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VIA SUBLINGUALE
Si tratta di una modalità più rapida rispetto alla via orale in quanto il farmaco viene a
contatto con la mucosa sublinguale ed entra direttamente nel circolo capillare
penetrando nel sistema venoso. In questo modo si hanno vantaggi come l’eliminazione
dell’effetto di primo passaggio visto che vengono bypassati sia il filtro epatico che
intestinale e in più si evita che i succhi gastrici degradino il farmaco.
Non può essere usato nei casi di :
- Farmaco non assorbito dalla mucosa orale
- Farmaco che non si scioglie rapidamente in bocca
- Farmaco irritante o dal sapore molto sgradevole
VIE NATURALI
Per quanto riguarda le mucose l’assorbimento è maggiore e in genere viene utilizzata questa
via quando si vogliono avere effetti localizzati, in alcuni casi tuttavia l’assorbimento è così
consistente che si sviluppano anche effetti sistemici. Anche qui l’assorbimento può essere
modificato cambiando la forma farmaceutica. Un esempio è l’atropina utilizzata in oculistica
per dilatare la pupilla.
VIA INALATORIA
Modalità raramente usata che può essere utile per somministrare desmopressina nei pazienti
con diabete insipido, calcitonina contro l’osteoporosi e con il farmaco d’abuso cocaina.
Questa metodica viene usata se il farmaco è irritante per i tessuti, se l’iniezione è dolorosa.
Infatti in genere l’assorbimento è rapido, ma dipende comunque dalla solubilità del farmaco
nel LEC e dal flusso ematico locale. È infatti importante che il farmaco sia idrosolubile per
permettere una diffusione ottimale nel liquido interstiziale.
L’assorbimento può essere accelerato attraverso massaggi o riscaldamento della zona, oppure
può essere anche ritardato ad esempio somministrando al paziente dei vasocostrittori per
mantenere il farmaco in sede per più tempo ed evitare la distribuzione.
C’è il rischio di creare ematomi, ascessi sterili, necrosi ed eventualmente lesione di tronchi
nervosi.
VIA SOTTOCUTANEA
Stesse caratteristiche dell’intramuscolare con assorbimento leggermente più lento. È utile per
avere un assorbimento lento e prolungato. Tipico esempio di utilizzo in campo dentario con
somministrazione di lidocaina (anestetico) preceduto da adrenalina con lo scopo di
mantenere più a lungo il farmaco nel sito (vasocostrizione). Altri esempi sono le pompe
programmabili ad erogazione di insulina o le capsule di levonorgestrel.
Presenta gli stessi rischi della via IM.
VIA ENDOARTERIOSA
Via utilizzata per raggiungere un sito altrimenti irragiungibile ad esempio via intratecale o
intraventricolare (amfotericina per curare la meningite). Anche intravitreale e intra-
articolare.
VIA TRANSDERMICA
DIFFUSIONE SEMPLICE
Si tratta del metodo più usato dalle particelle liposolubili che possono normalmente
attraversare la membrana cellulare seguendo un gradiente di concentrazione. Il meccanismo
non è saturabile e non è selettivo. È vantaggioso che il peso molecolare sia ridotto in modo da
favorire il passaggio a parità di liposolubilità. Segue la legge di Fick (la diffusione è
direttamente proporzionale alla differenza di concentrazione e alla superficie di separazione,
è invece inversamente proporzionale allo spessore della parete).
FILTRAZIONE
Si tratta del passaggio delle molecole idrosolubili attraverso le membrane. Esse sono
trasportate tramite dei canali ionici appropriati che effettuano il passaggio delle molecole
secondo gradiente di concentrazione, ma anche elettrico ed eventualmente idrostatico e/o
oncotico. Questa modalità vede la presenza di specie ioniche (elettroliti deboli) classificate
come acidi e basi deboli. Infatti molti farmaci sono presenti in tali forme e il loro stato
determina la possibilità del passaggio attraverso le membrane.
Infatti solo le forme indissociate possono attraversare le barriere biologiche.
I farmaci acidi (HA) liberano un H+ provocando la formazione di un anione carico (A-) per
formare:
Pertanto il pH, il pKa e le concentrazioni relative delle specie elettrolitiche possono essere
messe in relazione attraverso la equazione di Henderson-Hasselbalch che afferma che:
Pertanto si può dimostrare che gli acidi deboli tendono a restare indissociati a pH basso
mentre si dissociano a pH basico liberando il protone. È il caso dell’aspirina che per quanto
detto sopra risulta maggiormente permeabile a livello della mucosa gastrica.
Le basi deboli come la peptidina tendono a liberare il protone in ambiente basico e di
conseguenza proprio in abiente basico ci sarà prevalenza della base indissociata (B) e quindi
maggior permeabilità. È il caso della peptidina che quindi verrà maggiormente assorbita nel
duodeno a contatto con i bicarbonati della bile e del secreto pancreatico.
- Quando pH < pKa e perciò (pH – pKa) < 0 prevalgono le forme protonate HA e BH+
- Quando pH > pKa e perciò (pH – pKa) > 0 prevalgono le forme deprotonate A- e B
FLUSSO EMATICO
La gittata cardiaca distribuisce quantità non equivalenti di sangue in tutti i distretti.
Tipicamente la distribuzione all’encefalo, al rene e al fegato è molto maggiore che al tessuto
muscolare ed adiposo. Per questo il passaggio di un farmaco nel tessuto adiposo o in un
muscolo sarà molto più lento rispetto ad un farmaco diretto al cervello.
In questo contesto può avvenire anche il fenomeno della REDISTRIBUZIONE cioè il fatto che
inizialmente il farmaco si distribuisce velocemente nella sede molto vascolarizzata, poi si
disribuisce progressivamente alle altre zone meno vascolarizzate e determina una caduta
delle concentrazioni utili nel primo sito per avere l’effetto farmacologico.
È il caso dell’ipnosi immediata e breve da tiopental.
PERMEABILITA’ CAPILLARE
I capillari sono dotati di un endotelio che poggia su una lamina basale. La struttura è diversa
in base ai vari distretti anatomici, infatti i capillari della milza e del fegato possiedono ampie
fenestrature endoteliali che espongono la membrana basale al flusso capillare direttamente e
per le molecole liposolubili è possibile instaurare velocemente una condizione di equilibrio.
I capillari cerebrali invece sono dotati della barriera emato-encefalica che consta di capillari
formati da cellule endoteliali ravvicinate e strette tra loro da giunzioni serrate non penetrabili.
Le molecole idrosolubili devono avere un trasportatore specifico altrimenti restano nel
capillare, le molecole liposolubili passano scindendosi nelle membrane endoteliali.
Durante meningite la barriera diventa più lassa e i farmaci possono passare raggiungendo così
concentrazioni significative.
- Albumina: proteina principale. Soprattutto per le molecole acide e idrofobe. Può essere
un legame a bassa capacità (1 molecola per 1 albumina) o alta capacità (varie molecole
per 1 albumina).
- Glicoproteina acida α1: in misura molto minore. Lega soprattutto le molecole basiche
Soltanto la quota libera è in grado di dare l’effetto farmacologico, quella legata è inattiva.
Il complesso farmaco + proteina è detto complesso farmacoproteico.
La quantità assoluta di farmaco legato è funzione della concentrazione, tuttavia la percentuale
di farmaco legato è costante per ciascun composto. In alcuni casi la proteina che lega il
farmaco può fungere da serbatoio, ad esempio se la quantità di farmaco libero decresce (per
escrezione o metabolismo) le proteine liberano la quota associata.
IL VOLUME DI DISTRIBUZIONE
INDUTTORI ENZIMATICI:
- Fenobarbital e rifampicina determinano un’aumentata attivit{ (conseguente alla
aumentata sintesi di un isoenzima) dell’isoenzima CYP2C9/10 e di conseguenza un
aumentato metabolismo del Warfarin, fenitoina e ibuprofene. Inoltre la rifampicina
causa una riduzione dell’efficacia dell’inibitore della proteasi dell’HIV a causa di un suo
aumentato metabolismo.
- Fenitoina determina un aumentato metabolismo di cortisolo, desametasone,
digitossina e teofillina.
- Griseofulvina determina un aumentato metabolismo del warfarin.
INIBITORI ENZIMATICI
- Ketoconazolo: inibitore non competitivo che blocca il metabolismo della ciclosporina
- Omeprazolo: inibitore non competitivo che blocca 3 isoenzimi fondamentali per il
metabolismo del warfarin con possibili conseguenze emorragiche
- Allopurinolo, cloramfenicolo, isoniazide: inibitori del metabolismo di tolbutamide e
dicumarolo.
- Eritromicina
- Ritonavir
- Succo di pompelmo
REAZIONI DI CONIUGAZIONE
La clearance totale di un farmaco è data dalla somma delle varie clearance a carico dei vari
organi: Cltot = Cl epatica + Cl renale + Cl polmonare + Cl altri organi.
È impossibile riuscire a calcolare la clearance dei vari organi ma è possibile effettuare
un’ipotetica rilevazione allo stato stazionario sfruttando il volume di distribuzione.
Ammettendo che la maggior parte dei farmaci abbia una cinetica di prim’ordine e che quindi
la concentrazione del farmaco diminuisca in modo esponenziale con il tempo si può utilizzare
l’equazione seguente:
CL tot = Ke x Vd dove Ke è definita la costante di velocit{ di prim’ordine per l’eliminazione del
farmaco da tutto l’organismo.
CL tot = (0,623 / t1/2) x Vd
Viene definita in questo modo come la frazione del volume di distribuzione che può essere
purificata nell’unit{ di tempo da quel farmaco.
BIODISPONIBILITA’
Si definisce biodisponibilità la frazione (F) del farmaco somministrata per qualsiasi via che
raggiunge la circolazione sistemica in una forma chimicamente non modificata.
Per rilevare la biodisponibilità di un farmaco per una certa via di somministrazione è
opportuno ricavare il grafico concentrazione plasmatica-tempo sovrapponendo la curva della
somministrazione endovenosa con quella della via da esaminare.
Infatti per definizione si considera del 100% la biodisponibilità del farmaco per via
endovenosa visto che viene direttamente immesso nel circolo.
L’area sotto la curva (AUC) definisce
l’entit{ dell’assorbimento del farmaco.
La biodisponibilità di una via (ad esempio
orale) viene rilevata come:
( AUC os / AUC ev ) x 100
Per esempio il diazepam ha una
biodisponibilità orale del 100% ciò
significa che tutto il farmaco assunto per
via orale entra nel circolo sanguigno.
- Albumina: proteina principale. Soprattutto per le molecole acide e idrofobe. Può essere
un legame a bassa capacità (1 molecola per 1 albumina) o alta capacità (varie molecole
per 1 albumina).
- Glicoproteina acida α1: in misura molto minore. Lega soprattutto le molecole basiche
Soltanto la quota libera è in grado di dare l’effetto farmacologico, quella legata è inattiva.
Il complesso farmaco + proteina è detto complesso farmacoproteico.
La clearance totale di un farmaco è data dalla somma delle varie clearance a carico dei vari
organi: Cltot = Cl epatica + Cl renale + Cl polmonare + Cl altri organi.
È impossibile riuscire a calcolare la clearance dei vari organi ma è possibile effettuare
un’ipotetica rilevazione allo stato stazionario sfruttando il volume di distribuzione.
Ammettendo che la maggior parte dei farmaci abbia una cinetica di prim’ordine e che quindi
la concentrazione del farmaco diminuisca in modo esponenziale con il tempo si può utilizzare
l’equazione seguente:
CL tot = Ke x Vd dove Ke è definita la costante di velocit{ di prim’ordine per l’eliminazione del
farmaco da tutto l’organismo.
CL tot = (0,623 / t1/2) x Vd
(0,623 rappresenta il ln 0,5)
Viene definita in questo modo come la frazione del volume di distribuzione che può essere
purificata nell’unit{ di tempo da quel farmaco.
La Clt e il Vd sono variabili indipendenti
L’emivita è una variabile dipendente
Vi possono essere dunque situazioni patologiche in cui varia solo il Vd o solo la Clt e dunque
anche il t1/2, altre nelle quali le variazioni di Vd e Clt sono tali da non modificare il t1/2.
Il Vd varia, per un farmaco idrosolubile, in pz ascitici mentre per un farmaco liposolubile varia
in pz obesi.
La clearance nei pz con IR e insufficienza epatica ed inoltre è molto differente da composto a
composto.
L’escrezione urinaria rappresenta una quota importante della clearance.
La digossina è un glicoside cardiocinetico che viene escreto per il 60% per via renale e il suo
grafico di clearance è lineare con quello della clearance della creatinina, dunque la quota di
escrezione renale è importante. Con l’et{ la filtrazione tende a ridursi e così anche la
filtrazione dei farmaci, stessa questione per i nefropatici.
L’assunzione di un farmaco per via orale ha una cinetica diversa che per via endovenosa e la
concentrazione plasmatica del farmaco risulta per via orale come la sommatoria dei vari
processi contemporanei di assorbimento, distribuzione ed escrezione, mentre per la via
endovenosa si ha una curva che decresce linearmente coerente con l’escrezione progressiva
del farmaco (ed eventualmente una breve prima fase di distribuzione se non si considera C0)
TEMPO DI DIMEZZAMENTO (O EMIVITA O T1/2)
La cinetica di primo ordine è quella modalità con cui la concentrazione del farmaco
diminuisce dall’organismo seguita dalla maggior parte dei farmaci.
Viene definita come la scomparsa di un farmaco dall’organismo in una percentuale costante
nell’unit{ di tempo. Pertanto il T1/2 non varia benchè possano variare le concentrazioni.
Infatti l’organismo si adatta alla bioescrezione in base alla quantit{ di farmaco all’interno del
corpo, se è presente farmaco in eccesso ne verrà eliminato di più, altrimenti se è in difetto di
meno. Ciò che rimane costante è la frazione o percentuale del farmaco eliminata nell’unit{ di
tempo.
Dal grafico è possibile vedere che ad ogni ora la concentrazione del farmaco si riduce di metà.
Attraverso valutazioni matematiche è stato possibile ottenere che il 93,75% del farmaco
scompare dall’organismo dopo un tempo pari a 4 emivite plasmatiche.
BIOEQUIVALENZA
Due preparazioni farmaceutiche chimicamente equivalenti (cioè che contengono lo stesso
farmaco alle stesse dosi) si dicono bioequivalenti quando i rispettivi valori di C max, T max e
AUC sono uguali. Il nuovo farmaco deve stare in un range di equivalenza che va dall’80% al
125%.
FARMACO GENERICO
Si tratta di un farmaco che imita il prodotto originale senza la protezione brevettuale (che
dura circa 20 anni). Alla scadenza del brevetto qualsiasi impresa può fabbricare questo
farmaco a costo che sia BIOEQUIVALENTE all’originale e per rispettare ciò deve avere i valori
di C max, T max e AUC compresi in un range del valore iniziale dall’80% al 125%.
Due farmaci bioequivalenti tuttavia possono non essere equivalenti terapeutici visto che per
avere l’equivalenza terapeutica i 2 farmaci devono avere efficacia e sicurezza sovrapponibili.
L’efficacia dipende da C max e T max.
CINETICA DELL’INFUSIONE EV
Per determinare la concentrazione allo stato stazionario di un farmaco assunto per via orale si
fa l’equazione seguente:
Css = (F x D) / (Cl x T)
F = biodisponibilità (frazione assorbita)
D = dose
Cl = clearance
T = intervallo di dosaggio
Dose di mantenimento = dose da somministrare per mantenere lo stato stazionario e quindi
l’efficacia terapeutica. D = (Css x Cl x T) / F
Il farmaco si lega alla molecola che interagisce con esso attraverso la formazione di legami
chimici che per la maggior parte dei casi sono deboli e consistono in
Legami idrogeno
Forze di Van der Waals
Legami idrofobici
Altri casi rari comprendono la formazione di legami più forti come ionici e covalenti.
Via via che l’energia di legame si riduce la frequenza del legame cresce.
È necessario che i farmaci si leghino ai loro recettori con legami MULTIPLI e DEBOLI in modo
da consentire la selettività e la stereospecificità. Alcuni farmaci come gli antitumorali
alchilanti si legano con legami forti che non vengono spiazzati e pertanto sono responsabili di
effetti tossici notevoli.
La sede d’azione di un farmaco è il luogo in cui il farmaco svoge la sua azione iniziando la
cascata degli eventi che porterà ad esprimere un effetto biologico.
Non è detto che la sede d’azione corrisponda al sito in cui il farmaco è maggiormente
presente.
Spesso un farmaco svolge la sua azione in siti d’azione differenti, ad esempio un β-agonista ha
un’azione a livello cardiaco di incremento della frequenza e della contrattilit{ e
contemporaneamente svolge un’azione sulla mucosa bronchiale di broncodilatazione.
Inoltre un effetto biologico può essere svolto da farmaci diversi mediante meccanismi
d’azione differenti. È il caso della miosi determinata sia dalla morfina che dall’acetilcolina, ma
con modalità diverse.
Le sedi d’azione possono essere suddivise in Cellulari e Non cellulari, le prime occupano un
ruolo preponderante.
Infatti il meccanismo d’azione dei farmaci può essere suddiviso in un modo equivalente alla
sede d’azione cioè:
Recettoriale: previsto dalla maggior parte dei farmaci, si tratta di un’interazione
specifica tra un farmaco ed una macromolecola funzionalmente importante presente
all’interno del citoplasma o sulla superficie cellulare.
I canali ionici possono essere bloccati da un farmaco in modo tale da non permettere il
passaggio dal poro della specie ionica
oppure possono essere modulati
presentando un sito di legame per una
molecola endogena o esogena (farmaco)
che modifica il suo stato di pervietà.
Il primo caso riguarda gli anestetici locali
che vanno a bloccare i canali per il Na
oppure i calcio-antagonisti che riducono il
flusso di calcio e la contrazione della parete vasale.
Il secondo caso riguarda ad esempio le benzodiazepine che si legano al recettore del GABA
aumentando il flusso di cloro all’interno del canale e verso l’interno della cellula con
conseguente iperpolarizzazione.
I farmaci che interagiscono con gli enzimi possono essere degli inibitori cioè bloccano la
normale funzione di quell’enzima, è il caso degli inibitori dell’acetilcolinesterasi che inibiscono
la scissione dell’Ach (parasimpatico-mimetici
indiretti), oppure i FANS che sono inibitori
della COX.
Il farmaco però può essere anche un falso
substrato dell’enzima cioè una molecola
simile al substrato vero che innesca il
processo catalitico ma in modo erroneo o
inadeguato portando alla formazione di
metaboliti anomali; è il caso della 5-
fluorouracile utilizzata in chemioterapia
antitumorale per bloccare la sintesi dell’RNA.
Infine il farmaco può legarsi all’enzima ed attivarsi, in tal caso si tratta di un pro-farmaco che
a seguito dell’interazione con l’enzima diventa un farmaco attivo.
RECETTORI INTRACELLULARI
Si tratta di una minoranza di casi in cui il recettore è situato all’interno della cellula e di
conseguenza il ligando deve avere un certo grado di liposolubilità per penetrare nella
membrana. Il complesso poi migra verso il nucleo e regola direttamente la trascrizione genica.
È il caso di farmaci come gli ormoni steroidei.
L’effetto per verificarsi impiega molte ore, tuttavia risulta prolungato nel tempo.
Per affinità viene intesa la capacità del farmaco di legarsi al recettore formando il complesso
farmaco-recettoriale, se i 2 sono compatibili il recettore dallo stato di riposo passa allo stato
inattivato ed è in grado di trasdurre il segnale ed innescare l’effetto biologico. Pertanto si dice
che il farmaco in grado di innescare questo processo possiede un’ATTIVITA’ INTRINSECA.
In questo modello si parla di:
Farmaci agonisti totali: sostanze in grado di legarsi al recettore allo stato di riposo e
renderlo attivato consentendo la trasduzione del messaggio. L’attivit{ intrinseca è
completa e si raggiunge una risposta massima. Ad esempio la morfina che si lega ai
recettori µ e li rende attivi permettendo l’analgesia.
Farmaci agonisti parziali: sono farmaci che hanno un’affinit{ elevata con il recettore e
sono in grado di attivarlo, tuttavia non hanno un’attivit{ intrinseca sufficiente a
raggiungere la risposta massima.
Farmaci antagonisti: sono farmaci che hanno un’affinit{ elevata con il recettore ma
hanno un’attivit{ intrinseca pari a zero, per cui mantengono il recettore nello stato di
riposo. Ad esempio il Naloxone che si lega al recettore delle benzodiazepine e lo
inibisce.
Clark stabiliva che la risposta massimale al farmaco si poteva raggiungere solo quando il
100% dei recettori erano occupati dal farmaco.
Oggi si è scoperto che esistono situazioni in cui si può arrivare alla risposta massima anche
per dosi che non occupano l’intero pool di recettori. Si tratta delle zone in cui esistono
RECETTORI DI RISERVA che non vengono occupati dal farmaco. Questo è possibile per 2
motivi:
1) Un singolo complesso ligando-recettore può interagire con numerose proteine G
amplificando il messaggio.
Riassumendo:
Agonisti totali: farmaci che si legano al recettore mimando la molecola biologica in
modo completo e raggiungendo una massima risposta. Esempio: fenilefrina che è
agonista della noradrenalina legandosi ai recettori α1-adrenergici; morfina che si lega
ai recettori µ.
Antagonisti: farmaci che si legano al recettore con l’intento di ridurre gli effetti di un
altro farmaco o di un ligando endogeno. L’antagonista non è dotato di attivit{
intrinseca. Può essere:
Competitivo: quando si lega allo stesso sito di legame della molecola biologica
(es prazosina che si lega allo stesso sito della noradrenalina; naloxone)
Non competitivo: quando si lega in un sito diverso dall’agonista.
Antagonisti funzionali: azione a livello di un recettore completamente diverso da
quello dell’agonista, ad esempio l’adrenalina utilizzata per prevenire il broncospasmo
indotto da istamina che agisce però su recettori H della mucosa bronchiale mentre
l’adrenalina si lega a recettori β2-adrenergici sulla muscolatura liscia bronchiale.
Agonisti parziali: hanno attività intrinseca non tale da raggiungere la risposta
massima. Rispetto a un agonista pieno può avere affinità per il recettore uguale,
minore o maggiore. In più questi hanno la caratteristica di poter fungere da antagonisti
nei confronti di un agonista pieno.
Tale relazione esprime l’influenza della grandezza della dose sulla proporzione della
popolazione che risponde.
La curva permette dunque di determinare la dose necessaria per ottenere un certo effetto
come ad es. una certa diminuzione della P arteriosa.
Si prende una coorte di pz e si segna a quale dose di antiipertensivo si è ottenuta la
diminuzione di P.A: si ottiene dunque una certa distribuzione dove i valori rappresentano la
percentuale di pz per i quali è necessaria la somministrazione di una certa dose di farmaco
per ottenere un effetto farmacologico di intensità prefissata.
A partire da tale tipo di distribuzione costruisco una curva di tipo cumulativo che
rappresenta i pz per i quali per ottenere una diminuzione della PA è sufficiente una dose
prestabilita o più bassa; questa ci permette di calcolare la dose efficace 50 (ED 50) cioè la dose
necessaria nel 50% dei soggetti per ottenere un determinato effetto farmacologico.
TOLLERANZA
La tolleranza viene definita come uno stato di ridotta reattività a un dato effetto farmacologico
che risulta da un previa esposizione al farmaco stesso.
Si manifesta solo per certi farmaci e può interessare solo alcuni effetti farmacologici, pertanto
può essere che non tutti gli effetti vadano incontro a tolleranza.
La tolleranza è relativa ad una certa dose, per cui per avere lo stesso effetto è necessario
aumentare la dose; l’esempio tipico è la morfina che ha un effetto analgesico che va incontro a
tolleranza dopo un’assunzione cronica del farmaco, per tornare ad avere l’effetto iniziale è
necessario aumentare la dose del farmaco.
Inoltre la tolleranza può anche essere crociata cioè interessare diversi farmaci della stessa
famiglia con meccanismo d’azione simile, ad esempio un’assunzione cronica di morfina
provoca un effetto di tolleranza anche nei confronti di una dose di metadone. (Tipica la
tolleranza crociata con gli oppiacei).
Può insorgere gradualmente (tolleranza cronica) o rapidamente (tolleranza acuta o
tachifilassi).
EFFETTO PLACEBO
Per effetto placebo si intende un effetto favorevole (o talora sfavorevole) determinato dalla
somministrazione del farmaco su base suggestiva.
È sempre presente, sia quando si somministra il farmaco che una sostanza inerte.
Dipende molto dalla personalit{ del paziente e dall’attitudine del paziente verso il farmaco.
Si tratta di un effetto sintomatico di durata limitata (in genere 3 mesi).
Entra in gioco anche durante patologie molto gravi.
EFFETTI COLLATERALI
Si tratta di effetti tossici che avvengono alle dosi terapeutiche e sono correlati alle proprietà
farmacologiche del composto. Ad esempio l’uso di atropina in pazienti con scarsa motilità
intestinale provoca xerostomia.
- Incidenza: colpisce una % variabile di pazienti ed avviene con la maggior parte dei
farmaci
- Gravità: generalmente bassa, se la somministrazione è cronica l’effetto compare entro i
primi 10 giorni, poi tende a scomparire con le somministrazioni successive.
- Effetto: dipende dal farmaco
- Relazione dose-effetto: presente
- Meccanismo: è associato all’interazione farmaco-recettoriale, ma in molti casi il
meccanismo resta sconosciuto (ad esempio alcuni farmaci danno cefalea ma con un
meccanismo ignoto)
- Provvedimenti terapeutici: cambiare la posologia del farmaco ed eccezionalmente
cambiare il farmaco.
TOSSICITÀ DA IPERDOSAGGIO
Effetti indesiderati che compaiono solo quando viene superata la dose terapeutica e quindi
per dosi elevate.
- Incidenza: in tutti i pazienti può avvenire se la dose è sufficiente, in ogni caso però ogni
paziente presenta una dose minima che superata provoca effetti indesiderati. Tutti i
farmaci possono dare tossicità da sovradosaggio.
- Gravità: può essere anche molto grave
- Effetto: dipende dal farmaco
- Relazione dose-effetto: presente
- Meccanismo: interazione farmaco-recettoriale, ma anche danno cellulare diretto.
- Provveimenti terapeutici: ridurre la dose del farmaco o sospendere la
somministrazione. In alcuni casi si può somministrare un antagonista (ove possibile)
che tampona i singoli sintomi spiazzando il farmaco dal suo sito recettoriale.
ALLERGIA DA FARMACI
Effetti indesiderati di un farmaco conseguenti ad una previa esposizione del paziente al
farmaco stesso o a un composto simile (sensibilizzazione).
- Incidenza: bassa anche se riguarda molti farmaci
- Gravità: può anche essere elevata
- Effetto: non è dipendente dal farmaco
- Relazione dose-effetto: assente, infatti anche una quantità molto piccola può dare
reazioni allergiche anche molto gravi
- Meccanismo: immunologico
- Provvedimenti terapeutici: sospensione del farmaco e somministrazione di farmaci
antiallergici.
È sempre indispendabile la sensibilizzazione, esiste anche una sensibilizzazione di gruppo per
cui molecole strutturalmente simili danno in genere una sensibilizzazione crociata.
La dose del farmaco è rilevante ai fini della sensibilizzazione, ma non incide sull’entit{ della
risposta allergica.
La frequenza di comparsa di allergia è correlata a:
Struttura del farmaco: è più probabile che un famaco grosso dia reazioni allergiche
Via di somministrazione
Numero delle somministrazioni
Patologie associate
Predisposizione individuale
Spesso è un metabolita del farmaco a dare allergia e non il farmaco primitivo.
Inoltre il farmaco può non essere un antigene di per sé, ma comportarsi da aptene e legarsi
alle proteine plasmatiche dando origine a composti anomali che vengono rilevati dal sistema
immunitario come estranei.
CARCINOGENESI
Esistono farmaci che predispongono il paziente allo sviluppo di tumori, sono pochi i farmaci
finora assicurati come carcinogenetici ed alcuni sono ancora in dubbio.
Farmaci chemioterapici antitumorali e immunosoppressori
Alcol (a dosi elevate)
Fenitoina (?)
Cloramfenicolo (?)
INDICE TERAPEUTICO
Viene definito indice terapeutico il rapporto tra la dose che provoca tossicità e la dose
necessaria a dare una risposta clinicamente desiderata o efficace in una popolazione.
Per rilevare l’indice terapeutico quindi si prende una popolazione di riferimento e si
somministrano dosi sempre maggiori di una farmaco guardando i livelli di raggiungimento di
un’efficacia e quelli del raggiungimento di una tossicit{. Vengono presi come riferimento i
valori che determinano la comparsa dell’effetto nel 50% della popolazione.
DE50 = dose efficace o che dà una risposta clinicamente desiderata nel 50% della popolazione
DT50 = dose minima per dare l’effetto tossico nel 50% della popolazione.
IT = DT50 / DE50
Pertanto maggiore è l’indice terapeutico e maggiore sar{ la sicurezza di una farmaco perché le
dosi efficaci sono modeste e quelle tossiche saranno elevate per cui per avere una tossicità
sarà necessario somministrare una dose molto elevata.
Viene definita finestra terapeutica quell’intervallo di dosi (o per essere più precisi di
concentrazioni plasmatiche) che ha un’elevata probabilit{ di successo terapeutico, associata
ad una bassa probabilità di effetti tossici gravi.
Per i farmaci con un IT basso la finestra terapeutica sarà ridotta, mentre per quelli con IT alto
l’intervallo sar{ più ampio.
Lo stadio della gravidanza è molto importante nel determinare l’entit{ del danno fetale; infatti
il farmaco si distribuisce nel circolo fetale ed andr{ ad alterare la formazione dell’organo che
si sta formando in quel momento (alterazioni oculari, arto superiore): vi è dunque una
correlazione precisa tra il periodo di assunzione del farmaco e il tipo di malformazione che
compare con maggior frequenza.
I farmaci che sviluppano teratogenesi sono pochi mentre quelli che danno tossicità sono molti.
La teratogenesi si sviluppa principalmente nei primi 60 giorni (fase blastogenesi e
organogenesi) mentre la tossicità si sviluppa più avanti.
Pertanto in gravidanza è necessario evitare qualsiasi farmaco che sia stato accertato come
teratogeno o tossico per il feto ed usare con molta prudenza i farmaci che non sono ancora
stati accertati come responsabili di un effetto dannoso.
Quando viene stabilita la tossicità di un farmaco è opportuno considerare estesa la tossicità a
tutti i farmaci facenti parte della stessa classe ed evitare di somministrarli.
L’uso di un farmaco che prevede una probabilità di effetti teratogeni o tossici deve essere un
rischio calcolato ed essere utilizzato solo se non esistono valide alternative.
Un principio fondamentale da tenere in considerazione è la dose, per cui è necessario tenere
presente che i trattamenti cronici espongono ad un rischio molto maggiore che le esposizioni
occasionali ad un farmaco.
Sistema SIMPATICO
I neuroni del simpatico hanno origine dai segmenti toracici e lombari del midollo spinale e
fuoriescono da esso con i loro assoni dei neuroni pre-sinaptici e si dirigono verso la catena
paravertebrale dei gangli del SNA simpatico. Qui avviene la liberazione del neurotrasmettitore
acetilcolina che si lega ai recettori nicotinici sulla membrana del neurone post-gangliare il
quale si dirige alla sede finale di innervazione.
Questo sistema è poco specifico perché l’attivazione di un nervo simpatico determina
inevitabilmente l’arrivo dell’informazione a più distretti essendo il ganglio in genere molto
distante dalla sede d’azione. In sede d’arrivo il neurone post-sinaptico libera il
neurotrasmettitore noradrenalina che si lega a recettori adrenergici.
La midollare del surrene riceve direttamente un neurone pre-gangliare e quindi funge da
ganglio simpatico, tuttavia non prevede l’utilizzo di un neurone post-sinaptico ma della
liberazione di un ormone che è l’adrenalina e in piccola parte noradrenalina che entra in
circolo e si lega ai recettori adrenergici esaltando l’azione del simpatico.
Il simpatico viene attivato in modo massivo solo in certe condizioni come “attacco e fuga” in
cui si verificano una serie di modificazioni transitorie del tono parasimpatico che consentono
una serie di risposte immediate e veloci per attacco o difesa.
Sistema PARASIMPATICO
I neuroni del parasimpatico hanno origine dai segmenti cervicali e sacrali del midollo spinale
e fuoriescono da esso tramite nervi spinali che conducono gli assoni dei neuroni pre-sinaptici
Riassunti Farmacologia - © Luca Croci – 2010
verso i gangli parasimpatici situati nei pressi o sull’organo bersaglio. Qui è contenuto il
neurone post-gangliare che riceve acetilcolina come neurotrasmettitore che si lega ai recettori
nicotinici e in seguito parte il messaggio del neurone post-sinaptico verso l’organo bersaglio
dove viene liberata acetilcolina che in tal caso si lega attraverso recettori muscarinici. A
differenza del simpatico questo sistema è più specifico e quando viene attivato non prevede
un’azione massiva ma sempre diretta e specifica ad un determinato territorio grazie alla
lunghezza molto breve delle fibre post-sinaptiche che raggiungono direttamente l’organo da
innervare. L’attivazione in massa di tutto il parasimpatico provocherebbe sintomi massivi,
indesiderabili e spiacevoli.
Questo sistema prevede un’attivazione di base nei confronti di certi organi ed è pertanto
essenziale per la vita in quanto regola normalmente il ritmo cardiaco, la digestione e
l’eliminazione delle scorie.
Sistema ENTERICO
Il sistema enterico è un sistema a se stante situato all’interno della parete del tubo digerente e
si divide in plesso mienterico e sottomucoso. Possiede dei gangli propri che regolano la
motilità intestinale e le secrezioni. Riceve impulsi regolatori sia dal simpatico che dal
parasimpatico.
I neurotrasmettitori sono molecole informazionali al pari dei mediatori locali e degli ormoni,
tuttavia hanno il loro percorso all’interno del sistema nervoso e vengono liberati a seguito di
un potenziale d’azione che causa la liberazione del calcio, in tal modo è possibile liberare le
vescicole di neurotrasmettitori nello spazio sinaptico che si combinano con recettori specifici
di membrana vista la loro scarsa liposolubilità.
Esistono circa 50 tipi di neurotrasmettitori nel SNC, ma di questi solo 6 sono coinvolti
nell’azione dei farmaci terapeuticamente utili: noradrenalina, acetilcolina, dopamina,
serotonina, istamina e acido γ-aminobutirrico. Spesso a seguito della liberazione di tali
trasmettitori vengono anche rilasciati cotrasmettitori come l’adenosina che supportano i
primi e modulano il processo di trasmissione.
Parasimpaticomimetici
L’acetilcolina è un neurotrasmettitore utilizzato nel sistema simpatico e parasimpatico a
livello gangliare, nella midollare del surrene a livello del neurone pre-gangliare, nella branca
parasimpatica a livello del neurone post-sinaptico, nel sistema nervoso somatico e nel sistema
nervoso centrale.
L’Ach è la molecola neurotrasmettitore endogeno mediatore di una serie di effetti.
Il neurone colinergico prevede la liberazione dell’Ach in 6 tappe:
1. Sintesi: la colina viene addizionata ad un gruppo acetile e si forma l’Ach
2. Immagazzinamento in vescicole: qui è protetta dalla degradazione
3. Liberazione del neurotrasmettitore: a seguito di un potenziale d’azione che si propaga
lungo il neurone e che permette l’apertura di canali del calcio voltaggio dipendenti che
permettono la fusione delle vescicole con la membrana pre-sinaptica. La liberazione è
inibita dalla tossina botulinica, mentre il veleno di ragno vedova nera causa la
fuoriuscita di tutto il NT.
4. Legame al recettore: esistono 2 tipi di recettori, muscarinico e nicotinico situati sulla
membrana post-sinaptica, esistono anche recettori pre-sinaptici che amplificano la
liberazione del NT.
5. Degradazione dell’Ach: mediata dall’enzima acetilcolinesterasi nello spazio sinaptico
che scinde l’Ach in
acetato e colina.
6. Riutilizzazione della
colina: un sistema di
trasporto accoppiato al
sodio permette l’ingresso
nuovamente della colina
nel neurone. Questa
tappa è inibita
dall’emicolinio.
I recettori NICOTINICI sono composti da 5 subunità associate ad un canale del sodio che a
seguito del legame con la Ach si apre e permette la depolarizzazione della cellula. Sono situati
nelle placche neuromuscolari, nella midollare del surrene e nei gangli sia simpatici che
parasimpatici. Hanno una spiccata affinità per la nicotina, mentre legano scarsamente la
muscarina. I recettori gangliari sono bloccati dall’esametonio, mentre quelli della giunzione
nm sono inibiti dalla tubocurarina.
Agonisti DIRETTI
ACETILCOLINA
Composto ammonico quaternario che non può attraversare le membrane e benchè sia il
principale agente endogeno non viene usato in terapia perché ha un’emivita estremamente
breve dovuta alla rapida distruzione da parte della colinesterasi.
Le sue azioni principali sono
- una riduzione della scarica del nodo SA provocando bradicardia e riduzione della FE;
- vasodilatazione attivando i recettori muscarinici presenti sulla parete dei vasi (i vasi
non hanno innervazione parasimpatica diretta) dovuta alla liberazione del calcio
conseguente alla produzione di IP3 che stimola la formazione di NO. Tuttavia senza
stimolo con agonisti colinergici non è possibile conoscere la funzione dei recettori visto
che normalmente l’Ach liberata in circolo è quasi nulla;
- stimolo della motilità intestinale
- stimolo della contrazione del detrusore e rilasciamento degli sfinteri;
- stimolo secrezioni bronchiolari
- contrazione del muscolo ciliare con conseguente visione da vicino migliorata e
contrazione dello sfintere della pupilla causando miosi.
BETANECOLO
Composto sintetico a partire dalla Ach, la presenza di un gruppo carbamato e metilico il
composto è distrutto dalla colinesterasi molto più lentamente e quindi ha efficacia
terapeutica. Ha forte attività muscarinica
Azioni: stimola motilità intestinale, detrusore e rilassamento sfinteri.
Applicazioni terapeutiche: viene utilizzato per l’atonia vescicale soprattutto dopo parto o
operazione chirurgica quando può instaurarsi una condizione di ritenzione urinaria.
Effetti indesiderati: sudorazione, nausea, diarrea, miosi, urgenza urinaria, broncospasmo e
riduzione della pressione arteriosa.
PILOCARPINA
Farmaco naturale (alcaloide) che ha una certa affinità per i recettori muscarinici. Ha effetti
minori rispetto all’Ach e ai suoi derivati. Trova impiego principalmente nel trattamento di
attacchi acuti di glaucoma.
Azioni: applicato topicamente sulla cornea determina miosi e spasmo dell’accomodazione, è
efficace nel favorire la secrezione ghiandolare salivare, lacrimale e sudoripara e pertanto
viene usato per i pazienti con xeroftalmia a seguito di irradiazione della testa.
Usi terapeutici: pazienti con glaucoma acuto è il farmaco principale perché permette
contrazione del muscolo ciliare con apertura delle trabecolature del canale dello Schlemm
permettendo un drenaggio dell’umore acqueo e riduzione della pressione intraoculare.
Effetti indesiderati: agendo sul SNC e riuscendo a penetrarvi dà sudorazione profusa e
salivazione.
METACOLINA
FISOSTIGMINA
Farmaco naturale, amina terziaria che si lega alla colinesterasi e la inibisce reversibilmente.
Azioni: molteplici e con durata d’azione di 2-4 ore
Usi terapeutici: pazienti con glaucoma (anche se la pilocarpina è più efficace), atonia
intestinale o vescicale, trattamento del sovradosaggio da farmaci come l’atropina.
Effetti indesiderati: ipotensione improvvisa, bradicardia e paralisi muscolare conseguente a
prolungata azione del farmaco che dà down-regulation dei recettori muscolari esposti per
troppo tempo a Ach. In più penetra nel SNC e può causare convulsioni.
NEOSTIGMINA
Farmaco naturale che a differenza della fisostigmina non penetra nel SNC perché è polare.
Azioni: stimolo contrazione muscolatura scheletrica prima di provocarne una paralisi, utile
come antidoto della tubocurarina.
Usi terapeutici: atonia vescicale e gastrointestinale, miastenia gravis (condizione in cui ci
sono anticorpi diretti contro i recettori dell’Ach).
Effetti indesiderati: salivazione, vampate, ipotensione, dolori addominali, nausea.
ISOFLUROFATO
Capostipite della famiglia, realizza un legame covalente con un residuo di serina dell’enzima e
non permette più una reversibilit{. L’enzima richiede un antidoto che è la pralidossima che
permette di separare i 2 composti, tuttavia dopo un certo tempo si verifica il fenomeno
dell’invecchiamento per cui viene perso un gruppo alchilico che rende impossibile la
dissociazione del legame anche con pralidossima.
Azioni: stimolazione colinergica generalizzata con paralisi della funzione motoria (e problemi
respiratori).
Usi terapeutici: trattamento cronico del glaucoma ad angolo aperto.
Parasimpaticolitici
Gli antagonisti colinergici si legano ai recettori dell’acetilcolina ma non hanno un’attivit{
intrinseca e quindi si limitano nella maggioranza dei casi a bloccare l’effetto.
Si suddividono in 3 grandi gruppi:
1. Agenti antimuscarinici
2. Bloccanti gangliari
3. Bloccanti neuromuscolari
Agenti antimuscarinici
Sicuramente sono tra gli antagonisti colinergici più conosciuti e con più impieghi terapeutici.
Hanno un’affinit{ alta con i recettori muscarinici lasciando intatti quelli nicotinici e per questo
possono essere ampiamente usati senza avere effetti indesiderati associati all’interessamento
dei recettori nicotinici come la paralisi muscolare.
Il loro effetto è quello di bloccare le sinapsi muscariniche dei nervi parasimpatici lasciando il
sistema simpatico senza antagonisti fisiologici.
Inoltre questi farmaci vanno anche a bloccare quei recettori muscarinici controllati dal
sistema simpatico (eccezionalmente) come le ghiandole salivari e sudoripare.
Questo gruppo può essere suddiviso in
Amine terziarie:
o Alcaloidi naturali: atropina, scopolamina, ipratropio
o Composti di sintesi: omatropina, ciclopentolato, tropicamide, biperidene,
orfenadrina, triesifenidile
ATROPINA
Farmaco principale di questa classe, è un alcaloide derivato dalla belladonna e agisce sia a
livello centrale che periferico con durata d’azione di circa 4 ore.
Azioni:
Occhio: determina una midriasi ed una cicloplegia cioè una scarsa capacità di mettere a
fuoco per la visione da vicino. Molto pericolosa per i soggetti con glaucoma ad angolo
aperto perché può dare aumenti drastici di pressione. Di solito per indurre midriasi
negli esami oftalmici si usano farmaci a durata d’azione più breve come la fenilefrina.
Gastrointestinale: utilizzato per ridurre le contrazioni spastiche, la secrezione acida
non è interessata.
Urinario: utilizzata occasionalmente nei bambini con enuresi, ma gli agonisti α-
adrenergici risultano più efficaci.
Cardiovascolare: l’atropina ha azione diversa in base alle dosi. Infati a basse dosi
provoca una lieve bradicardia dovuta essenzialmente all’attivazione dei recettori M1
inibitori pregiunzionali permettendo così liberazione di Ach. Ad alte dosi si ha un lieve
effetto tachicardico per attivazione dei recettori M2 nel nodo SA, tuttavia questo effetto
per verificarsi richiede dosi maggiori rispetto a quelle usate normalmente in terapia.
Secrezioni: è uno dei principali inibitori della secrezione delle vie aeree superiori
prima degli interventi chirurgici. Induce xerostomia e riduzione delle lacrime e del
sudore.
Usi terapeutici:
Oftalmico: utilizzata per gli esami oftalmologici che rilevano difetti di rifrazione
provocando midriasi e cicloplegia. Non usarla nei soggetti con glaucoma o sospetto.
Antispastico: riduzione delle contrazioni involontarie dell’intestino e della vescica.
Antidoto: utilizzato nei casi di sovradosaggio di agonisti colinergici tipicamente
indiretti (inibitori della colinesterasi), in caso quindi di intossicazione da alcuni funghi
o esposizione a insetticidi.
Antisecretivo: pre-chirurgico.
Farmacocinetica: assunzione per via orale, metabolismo epatico ed eliminazione urinaria.
Effetti indesiderati: può dare secchezza delle fauci, offuscamento della visione, sensazione di
sabbia negli occhi, tachicardia e stipsi. A dosi elevate può dare gravi conseguenze al SNC come
allucinazioni e delirio fino al coma. Si cerca di evitare di somministrarla ai pazienti anziani per
evitare lo smascheramento di un glaucoma latente preesistente.
SCOPOLAMINA
Farmaco alcaloide derivato da belladonna con durata d’azione più lunga dell’atropina ed
effetti maggiori sul SNC.
Azioni: efficace contro il mal di moto e per la riduzione della memoria a breve termine. Causa
sedazione a basse dosi mentre ad alte dosi eccitazione.
Usi terapeutici: prevenzione del mal di moto e riduzione memoria a breve termine.
Effetti indesiderati e farmacocinetica: sovrapponibile a atropina.
IPRATROPIO
Bloccanti gangliari
Farmaci che hanno affinità per i recettori nicotinici presenti nei gangli del SNA, sia simpatico
che parasimpatico, non hanno effetto sui recettori nicotinici della placca neuromuscolare.
Pertanto la loro azione è quella di interferire con la trasmissione del SNA.
NICOTINA
Componente del fumo di sigaretta priva di benefici sull’organismo e deleteria per la salute. Ha
un’azione a basse dosi depolarizzante sui recettori nicotinici gangliari e quindi provoca
aumento pressorio, tachicardia e aumento peristalsi intestinale e secrezioni. A dosi più alte
invece è un bloccante dell’ingresso di sodio causando caduta brusca della pressione,
bradicardia e arresto della motilità intestinale.
TRIMETAFANO
Composto che blocca competitivamente i recettori nicotinici somministrato per via
endovenosa a causa della breve durata d’azione. Trova impiego farmaceutico nel trattamento
acuto delle crisi ipertensive come nel caso dell’edema polmonare.
MECAMILAMINA
Trattamento dell’ipertensione medio-grave, biodisponibilità orale elevata a differenza dle
precedente.
Bloccanti neuromuscolari
Composti farmacologici con affinità specifica nei confronti del recettore nicotinico presente
nella placca neuromuscolare. Si dividono in bloccanti non depolarizzanti e bloccanti
depolarizzanti.
I bloccanti competitivi (non depolarizzanti) hanno il loro capostipite nel curaro, oggi utilizzato
come tubocurarina usata in genere prima degli interventi chirurgici per ridurre la contrazione
muscolare associata all’anestetico.
La TUBOCURARINA abbassa l’ingresso di sodio nella cellula muscolare e di conseguenza induce
una riduzione della contrattilità che a dosi elevate diventa una paralisi flaccida. I muscoli più
colpiti sono quelli faciali e orbitali e in seguito quelli delle dita. Il diaframma è l’ultimo ad
essere interessato.
La biodisponibilità orale è molto bassa e pertanto va somministrato per via endovenosa, molti
farmaci di questa classe non sono metabolizzati e la loro azione cessa per redistribuzione.
Effetti avversi della tubocurarina sono la possibile liberazione di istamina e il conseguente
blocco gangliare con riduzione della pressione. Pertanto è raramente usata in terapia.
Altri farmaci competitivi sono il mivacurio (utile per procedure chirurgiche brevi), il
cisatracurio (utile nella ventilazione meccanica), il rocuronio (utile nell’intubazione tracheale)
e il pancuronio (vagolitico).
Possono presentarsi interazioni con altri farmaci:
- Inibitori della colinesterasi (fisostigmina, neostigmina): un eccesso di questi farmaci
può annullare l’azione dei bloccanti neuromuscolari, ma una dose eccessiva determina
una paralisi muscolare a seguito della eccessiva presenza di Ach nello spazio sinaptico
con down-regulation dei recettori.
- Alotano e altri anestetici idrocarburi alogenati: azione esaltata
- Inibitori dei canali del calcio: azione esaltata
Simpaticomimetici
Si tratta di composti che agiscono sui recettori stimolati dall’adrenalina e dalla noradrenalina
(recettori adrenergici) favorendo un’azione positiva su di essi e mimando l’azione dei
composti endogeni classici.
Il neurone adrenergico presenta le stesse caratteristiche di quello colinergico tranne per il
fatto che il neurotrasmettitore usato per comunicare è la noradrenalina anziché l’acetilcolina.
Questi neuroni sono presenti in abbondanza nel SNC e nelle branche simpatiche del SNA come
neuroni post-gangliari che raggiungono l’organo bersaglio. Il neurotrasmettitore viene
liberato dallo spazio presinaptico formato da varicosità verso lo spazio sinaptico e captato da
recettori postsinaptici classificati come α o β adrenergici oppure recettori presinaptici
deputati alla modulazione della liberazione del NT.
1. Formazione della noradrenalina: la tirosina è un AA che viene fatto entrare
nell’assoplasma mediante un cotrasporto con il sodio, qui viene idrossilato a
diidrossifenilalanina (DOPA). La DOPA è decarbossilata per formare dopamina.
2. Immagazzinamento in vescicole: la DOPA viene immessa dentro vescicole grazie ad un
trasporto deputato anche alla ricaptazione della NA una volta terminata l’azione
sinaptica. Qui attraverso l’enzima β-idrossilasi si ha la conversione della dopamina in
noradrenalina mediante idrolisi. Nella midollare del surrene la NA viene metilata e si
forma adrenalina, entrambe vengono secrete nel flusso ematico.
3. Liberazione della NA: all’arrivo del potenziale d’azione il flusso di calcio permette la
fusione delle vescicole con la membrana presinaptica e la fuoriuscita della NA nello
spazio sinaptico. (Tappa inibita dalla guanetidina).
4. Legame con il recettore: i recettori adrenergici sono situati negli organi bersaglio, ma
anche nella membrana del neurone presinaptico come sistema regolatorio. I recettori
una volta legati trasducono il messaggio utilizzando come secondi messaggeri sia il
cAMP che l’IP3.
5. Rimozione della NA: il NT una volta presente nello spazio sinaptico viene eliminato in 3
modi: può diffondere nello spazio extracellulare ed entrare nel circolo generale, può
essere degradato dal sistema COMT (catecol-O-metiltransferasi) oppure può essere
ricatturata dal neurone presinaptico.
6. Destini della NA ricatturata: può essere reimmessa nelle vescicole per essere
riutilizzata oppure può venire degradata dalla MAO (monoaminossidasi) presente
all’interno dei mitocondri neuronali. I prodotti inattivi del metabolismo sono l’acido
vanillilmandelico, la metanefrina e la normetanefrina riscontrabili all’interno delle
urine.
I recettori adrenergici sono divisibili in 2 categorie in base alla loro affinità relativa a 3
catecolamine: adrenalina, noradrenalina e isoproterenolo.
I recettori α hanno una affinit{ maggiore per l’adrenalina, quasi uguale a quella per la
noradrenalina (anche se leggermente inferiore) e molto bassa per l’isoproterenolo. Essi
vengono suddivisi in 2 gruppi: α1 e α2 con funzioni differenti in base all’affinit{ per α-agonisti
e α-bloccanti.
I recettori α1 hanno la caratteristica di essere distribuiti prevalentemente sulla muscolatura
liscia dei vasi, determinano il loro effetto mediante la produzione di IP3 e liberazione del
calcio.
I recettori β invece dimostrano una elevata affinit{ per l’isoproterenolo, media affinit{ per
l’adrenalina e una bassa affinit{ per la noradrenalina. Il loro grado di affinit{ dipende dal
numero e dal tipo di sostituzioni sull’azoto aminico, maggiore è il composto e maggiore sarà
l’affinit{, infatti l’isoproterenolo
ha aggiunto un gruppo
isopropilico ed è il più affine.
I recettori β sono anch’essi
divisi in sottogruppi: i β1 hanno
una affinità sovrapponibile sia
per l’adrenalina che per la
noradrenalina, mentre i β2
hanno una maggior affinità per
l’adrenalina.
Questi recettori funzionano
attraverso l’intervento di un
secondo messaggero, che in
questo caso è il cAMP prodotto
dall’adenilato ciclasi.
I recettori sono ampiamente distribuiti anche se in alcuni distretti c’è la prevalenza di un
recettore rispetto ad un altro, ad esempio nel cuore ci sono i β1, nel muscolo liscio vasale ci
sono gli α1 e nel muscolo striato scheletrico predominano i β2, i quali sono preponderanti
anche a livello della muscolatura liscia bronchiale.
I recettori eccessivamente esposti agli agonisti adrenergici sviluppano un fenomeno di
desinsibilizzazione che avviene in 3 modalità:
Sequestro dei recettori
Down-regulation con scomparsa dei recettori e riduzione della sintesi
Incapacità ad accoppiare la proteina G
Alfa 1 Alfa 2 Beta 1 Beta 2
Vasocostrizione Inibizione Tachicardia Vasodilatazione
liberazione (muscoli scheletrici)
noradrenalina
Aumento RVP Inibizione Aumento lipolisi Lieve diminuzione
liberazione insulina RVP
Aumento pressione Aumento contrattilità Broncodilatazione
miocardica
Midriasi Aumento liberazione Aumento
di renina glicogenolisi epatica
e muscolare
Aumento chiusura Aumento liberazione
dello sfintere interno glucagone
della vescica
Rilassamento
muscolatura uterina
ADRENALINA
È una delle 4 catecolamine più usate in farmacologia insieme a dopamina, dobutamina e
noradrenalina. È un composto di sintesi ma è anche prodotta dalla midollare del surrene per
metilazione della noradrenalina, con la quale è immessa nel circolo ematico.
Svolge numerosissime funzioni ed è l’unico beta agonista diretto che ha azione su tutti i tipi di
recettori adrenergici (alfa1,2,beta1,2).
Azioni:
Sistema cardiovascolare: effetti fondamentali, agisce incrementando la contrattilità
miocardica e la frequenza (effetto beta1), agisce aumentando marcatamente la
pressione sistolica aumentando la contrazione della muscolatura liscia vasale della
cute, dei visceri e delle mucose (azione alfa1), aumenta la vasodilatazione delle
arteriole muscolari scheletriche (azione beta2) riducendo la pressione diastolica. Nel
NORADRENALINA
Molecola biologica endogena naturale, ma somministrata come farmaco vede una prevalente
azione sui recettori alfa, rivelando una quasi neutralità per i recettori beta.
Azioni: principalmente vasocostrizione per stimolazione alfa1 non bilanciata da
vasodilatazione muscolare scheletrica come adrenalina per assenza effetto beta2; aumento
conseguente di pressione sia diastolica che sistolica ed incremento notevole della pressione
media. L’attivit{ riflessa rilevata nei barocettori evoca uno stimolo vagale che causa una
bradicardia modesta.
ISOPROTERENOLO
Farmaco che agisce sui recettori beta e con azione quasi nulla sugli alfa.
Azioni: broncodilatazione per effetto beta2, effetto inotropo positivo e tachicardico (azione
beta1), utile nei casi di blocco atrioventricolare o arresto cardiaco, riduzione della pressione
sistolica a causa dell’azione sui beta2, lieve aumento della sistolica per azione sul cuore.
In linea di massima la pressione diminuisce e per attività riflessa parte un impulso positivo
simpatico volto a dare tachicardia. La lipolisi e l’iperglicemia sono eventi teorici ma in clinica
non si sono verificati con entità rilevante.
Usi terapeutici: attacco acuto asmatico (come adrenalina), in situazioni d’emergenza può
essere usato per stimolare il cuore.
Farmacocinetica: mucosa sublinguale, parenterale, aerosol.
Effetti avversi: sovrapponibili all’adrenalina.
DOPAMINA
Precursore naturale della noradrenalina, è presente nei neuroni del SNC e principalmente nel
circuito dei nuclei della base, ma ha anche azioni a livello della midollare del surrene . agisce
legandosi sia a recettori alfa che beta in modo dipendente dalla dose in quanto a dosi elevate
si lega preferenzialmente ai recettori alfa1 stimolando una vasocostrizione generalizzata, a
basse dosi ha affinità elevata per i beta inducendo effetto cronotropo e inotropo positivi sul
cuore. In più presenta anche un’affinit{ particolare per i recettori proprio dopaminergici D1 e
D2 situati nei vasi del circolo mesenterico e renale che mediano una vasodilatazione di tali
distretti vascolari.
Azioni: sul cardiovascolare dà tachicardia e aumento della forza contrattile, a dose elevata
anche vasocostrizione, tuttavia risparmia la vasocostrizione renale evitando un’insufficienza
renale da bassa portata che non viene antagonizzata da alfa e beta farmaci visto che è mediata
dai propri recettori D1 e 2.
Usi terapeutici: farmaco di prima scelta nello shock (in tal senso è molto più utile della
noradrenalina perché risparmia il circolo splancnico e renale dall’ipovolemia).
Effetti avversi: a dosi alte ha gli stessi effetti di un’eccessiva stimolazione simpatica.
DOBUTAMINA
Catecolamina di sintesi molto usata in terapia.
Azioni: ha specificità particolare per i recettori beta1 agendo come fattore inotropo positivo e
cronotropo.
Usi terapeutici: insufficienza cardiaca congestizia, molto utile perché fa aumentare la
contrattilità senza variare eccessivamente la frequenza, in tal modo risparmia il miocardio da
un fabbisogno aumentato di ossigeno.
Effetti avversi: può dare fibrillazione atriale perché aumenta la conduzione AV.
METOXAMINA
Azioni ed usi molto simili alla fenilefrina.
CLONIDINA
Farmaco che privilegia il legame con i recettori alfa2, in questo senso viene utilizzata per
curare l’ipertensione essenziale e ridurre i sintomi di astinenza da oppiacei e benzodiazepine.
A livello centrale provoca un’inibizione dei centri del simpatico.
METAPROTERENOLO
Farmaco principalmente broncodilatante vista l’azione prevalente sui beta2 e pertanto ha
scarsi effetti sul cuore (a differenza dell’isoproterenolo che inoltre ha anche emivita molto più
breve in quanto catecolamina e quindi distrutta da COMT e biodisponibilità orale minima).
Questo può essere dato per via orale e anche come aerosol tramite erogatori.
SALMETEROLO E FORMOTEROLO
Hanno stessa azione dei precedenti ma più duratura.
AMFETAMINA
Si tratta di un composto che viene talvolta abusato ed ha azione simpaticomimetica indiretta
sia sui recettori alfa che beta. Infatti svolge la sua azione determinando una liberazione di
tutte le molecole di noradrenalina dalle terminazioni sinaptiche con conseguente tachicardia,
contrattilità aumentata, ipertensione.
Usi terapeutici: trattamento dei bambini con disturbi dell’attenzione, nella narcolessia e nei
disturbi dell’appetito.
Effetti avversi: controindicata in gravidanza.
COCAINA
Svolge la sua funzione simpaticomimetica attraverso inibizione della ricaptazione della
noradrenalina.
EFEDRINA
Farmaco particolare che svolge la sua azione sui recettori alfa e beta sia in modo diretto
interagendo coi recettori stessi, sia in modo indiretto stimolando la secrezione di NA.
Ha lunga durata d’azione ed è ben assorbito per via orale. Può penetrare nel sistema nervoso
centrale. Utilizzata per il trattamento dell’asma, come decongestionante nasale e per aumento
della pressione sanguigna.
Simpaticolitici
Si tratta di farmaci che si legano reversibilmente o meno ai recettori adrenergici bloccando il
legame del mediatore endogeno con il recettore che risulta occupato dal farmaco.
Anche in questo caso esistono antagonisti alfa-bloccanti e beta-bloccanti in relazione alla
maggior affinità nei confronti di un recettore.
Bloccanti alfa-adrenergici
Hanno forti effetti sulla pressione
sanguigna e non tutti ipotensivi,
tendono a generare ipotensione
ortostatica, sono terapeuticamente
utili solo quelli selettivi per gli alfa1.
Inoltre la riduzione pressoria evoca
una risposta riflessa tachicardica
sempre presente.
FENOSSIBENZAMINA
Farmaco che forma un legame
covalente col recettore, questo
legame è irreversibile e l’unico
modo che ha l’organismo di rimediare è la sintesi di nuovi recettori. Per questo motivo dopo
una dose di farmaco si ha un effetto duraturo per circa 24 ore.
È un farmaco non selettivo quindi agisce sia sugli alfa1 che alfa2.
Azioni:
Effetti cardiovascolari: riduzione della contrazione muscolare dei vasi periferici con
conseguente ipotensione e riduzione delle RVP, a questo consegue un fenomeno di
tachicardia riflesso per attivazione del simpatico. In più il legame con i recettori alfa2
determina anche un lieve aumento della gittata. Pertanto il contributo alla riduzione
della pressione in un iperteso non è significativo e infatti non è più utilizzato a tali
scopi.
FENTOLAMINA
Farmaco anch’esso aspecifico che colpisce entrambi i recettori alfa, ma con durata d’azione
molto inferiore rispetto al farmaco precedente. Si ha ipotensione ortostatica, tachicardia
riflessa ed eventualmente effetti gravi come dolore anginoso e aritmie dovute alla tachicardia
e al sovraccarico di lavoro del cuore.
Bloccanti beta-adrenergici
Si tratta di farmaci che hanno un azione aspecifica se agiscono sui recettori beta1 e beta2
indistintamente, oppure si parla di farmaci cardiospecifici se interessano solo i beta1.
In ogni caso hanno un ruolo fondamentale nella cura dell’ipertensione senza dare ipotensione
ortostatica come con gli alfa-bloccanti in quanto la funzionalità alfa di controllo delle
resistenze periferiche rimane efficiente.
Sono indicati anche nel trattamento delle aritmie, dell’angina, dell’infarto miocardico e del
glaucoma.
PROPRANOLOLO
Beta-bloccante aspecifico che blocca entrambi i recettori beta.
Azioni:
Cardiovascolari: riduzione della frequenza e della gittata (beta1) riducendo il lavoro
del cuore e il fabbisogno di ossigeno. Utile nel trattamento quindi dell’angina e delle
aritmie sopraventricolari (cronotropo negativo).
Vasocostrizione periferica: mediata dall’inibizione dei beta2 che annulla la
vasodilatazione del distretto muscolare scheletrico e dalla presenza dell’azione alfa1.
In più la diminuzione della GC evoca un riflesso simpatico che dà vasocostrizione
periferica responsabile di sensazione di freddo alle estremità tipica del propranololo.
Comunque l’effetto netto tra la riduzione della cinesi cardiaca e della vasocostrizione
periferica è una progressiva e lenta riduzione della pressione sia sistolica che
diastolica.
TIMOLOLO E NADOLOLO
Altri antagonisti non selettivi più potenti del propranololo.
Il timololo ha un ampio utilizzo per il trattamento del glaucoma cronico ad angolo aperto.
PINDOLOLO E ACEBUTOLOLO
Si tratta di antagonisti con attività agonista parziale sia sui beta che sugli alfa.
Azioni: riduzione della pressione arteriosa in modo più modesto rispetto ai precedenti in
quanto c’è anche un lieve stimolo adrenergico.
Usi terapeutici: nei pazienti ipertesi con bradicardia, che altrimenti avrebbero effetti troppo
bradicardizzanti con gli altri farmaci
Riassunti Farmacologia - © Luca Croci – 2010
LABETOLOLO E CARVEDILOLO
Si tratta di farmaci che possiedono un’azione antagonista sia alfa che beta-adrenergica.
Azione: antiipertensivi che contemporaneamente non elevano le resistenze periferiche e
hanno effetto bradicardizzante e inotropo negativo sul cuore esponendolo ad un minor
consumo di ossigeno.
Usi terapeutici: principalmente usato negli ipertesi anziani in cui è preferibile non avere un
innalzamento delle resistenze periferiche. Oppure usati nelle emergenze ipertensive grazie
alla loro veloce azione.
Effetti avversi: capogiri e ipotensione ortostatica.
RESERPINA
Blocca l’immagazzinamento dei neurotrasmettitori nelle vescicole e di conseguenza lascia via
libera alla MAO di degradare la noradrenalina. I pazienti che assumono il farmaco vanno
incontro ad una graduale diminuzione della pressione arteriosa. Ha inizio lento e durata
lunga. È usata solo se non c’è risposta ad altri trattamenti.
GUANETIDINA
Causa una graduale diminuzione della pressione arteriosa e diminuzione della frequenza
cardiaca dovuta ad una deplezione di noradrenalina dalle terminazioni periferiche.
È usata solo di rado per curare l’ipertensione perché causa ipotensione ortostatica e
abbassamento funzione sessuale maschile.
COCAINA
Inibitore della ricaptazione della noradrenalina che rimane quindi nello spazio sinaptico per
un tempo elevato e causa effetti di amplificazione simpatica. Se si va incontro ad abuso si ha il
fenomeno della desensibilizzazione e paradossalmente si avranno gli effetti opposti.
I farmaci utilizzati per il trattamento del morbo di Parkinson possono essere classificati
tipicamente in base al meccanismo d’azione:
Levodopa: pro-farmaco precursore della dopamina che va a sostituire direttamente la
mancanza del neurotrasmettitore a livello del SNC
Inibitori della dopamina decarbossilasi: carbidopa
Inibitori selettivi della MAO-B: selegilina e rasagilina
Inibitori della COMT: entacapone, tolcapone
Agonisti dei recettori della dopamina: bromocriptina, pergolide, pramipexolo,
ropinirolo
Farmaci che aumentano la liberazione di dopamina: amantadina
Antagonisti muscarinici: benzotrepina, triesifenidile, biperidene.
AMANTADINA
Farmaco che si è visto provocare un aumento della liberazione della dopamina dalle vescicole
presinaptiche. Evidentemente è utile quando ancora sono presenti neuroni dopaminergici.
LEVODOPA
È un profarmaco molto utile nel trattamento del Parkinson soprattutto nelle fasi iniziali della
malattia in cui esiste ancora un numero considerevole di neuroni dopaminergici che possono
captare la L-dopa e trasformarla in dopamina.
Quando il numero di neuroni diminuisce iniziano a verificarsi alcuni problemi:
- Acinesia di fine dose: se si aumenta la dose di L-dopa o si riduce l’intervallo tra le
somministrazioni l’effetto di acinesia di fine dose scompare ma compaiono delle
discinesie (movimenti involontari)
- Effetto on/off: con il progredire della somministrazione il paziente avverte periodi di
compenso adeguato con periodi di ricomparsa dell’acinesia. Pertanto è vietata
l’interruzione brusca della terapia con levodopa.
Si dice appunto che il farmaco subisce fluttuazioni della sua efficacia e non si presentano
acinesie solo durante il piccolo periodo in cui il farmaco resta nell’organismo. Si tratta
pertanto di un effetto sintomatico.
Azioni: la levodopa è efficiente nel ridurre tutti i sintomi del parkinsonismo, se sono presenti
sufficienti neuroni. Agisce mediante un legame principale ai recettori D2.
Usi terapeutici: efficace nei primi anni del parkinsonismo, dopo il 4-5 anno inizia a verificarsi
un declino della risposta.
Farmacocinetica: è un farmaco con biodisponibilità orale molto bassa visto che viene
metabolizzato in gran parte dall’intestino e un’altra parte resta in periferia dando effetti
tossici. L’emivita è piuttosto breve di circa 1-2 ore. L’ingestione di cibo può interferire con la
biodisponibilità di levodopa, soprattutto a seguito di pasti proteici in quanto il trasportatore
intestinale è responsabile del trasporto nel circolo anche di aminoacidi. Inoltre i grossi
aminoacidi competono con la levodopa anche per il trasporto attraverso la BEE.
Per questo la levodopa viene data 45 minuti prima del pasto.
Effetti avversi:
SNC: allucinazione visive e uditive, discinesie, modificazioni dell’umore, depressione e
ansia. Le allucinazioni e le discinesie sono gli effetti opposti del morbo di Parkinson e
questo è giustificato dall’iperattivit{ della dopamina sui gangli della base. In più
possono esserci insonnia o sonnolenza, incubi e illusioni.
Effetti periferici: anoressia, nausea e vomito per attivazione del centro chemocettore;
tachicardia ed extrasistoli ventricolari per l’azione stimolante ortosimpatica della
dopamina sul cuore (soprattutto a dosi elevate), ipotensione determinata dal legame in
periferia con i recettori D1 e D2 che causano vasodilatazione splancnica renale e
mesenterica. Si sviluppa anche midriasi e la saliva e l’urina sono di colore brunastro
per la presenza di melanina ottenuta dall’ossidazione delle catecolamine. In più si
possono verificare anche leucopenia, agranulocitosi ed anemia emolitica.
Interazioni farmacologiche
- Neurolettici: i farmaci antipsicotici hanno un meccanismo d’azione che inibisce i
recettori D2 della dopamina e di conseguenza si ha una riduzione dell’efficacia dell’L-
dopa e dei fenomeni di parkinsonismo iatrogeno indotto direttamente dai neurolettici.
Questi farmaci sono controindicati nel paziente con Parkinson.
CARBIDOPA E BENSERAZIDE
Sono inibitori PERIFERICI della DOPA-decarbossilasi che è l’enzima che converte la DOPA in
dopamina e di conseguenza riducono drasticamente gli effetti dannosi periferici e in più
riducono l’eccessivo metabolismo intestinale permettendo che una quota maggiore di
levodopa raggiunga l’encefalo. Il risultato è che l’associazione consente di usare dosi minori di
levodopa (di circa 4-5 volte).
Formulazioni farmaceutiche già combinate:
- Levodopa + Carbidopa = Sinemet
- Levodopa + Benserazide = Madopar
ENTACAPONE E TOLCAPONE
Sono inibitori della COMT che permettono una riduzione della produzione di 3-O-metildopa
dal metabolismo della levodopa, che in questa forma non riesce ad entrare nell’encefalo.
Normalmente questa via non è attiva, ma dopo l’uso di carbidopa subisce una ingente
stimolazione e di conseguenza questi farmaci riducono ulteriormente la dose necessaria di L-
dopa e aumentano i livelli di levodopa cerebrali.
Farmacocinetica: hanno una biodisponibilità orale elevata e si legano in gran parte alle
proteine plasmatiche. Il tolcapone ha durata d’azione molto lunga e va ad inattivare
principalmente la COMT encefalica anche se si è visto che gli effetti più importanti sono
effettuati dall’inibizione dell’enzima in periferia.
Effetti avversi: entrambi hanno effetti avversi come nausea, vomito, diarrea, ipotensione
posturale, discinesie e allucinazioni. Il tolcapone è stato ormai abbandonato perché in alcuni
casi può dare necrosi epatica fulminante.
La formulazione farmaceutica prevede levodopa + carbidopa + entacapone (Stalevo).
SELEGILINA E RASAGILINA
Inibitori selettivi della MAO-B. Consente di ridurre la dose necessaria di L-dopa. Se
somministrata a basse dosi non esercita azioni sulla MAO-A e non provoca crisi ipertensive a
differenza degli inibitori non selettivi, tuttavia ad alte dosi causa rischio ipertensivo.
AMANTADINA
Farmaco antivirale che si è visto casualmente migliorare i sintomi del parkinsonismo. Sembra
stimolare la liberazione di dopamina. Può causare effetti avversi come irrequietezza,
agitazione, confusione e allucinazioni, ad alte dosi può anche dare psicosi tossica acuta.
Se la liberazione di dopamina è già massima il farmaco non ha effetto.
La tolleranza si instaura molto rapidamente e in più ha scarso effetto sul tremore.
Con l’aumento delle dosi si riducono sia gli effetti farmaceutici che tossici.
VALPROATO
Si tratta di acido valproico, è un farmaco utilizzato per la maggior parte degli attacchi
epilettici.
Azione: farmaco che determina un blocco dei canali del sodio e il potenziamento della
trasmissione GABA-ergica attraverso un’inibizione della GABA-transaminasi deputata al
metabolismo del GABA nelle cellule gliali. Come effetto cumulativo si ha quindi una riduzione
della soglia di attivazione dei neuroni, di cui quelli del focus primario sono maggiormente
suscettibili.
Usi terapeutici: farmaco di prima scelta negli attacchi mioclonici, diminuisce anche le
assenze ma è di seconda scelta per la potenziale epatotossicit{. Riduce l’incidenza e l’entit{
degli attacchi tonico-clonici.
Farmacocinetica: efficace per via orale, si lega per il 90% alle proteine, è metabolizzato nel
fegato ed escreto con le urine.
Effetti avversi: tremore, nausea, sonnolenza e insufficienza epatica. In più dà alopecia,
aumento di peso e malformazioni fetali. Infatti si è visto che risulta essere teratogeno, sono
stati osservati casi di spina bifida.
LAMOTRIGINA
Farmaco efficace tra quelli nuovi (aggiuntivi).
Azioni: blocca i canali del sodio e i canali del calcio voltaggio dipendenti determinando
un’aumento della polarizzazione neuronale e una minor probabilità di scarica. In più sembra
interagire anche con la liberazione del glutamato inibendola.
Usi farmaceutici: è efficace nel trattamento degli attacchi parziali e generalizzati e anche
nelle assenze tipiche.
Farmacocinetica: biodisponibilità orale del 100%.
Effetti avversi: cefalea, capogiri, atassia. In alcuni casi provoca eruzioni cutanee che possono
rivelarsi anche molto pericolose e pertanto nei bambini si riserva solo l’utilizzo in alcuni casi.
CLONAZEPAM
Si tratta di una benzodiazepina con attività antiepilettica.
Azioni: potenziamento della trasmissione GABA-ergica andando a legarsi al sito recettoriale
del GABA-A e determinando una aumentata permeabilità al cloro.
Usi terapeutici: efficace nelle assenze e negli attacchi mioclonici, tuttavia si sviluppa
tolleranza in 1-6 mesi.
Esistono anche altre benzodiazepine con attività antiepilettica come il LORAZEPAM e il DIAZEPAM
utili nel trattamento acuto dello stato epilettico. Anche il CLORAZEPATO che è attivo soprattutto
negli attacchi parziali.
Effetti avversi: sicuramente sono i farmaci più sicuri e con meno effetti collaterali, l’uso
cronico può portare sonnolenza, affaticamento, atassia, capogiri.
FENITOINA
Meccanismo d’azione: inibizione del canale del sodio
dipendente dal voltaggio. A dosi molto elevate può inibire i canali
del calcio intereferendo con la liberazione monoaminergica.
Azioni: riduce la propagazione di impulsi anomali nel cervello.
Usi terapeutici: molto efficace per tutti gli attacchi parziali, per
gli attacchi tonico-clonici e per trattare lo stato epilettico. Non è
efficace nelle assenze.
Farmacocinetica: la biodisponibilità orale è elevata ma è molto lenta, tuttavia la
distribuzione è ampia e anche a livello cerebrale. Nello stato epilettico viene somministrata
per via endovenosa. Viene metabolizzata dal CYP epatico. A basse dosi il t1/2 è di 24 ore ma
se si incrementa la dose il sistema di idrossilazione si satura e la concentrazione plasmatica
cresce rapidamente potendo dare effetti tossici. (cinetica di ordine zero).
È un induttore enzimatico.
Effetti avversi: ipertrofia gengivale, irsutismo, anemia megaloblastica (per interazione con
reazioni della vit B12), reazioni allergiche, palatoschisi nel neonato se usato in gravidanza e
altre possibili malformazioni fetali. Esistono anche problemi di depressione del SNC con
nistagmo e atassia (sistema vestibolare e cervelletto) e problemi gastrointestinali.
Si può avere inibizione della produzione di ADH e iperglicemia da ridotta secrezione di
insulina. Il trattamento con fenitoina non deve essere interrotto bruscamente.
Le concentrazioni plasmatiche devono essere monitorate attentamente in quanto è una
cinetica di ordine zero con un sistema metabolico saturabile che può portare a molti effetti
tossici. Le dosi terapeutiche vanno da 10-20 µg/ml, mentre dopo i 20 si parla di tossicità.
Intorno ai 20 si ha un nistagmo, vicino ai 30 atassia e verso i 40 letargia.
Interazioni farmaceutiche: esistono diversi farmaci che riducono il metabolismo della
fenitoina come cloramfenicolo, dicumarolo, cimetidina e pertanto aumentano l’emivita
plasmatica e i possibili effetti tossici.
Esistono però anche farmaci come la carbamazepina (altro antiepilettico) che aumentano il
metabolismo del farmaco.
CARBAMAZEPINA
Azioni: inibizione del canale del sodio e riduzione della propagazione degli impulsi.
Usi terapeutici: efficace per tutti gli attacchi parziali. Molto efficace anche per gli attacchi
tonico-clonici. Non è molto utile per le assenze.
Farmacocinetica: biodisponibilità orale massima, ma in tempi lunghi. Liposolubilità che
consente un raggiungimento efficace dell’encefalo. Induttore enzimatico e quindi necessita
cronicamente di un aggiustamento delle dosi vista la sua riduzione dell’emivita.
Effetti avversi: sedazione, visione offuscata, atassia, ritenzione di acqua, reazioni allergiche,
nausea e vomito, iponatriemia specialmente negli anziani. Anche vertigini e cefalea oltre a
stato stuporoso, coma e depressione respiratoria per dosi molto alte.
TOPIRAMATO
Fa parte degli antiepilettici aggiuntivi di nuova scoperta.
Azioni: blocca i canali del sodio allo stesso modo della fenitoina e carbamazepina, inoltre ha
anche un’azione stimolante l’ingresso di ioni cloro nel canale del GABA con un sito di legame
diverso da quello delle benzodiazepine.
Usi terapeutici: efficace negli attacchi parziali refrattari, sia negli attacchi generalizzati
secondari.
Farmacocinetica: è assorbito bene dall’intestino, il 30% è metabolizzato dal fegato e il
restante è eliminato immodificato dal rene. T1/2 di circa 20-25 ore.
Effetti avversi: sedazione, capogiri, sonnolenza, nervosismo, confusione, nausea, perdita di
peso e effetti teratogeni sul feto.
ETOSUCCIMIDE
Farmaco utilizzato efficacemente per trattare le assenze (piccolo male).
Azioni: agisce andando a bloccare i canali del calcio in modo simile alla fenitoina per i canali
del sodio. In questo modo diminuisce la propagazione delle scariche.
Usi terapeutici: piccolo male (farmaco di prima scelta).
Farmacocinetica: si assorbe bene per via orale e non si lega alle proteine plasmatiche, non è
un induttore enzimatico.
Effetti avversi: è irritante per lo stomaco e quindi dà nausea e vomito, in più dà cefalea e
disturbi dell’umore oltre a incapacit{ di concentrarsi.
ZONISAMIDE
Azione: blocco dei canali del sodio e delle correnti del calcio, oltre a potenziamento della
funzione dei recettori del GABA.
Usi terapeutici: epilessie parziali, ma anche generalizzate.
Farmacocinetica: buona disponibilità orale, tempo di dimezzamento lungo.
Effetti avversi: sedazione, riduzione dell’appetito, perdita di peso, calcoli renali.
TIAGABINA
Azione: farmaco che inibisce la ricaptazione del GABA e quindi aumenta l’emivita di questo
composto e le sue azioni deprimenti la trasmissione sinaptica.
Usi terapeutici: utilizzato negli attacchi parziali e studi clinici hanno messo in evidenza che
riduce il numero di attacchi.
Farmacocinetica: si assorbe molto bene per via orale, il legame alle proteine plasmatiche è
del 95%. L’escrezione è principalmente biliare.
Effetti avversi: sedazione
LEVETIRACETAM
Azioni: meccanismo d’azione sconosciuto
Usi terapeutici: viene impiegato nel controllo delle epilessie parziali refrattarie.
Farmacocinetica: escrezione urinaria immodificato. Privo di interazioni farmaceutiche e
quindi un buon farmaco aggiuntivo.
Effetti avversi: capogiri, disturbi del sonno, cefalea, astenia, sedazione.
Farmacocinetica
È molto complessa e la maggior parte di queste subisce delle reazioni di fase 1 in cui vengono
prodotti metaboliti che possiedono anch’essi un’azione farmacologica e dunque l’emivita
media della benzodiazepina tiene in considerazione anche l’emivita dei metaboliti post-
biotrasformazione.
L’assorbimento è del 100% per via orale, la loro liposilubilità permette una diffusione efficace
al SNC. Non passano via intramuscolo per la liposolubilit{ e l’irritabilit{.
L’emivita è variabile tra i vari farmaci e quelli con emivita maggiore sono di solito quelli che
producono intermedi attivi con durata d’azione più lunga e pertanto queste differenze tra i
vari composti determinano ampie variabilità di utilizzo clinico.
Emivita medio lunga (> 48 ore)
o BDZ pronordazepam simili: i metaboliti contribuiscono in modo massiccio
all’azione del farmaco.
o Nitro-BDZ: i metaboliti non danno un contributo rilevante alla durata d’azione
farmacologica. Hanno tipicamente spiccati effetti anticonvulsivanti. La loro
emivita è tra le 24-48 ore.
Emivita breve ultrabreve (< 24 ore)
o BDZ oxazepam simili (10-24 ore): hanno una biotrasformazione molto semplice
e vengono coniugate direttamente con acido glucuronico ed eliminate con le
urine senza subire reazioni di fase 1. Non producono intermedi reattivi. (tipico
il caso del lorazepam).
o Triazolo-BDZ (6 ore): hanno dei metaboliti ma non contribuiscono allo
svolgimento dell’effetto.
o Tieno-BDZ
Gli effetti dei farmaci non terminano soltanto per l’eliminazione ma anche a seguito di
fenomeni di redistribuzione.
Le benzodiazepine attraversano la placenta e sono presenti nel latte materno.
Meccanismo d’azione
Le benzodiazepine sono composti che si legano al recettore del GABA associato ad un canale
ionico che permette l’ingresso nella cellula di ioni cloro determinando un’iperpolarizzazione.
Il recettore-canale del GABA possiede 5 o più subunità di
tipo alfa, beta e gamma.
Il legame delle BDZ a siti specifici presenti all’interfaccia
tra alfa2 e gamma innesca un aumento di sensibilità di
legame del recettore al GABA (aumento di affinità) che a
sua volta si ripercuote sul legame delle BDZ stesse che
dopo il legame col GABA hanno un’affinit{ incrementata.
Quindi né il GABA né le BDZ sono responsabili
direttamente dell’aumento del flusso di cloro, ma è la loro
interazione che permette una maggior frequenza di
apertura del canale. La localizzazione dei recettori delle
BDZ nel SNC è parallela a quella dei recettori del GABA.
In base al tipo di recettore e alla localizzazione nel SNC si
hanno diversi effetti farmacologici.
Una peculiarità del recettore delle benzodiazepine è che si trova costitutivamente attivato per
cui scarica continuamente in modalità diverse. Infatti il recettore si può trovare in uno stato
attivato ed in uno stato di riposo rispettivamente momenti in cui il cloro passa e il cloro non
Azioni
Le attività farmacologiche delle BDZ sono diverse:
1. Riduzione dell’ansia: meccanismo tipicamente α2 (esistono 2 diversi tipi di subunità
alfa) di stimolazione dei neuroni GABA-ergici contenenti subunit{ α2. Tipicamente
quest’azione viene svolta inibendo i circuiti neuronali associati all’ansia nel sistema
limbico.
2. Azione sedativo-ipnotica: tutte le BDZ a livelli diversi hanno la capacità sedativa e
alcune ad alte concentrazioni hanno capacità di indurre il sonno (ipnotiche).
Quest’azione è mediata dal legame con la subunit{ α1.
3. Azione anticonvulsivante: molte BDZ sono usate per trattare l’epilessia, ad esempio il
clonazepam, tuttavia queste sono soggette a tolleranza in breve tempo e non sono
perciò consigliate nel trattamento cronico del paziente epilettico.
4. Azione miorilassante: utile azione per aumentare il rilassamento dei muscoli, ad
esempio nell’anestesia per facilitare l’intervento chirurgico. Probabilmente
quest’azione deriva da un legame α2 di inibizione presinaptica nel midollo spinale in
cui sono concentrati molti recettori GABA-A. In genere servono alte dosi di BDZ.
5. Amnesia anterograda: spesso questi farmaci vengono usati prima di interventi di
broncoscopia o colonscopia mediante azione α1 per ridurre la memoria.
6. Azioni sulla respirazione: a dosi pre-anestetiche induce una riduzione della ventilazione
alveolare e pertanto è sconsigliata nei pazienti che soffrono di apnee notturne.
7. Azioni di ipotensione e tachicardia: sempre a dosi molto alte pre-anestetiche si può
avere ipotensione e tachicardia riflessa.
Usi terapeutici
Ansia: l’ansia viene considerata come uno stato di malessere dovuto a tensione,
apprensione, disagio o paura che sembra derivare da origine sconosciuta. Le BDZ
hanno importanti effetti ansiolitici. Non devono essere usate per l’ansia dovuta allo
stress quotidiano ma solo per stati di ansia grave e talvolta associati ad adeguate
terapie comportamentali:
Ansia generalizzata
Sindromi fobiche
Sindromi da attacchi di panico.
Vengono usati per periodi brevi e non lunghi per il fatto che un’assunzione cronica può
portare ad una farmacodipendenza. Inoltre si sviluppa tolleranza, benchè per l’effetto
ansiolitico la tolleranza si sviluppi in modo minore che per l’effetto sedativo-ipnotico.
(Esiste tolleranza crociata tra i composti del gruppo e anche con l’alcol).
In generale vengono preferiti i composti a lunga durata d’azione come il diazepam per i
pazienti che richiedono un trattamento prolungato.
Un tempo le BDZ erano i farmaci di prima scelta per il trattamento dell’ansia, oggi sono
state ampiamente sostituite dagli antidepressivi di nuova generazione che si sono
rilevati molto più efficaci. Tuttavia gli antidepressivi hanno un Tmax molto lungo e
l’effetto si dimostra dopo circa qualche settimana, così le BDZ vengono usate nel
mentre e poi quando compare l’effetto degli antidepressivi si diminuiscono a scalare.
Effetti avversi:
- Dipendenza: esiste la possibilità che un trattamento cronico porti ad un dipendenza
fisica e psicologica da BDZ per cui la brusca interruzione provoca ansia, irrequietezza,
agitazione, insonnia e confusione mentale. La possibilità è maggiore per i farmaci a
breve durata d’azione come il triazolam.
- Sonnolenza e confusione mentale: intensificazione degli effetti depressivi sul SNC, a
volte si possono avere effetti disinibenti e paradossi (ira e aggressività) soprattutto
negli anziani o depressione (rara).
- Incoordinazione del movimento (atassia): solo ad alte dosi
- Reazioni allergiche (rare).
- Interazione con alcol e altri depressivi (oppiacei, antipsicotici, antistaminici):
potenziamento dell’effetto che può diventare pericoloso. Per questi effetti si considera
sempre un’assunzione cronica di BDZ e non occasionale.
- Teratogenesi: lorazepam, alprazolam, clordiazepossido, diazepam.
- Tossicità fetale: ipotonia, ipotermia e lieve depressione respiratoria. È possibile anche
lo sviluppo di una sindrome simil-astinenziale nel feto con tremori, bradicardia,
ipertonia, iperreflessia…)
- Allattamento: nel latte le BDZ possono penetrare e dare sedazione del neonato, letargia
e perdita di peso.
ZALEPLON
Molto simile allo zolpidem, ha gli stessi effetti ipnotici, tuttavia lascia minori effetti avversi nei
confronti del tratto gastro-intestinale, delle funzioni psicomotoria e cognitiva. Forse questo
rispecchia una sua breve emivita (meno di 1 ora). È metabolizzato dal CYP.
ESZOPICLONE
Farmaco utilizzato per il trattamento dell’insonnia, unico ad avere effetti maggiori rispetto al
placebo. Ha un meccanismo d’azione simile ai precedenti per cui si lega ai recettori alfa1.
Viene assorbito rapidamente e metabolizzato, per poi uscira con le urine. L’emivita è di circa 6
ore. Eventi avversi sono ansia, secchezza delle fauci, dolore al torace, cefalea, sonnolenza.
BUSPIRONE
Azione: ansiolitico utilizzato principalmente per gli stati d’ansia generalizzati, cronici e
associati a sintomi di irritabilità e ostilità. Ha quasi la stessa efficacia delle BDZ nel
trattamento dell’ansia, tuttavia non presenta effetto miorilassante e anticonvulsivo e la
sedazione è minima. Il meccanismo d’azione è diverso da quello delle BDZ in quanto sembra
essere un agonista della serotonina andando a legarsi al suo recettore, ma forse ha anche
azioni di agonismo dopaminergico.
Usi terapeutici: ansia cronica con comportamenti ostili e aggressivi.
Farmacocinetica: metabolizzato dal CYP3A4 e quindi risulta inattivo se dato con la
rifampicina che è un induttore enzimatico, l’emivita invece aumenta se dato con la
eritromicina che è un inibitore.
Effetti avversi: ipotermia, aumento di prolattina e GH, cefalea, capogiri e nervosismo.
Tuttavia è improbabile che si instauri dipendenza.
MEPROBAMATO
Era il sedativo-ipnotico più usato al tempo dei barbiturici, ma ha un IT molto basso.
Barbiturici
Un tempo erano il principale presidio terapeutico utilizzato per sedare il sistema nervoso e
per indurre e mantenere il sonno; oggi sono stati ampiamente rimpiazzati dalle BZD,
principalmente perché inducono tolleranza, enzimi farmaco-metabolizzanti, dipendenza fisica
e sintomi molto gravi di astinenza.
Meccanismo d’azione
L’azione sedativo-ipnotica dei barbiturici è dovuta al potenziamento della trasmissione
GABAergica (allungano la durata di apertura del canale del cloruro); il sito di legame è diverso
da quello delle BZD.
Inoltre i barbiturici possono bloccare i recettori eccitatori del glutammato.
Tutte queste azioni portano a diminuzioni dell’attivit{ neuronale.
Azioni
I barbiturici sono classificati in base alla loro durata d’azione.
Il tiopental che agisce nel giro di secondi e ha durata d’azione di 30 min è usato per l’induzione
e.v. all’anestesia; al contrario il fenobarbital, che ha durata d’azione superiore a un giorno, è
utile per il trattamento delle convulsioni.
Il pentobarbital, secobarbital, amobarbital sono barbiturici a breve durata d’azione, efficaci
come sedativi e
ipnotici (non come antiansia).
Depressione del SNC
A basse dosi i barbiturici provocano sedazione (effetto calmante, riduzione dell’eccitazione); a
dosi più alte causano ipnosi, seguita da anestesia (perdita della percezione e della sensibilità)
e infine coma e morte.
Perciò, a seconda della dose, è possibile qualunque grado di depressione del SNC.
Non hanno proprietà analgesiche (anzi possono esacerbare il dolore).
L’uso cronico porta a tolleranza.
Depressione respiratoria
I barbiturici sopprimono la risposta all’ipossia e quella dei chemorecettori alla CO2 e il
sovradosaggio è
seguito da depressione respiratoria e morte.
Induzione di enzimi
I barbiturici inducono gli enzimi microsomiali P-450 nel fegato; perciò la somministrazione
cronica fa diminuire l’azione di molti farmaci che dipendono dal metabolismo del P-450 per
ridurre la loro concentrazione.
Usi terapeutici
Anestesia
I barbiturici ad azione ultrabreve, come il tiopental, sono usati per via e.v.
Farmacocinetica
Sono assorbiti dopo somministrazione orale e si distribuiscono ampiamente in tutto
l’organismo dal cervello alle aree splancniche, ai muscoli scheletrici e infine al tessuto
adiposo.
Attraversano rapidamente la placenta e possono deprimere il feto.
Essi, con l’esclusione del fenobarbital, sono metabolizzati nel fegato e i metaboliti inattivi sono
escreti nelle urine.
Effetti avversi
SNC
I barbiturici causano sonnolenza, diminuzione della concentrazione e torpore mentale e fisico;
gli effetti di depressione del SNC sono sinergici con l’etanolo.
Depressione residua del SNC
Dosi ipnotiche di barbiturici provocano una sensazione di stanchezza che si mantiene ben
oltre il risveglio del pz; tale depressione residua provoca un’alterazione della capacit{ di agire
normalmente per parecchie ore dopo il risveglio; occasionalmente si presentano nausee e
capogiri.
Precauzioni
Inducono il sistema P-450 e possono ridurre l’effetto di farmaci che sono metabolizzati da
questi enzimi.
Fanno aumentare la sintesi di porfirina e sono controindicati nei pz con porfiria acuta
intermittente.
Dipendenza fisica
La brusca interruzione dell’assunzione può causare tremori, ansia, debolezza, irrequietezza,
nausea e vomito, convulsioni, delirio e arresto cardiaco.
L’astinenza è più grave di quella da oppiacei e può portare alla morte.
Avvelenamento
La forte depressione respiratoria è associata con depressione cardiovascolare di origine
centrale e porta a una condizione simile allo shock con respirazione debole e poco frequente.
Il trattamento prevede la respirazione artificiale e se il farmaco è stato assunto di recente la
lavanda gastrica.
Non è disponibile nessun antagonista specifico dei barbiturici.
Se sono state assunte grandi quantit{ di farmaco può essere necessaria l’emodialisi.
Spesso l’alcalinizzazione delle urine aiuta l’eliminazione del farmaco.
Indicazioni terapeutiche:
1. Depressione medio-grave: le forme reattive invece non sono trattate
farmacologicamente. Molti pazienti non rispondono a tali terapie. Per scegliere il
farmaco bisogna tenere presente se il paziente ha già avuto crisi depressive e con quale
farmaco era stato trattato e se era stato efficace, altrimenti se si tratta della prima volta
si può fare un’analisi familiare e vedere a quali farmaci hanno risposto i familiari che
hanno avuto depressione. Se non risponde a nessun trattamento si può usare in
associazione il litio. La terapia di mantenimento deve sempre essere a dosi piene.
2. Sindromi ansiose: soprattutto SSRI associati a BDZ per gli attacchi acuti
3. Sindrome ossessivo-compulsiva
4. Bulimia e anoressia: per il trattamento della bulimia gli antidepressivi sono utili in
acuto e anche in mantenimento. Nell’anoressia non sono utili in acuto e possono avere
effetto solo se il paziente recupera il peso corporeo almeno del 75%. In più negli
anoressici si usano i SSRI che sono i meno tossici essendo questi pazienti più
suscettibili agli effetti avversi.
5. Dolore cronico: ATC e SNRI
6. Disturbi da deficit dell’attenzione: ATC e NARI. Non si usa più l’amfetamina che d{
problemi motori seri.
Antidepressivi triciclici
Questi farmaci comprendono composti che hanno strutture peculiari a 3 anelli (triciclici), 4
anelli (tetraciclici, colo il caso della maprotilina).
Tra questi ci sono amine terziarie:
- IMIPRAMINA (capostipite)
- AMITRIPTILINA
- CLOMIPRAMINA
- DOXEPINA
- TRIMIPRAMINA
E amine secondarie:
- DESIPRAMINA
- NORTRIPTILINA
- MAPROTILINA
Riassunti Farmacologia - © Luca Croci – 2010
Altri: DOSULEPINA (ha effetti su ricaptazione di NA, serotonina e dopamina).
Tutti gli ATC hanno efficacia sovrapponibile e sono un’utile alternativa ai pazienti che non
rispondono ai SSRI.
Meccanismo d’azione: questi farmaci agiscono bloccando il trasportatore deputato alla
ricaptazione della noradrenalina e della serotonina dallo spazio sinaptico al neurone
presinaptico. Questi 2 mediatori vengono quindi mantenuti più a lungo nello spazio sinaptico
ed esercitano un’azione attivatoria sui neuroni postsinaptici stimolando una risposta efficace
di attivazione. Il meccanismo vero e proprio però è ancora abbastanza sconosciuto, si pensa
che l’inibizione della ricaptazione possa determinare in un primo momento un aumento
modesto del mediatore nello spazio sinaptico dovuto alla mancata ricaptazione, ma
contemporaneamente si verifica anche un incremento del legame dei mediatori ai recettori
presinaptici inibitori che riducono la liberazione dei mediatori dalle vescicole. Per questo
motivo l’effetto farmacologico non si presenta prima di 2 settimane fino ad arrivare ad un
massimo d’efficacia a 12 settimane. Infatti dopo un certo periodo i recettori presinaptici
vanno incontro a down-regulation per eccessiva esposizione ai mediatori e di conseguenza è
possibile una maggior liberazione di mediatore e un’attivit{ sinaptica molto più marcata.
È stato inoltre ipotizzato che esistano dei neuroni serotoninergici inibitori che riducono la
liberazione di NA e l’inibizione della ricaptazione di serotonina manda in down-regulation i
recettori 5-HT con riduzione dell’inibizione. In più l’inibizione della ricaptazione della NA
agisce anche sui recettori alfa presinaptici inibitori che vanno in down-regulation. Esiste
anche un’azione di desensibilizzazione dei recettori beta. Oltre a questo gli ATC hanno anche
un’azione inibitoria sui recettori muscarinici e dell’istamina.
Azioni: elevano l’umore, aumentano lo stato di allerta mentale, favoriscono l’attivit{ fisica. Le
amine secondarie tendono ad avere un’azione maggiore sulla ricaptazione della NA, mentre le
terziarie sulla serotonina. Le terziarie inoltre hanno un maggior effetto anticolinergico e
sedativo rispetto alle secondarie.
Usi terapeutici: depressione maggiore di grado elevato, anche per disturbi di attacchi di
panico. In ogni caso oggi vengono somministrati solo nei casi in cui i pazienti non rispondano
agli altri antidepressivi (SSRI e NSRI). L’amitriptilina viene usata nel trattamento del dolore
cronico neuropatico.
Farmacocinetica: somministrazione per via orale, sono lipofili e raggiungono l’encefalo.
La biodisponibilità orale non è molto alta a causa del metabolismo di primo passaggio da
parte del fegato e quindi la posologia va aggiustata in base alla risposta del paziente.
Il tempo di dimezzamento è lungo. Il trattamento iniziale di solito si prolunga per 4-8
settimane dopodichè si inizia a scalare la dose.
Effetti avversi: l’indice terapeutico di questa categoria è molto basso e la dose letale è 5-6
volte quella giornaliera, bisogna monitorare e prestare attenzione all’utilizzo di tali farmaci da
parte di pazienti depressi a causa del possibile utilizzo suicida.
I principali effetti indesiderati sono secchezza delle fauci, stitichezza, disturbi della sfera
sessuale, ipotensione ortostatica (per inibizione dei recettori alfa), sedazione, aumento di
peso (aumento dell’appetito dovuto a un blocco dei recettori dell’istamina), disturbi di
memoria soprattutto negli anziani.
Essi hanno anche effetti teratogeni verificati con la clomipramina (malformazioni
cardiovascolari) ed effetti di tossicità fetale come rischio di parto pretermine, ridotto peso alla
nascita e complicanze perinatali a seguito della brusca sospensione di clomipramina.
La nortriptilina è l’unica che sembra avere risultati rassicuranti durante allattamento.
Esiste un rischio di tossicità da sovradosaggio con coma, convulsioni, aritmie, ritenzione
urinaria e paralisi intestinale. Il rischio di sovradosaggio letale è alto.
Esistono 2 principali composti ad azione duplice sui mediatori serotonina e NA e si tratta di:
- VENLAFAXINA
- DULOXETINA
Antidepressivi atipici
Si tratta di una categoria di farmaci antidepressivi ormai di scarso utilizzo a seguito dei gravi
effetti avversi e delle necessarie restrizioni dietetiche a cui il paziente deve andare incontro.
- FENELZINA
- TRANILCIPROMINA
Azione: bloccano irreversibilmente gli enzimi che determinano metabolismo delle
catecolamine e la conseguenza è un’eccessiva presenza di dopamina, noradrenalina e
serotonina nell’encefalo. In più questi inibiscono anche le MAO periferiche e non solo del SNC
e ciò implica un’elevata incidenza di interazioni con altri farmaci e cibi.
Usi terapeutici: depressione non responsiva ai ATC e con forte componente ansiogena, anche
depressione atipica.
Effetti avversi: molto gravi e potenzialmente letali se si instaura un quadro di sindrome
serotoninergica., in ogni caso ci sono effetti avversi intensi di cefalea, tachicardia, nausea,
ipertensione, aritmie, ictus, bisogna evitare i cibi contenenti tiramina.
- ADEMETIONINA
- OXITRIPTANO
- IPERICO (erba di san Giovanni): si tratta di una miscela di diverse sostanze contenenti
l’iperforina che è il principio attivo. Però questa dà origine a interazione con altre
terapie come immunosoppressori e contraccettivi orali. Molto pericoloso l’uso
autonomo di queste sostanze.
LITIO
Il litio è un farmaco somministrato come sali di litio, in genere si tratta di carbonato di litio. È
uno ione e attraversa le membrane per filtrazione.
Meccanismo d’azione: il meccanismo preciso non è del tutto noto ma sembra interferire con
la risintesi dell’inositolo bifosfato (PIP2) e quindi interviene nella cascata di reazioni che
coinvolge il secondo messaggero IP3. Il farmaco sembra legarsi all’enzima inositolo fosfatasi
che rende disponibile una molecola di inositolo da legare all’acido fosfatidico per formare con
l’intervento di una chinasi il PIP2. Il PIP2 a sua volta quando arriva lo stimolo adeguato viene
processato dalla fosfolipasi C che lo divide in diacilglicerolo e inositolo trifosfato (IP3)
secondo messaggero per l’ingresso del calcio intracellulare dai depositi citoplasmatici.
Azione: determina una risoluzione degli episodi maniaco-depressivi e maniacali. In più è
efficace anche nei pazienti affetti da manie o ipomanie.
Usi terapeutici:
Fase acuta di un episodio maniacale, tuttavia ha effetti molto lenti e quindi si deve
ricorrere ad un trattamento combinato con BDZ per avere effetti sedativi importanti
Prevenzione di recidive maniacali o depressive della sindrome bipolare: viene utilizzato a
dosaggi più bassi
Prevenzione delle recidive depressive nella sindrome depressiva ricorrente
Trattamento delle forme depressive resistenti agli antidepressivi. Normalmente si usa in
associazione all’antidepressivo come rinforzo.
Farmacocinetica: biodisponibilità orale del 100% e passa le membrane per filtrazione.
Attraversa la barriera EE anche se con lentezza e pertanto serve un certo tempo per avere
l’effetto terapeutico. L’eliminazione avviene con le urine e in quantit{ molto modeste anche
con sudore e feci. L’emivita è di circa 1 giorno. Non è sottoposto a metabolismo di alcun tipo.
Effetti avversi: il litio è un farmaco con IT molto basso e pertanto è dotato di intrinseca
tossicità.
- Effetti indesiderati a breve termine: diarrea, tremori alle mani, sapore metallico,
gastralgia e aumento della diuresi per escrezione eccessiva di sodio.
- Effetti indesiderati a lungo termine: eruzioni cutanee, aumento di peso, edema agli arti
inferiori. Le conseguenze più gravi però riguardano un’alterazione della funzionalità
tiroidea e renale.
Tossicità da sovradosaggio:
- Litiemia tra 1,4 e 3,5 mEq/l: vomito, diarrea, sedazione, tremori grossolani alle mani,
disturbi nell’articolare la parola, vertigini, atassia.
- Litiemia oltre 3,5 mEq/l: stato soporoso, fascicolazioni muscolari, convulsioni,
nistagmo, aritmie, albuminuria, coma e morte. Necessario intervenire con dialisi.
CARBAMAZEPINA
Altro farmaco che può essere usato per correggere questi disturbi, soprattutto certi sintomi.
In ogni caso determinano effetti avversi come diplopia, offuscamento visivo, affaticabilità,
nausea e atassia, eruzioni cutanee, leucopenia e trombocitopenia. In caso di sovradosaggio
invece si hanno nistagmo, midriasi, segni piramidali ed extrapiramidali, atassia, depressione
respiratoria, convulsioni, tachicardia, aritmie e ipotensione, compromissione della coscienza
fino al coma.
Rischio di malformazioni cardiache, per la tossicità sembra utile la vitamina K e non prevede
problemi l’allattamento al seno.
ACIDO VALPROICO
Altro antiepilettico che può essere usato contro il disturbo bipolare. È utile nella fase acuta di
un episodio maniacale e prevenzione delle recidive maniacali. Effetti avversi sono aumento
delle transaminasi, anoressia, nausea a vomito e iperandrogenismo. Il sovradosaggio dà
blocco cardiaco, coma e sonnolenza.
Teratogenesi: rischio di spina bifida e anomalie scheletriche, compatibile con l’allattamento al
seno.
LAMOTRIGINA
Altro antiepilettico coinvolto in attenuazione di alcuni sintomi, sembra utile nella prevenzione
della recidive maniacali. Effetti avversi sono vertigini, atassia, disturbi del sonno, diplopia,
offuscamento visivo, nausea, vomito, eruzioni cutanee.
Per il sovradosaggio si possono manifestare febbre, linfoadenopatie, edema faciale, rash
cutaneo morbilliforme, leucocitosi, epatite e insufficienza renale acuta.
Sconsigliato l’allattamento al seno.
Riassunti Farmacologia - © Luca Croci – 2010
ANTIPSICOTICI
27. Farmaci antipsicotici
I farmaci antipsicotici sono anche detti neurolettici o antischizofrenici in quanto vengono
utilizzati per trattare la schizofrenia e altri disturbi dell’ideazione e stati psicotici.
La schizofrenia è una patologia che deriva da una qualche disfunzione a livello encefalico che
determina una anomala visione della realtà caratterizzata da idee deliranti, allucinazioni e
disturbi dell’ideazione. È piuttosto comune e colpisce l’1% della popolazione. Sembra
interessi un’anomalia nella neurotrasmissione dopaminergica dei circuiti mesolimbici.
Pertanto gli antipsicotici tipici cioè quelli più antichi sono caratterizzati da una capacità di
inibizione dei recettori della dopamina, principalmente i D2, mentre quelli atipici o più recenti
coinvolgono la neurotrasmissione serotoninergica.
Inoltre gli antipsicotici tipici sono differenti per potenza ma hanno tutti la stessa efficacia. Gli
atipici invece hanno tutti efficacia pari o maggiore rispetto a quelli tipici.
Antipsicotici tipici:
Fenotiazine: CLORPROMAZINA, LEVOMEPRONAZIMA, PROMAZINA, PERICIAZINA, DIXIRAZINA,
FLUFENAZINA , PERFENAZINA , TRIFLUOPERAZINA .
Tioxanteni: ZUCLOPENTIXOLO
Butirrofenoni: ALOPERIDOLO, BROMOPERIDOLO
Difenilbutilpiperinide: PIMOZIDE
Antipsicotici atipici:
Benzamidi sostituite: AMISULPRIDE , LEVOSULPRIDE , SULPRIDE, TIAPRIDE
Dibenzoxazepine: CLOTIAPINA, CLOZAPINA
Altri antipsicotici: RISPERIDONE, PALIPERIDONE , OLANZAPINA, QUETIAPINA, ARIPIPRAZOLO
Tra questi esistono farmaci più o meno potenti, in genere i più antichi vengono superati in
potenza dagli atipici come la clorpromazina che è 100 volte
meno potente dell’aloperidolo.
Meccanismo d’azione
L’affinit{ recettoriale per i recettori D2 va di pari passo con la potenza clinica del farmaco, la
clozapina ha la stessa affinità per D2 che D1 e in questo si differenzia dagli altri farmaci
neurolettici che hanno prevalente affinità per D2.
Azioni
Farmacocinetica
Hanno una buona biodisponibilità orale con assorbimento variabile non influenzato dal cibo.
Entrano facilmente nell’encefalo e hanno la capacit{ di legarsi alle proteine plasmatiche. Sono
metabolizzati dal CYP2D6. Alcuni metaboliti sono attivi.
La flufenazina decanoato e l’aloperidolo decanoato hanno azione protratta fino a 3 settimane.
Nel 30% compaiono effetti indesiderati. Si sviluppa tolleranza ma raramente dipendenza.
Disturbi extrapiramidali:
o Distonie muscolari che prevedono sintomi motori come contrazioni dolorose e
involontarie dei muscoli del collo, della lingua e degli occhi mentre a livello
psichico creano paura, ansia e panico
o Parkinsonismo iatrogeno che prevede bradicinesia, tremori, rigidità, scialorrea e
a livello psichico apatia, indifferenza emozionale
o Acatisia che si manifesta con dondolamento continuo e accavallamento delle
gambe con effetti psichici di irrequietezza, tensione, disforia, confusione
o Discinesia tardiva che si manifesta con movimenti ritmici ripetitivi e involontari
di bocca, labbra, lingua e a livello psichico grave disagio soggettivo.
Altri disturbi a carico del SNC: sonnolenza, depressione, crisi convulsive, mal di testa
Aumento della prolattina: galattorrea, irregolarità mestruale, impotenza,
diminuzione della libido, osteoporosi
Effetti anticolinergici: bocca secca, disturbi visivi, ritenzione urinaria e stipsi,
confusione mentale
Effetti cardiovascolari: tachicardia, prolungamento del tratto QT, ipotensione
ortostatica
Effetti ematologici: leucopenia, piastrinopenia
Altri disturbi: aumento di peso, iperglicemia, iperlipidemie, alterazioni cutanee, ittero.
(Alterazioni soprattutto derivanti dai nuovi antipsicotici come la clozapina e
l’olanzepina).
La clozapina inoltre come conseguenza dell’interazione recettoriale multipla può dare effetti
antimuscarinici e antiadrenergici.
Il risperidone tra i nuovi tende a dare iperptolattinemia e disturbi extrapiramidali acuti.
Teratogenesi: risultati confortanti per tutti i neurolettici
Tossicità fetale: per i tradizionali si può avere ittero, sedazione, alterazioni retiniche e
sintomi extrapiramidali, sconsigliato l’allattamento al seno nel caso di politerapie o alte
dosi di un farmaco; per i nuovi si ha possibile sindrome del bambino floscio e crisi
convulsive (clozapina), sconsigliato l’allattamento al seno.
OPPIACEI
Si tratta di una classe di farmaci utizzati per diminuire o sopprimere il dolore soprattutto
cronico e intenso associato a sensazione spiacevole e ansia a seguito della percezione dello
stato patologico. In tal caso infatti gli oppiacei trovano un largo impiego per il dolore derivato
da malattie croniche come il cancro o patologie terminali. L’individuo mantiene la coscienza
dello stato patologico e della presenza del dolore ma la percezione soggettiva del dolore
stesso è fortemente ridotta così come l’ansia e le sensazioni emotive spiacevoli associate.
Queste sostanze si legano tutte a recettori del SNC e in parte anche periferico simulando
l’azione di peptidi endogeni che modulano la nocicezione:
- Endorfina: legame preferenziale ai recettori µ
- Encefalina: legame preferenziale ai recettori κ
- Dinorfina: legame preferenziale ai recettori δ
Infatti esistono 3 possibili recettori degli oppiacei che
sono responsabili di effetti parzialmente differenti.
Normalmente la nocicezione viene controllata da vie
inibitorie provenienti da neuroni situati nel talamo, nel
tronco encefalico e nel midollo spinale. Qui questi
neuroni liberano encefalina, dinorfina ed endorfina in
modo regolato da interneuroni inibitori GABA-ergici che
controllano negativamente questi neuroni antinocicettivi.
Gli oppiacei sembra che attraverso una preferenziale
azione sui recettori µ possano inibire questi interneuroni
inibitori in modo da favorire la liberazione di oppioidi
endogeni per lenire il dolore.
Meccanismo d’azione
In generale il legame degli agonisti ai recettori innesca una risposta che determina l’inibizione
dell’adenilato ciclasi riducendo i valori del cAMP; in più il legame agisce a livello presinaptico
riducendo il flusso in ingresso del calcio responsabile della fusione delle vescicole di
neurotrasmettitore con la membrana presinaptica; infine sulla membrana postsinaptica il
legame crea una corrente in uscita del potassio che stabilisce un’iperpolarizzazione cellulare
che fa aumentare il potenziale soglia per la percezione dolorifica (si dice infatti che nei
pazienti trattati con oppiacei la soglia del dolore sia marcatamente più alta).
Meccanismo d’azione sopraspinale:
o Interazione mediante recettori µ con il talamo ventrale caudale per inibizione
della trasmissione nocicettiva alla corteccia
o Meccanismo indiretto per cui vengono inibiti dei neuroni GABAergici inibitori
che permettono il funzionamento delle vie antinocicettive discendenti bulbo-
spinali.
Meccanismo d’azione spinale:
o Inibizione della liberazione di neurotrasmettitori eccitatori come la sostanza P
che esalta la percezione del dolore, è un’azione principalmente mediata dal
recettore κ.
o Inibizione della trasmissione nocicettiva nel tratto spinotalamico laterale
Meccanismo d’azione periferico
o Diminuzione del firing di neuroni sensoriali principalmente per attività µ e in tal
modo questi neuroni sensoriali riducono la loro capacità di scarica.
Gli oppiacei pertanto sono molto efficaci nel trattamento di qualsiasi tipo di dolore
superficiale, profondo, somatico e viscerale soprattutto il dolore cronico e in misura minore
quello acuto che si esacerba in certi momenti. Il dolore nocicettivo con le vie integre viene
curato molto bene mentre quello neuropatico in cui sono compromesse le vie di segnalazione
risulta meno tamponabile.
Meccanismo d’azione
Questi farmaci agiscono bloccando in modo competitivo la ciclossigenasi (COX) responsabile
della produzione di prostaglandine e trombossani, mediatori efficienti dei processi
infiammatori; c’è l’unico caso dell’aspirina in cui il legame alla COX è irreversibile.
Esistono 2 tipi di COX:
- COX1: enzima fisso
- COX2: enzima inducibile
I FANS non selettivi inibiscono indistintamente i 2 enzimi, mentre i coxib inibiscono
selettivamente la COX2 che è l’enzima inducibile che facilita la risposta infiammatoria.
In questo modo si blocca la produzione di prostaglandine ma non di leucotrieni in quanto la
via lipossigenasica resta immodificata.
Gli effetti periferici dei FANS (che sono gli effetti principali) derivano da una minor
produzione di prostaglandine che sono mediatrici del dolore legandosi a specifici recettori e
scatenando una risposta nocicettiva, inoltre riducono i fenomeni infiammatori.
Gli effetti centrali si esplicano prevalentemente a livello ipotalamico.
PARACETAMOLO
Farmaco ad azione anticiclossigenasica spiccata centrale e
inibitore lieve e non selettivo della COX a livello periferico. È
molto utile come antipiretico e come analgesico (al pari dei FANS)
per le forme di dolore non correlate a infiammazione. Tuttavia
tutte le azioni anti-prostaglandine che svolgono i FANS nel
prevenire e controllare le reazioni infiammatorie sono assenti col
paracetamolo (e chiaramente anche gli altri effetti mediati da
prodotti della ciclossigenasi come inibizione dell’aggregazione
piastrinica, erosione gastrica, diminuita clearance del sodio e
dell’acqua sono assenti).
Viene impiegato per il trattamento della febbre e del dolore lieve o
moderato non infiammatorio.
Farmacocinetica: buona disponibilità orale e clearance per il 95% epatica.
Tossicità: estremamente improbabile a dosi terapeutiche, a dosi più alte causa epatotossicità
o in pazienti a rischio.
AGONISTI
MORFINA
Azioni:
1. Effetto analgesico: in presenza di dolore la morfina riesce ad attenuarlo e a farlo
scomparire elevando la soglia del dolore ma anche riducendo la capacità di
interpretazione a livello corticale del dolore. Il paziente avrà la coscienza del dolore ma
la sensazione non sarà spiacevole. In assenza di dolore la morfina causa effetti avversi
come nausea e vomito, si dice infatti che il dolore è il principale tampone degli effetti
avversi della morfina.
2. Effetti psicologici: la morfina provoca una serie di sensazioni confuse, irreali e
distaccate dalla realtà. Queste sensazioni risultano piacevoli in presenza di dolore o nel
paziente assuefatto che abusa del farmaco in modo cronico, tuttavia nel paziente non
abituato e senza dolore il farmaco crea ansia e agitazione.
Nel paziente in cui la morfina dà effetti piacevoli la sensazione è orgasmo-simile a cui
segue un periodo di tranquillità di circa 1 ora). Se le dosi diventano importanti si
verifica riduzione dell’attivit{ fisica, sonnolenza fino a perdita della coscienza. Si ha
anche perdita della fame e diminuzione della sete, riduzione della libido.
I meccanismi di questi effetti sembrano dovuti ad un’interazione con i recettori µ
presenti nell’area tegmentale ventrale del talamo che proietta all’accumbens ed è
responsabile di sensazioni piacevoli. Si tratta di una via mesolimbica stimolata anche
da normali situazioni gratificanti e non solo farmacologiche.
3. Effetti respiratori:
a. La morfina agisce deprimendo tutte le fasi della respirazione, il paziente può
arrivare a fare fino a 3-4 atti respiratori al minuto. Questo aspetto si verifica a
dosi terapeutiche e cresce d’intensit{ con l’aumentare delle dosi fino ad arrivare
ad una paralisi respiratoria che è la causa più frequente di morte da
sovradosaggio di oppiacei. Il meccanismo sembra legato ad una riduzione della
sensibilità dei centri respiratori alla CO2. Esiste anche una depressione dei
centri pneumotassico e apneustico.
b. La morfina inibisce il riflesso della tosse mediante un effetto centrale ma anche
periferico e sembra che i recettori coinvolti siano diversi da quelli analgesici.
c. La morfina causa broncocostrizione a dosi elevate a seguito della liberazione di
istamina.
MEPERIDINA
Oppiaceo derivato dalla morfina con azioni e meccanismo d’azione sovrapponibile a quello
della morfina, tuttavia ha buona biodisponibilità orale e non presenta azioni cardiologiche
quando dato per via orale, tuttavia di solito si somministra per via intramuscolare.
Si usa per il dolore in modo uguale alla morfina, ma non ha proprietà antitussigene e
antidiarroiche, però è uno degli analgesici maggiormente usato in ostetricia. Si differenzia
dagli oppiacei perché ad alte dosi dilata la pupilla e provoca iperreflessia.
METADONE
Farmaco che a dosi equianalgesiche della morfina differisce da questa per una biodisponibilità
orale elevate e un’emivita molto più lunga. La durata dell’effetto è maggiore. Somministrato in
cronico causa un allungamento dell’emivita del composto. L’effetto istamino-liberatore è
trascurabile. È utilizzato nella sospensione controllata della tossicodipendenza da eroina e
morfina e sostituisce gli oppiacei iniettivi. Questo perché il metadone causa una sindrome
d’astinenza molto più lieve che l’eroina, ma di lunga durata. In tal modo il paziente viene
progressivamente svezzato dal metadone arrivando a sospendere anche quest’ultimo.
Determina un graduale accumulo nei tessuti che permette una minor drasticità nella
diminuzione delle concentrazioni dopo sospensione.
FENTANILE
A dosi equianalgesiche si differenzia dalla morfina perché è un farmaco liposolubile che passa
molto bene la barriera EE. Non possiede l’effetto istamino-liberatore, tuttavia si apprezza una
maggior incidenza di contrazioni dei muscoli del tronco che rendono conto di una rigidità
muscolare sconveniente in sala operatoria e interferenza con la respirazione. Viene utilizzato
in anestesia post-operatoria e durante il parto.
AGONISTI PARZIALI
CODEINA
È un farmaco molto meno potente della morfina e induce anche meno reazioni di dipendenza.
Si usa per le proprietà antitussigene che oggi sono state sostituite dal destrometorfano. È
efficace per via orale e provoca meno euforia della morfina.
Spesso viene usata insieme al paracetamolo e all’aspirina come azione analgesica più potente.
OSSICODONE
Farmaco simile alla codeina con effetti di agonismo parziale per i recettori µ. Ha un’azione
analgesica di solito associato a paracetamolo e aspirina. Usato per trattare il dolore da
moderato a grave.
BUPRENORFINA
Agonista parziale per i recettori µ e lieve antagonista nei confronti dei recettori κ. Il legame
con i recettori µ è estremamente forte e non può essere spiazzato dal naloxone a differenza
della morfina (il legame con i recettori può solo essere prevenuto e non antagonizzato).
C’è un rischio di tossicodipendenza anche se minore che la morfina.
In pazienti non morfino dipendenti ha le stesse azioni della morfina, ma nei pazienti morfino-
dipendenti può scatenare una sindrome d’astinenza. Questa sindrome viene utilizzata per la
disintossicazione da abuso di oppiacei con risultati anche più soddisfacenti del metadone in
quanto ha sindrome d’astinenza meno intensa e meno duratura.
È autorizzata per il trattamento ambulatoriale a differenza del metadone che invece è
presente solo in centri specializzati.
Viene somministrata per via sublinguale o parenterale, ha lunga durata d’azione per il forte
legame con i recettori. Metabolizzata dal fegato.
Gli effetti avversi di depressione respiratoria non possono essere contrastati dal naloxone.
PENTAZOCINA
È un agonista parziale a livello dei recettori µ e un agonista completo per i recettori κ.
Trova uno scarso utilizzo a causa dell’effetto maggiore costipante ed emetico rispetto alla
morfina e in più si verifica anche disforia mediata dal recettore κ.
A dosi elevate si verificano effetti cardiocircolatori come ipertensione ed effetti
psicotomimetici (allucinazioni). Dà tossicodipendenza.
In un soggetto morfino-dipendente può contribuire alla disintossicazione.
Può essere data sia per via orale che parenterale.
ANTAGONISTI
NALOXONE
Si tratta di un farmaco che ha elevata affinità per tutti e 3 i recettori degli oppiacei ed
antagonizza l’agonista spiazzando in poco tempo (circa 30 secondi) tutti i siti recettoriali
occupati dagli oppiacei. Non ha alcun effetto nei pazienti che non usano oppiacei.
È in grado di indurre una grave sindrome d’astinenza.
Viene usato principalmente nella cura del coma respiratorio a seguito di intossicazione da
oppiacei. Questo farmaco è in grado di sostituire l’eroina in pochi secondi e far riprendere la
NALTREXONE
Composto simile al naloxone con una disponibilità orale marcatamente più alta ed una lunga
durata d’azione. È usato insieme a clonidina e talora a buprenorfina per la disintossicazione
rapida dagli oppiacei. È epatotossico.
Farmaco mu kappa
Agonisti
Morfina +++ +
Idromorfone +++ Tali farmaci non hanno azione
Fentanile +++ su kappa
Metadone +++
Agonisti parziali
Oxicodone ±
Buprenorfina ± -
Pentazocina ± +
(+) = agonista; (±) =agonista parziale; (-)= antagonista
TIAZIDICI
Si tratta della classe di diuretici più utilizzata in clinica anche se non ha una potenza
terapeutica come quella dei diuretici dell’ansa.
Meccanismo d’azione: i tiazidici vanno ad inibire il riassorbimento di Na nel tubulo distale,
bloccando il trasportatore Na/Cl.
Azione: aumento dell’escrezione urinaria di Na che non viene riassorbito, circa il 5% del sodio
filtrato viene in tal modo eliminato. Questo permette di aumentare il volume di urina,
aumentare l’espulsione di sodio e di potassio, ma ha effetti inversi sul calcio che a differenza
degli altri elettroliti viene risparmiato e riassorbito.
Usi terapeutici:
1. Edema polmonare acuto: è il farmaco di prima linea in quanto permette
un’eliminazione consistente dei liquidi extracellulari.
2. Insufficienza cardiaca congestizia: di grado medio-grave e associata spesso all’edema
polmonare acuto.
3. Ipercalcemia: utilizzati anche in questo contesto vista la grande capacità di eliminare
calcio a differenza dei tiazidici che sono risparmiatori di calcio.
4. Ipertensione: vengono usati nell’ipertensione solo come seconda scelta nel caso di
pazienti con insufficienza renale o pazienti che non rispondono ad altri tipi di diuretici.
Effetti avversi:
Ototossicità
Iperuricemia
Ipotensione
Ipomagnesemia
Ipokaliemia
DIURETICI OSMOTICI
Sono semplici sostanze come mannitolo e urea che hanno un potenziale alto di legare l’acqua
(idrofile) e quindi vengono filtrate dal glomerulo ed entrano nel tubulo permettendo una
ampia escrezione di acqua piuttosto che di Na.
Infatti queste sostanze non sono utili nei casi di ritenzione di sodio.
Il loro impiego è riservato al mantenimento del flusso urinario a seguito dell’ingestione di
sostanze tossiche o sostanze che possono provocare insufficienza renale acuta.
In più vengono usati anche nei pazienti con aumento della pressione intracranica (edema
cerebrale).
Il mantenimento del flusso renale preserva la funzionalità del rene per lungo tempo e può
salvare il paziente dalla dialisi.
Gli effetti avversi prevedono l’aumento dell’acqua extracellulare che esce per compenso dai
comparti intracellulari, l’ipernatriemia e la disidratazione.
ACE INIBITORI
Si tratta di una categoria farmacologica molto utilizzata in clinica a causa dei suoi molteplici
effetti sul sistema cardiovascolare.
Sono compresi farmaci più antichi e altri più recenti:
- CAPTOPRIL (capostipite)
- ENALAPRIL
- RAMIPRIL
- LISINOPRIL
Meccanismo d’azione: questi farmaci hanno la capacit{ di inibire l’enzima ACE e di
conseguenza non permettono la conversione di Ang I in Ang II e quindi risparmiano al sistema
tutti gli effetti vasocostrittori e cardiocinetici dell’angiotensina. Tuttavia il sistema ACE è
utilizzato anche per metabolizzare la bradichinina e la sostanza P, che con gli ACE inibitori
invece vengono risparmiate e si accumulano nell’organismo e sono responsabili di alcuni
effetti collaterali.
Per quanto riguarda il sistema adrenergico esiste una serie di farmaci che tendono a ridurre o
bloccare le azioni adrenergiche dirette verso il sistema cardiovascolare e che quindi
diminuiscono la scarica simpatica verso il cuore e i vasi riducendo la pressione sanguigna e il
lavoro cardiaco inteso sia come gittata che come frequenza.
- Alfa bloccanti
- Beta bloccanti
ALFA BLOCCANTI
Si tratta di una categoria di farmaci che comprendono inibitori selettivi o non selettivi dei
recettori α adrenergici.
- Prazosina
- Fentolamina
FENTOLAMINA
Inibitore α aspecifico che blocca sia gli alfa1 che gli alfa2. Viene utilizzato nell’ipertensione e
determina in poco tempo una riduzione della pressione arteriosa con ipotensione posturale
ed inversione degli effetti della adrenalina. Si verifica tachicardia riflessa e in alcuni casi
aritmia e dolore anginoso a seguito del blocco degli alfa2 che normalmente hanno azioni
opposte ai norlai adrenergici e quindi il loro blocco causa un aumento di liberazione di
noradrenalina.
Riassunti Farmacologia - © Luca Croci – 2010
ANTIADRENERGICI CENTRALI
CLONIDINA
Farmaco agonista α2 centrale con azione prevalentemente anti-ipertensiva a causa del blocco
della liberazione di noradrenalina dalle vescicole presinaptiche dei terminali nervosi.
Questo farmaco viene utilizzato nella cura dell’ipertensione lieve o moderata nei casi in cui il
paziente non abbia risposto precedentemente al trattamento con soli diuretici.
Essa non agisce sulla filtrazione glomerulare e sulla vascolarizzazione renale e dunque è utile
nel trattamento dei pazienti ipertesi con ridotta funzionalità renale.
Ha una buona biodisponibilità orale.
Visto che causa ritenzione di acqua e sodio si tende a somministrare insieme a un diuretico.
Gli effetti avversi possono essere sedazione e secchezza della mucosa nasale, di solito si
verifica ipertensione di rimbalzo se si sospende improvvisamente il farmaco.
Pertanto per sospendere la terapia va fatta una riduzione lenta.
Α-METILDOPA
α agonista che viene convertito in metilnoradrenalina a livello centrale e di conseguenza
riduce le scariche adrenergiche. Si ha un abbassamento delle RVP e della pressione sanguigna.
Non sono interessate la vascolarizzazione renale e la filtrazione glomerulare e quindi molto
utili nei pazienti ipertesi affetti da problemi renali.
Effetti collaterali sono sedazione e sonnolenza.
VASODILATATORI DIRETTI
I vasodilatatori sono una categoria di farmaci scarsamente usata come prima linea
nell’ipertensione in quanto non sono esenti da effetti collaterali anche gravi. Essi agiscono
direttamente rilassando la muscolatura liscia delle arteriole e delle venule, facendo ciò
abbassano le RVP e di conseguenza la pressione sanguigna. Il risultato singolo però non è
positivo in quanto si verifica una potente tachicardia riflessa e aumento della gittata cardiaca
che contrastano con la riduzione della pressione e possono esporre il paziente a crisi
anginose, infarto miocardico o insufficienza cardiaca.
IDRALAZINA
È usata per trattare l’ipertensione medio-grave ma per gli effetti avversi sopra riportati viene
somministrata insieme ad un β bloccante e ad un diuretico in modo da ridurre il sovraccarico
cardiaco. La terapia singola con idralazina viene utilizzata per l’ipertensione delle donne in
gravidanza.
MINOXIDIL
Causa una dilatazione delle arteriole ma non delle venule e pertanto provoca diminuzione
della pressione arteriosa ma non riduce il pre-carico a differenza dell’idralazina. Viene
impiegato nell’ipertensione grave refrattaria agli altri trattamenti.
Causa una forte ritenzione di sodio e acqua che induce sovraccarico di volume, edema ed
insufficienza cardiaca congestizia.
Meccanismo d’azione
Questi farmaci hanno la proprietà di legarsi ai recettori beta-adrenergici ed innescare un
blocco di essi fungendo da antagonisti oppure in alcuni casi posso fungere da agonisti parziali
che si comportano in modo inverso all’agonista qualora esso sia presente, ma simulano la sua
azione in sua assenza. In tal modo inibiscono o attenuano le trasmissioni simpatiche verso gli
organi periferici dotati dei recettori beta e la loro azione essenziale è svolta sul cuore.
Azioni
Riduzione della pressione arteriosa: meccanismo indiretto che dà risultati solo dopo un
certo periodo di tempo. Infatti i beta-bloccanti agiscono sul cuore riducendo la scarica
dei beta1 e quindi hanno effetto negativo sulla contrattilità e sulla frequenza che
quindi insieme provocano una riduzione netta della gittata cardiaca.
Inoltre essi vanno ad inibire anche i recettori beta1 presenti sulle cellule dell’apparato
iuxtaglomerulare (cellule dell’arteriola afferente) che secernono renina, la quale viene
Riduzione del lavoro cardiaco: viene abbassato il fabbisogno di ossigeno del miocardio
in quanto si ha una riduzione delle risposte cronotrope ed inotrope allo sforzo, si ha
inoltre un diminuito post-carico a seguito dell’abbassamento della pressione arteriosa.
I farmaci agonisti parziali come il pindololo dovrebbero essere evitati.
Aumento della performance cardiaca in corso di scompenso non grave: questo effetto
che sembra paradosso vista la capacità del beta-bloccante di essere inotropo e
cronotropo negativo si spiega per la riduzione della continua scarica simpatica
conseguente ad uno stato di scompenso cardiaco
Riduzione della pressione intraoculare: grazie ad una riduzione della secrezione di
umore acqueo
Effetto antiaritmico: alcuni beta-bloccanti vengono considerati antiaritmici perché
diminuiscono la depolarizzazione in fase 4 e in tal modo deprimono l’automaticit{,
prolungano la conduzione AV e riducono la frequenza e la contrattilità cardiache.
Usi terapeutici
1. Ipertensione: i farmaci ad oggi più utilizzati per trattare l’ipertensione sono l’atenololo
e il metoprololo grazie alla loro azione selettiva sui recettori beta1 e quindi
direttamente sul cuore risparmiando l’apparato respiratorio che possiede i beta2 e
porterebbe a broncospasmo (che si verifica con i beta-bloccanti non selettivi).
I beta-bloccanti sono più efficaci nel trattare l’ipertensione nei soggetti bianchi e
giovani e in più sono molto utili nei pazienti ipertesi con aggravanti come tachiaritmie,
pregresso IMA, angina, insufficienza cardiaca cronica ed emicrania.
2. Angina pectoris: grazie alla loro azione cronotropa e inotropa negativa riducono il
fabbisogno miocardico di ossigeno e di conseguenza riducono le crisi anginose da
insufficiente ossigenazione. Il prototipo di farmaco per questo utilizzo è il propranololo
anche se oggi si preferiscono beta-bloccanti cardio selettivi come l’atenololo, il
metoprololo, l’acebutololo e il nadololo. Bisogna però tenere presente che tutti i beta-
bloccanti ad alte dosi sono non cardioselettivi e possibili cause di effetti collaterali.
Si possono associare ai nitroderivati per favorire l’effetto ma bisogna fare attenzione al
Verapamil che blocca la conduzione AV e si può andare incontro ad arresto.
Farmacocinetica
I beta-bloccanti sono attivi per via orale. Il propranololo è soggetto a esteso e variabile
metabolismo di primo passaggio.
Eventi avversi:
Broncospasmo: per i farmaci non selettivi (propranololo), azione beta2
Vasocostrizione periferica: inizialmente per i non selettivi, azione beta2
Aumento della ritenzione di sodio
Bradicardia: i farmaci con ISA (agonisti parziali) danno meno effetti bradicardizzanti
Precauzioni / Controindicazioni:
Scompenso cardiaco grave senza sintomi o acuto (in quanto influenzano comunque in
negativo la cinetica cardiaca)
Diabete: in quanto il beta bloccante riduce la tolleranza del sistema al glucosio
Angina di Prinzmetal: tali farmaci sono efficaci in tutti i tipi di angina tranne in questo
in quanto i beta-bloccanti non possiedono un’azione vasodilatante e potrebbero
peggiorare il quadro visto che quest’angina è derivata da vasospasmo
Bradicardia o blocco atrio-ventricolare
Asma bronchiale o BPCO
Impotenza
Sindrome da sospensione: bisogna fare attenzione perché in alcuni casi alla sospensione
si possono avere fenomeni di tachicardia e ipertensione e talvolta anche aritmie
probabilmente per una aumentata sensibilizzazionedei beta-recettori rimasti bloccati
per lungo tempo. Necessaria una sospensione graduale. In particolare se sono stati
usati beta-bloccanti non dotati di ISA (attività agonistica parziale).
Approccio standard per i pazienti ipertesi senza altre patologie che possono interferire
NICE 2004 NICE 2006 Note alla linea guida NICE 2006
I° DIURETICO > 50 anni e/o razza nera: 1. mai betabloccanti come
Diuretico o Calcioantagonista prima scelta
< 50 anni: ACEinibitore (se 2. Sartani ai pazienti che non
non tollerato: Sartano). tollerano ACEI
II° Aggiungere BB Aggiungere ACEinibitore (se 3. Introdotti i nuovi criteri
(ACEI in casi non tollerato: Sartano) al “razza” e “et{”
selezionati ossia se Diuretico o al 4. I betabloccanti sono ancora
predisposizione al Calcioantagonista. consigliati in ristrette
DM). categorie di pazienti di
Aggiungere Diuretico o giovane età: donne in vista di
Calcioantagonista concepimento; soggetti
all’ACEinibitore (o al Sartano). chiaramente simpaticotonici;
III° Aggiungere CAA Diuretico + Calcioantagonista pazienti in cui ACEi o ARBs
+ ACEinibitore (o Sartano). siano controindicati o poco
IV° Se non già usato, Aggiungere Alfaboccanti o tollerati
aggiungere ACEI o betabloccanti
BB o farmaco
d’altra classe.
Associazione di antipertensivi
L’associazione di tiazidici e ACE-I è ottimale;
infatti si compensa l’effetto sulla kalemia.
Gli ACE-I possono essere associati anche con i
calcio-antagonisti.
Altra associazione importante è quello tra
calcio-antagonisti e β-bloccanti (del tipo
nifedipina e amlodipina) che hanno effetti
tachicardizzanti.
Rischio iperkaliemia
- ACE-inibitori
- Sartani Importante non associarli
- Inibitori renina
- Risparmiatori di potassio
In caso che un ACE-inibitore non porti a una riduzione significativa della pressione non è
ragionevole aumentare il dosaggio in quanto questi farmaci hanno curva dose-risposta piatta
(all’aumento della dose aumenta la durata d’azione, ma non l’ efficacia ipotensiva).
I farmaci descritti come “FARMACO A” (ad es. enalapril) sono caratterizzati da una curva dose-
risposta piatta; infatti l’ aumento della dose (da 5 a 20 mg) non determina un aumento della
riduzione della pressione arteriosa, ma solo una miglior copertura delle 24 ore: pertanto i
farmaci con queste caratteristiche devono essere somministrati a dosaggio pieno.
Al contrario, i farmaci descritti come “FARMACO B” (ad es. diuretici) hanno una emivita
sufficientemente lunga per coprire le 24 ore (sia per caratteristiche farmacocinetiche che per
l’ utilizzo di sistemi di “slow release”) anche alle basse dosi e pertanto possono essere
somministrati a diverso dosaggio; aumentare la dose è possibile ma così aumenta anche il
rischio di effetti collaterali.
Gli ACE-I hanno una curva dose-risposta piatta in ambiente terapeutico; non si mai oltre i 20
mg.
Tipico esempio di errore medico è quello dell’ utilizzo di un ACE-inibitore a bassa dose; i bassi
dosaggi infatti sono stati introdotti in terapia per la terapia dello scompenso cardiaco, dove, in
Se tale ACE-I porta a riduzione della P.A. ma non raggiunge i valori normali: è dunque
ragionevole associare un altro farmaco antiipertensivo per raggiungere un controllo ottimale
della P.A.
Le associazioni più razionali sono con il diuretico e con i calcio-antagonisti.
L’ ACE-inibitore ha infatti dimostrato di avere un effetto additivo sulla pressione arteriosa con
il diuretico e con i calcio-antagonisti sia diidropiridinici che non diidropiridinici.
I diuretici determinano un aumento del SRA determinando una deplezione di volume mentre i
calcio-antagonisti e gli α-antagonisti sono vasodilatatori.
Gli ACE-I, sartani e β-bloccanti riducono l’attivit{ del SRA.
Si associano un farmaco di una classe che aumenta e uno di una classe che diminuisce il SRA.
I vasodilatatori aumentano il SNS (vasodilatazione chiama tachicardia).
Gli ACE-I, sartani, β-bloccanti e simpaticomodulatori riducono l’attivit{ del SNS.
Anche in questo l’associazione è tra farmaci con effetto opposto.
Se il paziente fosse stato in terapia con un Ca-antagonista (amlodipina 10 mg) che avesse
ridotto, ma non normalizzato, la pressione arteriosa (da 165-105 mmHg a 150-95 mmHg) e
avesse indotto la comparsa di edema premalleolare (evidente, ma non eccessivo), come vi
sareste comportati?
Avrei associato un ACE-inibitore o un sartano
Alcune associazioni, oltre ad avere un effetto di potenziamento sulla riduzione della pressione
arteriosa, possono avere anche un effetto favorevole sull’incidenza e/o gravit{ degli effetti
collaterali.
Emergenze ipertensive
L’emergenza ipertensiva è una situazione rara in cui la PAD è di oltre 150 mmHg (con la PAS
di oltre 210 mmHg) in un soggetto altrimenti sano o di 130 mmHg in un soggetto con
persistenti complicanze come encefalopatia, emorragia cerebrale, insufficienza ventricolare sx
o stenosi aortica.
L’obiettivo terapeutico è ridurre rapidamente la P sanguigna.
a) Nitroprussiato di sodio
La somministrazione e.v. di nitro prussiato causa una pronta
vasodilatazione con tachicardia riflessa determinando una ↓ della P
Ha scarsi effetti al di fuori delsanguigna in tutti i pz.
sistema vascolare, agendo in egual misura sulla muscolatura
liscia arteriosa e venosa (↓ il precarico).
E’ metabolizzato rapidamente (t1/2 di minuti) e per mantenere l’azione ipotensiva è necessaria
l’infusione continua; ha pochi effetti indesiderati a parte l’ipotensione da sovradosaggio.
Il metabolismo del nitro prussiato dà luogo a produzione di ioni cianuro, ma la tossicità da
cianuro è rara e può essere trattata con infusione di tisolfato di sodio, per formare tiocianato,
che è meno tossico e eliminato dal rene (però il nitro prussiato è tossico se somministrato per
via orale, perché è idrolizzato a cianuro).
b)Labetalolo
E’ un bloccante sia α che β e si somministra come bolo
endovenoso o in infusione nelle emergenze ipertensive.
c) Fenoldopam
E’ un agonista periferico del recettore della dopamina-1 che si
somministra per via endovenosa.
Mantiene o aumenta, al contrario di altri farmaci antiipertensivi parenterali, la perfusione
renale, mentre abbassa la P sanguigna.
Riassunti Farmacologia - © Luca Croci – 2010
Può essere usato con sicurezza in tutte le emergenze ipertensive, soprattutto nei pz con
insufficienza renale.
E’ controindicato nei pz con glaucoma.
d) Nicardipina
E’ un bloccante dei canali del calcio che può essere
somministrato per via endovenosa.
Tuttavia l’utilizzo di beta-bloccanti in questi casi deve essere ben regolato e pianificato
considerando anche in dettaglio le condizioni del paziente. I criteri per l’utilizzo appropriato
dei beta-bloccanti sono:
1. Il trattamento va iniziato a dosaggio estremamente basso, circa meno di un decimo del
dosaggio di mantenimento, questo perché negli studi si è visto che inizialmente il
farmaco provoca una riduzione della LVEF sfavorevole.
2. L’aumento del dosaggio deve essere operato molto lentamente e nel corso di diverse
settimane. Se il raggiungimento del dosaggio pieno avviene troppo in fretta si possono
verificare peggioramenti dell’insufficienza con aumento degli edemi. Tuttavia anche un
aumento lento delle dosi può portare a ritenzione idrica, il che è un’indicazione alla
revisione del trattamento diuretico.
NYHA Classification
Meccanismo d’azione
I calcio antagonisti bloccano la corrente di calcio in ingresso nelle cellule miocardiche e
vascolari liscie mediante il blocco dei canali del calcio di tipo L in configurazione aperta. I
canali del calcio sensibili a tali farmaci sono quelli dipendenti dal voltaggio e quindi
contrastano la capacit{ contrattile del muscolo cardiaco e liscio. Hanno un’efficacia maggiore
se somministrati in pazienti tachicardici con canali del calcio aperti per maggior tempo, visto
che il farmaco agisce prevalentemente sui canali aperti.
Azioni:
Riduzione della pressione arteriosa: questo effetto viene eseguito da tutti i calcio
antagonisti e principalmente dalle diidropiridine. Il meccanismo sopracitato è
responsabile della dilatazione dei vasi di resistenza (arteriole) e di una diminuzione
della RVP con conseguente abbassamento della pressione arteriosa. I farmaci
diidropiridinici però come la nifedipina e l’amlodipina avendo solo un effetto sui vasi
provocano una tachicardia diretta che può non essere indicata in pazienti con infarto
miocardico o ischemia a causa del cosiddetto “furto coronarico”. Questo fenomeno si
Riassunti Farmacologia - © Luca Croci – 2010
verifica nel momento in cui si ha una vasodilatazione
periferica eccessiva e come conseguenza si hanno:
o Ipotensione che si ripercuote anche sul circolo
coronarico potendo diminuire l’apporto di ossigeno
o Ripartizione del flusso coronarico verso le coronarie
indenni visto che i vasi colpiti da ischemia non
rispondono ai calcio antagonisti
o Aumento del fabbisogno di ossigeno per tachicardia
riflessa
Questi 3 meccanismi sono responsabili di un peggioramento
dell’ischemia miocardica e per tale motivo si tende a non
dare diidropiridinici in pazienti con ischemia o infarto
recente.
Riduzione della contrattilità cardiaca: effetto
prevalentemente a carico del verapamil e del diltiazem con
prevalenza del verapamil. Questo farmaco ha una spiccata
affinità nei confronti dei canali del calcio presenti sul
miocardio ed è responsabile di una ridotta contrattilità a seguito dello stimolo
depolarizzante. È utile nei pazienti con angina per ridurre il fabbisogno di ossigeno, ma
è potenzialmente pericoloso nei pazienti con insufficienza cardiaca grave.
Controindicata l’associazione con beta-bloccanti che peggiorano la cinetica cardiaca.
Riduzione della conduzione atrio-ventricolare: questi farmaci vengono utilizzati anche
nelle aritmie soprattutto sopraventricolari in quanto rallentano il passaggio
dell’informazione dal nodo SA al nodo AV attraverso un’inibizione dei canali del calcio.
I farmaci con questa azione sono il verapamil e il diltiazem. Riducendo l’automatismo
cardiaco inducono bradicardia utile nei pazienti con angina (inoltre avendo anche
un’azione inotropa negativa aumentano la riduzione del fabbisogno d’ossigeno).
Effetto natriuretico: questi farmaci non necessitano dell’uso di un diuretico in pazienti
ipertesi.
Usi terapeutici
1. Ipertensione: possono essere usati tutti i calcio antagonisti, anche se si preferiscono in
pazienti altrimenti sani le diidropiridine grazie alla loro efficacia selettiva sui vasi.
Questi composti sono molto utili nel trattamento dei pazienti ipertesi con asma,
diabete, angina e/o vasculopatie periferiche.
2. Angina: ruolo importante del verapamil e del diltiazem grazie alla loro funzione
inotropa e cronotropa negativa riducendo il fabbisogno di ossigeno. Meno indicate la
nifedipina e la nicardipina a causa del furto coronarico, in ogni caso vanno usate con
molta attenzione. L’amlodipina non sembra avere effetti negativi sul cuore e pertanto
viene utilizzata senza problemi.
3. Angina variante di Prinzmetal: indicazione terapeutica ampiamente approvata ed
utile in quanto i calcio antagonisti riducono lo spasmo coronarico soprattutto il
diltiazem e sono ottimi per curare l’angina derivata appunto da uno spasmo
coronarico.
4. Tachiaritmie sopraventricolari: viene sfruttata l’azione inibente del verapamil e del
diltiazem sull’automatismo del nodo SA e sulla conduzione verso il nodo AV.
5. Insufficienza cardiaca congestizia: uso controverso e non del tutto raccomandato
soprattutto per le diidropiridine (responsabili del furto coronarico tranne
l’amlodipina) ma anche per il verapamil e diltiazem che abbassano decisamente la
Farmacocinetica
Sono tutti farmaci assorbiti bene per via orale a parte il verapamil che ha una bassa
biodisponibilità orale e pertanto servono dosaggi più elevati. Si tratta di composti che hanno
mediamente un’emivita breve (3-8 ore) e pertanto per mantenere una concentrazione
adeguata servono più somministrazioni giornaliere (fino a 3), tuttavia oggi con le
formulazioni a cessione protratta è possibile ridurre l’intervallo a una volta al giorno.
La nifedipina e la nicardipina hanno una durata d’azione più breve rispetto all’amlodipina e
alla felodipina.
Tutte e 3 le classi vengono metabolizzate dal fegato ed in particolare dal CYP3A4 che viene
inibito dal succo di pompelmo e viene esaltato da barbiturici o eritromicina.
Il verapamil subisce un’esteso metabolismo epatico e pertanto in casi di cirrosi epatica deve
essere aggiustata la dose per evitare una maggiore incidenza di effetti collaterali.
I calcio antagonisti sono tutti influenzati dal pasto e il loro effetto in genere compare entro
un’ora a parte l’amlodipina e la felodipina che sono assorbite più lentamente ma hanno anche
una durata d’azione più lunga.
Vengono tutti escreti maggiormente per via urinaria tranne il diltiazem che è eliminato
principalmente per via fecale.
Effetti avversi
Vasodilatazione eccessiva (vertigini, ipotensione, flushing, nausea)
Edemi periferici (a causa dell’incremento di vasodilatazione anche venosa)
Stipsi: effetto collaterale principale del verapamil (si presenta nel 10% dei soggetti)
Tra tutti quello con minor incidenza di effetti avversi è il diltiazem.
Il verapamil deve essere evitato nei casi di insufficienza cardiaca per il suo effetto inotropo
negativo. In questa situazione vanno usati con estrema cura anche gli altri calcio antagonisti.
I Nitrati organici sono farmaci che derivano dall’acido nitroso o dall’acido nitrico e sono sotto
forma di semplici esteri o alcoli. I principali usati per l’angina sono 3:
1. NITROGLICERINA
2. ISOSORBIDE DINITRATO
3. ISOSORBIDE MONONITRATO
Azioni
Vasodilatatori coronarici: riducono le resistenze delle arterie
coronarie e quindi sono utili nel trattamento dell’angina
variante e delle altre forme di angina.
Venodilatatori: azione prevalente sul sistema venoso che
provoca un ristagno maggiore di sangue nei vasi di
capacitanza riducendo il precarico. È evidente che questo
effetto può ripercuotersi negativamente sul cuore quando
c’è un sovradosaggio.
Ridistribuzione del flusso ematico: viene privilegiato
l’afflusso verso le zone provviste di vasi stenotici e si ha una
miglioramento della perfusione.
Vasodilatazione periferica: in piccola parte e soprattutto a dosaggi elevati si verifica
una riduzione delle resistenze arteriolari periferiche che possono portare a
ipotensione.
Usi terapeutici:
1. Angina: utilizzati in tutte e 3 le forme di angina ma con particolari attenzioni alle
formulazioni farmaceutiche che differiscono per l’inizio dell’azione e per la durata
dell’azione e questo in casi di angina può rivelarsi fondamentale.
Effetti avversi:
Cefalea: conseguenza della vasodilatazione meningea
Astenia ed ipotensione posturale
Manifestazioni cutanee: sempre associate alla vasodilatazione
Tachicardia: ad alte dosi il farmaco può provocare una vasodilatazione eccessiva che
attiva il sistema simpatico a produrre noradrenalina che agisce in senso cronotropo e
inotropo positivo aumentando il fabbisogno di ossigeno e potendo paradossalmente
peggiorare l’angina
Interazione col sildanefil: i 2 farmaci potenziano eccessivamente gli effetti
vasodilatatori e per tale motivo si consiglia un intervallo di almeno 6 ore tra le
somministrazioni.
Metaemoglobinemia: dosaggi eccessivi provocano ossidazione del ferro con perdita
della capacità di trasporto dell’Hb.
Tolleranza
Alle azioni dei nitroderivati si sviluppa precocemente tolleranza per cui sono necessarie dosi
maggiori per avere gli stessi effetti terapeutici. Questa tolleranza sembra di tipo
farmacodinamico (dipendente dai recettori che si desensibilizzano, come nel caso degli
oppiacei, mentre una tolleranza farmacocinetica si presenta con i barbiturici che inducono gli
enzimi per il loro metabolismo e di conseguenza hanno una maggiore clearance).
In parte si verifica anche una dipendenza di tipo fisico.
Le strategie per evitare la tolleranza sono:
- Mantenere un periodo di tempo al giorno senza nitrati, circa 6-8 ore, tipicamente
notturne in quanto in questo periodo il cuore è sottoposto ad un minore stress.
- Per i cerotti transdermici la somministrazione deve essere fatta per 12 ore, in genere
di notte e al mattino non viene applicato.
- Nell’angina variante di Prinzmetal tuttavia c’è un peggioramento di prima mattina a
causa forse della secrezione di catecolamine circadiane e in questi pazienti l’intervallo
di tempo senza nitrati deve coincidere con il tardo pomeriggio.
I pazienti che continuano ad avere angina con nitroderivati possono trarre giovamento da un
ulteriore approccio farmacologico.
Beta-bloccanti e Nitroderivati
Quest’associazione è ottimale per diversi motivi. Innanzitutto i
nitroderivati sono dei potenti vasodilatatori che quindi riducono la
pressione sanguigna e possono causare tachicardia riflessa, i beta-
bloccanti tamponano quest’effetto visto che bloccano i recettori
beta1 cardiaco con conseguenze inotrope e cronotrope negative.
Inoltre i beta-bloccanti possono favorire la scarica alfa1 adrenergica
verso le coronarie favorendo lo spasmo, ma questo effetto è evitato dai nitroderivati che
permettono una vasodilatazione coronarica mantenuta.
Terapia tripla
In caso di grave angina da sforzo si può tentare l’approccio triplo che però non è esente da
efetti collaterali anche gravi. Il razionale farmacologico prevede la riduzione del precarico col
nitroderivato, la riduzione del postcarico col calcio antagonista e la prevenzione della
tachicardia riflessa ed eccessiva vasodilatazione con i beta-bloccanti. Tuttavia in questo caso il
Nel caso di un paziente con concomitante patologia vengono preferite certe classi
farmacologiche rispetto ad altre:
Paziente asmatico: non possono essere usati i beta-bloccanti
Infarto miocardico acuto recente: non possono essere usati i calcio antagonisti
Diabete: non vengono usati i beta-bloccanti perché peggiorano la tolleranza glucidica
Ipertensione: i nitroderivati risultano meno efficaci
Nefropatia cronica: sconsigliati o poco utili i beta-bloccanti
DIGITALE
I farmaci digitalici sono detti anche glucosidi digitalici e devono il loro nome alla derivazione
dalla pianta digitale.
Questi farmaci potenziano l’attivit{ contrattile cardiaca ma hanno un indice terapeutico molto
basso e pertanto c’è una sovrapposizione tra dose efficace e dose tossica e l’intervallo
terapeutico è molto ristretto.
I principali farmaci sono:
DIGOSSINA
DIGITOSSINA
BETA-METIL DIGOSSINA (analogo semisintetico della digossina)
Meccanismo d’azione
Questi farmaci agiscono modificando il potenziale elettrico della cellula miocardica in quanto
vanno a bloccare la pompa Na/K-ATPasi. La pompa svolge la funzione di mantenimento del
potenziale di riposo della cellula. In questo modo aumenta la concentrazione intracellulare di
sodio che entra dall’esterno seguendo il gradiente di concentrazione. Il calcio è il principale
responsabile della contrazione legandosi all’actina e qualsiasi situazione che fa aumentare il
calcio intracellulare libero provoca un aumento di inotropismo. I digitalici determinano un
aumento di contrattilit{ perché il calcio viene normalmente estruso dall’interno della cellula a
fine contrazione da diversi meccanismi (scambiatore Na/Ca; captazione attiva da parte del
mitocondrio e del reticolo sarcoplasmatico) e l’incremento di sodio derivato dal blocco della
pompa riduce il gradiente necessario per spingere il sodio dentro la cellula e il calcio fuori
dalla cellula e di conseguenza si avrà un maggior ristagno di calcio nell’ambiente
intracellulare che causa un marcato aumento di contrattilità.
In secondo luogo l’aumento di contrattilit{ provoca un aumento della gittata, una riduzione
della scarica simpatica e una diminuzione dell’asse RAA e di conseguenza si avr{ anche una
riduzione del fabbisogno d’ossigeno.
Azioni
La digossina è sicuramente il farmaco più utilizzato e favorisce la contrazione miocardica.
Usi terapeutici
1. Insufficienza cardiaca congestizia: la digossina è indicata nei pazienti con forte
disfunzione sistolica ventricolare sinistra che hanno già iniziato un trattamento con
diuretici, ACE-I e beta-bloccanti. Non è indicata in pazienti con IC diastolica o del cuore
Farmacocinetica
La digossina ha un’emivita molto breve e questo la rende utile perché sono ridotti i rischi di
effetti avversi a differenza della digitossina che ad oggi non viene più usata a causa
dell’elevata incidenza di reazioni collaterali. Inoltre la digossina ha anche un inizio dell’azione
molto breve e questo la rende disponibile ed utilizzabile nei casi di emergenza. Ci vorrà un
tempo corrispondente a circa 5-6 volte il T di emivita per raggiungere lo steady state ed un
tempo analogo per il wash out.
La digossina è idrofila e come tale viene eliminata direttamente nelle urine, mentre la
digitossina è ampiamente metabolizzata dal fegato e i suoi metaboliti possono avere effetti
tossici. Inoltre la digossina ha uno scarso tasso di legame con le proteine plasmatiche a
differenza della digitossina.
Effetti avversi
Esistono diversi effetti collaterali a seguito del trattamento con digitale e si parla spesso di
tossicità:
Effetti cardiovascolari: l’effetto principale è un’aritmia progressivamente più severa in
funzione delle dosi che va da una diminuzione o blocco della conduzione del nodo AV,
alla tachicardia parossistica sopraventricolare, alla conversione di un flutter atriale in
una fibrillazione atriale, depolarizzazione ventricolare prematura, fibrillazione
ventricolare ed infine arresto cardiaco completo. Questo effetto pro-aritmico dipende
dalla stimolazione del tessuto di conduzione che viene anch’esso interessato
dall’aumentata conduttanza al calcio e risponde in modo anomalo.
Effetti gastrointestinali: la digitale va ad agire sul centro chemocettore e provoca
nausea e vomito.
Effetti sul SNC: cefalea, affaticamento, confusione, visione
offuscata, alterazione della percezione dei colori (xantopsia = visione
di colore giallo alterato con aloni scuri attorno).
In un trial clinico in cui pazienti venivano trattati col placebo ed altri con la digossina non si è
assistito ad un declino della mortalità per cui si può affermare che la digossina non incide
BETA AGONISTI
La DOBUTAMINA è il componente principale di questa classe di farmaci. Essa è l’agente
inotropo più usato dopo la digitale. Essa causa un aumento delle concentrazioni di cAMP
all’interno della cellula cardiaca, il quale d{ inizio ad una cascata fosforilativa che culmina
nella fosforilazione tramite una proteina chinasi del canale del calcio voltaggio dipendente che
si apre. In questo modo viene favorita la contrazione.
Essa viene somministrata per via endovenosa ed è utilizzata nel trattamento dell’ICC acuta in
ambiente ospedaliero.
I disturbi della
conduzione vedono il
principale
responsabile nei
fenomeni di rientro
che sono situazioni in
cui si verifica un
blocco unidirezionale
di una via di
conduzione biforcata
(tipica situazione
delle fibre di
conduzione del
Purkinje).
Normalmente lo
stimolo viaggia in
entrambe le direzione della biforcazione. Se si verifica un blocco unidirezionale di una delle 2
vie a causa di aumento della refrattarietà o ad esempio per un infarto in quella zona, si ha la
possibile propagazione dell’impulso lungo una sola via in andata, tuttavia se la via di ritorno
della branca bloccata non è disattivata allora il primo impulso propagato nella prima fibra
risale la fibra bloccata in senso inverso e può causare un nuovo potenziale d’azione
determinando una contrazione anomala e impropria se questa zona non è più nel periodo
refrattario assoluto.
Esiste anche un tipo di rientro dovuto alla presenza di una via anomala anatomica
costantemente attivata che mette in comunicazione due porzioni del miocardio e scarica
indisturbata, non può essere trattata con i farmaci. È il tipico esempio della sindrome di Wolff-
Parkinson-White.
I farmaci utilizzati a tale scopo impediscono il rientro aumentando il periodo refrattario
effettivo e/o riducendo la velocità di conduzione in modo da convertire il blocco unidirezionale
in blocco bidirezionale. Infatti a tale scopo si utilizza la lunghezza d’onda dell’impulso di
rientro e si cerca di ridurre la velocit{ di conduzione. Infatti la wave length (fronte d’onda)
Classe I
Questa si divide ulteriormente in 3 sottoclassi in base all’affinit{ del legame con il recettore e
alla velocit{ dell’interazione.
In generale a questa categoria appartengono farmaci che agiscono sui canali del sodio
bloccandoli e di conseguenza determinano una riduzione della velocità di elevazione della
fase 0 del potenziale d’azione. Essi quindi diminuiscono la velocit{ di conduzione e
l’eccitabilità.
Il loro utilizzo è andato via via diminuendo nel tempo in quanto essi possiedono un effetto
aritmico intrinseco soprattutto nei pazienti con cardiopatia ischemica e ridotta funzionalità
del ventricolo sinistro.
L’affinit{ di questi farmaci ai canali del sodio viene definita dipendente dall’uso o dallo stato e
con ciò si identifica la proprietà di tali farmaci di legarsi con maggiore affinità ai canali del
sodio in stato attivato o inattivato, l’affinit{ nei confronti della forma a riposo è minima. Ciò
permette una maggior efficacia terapeutica nelle porzioni di miocardio che hanno un elevato
automatismo lasciando indenni le altre che hanno canali del sodio a riposo in diastole.
Pertanto questa classe farmacologica è molto attiva sulle aritmie da aumentato automatismo
anomalo.
Variabili da considerare nel binding con il canale del sodio sono la frequenza cardiaca
(maggiore è e più grande sar{ l’efficacia) e l’ischemia (infatti il tessuto ischemico parzialmente
depolarizzato con questi farmaci che riducono la velocità di conduzione può inescare circuiti
di rientro).
I farmaci di classe IA il cui prototipo è la chinidina hanno la capacità di abbassare la velocità
di conduzione, aumentare il potenziale d’azione e aumentare il periodo refrattario effettivo, in
più riducono la polarizzazione massima (Vmax).
Possiedono una velocità di interazione con i canali del sodio intermedia, così come la capacità
di distacco del legame. Tempo di recupero dal blocco da 1 a 10 secondi.
I farmaci di classe IB i cui prototipi sono la lidocaina e la mexiletina hanno scarsi effetti sulla
velocità di conduzione e esplicano il loro ruolo nella riduzione della fase 3 del potenziale
d’azione accorciando il potenziale d’azione e in particolare la fase della ripolarizzazione. Non
interferiscono con Vmax. Hanno un’interazione rapida con i canali del sodio. Tempo di
recupero dal blocco minore di 1 sec.
I farmaci di classe IC il cui prototipo è la flecainide hanno ampi effetti di riduzione della
velocità di conduzione ma scarso effetto sulla durata del potenziale d’azione e sul periodo
refrattario effettivo. Si legano lentamente ai canali del sodio. Tempo di recupero dal blocco
maggiore di 10 secondi. Riducono Vmax.
In base al tempo di recupero dal blocco si stabilisce anche la proprietà del farmaco di essere
inotropo negativo (in tal caso il gruppo IC è il più efficace in questo effetto).
PROCAINAMIDE (IA)
Farmaco simile alla chinidina, è un derivato dall’anestetico procaina. È somministrato per via
orale, meglio non infusione endovenosa perché può determinare ipotensione. Il metabolismo
epatico porta alla formazione dell’intermedio NAPA che ha scarso effetto sulla polarizzazione
massima, ma aumenta la durata del potenziale d’azione. È eliminata dal rene.
Può dare numerosi effetti collaterali e tossici: aritmie, asistolia, effetti sul SNC e reazione
simil-lupus nel 25-30% dei soggetti.
LIDOCAINA (IB)
Farmaco anestetico che provoca una riduzione della fase 3 ed una
diminuzione della durata del potenziale d’azione e pertanto è poco utile
nelle aritmie sopraventricolari o giunzionali visto che non ha effetti
considerevoli sulla velocità di conduzione. Viene usata principalmente per
trattare le aritmie ventricolari derivate da un automatismo anormale
soprattutto nei pazienti con ischemia miocardica in quanto non esalta i
fenomeni di rientro visto che il tratto QT rimane normale. Il farmaco è
somministrato per via endovenosa perché la biodisponibilità orale è molto
bassa. Il farmaco è eliminato dal fegato.
L’indice terapeutico è buono a differenza della maggior parte degli altri
antiaritmici, tuttavia non è priva di effetti collaterali soprattutto a carico
del SNC (sonnolenza, confusione, agitazione, parola inceppata,
convulsioni).
FLECAINIDE (IC)
Dissociandosi lentamente dai canali ha effetti considerevoli anche come
inotropo negativo.
Viene usato solo in certe condizioni di aritmia ventricolare refrattaria agli
altri trattamenti. Sopprime la sopraelevazione rapida della fase 0 e rallenta la conduzione in
tutto il cuore. Ha effetto minore sulla durata del PA e del PRE. L’automaticit{ è ridotta
soprattutto per aumento del potenziale soglia. È data per via orale. Può aggravare aritmie
preesistenti e inoltre è vietata nell’insufficienza cardiaca.
Classe II
Questa classe comprende i beta-bloccanti che hanno anche uno scopo antiaritmico in quanto
diminuiscono la depolarizzazione della fase 4 e quindi deprimono l’automaticit{, prolungano
la conduzione AV e riducono la frequenza e la contrattilità.
I principali sono il PROPRANOLOLO, il METOPROLOLO e l’ESMOLOLO.
Azione:
- Effetti elettrofisiologici e miocardici: riduzione minima della velocità di
depolarizzazione e della durata del PA; diminuzione del periodo refrattario;
abbassamento della contrattilità.
- Effetti elettrocardiografici: riduzione della frequenza sinusale, aumento della durata
PR, normalità QRS, riduzione QT.
Gli effetti sono sostanzialmente indiretti e derivati da una sospensione dell’attivazione
adrenergica.
Vengono indicati nelle tachicardie sopra e ventricolari a seguito di attivazione adrenergica.
Trovano un particolare impiego nel post-infartuato.
AMIODARONE
Si tratta di un farmaco lipofilo che contiene iodio.
Meccanismo d’azione: bloccante dei canali del potassio, ma non solo in quanto possiede
molteplici azioni differenti.
Azioni:
Antiaritmico tipo III: riduce la depolarizzazione o la lascia
invariata, aumenta molto il PRE e aumenta il PA, abbassa la
velocità di conduzione. A livello elettrocardiografico si
manifesta un allungamento del tratto QT e QRS e anche PR. La
frequenza è ridotta.
Bloccante fase 0
Alfa e beta-bloccante: lieve azione vasodilatatrice centrale e
inotropa negativa.
Calcio antagonista
Inibitore di T3 e T4
Usi terapeutici: trattamento delle gravi tachiaritmie refrattarie
ventricolari e sopraventricolari. La sua utilità cinetica è limitata dalla
tossicità. Usato anche dopo cardioversione e come prevenzione della
morte improvvisa in pazienti con cardiomiopatia ipertrofica e nel post-
infarto.
Farmacocinetica: biodisponibilità orale del 40-70%, l’inizio degli
effetti clinici si verifica con le attività beta-bloccanti entro 5-10 giorni,
mentre per le attività antiaritmiche servono come minimo 5-6
settimane. Ha un’emivita lunghissima dai 13 ai 103 giorni e la posologia
vede una dose da carico di 0,8-1,2 g/die per 2 settimane seguita da terapia di mantenimento
di 0,2 g/die per 5 giorni ogni settimana. La dose da carico in genere viene somministrata per
via endovenosa per raggiungere più rapidamente il volume di distribuzione e la dose di
mantenimento viene regolata in base alla clearance.
Il metabolismo epatico provoca un metabolita attivo detto desetilamiodarone.
Nel miocardio si ottiene una concentrazione maggiore 10-50 volte quella plasmatica.
Il 50% del farmaco viene eliminato subito entro 5-6 giorni dalla sospensione dagli organi
maggiormente perfuso e il resto nei successivi 25-120 giorni da tutti i tessuti.
Il farmaco viene accumulato in altri organi tra cui polmoni, fegato, tessuto adiposo, cute e
cornea.
Effetti avversi: sono numerosissimi e più della metà dei pazienti che iniziano il trattamento
subiscono effetti avversi così intensi da dover sospendere la somministrazione:
Fibrosi polmonare (rara con meno di 300mg/die)
Epatopatia (movimento degli enzimi epatici e raramente cirrosi)
Cutanei (fotosensibilizzazione e cute bluastra da accumulo di iodio)
Microdepositi corneali
Ipertiroidismo / Ipotiroidismo
Disturbi gastroenterici
Riassunti Farmacologia - © Luca Croci – 2010
Bradiaritmie e tachiaritmie (rare)
Sintomi neurologici (tremori, atassia, capogiri, neuropatia, debolezza muscolare)
Si è visto inoltre che l’amiodarone non riduce l’incidenza di morte improvvisa né prolunga la
sopravvivenza in pazienti con ICC.
SOTALOLO
Si tratta di un farmaco dotato di un’intensa attivit{ anche beta-bloccante. Infatti esso si
presenta sotto forma di 2 stereoisomeri: il D-Sotalolo è un esclusivo antiaritmico, l’L-Sotalolo
è un antiaritmico e in più ha attività beta-bloccante.
Meccanismo d’azione: oltre al tipico meccanismo beta-bloccante si ottiene anche un
riduzione della corrente in uscita del potassio e pertanto si ha un effetto di aumento del
potenziale d’azione e soprattutto della durata della fase 3 di ripolarizzazione, allungando
anche il PRE.
Azioni: riduzione dell’inotropismo e della cinesi, effetto antiaritmico
Usi terapeutici: profilassi delle tachiaritmie parossistiche sopraventricolari; mantenimento
del ritmo sinusale dopo cardioversione di flutter/fibrillazione atriale; tachiaritmie
ventricolari minacciose o sintomatiche.
Effetti avversi: questo farmaco ha la più bassa incidenza di effetti avversi in assoluto, tuttavia
come tutti i farmaci che allungano il tratto QT si può avere un’aritmia come la torsione di
punta che può rivelarsi anche molto pericolosa.
DOFETILIDE
Si tratta di un farmaco principalmente utilizzato per trattare la fibrillazione atriale ed è uno
dei farmaci indicati per trattare questa patologia insieme ai beta-bloccanti e all’amiodarone. È
consigliato anche nei pazienti con aritmie e insufficienza cardiaca o coronaropatia e
scompenso del ventricolo sinistro. L’uso è limitato a pazienti ricoverati vista l’ampia variet{
ed entit{ di effetti avversi. Ha un’emivita di 10 ore e l’escrezione è principalmente con le
urine.
Classe IV
Questa classe è costituita dai calcio antagonisti ossia quei farmaci che bloccano i canali del
calcio e quindi saranno maggiormente interessati quei tessuti che sono dipendenti dalle
correnti del calcio per depolarizzarsi (tessuto di conduzione e nodi).
Azioni: vengono usati i farmaci non diidropiridinici come il VERAPAMIL e il DILTIAZEM che
possiedono diverse attività:
- Riduzione della frequenza
- Riduzione delle resistenze periferiche
- Riduzione delle resistenza coronariche
- Diminuzione della velocità di conduzione
- Riduzione di contrattilità.
Questi farmaci sono maggiormente attivi quando i canali sono attivati e quindi nei casi di
aumentata frequenza cardiaca.
Usi terapeutici: questa categoria è efficace nel trattare le tachiaritmie sopraventricolari visto
che riduce la velocità di conduzione e agisce molto sui tessuti a risposta lenta come il nodo SA.
Sono molto utili nel trattare la tachicardia sopraventricolare rientrante e per diminuire la
frequenza ventricolare nel flutter e nella fibrillazione atriale.
Farmacocinetica: il verapamil e il diltiazem sono assorbiti bene per via orale. Il verapamil
subisce un ampiio metabolismo epatico per cui quando esistono problemi a livello epatico è
giustificato aggiustare la posologia.
ADENOSINA
È un nucleoside naturale che ad alte dosi ha azione di aumentare il periodo refrattario
effettivo, il potenziale d’azione e ridurre la velocit{ di conduzione principalmente a livello del
nodo AV. Per questo motivo è uno dei trattamenti di scelta per la tachiaritmia
sopraventricolare acuta per via endovenosa. Ha bassa tossicità ma causa vampate, dolore
toracico e ipotensione. Durata d’azione molto breve (15 secondi).
I lipidi
nell’organismo
sono presenti
sotto forma di
aggregati
lipoproteici
detti
lipoproteine
formate da un
core lipidico ed
una periferia fatta di fosfolipidi in cui sono immerse proteine specifiche che identificano i
composti e responsabili del riconoscimento recettoriale.
I chilomicroni sono le lipoproteine più voluminose e ad alto contenuto di TG prodotte
dall’intestino con i lipidi della dieta. Vanno in circolo e sono catturati dai tessuti periferici che
con la lipoproteina lipasi scindono i TG in acidi grassi che vengono internalizzati nelle cellule e
Le cause di iperlipidemia possono essere sia esogene (dieta, obesità, mancanza di attività
fisica) che endogene cioè derivate da problemi genetici (iperlipidemie familiari). Nella
maggior parte dei casi però si sommano i fattori ambientali a quelli genetici.
Nei pazienti in cui oltre all’iperlipidemia esistono altri fattori predisponenti per rischio
cardiovascolare (fumo, ipertensione, diabete) devono essere iniziate terapie più aggressive.
Statine
I farmaci utilizzati di questa classe sono:
- SIMVASTATINA : farmaco capostipite, più lipofila e formata da un anello lattonico che
viene idrolizzato per ottenere il farmaco attivo
- LOVASTATINA: anch’essa ha un anello lattonico
- PRAVASTATINA : è la più idrofila ed è attiva come tale
- FLUVASTATINA: idrofila e attiva come tale
- ATORVASTATINA : farmaco più potente della classe
- ROSUVASTATINA : farmaco molto potente
- CERIVASTATINA : è stata revocata a seguito del caso di rabdomiolisi acuta
Meccanismo d’azione
Questi farmaci hanno
struttura simile al
mevalonato che è un
intermedio della sintesi
endogena di colesterolo. Essi
competono tutti con esso
legandosi all’enzima HMG-
CoA reduttasi che è la tappa
limitante epatica per la
sintesi del colesterolo. In
questo modo l’enzima viene
bloccato e l’epatocita si trova
in deplezione di livelli di
colesterolo. Allora avviene
l’attivazione della trascrizione nucleare del gene che codifica per il recettore delle LDL che
viene tradotto in proteina ed esternalizzato sulla membrana plasmatica. In questo modo
aumentano i recettori epatici per le LDL che si legano maggiormente e riducono la loro
concentrazione plasmatica.
Azioni
Le statine hanno un’azione principale ipolipemizzante a carico delle LDL e riducono
lievemente anche i trigliceridi. Sono positive sulle HDL che aumentano e riducono fortemente
le VLDL. L’effetto principale è però la riduzione del colesterolo LDL (e totale).
Le statine però hanno anche una serie di azioni pleiotrope che non sempre sono favorevoli:
Stimolazione della produzione di NO con conseguente vasodilatazione
Aumento dell’attivit{ fibrinolitica
Inibizione della proliferazione e migrazione delle cellule muscolari lisce
Inibizione della proliferazione e migrazione dei macrofagi e della loro produzione di
metalloproteasi che tendono a demolire il cappuccio fibroso della capsula, in più
riducono anche la produzione di fattore tissutale che stimola l’evento trombotico
Inibizione dell’adesione e aggregazione piastrinica
Riduzione degli indici di infiammazione (PCR)
Inibizione dell’attivit{ osteoclastica, dell’adipogenesi e della proliferazione delle cellule
nel tumore mammario, nel neuroblastoma, nel mesotelioma e nella leucemia mieloide.
Usi terapeutici
1. Ipercolesterolemia: ipercolesterolemia primaria o della dislipidemia mista, in
aggiunta alla dieta quando essa non è sufficiente. È comunque utile associare altri
farmaci in quanto si è visto che esisteva lo stesso un rischio di eventi coronarici, in più
è importante anche la dieta e l’attivit{ fisica. Viene impiegata nei pazienti con
ipercolesterolemia familiare in forma eterozigote perché gli omozigoti non possiedono
il recettore delle LDL e quindi non avrebbe effetto; in questi casi va associata un’altra
terapia.
a. Prevenzione primaria: pazienti con ipercolesterolemia grave o moderata e
suscettibili a primo intervento cardiovascolare traggono beneficio da questi
farmaci in senso di riduzione della morbilità e mortalità
b. Prevenzione secondaria: pazienti a seguito di infarto miocardico o angina
pectoris instabile e con livelli normali o elevati di colesterolo.
In ogni caso però si è visto che una fetta della popolazione trattata con statine non riesce a
raggiungere gli obiettivi terapeutici fissati dalle linee guida.
Farmacocinetica
La lovastatina e la simvastatina hanno una biodisponibilità orale del 30-50% e devono essere
metabolizzate per avere efficacia terapeutica.
La pravastatina e la fluvastatina invece hanno un assorbimento orale massimo e sono efficaci
come tali.
Tutte queste subiscono un consistente metabolismo di primo passaggio ed agiscono appunto
sul fegato come organo bersaglio. Vengono metabolizzate dal citorcomo P-450, alcune dalla
forma 3A4 e altre dal 2C9. Possono essere formati dei metaboliti che possiedono ancora
un’azione farmaceutica. L’escrezione avviene principalmente con la bile e le feci, ma esiste
anche una modalit{ d’escrezione urinaria. L’emivita è di circa 1,5-2 ore.
La lovastatina e la simvastatina a causa della loro lipofilia sono in grado di penetrare nel SNC.
La pravastatina è idrofila ed è l’unica che subisce un metabolismo sia epatico che renale.
L’atrovastatina ha una potenza molto elevata, ma dal punto di vista clinico la potenza ha poca
rilevanza e viene superata per importanza dall’efficacia. Infatti con un aumento di dose si può
compensare una ridotta potenza. Tuttavia esistono circostanze in cui l’IT è molto basso e
quindi viene preferito un farmaco con maggior potenza perché a dosi più basse è in grado di
raggiungere l’efficacia farmaceutica.
Acido nicotinico
Si tratta della niacina che viene impiegata essenzialmente per ridurre i trigliceridi ed il
colesterolo ma ha un’azioe preponderante sull’incremento dell’HDL.
Meccanismo d’azione: questo farmaco previene la lipolisi del tessuto adiposo bloccando la
lipasi-ormone sensibile e di conseguenza la liberazione degli acidi grassi dal tessuto adiposo è
fortemente ridotta. Il fegato utilizza tali acidi grassi per fabbricare le VLDL e visto che questi
non sono disponibili esso riduce la produzione di lipoproteine. L’effetto si ripercuote anche
sulle LDL visto che queste derivano dalle VLDL circolanti.
Azioni: l’azione è la riduzione sia dei trigliceridi che del colesterolo con aumento delle HDL.
Usi terapeutici: viene impiegata per il trattamento delle ipercolesterolemie gravi in
associazione ad altri farmaci. È molto efficace nel trattamento delle iperlipidemie familiari. È il
farmaco più potente nell’aumentare i livelli di HDL. Esistono preparazioni gi{ pronte di
lovastatina + niacina.
Farmacocinetica: viene assorbito per via orale e trasformato in nicotinamide che si lega al
NAD e così esplica la sua azione. La nicotinamide da sola non ha tali effetti.
Effetti avversi: rossore cutaneo intenso, sensazione di calore e prurito. Sembra anche favorire
l’iperuricemia e la gotta andando a ridurre l’escrezione nel tubulo renale di acido urico.
Resine
Si tratta di resine a scambio ionico ed elevato peso molecolare, sono insolubili in acqua ed
agiscono nell’intestino.
Le principali resine sono:
- COLESTIRAMINA : composto principale e più utilizzato.
- COLESTIPOLO
- COLESEVELAM
Meccanismo d’azione: le resine hanno la capacità di legarsi agli acidi biliari formando un
complesso resina/acido insolubile e ad alto peso molecolare che viene direttamente escreto
con le feci. In questo modo inibiscono il ricircolo entero-epatico degli acidi biliari che
stimolano quindi il fegato a produrne di nuovi utilizzando il colesterolo immagazzinato
all’interno degli epatociti. Quando questa riserva viene meno viene stimolata la produzione
dei recettori delle LDL che sono esternalizzate sulla membrana e catturano le LDL
plasmatiche riducendo la loro concentrazione.
Azioni: riduzione del colesterolo LDL e aumento dell’HDL. Si è dimostrato un effetto sinergico
e utile dell’associazione di statine e resine. Scarsa azione sui trigliceridi.
Usi terapeutici: questi farmaci vengono impiegati nelle:
Era stato provato anche un approccio con un farmaco inibitore della proteina che trasferisce
esteri al colesterolo (Torcetrapib) ma ha avuto un risultato negativo in quanto si è rivelato un
farmaco agonista dell’aldosterone e provocava ipertensione.
Il meccanismo con cui agiscono gli inibitori dell’aggregazione piastrinica sono diversi ma il
target è l’inibizione dell’attivit{ del legame del fibrinogeno ai recettori IIb/IIIa:
- Inibizione della COX1 in modo da abolire la produzione di trombossani spostando
l’equilibrio verso la produzione di PGI (i trombossani favoriscono il legame della
glicoproteina con il fibrinogeno)
- Blocco diretto dei recettori della GpIIbIIIa
- Blocco dei recettori per l’ADP
ACIDO ACETILSALICILICO
Meccanismo d’azione: l’acido acetilsalicilico (e non i salicilati!) determina un’acetilazione
dell’enzima COX-1 che lo rende irreversibilmente inattivo. Questo enzima serve per produrre
prostaglandine e trombossano A2 (a partire dalla prostaglandina H) ma l’effetto del farmaco
sembra sbilanciato verso l’inibizione della produzione di trombossani da parte della COX
piastrinica, piuttosto che verso quella di prostaglandine della COX endoteliale. La COX-1 è
attivata dall’acido arachidonico che proviene dall’azione della fosfolipasi della membrana
plasmatica a seguito del legame con fattori protrombotici come collageno e ADP. In questo
modo l’inibizione della produzione di trombossano blocca il processo di aggregazione
piastrinica.
Azioni: riduzione dell’aggregazione piastrinica
Usi terapeutici:
1. Trattamento profilattico dell’ischemia cerebrale transitoria, riduzione dell’infarto
miocardico ricorrente e della mortalità nei post-infartuati
Farmacocinetica: viene assorbita per via orale ma ha un’emivita molto breve di circa 15
minuti. Inizia direttamente la sua azione a livello del circolo portale ma la durata d’azione è
decisamente lunga in quanto l’inibizione della COX è irreversibile e dunque la sua durata
d’azione corrisponde alla vita media di una piastrina (7-10 giorni).
Di solito si dà una dose di carico seguita da una somministrazione quotidiana di
mantenimento. Spesso viene utilizzato insieme ad altri farmaci antiaggreganti come il
clopidogrel o l’eparina (anticoagulante). L’ibuprofene ed il paracetamolo si legano alla COX-1
con meccanismi diversi ma ostacolano il legame dell’aspirina e quindi assunzioni di aspirina
dopo aver preso tali farmaci annullano l’effetto dell’ASA (acido acetilsalicilico).
Effetti avversi: l’effetto avverso più comune è rappresentato dall’emorragia in quanto anche
dosi basse di aspirina riducono la formazione del tappo piastrinico e a seguito di un lieve
danno il tempo di sanguinamento aumenta. Tipici sono i sanguinamenti gastrointestinali
specialmente per le dosi alte o l’ictus emorragico (anch’esso a dosi alte).
CLOPIDOGREL e TICLOPIDINA
Meccanismo d’azione: questi 2 farmaci hanno la stessa modalit{ d’azione che prevede
l’interferenza del legame dell’ADP ai suoi recettori sulle piastrine e in tal modo si diminuisce
l’attivazione piastrinica e l’aggregazione mediata dalla glicoproteina IIb/IIIa.
Azioni: riduzione dell’aggregazione piastrinica
Usi terapeutici: prevenzione delle malattie cerebrovascolari, cardiovascolari e della malattia
vascolare periferica. Sono di uso comune durante il posizionamento di stent coronarici in
corso di infarto miocardico.
Farmacocinetica: vengono somministrati per via orale, la ticlopidina ha un assorbimento che
può interferire con il cibo, mentre il clopidogrel no. Si legano estesamente alle proteine
plasmatiche dopo l’assorbimento e vengono metabolizzate dal CYP a metaboliti attivi.
L’effetto massimo si raggiunge in 3-5 giorni. L’eliminazione è sia per via renale che fecale.
Effetti avversi: sanguinamenti prolungati e diarrea fastidiosa soprattutto con la ticlopidina.
Quest’ultima causa anche un effetto di neutropenia che deve essere prevenuto monitorando i
livelli di leucociti nel sangue. Questi farmaci possoo inibire il citocromo P-450 e quindi possoo
interferire col metabolismo del warfarin, fenitoina, fluvastatina e tamoxifene.
Un’altra reazione avversa segnalata per entrambi è la porpora trombotica trombocitopenica.
DIPIRIDAMOLO
Vasodilatatore coronarico antianginoso che viene somministrato insieme all’aspirina facendo
così aumentare i livelli di cAMP inibendo la sintesi di trombossano A2 ed esaltando quella di
PGI2. D{ un contributo marginale all’azione antitrombotica dell’ASA.
Esistono diversi farmaci anticoagulanti che agiscono a diversi livelli, tuttavia ad oggi viene
utilizzato massimalmente uno solo di questi farmaci rispetto agli altri nonostante sia stato
uno dei primi ad essere scoperto, il warfarin. Esso ha un’efficacia molto elevata nel prevenire
gli episodi trombotici ma ha anche un IT molto basso e necessita quindi di molta attenzione e
monitoraggi frequenti delle concentrazioni ematiche.
Farmaci anticoagulanti principali:
Eparina (non frazionata ad alto peso molecolare)
Eparina a basso peso molecolare (LMWH)
Anticoagulanti orali (warfarin e acenocumarolo)
Inibitori diretti della trombina (irudina, ximelagatron, dabigatron)
Inibitore diretto del fattore Xa (rivaroxaban)
EPARINA
Questo farmaco è stato per moltissimo tempo l’unico farmaco utilizzato per prevenire e
curare la malattia tromboembolica con un’efficacia elevata ma anche provvista di effetti
avversi considerevoli.
Meccanismo d’azione: l’eparina non frazionata è una grossa molecola idrofila polimerica che
si trova normalmente all’interno dei granuli contenuti nei mastociti insieme all’istamina e in
minima parte anche nei basofili. Il suo ruolo fisiologico non è ancora ben chiaro ma si sa che
interferisce con il processo coagulativo. L’eparina non frazionata utilizzata in clinica è di
derivazione animale e la sua lunghezza può variare anche se normalmente è molto lunga.
Viene somministrata come miscela di glicosaminoglicani anionici (sali calcici e sodici), è
fortemente acida.
La sua propriet{ è quella di legarsi selettivamente all’antitrombina 3 (ATIII) che è una
molecola ad azione inibitoria sulla cascata coagulativa in quanto si lega selettivamente al
fattore Xa e al fattore IIa impedendo la formazione di fibrina.
Sono necessari 5 monomeri della proteina per riuscire a legarsi all’ATIII in modo da inibire il
fattore Xa, tuttavia sono necessari ben 18 monomeri per riuscire a legare ed inibire la
Azioni:
Inibizione della coagulazione mediante blocco della trombina, del fattore Xa. Questo
blocco della trombina è però indiretto perché è mediato dal legame con ATIII
Allungamento del tempo di sanguinamento (aPTT perché viene interessata la via
intrinseca)
Attivazione della lipoproteina lipasi (aumento della chiarificazione del sangue per
cattura dei lipidi in eccesso)
Non agisce sulla trombina legata al coagulo
Usi terapeutici:
1. Profilassi della trombosi venosa postoperatoria per interventi selettivi
2. Pazienti nella fase acuta dell’infarto miocardico
3. Prevenzione della ritrombosi coronarica
4. Utilizzo nelle apparecchiature extracorporee (dialisi) per evitare la coagulazione
5. Donne in gravidanza con valvole artificiali o per la cura della TEV
Effetti avversi:
Complicanze emorragiche: possibilità di sanguinamente eccessivi anche per piccole
ferite o anche perdite interne a causa dell’aumento dell’aPTT. Per prevenire questo
fenomeno il tempo di sanguinamento deve essere monitorato (anche se aPTT non
correla linearmente né con l’attivit{ antitrombotica né con la quantit{ di eparina
plasmatica). L’eccessivo sanguinamento viene tamponato attraverso la
somministrazione di protamina solfato che si lega all’eparina e forma un complesso
inattivo. Si tratta di un antagonismo chimico. È fondamentale però dare dosi molto
basse di protamina perché anch’essa possiede una minima attivit{ anticoagulante.
Reazioni di ipersensibilità
Trombosi: la somministrazione cronica può portare ad un’azione dell’attivit{ dell’ATIII
aumentando il rischio di trombosi, per minimizzare tale rischio si impiegano eparine a
basse dosi.
Trombocitopenia da eparina: reazione molto pericolosa ma rara che si verifica a
seguito di una reazione autoimmune in cui vengono prodotte IgG contro il complesso
eparina/fattore piastrinico4 che in questo modo viene degradato e precipita. Le
Meccanismo d’azione: stesso dell’eparina con la differenza però che l’ATIII viene legata
selettivamente ma risulta efficace solo per inibire il fattore Xa mentre non ha azione inibitoria
indiretta sulla trombina. Viene inibito anche il fattore Xa associato alle piastrine oltre che
quello circolante. Questa caratteristica permette di ridurre il rischio di attivare le piastrine
quiescenti. Per questo motivo il rapporto tra attività anti Xa e anti IIa varia da 4:1 a 2:1.
Usi terapeutici: vengono usate sempre di più e hanno soppiantato l’eparina, sono utili nel
trattamento post-operatorio di pazienti che hanno subito determinati interventi (es protesi
d’anca), trattamento e prevenzione di episodi di TVP, trattamento dell’IMA.
Farmacocinetica: ha una biodisponibilit{ più ampia dell’eparina e un’emivita più lunga come
dimostrato dalla capacità anti-Xa. La somministrazione è sottocutanea e la dose è
direttamente correlata al peso del paziente, infatti si è visto che l’efficacia è in relazione del
peso e pertanto la somministrazione avviene in base al peso del paziente senza bisogno di
monitoraggio da laboratorio nei primi giorni per aggiustamenti di dose.
Normalmente viene instaurata una terapia con somministrazione di una dose fissa 1 o 2 volte
al giorno e pertanto è molto comoda sia per gli ospedalizzati che per i non (soprattutto).
L’attivit{ antitrombotica è più prevedibile (anti-Xa U/mL) e anche le reazioni avverse sono
meno frequenti soprattutto l’emorragia in quanto l’EBPM non agisce sull’aPTT.
FONDAPARINOUX
Nuovo farmaco ancora a livello sperimentale che agisce bloccando selettivamente il fattore Xa
ed è utile perché a differenza dell’EBPM viene somministrato non come miscela eterogenea
ma come composto puro. Il farmaco non è altro che la sequenza pentasaccaridica dell’eparina
responsabile del legame con l’ATIII, è stato sintetizzato in laboratorio e sembra avere effetti
analoghi.
WARFARIN E ACENOCUMAROLO
Questi 2 farmaci rappresentano gli anticoagulanti orali che sono usati estesamente nella
patologia attuale tromboembolica sia come trattamento che come prevenzione.
Hanno lo stesso meccanismo d’azione, differiscono per la loro emivita in quanto
l’acenocumarolo ha emivita più breve ed inoltre anche per la formulazione visto che il
warfarin è disponibile in compresse da 5 mg mentre l’acenocumarolo in compresse da 1 e 4
mg per cui l’utilizzo dipende molto anche dalle necessit{. Spesso l’utilizzo del warfarin
richiede la frammentazione in metà o in quarti.
Il warfarin esiste in 2 forme: S-Warfarin ed R-Warfarin, il primo è 4 volte più potente del
secondo.
Essi determinano una riduzione della capacità coagulativa inibendo certi fattori della
coagulazione dipendenti dalla vitamina K, utile per renderli attivi.
Azioni: riduzione della capacità coagulativa nel giro di 8-12 ore e quindi con un tempo di
latenza molto più lungo rispetto alle eparine in quanto l’azione inibente avviene sui fattori
coagulativi neoformati e bisogna aspettare che quelli già presenti terminino la loro attività.
Inoltre ha anche una minima azione di inibizione della proteina C che possiede un’azione
anticoagulante.
Usi terapeutici:
Effetti avversi:
Emorragia: si tratta della principale e più pericolosa
reazione avversa che si verifica durante assunzione del
warfarin in quanto l’azione anticoagulante è molto
intensa. Le emorragie di piccola entità possono essere
trattate sospendendo il farmaco e somministrando
vitamina K. L’indice terapeutico è molto basso e si
possono avere eventi di ictus emrragico
paradossalmente per prevenire l’ictus ischemico
Interazioni con altri farmaci: le interazioni sono molto numerose e con diversi farmaci.
L’associazione con l’acido acetilsalicilico è pericolosa in quanto amplifica l’effetto
anticoagulante e antitrombotico favorendo le emorragie; l’interazione con cimetidina,
amiodarone, cloramfenicolo, metronidazolo, disulfiram e l’intossicazione acuta d’alcol
potenziano l’effetto del warfarin in quanto questi farmaci competono con il warfarin
per gli enzimi metabolizzanti e ciò provoca un aumento di emivita; associazione con
barbiturici, griseofulvina e rifampicina e l’assunzione cronica di alcol invece sono
induttori enzimatici che aumentano il metabolismo del warfarin e riducono la sua
funzionalità. Bisogna inoltre tenere presente che gli antibiotici orali possono alterare la
flora batterica e dare una riduzione dell’assorbimento di vit K potenziando in modo
pericoloso gli effetti del warfarin.
Controindicazioni assolute:
o Gravidanza: il warfarin è teratogeno e va assolutamente evitato nel primo
trimestre e nelle ultime settimane
Il meccanismo d’azione prevede un’attivazione diretta o indiretta della plasmina che a sua
volta scinde la fibrina, l’efficacia di tali farmaci aumenta se il trombo è recente in quanto con il
passare del tempo si verifica una resistenza del trombo all’azione fibrinolitica. Tuttavia la
fibrinolisi porta ad un incremento di
trombina liberata nelle vicinanza del trombo
e in questo modo può essere favorita
l’aggregazione piastrinica. Per tale motivo
vengono impiegati antiaggreganti piastrinici
o anticoagulanti.
Gli usi terapeutici di tali farmaci prevedono
l’embolia polmonare grave, la TVP, l’IMA, la
trombosi e l’embolia arteriosa periferica e
sono utili nel prevenire i coaguli nei cateteri
e negli shunt. Oggi però sono sempre meno
usati in quanto sono capaci di indurre
emorragia con un rischio più elevato
rispetto agli altri farmaci antitrombotici.
La somministrazione di solito avviene per via endovenosa anche se bisogna considerare che la
massima efficacia si ottiene con somministrazione intracoronarica (utile solo se non sono
passate più di 2-6 ore dall’evento acuto).
Un effetto avverso pericoloso è l’emorragia in quanto questi farmaci tendono ad agire
indistintamente sulla fibrina del coagulo patologico e su quella fisiologica di un normale tappo
antiemorragico. Per tale motivo si verificano spesso dei disturbi associati che prima erano
silenti per la presenza della normale coagulazione, ad esempio può verificarsi un
sanguinamento da ulcera peptica o da una ferita in via di guarigione. Sono controindicati
quindi in donne in gravidanza, ferite, anamnesi di accidente cerebrovascolare o tumore
metastatico.
ALTEPLASI (TPA)
Si tratta dell’attivatore tissutale del plasminogeno oggi ottenuto con le tecniche del DNA
ricombinante.
Meccanismo d’azione: ha bassa affinità sul plasminogeno libero plasmatico ed alta affinità
per quello legato alla fibrina in un trombo o in un tappo. Pertanto viene definita selettiva per
la fibrina e questo è un vantaggio rispetto alla streptochinasi che induce uno stato di
trombolisi generalizzata a causa dell’azione sul plasminogeno plasmatico libero.
STREPTOKINASI
Meccanismo d’azione: non ha attività enzimatica, forma un complesso col plasminogeno e lo
trasforma in plasmina. Il complesso streptokinasi-plasminogeno degrada i tappi di fibrina ma
anche i fattori V e VII della coagulazione.
Usi terapeutici: TEP, TVP, IMA, trombosi arteriosa periferica, shunt occlusi.
Farmacocinetica: la terapia deve iniziare entro 4 ore dall’infarto miocardico e l’infusione
dura 1 ora.
Effetti avversi:
Emorragia: a seguito della massiva attivazione del plasminogeno in plasmina si ottiene
una fibrinolisi generalizzata che può facilmente portare ad emorragia
Ipersensibilità: la streptochinasi è un enzima presente nel corredo proteico dello
streptococco e pertanto essendo una sostanza estranea all’organismo facilmente viene
percepita come anomala e viene diretta una risposta immunitaria verso di essa. Si
possono avere reazioni cutanee, febbre e raramente anafilassi. Spesso gli individui
nella loro esperienza hanno avuto contatto con lo streptococco e quindi possiedono
anticorpi preformati che talvolta possono interferire con la normale attività della
streptokinasi.
FERRO
Il ferro è un componente fondamentale dell’emoglobina situato nel gruppo eme che ha utilit{
nel catturare l’ossigeno. Una carenza di ferro deriva da una perdita acuta di sangue oppure a
un inadeguato apporto dietetico in momenti in cui ce n’è più bisogno (gravidanza, crescita).
Pertanto viene somministrato per eliminare la condizione di anemia microcitica ipocromica
come supplemento di ferro-solfato.
Gli effetti avversi più comuni sono i disturbi gastrointestinali dovuti ad un’irritazione locale.
ACIDO FOLICO
La carenza di acido folico deriva da diverse situazioni:
- Aumento del fabbisogno (gravidanza, allattamento)
- Scarso assorbimento intestinale per malattie dell’intestino tenue
- Alcolismo
- Trattamento con farmaci inibitori della diidrofolato reduttasi (metotrexato e
trimetoprim)
La carenza di acido folico si manifesta sotto forma di un’anemia megaloblastica in quanto i
precursori dei globuli rossi non riescono a dividersi e restano con un MCV molto alto. Questa
situazione deriva dall’essenziale ruolo dell’acido folico nel legame con fattori che determinano
la sintesi di purine e pirimidine, pertanto senza acido folico non vengono prodotte le basi
azotate e non posso essere formati i nucleotidi per la strutturazione del DNA e dell’RNA.
La conseguenza di ciò è che le cellule non riescono a dividersi e vengono immesse in circolo
come cellule grandi ancora immature. Viene somministrato per via orale e si assorbe bene nel
digiuno. Non sono stati segnalati effetti collaterali.
ERITROPOIETINA
È una glicoproteina prodotta normalmente dal rene che serve a stimolare la proliferazione e la
differenziazione dei precursori degli eritrociti in globuli rossi maturi. In determinate malattie
come l’insufficienza renale terminale, i pazienti con HIV e alcune neoplasie anemizzanti è
fondamentale somministrare eritropoietina esogena fabbricata sinteticamente.
Spesso per avere una risposta adeguata si somministra insieme al ferro.
Nei pazienti in dialisi si dà per via endovenosa, ma negli altri pazienti si preferisce la via
sottocutanea. Si possono avere alcuni effetti collaterali come mancanza di ferro e aumento
della pressione sanguigna a seguito sia dell’aumento delle RVP sia per aumento della viscosit{
del sangue.
Beta2 agonisti
Si tratta di una classe di farmaci che agonizza la noradrenalina la quale agisce sui recettori β2
della muscolatura bronchiale come rilassante e provoca quindi broncodilatazione.
Esistono 2 classi di beta-agonisti:
A breve durata d’azione (short acting):
o TERBUTALINA
o SALBUTAMOLO
Cortisonici
I glucocorticoidi hanno un utilizzo importante nell’asma medio-grave come terapia cronica
per ridurre l’infiammazione che determina broncospasmo.
Sono utilizzati:
- FLUTICASONE
- MOMETASONE
- BECLOMETASONE
- BUDESONIDE (recente)
- CICLESONIDE (farmaco recentissimo utilizzato come profarmaco che libera il principio
attivo ed è scevro da effetti collaterali)
Meccanismo d’azione: i glucocorticoidi vanno ad agire sui meccanismi dell’infiammazione
determinando una riduzione della sintesi e del rilascio di citochine, modulano la sintesi di
fattori di crescita e proteasi, inibiscono direttamente la fosfolipasi 2 responsabile del
metabolismo dell’acido arachidonico con produzione di molti mediatori flogistici, inibiscono
l’espressione della NO-sintetasi inducibile, riducono gli effetti dei radicali liberi, endoteline,
albumine e IgE e inibiscono il reclutamento di cellule infiammatorie.
Azione: effetto antinfiammatorio e immunosoppressivo, risulta un trattamento
sintomatologico e non eziologico. Regressione dell’edema della mucosa, dela permeabilit{ dei
capillari e della liberazione di LT.
Usi terapeutici: farmaci di prima scelta in pazienti con asma di grado moderato-severo che
hanno necessità di un agonista beta-adrenergico più di 2 volte alla settimana. Sono farmaci di
scelta anche quando la terapia con beta2-agonisti ha dato una scarsa risposta. È importante
nel trattamento dell’asma persistente.
Farmacocinetica:
- Via sistemica: viene impiegata questa modalità di somministrazione quando il paziente
ha un’asma severa e non ha avuto alcuna risposta dal beta2-agonista short acting. È
tanto valida la via endovenosa quanto quella orale. Nel caso di riacutizzazione grave si
procede a 50 mg di prednisone per 7 giorni.
È importante considerare però che nel trattamento dell’asma persistente i cortisonici
sistemici hanno poca efficacia
- Via inalatoria: è fondamentale la somministrazione inalatoria di cortisonici in pazienti
con asma persistente. Il trattamento può essere fatto per lunghi periodi a basse dosi o
per brevi periodi ad alte dosi. Anche l’incidenza degli effetti avversi periferici è
diminuita con questa via. Si ottiene una riduzione dei sintomi e delle riacutizzazioni,
miglioramento del quadro funzionale respiratorio e delle alterazioni
anatomopatologiche.
Anticolinergici
- IPRATROPIO BROMURO
- OSSITROPIO BROMURO
Si tratta di sostanze derivate dall’atropina che vengono utilizzate nel trattamento dell’asma.
Meccanismo d’azione: queste sostanze si legano ai recettori M1 ed M3 sulla parete
bronchiale e determinano un’inibizione della stimolazione vagale con conseguente riduzione
della reattività epiteliale, riduzione delle secrezioni e blocco della broncocostrizione, tuttavia
non sono broncodilatanti come i beta agonisti ma stoppano solo il broncospasmo.
Usi terapeutici: utilizzati nei casi in cui l’asma non possa essere trattata con beta agonisti a
causa di gravi aritmie o cardiopatia ischemica oppure anche semplicemente in casi in cui il
beta agonista è mal tollerato per reazioni avverse. In alcuni casi vengono associati a beta2
agonisti in preparazioni farmaceutiche preformate (ipratropio + salbutamolo) che
permettono la riduzione della dose dei beta agonisti abbassando la possibilità di effetti
avversi.
Farmacocinetica: la somministrazione è esclusivamente inalatoria visto lo scarso
assorbimento per via orale. Solo il 10% entra nelle vie aeree mentre il restante 90% entra nel
canale alimentare ed escreto con le feci immodificato. Solo l’1% del farmaco è assorbito,
metabolizzato ed escreto con le urine.
Effetti avversi: praticamente nessuno, solo a volte un senso di gusto spiacevole in bocca. Per
questo motivo è indicato in gravidanza e nelle situazioni comprendenti altri stati patologici.
Solo a volte possono presentarsi tachicardia, midriasi e alterazioni del detrusore che inducono
una ritenzione urinaria. Normalmente è sconsigliato nei pazienti ipertrofia prostatica ben
Inibitori delle fosfodiesterasi
- TEOFILLINA
- XANTINE
Farmaci utilizzati per moltissimo tempo, avevano un ruolo fondamentale in passato, tuttavia
non si sa bene ancora la modalit{ con cui possano indurre una riduzione dell’asma.
Stabilizzatori di membrana
- CROMOGLICATO
- NEDOCROMILE
Meccanismo d’azione: questi farmaci sono stati ampiamente studiati ma non si è arrivato
ancora a comprendere adeguatamente il meccanismo d’azione. Si sa che sono considerati
stabilizzatori di membrana nel senso che riducono la reattività di cellule epiteliali, mastociti e
cellule nervose sensoriali per inibizione dei flussi transmembrana degli ioni cloro e calcio con
conseguente inibizione del rilascio di mediatori proinfiammatori da mastociti ed altre cellule.
Azione:
Riduzione dell’iperreattivit{ bronchiale a qualsiasi stimolo esogeno
Azione protettiva nei confronti di stimoli allergici e non (metacolina, istamina, ASA,
bradichinina, esercizio fisico, aria fredda…)
Usi terapeutici: essi vengono impiegati negli stati di asma cronico per prevenire gli attacchi e
non sono utili negli attacchi acuti. Vengono usati spesso in combinazione con beta agonisti,
teofillinici e corticosteroidi inalatori per ridurre il dosaggio di tali farmaci. È di particolare
rilievo il loro impiego in età pediatrica ed in gravidanza a causa delle reazioni avverse
estremamente rare ed efficace ruolo di prevenzione.
Farmacocinetica: utilizzo inalatorio. Il cromoglicato non va mai fatto ingerire perché
altrimenti agirebbe sui mastociti gastrointestinali. Subisce eliminazione urinaria.
Riassunti Farmacologia - © Luca Croci – 2010
Reazioni avverse: sono molto rare, lievi e transitorie. La più comune è una sensazione
spiacevole al gusto seguita da cefalea, nausea e vomito.
Nuovi farmaci
- Nuovi corticosteroidi inalatori: monosomministrazione giornaliera (mometasone) e
attivazione locale (cicloesanide) con minori effetti collaterali a lungo termine.
- Anticorpi monoclonali umanizzati anti IgE: efficaci nell’asma e nella rinite allergica,
indicata nell’asma grave per ridurre le riacutizzazioni.
Il primo farmaco di questo gruppo è l’OMALIZUMAB che è destinato a pazienti adulti e
adolescenti con asma allergico grave persistente con insufficiente controllo nonostante
la migliore terapia possibile (corticosteroidi e beta agonisti). Attualmente però il suo
dosaggio è limitato dall’alto costo, dalle limitazioni sul dosaggio e dai dati disponibili
dagli studi clinici ancora insufficienti. Esso si lega al recettore delle IgE sulla superficie
di mastociti e basofili impedendo il legame dell’IgE e quindi blocca la liberazione di
mediatori flogistici.
- Inibitori della PD4 (roflumilast, cilomilast): effetto broncodilatatore e
antinfiammatorio, efficaci come CSI a basse dosi, indicati in particolari fenotipi come
pazienti senza eosinofilia.
Sindromi broncospastiche
Broncospasmo occasionale da sforzo: utilizzo di beta2 agonisti short acting
Broncospasmo prevalentemente notturno: beta2 agonisti a rilascio modificato o
teofillinici
Broncospasmo continuo che non risponde ai soli beta2 agonisti: beta2 agonisti più
anticolinergici oppure teofillinici + cortisonici per inalazione o per os.
Male asmatico
Si tratta di uno stato in cui si verifica un episodio di asma bronchiale di entità tale da mettere
a rischio la vita del paziente. In questi casi di emergenza si usa il beta2 agonista per inalazione
o endovena + cortisonici endovena o intramuscolo + ossigenoterapia.
Glucocorticoidi
inalatori a dosi più
alte (> 1000 µg)
Step 4: Glucocorticoidi inalatori Valutare possibili fattori
Severa Persistente (>1000 µg) aggravanti o che possono
+ rendere la malattia non
Beta2 agonisti a lunga durata controllata (aderenza al
d’azione trattamento, fattori psico-
+ uno di questi se necessario: sociali, esposizione ad
- Antileucotrieni allergeni, RGE, rinosinusite,
- Teofillina a lento sensibilit{ ad ASA…)
rilascio
- Glucocorticoidi orali
(solo dopo aver
ottimizzato tutto il
resto)
In tutti gli steps vanno usati i beta2 agonisti short acting all’occorrenza (durante l’attacco
acuto).
I pazienti affetti da riacutizzazioni frequenti (più di una volta ogni 4-6 settimane) o gravi
dovrebbero essere considerati da secondo livello.
Per tutti i livelli è necessario controllare l’adesione allo schema terapeutico e alle misure di
profilassi ambientale nei soggetti allergici.
Per il livello 2 una volta ottenuto un miglioramento della condizione e un controllo della
situazione per almeno 3 mesi si consiglia di ridurre progressivamente il dosaggio del
glucocorticoide o dell’altro trattamento di fondo.
Nel livello 3 in caso di scarsa risposta a dosi basse di corticosteroide associato ad un altro
farmaco si consiglia di aumentare la dose del cortisonico fino a raggiungere le dosi medie.
La scelta del farmaco deve sempre tenere in considerazione l’età del paziente e le condizioni
cliniche associate.
Asma in gravidanza
Il feto è più a rischio per un cattivo controllo dell’asma piuttosto che per gli effetti collaterali
dei farmaci antiasmatici.
I beta2 agonisti, i corticosteroidi inalatori, la teofillina sia orale che endovenosa (monitorando
le concentrazioni plasmatiche), i corticosteroidi orali sono farmaci il cui utilizzo è approvato
in gravidanza. Gli antileucotrieni sono controindicati in gravidanza.
Durante l’allattamento è opportuno continuare il trattamento con antiasmatici.
I principali farmaci utilizzati per combattere gli attacchi di rinite allergica sono:
- Antiistaminici
- Alfa-adrenergici
- Cromoni
- Corticosteroidi
Si è visto che la somministrazione sistemica di tali farmaci poteva dare degli effetti avversi e
pertanto c’è stata una sempre più intensa specializzazione sulla somministrazione topica
intranasale che sembra poter alleviare bene i sintomi senza problemi sistemici.
Antiistaminici
Questi farmaci hanno la capacità di bloccare il recettore H1 dell’istamina a cui si lega il
mediatore ed è responsabile della maggior parte degli eventi allergici. Alleviano efficacemente
gli starnuti e la rinorrea e associati ai decongestionanti sono un’ottima terapia anche per la
congestione nasale. I farmaci più utilizzati di questa classe sono:
- DIFENIDRAMINA
- CLORFENIRAMINA
- LORATIDINA
- FEXOFENADINA
Essi differiscono tra loro per la capacità di indurre sedazione come effetto avverso e per la
durata d’azione variabile tra i vari farmaci.
Corticosteroidi
Questi farmaci come FLUTICASONE, FLUNISOLIDE , BECLOMETASONE e TRIAMCINOLONE sono
efficaci in questa patologia solo se somministrati come spray nasali topici. Il loro
assorbimento sistemico per via nasale è bassissimo e quindi possono essere utilizzati anche
per lunghi periodi senza avere effetti avversi. Sono considerati farmaci sicuri.
Molto spesso risultano più efficaci degli antiistaminici nel controllo dei sintomi nasali sia da
rinite allergica che non allergica.
Possono esistere effetti avversi topici come irritazione nasale, sanguinamento nasale, mal di
gola e raramente candidosi in quanto i cortisonici hanno un potente effetto
immunosoppressivo.
Cromoni
Principalmente viene usato il CROMOGLICATO che può essere molto utile se somministrato
prima del contatto con l’antigene in quanto è uno stabilizzatore di membrana ed evita la
degranulazione e la fuoriuscita di mediatori flogistici e allergici.
Il DESTROMETORFANO è un oppiaceo che ha perso quasi del tutto la capacità analgesica mentre
ha una forte azione antitussigena. Esso sopprime la risposta del centro della tosse. Non ha
proprietà analgesiche, né rischio di tossicodipendenza e causa meno stitichezza della codeina.
È metabolizzato dal CYP2D6 a destrorfano e in gran parte dal CYP3A4 a 3-metossimorfinano.
Esistono anche farmaci che vengono impiegati nel trattamento antitussivo spesso associati a
fluidificanti per favorire la fuoriuscita di espettorato viscoso e denso difficile da far uscire.
Prostaglandine
Esiste un farmaco che è il MISOPROSTOLO che è efficace nell’aumento della protezione della
mucosa gastrica attraverso la secrezione di muco e bicarbonato e l’inibizione della secrezione
di HCl. È un agonista della PGE2 che svolge naturalmente questa funzione.
Si è rivelato molto utile insieme al lansoprazolo per la prevenzione delle ulcere gastriche
indotte dai FANS. Tuttavia il ruolo antiacido è molto più scarso rispetto agli inibitori di pompa
e agli antagonisti H2 nel trattamento delle ulcere peptiche. Non è possibile quindi l’uso
profilattico di misoprostolo tranne nei pazienti che assumono cronicamente FANS e sono ad
alto rischio di ulcera da FANS. Esso è clinicamente utile per la riduzione della secrezione acida
solo per dosi molto più alte.
Non è possibile utilizzarlo in gravidanza a causa delle contrazioni uterine. Gli effetti avversi
più comuni dipendenti dalla nausea sono diarrea e vomito.
Antimuscarinici
La DICICLOMINA è un farmaco antimuscarinico che come tale quindi blocca la secrezione acida
ed interferisce con la motilità intestinale. Può essere usato come farmaco aggiuntivo nel
trattamento dell’ulcera peptica e della sindrome di Zollinger-Ellison. In ogni caso a seguito dei
suoi effetti avversi notevoli (aritmie, ritenzione urinaria) il suo uso è limitato.
Antiacidi
Si tratta di una classe di farmaci che esplica la sua azione solo a livello chimico e quindi sono
palliativi dei sintomi di bruciore ma non interferiscono con la produzione acida.
Le caratteristiche per un buon antiacido sono:
- Elevata capacità tamponante
- Discreta durata d’azione
- Privo di effetti sistemici
- No effetto rebound
- Buona palatabilità
Azioni e impieghi: questi farmaci sono formulazioni chimiche di basi deboli che si legano
all’HCl per formare acqua ed un sale abbassando quindi l’acidit{ gastrica locale e
temporaneamente. Inoltre sembra che riducano anche l’attivazione del pepsinogeno in
pepsina che richiede un pH minore di 4 e con gli antiacidi sembra che il pH possa alzarsi sopra
tale soglia inattivando la pepsina.
- IDROSSIDO DI ALLUMINIO AL(OH)3
- IDROSSIDO DI MAGNESIO MG(OH)2
- CARBONATO DI CALCIO CACO3
- BICARBONATO DI SODIO NAHCO3
L’idrossido di alluminio e di magnesio sono ampiamente utilizzati in quanto hanno potere
neutralizzante più intenso dei sali di calcio e sodio e inoltre questi non vengono assorbiti e
non danno effetti sistemici come invece può fare il bicarbonato di sodio che crea lieve alcalosi
metabolica.
Gli antiacidi contenenti magnesio ed alluminio possono essere impiegati per curare l’ulcera
peptica duodenale, ma sono meno indicati per le ulcere gastriche acute.
SUCRALFATO
Si tratta di un farmaco che associa l’idrossido di alluminio con il sucrosio solfato. Ha la
capacità di legarsi alle proteine con carica positiva delle cellule epiteliali sia della mucosa sana
che della mucosa necrotica (quindi in sito di ulcera) e crea un gel protettivo consistente utile
come barriera che previene la liberazione di HCl nel lume e contemporaneamente ostacola la
digestione della mucosa gastrica da parte della pepsina. In più stimola la secrezione di
prostaglandine e bicarbonato potenziando l’azione protettiva.
L’utilizzo pertanto è ottimale nel trattamento cronico per la guarigione dell’ulcera peptica
come terapia di mantenimento per prevenire le ricadute.
Richiede un pH acido per l’attivit{ quindi non deve essere somministrato insieme a anti-H1 o
antiacidi. Si assorbe molto poco nel circolo, è ben tollerato ma può dare interferenze
metaboliche con altri farmaci.
BISMUTO COLLOIDALE
Praticamente ha le stesse caratteristiche del sucralfato facendo guarire le ulcere peptiche
efficacemente mediante un legame con le proteine delle cellule necrotiche e sane formando un
film attivo e stimolando la secrezione di muco, bicarbonati e prostaglandine.
Ha anche una rilevante azione antimicrobica.
Può simulare una melena in quanto ha la caratteristica di colorare le feci di nero.
Oppure quadruplice:
BISMUTO SUBSALICILATO + METRONIDAZOLO + TETRACICLINA + ANTAGONISTA DEL RECETTORE
H2 O PPI
Il trattamento con un solo farmaco è meno efficiente e consente un tasso di eradicazione del
20-30% dei casi a differenza della politerapia che raggiunge anche il 90% di eradicazione.
Fenotiazine
Benzamidi sostituite
La METOCLOPRAMIDE è l’unico componente del gruppo e svolge la sua azione in modo molto
efficace bloccando i recettori D2 della dopamina a livello centrale ed esplica il suo effetto
principale riducendo la capacità emetizzante del cisplatino. Essa attraversa la barriera EE e
quindi dà effetti avversi importanti extrapiramidali, sedazione e diarrea (essendo
antidopaminergico è parzialmente procinetico) e in più sembra avere un’azione
iperprolattinemizzante. Uso limitato per le importanti reazioni avverse.
Butirrofenoni
- DOMPERIDONE
- DROPERIDOLO
- ALOPERIDOLO
È una classe di farmaci antagonisti del recettore D2 della dopamina. Sono antiemetici
moderatamente efficaci. Spesso il droperidolo è usato in endoscopia per sedazione insieme a
oppiacei e BDZ. Prolungano l’intervallo QT e sono indicate solo nei pazienti che non
rispondono ad altre terapie. Il domperidone non attraversa la barriera EE e non dà effetti
collaterali extrapiramidali. Agisce sull’epifisi, ipofisi e CTZ che sono al di l{ della barriera.
Corticosteroidi
Normalmente vengono impiegati il DESAMETASONE ed il METILPREDNISOLONE che da soli hanno una
certa capacità antiemetica ma di solito vengono associati ad altri farmaci potenziando l’azione.
Forse il loro meccanismo implica un blocco della secrezione di prostaglandine. Possono dare
insonnia e iperglicemia nei diabetici.
Cannabinoidi
DRONABINOLO e NABILONE possono essere usati come antiemetici ma non di prima linea a causa
dei loro effetti collaterali di sedazione, allucinazioni, disforia, vertigini e disorientamento. Utili
nella terapia moderatamente emetizzante. Oggi però i cannabinoidi sintetici non passano la
barriera EE e quindi possono essere usati in quanto non causano effetti sul SNC ma
conservano l’effetto antiemetico.
Irritanti / Stimolanti
In questo gruppo sono presenti sostanze che agiscono stimolando la motilit{ dell’intestino e la
velocità di fuoriuscita del contenuto in parte per azione irritante e in parte per azione
propriamente stimolante. Fanno parte di questo gruppo:
- OLIO DI RICINO : irritante per l’intestino
- CASCARA, SENNA, ALOE: contengono emodina che stimola l’attivit{ del colon con un ritardo
nell’inizio dell’azione di 6-8 ore
- BISACODILE : potente stimolante del colon
Come effetti avversi possono dare crampi addominali e disturbi dell’omeostasi idrosalina.
Tuttavia l’attivit{ purgante è molto più potente e rilevante rispetto all’attivit{ idrosalina.
Formanti massa
Comprendono i colloidi idrofili che hanno la caratteristica di non venire digeriti e di assorbire
e trattenere una notevole quantit{ d’acqua in modo da dilatare le pareti del colon e provocare
un incremento di motilità.
- AGAR, METILCELLULOSA , SEMI DI PSILLIO , CRUSCA
- PURGANTI SALINI : magnesio solfato e magnesio idrossido sono sali non assorbibili che
arrivano nel colon con una grande quantit{ d’acqua e distendono il colon provocando
la defecazione entro 1 ora
- GLICOLE POLIETILENICO : usata come soluzione per il lavaggio del colon in previsione di un
intervento endoscopico o radiologico.
- LATTULOSIO : lassativo osmotico disaccaride in grado anche di ridurre l’encefalopatia
epatica nel cirrotico a causa dell’inibizione della secrezione di NH3 da parte dei batteri
intestinali
Agenti antimotilità
In questa categoria sono presenti 2 farmaci ampiamente utilizzati nel controllo della diarrea:
- LOPERAMIDE
- DIFENOSSILATO
Questi 2 farmaci sono derivati dalla meperidina che ha azioni di tipo oppiaceo sull’intestino
legandosi ai recettori per gli oppiacei presinaptici sui neuroni del sistema nervoso enterico e
bloccano la liberazione di acetilcolina riducendo la peristalsi.
A dosi abituali sono privi di effetti analgesici ma come effetti collaterali possono presentarsi
sedazione, crampi addominali e capogiri. Visto che possono provocare megacolon tossico
sono controindicati nei bambini e nei pazienti con coliti di grado elevato.
Adsorbenti
Questi farmaci comprendono il CAOLINO, la PECTINA, la METILCELLULOSA, L’ATTAPULGITE ATTIVATA e il
SILICATO DI MAGNESIO ED ALLUMINIO . Essi sono ampiamente usati contro la diarrea ma la loro
efficacia non è stata provata da studi clinici specifici.
Forse essi agiscono adsorbendo le tossine ed i microrganismi intestinali e/o rivestendo e
proteggendo la mucosa intestinale. Sono molto meno efficaci degli agenti antimotilità. Oltre a
causare stipsi possono dare anche interferenze con l’assorbimento di altri farmaci.
Farmaci procinetici
Sono farmaci che stimolano la motilità gastrointestinale.
Dal punto di vista farmacologico si dividono in:
- agenti antidopaminergici (antagonisti dei recettori D2 della dopamina)
- agenti antidopaminergici con proprietà serotoninergiche (antagonisti dei rec.D2/agonisti
dei rec 5-HT4)
- agenti serotoninergici (agonisti dei rec 5-HT4)
La METAPRONAMIDE rappresenta il prototipo dei procinetici: esso ha effetto antiemetico ma non
può essere considerato un lassativo.
I setroni hanno effetto solo antiemetico e non sono procinetici (ONDASETRON è un antagonista
del rec 5-HT3): determinano infatti stipsi.
E’ dunque importante distinguere tra 5-HT3 antagonisti che inibiscono la liberazione di Ach e
inducono stipsi e agonisti del rec. 5-HT4 che funzionano da procinetici (attualmente non ne
esistono in commercio).
Il DOMPERIDONE è un bloccante dei recettori D2 della dopamina e ha azione antiemetica e solo
blanda procinetica (non ha alcuna azione sui recettori serotoninergici).
ORLISTAT
L’orlistat è un inibitore della lipasi gastrica e pancreatica e riduce l’assorbimento dei grassi
del 30%;
Lo scarso assorbimento sistemico comporta una biodisponibilit{ di circa l’1%;
Il farmaco viene escreto immodificato con le feci;
Le reazioni avverse principali sono a carico dell’apparato gastrointestinale con diarrea e
steatorrea;
La terapia va sospesa se dopo 12 settimane non si è perso almeno il 5% di peso;
La riduzione media del peso corporeo è del 2,7%, e sembra che riduca anche l’incidenza del
diabete di tipo II. Non esistono dati che dimostrino la riduzione della mortalità e della
morbilità correlate all’obesit{.
SIBUTRAMINA
È un inibitore della ricaptazione delle monoamine e agisce a livello centrale. Aumenta il senso
di sazietà. Aumenta la termogenesi anche se questo effetto è secondario nella riduzione del
peso.
Subisce estensivo effetto di primo passaggio epatico e si trasforma in amine ancora più
potenti della molecola progenitrice;
Il farmaco e i metaboliti vengono escreti con le urine;
Le reazioni avverse principali sono insonnia, nausea e costipazione. Il suo rischio
cardiovascolare resta incerto;
La riduzione media del peso corporeo dopo un anno di terapia è stato del 4,6% e non ha effetti
sulla glicemia e sulla colesterolemia. Il suo effetto è maggiore quando associata a modifiche
delle abitudini di vita.
Il farmaco è stato revocato per problemi di sicurezza nel 2009.
RIMONABANT
È il primo antagonista del recettore endogeno dei cannabinoidi CB1. Sembra che l’effetto
dimagrante sia dovuto all’aumento della termogenesi, all’aumento del consumo di ossigeno
nel muscolo scheletrico, alla riduzione della lipogenesi nel fegato e negli adipociti ecc;
Viene metabolizzato a livello epatico ed escreto attraverso la bile;
Il farmaco e i metaboliti vengono escreti con le urine;
La riduzione media del peso corporeo dopo un anno di terapia con 20 mg è stato di 4,6 kg
anche se, alla sospensione del trattamento, gran parte dei pazienti ha riacquistato il peso
perduto. Sembra che sia in grado di migliorare il profilo lipidico;
Un problema di sicurezza emerso recentemente riguarda il rischio di oltre 2 volte rispetto al
placebo di reazioni psichiatriche gravi (inclusa la tendenza al suicidio);
Il farmaco è stato revocato per problemi di sicurezza nel 2008.
Meccanismo d’azione
Le modalit{ molecolari d’azione non sono ancora ben chiare. I glucocorticoidi si legano al
recettore specifico per il cortisone. Il legame al recettore può scatenare 2 tipi di reazioni:
1) Azione genomica: modalità con cui il recettore associato al cortisonico forma un dimero
e viene trasportato all’interno del nucleo (spesso il recettore è intracitoplasmatico) e
qui una porzione interna del recettore si lega a determinate regioni promotrici di geni
che codificano per diverse proteine come la lipocortina-1 e l’inibitore del recettore
dell’IL-1 e anche l’IL-10. Esiste però anche una serie di geni che possono essere
silenziati dal complesso recettore/cortisone come tutti i geni coinvolti nella
produzione di citochine, mediatori, molecole di adesione pro-flogistiche soggette a
regolazione da parte di fattori di trascrizione nucleari come NFKB e AP-1.
Le attività genomiche infatti possono essere suddivise in processi di:
Transattivazione: in cui una porzione che lega il DNA va direttamente a legarsi
a sequenze nucleotidiche dei promotori dei geni bersaglio.
Transrepressione: effettuabile sia direttamente attraverso interazione con
sequenze nucleotidiche repressive ma anche mediante l’interferenza con fattori
di trascrizione come NF-kB o AP-1 bloccando la loro azione positiva sul
promotore.
Azioni
Elenco delle principali azioni dei glucocorticoidi:
- METABOLICA
o Aumento lipolisi
o Aumento gluconeogenesi
o Aumento catabolismo proteico per rendere disponibili gli aminoacidi come
scheletri per la sintesi glucidica (tranne nel fegato)
o Aumento glicogenolisi
o Nel muscolo inibisce l’uptake di glucosio che altrimenti si ridurrebbe e favorisce
l’utilizzo di acidi grassi per ricavare energia essendo questi maggiormente
mobilizzati dal tessuto adiposo per aumento di lipolisi (azione sulla lipasi
ormone-sensibile) verso i visceri (aumento del grasso viscerale).
Le conseguenze dannose di queste azioni metaboliche possono essere l’iperglicemia
che porta ad un’insulino-resistenza ed un diabete mellito, l’obesit{ viscerale, la
dislipidemia.
- ANTINFIAMMATORIA e IMMUNOSOPPRESSORE
o Redistribuzione dei leucociti verso altri compartimenti corporei come il tessuto
linfatico, eliminandoli dal circolo soprattutto linfociti, macrofagi, basofili ed
eosinofili. I neutrofili sono risparmiati mentre le piastrine e gli eritrociti
aumentano (potendo anche causare fenomeni trombotici in eccesso).
3. Diagnosi della sindrome di Cushing: utile il test al desametasone ad alte dosi che è in
grado di andare a bloccare il sistema ipotalamo-ipofisi che quindi non produce più
corticotropine (ad alte dosi sopprime anche le tropine secrete dall’adenoma
ipofisario). Se il cortisolo si abbassa allora siamo di fronte ad una malattia di Cushing
(adenoma ipofisario secernente ACTH), se la secrezione non si ferma siamo di fronte
invece ad un adenoma secernente surrenalico.
4. Accelerazione della maturazione polmonare: il beclometasone viene utilizzato per
accelerare lo sviluppo di surfattante nei nati prematuri per evitare la sindrome da
distress respiratorio acuto del neonato. Viene quindi somministrato alla madre 48 ore
prima del parto e una seconda dose 24 ore prima.
5. Terapia antineoplastica:
a. Neoplasie ematologiche (linfoma di Hodgkin e leucemia linfocitica acuta)
Farmacocinetica
Le vie di somministrazione sono diverse e in genere tutti i cortisonici possono essere
somministrati attraverso diverse vie:
- Via orale: tutti i cortisonici sono attivi per via orale
- Via endovenosa: alcuni composti possono essere dati in endovena per ottenere un
raggiungimento del target terapeutico in un tempo più ristretto
- Via intramuscolare: utile per ottenere effetti prolungati di preparazioni in sospensione
- Via intrarticolare
- Via topica
- Aerosol
In genere tutte queste modalità di somministrazione prevedono un assorbimento sistemico.
Una volta assorbiti vengono coniugati per il 90% alle proteine plasmatiche, in parte
all’albumina ma soprattutto alla globulina legante i cortisonici (CBG). Essi vengono
metabolizzati dagli enzimi epatici e pertanto pazienti con disfunzioni epatiche possono avere
un’allungamento dell’emivita dei composti. Essi vengono coniugati con acido glucuronico ed
escreti con le urine.
Il prednisone è l’unico che può essere somministrato nelle donne in gravidanza perché non ha
effetto sul feto. Il prednisone viene convertito nel fegato della madre a prednisolone
(composto attivo) ma non agisce sul feto. Il prednisolone prodotto dalla madre entra nel feto
ma viene subito biotrasformato in prednisone.
Farmaco Via orale Via parenterale Via topica
Idrocortisone + + +
Prednisone +
Prednisolone + + +
Metilprednisolone + + +
Triamcinolone + + +
Fluprednisolone +
Betametasone + + +
Desametasone + + +
La posologia dei glucocorticoidi rende necessaria la valutazione dell’efficacia
antinfiammatoria, della durata d’azione e soprattutto dell’azione mineralcorticoide. Inoltre va
dosato per i vari momenti della giornata. È opportuno somministrare cortisonini a giorni
alterni in modo tale da evitare la soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisi.
Effetti avversi
Osteoporosi (principale evento avverso che non può essere prevenuto dalla
somministrazione a giorni alterni). I pazienti sono invitati a prendere supplementi di
calcio e vitamina D
Sindrome di Cushing
Iperglicemia e diabete mellito
Aumento del rischio di infezioni
Aumento dell’appetito
COX-2
Enzima presente costitutivamente in SNC, epitelio tracheale, testicolo e ovaio, rene. Esso è
estesamente inducibile dall’infiammazione comparendo anche in macrofagi e monociti, cellule
endoteliali, sinoviociti e condrociti, fibroblasti (cellule principalmente responsabili
dell’attivit{ infiammatoria e riparativa).
Essa favorisce la perfusione renale e la produzione di prostaglandine a livello nervoso.
Per molto tempo si è studiato il meccanismo d’azione dei 2 enzimi e si è visto che essi
presentavano 2 diverse forme di siti recettoriali per il substrato e quindi si è potuto
sintetizzare dei FANS selettivi per la COX-2 risparmiando la COX-1. Questi farmaci sono detti
coxib e sono selettivi per l’enzima inducibile dall’infiammazione. Per anni si è pensato che
l’attivit{ di inibizione enzimatica de
i FANS non selettivi avesse effetti benefici a seguito dell’inibizione della COX-2 e invece ci
fosse un’incidenza maggiore di effetti collaterali inattivando la COX-1. Oggi questa distinzione
è stata rivista e si è dimostrato che anche i coxib non sono sicuri in quanto aumentano il
rischio di infarto miocardico ed ictus ischemico e pertanto molti di questi farmaci sono stati
ritirati dal commercio. È vero però che i coxib riducono la tossicità gastrointestinale, ma non
hanno effetti molto diversi nella tossicità epatica e renale.
Oxicami
- MELOXICAM
- PIROXICAM
Usati nel trattamento dell’AR, della spondilite anchilosante e dell’osteoartrite. La tossicit{
gastrointestinale del meloxicam è minore del piroxicam e inoltre il meloxicam è relativamente
selettivo per la COX-2 ma solo a basse dosi.
Fenamati
- ACIDO MEFENAMICO
- MECLOFENAMATO
Non molto diversi dagli altri FANS
Coxib
Si tratta della classe di FANS selettivi per la COX-2 che hanno avuto un importante utilizzo
subito dopo la loro scoperta in quanto si è dimostrato che potevano ridurre il rischio di
sanguinamenti gastrointestinali. Questo è vero, ma si è poi verificato anche un aumento
dell’incidenza di infarto miocardico e ictus ischemico oltre a ipertensione e fenomeni di
insufficienza renale ed epatica. Questi eventi hanno portato al ritiro dal commercio di
numerosi coxib. Il motivo di queste reazioni avverse può ritrovarsi i diversi punti:
- La mancata interferenza con la COX-1 provoca un’aumentata probabilit{ di eventi
trombotici in quanto la produzione di trombossano
è incontrastata visto che la COX-2 non è presente
sulle piastrine.
- È possibile che l’acido arachidonico venga dirottato
dalla COX-2 alla lipossigenasi con produzione di
specie radicaliche che peggiorano lo status
endoteliale e la sua secrezione normale di PGI2
- Ipertensione derivata dall’interferenza con il rene
(anche per i FANS normali)
Il farmaco tipico di questa classe è il CELECOXIB che inibisce
la COX-2 in modo reversibile e tempo-dipendente. È stato
approvato per il trattamento dell’AR e osteoartrosi.
Ha un’incidenza di effetti avversi gastrointestinali minore
rispetto ai FANS non selettivi ma può avere effetti
nefrotossici in ugual misura rispetto ai FANS ed effetti
cardiovascolari di uguale entità o maggiore rispetto ai FANS non selettivi.
Infatti il farmaco va evitato in pazienti con insufficienza renale cronica, cardiopatia grave,
deplezione di volume o insufficienza epatica.
Paracetamolo
Questo farmaco fa parte di una classe di FANS che non possiedono un effetto
antinfiammatorio ma hanno attività antipiretica marcata e analgesica.
Meccanismo d’azione: il PARACETAMOLO inibisce la produzione di PG a livello del SNC e non
agisce sulle COX dei tessuti periferici impedendo un effetto antiflogistico. Non influenza
l’azione delle piastrine e non allunga il tempo di sanguinamento.
Usi terapeutici: è il farmaco di scelta nei pazienti che soffrono di disturbi gastrici o per i quali
il prolungamento del tempo di sanguinamento è un pericolo. Chiaramente ha azione solo
antipiretica e analgesica. È il FANS più utilizzato nei bambini a causa della sua particolare
innocuità a dosi terapeutiche e per trattamenti non prolungati e scongiura il rischio di
COLCHICINA
È un farmaco utilizzato durante l’attacco acuto di gotta. Non è un analgesico benchè riduca il
dolore all’articolazione. Non riesce a bloccare il procedere della gotta verso l’artrite gottosa
ma è profilattica nei confronti degli attacchi acuti.
Meccanismo d’azione: la colchicina si lega alla tubulina ed interferisce con le funzioni
collegate al citoscheletro cellulare. Pertanto il movimento di chemiotassi dei leucociti sarà
impedito e contemporaneamente anche il legame con il fuso mitotico impedirà la replicazione
cellulare. Inibisce anche la sintesi e la produzione di leucotrieni.
Usi terapeutici: è stato molto utilizzato negli attacchi acuti di gotta anche se oggi è stato
rimpiazzato dall’utilizzo dell’indometacina (FANS) in grado di ridurre efficacemente sia il
ALLOPURINOLO
Farmaco molto utilizzato nella gotta cronica e nell’iperuricemia in generale.
Meccanismo d’azione: è un derivato purinico che si lega alla xantino-ossidasi e blocca la
produzione di acido urico a partire dalla xantina. In questo modo non viene più prodotto acido
urico e ciò è positivo anche nei confronti della deposizione dei cristalli in quanto i precursori
dell’acido urico (xantine) sono più idrosolubili e precipitano di meno.
Usi terapeutici: viene utilizzato per l’iperuricemia primaria della gotta e secondaria ad
esempio da insufficienza renale o da trattamento antineoplastico. Si preferisce usarlo nei
pazienti con predisposizione ai calcoli uratici, eccessiva eliminazione di acido urico o
insufficienza renale.
Farmacocinetica: buon assorbimento per via orale. Subisce un metabolismo epatico che
forma ossipurinolo anch’esso attivo come antigottoso. L’emivita dell’allopurinolo è di 2 ore
mentre quella dell’ossipurinolo di 15 ore per cui basta una somministrazione giornaliera.
Escrezione con urine e feci.
Effetti avversi: normalmente gli effetti indesiderati si presentano nel 3% dei pazienti ma
sono molto ben tollerate e sono reazioni da ipersensibilità come rash cutanei.
Possono presentarsi anche disturbi gastrointestinali e diarrea.
Durante i primi tempi è frequente che si verifichino attacchi acuti quindi è consigliabile
associare nel primo periodo anche colchicina o FANS. L’allopurinolo interferisce col
metabolismo della mercaptopurina (antineoplastico) e dell’azatioprina (immuosoppressore)
e quindi è necessario ridurre le dosi di questi 2 farmaci.
PROBENECID E SULFINPIRAZONE
Questi due farmaci sono gli uricosurici più utilizzati nel trattamento della gotta cronica
assieme all’allopurinolo. Essi sono acidi organici deboli che agiscono sul pH del tubulo renale
riducendo la dissociazione dell’acido urico in urati che altrimenti verrebbero riassorbiti
associati ad anioni che verrebbero escreti. In questo modo si evita il riassorbimento degli
urati e viene favorita l’eliminazione dell’acido urico. In pazienti con funzione renale
conservata sono i farmaci di scelta, altrimenti si preferisce l’allopurinolo (usato anche in corso
di anamnesi positiva di calcoli di urati o eccessiva escrezione di acido urico).
Essi sono tollerati in genere molto bene a parte alcuni casi di sofferenza gastrica con il
sulfinpirazone. Il probenecid riduce la secrezione tubulare della penicillina e quindi prolunga
la sua emivita (a volte viene appunto utilizzato insieme alla penicillina per potenziare la sua
attivit{). Inibisce anche l’escrezione di naproxene, ketoprofene e indometacina.
FANS
L’utilizzo dei FANS nell’artrite reumatoide è supportato da ampi studi clinici e una storia
molto lunga di utilizzo. I principali FANS utilizzati sono l’acido acetilsalicilico, i derivati
dell’acido propionico, gli oxicami, il diclofenac, la tolmetina e il nabumetone, il diflunisal e i
coxib. Quasi tutte le classi dei FANS possono essere impiegate per trattare l’AR.
Chiaramente la loro capacità antinfiammatoria riduce la produzione di mediatori flogistici e il
richiamo di cellule immunitarie permettendo una stabilizzazione della situazione articolare ed
una prevenzione dell’ulteriore distruzione cartilaginea ed ossea.
METOTREXATO
Si tratta di una molecola ampiamente conosciuta ed utilizzata nell’artite reumatoide. In realt{
è un immunosoppressore e quindi per questo è molto efficace nell’AR che è una malattia a
carattere autoimmune. Viene utilizzato a dosi molto più alte per indurre una soppressione
delle cellule in proliferazione per la terapia antineoplastica.
Il farmaco è un inibitore della diidrofolato-reduttasi che blocca la disponibilità di enzimi che
necessitano di folato per funzionare e quindi viene impedita la formazione di adenina,
guanina, timidina, metionina e serina. In ultima analisi l’incapacit{ di sintetizzare DNA e RNA
porta la cellula a morte.
Rispetto agli altri farmaci questo ha un inizio dell’azione più breve (3-6 settimane).
Si somministra 1 volta a settimana in modo da ridurre al minimo gli effetti avversi.
LEFLUNOMIDE
Si tratta di un farmaco più recente rispetto al metotrexate ed il suo utilizzo è stato approvato
per trattare l’artrite reumatoide
Meccanismo d’azione: si tratta di una molecola che va ad inibire un enzima chiamato
diidroorotato deidrogenasi (DHODH) presente in eccesso sui leucociti proliferanti
nell’infiammazione. Questo enzima catalizza una reazione fondamentale per la sintesi di
pirimidine e principalmente dell’uridina e della timidina. Normalmente i linfociti quiescenti
non necessitano di molte quantità di questo enzima e quindi sono insensibili al trattamento
con leflunomide, mentre i linfociti in proliferazione (e in generale tutte le cellule in rapida
espansione con una frequenza elevata di fasi G1 dove viene sintetizzato l’enzima) hanno una
quantità enorme di enzima e su questo si basa la specificità del farmaco per i linfociti
proliferanti a seguito del riconoscimento dell’antigene presentato dalle APC.
Riducendo la quantità di uridina e quindi anche di timidina si ha uno stop proliferativo per
mancanza di basi azotate da integrare nel DNA e quindi soppressione immunitaria.
Azioni: questo farmaco oltre a ridurre l’avanzamento della malattia e prevenire quindi la
distruzione ulteriore di cartilagine ed osso può favorire dei processi di remissione.
Usi terapeutici: impiegata nell’artrite reumatoide spesso sostituendo il metotrexato oppure
anche in associazione con esso.
Farmacocinetica: bene assorbita per via orale, si lega all’albumina ed ha un’emivita di 14-18
giorni e per questo necessita di una dose di carico. Viene convertita nel fegato ad un
metabolita attivo.
Effetti avversi: può dare reazioni cutanee, alopecia, ipokaliemia, cefalea, diarrea e nausea.
Non deve essere somministrata in gravidanza per i suoi possibili effetti teratogeni.
CLOROCHINA E IDROSSICLOROCHINA
Questi farmaci si usano per il trattamento dell’artrite reumatoide che non risponde ai FANS o
più spesso in associazione ai FANS per ridurre il dosaggio generale dei farmaci. Questi farmaci
sono utilizzati nel trattamento antimalarico.
D-PENICILLAMINA
Si tratta di un analogo della cisteina e rallenta la progressione della malattia e le
manifestazioni dell’artrite. I suoi impieghi sono sempre meno frequenti a causa degli effetti
collaterali importanti come problemi dermatologici, nefrite e anemia aplastica.
Di solito viene impiegata quando il trattamento coi Sali d’oro è inefficace e prima di iniziare la
terapia steroidea.
SALI D’ORO
Questi farmaci sono utilizzati nell’artrite reumatoide per impedire la progressione della
malattia ma non consente la remissione. Le preparazioni disponibili sono l’aurotiomalato
sodico e l’aurotioglucosio. Essi agiscono inibendo la fagocitosi dei macrofagi delle sostanze
all’interno dei lisosomi e questo sembra ritardare la progressione della distruzione ossea e
cartilaginea. Gli effetti avversi gravi e il costo notevole sono responsabili di un utilizzo non
massivo da parte dei reumatologi.
ETANERCEPT
È un inibitore selettivo del TNFα e si trova sotto forma di anticorpo monoclonale diretto
contro il mediatore impedendo così il suo legame ai recettori nei tessuti bersaglio.
Ha un ruolo fondamentale nella riduzione della progressione dell’artrite reumatoide e
psoriasica. Ad oggi si pensa che il miglior approccio all’AR sia l’utilizzo di un anti-TNF con il
metotrexato.
Meccanismo d’azione: anticorpo IgG diretto contro una porzione del TNF tale da legarlo e
inibire il suo legame con il recettore. Non è selettivo però e blocca anche il TNFβ. La terapia a
lungo termine è dubbia in quanto il TNF ha azioni fondamentali di modulazione della risposta
immunitaria contro le infezioni e contro il cancro.
Farmacocinetica: somministrazione sottocutanea 2 volte a settimana. Emivita di 115 ore e
Cmax in 72 ore.
Effetti avversi: non sono stati segnalati effetti avversi specifici, può causare a volte
infiammazione a livello del sito di iniezione.
INFLIXIMAB
Altro farmaco inibitore del TNFα che è stato approvato per il trattamento della colite ulcerosa
e del morbo di Crohn visto che nei preparati istologici di mucosa colica in pazienti con IBD si è
trovato un aumento di TNF. Inoltre viene usato anche nell’AR per ridurre i sintomi, migliorare
la performance fisica e bloccare la progressione.
Spesso viene utilizzato in associazione col metotrexato.
Ha somministrazione endovenosa ed un’emivita di 9,5 giorni.
A lungo termine possono presentarsi anticorpi contro il farmaco a meno che non sia associato
al metotrexato. Durante l’iniezione si possono avere febbre, brividi, prurito o orticaria. Si
manifestano a lungo andare anche tutti i segni di soppressione midollare. Non è ancora chiaro
se un trattamento a lungo termine possa predisporre al linfoma.
ADALIMUMAB
Si tratta di un altro farmaco ad azione anti TNFα ma che viene riservato ai pazienti che non
rispondono a uno o più DMARDs. Viene infatti usato per le forme moderate-severe.
Il meccanismo d’azione però è leggermente diverso in quanto si lega al recettore per il TNF e
lo inibisce e quindi non permette il legame del ligando naturale.
Viene somministrato a livello sottocutaneo e può causare cefalea, nausea, eruzioni cutanee o
reazioni a livello del sito di iniezione.
ANAKINRA
Si tratta di un farmaco che lega l’IL-1 essendo un anticorpo monoclonale e stimola la riduzione
dei sintomi e rallenta la progressione della patologia. Anch’essa è efficace nei pazienti adulti
che non rispondono ad una o più DMARDs nei casi moderati-severi. Può essere usato in
monoterapia o in associazione con DMARDs.
Riassunti Farmacologia - © Luca Croci – 2010
AUTACOIDI E ANTAGONISTI DEGLI
AUTACOIDI
ANTISTAMINICI
60. Farmaci antistaminici
L’istamina è una sostanza che ha ampie funzioni nell’organismo ed è il bersaglio dell’azione di
farmaci che inibiscono la sua attività.
L’istamina regola la risposta allergica e immunitaria, l’infiammazione, la secrezione gastrica
acida e la neurotrasmissione in alcune zone del cervello.
L’istamina si trova praticamente in tutti i tessuti ma è distribuita irregolarmente con
prevalenza di concentrazione nelle zone a contatto con l’ambiente esterno come i polmoni, la
cute e l’apparato digerente. Essa viene sintetizzata dal’enzima presente in tutte le cellule che
dà una decarbossilazione dell’aminoacido istidina, formando così l’istamina.
Questa è conservata all’interno di granuli complessati con eparina e anioni polisolfato
all’interno dei mastociti e dei granulociti basofili e liberata all’occorrenza. L’istamina non
immagazzinata va incontro a degradazione da parte delle MAO molto velocemente e non può
essere utilizzata.
La liberazione dell’istamina prevede uno stimolo evocativo che può essere il danno cellulare
conseguente al freddo, una tossina batterica, un trauma, il veleno d’api e soprattutto una
reazione allergica o anafilattica.
L’istamina agisce legandosi a 4 tipi diversi di recettori: H1,2,3,4. I primi 2 sono i principali e
distribuiti in tutto l’organismo, mentre gli ultimi 2 sono presenti solo in poche cellule e non si
conosce ancora con precisione la loro funzione biologica. Pertanto il bersaglio dell’azione
terapeutica sono H1 e H2. Esistono dei fenomeni indotti dall’istamina che coinvolgono
esclusivamente il recettore H1 ed altri che coinvolgono solo il recettore H2, tuttavia in alcuni
casi alcune azioni coinvolgono entrambi i recettori.
I 2 recettori principali agiscono mediante meccanismi d’azione diversi in quanto il recettore
H1 coinvolge la via dei polifosfatidilinositoli mentre l’H2 coinvolge il cAMP e quindi gli
antistaminici saranno selettivi per l’uno o per l’altro recettore.
Durante l’allergia si verificano 4 azioni essenziali mediate dalla liberazione di istamina:
- Vasodilatazione
- Contrazione della muscolatura liscia (asma)
- Stimolazione delle secrezioni
- Stimolazione delle terminazioni nervose sensoriali
Queste reazioni possono essere responsabili di una semplice risposta allergica se coinvolgono
un particolare distretto o una certa zona limitata, oppure possono dare una reazione
anafilattica se coinvolgono tutto l’organismo. La differenza tra le 2 situazioni sta nel punto in
cui viene liberata l’istamina, se essa è rilasciata in un luogo facilmente accessibile al sistema
circolatorio è più facile si sviluppi una reazione anafilattica che può portare allo shock. Lo
shock anafilattico si tratta con iniezione di adrenalina che ha gli effetti opposti dell’istamina.
Antiistaminici H1
Sono una classe di farmaci che antagonizzano il recettore H1 dell’istamina e non bloccano la
produzione o la liberazione di istamina come fa invece il cromoglicato utilizzato per il
trattamento dell’asma. Esistono farmaci di prima e seconda generazione.
Prima generazione:
- PROMETAZINA
- DIFENIDRAMINA
- DIMENIDRINATO
- TERFENADINA
- CICLIZINA
Seconda generazione
- CETIRAZINA
- LORATIDINA
- FEXOFENADINA
- ACRIVASTINA
I farmaci di prima generazione vengono usati ancora spesso in quanto sono più economici ed
efficaci tuttavia possiedono un potenziale sedativo visto che penetrano all’interno della
barriera EE e inoltre hanno la caratteristica di interagire anche con altri recettori differenti
come i colinergici, α-adrenergici e serotoninergici.
I farmaci di seconda generazione sono selettivi per i recettori H1, non attraversano la barriera
EE e hanno meno effetti collaterali.
Azioni
Le azioni di tutti questi composti sono pressochè simili con la variabilità del fatto che ognuno
possiede caratteristiche specifiche forse perché ha un margine di interazione diverso anche
con recettori colinergici, adrenergici e serotoninergici.
Usi terapeutici:
1. Condizioni allergiche e infiammatorie: l’inibizione dei recettori H1 permette una
prevenzione dell’attacco allergico dovuto a degranulazione dei mastociti sensibilizzati
dal legame con un’IgE. Farmaci d’elezione per il trattamento della rinite allergica e
dell’orticaria. Non sono efficaci per l’asma perché l’istamina è soltanto uno dei
mediatori coinvolti nella patologia.
2. Cinetosi e nausea: essi insieme alla scopolamina sono i farmaci più utilizzati per
trattare la cinetosi sia da componente chemocettrice sia da componente vestibolare.
Antiistaminici H2
Questa classe di farmaci viene impiegata per il trattamento dell’ulcera peptica per ridurre la
produzione di istamina che va ad agire sulla produzione di acido cloridrico e sulla
stimolazione della produzione di gastrina da parte delle cellule G che esalta ulteriormente la
produzione acida. Essi non hanno affinità per il recettore H1.
- CIMETIDINA
- RANITIDINA
- FAMOTIDINA
- NIZATIDINA
I farmaci utilizzati per trattare gli attacchi acuti di emicrania sono specifici e aspecifici.
Quelli aspecifici comprendono:
- FANS: vengono utilizzati normalmente per ridurre il dolore (ASA, naproxene,
meclofenamato)
- ANTIEMETICI : proclorperazina
- OPPIACEI : impiegati solo se il trattamento con FANS non ha avuto effetto
La terapia specifica comprende:
- Triptani
- Diidroergotamina
Triptani
Questo gruppo di farmaci sono agonisti del recettore 5-HT1D della serotonina determinando
vasocostrizione e riduzione della liberazione di neuropeptidi infiammatori.
- SUMATRIPTAN
- NARATRIPTAN
- RIZATRIPTAN
- ELETRIPTAN
- ALMOTRIPTAN
- ZOLMITRIPTAN
Diidroergotamina
La DIIDROERGOTAMINA è un derivato dell’ergotamina e si somministra per via endovenosa ed
agisce anch’esso come vasocostrittore ed è sempre un agonista della serotonina agente sullo
stesso recettore dei triptani. Essa però sottopone il paziente ad una maggior incidenza di
nausea come effetto collaterale. Efficacia simile al sumatriptan.
È controindicata in pazienti che soffrono di disturbi vascolari periferici o disturbi coronarici.
È più efficace se somministrata durante la fase prodromica piuttosto che durante la cefalea in
atto.
Farmacologia clinica
- Terapia di scelta: L-tiroxina
- Circa 80% della L-T4 viene assorbita, dopo somministrazione per via orale
- Emivita: circa 7 giorni
- Solo l’assunzione giornaliera garantisce livelli costanti di T3
- La desiodazione periferica di T4 (pro-ormone) è la fonte della produzione di T3
- La T3 ha un’affinit{ per i recettori 10 volte < alla T4 (forma attiva)
- Rispetto alle altre preparazioni di ormoni tiroidei, la natura di pro-ormone della T4 offre il
vantaggio che il pz. regola da sé, in modo fisiologico, la produzione dell’ormone attivo, la T3
(via deiodinasi)
- Disponibilità di prodotti commerciali standardizzati (dosi disponibili individuali)
- Gli effetti collaterali sono rarissimi (eccipienti: lattosio)
- Possibile eccesso di dose: tireotossicosi factitia
Dose terapeutica
- negli adulti: 1.0-1.6 mg/kg (intervallo 50-200 mg/die)
- nei bambini, possono essere opportune dosi più elevate
NB: La dose iniziale può essere inferiore alla dose teorica, aggiustando poi ad intervalli regolari
la stessa, fino a raggiungere la dose efficace.
Avvertenze
- Nelle persone anziane, la dose iniziale deve essere bassa ed aggiustata ad intervalli variabili
(es. settimane), fino a raggiungere la dose teorica.
- Spesso è opportuno essere prudenti, specialmente in presenza di patologie croniche; ad
esempio, nei pz. con patologie cardiache o vascolari, i tempi di ripristino dell’eutiroidismo
debbono essere lunghi, ed adeguatamente sottoposti a controllo
- Il miglioramento clinico si può apprezzare in poche settimane (oppure in mesi in quelli con
mixedema)
La concentrazione del TSH definisce, in genere, l’adeguatezza della terapia sostitutiva con L-T4
- Obiettivo ragionevole della terapia sostitutiva: TSH 1-3 U/mL
- Valutazione clinica:
o Correzione dei segni e sintomi del mixedema
o Utilità di punteggi e questionari, specialmente nelle forme subcliniche
o Riduzione del volume del gozzo (es. T. Hashimoto) (valutazione clinica e/o ecografica)
- Nei pazienti con ipotiroidismo centrale (secondario) la dose è generalmente inferiore a
quella necessaria nell’ipotiroidismo primario.
L’approccio terapeutico all’ipertiroidismo può interessare diversi siti d’azione in base alle
modalità di produzione e attivazione degli ormoni.
Infatti la tiroide è formata da follicoli in cui è contenuta la colloide che contiene tireoglobulina
associata agli ormoni inattivi legati alla proteina. Le cellule tiroidee captano perifericamente
lo iodio sotto forma di ione ioduro
che deve essere trasformato in I2
molecolare dall’azione della
perossidasi che è fondamentale
nella produzione di ormoni tiroidei,
altrimenti se non fosse disponibile
lo iodio molecolare sarebbe
impossibile sintetizzare gli ormoni.
Lo iodio molecolare entra nel
follicolo in cui è stata sintetizzata
precedentemente la tireoglobulina
e si lega ai residui di tirosina
attraverso un processo di
iodurazione. A questo punto si
forma una condensazine tra i
residui di iodotirosina e si ottiene l’ormone attivo T3 o T4 legato ancora alla tireoglobulina. A
seguito dello stimolo da parte del TSH si ha una scissione proteolitica e vengono liberati gli
ormoni attivi soprattutto il T4 che ha maggior affinità recettoriale. A seguito della liberazione
e dell’ingresso in circolo si sviluppa un’inibizione della secrezione di ulteriore TSH e TRH. A
dosi farmacologiche anche la dopamina, la somatostatina e i glucocorticoidi possono
diminuire la secrezione di TSH.
Tionamidi
- PROPILTIOURACILE (non disponibile in Italia)
- METIMAZOLO
- CARBIMAZOLO (non disponibile in Italia)
Meccanismo d’azione: questi farmaci agiscono impedendo la iodurazione, la perossidazione
dello ioduro a iodio molecolare inibendo la tireoperossidasi (TPO) e la condensazione dei
residui di iodotirosina. In più il propiltiouracile ha anche un’azione periferica di riduzione
della deiodurazione del T4 in T3 impedendo quindi l’attivazione dell’isoforma più efficace.
Essi possiedono residui –SH che si legano agli enzimi endogeni bloccando la loro funzione.
Il bersagio di questi farmaci è essenzialmente tiroideo.
Anche il propranololo ha un’azione simile alla propiltiouracile ma non per attivit{ beta-
bloccante.
Azioni: riduzione della produzione e della liberazione di ormoni tiroidei e in più riduzione
dell’efficacia degli ormoni già in circolo per inibizione della deiodurazione.
Usi terapeutici:
1. Morbo di Graves
2. Adenoma tossico
3. Gozzo multinodulare secernente
Il fatto che abbiano un’insorgenza piuttosto lenta impedisce l’utilizzo di questi farmaci
durante la crisi tireotossica.
Farmacocinetica
propiltiouracile metimazolo
Legame alle proteine
75% (circa) Nullo
plasmatiche
Emivita plasmatica 75 minuti 4-6 ore
>> emivita plasmatica >> emivita plasmatica
Emivita farmacodinamica
(~12-24 h) (~40 h)
Volume di distribuzione 20 litri (circa) 40 litri (circa)
Frequenza di
1-4 volte al giorno (tid) 1-2 volte al giorno (sid)
somministrazione
Trattamento radiometabolico
Lo IODIO 131 è captato attivamente dalle cellule tiroidee iperfunzionanti e ha la caratteristica
di emettere radiazioni beta e gamma. Le principali responsabili del danno sono le radiazioni
beta che penetrano nel tessuto e causano ionizzazione con conseguente necrosi cellulare.
Il vantaggio è che viene captato anche da cellule ectopiche e quindi è potenzialmente
utilizzabile nelle metastasi (se sono ancora in grado di captare lo iodio).
Meccanismo d’azione: attività ionizzante che provoca interazioni con le funzioni cellulari
come produzione di radicali ossidanti e legame al DNA che provocano in ultima analisi la
morte della cellula.
Azioni: nelle prime fasi il radioiodio determina necrosi cellulare, reazione infiammatoria,
distruzione dei follicoli, dismissione in circolo di ormoni tiroidei. Dopo un certo periodo di
terapia provoca fibrosi e inibizione dell’attivit{ tiroidea.
Usi terapeutici:
1. Morbo di Basedow: si tratta della prima indicazione al trattamento radiometabolico
insieme alla chirurgia e agli antitiroidei. Se il trattamento con antitiroidei fallisce o per
reazioni avverse o allergie del paziente o per rifiuto alla terapia si passa al radioiodio
(70% dei casi) e questo viene impiegato anche quando c’è la controindicazione al
trattamento chirurgico (patologie concomitanti, rifiuto del paziente). Trova un ruolo di
prim’ordine nel trattamento dell’oftalmopatia associata all’ipertiroidismo.
2. Gozzo nodulare tossico e adenoma tossico (di Plummer): è una delle prime scelte
insieme a tiroidectomia.
Se nel Basedow ci sono alti livelli di anticorpi anti-TSH (TRAb) è indicato il trattamento
radiometabolico a dosi ablative.
Indicazioni al pretrattamento con antitiroidei nel morbo di Basedow:
i pazienti con ipertiroidismo subclinico o i giovani non affetti da patologie cardiovascolari e
con ipertiroidismo lieve non vanno trattati preventivamente con tireostatici.
I pazienti con grave ipertiroidismo, età avanzata e gravi malattie cardiovascolari vanno
trattati con antitiroidei precedentemente al radioiodio allo scopo di un raggiungimento
dell’eutiroidismo più veloce e una prevenzione del temporaneo peggioramento della
tireotossicosi dovuta alla lisi delle cellule tiroidee con messa in circolo degli ormoni.
Il pretrattamento va sospeso 3 giorni prima dell’inizio della terapia radiometabolica.
Indicazioni al pretrattamento con antitiroidei nel gozzo nodulare tossico:
solo in casi selezionati perché il pretrattamento provoca l’accumulo di radioiodio anche nei
tessuti extranodulari non più funzionalmente inattivi e quindi aumenta il rischio di un
ipotiroidismo post-terapeutico.
È necessario sospendere l’eventuale trattamento in atto almeno 3 settimane prima della
terapia radiometabolica e verificare che le zone autonome abbiano ripreso la loro funzione e
che le zone normali siano inibite. A volte è opportuno sommonistrare liotironina (T3) per
bloccare il tessuto tiroideo normale.
Farmacocinetica
Lo iodio è sotto forma di NaI ed ha un’emivita di 5-6 giorni, mentre l’emiperiodo effettivo è di
8 giorni. Il periodo effettivo di emivita è 8 giorni ma la radioattivit{ nei tessuti ha un’emivita
di 5 giorni in quanto dipende sia dall’emivita fisica ma anche dall’emivita biologica (correlata
alla velocità di eliminazione dal tessuto che concentra radioiodio, le tionamidi possono
Gravidanza e allattamento
Prima di iniziare la terapia assicurarsi dell’assenza dello stato gravidico.
Evitare concepimento per 4 mesi dopo interruzione del trattamento (sia per uomo che per
donna). Nel caso di gravidanza entro i 4 mesi o esposizione al radioiodio in gravidanza
bisogna rilevare la dose di esposizione del nascituro e confrontarla con quella della vita
quotidiana, in più tenere conto del periodo di gravidanza (la tiroide si forma alla 12°
settimana e sarebbe distrutta dal radioiodio che si concentrerebbe in vescica).
Sotto ai 100 mSv non si prende in considerazione l’aborto, oltre si guardano i casi
individualmente.
Beta-bloccanti
Questi farmaci sono impiegati nel trattamento delle crisi tireotossiche per ridurre gli effetti
periferici dell’eccesso di ormoni come palpitazioni, tachicardia, aritmie, nervosismo, eccessiva
produzione di calore.
Nei pazienti con problemi cardiaci o affetti da asma può essere utilizzato il verapamil.
Ioduro
Questo farmaco inibisce il trasferimento dello iodio sui residui di tirosina e quindi riduce il
rifornimento dei depositi di tireoglobulina. Esso inibisce anche la liberazione di ormoni
tiroidei ma con meccanismi ancora sconosciuti.
Esso viene scarsamente utilizzato in monoterapia ma può essere molto utile nelle crisi
tireotossiche o prima di un intervento chirurgico alla tiroide in quanto riduce la
vascolarizzazione tiroidea.
Viene somministrato per via orale e alcuni effetti avversi possono essere dolore alla gola o alla
bocca, eruzioni cutanee, ulcerazioni delle membrane mucose e gusto metallico in bocca.
Insulina
L’insulina è stata utilizzata come farmaco per anni estraendola dal pancreas bovino e suino.
Oggi viene impiegata essenzialmente l’insulina umana ottenuta tramite metodiche di
ricombinazione del DNA utilizzando colture di E. Coli e lieviti geneticamente modificati con
l’inserimento del gene umano per la produzione dell’insulina.
In più quest’insulina umana è stata ulteriormente modificata alterando la disposizione degli
aminoacidi o la coniugazione con altre sostanze per renderla più efficace alle
somministrazioni.
Le principali insuline sintetiche utilizzate in terapia antidiabetica sono:
- INSULINA REGOLARE
- INSULINA LISPRO
- INSULINA ASPARTATO Insuline a inizio rapido e azione ultrabreve
- INSULINA GLULISINA
- INSULINA ISOFANO NPH SOSPENSIONE Insuline ad azione intermedia
- INSULINA ZINCO PROTRATTA
- INSULINA GLARGINA Insuline ad azione prolungata
- INSULINA DETEMIR
Meccanismo d’azione
Le insuline si legano ai recettori specifici nei tessuti bersaglio e qui determinano diverse
risposte. In primo luogo l’interazione col recettore provoca un’autofosforilazione ed
un’attivazione della cascata chinasica che culmina nella fosforilazione di proteine bersaglio
come l’esternalizzazione dei trasportatori del glucosio e l’attivazione di enzimi deputati al
metabolismo del glucosio che entra nella glicolisi e ciclo di Krebs per arrivare alla
fosforilazione ossidativa con produzione di ATP. Inoltre in certi tessuti come l’adipe possono
essere stimolati gli enzimi che creano acidi grassi e la conseguente sintesi di trigliceridi da
immagazzinare nel tessuto adiposo. Nel muscolo o nel fegato possono essere stimolati gli
enzimi per la glicogenosintesi e la captazione delle proteina specialmente nel muscolo. Il fine
di tutto ciò è l’accumulo di riserve energetiche. In più però il meccanismo chinasico giunge
anche alla fosforilazione di fattori di trascrizione che entrano nel nucleo e mediano la
trascrizione di specifici geni coinvolti nel metabolismo del glucosio. L’insulina presenta anche
alcune azioni mitogene e pertanto deve sempre essere somministrata con prudenza.
Al fine di combattere il diabete e quindi ridurre la glicemia vengono esternalizzati i recettori
GLUT-4 dipendenti dall’insulina presenti nel muscolo e nel tessuto adiposo.
I GLUT-2 sono presenti nel pancreas, fegato, rene e intestino, i GLUT-1 sono ubiquitari e
responsabili della maggior captazione glucidica (specialmente negli eritrociti). I GLUT-3
invece sono nel SN e nella placenta mentre i GLUT-5 sono deputati all’assorbimento del
fruttosio nell’intestino e nel rene.
Usi terapeutici
1. Diabete mellito tipo I: uso principale e fondamentale per consentire la vita al paziente
2. Diabete mellito tipo II: uso secondario che risulta necessario quano il diabete tende a
peggiorare e la performance pancreatica declina
3. Situazioni di emergenza (crisi iperglicemiche)
4. Diabete post-pancreatectomia
5. Diabete gestazionale
Farmacocinetica
La cinetica delle varie forme di insulina varia notevolmente in base alla loro struttura e alla
loro preparazione. Fondamentali sono le differenze nella durata d’azione e nel tempo d’inizio
dell’azione che dipendono da dimensioni, composizione dei cristalli e sequenza aminoacidica
dell’insulina e inoltre da sede di iniezione, dose, flusso ematico, temperatura e attivit{ fisica.
Tutte le insuline vengono somministrate per via parenterale perché la via orale porta ad una
veloce degradazione dell’ormone a causa degli enzimi peptici. Così le somministrazioni
preferenziali sono sottocutanea ed endovenosa solo nei casi acuti e di una certa gravità per
ridurre il tempo d’inizio dell’azione.
Riassunti Farmacologia - © Luca Croci – 2010
Il volume di distribuzione corrisponde in linea di massima al volume del LEC.
Il metabolismo è epatico e l’eliminazione è renale.
L’emivita è dell’ordine di minuti.
Ad oggi sono state proposte anche somministrazioni attraverso aerosol o spray che
consentono l’assorbimento dell’insulina nel letto alveolare o nella mucosa buccale.
Effetti avversi:
Ipoglicemia: problema principale, più frequente nelle preparazioni che subiscono dei
picchi di insulina. È il problema della terapia intensiva (soprattutto in anziani e
bambini)
Allergia: il problema è stato ormai del tutto risolto
Lipodistrofia: a livello della sede di iniezione sottocutanea
Aumento di peso
Importante il monitoraggio della glicemia, dell’Hb1Ac e dei livelli di glucosio postprandiale
(nuiovo parametro di cui si tiene in considerazione e di cui si sono viste le utilità).
Sulfaniluree
Questi farmaci sono dei secretagoghi di insulina perciò aumentano la secrezione di insulina d
parte delle cellule beta pancreatiche.
- TOLBUTAMIDE
- GLIBURIDE (Glibenclamide)
- GLIPIZIDE
- GLIMEPIRIDE
Meccanismo d’azione: questi farmaci agiscono sulle cellule beta del pancreas legandosi in
modo selettivo ai canali del K inibendoli. In questo modo la corrente in uscita del potassio
viene bloccata e si ha una depolarizzazione che porta all’apertura dei canali del Ca e alla
liberazione dell’insulina. Sono agonisti del normale meccanismo di secrezione dell’insulina
mediato dall’ATP.
Azioni:
Stimolazione della secrezione di insulina
Aumento dei recettori dell’insulina
Aumento della sintesi dei trasportatori di glucosio
Riduzione dei livelli sierici di glucagone
Riduzione clearance epatica dell’ormone (forse)
Usi terapeutici: diabete tipo II tranne i pazienti con insufficienza epatica e renale
Farmacocinetica: sono assorbiti bene per via orale e si legano alle proteine plasmatiche, sono
metabolizzati dal fegato o dal rene. La tolbutamide ha la durata d’azione più breve (6-12 ore)
mentre le altre ce l’hanno in media di 24 ore.
Reazioni avverse:
Aumento di peso
Ipoglicemia
Iperinsulinemia
Controindicazioni: insufficienza epatica e renale perché sono le sedi di metabolismo e
se non sono funzionanti si rischia l’ipoglicemia severa. Inoltre passano la barriera
placentare e possono svuotare il pancreas fetale di insulina.
Esistono anche farmaci come il DIAZOSSIDO che hanno effetti opposti alle sulfaniluree in
quanto attivano i canali del potassio e oltre a indurre blocco della secrezione di insulina
provocano anche dilatazione della muscolatura liscia.
Biguanidi
Il biguanide utilizzato è la METFORMINA. Questo farmaco agisce come sensibilizzatore
all’insulina in quanto favorisce l’attivit{ dell’insulina nei pazienti in cui c’è resistenza
periferica all’ormone.
Meccanismo d’azione: la metformina agisce migliorando la risposta del bersaglio cellulare
all’insulina senza aumentare la secrezione pancreatica dell’ormone.
Azioni:
Inibizione della gluconeogenesi epatica: responsabile di per sé della maggior parte del
glucosio ematico presente nel diabetico di tipo II
Aumento dell’uptake periferico di glucosio per azione sul GLUT-4
Aumento dell’utilizzo intesinale degli zuccheri (che vengono quindi assorbiti in misura
minore)
Riduzione dell’iperlipidemia (necessarie 4-6 settimane)
Perdita di peso a seguito della riduzione dell’appetito
Riduzione netta della mortalità cardiovascolare da complicanze diabetiche
Azione stimolante la produzione di acido lattico
Usi terapeutici: viene usata come prima scelta nel trattamento del diabetico di tipo II di
nuova diagnosi e può essere usata sia da sola sia in associazione con altri ipoglicemizzanti ma
anche con l’insulina stessa. In quest’ultimo caso è necessario ridurre le dosi perché si può
andare incontro a ipoglicemia.
Un altro impiego terapeutico della metformina è l’ovaio policistico in cui si è visto che un
aumento della sensibilizzazione periferica all’insulina può migliorare i cicli ovulatori e forse
favorire la gravidanza.
Farmacocinetica: ben assorbita per via orale e non si lega alle proteine plasmatiche e non
viene metabolizzata. Le concentrazioni più alte sono nella saliva e nella parete
gastrointestinale. Viene eliminata con le urine. L’emivita è di 1,5-4,5 ore e possiede un’alta
clearance renale.
Effetti avversi:
In gran parte disturbi gastrointestinali
L’ipoglicemia è molto meno frequente che con le sulfaniluree perché non c’è una
massiva liberazione di insulina così come è assente l’iperinsulinemia.
Tiazolidindioni o Glitazoni
Questi farmaci sono anch’essi sensibilizzatori dell’insulina al pari della metformina. Sono stati
però riscontrati casi gravi di epatotossicità letale che hanno eliminato certi prodotti
farmaceutici dalla vendita. Ad oggi sono disponibili:
- PIOGLITAZONE
- ROSIGLITAZONE
Meccanismo d’azione: non si sa ancora bene come questi possano influire sulla riduzione
delle complicanze del diabete mellito II ma le ipotesi sono diverse. Infatti si sa che i glitazoni si
legano ai recettori nucleari PPARγ e quindi vanno a stimolare direttamente la trascrizione
genica di geni che codificano per proteine ed enzimi responsabili del controllo dell’omeostasi
glucidica e lipidica.
Azioni:
Aumento sintesi di adipochine: regolazione della crescita degli adipociti e aumento
della loro sensibilit{ all’insulina (importante in prevenzione secondaria del diabete in
pazienti obesi)
Aumento sensibilizzazione insulina: nel fegato, nel muscolo e nel tessuto adiposo
Miglioramento dell’ipertrigliceridemia, iperglicemia e iperinsulinemia (infatti questi
non aumentano la secrezione basale di insulina) aumento dei livelli di HDL.
Sviluppo del grasso sottocutaneo (sia per azione di mobilitazione degli acidi grassi sia
per aumento dell’edema)
Usi terapeutici: diabete di tipo II soprattutto in pazienti anche obesi. Un altro uso è l’ovaio
policistico nelle donne per favorire l’ovulazione e la possibile gravidanza.
Farmacocinetica: sono assorbiti per via orale ed entrano nel circolo legati estesamente
all’albumina sierica. Subiscono un ampio metabolismo ad opera del cit P-450 e alcuni
metaboliti conservano l’attivit{ questi metaboliti sono escreti con le urine mentre il farmaco
d’origine è eliminato nella bile. Normalmente il pioglitazone può essere usato in monoterapia
o in associazione ad altri ipoglicemizzanti orali o insulina. Il rosiglitazone invece può venire
associato ad altri ipoglicemizzanti ma non all’insulina a causa dell’aumentata incidenza di
edema.
Effetti avversi: il problema degli effetti avversi e della tossicità si rifà alla capacità di questi
composti di legarsi ai PPAR non solo di tipo γ presenti sulle cellule adipose, cellule beta
pancreatiche, cellule endoteliali e macrofagi, ma anche ai recettori α e δ. I PPARα sono situati
nel fegato, cuore, muscolo scheletrico e vasi. Pertanto i maggiori effetti avversi si avranno per
interazione con i PPARα:
Epatotossicità: necessario controllare le transaminasi prima di iniziare la terapia e ogni
2 mesi per il primo anno e poi periodicamente.
Aumento ponderale: sia per l’incremento del grasso sottocutaneo sia per l’edema da
ritenzione idrica
Acarbosio e Miglitolo
Questi 2 farmaci non hanno un’attivit{ favorente sull’increzione di insulina o sull’aumento
della sua sensibilizzazione nei tessuti periferici.
Meccanismo d’azione: essi si legano agli enzimi α-glucosidasi massimamente concentrati
nell’orletto a spazzola della mucosa del tenue impedendo così la maggior parte
dell’assorbimento di carboidrati che non vengono scissi in disaccaridi e glucosio e pertanto si
riduce la glicemia postprandiale. Essi agiscono anche sull’α-amilasi pancreatiche che
impedisce la degradazione dell’amido in oligosaccaridi.
Azioni: riduzione della glicemia postprandiale, non si ha ipoglicemia a meno che non ci sia un
trattamento concomitante con sulfaniluree o insulina. In caso di ipoglicemia è consigliato dare
al paziente glucosio piuttosto che saccarosio perché quest’ultimo subisce lo stesso destino
degli oligosaccaridi e viene scarsamente assorbito.
Usi terapeutici: diabete mellito tipo II
Farmacocinetica: l’ACARBOSIO è scarsamente assorbito, viene metabolizzato dai batteri
intestinali e alcuni metaboliti sono assorbiti ed escreti con le urine. Il MIGLITOLO si assorbe
molto bene ma non esercita effetti sistemici. Si assumono all’inizio del pasto.
Effetti avversi: flatulenza, diarrea e crampi addominali. Essi riducono la biodisponibilità di
metformina. Non devono essere usati in pazienti con IBD, ulcerazioni del colon o ostruzione
intestinale.
Exenatide
Si è dimostrato che l’assunzione di glucosio per via orale determina un’increzione di insulina
da parte delle cellule pancreatiche molto maggiore rispetto all’insulina secreta in risposta a
glucosio endovenoso. Questo comportamento si spiega per la presenza di ormoni
gastrointestinali come GLP-1 (glucagon like peptide) e il GIP (gastric inhibitor peptide) situati
principalmente sulle pareti del tenue.
Questa modalit{ di secrezione dell’insulina viene detta “via dell’incretina”.
Il GLP-1 è velocemente metabolizzato in vivo da parte delledipeptil-peptidasi4 (DPP4) che
sono presenti in vari tessuti come intestino e rene.
Il GLP-1 inoltre sopprime la secrezione di glucagone e la produzione di glucosio, aumenta il
tempo di svuotamento gastrico e riduce la sensazione di fame.
Farmaci analoghi al GLP-1 sono stati formati per far fronte all’iperglicemia del diabete tipo II:
- EXENATIDE: analogo sintetico del GLP-1
- LIRAGLUTIDE : altro analogo del GLP-1 ma ancora in via di sperimentazione
- SITAGLIPTIN e VIDAGLIPTIN : inibitori delle DPP4 e quindi aumentano l’emivita dei GLP-
1 e GIP.
L’exenatide deve essere somministrata per via parenterale.
Ha breve durata d’azione e richiede una somministrazione frequente.
È ben tollerata e solo in un piccolo numero di pazienti è stata rilevata nausea.
ESTROGENI
L’ormone con maggior efficacia è l’Estradiolo prodotto dall’ovaio, gli altri estrogeni sono
l’estrone e l’estriolo che vengono prodotti e secreti in minor misura da altri tessuti come
fegato e soprattutto il surrene.
Tra gli estrogeni di sintesi ampiamente utilizzati in terapia c’è l’Etinilestradiolo che è presente
nella maggior parte delle preparazioni contraccettive, esso subisce un minor metabolismo di
primo passaggio e dunque è più efficace ed ha un assorbimento maggiore rispetto ai composti
naturali.
Principali estrogeni di utilizzo farmacologico:
ESTRADIOLO
ETINILESTRADIOLO
ESTRIOLO
ESTRONE
MESTRANOLO
DIETILSTILBESTROLO
Meccanismo d’azione
Gli estrogeni si legano selettivamente ai recettori degli estrogeni situati principalmente a
livello nucleare nei siti bersaglio e pertanto l’azione degli estrogeni è la trascrizione genica e la
sintesi di nuovo RNA. Esistono 2 sottotipi di recettori estrogenici alfa e beta ed essi mediano
diversi comportamenti trascrittivi. L’affinit{ dei vari composti è diversa per uno o per l’altro
recettore e pertanto possono generare risposte diverse. Il meccanismo utilizzato per la
trasduzione del segnale è anch’esso variabile e può variare da un intervento della proteina G
associata ad un secondo messaggero o all’aumento di produzione di NO.
PROGESTINICI
Il progesterone è il normale ormone prodotto sia dall’ovaio che dai testicoli e in entrambi i
sessi dalle ghiandole surrenali. Nelle femmine il progesterone favorisce lo sviluppo di una
mucosa secretiva attraverso l’ipertrofia delle ghiandole e la spiralizzazione delle arterie
uterine in modo da generare un gel appropriato per l’impianto dell’embrione nella parete
uterina. Esso è controllato dalla tropina ipofisaria LH che governa l’ovulazione. Una volta
effettuata l’ovulazione il progesterone assume un ruolo cardine nel ciclo ovarico in quanto
permette la soppressione delle gonadotropine evitando una nuova ovulazione e favorisce
l’impianto dell’embrione. Esso viene prodotto attivamente dal corpo luteo, ma se non avviene
la fecondazione progressivamente il corpo luteo si atrofizza e la produzione di progesterone
scende fino a livelli tali da disinibire le gonadotropine e provocare una mestruazione seguita
da un nuovo ciclo ovulatorio.
Progestinici utilizzati in terapia:
PROGESTERONE
NORGESTREL
LEVONORGESTREL
NORGESTIMATO
DESOGESTREL
GESTODENE
MEDROSSIPROGESTERONE
Meccanismo d’azione
Sovrapponibile a quello degli estrogeni mediante legame ai recettori nucleari e stimolazione
della trascrizione di RNA.
Azioni:
Controllo del ciclo ovarico e della gravidanza (se si instaura la gravidanza il
progesterone continua ad essere prodotto dalla placenta per impedire un’ulteriore
ovulazione)
Sviluppo di un endometrio secretivo
Metaboliche: aumento del glicogeno epatico, riduzione del riassorbimento di Na per
competizione con l’aldosterone, aumento della temperatura corporea, riduzione dei
livelli plasmatici di alcuni aminoacidi, aumento dell’escrezione urinaria di azoto,
aumento dei livelli di LDL e riduzione di quelli di HDL.
Usi terapeutici:
1. Contraccezione: spesso in associazione con estrogeni e posologia crescente durante il
ciclo ovarico.
2. Insufficienza ovarica come terapia sostitutiva
3. Controllo dei sanguinamenti uterini
4. Trattamento della dismenorrea
5. Soppressione della lattazione dopo il parto
6. Trattamento dell’endometriosi
7. Trattamento dei carcinomi dell’endometrio
Farmacocinetica
Il progesterone naturale viene scarsamente usato in terapia a causa della sua bassa
biodisponibilità per rapido metabolismo. I progestinici sintetici invece sono più stabili al
metabolismo di primo passaggio e vengono quindi usati più frequentemente e a dosi più
basse. I derivati idrossi e medrossiprogesterone vengono somministrati per via
intramuscolare e hanno durata d’azione rispettivamente di 1-2 settimane e 1-3 mesi. La
durata degli altri progestinici è di 1-3 giorni.
Effetti avversi
Edema
Depressione
Tromboflebite ed embolia polmonare
Acne, irsutismo, aumento ponderale (in quanto molti di questi progestinici di sintesi
hanno somiglianza spiccata al testosterone e quindi sembrano provocare effetti simili
androgenici sulle femmine)
Carcinoma mammario in associazione con un estrogeno ???
CONTRACCEZIONE
Estroprogestinici orali (monofasici, bifasici, trifasici)
Estroprogestinici TTS
Soli progestinici orali (“minipillola”)
Pillola del giorno dopo
Nuvaring (anello vaginale)
Dispositivi intrauterini
Per effettuare la contraccezione sono possibili diversi meccanismi come prevenzione
dell’ovulazione, blocco della gametogenesi o della maturazione del gamete, interferenza con la
gestazione. I contraccettivi orali hanno una massima efficacia sull’inibizione dell’ovulazione e
Estroprogestinici orali
Questa classe di farmaci anticoncezionali è la più utilizzata e associa in una pillola dosi di
estrogeni con dosi di progestinici.
Meccanismo d’azione: gli estrogeni bloccano la secrezione di FSH mentre i progestinici
bloccano la secrezione di LH e di conseguenza in ultima analisi il risultato sar{ un’abolizione
della ovulazione. In più il progestinico stimola il normale sanguinamento alla fine del ciclo e
l’ispessimento della mucosa uterina per produzione di muco denso che impedisce l’accesso
allo sperma.
Queste preparazioni non variano in base all’estrogeno che normalmente è l’etinilestradiolo
ma cambiano in base al tipo di progestinico utilizzato. Infatti i progestinici sono di diverse
categorie e sono stati prodotti progestinici di prima, seconda e terza generazione.
Le principali associazioni sono:
Etinilestradiolo + progestinici di II generazione (Norgestrel, Levonorgestrel)
Etinilestradiolo + progestinici di III generazione (Desogestrel, Gestodene,
Norgestimate)
Etinilestradiolo + Drospirenone: il drospirenone è un progestinico nuovo derivato
dallo spironolattone molto efficace ed in più grazie alla sua blanda attività antiritentiva
per somiglianza allo spironolattone è impiegato per evitare la ritenzione idrica e la
tendenza all’aumento ponderale tipica delle pazienti che assumono estroprogestinici
orali. (es YASMINE)
Farmacocinetica: la pillola va assunta per 21 giorni (28 giorni nelle formulazioni associate a
placebo) al fine di indurre le mestruazioni negli ultimi 7 giorni. Esistono 3 regimi di
associazioni estroprogestiniche:
Monofasiche: dose fissa di estrogeno e di progestinico in ogni compressa. Esempio
EUGYNON (II gen), PRACTIL (III gen)
Bifasiche: dose fissa di estrogeno e dose crescente di progestinico a partire dalla
seconda metà del ciclo. Esempio DUEVA (confetto di 2 colori)
Trifasiche: la dose dell’estrogeno aumenta a met{ ciclo e la dose del progestinico
aumenta progressivamente (modalità più usata). Esempio TRYGINON (confetto di 3
colori).
TAMOXIFENE
È stato il primo farmaco di questa categoria.
Il farmaco si comporta come un competitore dell’ormone naturale al recettore degli estrogeni
e viene utilizzato in ormonoterapia antitumorale per il tumore della mammella come cura
palliativa in donne in postmenopausa.
Gli effetti avversi più frequenti sono vampate di calore, nausea e vomito. A volte si presentano
irregolarità mestruali e sanguinamenti vaginali.
Aumenta l’incidenza dell’iperplasia endometriale e in un trattamento cronico che dura per
molto tempo è possibile che si sviluppi un carcinoma endometriale. Per tale motivo l’utilizzo
del tamoxifene è stato ridimensionato ed ha portato a ridurre la durata della terapia.
RALOXIFENE
È un modulatore estrogenico di seconda generazione derivato dal tamoxifene che svolge la
sua azione principale nel prevenire l’osteoporosi riducendo il turnover osseo globale e il
riassorbimento. Non aumenta però la densit{ ossea. Esso non ha azioni sull’endometrio e
quindi può essere usato più tranquillamente. Abbassa i livelli sierici di colesterolo totale ed
LDL ma non agisce sull’HDL.
Tuttavia si sono verificati aumenti di incidenza di malattie cardiovascolari, anche se i benefici
sembrano superare questi rischi.
È utilizzato solo a scopo antiosteoporotico ma può anche ridurre l’incidenza del carcinoma
mammario in post-menopausa. Tuttavia non viene utilizzato come trattamento del carcinoma
mammario.
Viene assorbito bene per via orale, si coniuga subito con acido glucuronico nel fegato e si lega
alle proteine plasmatiche. Subisce un ricircolo entero-epatico che in ultima analisi gli
permette di venire escreto attraverso le feci mediante la bile.
Effetti avversi: eventi cardiovascolari al pari di tamoxifene ed estrogeni, interazione con
colestiramina che riduce l’assorbimento, interazione col warfarin potenziando l’effetto
anticoagulante. Le donne che sono in gravidanza o che hanno avuto episodi di TVP non
dovrebbero assumere il raloxifene.
TOREMIFENE
Farmaco nuovo che trova impiego nel trattamento del carcinoma mammario metastatico nelle
donne in post-menopausa. Ha proprietà molto simile al tamoxifene tuttavia è esente dagli
effetti collaterali a carico dell’endometrio.
MIFEPRISTONE
Si tratta di un antagonista del progesterone e quindi fa parte di una categoria farmacologica
differente. È detto anche RU486 ed è un antagonista con in parte una funzione di agonista
parziale. Esso viene impiegato come farmaco abortivo in quanto interagisce con la gravidanza
eliminando il legame del progesterone alle strutture uterine e la produzione di hGC.
I pericoli di questo farmaco sono eccessivi sanguinamenti vaginali e possibilità di aborto
incompleto. La somministrazione di PGE2 o di misoprostolo permette di portare
normalmente a termine la gravidanza.
Può essere usato anche come contraccettivo e in tal caso si usa assumendolo a metà del ciclo
ovarico 1 volta al mese nella fase in cui i livelli di progesterone tendono ad elevarsi.
Ha anche potenzialità anti-glucocorticoide.
ANDROGENI
Gli androgeni sono ormoni secreti dal testicolo ed in particolare dalle cellule di Leydig oltre
che dall’ovaio in piccola parte e dalle ghiandole surrenali di entrambi i sessi.
Il prodotto principale è il testosterone ma vengono secreti anche altri androgeni in misura più
piccola come il diidrotestosterone (DHT), l’androstenedione e il diidroepiandrosterone
(DHEA). La secrezione del testosterone è stimolata dall’LH che a sua volta è stimolato dal
GnRH, mentre l’FSH agisce promuovendo la spermatogenesi e legandosi alle cellule del Sertoli.
Le azioni generali del testosterone sull’organismo sono:
- Sviluppo dei caratteri sessuali primari
- Spermatogenesi
- Aumento della sintesi proteica e dell’emoglobina a livello muscolare
- Riduzione del riassorbimento osseo.
Le preparazioni sintetiche hanno la capacit{ di aumentare la durata d’azione e di scindere la
componente mascolinizzante da quella anabolizzante.
Principali molecole di androgeni utilizzati in terapia:
- TESTOSTERONE
- FLUOXIMESTERONE
- DANAZOLO
- NANDROLONE
- STANOZOLOLO
Meccanismo d’azione
Al pari degli altri ormoni steroidei il testosterone e i suoi derivati si legano ai recettori degli
androgeni a livello nucleare e stimolano la trascrizione di RNA e la sintesi proteica.
In molti tessuti il testosterone viene utilizzato socì com’è ma in altri necessita della
conversione a diidrotestosterone da parte della 5α-reduttasi per essere attivo ed utilizzabile e
questa conversione avviene principalmente nelle strutture sessuali primarie (prostata,
vescichette seminali, epididimo) e nella cute. Il legame del DHT ai recettori scatena reazioni
con molta più efficacia.
In altri tessuti come il cervello, il tessuto adiposo e il fegato il testosterone è convertito in
estradiolo da parte dell’aromatasi. Gli analoghi del testosterone non possono essere
trasformati in DHT e quindi hanno effetti sbilanciati maggiormente verso l’anabolizzante.
Usi terapeutici
1. Ipogonadismo: sia nei casi primitivi che secondari cioè da disfunzioni testicolari o
ipotalamo-ipofisarie. In questi casi il testosterone sostituisce l’ormone mancante
compiendo tutte le azioni necessarie.
2. Effetti anabolizzanti: utile per trattare l’osteoporosi senile e le gravi ustioni o per
controbilanciare il catabolismo eccessivo da parte dei corticosteroidi. Utile anche per la
remissione di patologie debilitanti croniche
3. Crescita: viene dato ai bambini in associazione ad altri ormoni per stimolare la crescita
scheletrica in corso di nanismo ipofisario.
4. Endometriosi: utilizzo nelle femmine per trattare gli sviluppi ectopici di mucosa
endometriale ed evitare sanguinamenti. Tipicamente viene usato il donazolo a questo
BICALUTAMIDE E NILUTAMIDE
Altri antiandrogeni molto efficaci che vengono somministrati per via orale ed hanno impiego
per il trattamento del cancro prostatico in metastasi.
L’osteoporosi è una patologia in cui si ha una riduzione della massa ossea associata ad
alterazioni della microarchitettura ossea che determinano un’aumentata fragilit{ delle ossa ed
una notevole predisposizione alle fratture.
Si manifesta in entrambi i sessi tipicamente in età avanzata, ma può manifestarsi anche in età
più giovane. Sono particolarmente colpite le donne in post-menopausa per la carenza di
ormoni estrogeni protettori dell’osso.
L’esame standard per rilevare l’osteoporosi è la densitometria ossea da cui si rileva la BMD
che viene definita la densità ossea. Se essa è maggiore di 2,5 al di sotto del valore medio di
BMD normale dell’adulto si parla dunque di osteoporosi.
Oltre a questo si ha un deterioramento progressivo della microarchitettura.
Il ruolo centrale nell’osteoporosi è a carico del rimodellamento osseo.
Il clinico può prevenire l’osteoporosi mediante 2 meccanismi:
- Generico: aumento dell’apporto dietetico di vitamina D, calcio, attivit{ fisica e
astensione dal fumo e dall’alcol.
- Specifico: a seguito del test di densitometria può prendere in considerazione l’inizio di
un trattamento con farmaci antiosteoporotici in modo preventivo.
I pazienti a rischio di osteoporosi devono astenersi dall’assunzione di farmaci che aumentano
il metabolismo osseo come i glucocorticoidi.
SERMS
I modulatori delettivi del recettore degli estrogeni hanno una potenzialità importante dal
punto di vista terapeutico nei confronti dell’osteoporosi. Alcuni composti come il RALOXIFENE
agiscono agonizzando gli estrogeni a livello dell’osso e dunque determinano una riduzione
marcata del riassorbimento e del metabolismo mentre in altri tessuti fungono da antagonisti
degli estrogeni (ad esempio nella mammella il raloxifene è un antagonista degli estrogeni e
sembra ridurre il rischio di carcinoma mammario).
In più il raloxifene non ha effetti sull’endometrio a differenza degli estrogeni normali.
Essi sono molto efficaci nell’inibizione degli osteoclasti contribuendo alla riduzione
dell’incidenza delle fratture tranne che nell’anca ove prevale osso corticale, in queste sedi è
necessario agire anche sugli osteoblasti per promuovere la deposizione ossea e in questo i
bifosfonati hanno una potenzialità maggiore.
Teriparatide
Si tratta di un frammento ricombinato del PTH umano utilizzato per il trattamento
dell’osteoporosi. La TERIPARATIDE è un farmaco ampiamente attivo che riduce il
riassorbimento della colonna vertebrale e limita le fratture in tutte le ossa. Un confronto con
l’alendronato ha permesso di mettere in evidenza una maggior capacit{ di prevenire le
fratture e una maggior capacit{ di aumento di massa ossea vertebrale rispetto all’alendronato.
È il primo farmaco per l’osteoporosi che può aumentare la massa ossea.
Apparentemente però sembrerebbe un controsenso visto che il PTH è il principale stimolo al
riassorbimento osseo. Infatti se dato continuamente porta ad una frantumazione dell’osso, ma
se è dato 1 volta al giorno a livello sottocutaneo esalta la deposizione ossea aumentando la
performance degli osteoblasti, l’aumento del riassorbimento renale e dell’assorbimento
intestinale di calcio e l’eliminazione renale di fosfato.
Inoltre previene l’apoptosi degli osteoblasti prolungando il loro periodo di attività.
È molto efficace anche nell’osteoporosi indotta da glucocorticoidi.
Calcitonina
La calcitonina di salmone è un farmaco somministrato per via nasale e ben tollerato dalle
donne in post-menopausa. Il farmaco riduce il riassorbimento osseo, stabilizza l’architettura e
migliora la performance riducendo il dolore. Tuttavia a lungo andare crea tolleranza.
Essa agisce selettivamente sugli osteoclasti riducendo la funzionalit{ dell’orletto a spazzola e
quindi previene il riassorbimento. Essa però non comporta un aumento della deposizione.
Effetti collaterali: rinite, epistassi, infiammazione nasale, nausea, gonfiore alle mani, orticaria
e crampi addominali. Possono formarsi anticorpi contro la calcitonina di salmone.
Vitamina D
Viene somministrata in aggiunta ad altri trattamenti antiosteoporotici perché altrimenti la sua
funzione da sola non è rilevante. Essa viene assorbita dall’intestino e stimola la deposizione di
calcio nell’osso e l’assorbimento intestinale e renale.
Calcio
Terapia aggiuntiva insieme ai trattamenti fondamentali. Non sembra di grande aiuto nel
migliorare la struttura dell’osso trabecolare ma sembra utile nel rallentare la perdita d’osso
corticale. Di solito viene assunto 1 g/die che rappresenta ¼ della quota assunta con 1 litro di
latte.
Estrogeni
Il loro impiego contro l’osteoporosi è fortemente in discussione in quanto essi hanno molti
effetti collaterali, infatti ad oggi si riserva il trattamento con estrogeni solo per brevi periodi e
in terapia sostitutiva contro i disturbi della menopausa. Pertanto attualmente non sono usati
per curare esclusivamente l’osteoporosi.
Classificazione dei composti antimicrobici in base alla modalit{ d’azione e all’intervento sui
microrganismi:
Farmaci che inibiscono la sintesi della parete cellulare (penicilline, cefalosporine,
vancomicina)
Farmaci che alterano la permeabilità di membrana provocando fuoriuscita di
composti cellulari (polimixina, amfotericina, nistatina)
Farmaci che alterano la struttura dei ribosomi inibendo così la sintesi proteica
(cloramfenicolo, tetracicline, macrolidi)
Farmaci che inibiscono la sintesi proteica legandosi specificamente alla subunità
ribosomiale 30S (aminoglicosidi)
Farmaci che alterano il metabolismo degli acidi nucleici (rifamicine e chinoloni)
Farmaci che bloccano le vie metaboliche essenziali per i microrganismi
(sulfamidici, trimetoprim)
Analoghi degli acidi nucleici (zidovudina, ganciclovir, aciclovir) si legano agli enzimi
virali necessari alla sintesi del DNA bloccandoli.
In base alla capacit{ dell’antibiotico di essere selettivo per una specie o avere azione
antimicrobica contro più specie si suddividono i farmaci secondo spettri d’azione:
Spettro ristretto: l’antibiotico è selettivo contro uno specifico microrganismo oppure
contro una classe ristretta. È il caso dell’isoniazide che è selettiva per i micobatteri.
Spettro esteso: l’antibiotico è efficiente contro diverse specie microbiche e tipicamente
contro un numero di gram + e anche una porzione di gram -. Un esempio è
l’ampicillina.
Spettro ampio: si tratta di farmaci che agiscono contro un numero molto elevato di
specie microbiche ma la loro somministrazione può alterare la quantità e il tipo di
microbi residenti tale da dare una modificazione della flora batterica e la possibilità di
infezioni opportunistiche come da candida. Tipico esempio sono le tetracicline
Di primaria importanza per la conoscenza della specie microbica e della sua responsività al
trattamento farmacologico è l’allevamento in coltura e la risposta agli antibiotici.
Per ovviare a questo problema si effettua di regola l’antibiogramma che è un metodo di analisi
della responsività del farmaco che si vuole testare alla specie microbica estratta dal campione
e che è necessario trattare.
Per evidenziare la possibilità di trattare un microbo con un certo antibiotico si guarda la
capacità che ha il farmaco di eliminare o stabilizzare la replicazione del microrganismo:
- Sensibile S: l’infezione causata dal ceppo microbico può essere trattata con quel
farmaco al dosaggio usuale raccomandato
- Intermedio I: l’infezione può essere trattata con tale farmaco ma solo ad un dosaggio
più alto di quello usuale
- Resistente R: l’infezione non può essere trattata con quel farmaco perché si è sviluppata
una forma di resistenza del microbo all’azione dell’antibiotico. La resistenza è un
fenomeno complesso che può essere messo in atto per diversi motivi e attraverso
diverse vie.
Una volta utilizzato l’antibiogramma per mettere in evidenza le eventuali resistenze del
microbo si utilizza ancora tale metodo per valutare le caratteristiche farmacodinamiche dei
farmaci (relazione tra concentrazione del farmaco e effetti antimicrobici). Il metodo prevede
l’utilizzo di una serie di provette in cui sono immesse quantit{ standard di coltura e si
Tra le propriet{ farmacodinamiche più importanti ci sono l’effetto battericida che può essere
in relazione sia al tempo che alla concentrazione.
Esistono alcuni antibiotici come gli aminoglicosidi e i fluorochinoloni che esibiscono una
maggior efficienza battericida se la MIC viene superata da 4 a 64 volte e pertanto questi
farmaci vengono definiti concentrazione-dipendenti perché l’aumento della loro
concentrazione plasmatica è correlata all’aumento dell’uccisione della specie batterica. In
questi farmaci risulta importante l’ampiezza compresa tra la MIC e la Cmax del farmaco.
Esistono però altri farmaci come le penicilline, i macrolidi, i glicopeptidi e la clindamicina che
non esibiscono un effetto battericida maggiore se la loro concentrazione viene elevata da 4 a
64 volte la MIC. Però si è visto che questi farmaci aumentano la capacità battericida col tempo,
cioè maggiore è il tempo in cui viene mantenuta una concentrazione sopra la MIC e maggiore
sarà la risposta battericida. Questi antibiotici vengono definiti tempo dipendenti.
Con questi farmaci è più importante il T che la Cmax. Per questo i pazienti con infezioni di
grado severo che necessitano ad esempio di penicilline vengono tratati con infusione continua
di questi farmaci piuttosto che con dosaggio intermittente.
I parametri farmacocinetici di interesse quindi sono:
- Cmax / MIC
- T > MIC
- AUC / MIC il rapporto ottimale dovrebbe essere intorno a 25.
La modificazione genica del microbo può portare a diverse situazioni che mediano la
resistenza:
Modificazione di strutture bersaglio: alterazioni dei recettori per determinati antibiotici
ad esempio lo streptococcus pneumoniae resistente ai farmaci beta-lattamici perché
viene modificato il bersaglio recettoriale
Ridotta permeabilità al farmaco: in molti casi ci sono dei microbi responsivi al farmaco
grazie a strutture canalicolari attraverso cui il farmaco entra ed esplica la sua azione. Il
blocco di alcuni canali come le acquaporine a seguito di trasformazione genica induce
resistenza.
Aumento dell’efflusso dell’antibiotico: presenza di una proteina modificata che stimola
l’estrusione del farmaco dall’interno della cellula. Può essere anche un’iperfunzione
della pompa che estrude l’antibiotico.
Inattivazione enzimatica: sono presenti delle forme di resistenza per cui il farmaco non
agisce adeguatamente in quanto il microbo produce degli enzimi che degradano il
farmaco. L’esempio tipico è la produzione delle beta-lattamasi che inibiscono le
penicilline e le cefalosporine. Oppure la produzione di acetiltranferasi che
trasferiscono un gruppo acetile all’antibiotico inibendo il cloramfenicolo o gli
aminoglicosidi oppure ancora le esterasi che idrolizzano l’anello lattonico dei
macrolidi.
Sede dell’infezione
Sempre da tenere in considerazione il luogo in cui avviene l’infezione poiché questo deve
essere adeguatamente raggiunto dal medicinale e per fare ciò deve avere una
vascolarizzazione efficace. Tuttavia in alcuni casi le strutture capillari si oppongono al
passaggio delle molecole come nel caso della barriera ematoencefalica o dei capillari della
prostata e del corpo vitreo. Questi capillari sono dotati di giunzioni serrate tra le cellule che
non permettono alcun attraversamento dentro queste giunzioni e quindi le molecole non
liposolubili non possono raggiungere l’encefalo.
Le caratteristiche del farmaco per permettere una penetrazione adeguata sono:
- Liposolubilità: carattere essenziale per il passaggio attraverso le membrane e in
specifico dentro la barriera ematoencefalica. Farmaci come i chinoloni e il
metronidazolo possono normalmente attraversare la barriera ma i beta lattamici non
possono passare e restano fuori. Tuttavia durante alcuni stati patologici infiammatori
come una meningite la barriera diventa meno serrata e anche i beta lattamici possono
passare a dosi terapeutiche nel SNC.
- Peso molecolare: maggiore sarà il PM e minore sarà la capacità di attraversare la
barriera ematoencefalica
- Legame alle proteine plasmatiche: più il farmaco ha tendenza a legarsi alle proteine e
meno sarà disponibile per attraversare la barriera.
Errori di scelta
Trattamento di un’infezione virale con antibiotici: erroneamente un paziente che
presenta febbre viene trattato con antibiotici. È una mancanza in quanto in primo
luogo si può esporre il paziente ad una tossicità da farmaco inutile ed inoltre è
possibile selezionare dei ceppi di microbi resistenti commensali che si sviluppano e si
moltiplicano determinando un’infezione opportunista.
Molto spesso le infezioni che danno febbre sono di origine virale e in questi casi
l’antibiotico non ha effetto.
Trattamento di una febbre aspecifica
Trattamento alla cieca di un’infezione
Trattamento con farmaci inefficaci in vitro o incapaci di raggiungere il sito di infezione
Trattamento con farmaci tossici quando altri meno tossici sono sufficienti
Trattamento con farmaci costosi quando ne sono presenti di più economici di pari
efficacia
Uso combinato non giustificato
Uso profilattico non giustificato
Sulfamidici
Questi farmaci sono stati ampiamente usati in passato per trattare soprattutto le infezioni
urinarie e il tracoma, anche se raramente in monoterapia. Sono ancora utilizzati per il loro
basso costo. I principali sulfamidici possono essere suddivisi in base alla loro durata d’azione:
- Durata d’azione breve:
o SULFATIAZOLO
- Durata d’azione intermedia:
o SULFAMETOXAZOLO
o SULFAMOXOLO
o SULFADIAZINA
Trimetoprin
Farmaco molto simile ai sulfamidici
Meccanismo d’azione: il farmaco blocca la diidrofolato reduttasi che è quell’enzima batterico
responsabile della trasformazione dell’acido folico nella sua forma attiva e quindi blocca la
tappa a valle dello step bloccato dai sulfamidici. L’enzima è presente anche nelle cellule
dell’organismo ma ha una selettivit{ per il farmaco solo quello batterico.
Spettro antibatterico
Più o meno lo stesso dei sulfamidici anche se ha una potenza 20-50 volte maggiore che i
sulfamidici e per tale ragione viene impiegato da solo nelle infezioni urinarie o nelle prostatiti
e vaginiti batteriche.
Resistenza
Avviene resistenza se si modifica la diidrofolato reduttasi (come normalmente nei gram
negativi) ma anche se avviene un’aumentata produzione di enzima.
Usi terapeutici: sovrapponibili con i sulfamidici anche se possono essere usati in
monoterapia. L’associazione tra TRIMETOPRIN e sulfametoxazolo viene denominata
cotrimoxazolo che è un farmaco inibitore dell’acido folico con efficacia ed impieghi molto
superiori ai 2 farmaci singolarmente.
Farmacocinetica: concentrazioni elevate in prostata e vagina per pH tendenzialmente più
basso. Entra nel liquor e viene escreto con le urine, talora immodificato.
Effetti avversi: tipici eventi da carenza di folati. Questi effetti possono essere tamponati con la
somministrazione di acido folinico che agisce aumentando la quantità di acido folico
nell’individuo ma non viene assorbito dai batteri.
Cotrimoxazolo
Farmaco generato dall’associazione tra trimetoprin e
sulfametoxazolo. Ha un’attivit{ antibatterica maggiore che i
2 farmaci singolarmente.
Meccanismo d’azione: inibizione dei 2 enzimi
contemporaneamente.
Spettro antibatterico:
- Infezioni del tratto urinario
- Infezioni dell’albero respiratorio
- Polmonite da Pneumocystis jeroveci
- Infezioni sistemiche da salmonella resistenti
all’ampicillina o al cloramfenicolo
Resistenza: più scarsa che nei casi singoli perché in questo
caso dovrebbe avvenire la modifica di entrambi gli enzimi.
Penicilline
Questo gruppo di farmaci è stato il capostipite della terapia antibatterica a partire dalla
Penicillina G estratto dal micete Penycillum crisogenum ed utilizzato per trattare a maggior
parte delle infezioni mediate da Gram positivi.
Esse sono anche il gruppo meno pericoloso dal punto di vista degli effetti avversi e della
tossicità anche se un problema importante e crescente che si sta delineando è quello della
resistenza agli antibiotici mediata dalla produzione di beta-lattamasi in primo luogo ma anche
a seguito di altri meccanismi.
Meccanismo d’azione
Le penicilline agiscono sui batteri che presentano una parete
cellulare fatta di peptidoglicano.
Questa sostanza è formata dall’unione di molti frammenti di
glicano legati tra loro da legami peptidici. I gram positivi hanno
una spessa parete di peptidoglicano che viene mostrata
direttamente come bersaglio dei farmaci, mentre i gram negativi
hanno uno strato esterno di lipopolisaccaride che scherma la
parete cellular e quindi sono più resistenti all’azione dei beta-
lattamici. Tuttavia questi ultimi presentano dei canali porosi
attraverso cui passano i farmaci in questione e possono agire
parzialmente sulla sintesi del peptidoglicano.
Le penicilline come tutti i beta lattamici possiedono una
struttura chimica peculiare formata dal cosiddetto anello
lattamico costituito da 3 atomi di C ed uno di N, questo anello fa parte di una struttura più
ampia detta acido-6-aminopenicillanico che viene legata ad un residuo R diverso per ogni
penicillina e responsabile di:
Spettro antibatterico
Normalmente le penicilline iniziali hanno avuto un ruolo solo nella lisi dei batteri gram
positivi, mentre l’apparente impermeabilit{ dei gram negativi per il lipopolisaccaride li ha resi
più resistenti.
Penicilline naturali
o PENICILLINA G: prima penicillina utilizzata (benzilpenicillina) utile nelle
infezioni da cocchi gram + e gram -, bacilli gram + e spirochete. È suscettibile
all’azione delle beta-lattamasi.
o PENICILLINA V: ha lo stesso spettro della precedente solo che non è usata in
batteriemia per l’alta MIC a scopi battericidi. Di conseguenza viene impiegata
solo per le infezioni orali soprattutto per anaerobi contro cui è efficace. Resiste
all’acidit{ gastrica. Agisce anche sul bacillus anthracis.
Penicilline antistafilococciche
o METICILLINA
o NAFCILLINA
o OXACILLINA
o CLOXACILLINA
o DICLOXACILLINA
Questi composti sono attivi contro gli stafilococchi che sono normalmente produttori
di penicillinasi e questi antibiotici sono quindi resistenti all’azione delle beta-lattamasi.
La meticillina è scarsamente utilizzata anche se è stata il capostipite perché ha
un’elevata tossicità e inoltre si sono sviluppati col tempo dei ceppi meticillio resistenti
responsabili di molte infezioni nosocomiali che si trattano quindi con ciprofloxacina o
rifampicina.
Impieghi terapeutici:
1. Polmonite pneumococcica: penicillina G + inibitori delle beta lattamasi o altra terapia
2. Sifilide: penicillina G molto attiva e non si sono osservate resistenze
3. Gonorrea: penicillina G, ma se producono penicillinasi si passa a ceftriaxone e
spectinomicina.
4. Infezioni da stafilococchi: meticillina e altre
5. Listeriosi, infezioni respiratorie, profilassi delle estrazioni dentarie: ampicillina e
amoxicillina
6. Pseudomonas e molti gram negativi: piperacillina
Resistenza
Il fenomeno della resistenza alle penicilline è un grave problema che può derivare sia dalla
struttura fisiologica di un batterio che non permette alle penicilline di penetrare come i
micoplasmi, sia per difetti genetici acquisiti lungo il percorso in ceppi che normalmente erano
sensibili alla penicillina. Esistono 3 possibilità di resistenza:
Farmacocinetica
La via di somministrazione dipende ampiamente dalla capacità di
resistere al succo gastrico.
- Via endovenosa o intramuscolare: ticarcillina,
carbenicillina, piperacillina, ampicillina + sulbactam,
ticarcillina + acido clavulanico, piperacillina + tazobactam.
- Via orale: penicillina V, amoxicillina da sola e con acido
clavulanico.
- Forme di deposito: procaina penicillina G e benzatina
penicillina G date per via intramuscolo e depositate con
conseguente assorbimento breve e duraturo.
L’assorbimento è in genere incompleto nel tratto gastroenterico
tranne l’amoxicillina che viene quasi completamente assorbita e
quindi non è utile nel trattare le infezioni intestinali.
La presenza di cibo rallenta l’assorbimento e quindi è meglio
assumerle 30-60 minuti prima dei pasti o 2-3 ore dopo i pasti.
La distribuzione è ampia e penetra nella placenta senza causare
danni, l’osso e la barriera ematoencefalica sono meno permeabili e
le concentrazioni raggiunte in tali luoghi sono terapeuticamente
insufficienti a meno che non siano infiammati.
L’escrezione avviene per via renale in parte per filtrazione glomerulare ed in parte per
secrezione tubulare attiva, in pazienti con compromissione della funzione tubulare è
preferibile aggiustare la posologia. Il tempo di emivita della penicillina G è normalmente 30
minuti-1 ora ma in insufficienza renale può arrivare a 10 ore.
Il probenecid inibisce la secrezione tubulare di penicillina.
Le penicilline resistenti all’acido gastrico sono l’ampicillina, l’amoxicillina, la penicillina V
mentre la G è labile.
Reazioni avverse:
le reazioni collaterali alle penicilline sono molto rare e blande eleggendo le penicillina ai
farmaci antibiotici più sicuri. Infatti gli effetti di tipo A (tossici) sono praticamente inesistenti.
Quelli di tipo B (ipersensibilità) sono i maggiori.
Ipersensibilità: problema più importante in quanto si può verificare eruzione
maculopapulare, angioedema fino all’anafilassi. Il responsabile del danno è il
metabolita della penicillina (acido penicilloico) che si comporta da aptene.
Diarrea: spesso per alterazione dei microrganismi intestinali, non è da escludere una
colite pseudomembranosa da clostridium difficile
Nefrite
Neurotossicità: possono esserci convulsioni se il farmaco è somministrato per via
endovenosa e soprattutto nei pazienti epilettici
Tossicit{ ematologica: riduzione dell’agglutinazione e possibilit{ maggiori di
sanguinamento
Cefalosporine
Le cefalosporine sono molecole semisintetiche assai simili alle penicillina, sono sempre beta-
lattamici.
Meccanismo d’azione: identico alle penicilline
Spettro antibatterico
Le cefalosporine sono inefficaci contro stafilococchi meticillino resistenti, listeria, clostridium
difficile ed enterococchi.
Esistono 4 diverse generazioni di cefalosporine dalla prima alla quarta in ordine cronologico e
con effetti anche differenti:
Prima generazione
o CEFALEXINA : somministrazione orale contro la faringite
o CEFAZOLIN : penetra bene nell’osso
Sono attive contro klebsiella, proteus mirabilis e escherichia coli. Oltre a cocchi gram +
come gli stafilococchi e gli streptococchi
Seconda generazione
o CEFACLOR: può causare malattia da siero
o CEFOXITINA : buona attività contro gli anaerobi, utile in sepsi addominale e sepsi
ginecologica
o CEFUROXIMA : emivita più lunga e attraversa la barriera EE e viene usata contro
la bronchite e la polmonite.
o CEFUROXIMA AXETIL : somministrazione orale 2 volte al giorno, attiva contro i
produttori di beta-lattamasi.
Questi farmaci comprendono anche un’attivit{ contro l’hemofilus, l’enterobacter e
alcune neisserie mentre l’attivit{ con i gram positivi è leggermente più debole. Infatti
con l’aumento della generazione si ha minore efficacia sui gram +.
Cefoxitina e cefotetan hanno scarsa azione sull’hemofilus.
Terza generazione
o CEFOTAXIMA
o CEFTAZIDIMA
o CEFTRIAXONE
Si tratta di una classe di composti molto utile nel trattamento delle malattie infettive
che hanno una marcata affinità verso la maggior parte dei gram negativi, tutti quelli
della seconda generazione più microrganismi enterici e serratia. Ad oggi il ceftriaxone
è il farmaco di scelta per le meningiti insieme alla cefotaxima.
La ceftazidima è utile contro pseudomonas.
Il ceftriazone ha emivita più lunga tra tutte le cefalosporine (6-8 ore).
Quarta generazione
o CEFEPIMA : via parenterale, ampio spettro antibatterico contro streptococchi e
stafilococchi (sensibili a meticillina), enterobatteri, E.coli, klebsiella,
pseudomonas.
Resistenza
Stessi meccanismi di resistenza per le penicilline.
Effetti avversi:
Manifestazioni allergiche: anche soggetti che hanno avuto allergie alle penicilline non
dovrebbero assumere cefalosporine.
Intolleranza all’etanolo: effetto disulfiram simile per alcune cefalosporine di seconda e
terza generazione.
Sanguinamento: a causa della presenza del gruppo metiltiotetrazolo nella catena
laterale può esserci un effetto anti vitamina K che si manifesta con sanguinamenti e
ipoprotrombinemia.
Carbapenemi
Si tratta di un gruppo antibatterico caratterizzato da un uso tendenzialmente specialistico e
ospedaliero. Sono beta-lattamici con il più ampio spettro d’azione in grado di resistere a
diverse specie di batteri producenti beta-lattamasi.
- IMIPENEM
- MEROPENEM
Il meccanismo d’azione è analogo alle penicillina ma lo spettro terapeutico è più ampio in
quanto vengono compresi nella capacità battericida anche gram positivi e negativi che
producono beta-lattamasi, un gran numero di anaerobi e lo pseudomonas aeruginosa.
Essi sono diversi dal punto di vista chimico rispetto alle penicilline in quanto il gruppo legato
all’atomo di zolfo è sostituito da un atomo di carbonio.
Il meropenem presenta attivit{ antibatterica simile all’imipenem.
Non sono efficaci per per i produttori di metallo-beta lattamasi e quindi non utilizzabili ad
esempio per stafilococchi meticillino resistenti.
Come usi terapeutici sono ottimali per la terapia empirica visto l’ampio spettro d’azione.
Farmacocinetica: vengono somministrati per via endovenosa e pentrano in tutti i fluidi
dell’organismo compreso il liquor soprattutto se le meningi sono infiammate. A livello
dell’orletto a spazzola delle cellule del tubulo renale sono presenti enzimi tra cui la
deidropeptidasi che trasforma l’imipenem in un metabolita inattivo nefrotossico. Per ovviare
a questo problema si somministra insieme ciliastatina che inibisce l’enzima.
Il meropenem non subisce metabolismo. In tal modo entrambi i farmaci possono essere usati
per le infezioni urinarie.
Effetti avversi: nausea, vomito, diarrea. Eosinofilia e neutropenia più raramente rispetto agli
altri beta-lattamici.
Monobattami
Di questi composti l’unico disponibile è l’AZTREONAM che possiede diverse peculiarità, prima
di tutto si tratta di beta lattamici che possiedono solo l’anello lattamico e non sono condensati
ad altri anelli. Hanno uno spettro antibatterico più ristretto rispetto ai carbapenemi e i loro
bersagli principali sono le enterobacteriacee, i gram negativi aerobi compreso pseudomonas.
Non è efficace contro gram + e anaerobi.
A causa dello spettro ristretto non viene impiegato in terapia empirica.
Si somministra per via endovenosa o intramuscolare, può accumularsi in pazienti in
insufficienza renale. Alcuni effetti avversi possono essere flebite.
Vancomicina
La VANCOMICINA è un importante antibiotico. Si tratta di un glicopeptide triciclico che agisce
anch’esso indebolendo la parete batterica.
Meccanismo d’azione
Il farmaco agisce inibendo la produzione di fosfolipidi utili per la sintesi della parete ed inoltre
altera la fase di transglicosilazione del peptidoglicano determinando una debolezza della
parete cellulare che si ripercuote sulla membrana e determina in ultima analisi lisi batterica.
Spettro antibatterico
Il farmaco è risultato essenziale nel trattamento delle infezioni da parte di stafilococchi aureus
ed epidermidis meticillino resistenti e enterococchi. È stato per molto tempo un farmaco
salvavita in questi pazienti che erano resistenti agli altri
antibiotici. Tuttavia ultimamente si sono verificati
preoccupanti fenomeni di resistenza nei suoi confronti
come per gli enterococchi e questo ha determinato una
limitazione del suo utilizzo ai casi gravi e
potenzialmente fatali.
Il farmaco viene somministrato per via endovenosa
però può essere anche dato per via orale se si vuole
trattare la colite pseudomembranosa da clostridium
difficile o stafilococchi. Viene usato anche nei portatori
di protesi valvolari come terapia preventiva.
Oggi sono stati scoperti nuovi inibitori della sintesi della
parete come il LINEZOLID e l’associazione QUINOPRISTIN
/ DALFOPRISTIN per infezioni da parte di microrganismi
resistenti alla vancomicina. Di solito i ceppi resistenti si ritrovano nelle infezioni nosocomiali.
La vancomicina associata agli aminoglicosidi può essere molto utile nel trattamento
dell’endocardite infettiva.
Resistenza
I meccanismi della resistenza possono essere dovuti a:
- Riduzione della permeabilità del farmaci
- Alterazione delle strutture deputate al legame con farmaco
L’eziologia di questi eventi è da ricercare sempre nella mutazione spontanea o nell’azione di
un plasmide o a seguito dell’interazione con un fago.
Farmacocinetica
Somministrazione endovenosa per infusione lenta e visto che non si assorbe oralmente è
usata per trattare il clostridium difficile quando il metronidazolo non ha dato effetti.
Spesso si usa insieme al ceftriaxone. Va aggiustata la posologia per problemi renali.
Emivita plasmatica 6-10 ore.
Eliminazione per filtrazione glomerulare.
BATTERIURIA ASINTOMATICA
Va considerata la possibilità di trattarla in gravidanza. In genere si usa il cotrimoxazolo ma
anche fluorochinolonici se non hanno avuto effetto le cefalosporine. Tuttavia i
fluorochinolonici sono di classe C e possono causare tossicità fetale.
L’amoxicillina è in categoria B e più sicura
FARINGOTONSILLITE PEDIATRICA
Di solito il trattamento con antibiotico viene iniziato solo sotto pressante richiesta del
genitore. Si segue uno score prestabilito. Nel caso sia opportuno intervenire con l’antibiotico
la scelta si indirizza verso l’amoxicillina. In caso di allergia si usano i macrolidi.
Tetracicline
o Doxiciclina
o Tetraciclina
o Minociclina
o Demeclociclina
Aminoglicosidi
o Amikacina
o Gentamicina
o Neomicina
o Netilmicina
o Streptomicina
o Tobramicina
Macrolidi
o Azitromicina
o Claritromicina
o Eritromicina
o Telitromicina
Cloramfenicolo
Clindamicina
Quinupristin / Dalfopristin
Linezolid
Tetracicline
Si tratta di una classe di farmaci antibatterici ad ampio spettro e quindi efficaci su un numero
molto elevato di batteri. Esse consistono di 4 anelli condensati con un sistema di doppi anelli
coniugati. Le differenze di efficacia clinica tra le varie tetracicline dipende dal tipo di
sostituzione che avviene a livello degli anelli.
- DOXICICLINA
- TETRACICLINA
- MINOCICLINA
- DEMECLOCICLINA
Meccanismo d’azione
Le tetracicline sono farmaci che penetrano all’interno dei batteri sensibili ad esse e si legano
al complesso 30S del ribosoma batterico impedendo all’aminoacil-tRNA di legarsi al
complesso ribosoma-mRNA. In questo modo si inibisce la sintesi proteica batterica in modo
reversibile. Il farmaco penetra nel batterio attraverso meccanismi passivi ma anche grazie a
pompe attive.
Spettro antibatterico
Le tetracicline sono attive su un gran numero di batteri gram negativi, gram positivi,
micoplasmi, clamidie, rickettsie e altri microrganismi diversi dai batteri.
Impieghi terapeutici:
1. Infezioni da clamidia: chlamidia trachomatis causa uretrite non gonococcica, malattia
infiammatoria pelvica e linfogranuloma venereo. La psittaci è responsabile di forme di
polmonite. Per il trattamento di queste infezioni si usa doxaciclina o azitromicina
2. Polmonite da micoplasma: micoplasma pneumoniae contribuisce all’insorgenza di
infezioni respiratorie soprattutto nelle persone che vivono a stretto contatto con altre.
Utile anche l’eritromicina
3. Malattia di Lyme: spirocheta borrelia causa questa malattia a seguito del trasferimento
dell’infezione dopo il morso di una zecca infetta. Questa può evolvere in eruzioni
cutanee, cefalea, febbre fino a meningoencefalite e artrite. Una singola dose di
doxiciclina può prevenire questa condizione
4. Febbre esantematica delle montagne rocciose: infezione da rickettsie con brividi, febbre,
dolori ossei e articolari. È indicato anche un trattamento profilattico dopo morso di
zecca.
5. Colera: doxiciclina contro vibrio cholorae che si moltiplica nella mucosa intestinale e
produce la tossina che causa diarrea. Tuttavia il trattamento migliore rimane sempre
una terapia di reinstaurazione liquida.
Resistenza
Il fenomeno della resistenza è possibile con le tetracicline in quanto possono verificarsi
diversi meccanismi che non permettono più di rispondere al farmaco come:
- Incapacità di accumulare il farmaco per la presenza di canali associati al magnesio che
mediano l’efflusso mediante una proteina plasmidica di resistenza TetA.
- Inattivazione enzimatica del farmaco
- Produzione di proteine batteriche che impediscono il legame della tetraciclina.
Effetti avversi:
Epigastralgia: può essere ridotto se il farmaco è assunto insieme a cibi tranne latticini.
Effetti sui tessuti calcificati: può dare ipoplasia dei denti se assunta in età pediatrica e
un temporaneo arresto della crescita.
Colorazione bluastra della cute: visto che la cute è una delle sedi in cui si accumula il
farmaco si possono originare processi ossidativi che portano ad un colore blu nelle
zone di deposito. Anche i denti.
Epatotossicità: può essere fatale in donne gravide con alte dosi di tetracicline
Fototossicità: più frequente con doxiciclina e tetraciclina si sviluppa eritema solare se
ci si espone al sole
Problemi vestibolari: minociclina si concentra nell’endolinfa vestibolare e può dare
nausea, vomito e confusione.
Pseudotumor cerebri: sindrome simile ad un tumore cerebrale per presentazione con
ipertensione endocranica con cefalea e offuscamento della visione.
Sovrainfezioni: crescita esagerata di candida o stafilococchi intestinali
Controindicazioni: gravidanza, allattamento, bambini di età inferiore a 8 anni,
nefropatici (tranne la doxicillina che ha escrezione fecale).
Meccanismo d’azione
Questi farmaci si vanno a legare specificamente ad un sito della subunità 50S ribosomiale
impedendo l’attivit{ transferasica dei tRNA da un sito all’altro del ribosoma. Probabilmente
intervengono anche nella transpeptidazione e determina quindi un’inibizione della sintesi
proteica. A basse dosi ridultano batteriostatici mentre a dosi più alte sono battericidi.
Spettro antimicrobico
In linea di massima non è molto diverso da quello delle penicilline.
- Eritromicina: usata principalmente nei pazienti con allergia alle penicilline
- Claritromicina: efficace per i bersagli dell’eritromicina in più hemofilus, chlamidia,
legionella, moraxella e helicobacter per i quali sembra avere attività superiore rispetto
all’eritromicina
- Azitromicina: sebbene sia meno efficace contro gli streptococchi e stafilococchi è più
attiva nei confronti di hemofilus, moraxella e legionella e in generale nelle infezioni
respiratorie. È il farmaco ideale (a parte il costo) per le infezioni urinarie da chlamidia
trachomatis.
- Telitromicina: simile all’azitromicina
Usi terapeutici:
1. Infezioni da chlamidie: nelle infezioni uretrali l’eritromicina è un’alternativa alle
tetracicline. È di scelta nelle infezioni che si verificano in gravidanza
2. Polmonite da micoplasma: eritromicina e tetracicline molto efficaci, anche azitromicina
3. Sifilide: in pazienti allergici alle penicilline
4. Difterite: eritromicina e penicillina sono utili per trattare lo stato di portatore
5. Malattia dei legionari (legionellosi): azitromicina è il farmaco di scelta
Per quanto riguarda l’eritromicina bisogna considerare il fatto che ha anche altre attività oltre
a quella antibatterica e infatti è:
- Procinetico: perché si va a legare ai recettori intestinali della motilina
- Proaritmico: blocca i canali HERG del potassio e contemporaneamente può fungere da
antiaritmico.
- Potente inibitore della CYP3A4: può dare importanti interazioni farmacologiche
Resistenza
I meccanismi di resistenza riscontrati si rifanno a:
Incapacità del microrganismo di captare il farmaco o per la presenza di una pompa di
efflusso
Diminuita affinità recettoriale del sito sul rRNA per una metilazione di un residuo
adeninico
Presenza di un’esterasi plasmidica che distrugge l’eritromicina
Effetti avversi:
Epigastralgia: principalmente da eritromicina, si consiglia di provare con
claritromicina e azitromicina
Ittero colestatico: forse a seguito di una reazione di ipersensibilit{ all’estolato
(eccipiente)
Ototossicità: eritromicina ad alti dosaggi
Controindicazioni: attenzione ai pazienti con disfunzione epatica e renale
Interazioni: con un numero elevato di farmaci.
Meccanismo d’azione
Il meccanismo di tutti gli aminoglicosidi è l’inibizione della subunit{ 30S ribosomiale. Essi
penetrano allinterno del batterio mediante un trasporto mediato dall’ossigeno dopodichè il
farmaco si lega alla subunità 30S prima che si formi il complesso ribosomiale completo e
pertanto si ha un’incapacit{ di assemblare correttamente le due parti e oltre a questo si
verifica anche un errore di lettura del codice dell’mRNA con interpretazione errata e sequenze
di stop che portano alla formazione di proteine tronche ed inattive.
L’associazione con i beta lattamici può favorire l’ingresso degli aminoglicosidi nel batterio.
Spettro antibatterico
Tipicamente usati nel trattamento empirico delle infezioni che si sospettano essere sostenute
da batteri gram negativi aerobi compreso pseudomonas. L’effetto non è possibile sugli
anaerobi perché non possiedono un meccanismo di trasporto del farmaco mediato
dall’ossigeno e così per aumentare l’efficacia in genere si associa un farmaco beta-lattamico o
attivo comunque contro gli anaerobi.
Sono battericidi.
Usi terapeutici:
1. Tularemia: francisella tularensis contratta dai cacciatori durante la caccia al coniglio
che dà gravi forme polmonitiche. Viene trattata con gentamicina.
2. Infezioni causate da enterococchi: gentamicina o streptomicina in associazione a
vancomicina o penicillina G in quanto gli enterobatteri sono soggetti a frequenti
episodi di resistenza farmacologica.
3. Infezioni dovute a pseudomonas aeruginosa: tobramicina da sola o in combinazione con
una penicillina anti-pseudomonas come piperacillina. Di solito lo pseudomonas non
colpisce persone sane ma piuttosto immunocompromessi o soggetti che hanno avuto
una grave ustione.
Farmacocinetica
Tutti gli aminoglicosidi a parte la neomicina vengono somministrati per via parenterale vista
la loro natura policationica che ostacola l’assorbimento e il passaggio attraverso le membrane
biologiche. La neomicina avendo effetti fortemente nefrotossici non può essere data per via
parenterale e quindi viene data o topicamente o per via orale per trattare le infezioni delle vie
digestive prima di un intervento chirurgico.
Essi hanno una capacità battericida concentrazione e tempo dipendente ed inoltre possiedono
anche un effetto post-antibiotico che gli consente di essere somministrati 1 sola volta al
giorno a differenza dei casi di endocardite infettiva in cui il dosaggio va suddiviso in dosi
ripartite ogni 8 ore.
La distribuzione è scarsa, può raggiungere il liquor ma a concentrazioni non sufficienti per
effetti terapeutici anche quando esse si trovano infiammate. Possono essere somministrate
per via intratecale o intraventricolare ad eccezione della neomicina.
Si accumulano anche nell’endolinfa, nella perilinfa e nella corticale renale dove svolgono la
maggior parte dei loro effetti tossici. Attraversano tutti la placenta e si possono accumulare
nel feto.
Sono tutti rapidamente escreti nelle urine senza essere metabolizzati principalmente per
filtrazione glomerulare.
Effetti avversi:
Ototossicità: problema importante che può portare anche ad una sordità irreversibile
ed è dovuto all’accumulo degli aminoglicosidi all’interno dell’endolinfa e alla
potenzialit{ di causare danni alle cellule del Corti. L’associazione con un altro farmaco
ototossico come un diuretico dell’ansa può aumentare fortemente il rischio.
Si possono avere anche disturbi dell’equilibrio e vertigini.
Nefrotossicit{: l’accumulo degli aminoglicosidi compromette i meccanismi di trasporto
e il danno può andare da un lieve deterioramento renale ad una grave necrosi tubulare
acuta.
Paralisi neuromuscolare: evento che si verifica a seguito della somministrazione
intraperitoneale o intrapleurica di aminoglicosidi forse a seguito della riduzione del
rilascio di acetilcolina dalle terminazioni e anche per desensibilizzazione del terminale
postsinaptico dove ci sono i recettori per Ach.
Reazioni allergiche: dermatite da contatto è frequente dopo somministrazione topica
di neomicina.
Prima generazione:
- ACIDO NALIDIXICO
Seconda generazione:
- CIPROFLOXACINA (farmaco di riferimento ed in assoluto più utilizzato)
- NORFLOXACINA (capostipite dei fluorurati)
- OFLOXACINA
Terza generazione:
- LEVOFLOXACINA
- GATIFLOXACINA
- MOXIFLOXACINA
- SPARFLOXACINA
Quarta generazione:
- TROVAFLOXACINA (revocato a seguito di grave epatotossicità)
Meccanismo d’azione
Questi farmaci hanno la potenzialit{ di penetrare all’interno dei batteri sensibili mediante
porine che fanno aumentare la concentrazione intracellulare del farmaco e pertanto sono
molto efficaci anche per quei batteri che trascorrono gran parte della vita all’interno delle
cellule come clamidie, micoplasmi e legionelle. Essi poi si vanno a legare alla topoisomerasi II
(DNA girasi) nei gram negativi ed inibiscono il superavvolgimento del DNA, mentre nei gram
positivi si legano alla topoisomerasi IV che è responsabile del disavvolgimento delle 2 eliche
per permettere la duplicazione e la trascrizione. In questi modi viene impedito il normale
ritorno allo stato conformazionale di doppia elica e il batterio muore.
I chinolonici infatti sono dei battericidi soprattutto associati ad alte concentrazioni.
Spettro antibatterico
Prima generazione: attività contro i gram negativi (hemofilus, pseudomonas,
moraxella, legionella e anche gonorrea, non sono efficaci per la sifilide), oggi sono poco
utilizzati perché soppiantati dalle generazioni successive più efficaci. Si usano per le
infezioni non complicate del tratto urinario.
Usi terapeutici
1. Infezioni respiratorie presistenti: la ciprofloxacina è un’alternativa ai beta lattamici
quando questi presentano resistenza in quanto la ciprofloxacina ha solo una scarsa
attività anti pneumococco. Si usano però soprattutto quelli di terza generazione.
2. Infezioni delle vie urinarie: non sono mai farmaci di prima scelta perché prima vengono
utilizzati
sulfametossazolo e
trometoprin. Può essere
impiegata la
ciprofloxacina e anche la
norfloxacina per infezioni
gravi e persistenti ma
anche non complicate. La
norfloxacina non può
essere usata per le
infezioni sistemiche. Le
prostatiti da escherichia
coli sono trattate
selettivamente con
levofloxacina.
3. Antrace: farmaco di scelta per la profilassi e il trattamento dell’antrace, l’alternativa è
la doxiciclina.
4. Gonorrea: la ciprofloxacina è attiva sia nei confronti di penicillinasi produttori che non
produttori.
5. Infezioni gastrointestinali: trattamento delle diarree acute dovute ai patogeni enterici.
6. Infezioni sistemiche: ciprofloxacina
Resistenza
Il fenomeno della resistenza si è messo in evidenza attraverso una seri di mutazioni
spontanee che hanno determinato 2 meccanismi per l’inefficacia del farmaco:
Alterazione dell’accumulo intracellulare (le porine sono alterate oppure c’è un maggior
efflusso)
Alterazione della girasi o della topoisomerasi che non rispondono più al chinolone.
Effetti avversi:
generalmente sono pochi e ben tollerati:
SNC: nausea, capogiri e cefalea. Inoltre sembra che abbassino la soglia delle convulsioni
e pertanto i pazienti epilettici devono essere trattati con molta accuratezza.
Nefrotossicità: pazienti sottoposti a dosi eccessive hanno manifestato cristalluria
Fototossicità: si è verificata una aumentata incidenza di eritemi o eruzioni cutanee in
esposizione al sole, consigliabili schermi protettivi.
Rotture tendinee: sono stati descritti casi di rottura del tendine di Achille dopo
assunzione di fluorochinolonici. Il rischio relativo di tendinite è 3.7. i segni sono dolore
importante e improvviso, mentre sono meno frequenti edema e difficoltà al
movimento. Il trattamento di durata media prima della comparsa di tendinite è
approssimativamente 8 giorni anche se si è dimostrata la possibilità di inzio dei
sintomi anche 2 ore dopo la prima dose. Per questa complicanza esistono dei fattori di
rischio concomitanti come uso di corticosteroidi, insufficienza renale, emodialisi e
trapianti. Gli anziani sono più esposti in quanto in questo periodo sono più frequenti le
infezioni urinarie e si fa più uso di fluorochinolonici.
Epatotossicità: soprattutto nel caso della trovafloxacina che oggi appunto è stata
revocata.
Torsioni di punta: questi farmaci possono interagire con i canali HERG del potassio e
causare quindi torsioni di punta per allungamento del tratto QT e potenzialmente sono
proaritmici. Per questo dovrebbero essere evitati in pazienti predisposti ad aritmie o
che assumono farmaci antiaritmici.
Controindicazioni: gravidanza e allattamento perché si è visto che si possono
sviluppare artropatie fetali.
Interazioni farmacologiche: ciprofloxacina, ofloxacina e enoxacina possono bloccare il
citocromo P-450 causando un aumento dell’emivita della teofillina, warfarin, caffeina e
ciclosporina. La cimetidina interferisce con l’eliminazione dei fluorochinolonici.
L’enoxacina provoca convulsioni se data insieme all’antinfiammatorio fenoprofene.
Acido nalidixico
L’ACIDO NALIDIXICO è un chinolone di prima generazione attivo principalmente sui gram
negativi bacilli del tratto urinario. Non è fluorurato. È somministrato per via orale e si ritrova
nelle urine come metabolita.
Metenamina
Meccanismo d’azione
La METANEMINA svolge la sua azione antibatterica a pH urinario acido di 5.5 o più basso se è
più alto di tale soglia il farmaco non ha effetto. Il farmaco viene sottoposto all’azione dell’acido
e viene convertito in ione ammonio e formaldeide. È proprio la formaldeide il responsabile
della tossicità batterica in quanto molti batteri sono sensibili alla formaldeide. La reazione è
abbastanza lenta e richiede in media 3 ore. Non si sviluppa resistenza ed è opportuno non
somministrarla in pazienti con catateri permanenti.
Associata ad acido mandelico aumenta la sua attività visto che si abbassa il pH urinario.
Spettro antibatterico
È efficace per le infezioni delle vie urinarie inferiori ma meno efficiente per quelle superiori. È
utilizzata per il trattamento cronico soppressivo. Esistono alcuni batteri come proteus che
idrolizzano l’urea alcalinizzando le urine e pertanto sono resistenti al farmaco.
Effetti avversi
Sofferenza gastrointestinale
Albuminuria, ematuria e reazioni cutanee (ad alte dosi)
Controindicazioni: la metanemina mandelato è controindicata nei pazienti con
insufficienza renale perché l’acido mandelico può precipitare peggiorando la
nefropatia; non somministrare la metanemina insieme ai sulfamidici in quanto questi
ultimi reagiscono con la formaldeide.
Nitrofurantoina
La NITROFURANTOINA è utilizzata meno frequentemente nel trattamento delle infezioni
urinarie in quanto ha un ristretto spettro antibatterico e risulta tossica.
Esso entra nel batterio e inibisce determinati enzimi ed altera il DNA, ciò comporta nella
maggior parte dei casi un effetto batteriostatico. È utile contro escherichia coli ma per i batteri
gram negativi ci può essere qualche resistenza. I cocchi gram positivi sono molto sensibili.
Effetti avversi comprendono disturbi gastrointestinali, polmonite acuta e problemi
neurologici.
TUBERCOLOSI
Si tratta di una patologia infettiva responsabile della maggior parte delle infezioni mondiali ed
è anche una importante causa di mortalità. Il batterio in questione è il micobacterium
tubercolosis ed è potenzialmente in grado di causare danni polmonari, renali, ossei e
meningei. La sua replicazione è molto lenta e quindi il trattamento va da un minimo di 6 mesi
fino a 2 anni.
Ad oggi la tubercolosi è ritornata un problema importante per la società in quanto:
- Sono aumentati i flussi migratori di popolazioni in cui la TBC è ancora endemica
- Sono aumentati i pazienti immunodepressi a seguito di trapianti o terapia
antitumorale
Il primo farmaco impiegato per trattare la tubercolosi fu la streptomicina ma questa andò
subito incontro a diverse resistenze e pertanto ad oggi è necessario instaurare un trattamento
di polichemioterapia e non un solo farmaco sempre per le potenziali resistenze ad almeno un
composto.
- Isoniazide
- Rifampicina
- Pirazinamide Farmaci di prima linea
- Etambutolo
- Streptomicina
- Acido aminosalicilico
- Capreomicina
- Cicloserina
- Etionamide Farmaci di seconda
linea
- Fluorochinoloni
- Macrolidi
A causa delle frequenti resistenze per il trattamento della TBC non si usa mai un farmaco da
solo ma vengono almeno impiegati 2 farmaci diversi. Il trattamento della malattia si estende
per molto tempo anche dopo il termine della malattia per tentare di eradicare anche le forme
silenti nascoste dentro i macrofagi.
ISONIAZIDE
L’isoniazide è il farmaco antitubercolare più potente ed il suo utilizzo ha rivoluzionato
l’approccio alla tubercolosi che è divenuta una malattia curabile.
Si tratta dell’idrazide dell’acido isonicotinico che è un analogo di sintesi della piridossina.
Tuttavia non può essere somministrato in monoterapie nella TBC attiva in quanto si sono
verificate numerosissime resistenze.
Meccanismo d’azione
Il farmaco penetra nel micobatterio e agisce attivandosi attraverso una catalasi-perossidasi
batterica che altrimenti non permetterebbe la trasformazione attiva del farmaco. Qui il
farmaco agisce inibendo alcuni enzimi che catalizzano la formazione degli acidi micolici che
servono per la sintesi della barriera esterna che consente la resistenza agli acidi del
micobatterio. In questo modo si ha un’azione batteriostatica per i batteri in fase di quiescenza
ed una batteriolisi con i microbi in fase replicativa.
Spettro antibatterico: fondamentale in politerapia contro il micobacterium tubercolosis ma
anche per il kansasii.
Resistenza
È mediata da alcune conseguenze come:
- Alterazione della KatG (la proteina che permette l’attivazione del profarmaco in
isoniazide)
- Alterazioni delle proteine trasportatrici di gruppi acilici
- Sovraespressione dell’enzima InhA (tipico bersaglio del farmaco)
Farmacocinetica
Il farmaco viene somministrato per via orale e l’assorbimento è buono ma può essere
ostacolato dal cibo soprattutto carboidrati o antiacidi contenenti magnesio e alluminio.
La distribuzione è in tutti i liquidi e preferenzialmente nei tessuti caseosi tipici dei granulomi
tubercolari. La penetrazione nel LCR è analoga alla penetrazione sistemica.
L’isoniazide è sottoposta ad acetilazione da parte del fegato. Esistono differenze genetiche a
proposito del processo di acetilazione. Il carattere di acetilatore rapido è autosomico
dominante e viene interpretato come capacità di eliminare maggiormente i composti
metaboliti inattivi. Gli acetilatori lenti invece determinano una maggior eliminazione del
farmaco come tale piuttosto che nelle forme di metaboliti inattivi.
L’epatopatia cronica fa diminuire il metabolismo dell’isoniazide e le concentrazioni vanno
ridimensionate.
L’eliminazione prevede un escrezione per filtrazione glomerulare.
Effetti avversi: (generalmente incidenza bassa a parte per le ipersensibilità sempre possibili)
Neurite periferica: il meccanismo con cui si verifica la neurite (che si manifesta con
parestesie) è una modalità particolare in cui sembra che il farmaco si associ ad una
riduzione della piridossina (vitamina B6). Il fenomeno viene trattato con
somministrazione di piridossina. Nel latte materno il farmaco può raggiungere
concentrazioni tali da causare una perdita di piridossina nel feto. Se la trasmissione nel
latte è inferiore al 20% si può continuare normalmente l’allattamento.
Epatite ed epatotossicit{: si può sviluppare un’epatite che può risultare fatale. Il
meccanismo sembra dovuto ad un’azione di un metabolita tossico della
monoacetilidrazina formata durante il metabolsimo dell’isoniazide. Più frequente negli
anziani e in quelli che assumono rifampicina.
RIFAMPICINA
La rifampicina è il farmaco antitibercolare per eccellenza e possiede una potenza battericida
molto maggiore che l’isoniazide. Tuttavia non viene somministrato mai da solo per la
possibilità elevata di sviluppare resistenze. È attivo anche contro hemofilus influenzae da solo
e anche micobatteri atipici come il kansasii e il leprae. La rifabutina (analogo sintetico) ha
attività anche sul micobacterium avium.
Esiste anche una forma modificata detta RIFAMIXINA che viene utilizzata per trattare le forme
intestinali come la diarrea del viaggiatore visto che non viene assorbita dall’intestino.
La RIFABUTINA è un’altra sostanza del gruppo della rifampicina che non ha azioni di induttore
enzimatico e dovrebbe quindi essere considerata nel trattamento dei pazienti in terapia per
HIV.
Meccanismo d’azione
La rifampicina entra nella cellula batterica e si lega selettivamente all subunità beta della
RNA-polimerasi DNAdipendente determinando un blocco della sintesi di RNA nella tappa di
iniziazione. È specifico per le cellule procarioti.
Spettro antibatterico: micobatteri tipici e atipici, hemofilus
Resistenza: si può verificare facilmente resistenza a causa di :
- Alterazione del sito di legame alla RNA polimerasi
- Riduzione dell’accumulo intracellulare
Farmacocinetica
Il farmaco si assorbe attivamente per via orale e si distribuisce in tutti i liquidi. Nel liquor si
distribuisce anche senza infiammazione delle meningi. È captato dal fegato e sottoposto a
ricircolo enteroepatico ed eliminato in parte con la bile ed in parte con le urine in forma di
metaboliti ed in forma di farmaco immodificato. L’accumulo epatico provoca un effetto di
induzione enzimatica sul citocromo P-450 ed aumenta il metabolismo del farmaco stesso ma
anche di altri farmaci.
Visto che possiede dei gruppi cromofori le secrezioni possono assumere un colore arancione
ed il paziente deve essere avvertito di questa possibilità (urine e
lacrime).
Effetti avversi:
Nausea e vomito
Eruzioni cutanee
Febbre
Interazione con altri farmaci: diminuzione del tempo di
dimezzamento di ketoconazolo, warfarin, sulfaniluree,
prednisone, propranololo, chinidina, contraccettivi orali,
digitossina.
PIRAZINAMIDE
Si tratta sempre di un farmaco antitubercolare di prima scelta utilizzato insieme all’isoniazide
e alla rifampicina.
Meccanismo d’azione
Rimane sostanzialmente ignoto anche se si sa che viene introdotto all’interno del batterio ed
idrolizzato enzimaticamente ad acido pirazinoico che è la forma attiva. Certi batteri resistenti
Farmacocinetica
Si distribuisce ampiamente in tutto l’organismo, penetra nel LCR e subisce esteso
metabolismo epatico. Eliminato con la bile e con le urine.
Effetti avversi:
Tossicità epatica
Ritenzione di urati: è possibile che ci sia un’interferenza con l’eliminazione renale degli
urati e pertanto si può sviluppare gotta.
ETAMBUTOLO
Si tratta di un farmaco batteriostatico che viene impiegato per il trattamento della tubercolosi
essendo specifico per micobacterium tubercolosis e kansasii. Non essendo battericida deve
essere assunto insieme ad altri farmaci che possono essere quindi la pirazinamide, l’isoniazide
e la rifampicina.
Meccanismo d’azione
Entra nel batterio ed inibisce l’arabinosil transferasi un enzima importante per la sintesi
dell’arabinogalattano della parete cellulare micobatterica.
Farmacocinetica
Il problema della resistenza non è rilevante se assunto insieme ad altri farmaci
Viene assorbito per via orale e diffonde a tutto l’organismo penetrando anche nel LCR in
concentrazioni adeguate per la terapia della meningite tubercolare.
Sia il farmaco immodificato che i metaboliti vengono escreti per secrezione tubulare e
filtrazione glomerulare.
Effetti avversi:
Neurite ottica: perdita progressiva dell’acutezza visiva che si manifesta con una
difficoltà a distinguere il rosso dal verde. La sospensione del farmaco fa regredire i
sintomi.
Peggioramento della gotta
DAPSONE
Si tratta di un farmaco simile ai sulfamidici ed è batteriostatico nei confronti di M. Leprae ma
possono esserci resistenze. Esso è efficace anche contro la polmonite da pneumocistis jiroveci.
Meccanismo d’azione: antagonista della sintesi dell’acido folico legandosi al PABA
Farmacocinetica: è ben assorbito per via orale e si distribuisce ampiamente con
concentrazioni elevate nella cute. Entra nel circolo entero-epatico ed è sottoposto ad
acetilazione. Viene eliminato con le urine sia in forma immodificata che come metabolita.
Effetti avversi:
Emolisi, metaemoglobinemia: in quanto è un forte ossidante e risulta tossico nei
pazienti con carenza della G6PDH.
Neuropatie periferiche
Eritema nodoso delle labbra: complicanza grave che viene trattata con corticosteroidi
o talidomide.
CLOFAZIMINA
È un colorante fenazinico che si lega al DNA e ne inibisce la funzione di stampo per la
successiva replicazione. Esso ha anche un forte potenziale ossidoreduttivo e può portare alla
formazione di radicali che danneggiano il batterio stesso.
Agisce sul micobacterium leprae ed ha una certa attivit{ nei confronti dell’avium
intracellulare.
Il farmaco ha anche attività antinfiammatoria e pertanto non determina la comparsa di
eritema nodoso delle labbra.
Assorbito per via orale si accumula nei tessuti ma non entra nel SNC.
Effetti avversi:
Colorazione rosso-bruna della cute
Eosinofilia
MICOSI SISTEMICHE
- Amfotericina B
- Flucitosina
- Fluconazolo
- Itraconazolo
- Ketoconazolo
- Caspofungin
- Voriconazolo
AMFOTERICINA B
Si tratta di un farmaco antifungino molto utilizzato in ospedale per le infezioni gravi ed è di
prima scelta nonostante i noti effetti avversi. Talvolta è usata in associazione con la flucitosina
in modo da limitare le dosi di amfotericina.
Meccanismo d’azione: le molecole di amfotericina si legano
all’ergosterolo della membrana plasmatica dei miceti e ne
provocano l’apertura consentendo agli elettroliti di iniziare un
flusso diretto per il potassio verso l’esterno e il sodio all’interno. Da
questo ne deriva morte cellulare.
Spettro antimicotico: molto efficace nei confronti di certi
organismi come
Candida albicans
Histoplasma capsulatum
Cryptococcus neoformans
Coccidioides, Blastomyces
FLUCITOSINA
È un farmaco efficace contro le candidosi, criptococcosi e cromoblastomicosi. Presenta un
sinergismo spiccato con l’amfotericina B.
Meccanismo d’azione: la flucitosina entra nella cellula fungina
grazie ad una specifica permeasi che non si trova nei mammiferi e
quindi non entra nelle cellule dell’organismo. Esso è un
antimetabolita pirimidinico sintetico e quindi come tale viene
trasformato dalla cellula micotica in 5-FU ed in seguito a 5-
FdUMP in modo da essere convertita in dTMP da incorporare
come nucleotide nel DNA. Tuttavia il 5-FdUMP non è riconosciuta
adeguatamente dal sistema enzimatico fungino e si ha un arresto
della sintesi dei nucleotidi timidinici con blocco della sintesi del
DNA. In seguito il composto viene incorporato nell’RNA come 5-
FdUTP ma in questo modo si ha un’alterazione dell’RNA che
blocca la sintesi proteica. Si tratta quindi di un fungistatico.
Spettro antimicotico:
Cromoblastomicosi (associata all’itroconazolo)
Criptococcosi e Candidosi (associata all’amfotericina B)
Resistenza: si sviluppa resistenza quando si alterano gli enzimi
coinvolti nella produzione di 5-FU a partire da 5-FC, oppure per
l’aumento di sintesi di citosina. La resistenza è un fenomeno raro
quando viene impiegata insieme ad altri farmaci antimicotici.
Farmacocinetica: l’assorbimento è per via orale con distribuzione a tutto l’organismo e
raggiunge bene il LCR. Nell’organismo si rileva la presenza di 5-FU probabilmente prodotta
per il metabolismo dei batteri intestinali della 5-FC e alcuni effetti avversi fanno riferimento
proprio alla fluorouracile.
KETOCONAZOLO
È il primo farmaco della famiglia degli Azoli che oggi è stato rimpiazzato da altri farmaci più
nuovi che hanno minori effetti collaterali perché più selettivi per la cellula fungina ed inoltre
hanno spettro più ampio.
Meccanismo d’azione: il ketoconazolo come gli altri azolici
inibisce la C-14alfa-demetilasi che è un enzima fondamentale
nella trasformazione del lanosterolo ad ergosterolo. È un
enzima del complesso P-450. L’ergosterolo pertanto non viene
prodotto e si ha un’alterazione della membrana fungina.
Tuttavia il farmaco non è selettivo e si è visto che inibisce
anche la sintesi degli steroidi sessuali e del cortisolo per cui dà
problemi e complicanze endocrine.
Spettro antimicotico:
Histoplasma (istoplasmosi polmonare, ossea, cutanea e
dei tessuti molli)
Blastomices
Candida
Coccidioides
Non è attivo per gli aspergilli. Resta un farmaco di seconda scelta per il trattamento delle
micosi mucocutanee.
Resistenza: è un problema crescente, si sono messi in evidenza dei ceppi che hanno
alterazioni della demetilasi e non sono sensibili quindi al ketoconazolo. In più alcuni funghi
hanno capacità di espellere il derivato azolico.
Farmacocinetica: assorbito adeguatamente per via orale viene assorbito dalla mucosa
gastrica in modo efficiente soprattutto grazie all’acidit{. Tutti i composti che aumentano il pH
determinano una riduzione dell’assorbimento del farmaco. Esso si lega alle proteine
plasmatiche e si distribuisce ma non entra nel liquor. È metabolizzato dal fegato ed escreto
nella bile. I livelli urinari sono estremamente bassi e non è possibile utilizzarlo per le micosi
delle vie urinarie.
Effetti avversi:
Allergie
Effetti gastrointestinali: nausea, vomito, diarrea
Effetti endocrini: ginecomastia, dismenorrea, impotenza e riduzione della libido
Effetti epatici: si possono avere aumenti di transaminasi ma sono rare le forme
epatitiche gravi.
Interazioni farmacologiche: essendo un inibitore di un enzima del complesso P-450 va
inevitabilmente ad agire anche sul fegato riducendo la funzione delle ossidasi e di
conseguenza aumenta il tempo di dimezzamento e la durata d’azione di molti farmaci
metabolizzati da questo complesso come fenitoina, warfarin, ciclosporina e
FLUCONAZOLO
Derivato azolico più recente che ha grossi impieghi terapeutici perché non possiede gli effetti
dannosi endocrini del ketoconazolo ed ha spettro più ampio.
Meccanismo d’azione: analogo al ketoconazolo
Spettro antimicotico:
Criptococcus neoformans
Candidemia
Coccidioidomicosi
Candidosi mucocutanee
Viene impiegato anche come profilattico dopo il trapianto di midollo osseo per evitare le
infezioni fungine opportunistiche.
Resistenza: segnalati fenomeni in pazienti con HIV
Farmacocinetica: assorbito per via orale senza interferenze col pH gastrico a differenza del
ketoconazolo ed inoltre riesce ampiamente a distribuirsi nel liquor sia a meningi infiammate
che normali. Può essere somministrato anche per via endovenosa. È scarsamente
metabolizzato e escreto con le urine immodificato. A volte è necessario modificare le dosi per i
nefropatici.
Effetti avversi: non possiede gli effetti indesiderati endocrini e non inibisce il citocromo P-
450. Tuttavia possono esserci alcune interazioni con altri farmaci metabolizzati dal complesso
enzimatico del fegato.
Può dare nausea, vomito ed eruzioni cutanee. L’epatite è rara.
Come tutti gli azoli è teratogeno e non va usato in gravidanza.
ITRACONAZOLO
Si tratta di un composto azolico più recente che è diventato molto utile a causa del suo ampio
spettro antimicotico.
Il meccanismo d’azione è analogo agli altri azoli.
È il farmaco di prima scelta nel trattamento di:
Blastomicosi
Aspergillosi
Sporotricosi
Paracoccidioidomicosi
Istoplasmosi (efficace anche in pazienti con AIDS)
Il farmaco viene assorbito per via orale ma risente dell’acidit{ gastrica che serve per
solubilizzarlo. Il cibo può interferire con certe preparazioni. Si lega alle proteine plasmatiche e
viene metabolizzato in un intermedio che mantiene un certo grado di attività antimicotica.
Viene poi espulso con le feci e nelle urine si ritrovano concentrazioni bassissime del farmaco
originario per cui non è necessario aggiustare le dosi nei nefropatici.
Si distribuisce bene in tutti i tessuti ma non raggiunge concentrazioni utili nel liquor.
Gli effetti avversi comprendono nausea, vomito, eruzioni cutanee, ipokaliemia, ipertensione,
edema e cefalea. Non deve essere usato in gravidanza.
Può rallentare il metabolismo di anticoagulanti orali, chinidina e statine.
CASPOFUNGIN
È il primo farmaco approvato con funzione antimicotica della classe delle echinocandine.
Meccanismo d’azione: inibisce la produzione del D-glicano che è un componente essenziale
della parete micotica causando quindi lisi e morte cellulare.
Spettro antimicotico: limitato a aspergillo e candida.
È il farmaco di prima scelta nei pazienti che non hanno risposto agli azoli o all’amfotericina.
Farmacocinetica: il farmaco non è assorbito per via orale e quindi va dato esclusivamente
per via parenterale. Si lega estesamente alle proteine plasmatiche ed ha emivita di circa 10
ore.
Il catabolismo avviene per idrolisi ed N-acetilazione da parte del fegato con escrezione in
egual misura dalle urine e dalle feci.
Effetti avversi: febbre, eruzioni cutanee, nausea, flebiti, vampate di calore (mediate dalla
liberazione di istamina).
Non deve essere somministrato insieme a ciclosporina. È molto costoso.
NISTATINA
La nistatina è un antibiotico polienico che ha un meccanismo d’azione e una struttura chimica
che richiama l’amfotericina. Trova un impiego topico nelle candidosi.
La sua estrema tossicità non consente la somministrazione parenterale. Tuttavia può essere
dato per via orale in quanto l’assorbimento gastrointestinale è trascurabile e il farmaco si
ritrova del tutto nelle feci. Si usa oralmente per trattare le candidosi orali o intestinali.
Gli effetti avversi sono molto rari non essendoci assorbimento ma talvolta possono comparire
nausea e vomito.
GRISEOFULVINA
Si tratta di un farmaco antifungino che agisce principalmente contro le dermatofitosi delle
unghie e della cute. Tuttavia topicamente non ha effetto e pertanto per agire sui tessuti
superficiali deve essere ingerito ed assorbito per poi essere depositato attraverso il circolo nei
tessuti ricchi di cheratina.
In questa sede svolge la sua azione che è quella di bloccare la formazione del fuso mitotico
impedendo la replicazione fungina e di conseguenza è un fungistatico.
Il trattamento deve essere prolungato per almeno 6-12 mesi
Agisce efficacemente contro:
Trichophyton
Microsporum
Epidermophyton
Tigna non responsiva ad altri antibiotici
Viene assunto come preparazione di cristalli finissimi e l’assorbimento aumenta se assunto
insieme a cibi ricchi di grassi.
È possibile una resistenza data dalla perdita del sistema di captazione energetica.
È un induttore del citocromo P-450 ed aumenta il metabolismo di molti farmaci tra cui gli
anticoagulanti orali potendo renderli inefficaci.
Viene escreto attraverso il rene, può dare dei problemi a livello epatico.
TERBINAFINA
Si tratta di un farmaco essenzialmente utilizzato per il trattamento delle dermatofitosi e
soprattutto delle onicomicosi (infezioni fungine delle unghie).
È meglio tollerato e più efficiente in questo campo che la griseofulvina e l’itroconazolo, inoltre
ha anche una durata della terapia molto inferiore rispetto alla griseofulvina (3 mesi).
Il meccanismo d’azione prevede l’inibizione della squalene epossidasi responsabile della
formazione dell’ergosterolo. Per inibire la squalene epossidasi umana sono necessarie dosi
molto più elevate del farmaco.
Lo spettro d’azione è attivo contro i dermatofiti e la candida.
Viene somministrata per via orale, si lega alle proteine plasmatiche e viene depositata sulla
cute, unghie e nell’adipe. L’emivita è di 200-400 ore, il che indica un probabile rilascio
ritardato del farmaco da questi tessuti. Viene escreta nelle urine. Si può ritrovare in parte nel
latte materno ed è quindi sconsigliata nelle donne in allattamento.
Tra gli effetti avversi ci sono:
Disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, dispepsia)
Eruzioni cutanee
Disturbi visivi e del gusto
Alterazioni enzimi epatici
La rifampicina riduce i suoi livelli ematici mentre la cimetidina li aumenta.
Il ciclo vitale del plasmodium prevede una fase extraumana di replicazione sessuata e
maturazione a sporozoita nella zanzara. La zanzara punge e libera gli sporozoiti che sono
diretti al fegato. Entrano negli epatociti e qui si verifica una prima fase di replicazione
asessuata che li trasforma in schizonti. Gli schizonti epatocitari sono formazioni composte di
moltissimi parassiti replicanti, questi vanno poi incontro a rottura ed immissione in circolo di
merozoiti i quali penetrano ognuno in un globulo rosso infettandolo. All’interno dei globuli
rossi i merozoiti diventano trofozoiti maturi ed immaturi e a questo punto inizia un’altra fase
di replicazione asessuata con schizonti più piccoli rispetto alla fase epatocitaria e vengono
nuovamente prodotti merozoiti che lisano il globulo rosso e sono pronti ad infettare un nuovo
eritrocita. In alcuni casi però i merozoiti prodotti si trasformano in gametociti maschile e
femminile che vengono prelevati dalla zanzara femmina al cui interno si ha la fase di
riproduzione sessuata e la formazione di sporozoiti.
FANSIDAR
Associazione di pirimetamina e sulfadossina. Si tratta di uno schizonticida ematico.
Chemioprofilassi antimalarica
Ad oggi i viaggi in regioni e zone colpite da malaria prevedono la profilassi sia
comportamentale che farmacologica, tuttavia questa non è sempre efficace e sicura al 100% a
causa delle possibili resistenze dei plasmodi ma anche della inadeguata compliance del
paziente sia per posologia inadeguata sia per gli effetti collaterali fastidiosi. In alcuni casi la
profilassi crea anche tossicità e per questo motivo è sconsigliata in certi pazienti.
Nella scelta del trattamento profilattico vanno presi in considerazione:
- Itinerario (zone più o meno a rischio)
- Rischio di acquisizione di plasmodi clorochino-R
- Precedenti reazioni allergiche ai farmaci antimalarici
- Condizioni di salute e attività svolta dal viaggiatore.
Sempre necessario associare profilassi comportamentale.
I farmaci vanno assunti a partire da 1-2 settimane prima del viaggio (oppure 1-2 giorni prima
se si usa il proguanil o la doxiciclina), vanno continuate durante il viaggio e non vanno sospese
prima di 4-5 settimane dopo il ritorno dal viaggio. Devono essere assunti a stomaco pieno e
con abbondanti quantità di acqua.
Nell’ambito delle clorochino-resistenze l’OMS ha suddiviso le aree di destinazione in 3
categorie:
A: zone in cui la malaria non è frequente e non c’è stata ancora resistenza. Il farmaco di
scelta è la clorochina
B: zone in cui non è frequente la malaria ma in cui sono stati segnalati casi di farmaco-
resistenza. Il trattamento può essere fatto con clorochina da sola oppure associata a
proguanil portando con sé una scorta di dose terapeutica di meflochina oppure con
associazione di pirimetamina e sulfamidico.
C: malaria endemica ed elevati livelli di clorochino-resistenza. Profilassi raccomandata
con meflochina optando in casi di controindicazioni con clorochina + proguanil.
Il trattamento con la meflochina consiste in una compressa a settimana a partire da 1
settimana prima della partenza, seguita da dosi settimanali durante il viaggio
(preferibilmente allo stesso giorno ogni settimana) e prolungata per 4 settimane dopo
la partenza dall’area endemica. Per prevenire la selezione di ceppi resistenti alla
clorochina è sconsigliato prolungare la terapia oltre i 3 mesi.
Queste raccomandazioni vanno effettuate per i viaggiatori che soggiornano per un mese,
oltre al mese bisogna rivolgersi alle unità sanitarie locali per le modalità della
continuazione del trattamento (per evitare le resistenze).
Se si sospetta la malattia si fa l’esame diretto del sangue. Se il campione non mostra nulla
ma il soggetto è sospetto si proseguono le analisi ematiche ogni 12-24 ore per 3 giorni.
IODOCHINOLO
Si tratta di un amebicida luminale efficace contro i trofozoiti luminali e anche le cisti di
entamoeba histolytica. Gli effetti avv