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Dispensa 7 - Al prezzo giusto - diritti umani nelle filiere dei supermercati italiani
Dispensa 3 - Rapporti Industria e distribuzione - La Distribuzione moderna
strategie, marca commerciale e potere di mercato, paragrafo 7 Potere di mercato:
Indagine dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato pag 29
Peso sulle vendite intorno al 21%. Per alcune catene, es Coop e Conad,
peso intorno al 25%.
Quota di mercato ancora lontane dalla media di altri paesi europei come
Regno Unito e Paesi Bassi in cui il private label supera il 40% di quota
di mercato
…sono indice di una chiara tendenza …i supermercati avranno sempre
di più controllo diretto delle filiere di approvvigionamento.
Indagine dell’ l’Autorità garante della concorrenza e del mercato
(AGCM)
Nel 2013 ha condotto un’indagine conoscitiva sul settore della GDO in
Italia dopo aver ricevuto “svariate segnalazioni da parte di soggetti
attivi nel settore della produzione alimentare, fornitori della GDO, in
merito a presunti comportamenti vessatori e/o anticoncorrenziali delle
catene della distribuzione moderna in fase di contrattazione delle
condizioni di acquisto dei prodotti”.
L’AGCM ricostruisce il quadro del funzionamento della GDO in Italia
segnalando tutta una serie di pratiche commerciali con cui i distributori
riescono a spuntare sconti e contributi che valgono in media il 24,2%
del fatturato delle imprese fornitrici.
Indagine dell’ l’Autorità garante della concorrenza e del mercato
(AGCM)
Indagine condotta su un campione di 471 imprese agroalimentari:
nel 67% dei casi il distributore è solito proporre di modificare a proprio
vantaggio le condizioni economiche già pattuite in fase di contrattazione e
il 74% dei fornitori intervistati dichiarano di percepire queste richieste come
vincolanti tanto da accettarle sempre (il 20%) o spesso (il 37%)
pur di non subire possibili ritorsioni come il delisting, l’esclusione dalla lista
dei fornitori.
Il quadro di relazioni contrattuali esaminato mostra la presenza di
accordi farraginosi e complessi, che:
• i) non vengono sempre definiti antecedentemente al periodo di
fornitura;
• ii) sono spesso integrati da ulteriori e successive richieste, da
parte della GDO, di modifica unilaterale delle condizioni, spesso
di carattere retroattivo e percepite come vincolanti dai fornitori;
• iii) risultano in una significativa percentuale di casi conclusi solo
verbalmente;
• iv) rendono difficoltosi, per una percentuale significativa di
imprese, la valutazione e il confronto delle condizioni
economiche negoziate, a causa della complessità delle stesse,
oltreché che della loro variabilità di formulazione.
Sono stati identificati
• sei tipi di “sconti” (sconti incondizionati; sconti target; altri
sconti condizionati; sconti logistici; sconti finanziari; recupero
marginalità)
• nove tipi di “contributi” (servizi di centrale; fee di accesso del
fornitore; gestione e mantenimento dell’assortimento;
inserimento nuovi prodotti; esposizione preferenziale; contributi
promo-pubblicitari e di co-marketing; anniversari, ricorrenze ed
eventi vari; nuove aperture/cambio insegna; altri vari, come
controllo qualità, cessione dati).
I fornitori denunciano una vasta area di conflittualità tra le parti contraenti,
collegata a:
• mancato rispetto dei termini di pagamento
• misure di ritorsione, quali il delisting parziale o totale dei propri prodotti
• o un ingiustificato peggioramento delle condizioni trattate nel periodo di
fornitura successivo.
• l’insieme dei compensi versati dai fornitori alla GDO a fronte della
prestazione di servizi espositivi, distributivi e promozionali in genere (trade
spending).
E’ emerso che i distributori, nella negoziazione relativa alla vendita dei servizi,
adottano effettivamente comportamenti quali:
i) condizionare l’acquisto dei prodotti alla vendita del pacchetto di servizi;
ii) imporre prezzi di vendita sganciati dalle caratteristiche dei servizi e
dall’effettivo vantaggio che da essi deriva al fornitore;
iii) fornire controprestazioni inadeguate al compenso versato, risultando peraltro la
verifica di tale adeguatezza non sempre agevole per un piccolo produttore.
Gli esiti della contrattazione con la GDO tendono a differenziarsi in funzione
del potere contrattuale del fornitore, e cioè della sua dimensione, della forza
dei suoi marchi e del numero di catene servite: in particolare, è emerso che le
• imprese fornitrici più grandi e affermate destinano mediamente una percentuale
maggiore di risorse finanziarie alle relazioni con la GDO, ottenendone però in
cambio una maggiore partecipazione all’impostazione delle politiche di vendita
dei propri prodotti (modalità espositive, iniziative promozionali di taglio prezzo,
procedure di gestione comune dell’offerta dell’intera categoria di prodotti, ecc.).
Gli sconti praticati alla GDO e il trade spending costituiscono una leva di
marketing di natura sostanzialmente analoga a quella degli investimenti
pubblicitari, attraverso la quale tali imprese incentivano il distributore a
posizionare e a promuovere adeguatamente il proprio prodotto, magari a scapito
di quello dei concorrenti.
• piccolo produttore, il cui prezzo di listino comporti già un margine di guadagno
esiguo, il farsi carico di ulteriori oneri economici - rappresentati dagli sconti e
dai contributi richiesti dalla GDO – costituisce nella maggior parte dei casi una
scelta obbligata per distribuire il proprio prodotto, che potrebbe mettere a
rischio la profittabilità stessa della vendita.
Decreto legge (D.L.) 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza,
lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività;
Art. 62 - Disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti
agricoli e agroalimentari
La parte che ha maggiore potere negoziale può a volte imporre condizioni unilaterali alla
parte più debole e quindi influenzare in modo eccessivo il rapporto commerciale per
favorire esclusivamente i propri interessi economici.
In particolare, può imporre clausole nettamente squilibrate, che grazie al suo potere
negoziale non negozia una per una. In tali situazioni, la parte più debole può non essere in
grado di respingere le condizioni sfavorevoli imposte unilateralmente, per paura di non
concludere il contratto o persino di essere costretta a chiudere.
Perché potere negoziale
Perché potere negoziale:
• una differenza significativa nelle dimensioni e/o nel fatturato delle parti,
• dipendenza economica
• costi irrecuperabili significativi già sostenuti da una delle parti (ad esempio,
investimenti iniziali elevati).
Quando vi è squilibrio la parte più debole non è in grado di mettere fine al rapporto
scorretto e cambiare partner commerciale a causa dei costi che un tale cambiamento
può comportare o alla mancanza di alternative. Spesso non denuncia gli abusi per
timore di rescissione del contratto (cd. “fattore paura”)
Ad esempio, i produttori agricoli spesso possono rivolgersi ad un numero limitato di
partner commerciali per la vendita della produzione e, date le caratteristiche
intrinseche di molti prodotti, non sono sempre in grado di stoccare la produzione per
un periodo più lungo al fine di ottenere migliori condizioni di vendita.
• Le pratiche commerciali sleali possono presentarsi in ogni fase del
rapporto commerciale: trattativa contrattuale, nel contratto stesso o
post-contrattuale (ad esempio, le modifiche contrattuali retroattive).
• Anche se le clausole contrattuali sembrano accettabili per entrambe le
parti, è ancora possibile che sorgano problemi.
• In genere i contratti non disciplinano tutti gli aspetti della condotta delle
parti nella fase di esecuzione del contratto o sono talmente complessi che
le parti non comprendono appieno le implicazioni pratiche delle clausole
contrattuali.
• Inoltre, è possibile che le parti non dispongano delle stesse informazioni
sull’operazione, il che può dar luogo a condotte scorrette della parte più
forte verso la parte più debole.
• Su questo punto, le PMI si trovano in genere in una posizione più debole
rispetto a controparti più grandi, perché possono non disporre delle
conoscenze specialistiche necessarie per valutare tutte le implicazioni
delle clausole concordate.
Pratiche sleali – l’analisi del Commissione Europea
Possono essere utilizzate nella fase della trattativa contrattuale, figurare
nel contratto stesso o essere imposte nella fase post-contrattuale.
In ogni Paese dell’Ue dovrà nascere almeno un’Autorità di contrasto competente per le
pratiche commerciali sleali vietate. L’Autorità dovrà avviare indagini in tempi
ragionevolmente brevi sulle denunce ricevute sia da singoli fornitori ai quali sarà garantito
l’anonimato, sia da organizzazioni di rappresentanza a nome dei loro iscritti.
In Italia - Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti
agroalimentari del MIPAAF (ICQRF).
Recepimento delle norme dell’UE che vietano le pratiche
commerciali sleali nel settore agroalimentare.
Il termine per il recepimento della direttiva nella legislazione
nazionale era fissato al 1° maggio 2021.
Italia ancora non recepita…..