principio di non contraddizione) e matematiche, che
non hanno a che vedere con un confronto empirico su come stanno le cose. (es: principio di non contrad. Non
lo vedi che è cosi, ci arrivi con il ragionamento)

 TEORIE COERENTISTE
‘Fotografa quello che per la scienza è la verità’ (lo vedremo con Feyerabend)
Non è sufficiente che una teoria sia confermata dai fatti x la scienza, ma una proposizione per essere vera
deve essere coerente, cioè non in contraddizione, con tutte le teorie che sono ritenute vere.
Non è sufficiente che una teoria corrisponda a dei dati x la scienza, deve anche essere coerente con tutto il
sistema, considerato valido riguardo ad un determinato sapere. Attraverso dati coerenti, si può arrivare a
conoscenze vere, anche senza aver avuto un riscontro diretto su come stanno le cose.
Es: La rotondità della terra: che la terra fosse rotonda, è stato stabilito ben prima delle foto satellitari. Non
solo non è sufficiente, a volte non è nemmeno necessario che ci sia una corrispondenza con quello che
vediamo, perché attraverso ciò che sappiamo, possiamo definire un sistema coerente di teorie (anche senza
aver avuto la possibilità di vedere una corrispondenza con la realtà, vedi rotondità della terra)
COERENZA con teorie precedenti, con un sistema già acquisito, non con dati di fatto.

Critica\limite di questa teoria: (pag. 54/55)


Non si tiene in considerazione che ‘le teorie affidabili precedenti’ possono non essere coerenti, non vere.
Conservano tutto ciò che è stato considerato veritiero, anche quando dovrebbero accantonarle.
Creano limiti dogmatici, ciò che contrasta le teorie precedenti, non viene considerato.
Creano una forma di conservatorismo.
LEZIONE 5-19/02

Distinzione tra possibilità e necessità: sono 2 concetti filosoficamente contrapposti.

L’autore David Hume distingueva verità di ragione (necessarie, perché se le neghiamo, arriviamo a una
contraddizione) e verità di fatto (non sono necessarie, ma possibili, contingenti)
David Hume:

▪ Verità di ragione : necessità. Non posso contraddirle, perché se lo faccio prima o poi cado di contraddizione.
Non posso negarle.
Verità di tipo necessario. Ciò che è necessario, se lo nego, prima o poi cado in contraddizione. Cado in un
errore di ragionamento.

▪ Verità di fatto: contingenza. E’ una verità di fatto che la mattina sorge il sole. Posso negarlo, può non sorgere
domani, ma non cado in contraddizione.
Verità contingente, verità possibili: può essere in un modo, ma può essere anche in un altro. C’è il rischio che
le cose vadano in altri modi.

Il contrario di un fatto è sempre possibile: posso negare che il sole domani sorgerà, non sappiamo se può
succedere o meno.

 TEORIE PRAGMATISTE
Intendono la verità come utilità. E’ vero ciò che è utile
La verità è posta in relazione con il funzionale, il successo, l’utilità.

Critica:
Talvolta può essere vero ciò che è inutile

Hospers pag. 56 Qual è la relazione tra il funzionale e verità?

La logica si occupa della validità, non dei contenuti.

Pag 62

La logica non si occupa della verità empirica, dei contenuti, ma si occupa della VALIDITA’ DEI RAGIONAMENTI, DEL
FUNZIOMENTO DEL RAGIONAMENTO.

Tutti gli A sono B

Tutti i B sono C

Tutti gli A sono C

Tutti gli A sono B Tutti gli uomini sono mortali

C=Socrate è uomo. → Socrate è mortale

La logica si occupa della validità, non del contenuto.

Allora si può dire che la logica è informativa? (domanda d’esame)


Ma molto spesso la validità è sufficiente x generare nuovi contenuti. Quindi può essere generatrice di conoscenza!

Pag. 63
Logica → si occupa di validità → può essere produttrice di conoscenza

CONOSCENZA INDUTTIVA

Dimostrazione matematica: è una deduzione logica. In una dimostrazione, assunti\dato questi postulati si arriva alla
conclusione → e si producono teoremi (produzione di conoscenza)

Logica e matematica sono molto strette.

Manca sempre qualcosa in ogni teorema matematica, le dimostrazioni sono incomplete (teorema di incompletezza di
Godel)

Gli assiomi della geometria Euclidea sono necessari ? NO

Il 5 assioma: dato un punto fuori da una retta può passare solo una retta parallela alla retta. Non cadiamo in
contraddizione se neghiamo alcuni assiomi della geometria Euclidea. Poiché ci sono altre geometrie (non euclidee).
Quindi se nego non cado in contraddizione, poiché poi sono nate altre geometrie. GLI ASSIOMI SONO CONTINGENTI.

Il contenuto: conoscenza empirica

LE LEGGI DEL PENSIERO: dette anche verità di ragione, auto-evidenti alla ragione, che non derivano dalla conoscenza,
sono leggi necessarie. Sono intuitive, ma non sono tautologie (= dal greco tautos logos, ovvero affermazioni nelle quali
il soggetto viene ripetuto nel predicato, questa preposizione è una vuota, ripetitivo ( Es: tutti i mariti sono sposati, a
tennis o si vince o si perdere) Domanda d’esame: le leggi del pensiero non sono tautologie

Le leggi del pensiero sono: Pag 67

-il principio di entità: A è A

-il principio non contraddizione, qualcosa non può essere sia A, che non A

-il principio del terzo escluso: ogni cosa è A, o non è A, il terzo è escluso (tertium non datur)

Ma limite del 3: Non dobbiamo confondere il concetto di opposizione con il concetto di negazione assoluta! Perché A
e non A sono opposti, ma può esserci una viva di mezzo tra questi opposti (es: caldo, freddo)

La legge del 3 escluso dice che non c’è una via di mezzo tra una cosa e la sua negazione. Si confonde l’opposizione e la
negazione. (Il tiepido contiene sia il caldo e il freddo).

Inoltre, non prende in considerazione il ‘non sapere’

Non si ragiona correttamente se non si usano questi principi.


LEZIONE 6-20\02

Fallacia= errore di ragionamento

-Fallacia ad ingnorantiam = errore di ragionamento dovuto ad ignoranza

-Fallacia ad personam= diretta alla persona, svia da una linea di ragionamento su un altro campo.

-Fallacia logica (pag 70) sul principio del terzo escluso

(legge del 3 escluso: o è A o è B= la o è come la e, è un connettivo logico, ma o è una disgiunzione che pone difronte a
una scelta. O con valore disgiuntivo esclusivo. O in modo esclusivo: o è quello o quell’altro. Disgiunzione esclusiva che
esclude l’altra proposta. La O in modo inclusivo: vanno bene entrambe. ‘serve la laurea o in filosofia o in scienze
dell’educazione’)

LA FEDE E’ UNA FONTE CONOSCITIVA? Ovvero ci può portare a conoscenza, teorie.. (pag. 79)

NO NON POSSO DIRE CHE DIO ESISTE, CREDO CHE ESISTA DIO.

La fede non ha bisogno di prove, quindi non è soggetta a dimostrazioni (viste nella lezione precedente).

La fede non si può considerare una fonte conoscitiva, che porta a sapere, poiché non è sogg a dimostrazioni né in
modo EMPIRICHE né in modo LOGICO.

Credo quia absurdum est (=credo perché è assurdo). Cos’è assurdo? Qualcosa che non si capisce.

La fede non è soggetta a sapere, non è soggetta a prove, poiché ci sono dubbi e domande a cui non si può rispondere.
Credo ma non so se è davvero così, non sono certa, non ho prove. Il credere non è un verbo fattivo.

Ciò è legato al fatto che se è assurdo non posso fare altro che crederci.

Non è una fonte conoscitiva, è un arricchimento delle persone.

EPISTEMOLOGIA DELLA SCIENZA

Com’è fatta la conoscenza scientifica?

Il fine della conoscenza scientifica: la conoscenza mira a scoprire delle regolarità (scienza moderna) a individuare delle
costanti nel modo naturale: ciò serve a prevenire e prevedere eventi. Siamo spettatori alla ricerca di costanti.

Queste regolarità non sono mai date una volta x tutte, molto spesso si sono considerate eventi regolari\fenomeni che
non lo so. (es: acqua che bolle a 100° e ghiaccia a 0°, ma non è cosi ovunque, come in montagna) Queste regolarità
non sono universali!

Le leggi della scienza sono leggi PRESCITTIVE? NO, poiché le leggi prescrittive sono leggi umane, sono emanate dallo
stato, che prescrivono linee di condotta. Ciò non vale x leggi scientifiche. Le leggi della scienza sono leggi formulate da
uomini, come quelle prescrittive, ma DESCRIVONO il comportamento del mondo naturale, NON PRESCRIVONO un
DETERMINATO COMPORTAMENTO.
Le caratteristiche che comunemente si attribuiscono alle leggi scientifiche sono 3:

1. UNIVERSALITA’: le leggi sono universali ( es il piombo fonde a 367°)


Caratteristica obiettabile:
Sarebbe meglio definirle leggi statistiche, leggi induttive, dipendono dalle premesse, dalle condizioni iniziali

2. ILLIMITATEZA: Non hanno una limitazione spaziale e temporale x essere messi alla prova. Le leggi scientifiche
sono illimitate perché non hanno limitazione spazio-temporale.
Anche questo è obiettabile, questa illimitatezza non c’è per certi leggi naturali (es: piombo, acqua..)

3. IPOTETICITA’: Il carattere ipotetico, ovvero questi sono i risultati, ma puoi sempre smentirli. Ipotesi che può
essere smentita. Questa è la scienza.

Per ciò (punto 3) Popper (epistemologo della scienza) → ciò che crede scientifico una legge non è la verificazione, ma
la confutazione\falsificazione di una legge precedente. L’atteggiamento scientifico è un atteggiamento CRITICO.

Se si nega la falsificabilità non si fa più scienza, ma ci si occupa di metafisica → da scienziato a metafisico

L’IPOTETICITA’ è la caratteristica più importante della scienza!!

Pag 128\129\130 – Fallacia: errore di ragionamento

Perché una teoria scientifica viene preferita ad altre teorie?

Comunemente (standard view) si ritiene che una teoria scientifica sia migliore poiché la scienza si basa sui fatti → Non
è affatto cosi!!

Teoria di Tolomeo e Copernico

 Prima di Tolomeo: TEORIA GEOCENTRICA, terra al centro dell’universo, circondata da anelli che girano da est
a ovest, in cui sono incastonati gli altri pianeti e l’ultimo anello corrisponde alle stelle.

 Tolomeo: 120 d.c,TEORIA GEOCENTRICA, vide che c’erano movimenti retrogradi dei pianeti. I pianeti oltre a
girare da est a ovest, girano su se stessi. Ciò spiegò il ‘movimento retrogrado’ dei pianeti. Ciò portò a
prevedere le eclissi.

 Copernico: 1500, TEORIA ELIOCENTRICA: Sole al centro dell’universo, attorno al sole girano i pianeti, la sua
teoria fu alla fine accettata non perché ci fosse un fatto che la dimostrava, ma perché era più semplice da
capire. C’è un momento in cui la terra supera Marte e Giove e si genera questo ‘effetto retrogrado’ (così
definito da Tolomeo) è un effetto ottico, poiché la terra fa un tragitto più corto rispetto a Marte e Giove, nel
momento in cui li supera, inizialmente sembra che si fermino, e poi tornano indietro. Venne accolta questa
teoria poiché era più semplice.

(La teoria copernicana venne accettata dalla chiesa, nonostante andasse contro alla Bibbia, poiché Copernico
la spiegò come un modello matematico, come un modello x spiegare le dinamiche)

La parallasse: spostamento apparente di un oggetto, quando si guarda un oggetto da diversi punti. (es: guardo un ogg
con un occhio chiuso e poi chiudo l’altro, sembra che si sposta)

Solo nel 1830, viene spiegata la teoria di Copernico → venne spiegata la parallasse tre secoli dopo.

Dunque, non è affatto vero che una teoria viene accettata perché c’è un fatto che la spiega.
Lezione 7

Nell’ultima lezione che abbiamo fatto in presenza, abbiamo affrontato le diverse caratteristiche delle «leggi
scientifiche» sino ad evidenziare che l’ipoteticità e la falsificabilità disegnano in modo esemplare il confine
tra ciò che è scientifico e ciò che non lo è.

Abbiamo poi affrontato un’altra questione: come e perché le teorie scientifiche vengono accettate. A
questo riguardo, ci siamo soffermati sulla teoria tolemaica e sulla teoria copernicana.

Nel caso della teoria copernicana, il problema della parallasse ci ha portato a constatare che nella
accettazione delle teorie scientifiche non contano solo le singole prove empiriche, bensì la coerenza, il
quadro sistematico complessivo, l’interdipendenza e la fondatezza delle supposizioni. Una cosa analoga si
evidenzia anche nel caso della teoria della cosiddetta «compagna invisibile» del sole. È questo il filo che
deve guidarvi in quanto troverete nelle pp. 134-136 del testo di Hospers, già a suo tempo caricato in Elly e
che vi invito a leggere.

Nel paragrafo 4.3.3 del testo di Hospers, trovate invece un terreno di discussione che ha a che fare col
problema delle «entità inosservabili» della fisica: vi invito a collegare queste pagine al tema della
problematicità dello statuto ontologico delle «entità teoriche» della fisica e dell’iper-realismo scientifico
(un tema, lo ricorderete, che abbiamo affrontato nelle lezioni introduttive).

Lezione 8

Un tema di prima importanza nel dibattito scientifico è quello tra riduzionisti e anti-riduzionisti. Per
esempio, di fronte alla domanda «la mente è riducibile al cervello?» alcuni scienziati rispondono di sì e altri
di no. Questo tema, ancor più a monte, può essere ricondotto al contrasto tra EMERGENZA e RIDUCIBILIA’,
che riguarda il primo luogo la biologia e le scienze della vita.

La questione ha a che fare con il rapporto tra il tutto e le sue parti, e più precisamente col fatto – già
evidenziato da Aristotele – che il tutto è più della somma delle sue parti, ossia presenta proprietà
imprevedibili stando alle proprietà delle singole parti prese o considerate di per sé: si tratta delle
cosiddette PROPRIETA’ EMERGENTI.

Per ricorrere a esempi banali, prendiamo il caso dell’acqua, H 2O. Bene:

- l’idrogeno, preso da solo, è gassoso e infiammabile

- l’ossigeno è infiammabile ed è un elemento fondamentale per la combustione.

Eppure, l’acqua (e cioè il tutto, H2O) non è gassosa ma liquida; non è combustibile; non solo non è un
elemento importante per la combustione, ma anzi serve a interromperla. Quindi, prese di per sé, mai le
proprietà dell’ossigeno e dell’idrogeno potrebbero portarci a prevedere qualcosa come l’acqua. Lo stesso
vale per il sale da cucina e per tanti altri esempi ancora.

Ebbene, per taluni scienziati ciò mostra che tra i diversi livelli di realtà ci sono dei veri e propri «salti»
ontologici, poiché passiamo da un livello di realtà (quella delle singole parti, che hanno determinate
proprietà) a un livello di realtà che mostra proprietà (dette appunto emergenti) non prevedibili stando alle
proprietà delle singole parti. Altri scienziati, invece, sostengono che i due livelli non sono affatto
incommensurabili e che le proprietà del tutto sono in realtà riducibili a quelle dei singoli componenti: chi
sostiene questa seconda posizione sostiene dunque un programma RIDUZIONISTICO (trovate questi temi in
Hospers, pp. 138-140).
Un esempio particolarmente noto di riduzionismo è quello offerto dalla sociobiologia, che ha fortemente
caratterizzato il dibattito scientifico del secondo Novecento. Il programma della sociobiologia è quello di
ridurre «il tutto» (e in particolare l’essere umano) alle sue componenti minime (i geni) e di spiegare
attraverso questi la totalità dei meccanismi della socialità animale. Sono esponenti di questo indirizzo
Edward Wilson e Richard Dawkins, biologo ed etologo di fama mondiale al quale Hospers fa un rapido
cenno.

Dawkins ha scritto testi celeberrimi come Il gene egoista e L’orologiaio cieco. In particolare, in Il gene
egoista, Dawkins sostiene che:

- il motore di tutti i comportamenti umani sono i geni

- i geni cercano di riprodursi per vivere in eterno

- il singolo individuo umano è in realtà uno strumento dei geni

- di conseguenza, non è il DNA a servire all’individuo per riprodursi, ma è l’individuo che è uno strumento
del gene, ossia serve al gene per riprodursi e diffondersi

La tesi di Dawkins, in estrema sintesi, è dunque che l’essere umano non agisce per il bene della specie come
ritenuto da Darwin, bensì per il bene del gene. In altri termini, l’uomo è una macchina da sopravvivenza
schiava dei suoi geni. Dawkins ammette che esistono comportamenti altruistici, ma questi – a suo avviso –
sono appresi e non innati.

Il dibattito seguito a queste tesi è stato enorme. Dawkins è stato accusato di «riduzionismo genetico» dal
biologo e zoologo americano Stephen Jay Gould, che ha scritto testi di grande successo come Il pollice del
panda e Gli alberi non crescono sino al cielo.

In generale, quello che viene contestato a Dawkins è quanto segue:

Ammettendo che sia vero che il gene egoista vuole solo prosperare, come spiegare che:

- ci sono individui che scelgono di non fare figli

- in natura ci sono animali che non si accoppiano (per esempio le api operaie, che sono sterili)

- in natura esiste un fenomeno come l’omosessualità (che è appunto un fenomeno naturale) e il gene
egoista – considerati i suoi obiettivi – avrebbe dovuto evitare il trasmettersi di questa caratteristica

– e inoltre: come si fa a descrivere un sentimento come l’amore come un mero strumento di sopravvivenza
dei geni? Vi è infatti tutta una dimensione che ai geni non è riducibile e che comprende il cervello, le
emozioni, la dedizione (molto interessante, a questo riguardo, è il testo del filosofo tedesco Richard Precht,
Amore. Un sentimento disordinato).
Lezione 9

Nei contenuti della lezione numero 8, vi è stato mondo di accennare molto brevemente alle scienze
biologiche e alle scienze della vita. La caratteristica delle spiegazioni di tipo biologico è il costante
riferimento alla nozione di SCOPO, che è invece assai raro in fisica. Mai, per esempio, in fisica si descrive il
movimento dei pianeti dicendo che la diversa velocità con cui i pianeti si muovono nelle loro orbite è tale
perché il loro scopo è quello di non cadere sul sole (leggete Hospers a p. 40).

Bene, allora come dobbiamo intendere la nozione di «scopo» in biologia?

1. Certamente non come raggiungimento cosciente di un fine, come quando diciamo che stiamo andando al
supermercato per comprare il pane o che il cane gratta alla porta per entrare in casa.

2. E nemmeno nel senso di quello che si intende per scopo derivato, determinato o riflesso da scopi umani:
il lavastoviglie non è un essere vivente, ma ha lo scopo di lavare i piatti perché è questo lo scopo per cui è
stato fabbricato: ha lo scopo che gli è stato assegnato dai suoi artefici, riflette gli scopi di questi.

Bene, ma allora in che senso dobbiamo intendere lo «scopo» delle spiegazioni biologiche?

E’ del tutto evidente che non va inteso né come «motivazione cosciente», né come il fine di un artefice,
bensì come FUNZIONE: ossia nei termini di «a cosa serve» un determinato organo. Per esempio, quando
diciamo che il cuore ha lo scopo di pompare i polmoni intendiamo dire che il cuore ha tale funzione. In
senso figurato, anche in questo caso potremmo parlare di un artefice.

Scientificamente parlando, però, se proprio vogliamo parlare di un artefice questo non può che essere uno:
l’evoluzione.

Dunque, il linguaggio FINALISTICO o TELEOLOGICO («telos» in greco significa «fine») tipico della biologia ha
a che fare con FUNZIONI e non con disegni o scopi intenzionali di artefici che vi sarebbero dietro (leggete
Hospers pp. 140-142).

In ambito culturale, le scienze biologiche sono state investite da un altro grande dibattito oltre a quello sul
riduzionismo a cui si è accennato nella lezione n. 8. Si tratta di un dibattito che è stato minimo in Europa,
ma che è stato accesissimo negli Stati Uniti: il dibattito sulle origini della vita e sulla teoria darwiniana
dell’evoluzione, con la conseguente contrapposizione tra creazionisti ed evoluzionisti.

Noi non ci soffermeremo in modo specifico su questo dibattito, che negli Stati Uniti è stato appunto molto
aspro e che, in ambito scolastico, in alcuni Stati ha portato a chiedere di togliere l’evoluzionismo dalle
materie di insegnamento. Ci limiteremo a sintetizzare molto brevemente alcuni aspetti delle tesi dei due
fronti contrapposti.

Cosa dicono i creazionisti: la probabilità che una semplice proteina (che svolge funzioni fondamentali negli
organismi viventi e che è composta da ben 2000 atomi di tipo diverso e organizzati in modo assai
particolare) si sia costituita attraverso un processo casuale è minima. Attraverso un processo casuale, per
arrivare a una proteina occorrerebbero diversi miliardi di anni; la terra esiste da 5 miliardi di anni e la vita
su questa da 4 miliardi di anni (ossia da quando la terra si è raffreddata). La teoria dell’evoluzione non
persuade: occorre ricorrere all’idea di un «disegno intelligente».

Cosa rispondono gli scienziati e la teoria dell’evoluzione:

esiste anche il caso, e una volta che il caso crea certe condizioni favorevoli i processi successivi non sono più
casuali. La selezione naturale (che è il meccanismo di base dell'evoluzione) procede conservando le
caratteristiche favorevoli (adattative) ed eliminando quelle non favorevoli (non adattative). La selezione
naturale può perciò far sì che l'evoluzione prenda direzioni in grado di produrre strutture complesse in
tempi sorprendentemente piccoli. Inoltre: è solo da un paio di secoli che abbiamo iniziato a capire a fondo i
processi della vita. Siamo di fatto solo all’inizio. E soprattutto, i creazionisti negano in toto la teoria
dell’evoluzione. Tuttavia, i processi che possiamo ricostruire attraverso i reperti fossili sono inoppugnabili e
coerenti: negare la teoria dell’evoluzione è negare l’evidenza.

In Hospers potete trovare il dibattito tra creazionisti ed evoluzionisti alle pp. 143-145. Ciò che a noi sta
particolarmente a cuore è però in primo luogo il linguaggio teleologico o finalistico (da intendere nel senso
che abbiamo sopra specificato) che è tipico della biologia e delle scienze della vita: capiremo il perché
quando affronteremo, più avanti, il testo di Hans Jonas Sull’orlo dell’abisso.

Lezione 10 (video)

Argomenti:

1- Significati di ‘possibile’ (hospers, pag 146-147)

- Non facciamo il paragrafo 4.4.1 (pag 147)

2- Il problema dell’induzione (pag. 149-155)

3- Integrazioni importanti su cosa significa INFERIRE → 3 tipi di inferenza: DEDUZIONE, INDUZIONE,


ABDUZIONE

1) SIGNIFICATI DI POSSIBILE

Nel paragrafo 4, ci sono i vari significati di possibile. Noi abbiamo fatto la distinzione tra necessità e
possibilità (basta quello) nell’ambito della possibilità empirica, ci sono diversi gradi di possibilità, che una
cosa si verifichi o meno, sulla base delle nostre conoscenze.

Definiamo impossibile, ciò che non è compatibile con le leggi di natura (es: che gli asini volino)

2) PROBLEMA DELL’INDUZIONE (da pag 150)

Noi siamo degli ANIMALI INDUTTIVI: ovvero formuliamo delle leggi sul futuro, sulla base dell’esperienza
passata. Anche se l’induzione di per se non potrà mai darci certezze, ovvero conoscenze necessarie sul
futuro, perché il futuro può essere sempre diverso rispetto al passato (pag 151 dal paragrafo ‘principio di
uniformità della natura’ fino a pag 154)
Conclusione dopo la lettura di queste pagine:

Non possiamo logicamente giustificare l’induzione, poiché non possiamo sapere se il futuro sarà uguale al
passato. → Non possiamo DEDURRE logicamente il futuro dal passato, ciò nonostante questo è l’unico
strumento che abbiamo della nostra conoscenza empirica sul mondo.

3) INFERENZA

Oltre alla deduzione e all’induzione, esiste anche l’inferenza alla miglior spiegazione, cioè l’ABDUZIONE.

INFERIRE: trarre una conclusione. Cioè date certe conoscenze o premesse si arriva a una conclusione.

Quanti tipi di inferenze esistono? 3!

o DEDUZIONE: si usa in primo luogo in logica e matematica. Si va dal generale al particolare e se il


ragionamento è ben condotto, si traggono conclusioni certe e necessarie.
es: Tutti gli uomini sono mortali. Socrate è uomo. dunque.. Socrate è mortale.

o INDUZIONE: si va dal particolare al generale e si traggono risultati solo probabili. In molti casi i
risultati sono molto probabili, ma non sono certi
es: il sole è sorto x migliaia di anni, dunque sorgerà anche domani → Non è una necessità, è una
conclusione che ha una altissima probabilità

o ABDUZIONE: nell’abduzione c’è un ‘procedimento a ritroso’, nel senso che si conoscono dei fatti e si
vogliono ricostruire le cause. Si conoscono le conclusioni e si vogliono ricostruire le premesse.
Anche in questo caso, come nell’induzione, si arriva a risultati non certi, ma solo probabili.
Tuttavia, il ragionamento è diverso rispetto all’induzione.
Si parte da alcuni fatti che si vogliono spiegare e il nostro intento è quello individuare le ragioni.
L’abduzione si chiama anche INFERENZA ALLA MIGLIOR SPIEGAZIONE: è un’inferenza all’ipotesi che
sembra fornire la miglior spiegazione al fenomeno osservato, fornisce la spiegazione migliore
rispetto ad altre ipotesi rivali, stanti i fatti che conosciamo.

es: se in un appartamento chiuso dall’interno dell’ultimo piano di un grattacielo di 90 piani, è


avvenuto un omicidio, probabilmente l’assassino è ancora dentro.
es: se troviamo dei fossili di pesce in una zona montana, supponiamo che un tempo, molto
probabilmente, il mare bagnava quel territorio
es: da un cassetto della nonna sono scomparsi 20 mila euro, il nipote disoccupato ha comprato una
bellissima moto, dunque probabilmente il nipote avrà rubati i soldi alla nonna.
Non è che tutti i nipoti rubino i soldi alla nonna (induzione), ma dati i fatti che conosciamo, questa è
la spiegazione migliore tra quelle possibili(abduzione)

Queste non sono generalizzazioni di tanti casi che abbiamo visto (es: il sole che sorge), ma sono
inferenze alla miglior spiegazione, dati i fatti che abbiamo a disposizione.

Darwin propose la sua teoria dell’evoluzione, come una forma di abduzione, come la miglior
spiegazione possibile. Scoperta di fossili che presentavano somiglianze con creature che popolano
la terra. E’ un inferenza, ma non è frutto dell’induzione. E’ un inferenza alla miglior spiegazione.
In conclusione..
L’abduzione, l’inferenza alla migliore spiegazione, è un altro degli strumenti fondamentali della
scoperta scientifica e delle teorie scientifiche, cosi come del nostro ragionamento.
Lezione 11 (video)

Capitolo 10 del testo di Gallagher e Zahavi: IL SE’ E LA PERSONA

Faremo riferimento a questi autori: D. Hume (1711-1776), E. Husserl, J.P Sarte, P. Ricoeur (1913-2005),
Bruner, A.R Damasio (grande neuroscienziato portoghese)

Che cos’è il sé? Che cos’è l’io?

Esiste davvero un sé? Esiste davvero un io? (come sostiene la prospettiva egologica, ego=io)

Ci sono psicologi, filosofi e neuroscienziati che hanno negato che esista un io.

Negazione del concetto di ‘sé’:

Hume, grande filo del 700, e Husserl, grande filosofo di inizio 900, hanno sostenuto che non c’è affatto
questa entità che rimane sempre identica, fissa. Entità che rimane la stessa attraverso tutte le esperienze
che facciamo e che normalmente diamo x scontato che esista. → Perché se noi guardiamo le nostre
esperienze effettive, non troviamo mai un SE’ che ci accompagna. Non troviamo un’entità fissa che ci
accompagna. Non troviamo un se’ come oggetto. Se facciamo un’auto-osservazione non troviamo un sé,
intensa come entità indipendente e definita come può essere l’esperienza di qualsiasi oggetto. Il sé non è
un ogg che posso osservare e non è nemmeno un’entità di cui io posso fare direttamente esperienza (=ho
incontrato il mio io, il mio sé) .
Il sé non è niente di oggettivo, non è niente di sostanziale e niente di immutabile. Non è un dato di
osservazione o un oggetto concreto di osservazione, ma è un COSTRUTTO PSICOLOGICO.
E’ il prodotto della nostra riflessività. Noi riflettiamo sulle nostre esperienze e quindi il nostro fascio di
esperienze viene collegato dalla nostra memoria, e da qui l’idea che esita un IO come sostanza. L’io è
soltanto un COSTRUTTO RIFLESSIVO che facciamo sulle nostre esperienze. E’ un prodotto della riflessività.

HUME: ‘Il sé che io cerco, è il sé che cerca. Cosicché sembra impossibile avere un contatto introspettivo
con me stesso’ → il sé che io cerco è allo stesso tempo il sé che cerca, che qualcosa che non quadra.

Il concetto di sé è un concetto molto controverso, a cui si può dare diverse definizioni → pag. 302

Ma è possibile trovare un senso unitario a tutte queste definizioni del sé ?

Abbiamo effettivamente bisogno del concetto di sé?

Questo concetto ‘ sé ‘, va articolato in diversi livelli?

➢ Definizione (del senso comune): Abbiamo tante esperienze diverse.. Il sé è ciò unifica il flusso di
esperienze e allo stesso tempo rimane distinto, indipendente rispetto alle esperienze. (Hume vs
questo concetto di sé)

➢ Altra definizione (Kant): Il sé non è un oggetto di esperienza comunemente inteso. Il sé può essere
concepito come la condizione di possibilità dell’esperienza stessa. Il sé è una condizione
TRASCENDENTALE (=Condizione di possibilità perché qualcosa ci sia, condizione di possibilità che fa
si che per esempio si faccia esperienza). Anche se non abbiamo esperienza diretta del sé, il sé deve
necessariamente esistere perché se non fosse così, l’esperienza vissuta da un certo soggetto, non
potrebbe essere l’esperienza vissuta di quel sogg. Condizione puramente trascendentale.
Il sè non è sostanza, ma trascendentale. Il sé è un principio di unificazione, è la condizione di
possibilità che fa si che le mie esperienze siano esperienze mie.

➢ Una prospettiva simile (ma non trascendentale) a quella di Kant è affermata da Damasio,
neurofisiologo contemporaneo portoghese (pag. 309)
Secondo Damasio il sé è una condizione esperienziale che fa si che ci possa essere esperienza
riferita a un determinato soggetto.

Damasio distingue tra:


▪ Coscienza semplice (o sé nucleare):
La coscienza semplice e il sé nucleare, sono propri anche degli animali, dunque sono
indipendenti dal linguaggio e dal ragionamento.
La coscienza semplice e il sé nucleare sono la coscienza preriflessiva di sé.
Coscienza preriflessiva è un concetto che era già stato posto in luce con la tradizione
fenomenologica: Sartre aveva parlato di IPSEITA, concetto che venne ridefinito come MIEITA →
E’ L’AUREFERENZIALITA’ che fa si che tutte le diverse esperienze che posso avere, hanno una
caratteristica fondamentale: il fatto che le sento come MIE. L’essere di quell’esperienze è un
essere per me.
Questa mieita’, propria anche degli animali, è qualcosa che esperisco nel mio contatto col
mondo e gli altri. Non è il risultato di introspezione, di un ragionamento, di una riflessione.. ma
è un fatto esperienziale.
Ciò che Damasio chiama ‘sé nucleare’ è ciò che Sartre chiamava ipseità\mieità (pag. 312\313)

▪ Coscienza estesa (o sé autobiografico)


La coscienza estesa, a differenza della coscienza semplice, appartiene a una dimensione che è
propria dell’uomo e non degli animali → ha a che fare il linguaggio.
Il sé autobiografico si può capire meglio andando a considerare le teorie psicologiche che
considerano il sé come una costruzione narrativa. → Il sé non è una sostanza, ma una
costruzione narrativa (Ricoeur, Bruner ‘la costruzione narrativa della realtà’)
Il sé narrativo:
Il sé non è un oggetto reale, non è un’astrazione, non è qualcosa di immutabile, ma è qualcosa
che si costituisce e si evolve nel tempo.
Il sé ha un carattere sociale x questi autori, poiché è una narrazione continua, è sempre
sottoposto a una revisione.
Inizia nella prima infanzia e continua a evolversi x tutta la vita poiché è frutto dell’interazione
con gli altri. Il sé non è mai essenzialmente privato, ma si costituisce sempre nell’interazione
con gli altri, anche nei suoi aspetti più nascosti. → Perché il sé è una sorta di centro di gravità
narrativa (=centro di una narrazione) e di un’interpretazione di me stesso, nella quale gli altri
sono sempre coinvolti sin dall’infanzia (scuola, amici, genitori..)
Parlare di me significa far auto-narrazioni, narrazioni in cui io sono il centro di gravità, ma nelle
quali gli altri sono sempre parte integrante e fondamentale (pag. 306\307)
Quindi il sé narrativo non è un oggetto e non è uno spazio privato.
Lezione 12 (video)

Abbiamo visto nella lezione 11 che:

▪ Non c’è un oggetto che posso rappresentare come un sé guardando dentro la mia esperienza

▪ Il concetto di sé è indispensabile, perché senza un sé non vi sarebbe nemmeno l’esperienza (se non
vi fosse un senso del sé, le esperienze vissute da un soggetto non potrebbero essere l’esperienza
vissuta di quel soggetto).
In questo senso, ricorrendo alla terminologia di Kant, potremmo definire il sé come una condizione
trascendentale dell’esperienza (trascendentale significa : la condizione di possibilità, ciò che rende
possibile qualcosa). → ciò che rende possibile l’esperienza, è il concetto del sé.
Una prospettiva simile è affermata dal neurofisiologo Damasio, che parla di un sé esperienziale, del
senso del sé come una condizione indispensabile della mente cosciente (pag. 309)

▪ Sartre: concetto di ‘mieità’ o ‘ipseità’: sentire che ciò che succede, succede a me. Sono esperienze
mie.

▪ Damasio: distinzione tra ‘coscienza semplice o sé nucleare’ e ‘coscienza estesa, sé esteso o sé


autobiografico’

▪ Ricoeur, Bruner: il sé è una costruzione narrativa, che corrisponde a quello che successivamente
Damasio chiamerà ‘sé autobiografico’

Il sé è una costruzione narrativa, è qualcosa di aperto, che sempre si ricostruisce e ha sempre in sé


l’apporto degli altri, l‘interazione con gli altri.

Per le teorie del sé narrativo (Ricoeur e Bruner) non esiste un sé isolato. → Allora questa tesi è in
contraddizione col sé nucleare, con la mieità, con la ipseità, con il sentire le cose come mie?

C’è una contraddizione tra il sé narrativo (che non è mai isolato e privato, ne fanno sempre parte gli altri) e
il sé nucleare? NO, non c’è contraddizione. Perché se è vero che il sé nucleare è esperienziale, è qls che
sentiamo e non è il frutto della nostra attività narrativa. E’ altrettanto vero che se non ci fosse questo
nucleo pre-narrativo, se non sentissimo le esperienze come nostre sin dalle prime fasi dello sviluppo, non
potremmo nemmeno narrarle. Non c’è contraddizione! (pag 313\314)

Importante precisazione terminologica e concettuale: (pag 314\315)

Occorre parlare di ‘sé’ nel caso della ‘mietà’ e del sé nucleare → l’essere un individuo, autoreferenzialità,
esperienze mie.

Occorre parlare di ‘persona’ nel caso del ‘sé narrativo’ → è la persona che si evolve nel tempo, che si
relaziona con altri ecc.. sono le persone ad avere una dimensione sociale e narrativa.

Tra sé nucleare e sé narrativo non c’è contraddizione e il primo fa da presupposto al secondo.


Inoltre, differenza di quanto sostenuto da Bruner, il sé nucleare da una parte e il sé narrativo dall’altra non
si possono in alcun modo identificare, non sono la stessa cosa. Il secondo non è una semplice evoluzione
del primo. → lo si può notare dalle diverse forme di schizofrenia, nelle quali c’è un disturbo del sé, non
della persona. (Pag. 321 anche a livello psicopatologico si può tracciare una gran differenza tra disturbi del
sé e disturbi della persona)
IL SE’ (nucleare): ECOLOGICO E INCARNATO

❖ Il cognitivismo classico -che è stato predominante (e in molti casi lo è ancora) a partire dagli anni
Settanta del Novecento- riteneva che si conoscesse la mente e la cognizione concentrandosi sugli
eventi mentali interni al soggetto.

❖ Le scienze cognitive contemporanee, invece, considerano la mente e la cognizione come


essenzialmente INTERCONNESSE con l’ambiente (e non come una mente segregata dal mondo alla
maniera di Cartesio e dello stesso cognitivismo classico), ENATTIVE (sono cioè fondamentali le
dinamiche senso-motorie che intercorrono tra l’agente e l’ambiente), INCARNATE (embodied, la
cognizione non è solo pensare logico-deduttivo, limitato alla razionalità, perché ha un rapporto
essenziale col corpo e con gli aspetti emotivi e motori del corpo), ECOLOGICHE (il soggetto, cioè, è
sempre inserito in un ambiente naturale col quale interagisce

Vediamo come tutte queste caratteristiche si ritrovano anche nella concezione del Sé attraverso i
concetti di stimolazione esterna, auto-stimolazione e propriocezione

PROPRIOCEZIONE è una forma di percezione al contrario, ovvero con la propriocezione si percepiscono le


sensazioni e i segnali che provengono dal proprio corpo e non dall’esterno.

I neonati già a 24h dalla nascita distinguono quando hanno una stimolazione autoprodotta e quando hanno
una stimolazione prodotta da altri. → Il bambino sin dalla nascita riconosce un sé, riconosce il sé del
proprio corpo, un sé incarnato (termine usato dalle scienze cognitive)

(Sul libro viene citato ‘il test della falsa credenza’ che spiegheremo più avanti.)

Riconoscimento allo specchio: la reazione del bambino alla propria immagine nello specchio è stata
considerata come un indicatore dell’emergere della coscienza di sé. Questa coscienza del sé, secondo le
teorie cognitiviste classiche, sarebbe raggiunta gradualmente dalla nascita (attorno al 18esimo mese supera
il test dello specchio ,riconoscendosi)

Le teorie contemporanee, invece, contestano quanto affermato dalle teorie classiche, l’esperienza del sé
del bambino c’è assai prima e si tratta di un sé incarnato. Sin dalla nascita il bambino riconosce un sé, un sé
incarnato. Il sé incarnato emerge anche nel riflesso del ‘cercamento’ del bambino. (pag 316)

SE’ ECOLOGICO (il termine ‘ecologico’ coniato dalla psicologica di Gibson: si conosce la cognizione solo
quando si indaga il sogg nella sua interazione con l’ambiente)

Il sé è sempre integrato e in relazione con l’ambiente, è situato nell’ambiente attraverso la nostra coscienza
propriocettiva. E’ in virtù di questa integrazione tra stimolazione ambientale, stimolazioni esterne e
propriocezione (=segnali che abbiamo dal nostro corpo) che io ho consapevolezza di tante cose.
La mia interazione col mondo e le informazioni che ricevo dal mondo, contengono anche informazioni su
me stesso. → c’è sempre una simultanea co-esperienza del sé (dalla propriocezione) e dell’ambiente.

Questo è al centro di un esperimento: stanza fatta da un pavimento fisso e da pareti che si possono
muovere. In questa stanza viene messo un bambino che ha appena iniziato a camminare. Se muoviamo la
parete verso di lui, il bambino ha l’illusione percettiva di andare in avanti, non capisce cosa succede, perde
equilibrio e cade. Va in tilt la relazione tra propriocezione e l’ambiente e di conseguenza il bambino va in
confusione. → ciò mostra il sé è sin dall’inizio integrato con l’ambiente, dunque è un sé ecologico, situato in
un ambiente. (pag 317\318)
IL SE’ ESPERIENZIALE MINIMO (ipseità, mieità) ha 2 componenti:

1. Il senso di proprietà delle proprietà : sentire come mie le esperienze e i pensieri che ho

2. Il senso di agenzia: il sentire di essere io a compiere un’azione quando la compio (sento che l’azione
è mia, sono io l’agente) è la differenza che c’è, per esempio, tra il muoversi volontariamente e il
muoversi perché si è ricevuto una spinta da parte di qualcun altro. Il sentirsi responsabili di una
determinata azione.

Occorre distinguere queste due componenti o sono due facce della stessa medaglia\sono la stessa cosa?

Sembra un quesito banale, ma in realtà entriamo su un terreno molto complesso, che richiede un approccio
interdisciplinare al quale devono concorrere le neuroscienze, la psicologia, la psichiatria, la psicologia della
sviluppo e l’analisi filosofica (in particolare la fenomenologia-corrente filo nata dei primi decenni del 900-
ha messo in luce molte questioni ancora oggi aperte\irrisolti)

(vedi libro paragrafo ‘patologie del sé’, affrontiamo solo alcune cose)

‘Sindrome della mano aliena’: disturbo nel quale una mano (di solito la sinistra) viene sentita dal sogg come
una mano non sua. Disturbo che riguarda il senso di proprietà.

‘Sindrome della mano anarchica’: disturbo nel quale una mano (di solito la sinistra) sembra comportarsi
come vuole lei, ovvero non esegue ciò che il sogg vuole, ma il sogg sente la mano come sua. Disturbo che
riguarda il senso di agenzia.

Perciò sembrerebbe dai disturbi psicopatologici che le due componenti del sé vadano distinte. Le due
componenti hanno rapporti molto sottili e l’indagine è tutt’ora aperta.

In molti disturbi schizofrenici i pazienti hanno spesso ‘pensieri intrusivi’ (sentir voci, pensieri alieni, estranei)
Questi pensieri il sogg non li sente suoi, inseriti da qualcun altro, tuttavia è consapevole che lui ad esperirli.
Dunque, manca il senso di agenzia (=chi ha generato questi pensieri)

Nel pensar comune c’è un principio o luogo comune che si chiama: ‘immunità dall’errore di
autoidentificazione. Ovvero quando l’esperienza è in prima persona, chi ha quell’esperienza non può
sbagliare nell’attribuirsi l’esperienza che ha. (se ho mal di denti, non posso dubitare di aver mal di denti e
nessun può chiedermi ‘sei sicuro ad essere tu quello che ha mal di denti?’ è insensato)

I disturbi, come indicato dalla fenomenologia, possono aiutare a comprendere i sottili rapporti e le
differenze tra il senso di proprietà e il senso di agenzia del sé esperienziale minimo.
Lezione 13- Cap. 9: COME CONOSCIAMO GLI ALTRI

Come arriviamo a conoscere gli altri (=cognizione sociale) come arriviamo a capire i desideri, pensieri e
intenzioni altrui.

Al livello generale dobbiamo chiarire quali sono le domande a cui si vuole rispondere: ‘Come arriviamo a
capire la mente, i desideri e intenzione altrui?’ ‘Quando inizia questa capacità?’ ‘In che modo si sviluppa
questa capacità?’ ‘A partire da che fase della nostra vita iniziamo a capire gli altri?’

Su questo tema ci sono due grandi famiglie di teorie, che si fronteggiano e sono molto diverse.

 TEORIE COGNITIVISTE CLASSICHE


Sono ancora oggi maggioritarie e sono note come ‘Teoria della Teoria’ (Theory of Theory)
Il presupposto su cui si muove la Teoria della Teoria è che la mente, gli stati mentali altrui non sono
qualcosa che possiamo vedere in prima persona, poiché sono fenomeni interiori, privati.
Quindi, io di prima mano ho soltanto la mia mente, solo alla mia mente privata ho un accesso
diretto. Invece, la mente degli altri è un’entità inosservabile, privata. Non posso vederla, non posso
esperirla come esperisco la mia mente

Occorre sottolineare che questa tesi\idea di partenza: ovvero che ho accesso diretto alla mia mente
e non a quella altrui. L’idea che la mente altrui è qualcosa di inosservabile è un punto di partenza
che accomuna sia la teoria della teoria, che le teorie della simulazione esplicita.
Secondo queste teorie (sia la T. della Teoria che la T .della simulazionista Esplicita) quale fonte
conoscitiva riconosciamo come punto di partenza? →la fonte conoscitiva di partenza è quella
Cartesiana, che parte dal sogg, dalla sua autoconsapevolezza e da quanto il sogg realizza in prima
persona attraverso l’elaborazione interna delle proprie esperienze.
Per queste ragioni, queste teorie sono fautrici di una forma ‘privatismo epistemologico’ o di
‘solipsismo epistemologico’ perché per arrivare alla conoscenza degli altri tutto parte dalla propria
esperienza privata\individuale.
Quindi abbiamo accesso diretto solo alla nostra mente ed è a partire della nostra mente che
possiamo conoscere gli altri.
Anticipiamo che a questo tipo di impostazione (delle 2 teorie) si contrappongono la gran parte delle
teorie fenomenologiche e gli ultimi sviluppi delle scienze cognitive, che propongono una teoria per
molti aspetti ‘esternalista’ della mente degli atri. E considerano la cognizione (compresa quella la
cognizione sociale) come affettiva, enattiva (=che ha a che fare col sistema senso-motorio, non solo
come la cognizione intesa come astratta elaborazione mentale), incarnata (in un corpo e non solo
in una mente che ragiona), ed ecologica (=sempre situata in un ambiente e sempre in relazione con
esso).

La teoria della teoria è la teoria propria del cognitivismo classico.


Ritiene che nel caso della conoscenza degli altri, siamo difronte a una capacità che il bambino
acquisisce nel corso dello sviluppo, ossia quando il bambino comincia a fare elaborazioni a partire
da se stesso.(=privatismo epistemologico). Quando comincia a fare previsioni, supposizioni,
comincia ad elaborare nella sua mente modelli interpretativi sull’agire dell’altro.
Quindi sulla base degli stati mentali che ha scoperto\sperimentato in se stesso, il bambino poi
comincia a capire ciò che l’altro fa. Sempre partendo da se stesso, il bambino elaborando
esperienze riesce a fare supposizioni\previsioni.
La conoscenza dell’altro avviene per via TEORETICA E INFERENZIALE, cioè attraverso una forma di
‘mentalizzazione’.
Il bambino viene considerato un piccolo scienziato, che a partire da se stesso, elabora una teoria sul
funzionamento della mente degli altri. Questa teoria è soggetta a revisioni, ma permette al
bambino di fare previsioni e di fornirsi una spiegazione del comportamento altrui sulla base di un
sistema di generalizzazioni, che partono da se stesso e dalle sue conoscenze pregresse.
Le generalizzazioni del tutto simili a quelle del senso comune: Es: se Paolo desidera un gelato e
crede che piangendo lo otterrà. Allora Paolo tenderà a piangere.
Il bambino usa via via il senso comune, leggi del senso comune.
Quindi fa generalizzazioni partendo dalle sue esperienze passate. Va a correlare stati mentali con
altri stati mentali e con comportamenti per prevedere il comportamento dei suoi simili.
Per ciò, i principali autori di questa spiegazione considerano il bambino ‘un piccolo scienziato’,
esattamente come uno scienziato mira a prevedere eventi.

‘I bambini non sono piccoli scienziati, ma gli scienziati sono dei piccoli bambini.
Il progresso scientifico è possibile perché gli scienziati impiegano processi cognitivi che si vedono in
primo luogo nei bambini piccoli’
(Gopnik\\Meltzoff, Costruire il mondo: teoria dello sviluppo cognitivo)

Il bambino elabora la propria teoria sul funzionamento della mente degli altri, x questo si chiama
‘teoria della teoria’.
Per capire il funzionamento della mente degli altri, occorre lo sviluppo di diversi livelli di capacità
rappresentazionali. Occorre imparare a distinguere situazioni reali e situazioni ipotetiche.
Ciò permette a bambino di inferire cosa passa nella mente degli altri, elabora un sistema teorico
(come uno scienziato) x comprendere gli altri.

-Si costruisce una teoria per leggere la mente dell’altro → Mind-reading

-Theory of mind e processi di mentalizzazione → Si impara a considerare il comportamento altrui


come il risultato di stati mentali simili ai nostri

-Metarappresentazioni (meta=oltre) → il bambino si fa rappresentazioni di rappresentazioni, va


oltre la rappresentazione di un evento reale. Ovvero si fa una rapp. di tipo superiore che ha al suo
interno una rappresentazione di tipo inferiore.
Es: Una cosa è quando io mi rappresento\penso ad una finestra, un’altra cosa è quando
rappresento\penso a qualcuno che sta pensando ad una finestra.
Mi rappresento rappresentazioni di altri, mi faccio rapp mentali sulle rapp mentali degli altri.
Ciò mi permette di sviluppare una ‘teoria sull’altro’.
Da un punto di visto scientifico, è possibile accertare la comparsa di questa capacità (di creare
metarappresentazione) attraverso il test della falsa credenza.

Test della falsa credenza: Prova da anni standardizzata, che viene usata x bambini dai 4 ai 9 anni.
Mostra quando sorgono le metarappresentazioni.
Ad un bambino si mostra una scena in cui una bambola di nome Sally entra in una stanza, e mette
una biglia in un cestino, poi esce dalla stanza. Uscita Sally, entra un’altra bambola, che sposta la
biglia in un cassetto. Viene chiesto al bambino se sa dove Sally andrà a cercare la biglia quando
entrerà nella stanza.
A partire dai 4 anni, i bambini sviluppano la metarappresentazione, la mentalizzazione e
rispondono correttamente: Sally la cercherà nel cestino dove l’ha messa.
(pag. 262)
Riassunto TEORIE COGNITIVISTE:
Conosciamo gli altri x mezzo di processi di natura inferenziale, deduttiva, abduttiva, induttiva.
Il bambino è considerato come un piccolo scienziato perché adotta un atteggiamento teoretico: fa
ipotesi, supposizioni. Comprende gli altri attraverso forme di ragionamento.
Gli stati mentali vengono inferiti\postulati dal bambino.
Il b. arriva ad una rappresentazione interna dell’altro di pari passo con la sua maturazione cognitiva.
Il b. arriva a sviluppare una capacità metarappresentativa (test falsa credenza), arriva a fare
supposizioni corrette sul comportamento degli altri.
Teoria che affonda le sue radici nella separazione cartesiana tra il sé\coscienza individuale e il
mondo. All’altro si arriva solo attraverso l’esercizio di un ragionamento solitario (privatismo
epistemologico)

Per Baron Cohen tutte le capacità inferenziali-deduttive che abbiamo descritto, fanno parte di una
nostra capacità naturale e più precisamente di un modulo → struttura neuronale che ha solo
queste funzioni: abilità inferenziali, ipotetiche ecc…
Baron Cohen ritiene che sia la compromissione di questo modulo celebrale (struttura neuronale) a
determinare nei sogg autistici la difficoltà a sviluppare una teoria sulla mente degli altri.

CRITICHE: pag 265\266


 TEORIE SIMULAZIONISTE
Secondo queste teorie nel rappresentare gli stati mentali altrui, i sogg non rincorrono a processi
inferenziali, ma avviene grazie alla capacità di assumere il punto di vista degli altri.
Ovvero simulare ciò che l’altro prova attraverso un’attività cosciente e immaginativa o attraverso
processi sub-personali ovvero non coscienti, neuronali.

Per ciò le teorie simulazioniste si dividono in:


(1) TEORIA DELLA SIMULAZIONE ESPLICITA: che ricorrono al concetto di immaginazione
(2) TEORIA DELLA SIMULAZIONE IMPLICITA: pensano che la simulazione avvenga a livello sub-
personale, non cosciente attraverso la nostra attività neuronale

A livello generale, i teorici della teoria della simulazione spiegano l’autismo in un modo
completamente diverso rispetto alla teoria della teoria.
I sogg autistici hanno difficoltà a mettersi nei panni degli altri, a simulare, a ‘far finta di essere
l’altro’. Ciò sarebbe riconducibile ad un insufficiente sviluppo della loro capacità simulativa.
La capacità simulativa può avvenire o attraverso l’attività immaginativa (T.S esplicita) o attraverso
una capacità simulativa sub-personale non cosciente (T.S implicita)

1. TEORIA DELLA SIMULAZIONE ESPLICITA


Sostenuta principalmente da l’autore Goldman
Per comprendere gli altri, ci mettiamo nei loro panni, simulando attraverso
l’immaginazione cosa gli altri possono provare.
Quindi facendo un’analogia proietterei il contenuto dell’attività immaginativa sull’altro. Si
tratta di una simulazione esplicita e cosciente fatta attraverso l’immaginazione.
‘Se io fossi nei panni dell’altro, proverei questo’ quindi immagino cosa l’altro provi e lo
proietto sull’altro.

Pag. 264\265\266\267\268 spiegazione t. esplicita + critiche

2. TEORIA DELLA SIMULAZIONE IMPLICITA


Teorizza una simulazione sub-personale, simulazione neuronale che avviene mediante il
meccanismo dei neuroni specchio.
Teoria sostenuta da una grande neurofisiologo di Parma: Gallese e da Rizzolati,
neurofisiologo di Parma, scopritore dei neuroni specchio**

I neuroni specchio permettono di spiegare fisiologicamente e in modo nuovo la nostra


capacità di porci in relazione con altri.
Questi autori dicono che la comprensione dell’altro avviene già a livello preconcettuale e
prelinguistico (senza interpretazioni concettuali).
Sostengono che comprendiamo le azioni degli altri, grazie al fatto che si attivano in noi le
stesse aree neuronali che corrispondono a tali azioni. E’ qualcosa che ci tocca non solo nelle
nostre menti (in modo astratto, elaborazione cognitiva), ma fin dai nostri corpi, attraverso
le aree premotorie, non mediante la parte prefrontale del cervello.
Quindi il fatto che si attivino in noi, osservando ciò che accade agli altri, gli stessi neuroni
che si attivano quando quella cosa accade a noi, per questi autori è una
simulazione implicita → simulazione che avviene a livello subpersonale. → SIMULAZIONE
INCARNATA
Comprendiamo le azioni in modo incarnato, non attraverso inferenze, no deduzioni (t. della
teoria) non è frutto di ragionamento, non ce ne accorgiamo.
Questi autori danno una grande importanza al corpo, più che alla mente, nella costruzione
del nostro rapporto con gli altri.
L’esistenza degli altri è ‘incarnata’ in noi, è iscritta nei nostri neuroni.
Gallese: il sistema dei neuroni specchio è una sorta di sistema condiviso. Gli altri sono
iscritti nei nostri neuroni. Ha introdotto la ‘dimensione noicentrica’.

Secondo la prospettiva dei neuroni specchio, la radice della comprensione degli altri si
radica in un’intersoggettività condivisa.
C’è una dimensione sociale intrinseca degli esseri umani. (=lo diceva anche Aristotele)
C’è una naturale reciprocità che ci lega all’altro.
Tutto ciò fa parte di una dimensione naturale, preverbale, prerazionale, che ci fa accogliere
l’altro come simile a noi, poiché ne condividiamo, a livello subpersonale, le stesse
esperienze.

Ma se c’è questa ‘empatia originaria’ che ci mette in consonanza con gli altri, perché esiste la crudeltà verso
i nostri simili? (stermini di massa, olocausto..)

Non è un caso che la violenza di massa è sempre stata accompagnata dal tentativo di dimostrare la
supposta diversità\alterità\subumanità di chi veniva sterminato. Viene quasi negato lo status di essere
umani,’’ sono quasi delle ‘bestie’ ’’. → Per ridurre. con un meccanismo top-down (dall’alto al basso),
l’impatto emotivo provocato dalla sofferenza degli altri (impatto iscritto nei nostri neuroni) Per ridurre
questo impatto emotivo, si costruiscono teorie x distruggere l’empatia originale. Per disinnescare l’empatia
iscritta nei nostri neuroni.

I nostri simili sono anche costruiti culturalmente, ciò che noi consideriamo un ‘nostro simile’ è un prodotto
culturale. Ciò è dimostrato dalle ricerche neurofisiologiche.

Esperimento della mano nera: se un sogg di pelle bianca vede un’immagine di una mano bianca punta con
un coltello, la sua reattività neuronale (a livello dei neuroni specchio) è maggiore rispetto a quando vede
una mano nera punta da un coltello. E viceversa, sogg di pelle nera ecc... Inoltre, chi si dichiara xenofobo e
viene sottoposto a questo esperimento, non ha quasi nessuna attivazione dei neuroni specchio.

Ciò significa che ideologia e cultura possono non fare empa tizzare con i dolori altrui quando si hanno di
fronte sogg completamente da noi, possono disinnescare questa empatia che pare iscritta nei nostri
neuroni. Siamo di fronte alla contrapposizione tra NATURA E CULTURA. → La cultura può disinnescare ciò
che è naturale
**NEURONI SPECCHIO**

La scoperta dei neuroni specchio risale circa al 1996, e con questa scoperta si è cominciato a parlare di
paradigma senso-motorio, che viene contrapposto a quello delle scienze cognitive classiche, del
cognitivismo classico.

Il sistema motorio per il cognitivismo classico era stato interpretato come un mero sistema esecutivo.
Cioè collocato nella parte posteriore della corteccia prefrontale, questo sistema veniva inteso come un
sistema che andava a mettere in atto ciò che era stato elaborato nelle parti più evolute del cervello.

Oggi il sistema motorio e premotorio appare più complesso e connesso alle aree sensoriali (visive e uditive,
che si trovano nelle parti tempo-parietali occipitali del cervello) e a quelle deputate ai processi cognitivi
superiori (come la pianificazione, collocata nella corteccia prefrontale).

Quindi il sistema motorio e premotorio presenta delle connessioni molto complesse con tutte queste aree,
sia quelle sensoriali (visive e uditive) sia con i processi più alti (come la pianificazione delle azioni). Sistema
molto più complesso e interconnesso di quanto si pensasse sino ad una ventina di anni fa.

Secondo il modello del cogn. Classico i sistemi sensoriali riceverebbero i dati dal mondo, poi questi dati
verrebbero elaborati dal sistema cognitivo alto e dunque nella corteccia prefrontale. Il sistema motorio non
sarebbe altro che uno strumento x tradurre in movimenti e azioni ciò che è stato elaborale dal sistema
cognitivo di alto livello nella corteccia prefrontale. Come si era usi dire ‘c’è una parte del cervello che
elabora, che sa, e una parte del cervello che fa, che esegue’.

Schema cognitivismo classico:

• Dati in entrata nel cervello attraverso i canali sensoriali.


• Al centro i processi di elaborazione cognitiva, localizzati nella corteccia prefrontale
• In uscita l’esecuzione\l’azione\il movimento, affidato al sistema Motorio

Quindi le aree della percezione, dell’azione e della pianificazione erano concepite come distinte, come
segregate l’una dall’altra. La sensazione, la percezione, l’elaborazione cognitiva e l’azione erano
differenziate.

Per questa ragione, lo schema del cognitivismo classico poneva il ‘fuoco’ di tutto il processo sulle
elaborazioni interne. Si pensava, e molti lo pensano ancora, che x studiare la mente occorre adottare il
modello del calcolatore. La mente è una specie di computer, che elabora internamente e x ciò il modello
del cogn. Classico è stato definito ‘modello basato su un internalismo epistemologico’. = Arriviamo a
conoscere gli altri attraverso un’elaborazione interna dei dati. (modello di stampo cartesiano)

Con le nuove scoperte neurofisiologiche, l’attenzione si sposta sul sistema sensomotorio e sulla dimensione
preconcettuale e prelinguistica ai fini della comprensione del mondo e degli altri. Ciò va a ridimensionare la
centralità tradizionalmente accordata ai processi cognitivi di alto livello e alla corteccia prefrontale.

Come si è arrivati a queste scoperte..

Tutto parte dallo studio della scimmia, nella quale nell’area F5 della corteccia pre-motoria (parte del
cervello che il cogn. Classico considerava solo esecutiva) vengono inizialmente scoperti dei neuroni che
reagiscono non a semplici movimenti o movimenti casuali, ma esclusivamente a dati orientati (es: afferrare
un ogg, prenderlo con la bocca..) Sono neuroni che si attivano quando si fanno atti transitivi (che fanno qls
con un oggetto).
La scoperta fu che questi neuroni si attivano, non solo quando il sogg fa un’azione, ma anche solo quando
un sogg semplicemente osserva un ogg, senza presa o manipolazione dell’ogg. Sono neuroni che si attivano
sia quando agisco sia quando osservo senza compiere alcun gesto. Quindi vengono scoperti i neuroni
visomotori, che sono gli stessi neuroni che reagiscono sia quando faccio un’azione che riguarda un oggetto,
sia quando semplicemente osservo quell’oggetto. Questi neuroni, chiamati NEURONI CANONICI,
rappresentano l’80% della corteccia premotoria, l’altro 20% è rappresentato dai NEURONI SPECCHIO.

La scoperta di questo apparato sensomotorio bimodale (neuroni reagiscono sia nella modalità visiva, sia
nella modalità attiva) x chi l’ha scoperto deve portare a ridefinire ‘cosa significa comprendere un oggetto’.
Gli oggetti x il nostro cervello non sembrano essere dei semplici insieme di proprietà, che devono essere
elaborati x assumere significato (come riteneva la teoria del dato sensoriale e il cognitivismo classico)

Gli oggetti sembrano essere polipotenziali di azione. I neuroni dell’area F5 si attivano anche alla sola vista di
un oggetto, questo rivela, secondo questi neurofisiologi, un genere di comprensione di tipo pragmatico.
Non c’è un’interpretazione, un’elaborazione. Il primo rapporto che il cervello sembra avere col mondo è di
tipo pragmatico, pre-rappresentazionale, pre-linguistico. (stiamo parlando della corteccia premotoria).
Secondo questi neurofisiologi bisogna ridefinire cosa significa comprendere un oggetto, poiché il cervello
sembra avere una comprensione pragmatica(che si amplia nel corso della vita). L’ipotesi è che questi
neuroni rivelino l’opportunità di azione degli oggetti. (mette in discussione tanti teorie della percezione
fortemente accreditate nel 900)

Al fianco dei neuroni canonici, di cui abbiamo parlato fino ad ora, sono stati scoperti i neuroni specchio.
Questi neuroni si attivano sia quando un sogg esegue un’azione, sia quando quel sogg vede un altro sogg
eseguire un atto motorio simile\un’azione simile. Quasi come se fosse l’osservatore ad eseguire l’azione,
che semplicemente vede fare. Successivamente, si è approvato che il sistema specchio è presente non solo
nell’area F5, ma anche in altre parti del cervello (Es: aree della percezione e del linguaggio). Nell’area del
linguaggio i neuroni specchio si attivano col linguaggio (es: quando un sogg ascolta frasi che descrivono
azioni, il suo sist. Specchio si attiva come se fosse lui a compiere l’azione)

I neuroni specchio evidenziano che gli stessi neuroni si attivano x es. sia quando io ricevo una carezza, sia
quando come osservatrice, vedo che Mario accarezza Maria. Quindi attivano sia quando sono io che
faccio\ricevo un’azione, sia quando vedo un altro fare\ricevere un’azione.

Un’altra area del cervello nella quale sono stati scoperti neuroni specchio è la regione dell’insula. L’insula è
considerata una zona arcaica del cervello. E’ una zona della corteccia è responsabile dell’area responsabile
delle nostre reazioni viscero-motorie. (disgusto alla percezione di certi odori\sapori). I neuroni specchio si
scatenano non solo quando proviamo disgusto, ma anche alla solo visione di volti disgustati o immagini. Ciò
significa che c’è una correlazione tra determinate reazioni e le espressioni facciale. L’insula, infatti, è
collegata a una parte dell’area visiva. C’è una correlazione tra movimenti corporei ed emozioni,
correlazione tra immagine ed emozione corrispondente. (Neuroestetica)
L’emozione altrui può essere compresa solo x via cognitiva, ma è stato mostrato pazienti che hanno lesioni
nell’insula hanno anche una coloritura affettiva inferiore rispetto alla norma. Dunque, l’insula è molto
importante, da ‘coloritura’ alle emozioni.
2) TEORIE DELLA SIMULAZIONE IMPLICITA

Si basano sulla scoperta dei neuroni specchio.

A differenza della simulazione esplicita, dove entra in gioco l’immaginazione cosciente, la simulazione è
sub-personale, neuronale, qls di cui non siamo consapevole.

A differenza della simulazione esplicita e della teoria della teoria, la prospettiva dei neuroni specchio non
parte della centralità di quando è vissuto in prima persona dal sogg osservante. I neuroni specchio sono
neutrali → si attivano, anche se in modalità diversa, sia quando noi compiamo\subiamo un’azione, sia
quando vediamo qualcun altro compiere\subire quell’azione. I neuroni senso sono neurali (pag 270\271)

I neuroni specchio sono qualcosa di condiviso, sono una dimensione condivisa.

Non ha niente a che fare con il privatismo epistemologico → non si parte dal privato. Si oppone proprio a
questa prospettiva.

Perché quello che avviene a livello neuronale è stata definita ‘una simulazione’, perché ciò che fanno gli altri
e risuona in me, viene definita simulazione?

Significati di simulazione:

1) Simulazione nel senso di inganno: non essere sinceri. Es: simulare di essere invalidi x avere la
pensione ec..
Non ha niente a che fare con il concetto di simulazione di queste teorie

2) Simulazione come ‘fare finta di’, ossia mettersi nei panni degli altri.
Simulazione come finzione
Simulazione che è adottata da questa teoria: generiamo in noi dei stati fittizi, per capire l’altro

3) Simulazione in senso strumentale


Si usano modelli x capire meglio qualcos’altro
Usato da questa teoria: uso le mie esperienze, risorse cognitive x comprendere l’altro.

Questi 2 tipi di simulazione (2,3) possono essere impiegate dalle teorie della simulazione esplicita, perché si
può ammettere che io usi coscientemente, in maniera strumentale, i miei modelli mentali x comprendere
l’altro. Cioè faccio finta di essere lui x capirlo, creando in me dei stati fittizi, immaginando cosa l’altro possa
provare.

Queste 2 accezioni di simulazioni sono utilizzabili da parte delle teorie della Sim. Esplicita, ma tutto questo
com’è possibile a livello implicito, a livello sub-personale, cioè neuronale?

I sistemi neuronali non si attivano x finzione, si attivano e basta. Inoltre, noi non possiamo utilizzare ciò che
accade nei neuroni e la loro attivazione come modello x la comprensione dell’altro, poiché non abbiamo
accesso ai neuroni.
CRITICA FENOMENOLOGICA riguardo alla Teoria S. IMPLICITA

Ciò che dicono Gallager e Zahavi (fenomenologi che collaborano con i neurofisiologi) : Per quello che la
scoperta dei neuroni specchio e la risonanza senso-motoria ha messo in luce(la semplice osservazione degli
altri, provoca in noi attivazione neuronali…), non si capisce perché non si possa assumere che direttamente
si attivi la risonanza neuronale, che sia questa a spiegare perché comprendiamo immediatamente gli altri.
Non si capisce perché si debba parlare di simulazione

Es: quando gli altri hanno un’espressione di gioia o di dolore, senza assumere che ci sia una simulazione
(non si capisce come i neuroni possano simulare..), io capisco subito ciò che l’altro prova (dall’espressività
del corpo degli altri, si attiva in me una risonanza, che mi fa cogliere ciò che accade all’altro) → NON C’E’
BISOGNO DI PARLARE DI SIMULAZIONE, DATO CHE E’ UN’ATTIVAZIONE NEURONALE! (critica che viene fatta
alla scelta terminologica delle teoria implicita)

Se ‘ un’attivazione neuronale.. perché si deve parlare di simulazione

Per Gallager e Zahavi in alcuni casi percepiamo gli stati mentali altrui (stati mentali di base: gioia, tristezza,
dolore…) attraverso il loro comportamento e attraverso le loro espressioni senza alcun tipo di simulazione.
C’è un’aderenza tra espressione corporea e stato mentale altrui.

Percepiamo gli stati mentali altri cosi come percepiamo un colore, poiché percependo un’espressione
risuona in noi un significato. → La percezione è ENATTIVA, ovvero piena di risonanze senso-motorie ed
emotive, che attraverso i neuroni specchio sono state messo in luce.

La percezione non è qualcosa di neutrale. E’ caratterizzata non solo da una carica emotiva e enattiva, ma
anche da una stretta relazione tra organismo e ambiente.

(pag 271\272\274)

CONDIDERAZIONI SU TUTTE LE TEORIE

C’è un aspetto che lega la Teoria della Teoria e la Teoria della S. Esplicita: L’argomento dell’ANALOGIA
(pag 275)

-La mente degli altri è inaccessibile per me

-L’unica mente a cui ho accesso è la mia

-Dunque, la comprensione degli altri deve partire dalla mia esperienza in prima persona

Quanto accade è poi quanto segue:

-So che quando ho determinate esperienze (x es di dolore, tristezza..) ho determinate espressioni o mi


comporto in un certo modo

-Vedo che un altro si comporta in quel modo o ha espressioni simili alle mie

-Per ANALOGIA, concludo che l’altro ha esperienze simili alle mie. Concludo (=inferisco x abduzione:
inferenza alla miglior spiegazione) che l’altro ha esperienza simili alle mie
Tuttavia, l’argomento dell’analogia della T. della T e della T. della S. Esplicita ha un ragionamento sbagliato:
se ragioniamo correttamente l’argomento dell’analogia consente esclusivamente di trovare me stesso
nell’altro:

a) Tutti i miei movimenti di questo tipo manifestano il mio io


b) Paolo ha movimenti di questo tipo
c) Paolo manifesta il mio io → non posso dire ‘Paolo manifesta il suo io’, perché i termini del
sillogismo diventerebbero 4 e il ragionamento non sarebbe + corretto (fallacia)

Ogni sillogismo x essere valido deve aver 3 termini e non possono diventare 4:

-Tutti gli h sono mortali


-Socrate è un uomo
-Socrate è mortale
I termini sono 3: uomo, mortale, Socrate

Quindi ho una simulazione interna: nell’altro proietto qualcosa, non posso dire con certezza di aver ‘capito’
l’altro. → L’argomento dell’analogia è espressione di un ragionamento sbagliato.

Occorre spiegare perché c’è un legame tra certe teorie dell’empatia e l’argomento dell’analogia..

EMPATIA: sentire dentro di noi. C’e implicita la partenza: il nostro contenuto mentale, la nostra esperienza
in prima persona ( come sostenuto dalla T. della T e dalla T. della S. Esplicita: quello che dento io, mi
consente di arrivare all’altro)

Nel termine empatia c’è un’assunzione di fondo: si parte sempre dall’esperienza in prima persona, non da
qualcosa di condiviso (=prospettiva contestata dai neuroni specchio: dimensione condivisa)

Max Scheler, grande fenomenologo del 900, affermò che noi arriviamo direttamente all’altro attraverso
l’espressione del corpo, anche senza aver provato in prima persona ciò che prova. → contestazione delle
due teorie. Non è necessario aver provato in prima persona quell’esperienza\sentimento..

Scheler → distinzione tra EMPATIA e SIMPATIA:

Simpatia: Sentire insieme

Empatia: Riconoscere cosa avviene in una persona. E’ qls che ci consente di capire cosa prova l’altro, ma
non è detto che io simpatizzi con ciò che avviene nell’altro. Posso capire la gioia altrui e non co-sentire con
lui il suo sentimento.

Oggi si usa ‘empatia’ in modo generale: sentire e partecipare a ciò che avviene nell’altro

Scheler: ma è sempre vero che la mente degli altri è inaccessibile x noi? (=tesi di partenza della T. della T e T
della S. Esplicita) → Scheler lo nega, come lo negano oggi i neuroni specchio

Distinzione tra Korper e Leib (termini nati dalla fenomenologia tedesca di inizio 900)

• Il Korper è il corpo fisico, pura fisicità.

• Il Leib è il corpo vissuto, vivo, che ha un agente, che interagisce con l’ambiente.
Il corpo dell’altro è una soggettività incarnata.
Ci relazioniamo con il Leib, non con un solo corpo fisico.
(pag 276-278)
Quando vediamo le espressioni e azioni dei nostri simili, vediamo allo stesso tempo i loro significati. Questo
fenomeno è immediato, non è frutto di una inferenza.

L’espressione ci rivela la mente dell’altro, dunque la mente (a livello di reazioni di base) non è nascosto nel
corpo dell’altro. Gli stati mentali non devo inferirli, li vedo. Atto fenomenologico. (vedi insula)

Pag. 283-285

Questa teorie (scheller e scoperte neuroni specchio) propongono una visione esternalista della mente.

Secondo l’impostazione fenomenologica occorre distinguere tra intersoggettività primaria, intersoggettività


secondaria e competenza narrativa: (pag. 289\290)

o INTERSOGGETTIVITA’ PRIMARIA risonanza senso-motoria, espressioni.


No mentalizzazione e mind-reading (=T.della T).
Non è primaria solo perché è la prima che compare nella fase dello sviluppo, ma perché rimane tale
quale in tutte le esperienze intersoggettive di base.
Solo quando sospetto che l’altro ci stia ingannando, che non c’è la corrispondenza tra espressione e
vissuto. Corrispondenza che solitamente è primaria.
(Presupponiamo quasi sempre una corrisp. Tra vissuto e espressione)

o INTERSOGGETTIVITA’ SECONDARIA cogliere le intenzioni dell’altro, ‘affordances’ = opportunità di


azioni che gli ogg ci offrono.
Abbiamo a che fare con contesti pragmatici.
La mente dell’altro è condivisa in una condizione pragmatica.

Nell’intersogg. Primaria e secondaria hanno un ruolo fondamentale le componenti emotive, la percezione


(emotivamente carica) delle espressioni.

o COMPETENZA NARRATIVA scoperta che gli altri sono degli agenti mentali, narrativa propria e
narrativa degli altri, meta-rappresentazioni.
Si acquisisce + tardi nel processo dello sviluppo. (attorno ai 2-4 anni)
I bambini si accorgono gli altri hanno pensieri e desideri diversi dai loro e in questo processo il
linguaggio è fondamentale → il bambino comprende che c’è una auto-narrazione e una narrazione
degli altri, che hanno a loro volta diverse storie da raccontare\ragioni diverse da dire.
Tutto ciò sta alla base delle meta-rappresentazioni.
Però tutto ciò avviene in un contesto sociale, intersoggettivo
e non a partire dalla sola mente del bambino, considerata qls di privato (da cui parte la T.della T e
T. S. Esplicita: privatismo epistemologico)
Pag 295-297

Potrebbero piacerti anche