L’ellenismo:
Siamo verso la fine del IV secolo avanti Cristo, nel 323 a. C.per la precisione. Alessandro
Magno è morto, il suo impero verrà spartito tra diversi suoi Generali che diventeranno
monarchi. I principali regni del cosiddetto periodo “ellenistico” sono il regno d'Egitto, quello
di Macedonia e quello di Siria. La società in questi regni è caratterizzata da una progressiva
ellenizzazione dei popoli soggiogati dai Macedoni, dallo sviluppo della lingua comune, la
koinè e del cosmopolitismo, e allo stesso tempo da un mutamento nel ruolo dell'individuo,
che passa da essere cittadino a essere suddito e quindi a perdere le proprie libertà politiche.
Questo cambiamento è particolarmente sentito nella Grecia vera e propria dove le poleis
entrano in piena crisi. Atene viene affiancata e surclassata come centro culturale da
Alessandria d'Egitto e in generale la popolazione greca si estranea dei temi politici e pubblici.
il sapere diventa sempre più specialistico e più elitario, e si verifica anche una separazione tra
scienza teorica e tecnica, fatta eccezione per il caso del siracusano Archimede, che oltre a
progettare sistemi teorici si dedicava anche slla realizzazione di macchine, tra cui macchinari
da guerra usati per la difesa di Siracusa. In matematica e geometria invece si distingue
Euclide mentre in astronomia sono degli di nota Aristarco di Samo, con la sua teoria
eliocentrica, e Ipparco da Rodi e soprattutto Claudio Tolomeo, con il loro modello
geocentrico, concordante con le teorie di Aristotele, che diventerà la principale teoria
astronomica accettata in Europa nel Medioevo. In medicina bisogna notare Ippocrate, il
fondatore della disciplina, che si dedicava alla dissezione dei corpi per scopi di studio
anatomico, e Galeno, medico greco trasferitosi a Roma durante il periodo dell'Impero.
bisogna notare che a causa di questi sconvolgimenti sociali la filosofia greca si sposta da un
orientamento più concentrato sull'analisi della realtà che ci circonda, quindi per esempio sulla
fisica e sulla politica, a un orientamento invece concentrato soprattutto sulla ricerca
dell'uomo, quindi sulla ricerca della felicità e sulla salvezza personale.
L’epicureismo:
La prima grande scuola filosofica ellenistica è la scuola così detta degli “Epicurei”. Fondata
da Epicuro di Samo si sviluppa a partire dalla fine del IV secolo avanti Cristo ed è anche
detta “filosofia del Giardino”, essendo il Giardino la villa di campagna in cui si riunivano gli
Epicurei. La scuola aveva i caratteri di un'associazione religiosa in cui però era Epicuro
stesso a essere venerato come una divinità. Ciononostante la scuola epicurea attrasse molti
seguaci (anche donne). Per Epicuro il punto fondamentale della ricerca filosofica è la ricerca
della felicità. In questo senso il ruolo della filosofia è quello di un quadrifarmaco che serve a
liberare L'uomo dal timore degli Dei (essi non si curano del mondo, perché altrimenti o
sarebbero deboli o malvagi); dal timore della morte (dato che non sopravvive nulla di noi
dopo la morte essa non rappresenta nulla per noi e quindi non ha senso temerla); a dimostrare
da una parte l'accessibilità del piacere (il piacere è facilmente raggiungibile tramite atarassia e
aponia); dall'altra la lontananza del male (il male o è intenso e passeggero o duraturo ma
lieve). Dal punto di vista teorico la filosofia epicurea si distingue in tre parti, che sono
canonica fisica ed etica. La Canonica è fondamentalmente la logica o meglio quella teoria che
riguarda la conoscenza e che serve a fornire il criterio della verità, ovvero il canone.
Il canone stesso serve a orientare l'uomo nella ricerca della felicità e della conoscenza. Per
Epicuro le sensazioni sono prodotte nell'uomo da dei flussi di atomi che si staccano dalle
superfici e che si dirigono verso la nostra anima. Dalla combinazione di diverse immagini
derivano delle rappresentazioni, ovvero i concetti, che Epicuro Chiama “anticipazioni” o
“prolessi”. A sostegno di questa sua teoria Epicuro afferma che la sensazione è sempre vera
ed evidente e dato che i concetti derivano dalla sensazione anch’ essi sono sempre veri ed
evidenti, e insieme con le sensazioni e le emozioni di piacere e dolore che le accompagnano
costituiscono il criterio per interpretare la realtà. Dunque in concetti, emozioni e sensazioni
non può esistere l'errore che è presente invece nell'opinione, ovvero nel giudizio che si
formula a partire da un concetto. L'opinione può essere vera o falsa e può essere confermata o
meno dai sensi, amplificati dalla ragione.
La seconda parte della dottrina epicurea è la fisica che si dedica alla spiegazione della realtà
che ci circonda, e che in particolare in Epicuro ha lo scopo di escludere qualsiasi causa
soprannaturale. In questo senso la fisica epicurea è materialistica e meccanicistica, cioè il
nega la presenza di principi spirituali e nega che gli enti abbiano uno scopo predefinito. Per
questi motivi Epicuro usa come fondamento per la sua trattazione della fisica la fisica di
Democrito. Epicuro afferma che tutto ciò che esiste è corpo, ma ammette l'esistenza del vuoto
come unico ente incorporeo, poiché ogni corpo è costituito da atomi che si possono muovere
e combinare, dando forma ai corpi stessi, solamente in uno spazio vuoto. Il movimento degli
atomi non obbedisce a nessun disegno divino. A sostegno di ciò Epicuro cerca di occuparsi
della natura degli Dei (anche per liberare gli uomini dal timore di essi). Per fare ciò parte
dalla domanda dell'esistenza del male: il male esiste ma gli dei non sono né deboli né
malvagi, né inesistenti; quindi l'unica conclusione accettabile è che non si curano del mondo,
e che vivono lontani, negli spazi tra un pianeta e l’altro. Tornando al movimento degli atomi,
essi hanno un peso e quindi si muovono in traiettorie parallele dall'alto verso il basso, e
possono aggregarsi solo tramite il clinàmen, ovvero una deviazione rispetto ala loro
traiettoria. Questa deviazione è casuale. Partendo dalla teoria atomica Epicuro forma il
concetto della mortalità dell'anima in quanto anch'essa è formata da atomi. Al momento della
morte essa si dissolve e quindi non rimane nulla di noi, la morte diviene assenza totale di
percezione, non rappresenta nulla per noi e quindi non ha senso esserne spaventati.
Per quanto riguarda l'etica Epicuro identifica la felicità con il piacere. Il piacere è il criterio in
base al quale noi compiamo le nostre scelte e valutiamo ogni singolo bene. Tuttavia non si
tratta di puro edonismo, perché esistono diversi piaceri: esistono i piaceri naturali e necessari
al naturale soddisfacimento dei bisogni corporei; poi esistono i piaceri naturali non necessari,
cioè una variante superflua dei primi; e infine i bisogni non naturali e non necessari, cioè
quelli legati a dei bisogni totalmente artificiali e superflui. Perseguendo soprattutto i primi ed
eliminando totalmente gli ultimi si può raggiungere la felicità, che si manifesta nell’atarassia,
cioè nell'assenza del turbamento dell'anima, e nell’ aponia, cioè nell' assenza di dolore fisico.
In questo senso la ricerca della felicità è un “calcolo dei piaceri” fondato sulla valutazione dei
bisogni da soddisfare. La capacità di condurre questo calcolo è tipica del saggio. Per quanto
riguarda la politica Epicuro la rifiuta completamente, in quanto rifiuta l'ambizione che troppo
spesso a essa è legata. Generalmente parlando Epicuro adotta il motto “vivi nascosto”, per
cui bisogna rifuggire i contatti col mondo esterno fatta eccezione per gli amici.
Il secondo testo proposto è un altro passo delle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio, si parla
sempre di un trattato biografico, ma questa volta il problema è la capacità di distinguere i
diversi tipi di piaceri, e siamo quindi in ambito etico. Non ci sono particolari artifici retorici
tranne l'uso di diversi esempi. Nel testo fondamentalmente si distinguono i diversi tipi di
desideri, a seconda dei diversi tipi di bisogni che soddisfano. Quindi ci sono i desideri
naturali e necessari, naturali ma non necessari, non naturali e non necessari. A seconda della
loro natura i desideri vanno repressi oppure soddisfatti. In questo modo si può raggiungere la
felicità, che corrisponde con la serenità interiore e la salute del corpo. Verso la fine del testo è
presente anche un biasimo per la ricerca indiscriminata di ogni piacere fisico, e infine si
incoraggia l' autosufficienza.
Lo stoicismo:
Lo stoicismo è la seconda grande scuola filosofica di età ellenistica, che si sviluppa sempre a
cavallo tra IV e III secolo a.C. fondamentalmente in contemporanea con la scuola epicurea e
con la nascita della scuola scettica. Fondatore dello stoicismo è Zenone di cizio, che fondò
intorno al 300 a. C. ad Atene la scuola che prende il nome dal luogo in cui si svolgevano le
lezioni, o le discussioni, ovvero la stoà poikilè, il portico dipinto di Atene. Quello che
credono gli stoici è che grazie alla filosofia si possa raggiungere la Sapienza, che nel concreto
si raggiunge tramite l'assunzione di comportamenti virtuosi, fondamentalmente seguendo la
razionalità. La loro filosofia si suddivide in tre parti fondamentali, che sono logica, fisica ed
etica.
La logica è quella scienza che ha come oggetto i logoi, cioè i discorsi. Questi discorsi
possono essere delle orazioni, e allora parliamo più in particolare di retorica, oppure possono
essere dei dialoghi, e allora parliamo di dialettica. un'altra distinzione sta tra logica
propriamente detta e grammatica: la grammatica riguarda le parole in sé; la logica riguarda il
significato delle parole. Infine la logica propriamente detta si distingue in logica riguardante
la conoscenza dei concetti e la logica riguardante le forme di ragionamento. Gli stoici, come
le altre grandi scuole filosofiche ellenistiche, ricercano il criterio della verità, che individuano
nella cosiddetta “rappresentazione catalettica”, l'idea per cui i concetti imprimono una loro
immagine, una loro rappresentazione sull'intelletto umano. Queste immagini possono essere
impresse nelle nostre menti solamente grazie al nostro assenso e quindi diciamo che l'uomo
esercita una sorta di libero arbitrio. Questo elemento che garantisce all'uomo la facoltà di
assecondare o meno le rappresentazioni è il giudizio. Gli stoici credono che queste
rappresentazioni derivino direttamente dall'esperienza, e che quindi tutta la conoscenza derivi
dai sensi, dalla percezione. Sappiamo anche che secondo gli stoici i concetti astratti si
formano con l'accumularsi delle rappresentazioni nel nostro cervello, e che chiamano questi
concetti "prolessi" o "anticipazioni". Infine sappiamo che gli stoici ordinano i concetti in
diverse categorie: ci sono i concetti generali che sono fondamentalmente qualità, modo di
essere, relazione, e sostanza, e poi ci sono i concetti particolari. I concetti si distinguono
anche in naturali, cioè effettivamente prodotti dall' accumularsi delle rappresentazioni, o
artificiali, cioè prodotti dall'istruzione o dal ragionamento logico. Una delle teorie più
importanti della scuola Stoica è la dottrina del significato. Secondo gli stoici il significato di
un concetto deve essere in realtà suddiviso in tre elementi in relazione, che sono il
significante, cioè la parola che indica un concetto; il significato, cioè la rappresentazione che
si forma nelle nostre menti quando sentiamo la parola; infine l'oggetto, ovvero l'ente
raffigurato dalla rappresentazione mentale. Un'altra delle importanti teorie della logica storica
è la teoria del ragionamento: secondo gli stoici un significato può essere espresso in una
frase, che si dice enunciato. Diversi enunciati, che possono essere veri o falsi, costituiscono
un ragionamento. Il ragionamento per eccellenza degli stoici è il ragionamento anapodittico,
che non è, come il sillogismo, un ragionamento di tipo dimostrativo, ma un ragionamento in
cui risultano evidenti sia la premessa sia la conclusione. Un esempio di ragionamento
apodittico è: "se è giorno c'è luce. ma è giorno. quindi c'è luce". I ragionamenti di tipo un
apodittico fanno molto leva sui connettivi logici come "se" "ma" e "dunque". Sempre in
ambito logico gli stoici hanno formulato diversi paradossi, cioè dei discorsi ritenuti insolubili,
paradossali per l'appunto. Il primo dei più dei più conosciuti è quello del Bugiardo, che recita
così: Se il cretese Epimenide proclama che tutti i Cretesi sono bugiardi dice il vero o dice il
falso? se dice il vero Allora è un bugiardo e quindi dice il falso. Se dice il falso allora non è
un bugiardo, quindi dice il vero. L'altro grande paradosso degli stoici è il cosiddetto Dilemma
del coccodrillo secondo cui un coccodrillo, dopo aver catturato un bambino promise alla
madre di darglielo, a patto che essa avesse indovinato cosa il coccodrillo ne avrebbe fatto. Il
problema è che la madre risponde che il coccodrillo non l'avrebbe restituito. Se il coccodrillo
non avesse restituito il bambino avrebbe reso vera la previsione della madre, e quindi avrebbe
dovuto restituire il bambino. Se invece avesse di sua spontanea volontà restituito il bambino,
allora la previsione della madre sarebbe stata sbagliata e quindi si sarebbe dovuto tenere il
bambino.
Noi sappiamo che l'idea fondamentale della fisica degli stoici è quella di un ordine
immutabile, razionale, perfetto e necessario che governa tutte le cose del mondo. Questo
ordine è identificato con la divinità. Gli stoici nella fisica individuano due principi che sono
causa della creazione del mondo, o meglio dell'ordinamento del mondo. Esistono un principio
passivo, cioè la materia inerte, e un principio attivo, cioè la divinità, che rappresenta quella
forza razionale che dà forma e plasma la materia. Questa divinità per gli stoici è sia fuoco,
cioè pneuma, soffio vitale che alimenta ogni cosa, sia logos, cioè il seme razionale da cui
nascono tutti gli esseri viventi, governati da questo stesso ordine. Gli stoici teorizzano che Il
cosmo, il mondo, così come gli esseri viventi, viva, ma che nasca e muoia anche, secondo dei
ricorrenti cicli cosmici. Alla fine di ogni ciclo gli astri ritornano nella stessa posizione in cui
si trovavano all'inizio del suddetto ciclo, e allora avviene una conflagrazione, ovvero un
esplosione, in cui tutti gli esseri viventi sono distrutti. dopo la conflagrazione inizia il
processo di formazione del nuovo cosmos, ovvero il processo definito palingenesi. A seguito
della palingenesi il cosmos che si viene a generare è esattamente speculare a quello che era
stato appena distrutto. Questo ciclo infinito può essere identificato con il destino. La legge
necessaria che rappresenta l'ordine del mondo, può essere interpretata anche come
Provvidenza dal punto di vista religioso. Fondamentalmente possiamo dire che la divinità, La
ragione, e il destino siano tutti i concetti strettamente collegati tra loro, se non coincidenti.
questo tipo di pensiero, che caratterizza gli stoici, può essere definito provvidenzialismo ed è
una forma sostanzialmente di finalismo, cioè è una credenza per cui tutto ciò che esiste abbia
uno scopo e un sia regolato secondo un progetto ben preciso, evidentemente di matrice
divina. Gli stoici sono anche dei panteisti, perché identificano Dio fondamentalmente con il
concetto greco di cosmos, cioè in questo caso dell'ordine che governa le cose. Proprio perché
credono che l'universo sia pervaso da quest'ordine universale, per l'appunto, non ripudiano la
pratica della mantica (in greco mantiché tèchne) ovvero l'arte aruspicina, l'arte di prevedere il
futuro. Non è il sacerdote però a prevedere il futuro, ma il filosofo, che conosce l'ordine delle
cose. Brevemente parlando dell'antropologia degli stoici possiamo dire che secondo loro la
libertà esiste solo quando un individuo riesce a essere causa di se, cioè ad autodeterminarsi.
Loro parlano di autodeterminazione, la chiamano autofraghia, cosa che si manifesta però
semplicemente nell’adeguarsi all’ordine cosmico.
Alla base dell'etica Stoica vi è il principio secondo cui ogni essere tende ad attuare o a
conservare se stesso in armonia con l'ordine perfetto del mondo. Questa tendenza viene
indicata con il termine oikeiosis, che significa “adattamento”. in questo processo entrano in
gioco due forze: l'istinto, che guida ogni essere animato a prendersi cura di sé ai fini della
propria sopravvivenza, e la ragione, che è invece la forza che garantisce l'accordo dell'uomo
con il cosmo. Su questa base gli stoici delineano sostanzialmente una teoria dell'utilizzo della
ragione, allo scopo di stabilire un accordo tra l'uomo e Il cosmo. Pare che già Zenone avesse
adottato la formula del “vivere secondo natura”, dove per natura si intende l'ordine razionale,
perfetto e necessario, il destino, la divinità stessa, per cui la massima stoica “vivere secondo
natura” equivale a vivere secondo ragione. l'azione che si prospetta conforme all'ordine
razionale costituisce il dovere. L'etica stoica è quindi un etica del dovere: c'è una prospettiva
in cui la nozione fondamentale è appunto quella del dovere inteso come conformità
dell'azione umana all'ordine razionale. Gli stoici distinguevano il dovere perfetto dai doveri
comuni: il dovere perfetto è proprio del sapiente; i doveri i comuni sono realizzati con il solo
aiuto di un’ indole buona. La prevalenza della nozione del dovere conduce gli stoici a una
delle dottrine tipiche della loro prospettiva etica, quella della giustificabilità del suicidio.
Quando infatti le condizioni contrarie l'adempimento del dovere prevalgono, il sapiente è
tenuto ad abbandonare la vita. Nell’ etica stoica il bene compare quando le scelte indicate dal
dovere sono ripetute e consolidate fino a diventare una disposizione uniforme e costante, cioè
una virtù. La virtù è l'unico bene ed è propria soltanto del sapiente, e si identifica pertanto con
la sapienza stessa. La virtù può essere applicata in diversi ambiti: la saggezza riguarda i
compiti dell'uomo; La temperanza il controllo degli istinti; La fortezza il superamento degli
ostacoli; la giustizia la distribuzione dei beni; tra la virtù e il vizio non c'è via di mezzo, chi
possiede la ragione, cioè il saggio, fa tutto bene e virtuosamente, chi è privo della ragione,
cioè lo stolto, fa tutto male e in modo vizioso. Si può certamente progredire verso la sapienza,
ma chi è vicino alla virtù ma non è virtuoso non è meno vizioso di colui che è più lontano da
essa. Partendo da questo principio gli stoici vanno a formulare la teoria delle cose
indifferenti: se la virtù è il solo bene si devono considerare propriamente beni solo i derivati
della virtù quindi, sapienza, saggezza, temperanza, fortezza e giustizia, e bisogna considerare
mali solo i contrari delle diverse declinazioni della virtù. Quindi le cose materiali non
costituiscono né virtù né costituiscono mali, per cui per esempio la malattia o la ricchezza
non costituiscono né beni né mali. Queste ultime cose si dicono indifferenti, ma tra esse
alcune sono preferibili. Queste ultime sono detti valori. Fa parte integrante dell'etica stoica la
negazione totale del valore dell'emozione Infatti le emozioni non hanno alcuna funzione
nell'ordine generale del cosmo. Esse sono fenomeni di stoltezza e ignoranza che consistono
nel credere di sapere ciò che non si conosce. Le emozioni sono quindi considerate dagli stoici
come vere e proprie malattie che colpiscono lo stolto, ma da cui il sapiente è immune. La
condizione del sapiente pertanto è l'apatia, ovvero l'indifferenza a ogni emozione. Per quanto
riguarda la politica gli stoici credono che l'ordine razionale del mondo, così come dirige la
vita del singolo, dirige anche la vita della comunità. La giustizia non è altro che l'azione della
comunità conformata all'ordine divino. La giustizia si manifesta nella legge che si ispira al
logos divino, e che si dice legge naturale. Essa è superiore a quelle riconosciute dai diversi
popoli della terra, ed essendo perfetta non è suscettibile di correzioni o miglioramenti. Infine
se unica è la legge che governa l'umanità, unica e anche la comunità umana, perciò il sapiente
non si considera cittadino di questa o di quella nazione, ma appartenente a una “città
universale”, in cui tutti gli uomini sono concittadini. A questa convinzione si è soliti riferirsi
con il termine “cosmopolitismo”. Infine gli storici rifiutano anche la schiavitù.
Il terzo passo sullo stoicismo e anche solo un brano delle vite dei filosofi di Diogene laerzio e
quindi si tratta sempre di un trattato delle sfumature biografiche l'ambito è quello dell'etica E
si affronta il problema dell'esistenza del male vengono usati alcuni artifici retorici come l'uso
degli esempi Oppure delle dimostrazioni logiche nel testo si è ferma che i beni coincidono
con le virtù e i mali con i vizi opposti al S né bene né male Sono tutte quelle cose che ne
giovano ne nuociono all'uomo e all'adempimento del dovere Perché di per sé stesse possono
portare sia vantaggi sia danni offrendo Una classificazione delle cose indifferenti se non
distinguono due tipi quelle influenti sulla felicità e quelle che non suscitano nei attrazione nel
repulsione quindi ci sono enti indifferenti preferibili e quelli da non preferirsi i brividi Essi
sono chiamati i valori.
Lo scetticismo:
L'ultima grande scuola filosofica dell'età ellenistica è la scuola dello scetticismo metti le altre
scuole filosofiche erano impegnate nella ricerca del vero i pensatori scettici dichiararono che
l'uomo non può accedere alla verità ultima della cose e che la più alta forma di intelligenza
consiste nella mettere questo limite dimostrato secondo gli scettici della molteplicità delle
filosofie esistenti gli esponenti dello scetticismo traggono alla conclusione che l'unica strada
per raggiungere la tranquillità della mente consiste nel riconoscere tutte le dottrine filosofiche
come ugualmente Fallaci cioè insostenibili logicamente da qui il nome scetticismo che deriva
da sképsis Che significa dubbio In realtà gli scettici Non negano l'esistenza di una verità ma
negano la capacità dell'uomo di comprenderla e di interpretarla correttamente oltre questo
sono anche fondamentalmente opposti al pietismo tant'è che nella sua forma più corretta lo
scetticismo non è presentato come un Dogma una dottrina ma semplicemente un'ipotesi un
Lo scetticismo non è una scuola unitaria bensì è frutto di diverse correnti la prima delle quali
è rappresentata da Pirrone di Elide Un filosofo attivo dalla fine del IV secolo avanti Cristo
Pirrone partecipa la spedizione in Asia di Alessandro Magno e probabilmente entrò a contatto
con diversi esponenti delle filosofie presenti nel subcontinente indiano da cui poter trarre
ispirazione per le sue teorie Il concetto fondamentale espresso da Pirrone di Elide è quello
dell'epochè Ovvero della sospensione di ogni giudizio Pirrone convinto che soltanto grazie
un atteggiamento scettico si è possibile raggiungere la terapia cioè l'imperturbabile serenità
della mente il sapiente Infatti dopo essersi messo il cuore in pace per aver compreso che il
mondo non esiste la verità intesa come interpretazione corretta della realtà guarda con
superiorità gli eserciti rivali delle altre scuole filosofiche che continuano a combattersi
riguarda questioni su cui non è possibile decidere. Allievo di Pirrone e timone di fliunte
vissuto a cavallo tra IV e III secolo avanti Cristo Egli sostiene che l'uomo per essere felice
deve conoscere quale sia lo stato delle cose quale debba essere il comportamento da
mantenere nei confronti delle cose e quali siano le conseguenze derivanti da questo
comportamento poiché queste cose non possono essere conosciute l'unico atteggiamento
possibile è l'afasia ovvero il non pronunciarsi riguardo a nulla Dopo la morte di timone la
filosofia scettica viene ripresa dai membri dell' Accademia platonica Visto che Platone
negava la possibilità di conoscere il mondo sensibile e da altri scettici posteriori come Sesto
empirico nel secondo e terzo secolo dopo Cristo.
Il noeplatonismo:
Il neoplatonismo è l'ultima manifestazione del platonismo nel mondo antico e so riassume
porta formulazione le tendenze gli indirizzi che si erano manifestati nella filosofia greca
dell'ultimo periodo tramite un processo che si dice di sincretismo di elementi pitagorici
aristotelici stoici ma anche cristiani e giudaici vengono Fusi in una vasta sintesi che
influenzerà potentemente è tutto il corso del pensiero Cristiano medievale La figura maggiore
del neoplatonismo è quella di Plotino nato in Egitto nel 205 (III secolo) A pubblicare i suoi
scritti sul suo Scolaro Porfirio quelli ordinò nelle enneadi Pur prendendo le mosse dalla
molteplicità delle cose esistenti Plotino pone come loro condizione l'Unità Infatti argomenta
il filosofo la molteplicità sarebbe impensabile senza l'Unità Cioè Ogni cosa è tale solo in
funzione di un'unità Nel senso che ad esempio è la matematica il 2 presuppone l'esistenza del
1. Salendo grado in grado nella gerarchia degli enti si aggiunge all'unità assoluta da cui tutto
deriva e Grazia che esiste la stessa molteplicità Plotino giunge l'uno questo e dio in senso
proprio in quanto fondamento del mondo sia di quello sensibile se di quello intelligibile che
trascende e supera entrambi Delineare i caratteri dell'uno lutino ferma che so è radicalmente
diverso da tutto ciò di cui è principio Innanzitutto l'uno è infinito, nel senso del concetto
metafisico del illimitatezza della potenza L'uno è anche il materiale trascendente la realtà è
principio primo di tutte le cose è estraneo al mondo e per questo può essere definito solo con
una teologia negativa cioè definendo ciò che non è. In un certo senso l'uno può essere
avvicinato alle Murgo platonico benché ne sia diverso perché il demiurgo è subordinato al
mondo delle idee Perché l'uno non rimane unico Plotino risolve la questione proponendo
l'immagine di una sovrabbondanza dell'essere che non può fare a meno di traboccare e quindi
di generare Tuttavia non si parla di una generazione consapevole ma di una generazione non
libera non non voluta Questo processo di traboccamento dell'essere può essere definito
emanazione perché può essere spiegato tramite per esempio l'immagine della luce che si
propaga chiaramente vicino alla fonte da cui la luce si propaga C'è più luce mentre distante
da essa Ce n'è di meno Il processo di emanazione dell'essere dal 1 verso tutte le altre cose Si
manifesta nel concreto secondo il passaggio tra diverse ipostasi Cioè tra diverse realtà
autonome tra diversi stati della materia questi passaggi avvengono in un ordine gerarchico La
prima è la più alta di queste ipotesi è l'uno stesso. La seconda ipostasi e l'intelletto che si
genera seguito di un atto di contemplazione cioè di pensiero del 1 allo stesso modo la terza
ipostasi cioè l'anima si genera seguito di un atto di contemplazione dell'intelletto è lo stesso
tempo però è rivolta verso il mondo materiale Che ordina. La materia è vista in modo
negativo Esatto è indeterminata e rappresenterebbe nella metafora della luce l'oscurità che
termina laddove termina la luce emanata dal 1 come tale il mondo materiale di per se è
maligno e corrisponde al non essere.Le anime degli individui sono collocate a metà strada tra
la 1 e la materia quindi tra la luce e l'oscurità da un lato sono attirate dalla corporeità che però
è maligna è inautentica ma dall'altra parte non riescono a fare a meno di provare nostalgia per
il luogo da cui provengono cioè l’ 1 e la luce. Vi è presente quindi un richiamo alla sfera della
metafisica.Dunque le anime provano nostalgia per l'uno ed è auspicabile che se ritornino
all'uno e secondo Plotino questo ritorno all'uno è un viaggio che si può percorrere solo
attraverso la meditazione su se stessi e l'abbandono del mondo materiale.Un individuo si può
liberare del corpo solo tramite l'esercizio delle cosiddette virtù civili Ovvero della Sapienza
della Temperanza del coraggio e della Giustizia Plotino valorizza anche l'eros l'arte e la
filosofia sostenendo che se contribuiscono al ricongiungimento all'uno Il processo di
ricongiungimento all'uno viene definito Estasi E coincide con il completo dissolvimento
dell'identità individuale che va congiungersi con l'identità del uno stesso. in questo senso per
ritrovare se stessi bisogna perdersi nel uno.
Testi sul neoplatonismo:
Il testo proposto è un trattato di Plotino di ambito ontologico fisico proveniente dalle enneadi
l'argomento è la generazione degli Stati dell'essere non sono presenti particolari artifici
retorici tranne la metafora del traboccamento, e il lessico è abbastanza Fedele all'abito
filosofico. nella tesi del testo lo Tino sostiene che l'uno E perfezione assoluta e in quanto tale
non cerca nulla perché non ha bisogno di nulla l'uno è il principio primo dell'essere ed è
trascendente all'essere è assolutamente autosufficiente ma trabocca dando origine alla prima
ipostasi l'intelletto chiamato lo spirito nel testo anche lo spirito genera per la sua
sovrabbondanza un'immagine di sé l'anima che può svolgersi in due direzioni verso
l'intelletto Oppure verso il basso verso la materia generando il mondo corporeo in questo
modo formando le anime individuali