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PRODURRE COSTA!

La produzione comporta il sostenimento di costi da parte dell’impresa. Si definisce costo di


produzione: la somma impiegata per acquisire le risorse che servono per l’attività produttiva.

in un mercato di concorrenza perfetta, nel breve periodo, si fa distinzione fra:


- costi variabili: costi dei fattori produttivi variabili, ovvero spese di produzione che variano al
variare del livello di quantità prodotta.
es materie prime impiegate, l’energia consumata, manodopera.
- costi fissi: non variano al variare del livello di quantità prodotta e rimangono immutati nel breve
periodo. sono costi sostenuti dall’impresa anche se il livello di produzione fosse zero.
es terreni, fabbricati, costi di assicurazione, beni strumentali.

profitto normale: remunerazione minima che spetta all’imprenditore per lo svolgimento della sua
attività. ha la natura di un costo opportunità, perché compensa l’imprenditore delle opportunità di
guadagno a cui ha rinunciato per lavorare nell’impresa.
costo opportunità: valore del miglior impiego alternativo di una risorsa, o anche il costo legato alle
opportunità cui l’impresa rinuncia quando decide di impiegare le proprie risorse in un certo modo
piuttosto che in uno alternativo. è un costo dietro al quale non c’è mai un corrispettivo in denaro.

es un’impresa che produce capannoni, deve sostenere i costi dell’occupazione dei capannoni, e
potrebbe guadagnare affittandoli a un’altra impresa. quindi la locazione dei capannoni sarebbe un
impiego alternativo di quella risorsa, il cui valore è rappresentato dal canone di locazione che è il
costo della rinuncia comportata dalla scelta fatta.

essendo una componente dei costi dell’impresa, il profitto normale è diverso dall’:
- extra-profitto: risultato (positivo) della differenza fra ricavi e costi.

costo totale=costo fisso tot + costo variabile tot

costo medio (o unitario): rapporto tra il costo totale e la quantità di output prodotta. il costo per
unità di output prodotta.
(tiene conto dei costi fissi e dei costi variabili)
costo marginale: incremento del costo (totale) dovuto a un’unità prodotta aggiuntiva.
(tiene conto solo dei costi variabili, in quanto i costi fissi, nel breve periodo, non variano al variare
della produzione).
LIVELLO DELLA PRODUZIONE E LA MASSIMIZZAZIONE DLE PROFITTO

l’impresa deve scegliere la quantità ottima di produzione che rende minimi i costi economici e
massimi i benefici netti.

minimizzazione dei costi economici: criterio che orienta e governa la scelta della tecnica ottimale
di produzione fra tutte le tecniche disponibili (problema del come produrre).
massimizzazione dei benefici netti: differenza tra benefici totali e costi totali di produzione,
criterio che ci permette di determinare la quantità ottima della produzione.

per un’impresa capitalistica il beneficio netto coincide con il profitto economico.


profitto economico: differenza tra ricavi e costi.

ricavo: incassi delle vendite

in un mercato di concorrenza perfetta le imprese non hanno alcun potere di fissare il prezzo di
vendita. pk la concorrenza fra imprese fa scendere il prezzo verso il livello più basso possibile. e se
alzassero i prezzi, perderebbero tutti i clienti. il prezzo è stabilito dal mercato.

ricavo totale: prodotto tra il prezzo e la quantità prodotta


ricavo medio: rapporto tra ricavo totale e quantità venduta (==prezzo)
ricavo marginale: incremento del ricavo totale dovuto alla vendita di una unità aggiuntiva di
prodotto.

profitto totale=ricavo totale-costo totale

se:
costi marginale<(ricavo marginale=prezzo): si può aumentare la produzione pk il prezzo di vendita
di un’ulteriore unità di prodotto risulta ancora superiore rispetto al suo costo marginale.
è possibile aumentare il profitto
costo marginale>(ricavo marginale=prezzo): conviene ridurre la produzione dato che il costo per
produrre l’ultima unità è già superiore rispetto al ricavo aggiuntivo di vendita.
costo marginale=(ricavo marginale=prezzo): non conviene modificare il livello di produzione pk è
il livello di output che massimizza l’extraprofitto.

nel breve periodo: il livello di output ottimale è quello in corrispondenza del quale l’impresa copre
tutti i suoi costi variabili: questo punto è definito punto di chiusura.

nel lungo periodo: l’impresa deve essere in grado anche di coprire i costi fissi, quindi deve far sì
che il costo medio non sia inferiore al prezzo. il punto di pareggio (Break Even Point) è il punto nel
quale i ricavi totali eguagliano i costi totali, cioè il punto in cui non si ha né profitto né perdita; al di
sotto di quel punto si realizza una perdita e oltre quel punto si ha un profitto.
LE DIVERSE FORME DI MERCATO

DEFINIZIONE GENERALE DI MERCATO DEI BENI.


Il mercato è il luogo economico in cui si incontrano la domanda e l’offerta di un
bene o servizio.
All’interno del mercato dei beni è possibile distinguere tre elementi: i soggetti che
vi operano ossia i venditori e i compratori, i beni oggetto di scambio, il prezzo
ossia il valore del bene espresso in denaro.
Tuttavia i mercati non sono tutti uguali ma è possibile distinguere diverse forme di
mercato a seconda di quanti sono i venditori e i compratori, delle dimensioni delle
aziende produttrici (piccole o grandi) e in ultimo delle caratteristiche che hanno i
prodotti messi in vendita.
In particolare gli economisti, in relazione alla combinazione di queste caratteristiche,
hanno individuato almeno quattro tipologie di mercato:
1)la concorrenza perfetta
2)il monopolio
3)la concorrenza monopolistica
4)l’oligopolio

la forma di mercato influisce sul prezzo finale, sulla quantità scambiata e sul benessere sociale che
il mercato è in grado creare.

LA CONCORRENZA PERFETTA

DEFINIZIONE: si ha un mercato in concorrenza perfetta quando sono


contemporaneamente presenti i seguenti elementi: una pluralità di produttori-venditori e di
acquirenti, l’omogeneità del prodotto, la trasparenza nelle informazioni e
l’assenza di barriere all’ingresso.

1)LA PLURALITA’ DI VENDITORI E DI ACQUIRENTI


Perché un mercato sia in concorrenza perfetta è necessaria innanzitutto la presenza
di un numero molto elevato sia di venditori (produttori o commercianti) sia di
acquirenti.
la presenza di un alto numero di imprese impedisce che la singola impresa possa “dettar legge” sul
prezzo del prodotto, la stessa cosa vale anche per gli acquirenti.
il prezzo è dato e tutti gli operatori non potendo influenzarlo, sono price taker.

2)L’OMOGENEITA’ DEI PRODOTTI.


i beni offerti sul mercato sono omogenei tra loro, cioè presentano le medesime caratteristiche e
quindi sono sostituibili l’uno con l’altro.
se un produttore cercasse di guadagnare di più aumentando il prezzo, dinanzi ad uno stesso
prodotto il consumatore si rivolgerà al venditore che offre il prezzo più basso.

3)LA TRASPARENZA DELLE INFORMAZIONI


i consumatori e i produttori sono in grado di conoscere ogni genere di informazione relativa al
mercato in qualunque momento. Infatti conoscono con esattezza i prezzi, i costi di produzione, i
salari dei dipendenti e imprese che entrano ed escono dal mercato.
la trasparenza nelle informazioni impedisce alla singola impresa di approfittare di notizie
conosciute in esclusiva che le arrecherebbero un vantaggio competitivo (qls risorsa che permette
all’imprese di ottenere profitti più alti rispetto alle concorrenti).

4)L’ASSENZA DI BARRIERE ALL’ENTRATA E ALL’USCITA


È necessario che produttori e consumatoti (in modo particolare i produttori) siano
nelle condizioni di entrare e di uscire liberamente dal mercato, cioè di vendere o
acquistare la quantità che desiderano senza limiti, proprio perché non esistono
barriere.
barriera: qualunque ostacolo di tipo naturale o legale che rende difficile a un’impresa l’accesso o
l’uscita da quel mercato.
La presenza di barriere impedisce al mercato di raggiungere un equilibrio
di concorrenza perfetta e un’allocazione efficiente delle risorse.
Per questo motivo molti economisti le considerano come un
fattore penalizzante per il benessere sociale.

LE FORME DI MERCATO E I SETTORI ECONOMICI


spesso è il settore economico a determinare lo sviluppo delle diverse forme di mercato:
- sono mercati di concorrenza perfetta: i mercati a monte dei prodotti agricoli
- sono mercati oligopolistici: i mercati a monte dei prodotti industriali e i mercati all’ingrosso (v:
imprese; c: dettaglianti che vendono beni ai consumatori finali. sono necessari ingenti investimenti
per svolgere l’attività di intermediazione, conservazione e trasporto dei prodotti, perciò tendono a
essere abbastanza concentrati e si avvicinano alla forma oligopolistica).
- sono mercati di concorrenza monopolistica: i mercati al dettaglio.

LA CONCENTRAZIONE E IL POTERE DI MERCATO


concentrazione di mercato: indicatore che descrive come le vendite totali di un prodotto si
distribuiscono tra le varie imprese presenti sul mercato.
si misura con il rapporto di concentrazione: espresso in %, misura le vendite delle 4 o 5 maggiori
imprese operanti nel mercato.
rapp. di concentrazione:
- nella concorrenza perfetta: vicino allo 0% (le vendite tot sono ripartite tra un numero
elevattisimo di piccole imprese)
- nella concorrenza monopolistica: è basso, cioè maggiore che in concorrenza perfetta ma minore
che in oligopolio.
- in oligopolio: è alto (vendite tot ripartite tra poche imprese)
- in monopolio: 100% (le vendite della singola impresa coincidono con le vendite totali).

nelle diverse forme di mercato, ad eccezione della concorrenza perfetta (price taker), le imprese
hanno il potere di mercato, cioè in qualche modo influenzano il prezzo cercando di fissarlo
superiore al costo marginale. l’indicatore del potere di mercato di un’impresa è pari alla differenza
tra il prz di vendita e il costo marginale.
l’indice di Lerner misura il potere di mercato, ed è dato dal rapporto tra l’indicatore del potere di
mercato di un’impresa e il prezzo di vendita. è minimo in concorrenza perfetta e massimo in
monopolio.
IL MONOPOLIO
è una forma di mercato nella quale vi è un solo produttore/venditore (il monopolista) che offre un
prodotto o servizio per il quale non esistono sostituti (monopolio puro) o che opera in contesto
protetto (monopolio artificiale), mentre i compratori sono molti.
il monopolista è price maker, è lui a fissare il prezzo e imporlo sul mercato. la legge non è
favorevole a questa forma di mercato dato che, in assenza di concorrenti, potrebbe fissare prezzi
svantaggiosi per i consumatori.

il monopolio esiste grazie alle barriere all’entrata, ovvero ostacoli che rendono difficile l’ingresso
in quel mercato da parte di nuove imprese.
possono essere di 4 tipi:
1. rendimenti di scala crescenti nella produzione, che creano un monopolio naturale: situazione
in cui una singola impresa è in grado di produrre tutto l’output del mercato a costi inferiori rispetto
a quanto potrebbero fare più imprese.
2. superiorità tecnologica (nei confronti di altre imprese): migliori conoscenze (know how) del
processo produttivo, maggiore efficienza e minori costi, esternalità di rete.
3. disponibilità esclusiva di un input essenziale: un’impresa che controlla l’offerta di una materia
prima essenziale alla produzione di un certo output, diventa automaticamente monopolista nella
produzione di quell’output.
es De Beers decenni fa deteneva il 100% della produzione sudafricana e il 90% della produzione
mondiale di diamanti.
4. norme di legge: barriere legali, come i brevetti e la normativa a tutela dei diritti d’autore
(copyright), cioè quando la legge assicura, per un periodo prestabilito, la valorizzazione esclusiva di
un prodotto o di un processo produttivo o di un’opera dell’ingegno (brano musicale, film…),
costituendo un monopolio a favore di quel soggetto.

ha un’ampia libertà di manovra, può decidere di vendere un bene ad un prezzo molto alto ma in
questo modo ne venderà una quantità ridotta, perché un prezzo alto scoraggia i consumi; oppure
può fissare dei prezzi più bassi e avere maggiori vendite.
In ogni caso il monopolista determinerà la quantità dei beni da offrire e il prezzo in
modo da ottenere il massimo profitto.

ricavo marginale: incremento dei ricavi tot generato dalla vendita di un’unità aggiuntiva di
prodotto.
in concorrenza perfetta il ricavo tot è pari al prezzo per la quantità venduta (le imprese vendono la
quantità desiderata al prezzo di mercato) e il ricavo marginale è pari al prezzo.

in monopolio il ricavo marginale è sempre inferiore al prezzo. pk se il monopolista decide di


aumentare la quantità venduta deve diminuire il prezzo per incoraggiare gli acquirenti
nell’acquisto dei suoi prodotti.
all’aumentare della quantità venduta, diminuisce il ricavo marginale.

per il monopolista il ricavo è massimo quando il costo marginale eguaglia il ricavo marginale
(equilibrio del monopolista).
le altre forme di mercato più rare sono:
- monopsonio: dove vi sono un unico compratore e tanti venditori. il monopsonista (compratore)
è un price maker. è una forma di mercato svantaggiosa per i venditori ed è difficile da riscontrare
nella realtà.
- oligopsonio: i compratori sono pochi mentre i venditori sono tanti. i compratori competono tra
loro per strapazzare prezzi migliori ai venditori.
es mercato del caffè e del cacao
- monopolio bilaterale: è costituito da 1 venditore e 1 compratore. (1 monopolista e 1
monopsonista).

la concorrenza perfetta e il monopolio rappresentano gli antipodi delle varie forme di mercato; fra
l’1 e l’altro vi sono 2 forme di mercato intermedie: la concorrenza monopolistica e l’oligopolio.
per queste 2 forme di mercato è molto importante la differenziazione del prodotto, cioè i beni e i
servizi non sono omogenei ma differenziati.
la differenziazione del prodotto può essere:
- verticale: quando 2 o + prodotti sono giudicati oggettivamente differenti, cioè le preferenze di
tutti i consumatori coincidono e fanno unanimemente dire che un prodotto è migliore dell’altro.
es uno smartphone è superiore a un tradizionale apparecchio telefonico
- orizzontale: quando è basata sui gusti e sulle preferenze personali dei consumatori, quindi è una
differenziazione di tipo soggettivo.
es posso preferire una giacca blu a un’identica giacca di colore grigio.

CONCORRENZA MONOPOLISTICA
è la forma di mercato di concorrenza imperfetta in cui le imprese operano in concorrenza, ma
possono differenziare il prodotto e influire sul prezzo di vendita.

elevata numerosità di operatori che possono entrare e uscire liberamente dal mercato.
essi contendono il mercato con beni, che pur essendo simili, non sono omogenei per i
consumatori.
È una situazione diffusa nella realtà, si pensi ai negozi di abbigliamento, ai bar, ai
ristoranti: offrono un prodotto simile, ma non del tutto uguale agli occhi dei clienti.
A prodotti diversi corrispondono prezzi diversi, quindi non si è più dinanzi a un
prezzo unico come nella concorrenza perfetta, i prezzi variano da impresa a impresa.
le imprese influenzano parzialmente il prezzo di vendita.

barriere all’entrata basse o addirittura assenti e differenziazione del prodotto che può essere
merceologico (diversi capi di abbigliamento) e geografico (stesso capo venduto in diversi luoghi).
OLIGOPOLIO
è una forma di mercato in cui opera un numero limitato di imprese il cui comportamento è
interdipendente (le decisioni di ciascuna impresa influenzano le decisioni delle altre).
esistono mercati oligopolistici a livello mondiale (come quello delle automobili) ma anche a livello
locale (gli unici due parrucchieri presenti in una piccola cittadina).
quando i venditori sono 2 si parla di: duopolio.
per cercare di spiegare i comportamenti degli oligopolistici, l’economia ricorre alla teoria dei
giochi: 1 branda della matematica che studia un contesto di forte interazione fra gli operatori, in
cui ognuno di loro decide nella consapevolezza che la propria decisione influenzerà le decisioni di
tutti.
es giochi degli scacchi, la mossa di un giocatore modifica le mosse successive del suo avversario.

per massimizzare il profitto, le imprese che operano nei mercati di oligopolio o di concorrenza
monopolistica, producono la quantità per la quale il costo marginale eguaglia il ricavo marginale.
per determinare i ricavi marginali è necessario conoscere la curva di domanda, che solitamente
non è nota all’impresa. per fissare il prezzo di vendita le imprese ricorrono alla tecnica del mark
up: maggiorazione che le imprese applicano al loro costo medio al fine di ottenere un profitto
“normale”, è espresso da un numero percentuale tanto + alto quanto maggiore è il potere di
mercato dell’impresa.
prezzo= costo medio*(1+M)

GLI ACCORDI COLLUSIVI: le imprese oligopolistiche di regola sono in concorrenza


tra loro, tuttavia può accadere che scelgano di accordarsi tra loro piuttosto che
entrare in competizione, si parla in tal caso di accordi collusivi.
Con gli accordi collusivi le imprese oligopolistiche determinano le quantità di beni
da produrre, i prezzi di vendita, la localizzazione dei punti vendita e le caratteristiche del prodotto,
trasformando di fatto il mercato in un monopolio.
Non sempre questi accordi sono consenti dalla legge, infatti molti Paesi vietano la formazione di
accordi, ma è possono essere stipulati a determinate condizioni.

es. società di gestione telefonica, compagnie aeree

gli accordi sono molto svantaggiosi per i consumatori pk annullano la concorrenza tra le imprese
che porterebbe a riduzioni di prezzo.
per rappresentare e studiare questo genere di problema, la teoria dei giochi utilizza il “dilemma
del prigioniero”: se ciascuno agisce secondo il proprio interesse egoistico, l’esito sarà negativo,
ovvero non efficiente, mentre il rispetto di un accordo negoziato può avvantaggiare l’una e l’altra
parte.

cartello: (o trust) è un accordo fra imprese concorrenti per limitare la reciproca concorrenza,
fissando un prezzo che garantisca loro di massimizzare i profitti congiunti e di spartirsi il mercato.

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