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NIETZSCHE

Accenni alla vita


Nietzsche nasce a Lipsia, cinque anni dopo la sua nascita perde il padre che muore per una
malattia al cervello. A 12 anni comincia a scrivere poesie e a comporre musica. Viene
immatricolato come studente di teologia. Seguirà lezioni di uno dei maggiori studiosi tedeschi di
filologia classica.
Legge Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer e ne rimane conquistato. 12
anni dopo si distacca dalla sua filosofia.
A 24 anni ottiene la cattedra di lingua e letteratura greca presso l’Università svizzera di Basilea.
Allo scoppio della guerra franco-prussiana, si arruola come infermiere volontario; presto si
ammalò e viene congedato.
La salute del filosofo si va indebolendo, è sempre più spesso colpito da emicranie, attacchi di
vomito e disturbi alla vista. Per questo rinuncerà anche alla cattedra a Basilea. Da allora in poi,
la sua vita sarà quello di un malato in quieta e nervoso, in continuo vagabondaggio da una città
all’altra: E sempre alla ricerca di climi favorevoli e di un benessere che non verrà mai, vive in
solitudine.
Nietzsche conoscerà una giovane russa, Lou Salomé, nella quale crederà di aver trovato una
compagna di vita ma lei rifiuta di sposarlo. Il filosofo si sente abbandonato, il rapporto con la
sorella e con la madre è conflittuale e la depressione aumenta.
Si stabilisce a Torino dove da i primi segni di squilibrio mentale, per questo verrà ricoverato in
una clinica per malattie nervose.
Intanto la fama di Nietzsche cresce proprio quando il filosofo raggiunge la sua massima follia e
non può rendersene conto. Muore nel 1900.

Filosofia e malattia
Nel passato la malattia di Nietzsche veniva usata per screditare il suo pensiero: o si interpretava
la sua filosofia come risultato della sua malattia, o la sua malattia come risultato della sua
filosofia. In ogni caso, la malattia era come un’ombra sui prodotti della sua speculazione.
In seguito la situazione è cambiata. La malattia di Nietzsche venne vista come una condizione
favorevole alla sua creatività filosofica. Quindi è anche in virtù della sofferenza e della
solitudine che Nietzsche ho potuto ricavare un punto di vista anticonformista sul mondo.
In conclusione, la filosofia va giudicata per le argomentazioni di cui si serve e non per quello
che sta alla base.

Nazificazione e denazificazione della figura di Nietzsche


Il nome di Nietzsche è stato associato per molto tempo alla cultura nazifascista. Questa lettura
è stata agevolata dalle operazioni della sorella di Nietzsche, Elisabeth, che ha contribuito a
diffondere l’immagine del fratello come un sostenitore di un periodico rinnovamento
dell’individuo o del cosmo. Il filosofo Maurizio Ferraris definisce Elizabeth come una sorella
parafulmine, utile nel tentativo di individuare in lei ciò che non si riesce a sopportare di
Nietzsche.
Ad ogni modo, nel processo di nazificazione del pensiero del filosofo, Elisabeth ha le proprie
responsabilità, esemplificate dall’episodio della visita di Hitler, al termine della quale il dittatore
riceve un bastone appartenuto a Nietzsche.
Tuttavia, bisogna ammettere, che nei testi di Nietzsche si trovano spunti antidemocratici e
antiegualitari, in modo da favorire una lettura reazionaria o di destra.
L’interpretazione nazifasciste sono state contestate nel secondo dopoguerra, nel corso di un
processo di denazificazione Dove è subentrata la figura di un Nietzsche progressista
(esagerazione).
Dopo che si è venuti meno delle leggende di un Nietzsche nazista o progressista, negli ultimi
anni a cominciato ad affermarsi un punto di vista che: sottolineava gli elementi di novità e
rottura della sua filosofia, ma che non annega le componenti reazionarie (conservatrici).
Il pensiero e la scrittura
Il pensiero di Nietzsche si basa su una critica alla civiltà e alla filosofia dell’Occidente, che si
traduce in una distruzione delle certezze del passato: infatti, mette capo alla delineazione di un
nuovo tipo di umanità, che troviamo nell’immagine dell’oltreuomo. A questa novità ne
conseguono nuove modalità espressive e nuove forme di comunicazione filosofica. È per
questo che il filosofo opta per la forma dell’aforisma, cioè per l’illuminazione istantanea
finalizzata a cogliere le cose al volo. Nietzsche paragona l’aforisma alle figure in rilievo, che
essendo incomplete, impongono all’osservatore di integrare il pensiero con ciò che gli si staglia
davanti. Ne segue che non basta leggere un aforisma per capirlo, dopo averlo letto, bisogna
cominciare a interpretarlo: questa pratica dell’interpretazione Nietzsche la chiama ruminare.
Il pensiero di Nietzsche è asistematico. Infatti, dietro il sistema, Nietzsche scorge un desiderio di
impadronirsi della totalità del reale che egli denuncia come illusorio e che porta all’insuccesso.
Inoltre, la forma chiusa del sistema è contestata da Nietzsche anche in virtù della sua
predilezione per gli orizzonti aperti. È per questo che il discorso di Nietzsche presenta una
pluralità di significati l’impossibilità di un’interpretazione univoca.

Le fasi del filosofare nietzscheano


L’opera di Nietzsche viene suddivisa in alcune fasi, che vanno intese come tappe transitorie di
un pensiero in divenire.
■ gli scritti giovanili;
■ gli scritti intermedi del periodo illuministico (mattino);
■ gli scritti del meriggio (pomeriggio);
■ gli scritti degli ultimi anni (tramonto).

Il periodo giovanile
La nascita e la decadenza della tragedia
Alla base del suo scritto Nascita della tragedia vi è la distinzione tra apollineo e dionisiaco,
i due impulsi dello spirito greco:
■ l’apollineo nasce da una fuga di fronte al divenire, si esprime nelle forme limpide e armoniche
della scultura e della poesia epica (è la forma perfetta, la luce… es: doriforo di policleto);
■ il dionisiaco nasce dalla partecipazione al divenire, si esprime nell’esaltazione della musica
(oscurità, dramma… es: menade danzante di skopas).
Nietzsche insiste sul carattere dionisiaco della sensibilità greca, portata a scorgere ovunque il
dramma della vita e della morte e gli aspetti orribili dell’essere. Tante vero che l’apollineo nasce
come conseguenza di una visione dionisiaca dell’esistenza. Gli stessi dei olimpici non sono altro
che una creazione umana per sopportare la precarietà della vita. Tra questi due spiriti c’è un
equilibrio (nell’età della tragedia di Sofocle ed Eschilo), in quanto bisogna accettare nella nostra
vita tutti e due gli impulsi (dire sì alla vita per affrontarla). Nell’arte successiva prevale
l’apollineo, che non fa sul dionisiaco fin quasi a soffocarlo.questo processo di decadenza si
concretizza nella tragedia di Euripide alla cui base sta l’insegnamento razionalistico e ottimistico
di Socrate con il quale si compie l’uccisione delle profondità istintuali della vita.
Socrate ha ucciso la nostra parte dionisiaca, in quanto utilizza la ragione e con essa neghiamo la nostra
irrazionalità.
La decadenza della tragedia funge anche da decadenza della civiltà occidentale e trova il
proprio simbolo nell’opposizione tra uomo tragico, portato a dire sì alla vita, e uomo teoretico,
chiusa la ragione per rimuovere certi contenuti.

Spirito tragico e accettazione della vita: la natura metafisica dell’arte


La forma di celebrazione della vita di Nietzsche non può venire definita né pessimista né
ottimista. Da ciò discende il problema dei rapporti tra Nietzsche e Schopenauer. Infatti, se da
Schopenhauer Nietzsche deriva la tesi del carattere doloroso dell’essere, di Schopenhauer
respinge la tematica dell’ascesi, contrapponendo alla noluntas* un atteggiamento di
accettazione dell’essere nella globalità dei suoi aspetti.
*nirvana=distinzione dei desideri e delle passioni→quindi si sopprime la volontà di vivere, ossia
il volere della vita.
Per Nietzsche la vita è dolore, crudeltà, incertezza; però esiste un’alternativa (due atteggiamenti
possibili):
1. Il primo è quello della rinuncia e della fuga (ascetismo). È l’atteggiamento proprio della morale
cristiana;
2. Il secondo è quello dell’accettazione della vita così com’è (esaltazione della vita e superamento
dell’uomo).
Di fronte a queste due possibilità, Nietzsche sceglie di essere un discepolo di Dioniso, poiché in
quell’antica figura greca egli vede il simbolo del “sì“ al mondo. Si tratta di un sì neutro, in quanto
si accetta la vita così com’è, in quanto è l’unico modo per viverci e non subirci.
Per Nietzsche il mondo è costituito dalla lotta tra gli opposti della vita e della morte, della gioia e
del dolore.e soltanto l’arte riesce a comprendere il mondo (giustificazione estetica
dell’esistenza). Si parla quindi di natura metafisica dell’arte E arte come strumento della
filosofia: l’arte viene messa al centro, con essa e a partire da essa viene spiegato tutto il mondo.
L’esaltazione di Nietzsche della tragedia sfocia nell’ideale di una rinascita della cultura tragica
incentrata sull’arte e sulla musica.

Storia e vita
In Considerazioni inattuali La rinascita della cultura tragica si traduce in un’opera di critica della
cultura contemporanea.
Nietzsche si schiera contro lo storicismo e lo storiografismo, sostenendo che l’eccesso di storia
indebolisce le potenzialità creatrici dell’uomo.
Sentendosi dunque in balia del passato, l’uomo risulta incapace di creare qualcosa di nuovo nel
presente e finisce per accontentarsi di una sorta di consumismo della storia.
Secondo Nietzsche, nella vita è indispensabile il fattore oblio, innanzitutto perché senza una
certa dose di incoscienza non c’è felicità e, in secondo luogo, perché per poter agire
efficacemente nel presente occorre saper dimenticare il passato.
Nietzsche specifica che ciò che non è storico e ciò che è storico sono ugualmente necessari per
la salute di un individuo; a patto che la storia sia al servizio della vita e non viceversa.la vita
deve essere l’ottica entro la quale rapportarsi alla storia, per instaurare un rapporto proficuo con
il passato.
Secondo Nietzsche la storia appartiene all’uomo per tre aspetti: essa gli occorre in quanto è
attivo e a aspirazioni, in quanto preserva e venera, in quanto soffre e ha bisogno di liberazione.
A questi tre tipi di rapporto dell’uomo con la storia corrispondono tre specie di storia: la storia
monumentale, la storia antiquaria e la storia critica.

■ la storia monumentale è propria di chi guarda al passato per cercarvi modelli e maestri che
non scorge nel presente: compete a chi è attivo e nutre aspirazioni (ciò che una volta era
possibile sarà possibile anche un’altra volta).
Limiti: tende a mitizzare o ad abbellire il passato cancellandone alcuni accadimenti.
■ la storia antiquaria è propria di chi guarda al passato con fedeltà e amore: compete a chi
preserva e venera.
Limiti: tende a paralizzare l’agire e a ostacolare ogni progetto di cambiamento.
■ la storia critica è propria di chi guarda al passato come un peso da cui liberarsi per poter
vivere: compete a chi soffre e sente la necessità di rompere con il passato, allo scopo di rifarsi
da capo.
Limiti: presunzione di poter recidere il passato, dimenticando che noi siamo il risultato di scelte
passate.
Ognuno di questi tre generi di storia si dimostra valido solo in virtù di un approccio che integri
tutte e tre le possibili tipologie di rapporto con essa.
Il periodo illuministico

Questo periodo è caratterizzato dal ripudio dei maestri di un tempo: Nietzsche contesta sia
Schopenhauer sia Wagner. È il periodo in cui dà valore alla scienza rispetto all’arte e alla
metafisica.
La scienza e la riflessione critica assumono la guida, mentre metafisica, religione e arte
vengono sottoposti a giudizio; in quanto appaiono come illusione che bisogna distruggere
(maestro del sospetto insieme a Freud e Marx, “sospettano la realtà).
Nietzsche quindi diventa “illuminista“: non perché ha fiducia nella ragione e nel progresso, ma
perché è impegnato nella critica della cultura tramite la scienza. Per scienza si intende il metodo
di pensiero in grado di liberare gli uomini dagli errori che gravano sulle loro menti.

Il metodo genealogico
Il nuovo procedimento di pensiero si basa sul metodo critico e storico-genealogico: critico, in
quanto il sospetto è alla base dell’indagine; storico-genealogico perché non esistono realtà
statiche o immutabili, ma che ogni cosa è l’esito di un processo da ricostruire.
Si articola in due fasi:
a) per prima cosa si procede attraverso una analisi storico-culturale che mostra come quei valori
che vengono generalmente ritenuti “eterni”, siano il frutto di uno sviluppo e dunque, siano
sempre relativi;
b) in secondo luogo si serve di una critica demistificatrice attraverso la quale rivela che, al di sotto
della presunta assolutezza di quei valori, vi sono motivazioni e interessi umani.
Nietzsche parla del proprio metodo come “chimica delle idee e dei sentimenti“, alludendo sia il
suo aspetto demistificante, ovvero alla capacità di scomporre il complesso del semplice, sia al
suo carattere dialettico, cioè la capacità di far scaturire un determinato atteggiamento dal suo
posto aperta parentesi la verità della menzogna). Quindi il sapere genealogico studia non
soltanto come sono nati i valori, ma il loro intero sviluppo (attraverso la ragione).

La filosofia del mattino


I concetti (o le figure) nei quali si concretizza la filosofia di Nietzsche sono lo spirito libero e la
filosofia del mattino.
Lo spirito libero si identifica con il viandante, colui che grazie alla scienza riesce a liberarsi dalle
tenebre del passato, inaugurando una filosofia del mattino basata sulla concezione della vita
come transitorietà e come libero esperimento senza certezze precostituite.

La morte di Dio e la fine delle illusioni metafisiche


Realtà e menzogna
Per Nietzsche Dio è:
■ il simbolo di ogni prospettiva oltremondana;
■ la personificazione delle certezze ultime dell’umanità, ossia di tutte le credenze per dare un
senso rassicurante alla vita.
Il primo punto è connesso alla convinzione secondo la quale Dio e l’oltremondo hanno da
sempre rappresentato una fuga dalla vita e una rivolta contro questo mondo.
Il secondo punto sta a significare che Dio è soltanto una costruzione della nostra mente
realizzata al fine di sopportare la durezza dell’esistenza.
Di fronte a una realtà che risulta crudele, gli uomini, per poter sopravvivere, hanno dovuto
convincere se stessi che il mondo è qualcosa di benefico.
Da ciò il messaggio di Nietzsche: Dio è la più antica delle bugie vitali (la nostra più lunga
menzogna) e quindi emblema di tutte le credenze per poter fronteggiare l’esistenza.
Nietzsche ritiene inutile la dimostrazione della non esistenza di Dio, in quanto è data dalla realtà
stessa: all’origine dell’idea di Dio c’è la paura dell’uomo di fronte all’essere.
Il grande annuncio
Il grande annuncio è il messaggio della morte di Dio con il racconto dell’uomo folle.
L’uomo folle è il filosofo-profeta; le risa degli uomini rappresentano l’ateismo dei filosofi dell’Ottocento,
insensibili agli effetti della notizia della morte di Dio; la difficoltà di bere il mare/di cancellare l’orizzonte/di
separare la terra dal sole è un’allusione al carattere sovraumano dell’uccisione di Dio; il precipitare nello spazio
vuoto indica il senso di vertigine e di smarrimento, dato dal venir meno di certezze e punti di riferimento
assoluti; La necessità di divenire dèi è un richiamo al fatto che per reggere la morte di Dio l’uomo deve farsi
superuomo; il giungere troppo presto dell’uomo folle indica che la coscienza della morte di Dio non si è ancora
concretizzata in un fatto di massa; le chiese chiamate sepolcri di Dio alludono alla crisi moderna delle religioni.
Con l’espressione “morte di Dio” Nietzsche allude al venir meno di tutte le certezze assolute che
hanno sorretto gli uomini attraverso i millenni. La morte di Dio viene presentata come un evento
ancora in corso: sebbene l’uomo folle ne scorga l’accadere, l’umanità non è ancora preso
coscienza.

La morte di Dio e l’avvento del superuomo


Il trauma della morte di Dio coincide con l’atto di nascita del superuomo.
Soltanto chi ha il coraggio di guardare in faccia la realtà e di prendere atto del controllo degli
assoluti è maturo per varcare l’abisso che divide l’uomo dal superuomo. Il superuomo ha dietro
di sé la morte di Dio, ma ha davanti a sé il mare aperto delle possibilità connesse a una libera
progettazione della propria esistenza.
Zarathustra esclamerà: morti sono tutti gli dei, ora vogliamo che il superuomo viva. L’ateismo di
Nietzsche non contesta soltanto Dio, ma anche ogni suo ipotetico surrogato, in quanto è
consapevole che gli uomini, abbattute le antiche divinità, tendono a crearne altre. Questo vuole
mostrare come il passaggio dall’uomo al superuomo sia lento e difficile.

La fine del mondo vero


La morte di Dio rappresenta il tramonto definitivo del platonismo, che per Nietzsche è la
metafisica per eccellenza. Lo stesso cristianesimo non è altro che platonismo per il popolo. Fu
Platone, infatti, a screditare questo mondo e ad inventarne un altro da contrapporre a quello
apparente in cui viviamo.
Ma quello che Platone aveva identificato come il mondo vero ha finito per rivelarsi una favola.
Ciò è avvenuto in sei tappe:
1) con Platone e con la filosofia greca, si ritiene che il mondo vero sia attingibile da parte dei saggi;
2) con il cristianesimo, il mondo vero viene promesso ai virtuosi;
3) con il kantismo, il mondo vero viene ritenuto indimostrabile dal ridotto a un obbligo o un
postulato morale;
4) con il positivismo, c’è il primo risveglio della ragione, il mondo vero viene prospettato come
inconoscibile;
5) con la filosofia del mattino, il mondo vero si rivela un’idea confutata;
6) con la filosofia di Zarathustra, avviene l’eliminazione del mondo vero.
Nietzsche presenta la fine del mondo vero con la formula auto soppressione della morale:
l’uomo si è sbarazzato delle idee metafisiche della tradizione platonico-cristiana.

Il periodo di Zarathustra

La filosofia del meriggio


Si apre la terza fase del filosofare di Nietzsche: Si raggiunge la consapevolezza che con
l’eliminazione del mondo vero è stato tolto di mezzo anche il mondo apparente.
Attraverso le parole di Zarathustra (Dio è morto) insegna il superuomo: egli però non è il
superuomo, ma soltanto il suo profeta.
Nietzsche sceglie la sua figura perché essendo stato il primo a tradurre la morale, è anche il
primo ad accorgersi dell’errore della morale.
I temi di base dell’opera sono tre: il superuomo, l’eterno ritorno e la volontà di potenza.
Il superuomo
Il superuomo è un concetto filosofico, di cui Nietzsche si serve per esprimere un modello di
uomo in cui si concretizzano i temi del suo pensiero. Il superuomo è colui che è in grado di
accettare la dimensione tragica e dionisiaca dell’esistenza, di dire “sì“ alla vita, di reggere la
morte di Dio e la perdita delle certezze assolute, di far propria la prospettiva dell’eterno ritorno,
di porsi come volontà di potenza (andare oltre i valori morali e crearne di nuovi), di procedere
oltre il nichilismo.
Per evidenziare la differenza tra il superuomo e l’uomo, Nietzsche utilizza l’espressione
Übermensch, che si può tradurre con oltreuomo. Egli è un uomo diverso da quello che
conosciamo: un uomo oltre l’uomo, capace di creare nuovi valori e di rapportarsi in modo nuovo
alla realtà.
L’anima, che dovrebbe essere il soggetto di un’ ipotetica esistenza ultraterrena, è inesistente:
l’uomo è corpo e l’anima non è altro che una parola per indicare qualcosa del corpo. La
rivendicazione del superuomo sulla natura terrestre fa tutt’uno con l’accettazione totale della
vita: quindi, la terra cessa di essere esilio per l’uomo il corpo cessa di essere la prigione
dell’anima.
Esistono tre metamorfosi dello spirito:
■ il cammello rappresenta l’uomo che porta i pesi della tradizione e che si piega di fronte a Dio
e alla morale;
■ il leone rappresenta l’uomo che si libera dai fardelli metafisici ed etici, all’insegna dell’io voglio
e di una libertà che però è ancora negativa;
■ il fanciullo rappresenta l’oltreuomo, cioè quella creatura che sa dire sì alla vita.

L’eterno ritorno
Secondo la teoria dell’eterno ritorno dell’uguale, tutte le vicende del mondo sono destinate a
ripetersi in modo identico infinite volte. Credere nell’eterno ritorno significa infatti:
1. Ritenere che il senso dell’essere non stia fuori dell’essere, ma nell’essere stesso;
2. Disporsi a vivere la vita come un gioco creativo.
Proprio per questi motivi, l’eterno ritorno incarna l’accettazione superomistica dell’essere.
Il pensiero dell’eterno ritorno tende a palesare lo spartiacque tra l’uomo e il superuomo. Infatti,
la reazione di terrore e il senso di peso di fronte alla prospettiva dell’eterno ripetersi del tutto
sono propri dell’uomo, mentre la gioia per l’eterna sanzione dell’essere è tipica del superuomo e
della sua accettazione totale della vita.
La visione nella visione: Zarathustra Vede un pastore che morde la testa al serpente,
trasformandosi in creatura luminosa e ridente. Ciò allude al fatto che l’uomo può trasformarsi in
creatura superiore (superuomo) solo a patto di vincere la ripugnanza soffocante del pensiero
dell’eterno ritorno (serpente) E di prendere una decisione coraggiosa (il morso la testa del
serpente).
Collocarsi nell’ottica dell’eterno ritorno vuol dire rifiutare la concezione lineare del tempo e
recuperare una visione ciclica del tempo.
Ovviamente, il tipo di uomo capace di decidere l’eterno ritorno, e quindi di vivere come se tutto
dovesse ritornare, non può essere l’uomo che conosciamo ma è un oltreuomo.

L’ultimo Nietzsche

Il crepuscolo degli idoli etico-religiosi e la trasvalutazione dei valori


Polemizza contro la morale e il cristianesimo, considerati come le tipiche forme attraverso le
quali l’uomo è giunto a porsi contro la vita stessa.
Il primo passo da compiere è quello di mettere in discussione la morale stessa: la morale si
configura come un dispositivo di difesa e di offesa, cioè come un meccanismo con cui si è
cercato di facilitare il dominio dell’uomo sull’uomo.
Nietzsche intraprende un’analisi genealogica della morale per svelarne l’origine psicologica.
Nietzsche ritiene la morale non sia altro che la proiezione di determinate tendenze umane.
Anche la cosiddetta “voce della coscienza“, da cui procederebbe la morale, non è altro che la
presenza in noi delle autorità sociali dalle quali siamo stati educati. Quindi la morale è l’istinto
del gregge nel singolo (la voce di alcuni uomini nell’uomo), ovvero il suo assoggettamento a
determinate direttive fissate dalla società.
Mentre in un primo momento, nel mondo classico, la morale era l’espressione dell’aristocrazia e
risultava improntata ai valori vitali della forza, della salute, della fierezza, della gioia (morale dei
signori), in un secondo momento, con il cristianesimo, la morale appare improntata ai valori
antichi vitali (morale degli schiavi).
Come si spiega la vittoria della morale degli schiavi su quella dei signori? Ciò è avvenuto,
perché la morale dei signori all’inizio comprendeva non solo l’etica dei guerrieri, ma anche
quella dei sacerdoti. E se il guerriero si rispecchiava nelle virtù del corpo, il sacerdote nelle virtù
dello spirito. Il sacerdote non poté fare a meno di provare verso il guerriero un certo
risentimento, una segreta invidia e un desiderio di rivalsa. E in virtù di ciò, la morale si configura
come uno strumento di dominio e di annichilimento Del forte da parte del debole (la casta
sacerdotale cerco di affermare se stesso elaborando una tavola di valori antichi vitali).
Poiché il cristianesimo ha proibito gli impulsi primari dell’esistenza mediante la nozione di
peccato, ho prodotto un tipo d’uomo malato e represso, in preda a continui sensi di colpa e ciò
nasconde in sé un’aggressività rabbiosa contro la vita è uno spirito di vendetta contro il
prossimo.
Alle negazioni della morale e del cristianesimo, Nietzsche propone un’altra svalutazione dei
valori: non va intesa come un semplice rifiuto dei valori antivitali in favore di quelli vitali, ma
come un nuovo metodo di rapportarsi ai valori (l’umanità prende la decisione suprema su se
stessa per mezzo della volontà di potenza).

La volontà di potenza
Nietzsche identifica la volontà di potenza con l’intima essenza dell’essere, ossia con la vita
stessa intesa come forza espansiva.
La molla fondamentale della vita è la spinta all’autoaffermazione.
Questo costitutivo espandersi della vita, trova la propria espressione più alta nel superuomo
perché la sua essenza consiste nel continuo oltrepassamento di sé.

Superamento del nichilismo


Accettare il rischio e la fatica di dare un senso al caos del mondo dopo la morte delle antiche
certezze e delle vecchie fedi.

Il prospettivismo
Con questo termine egli intende la teoria secondo cui non esistono cose o fatti, ma solo
interpretazioni di cose o fatti, Ne segue che il mondo non ha un senso, ma innumerevoli sensi
(esistono molteplici e mutevoli punti di vista sul mondo).

La volontà di potenza come criterio di scelta


Il prospettivismo di Nietzsche non comporta la convinzione che tutte le interpretazioni siano
equivalenti e che di fronte allo scontro fra diverse volontà di potenza non siano rintracciabili
criteri di scelta. Nietzsche individua questi criteri nella salute e nella forza, quindi nella vita
stessa.

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