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Esperienze didattiche
a cura di
Chen Ying, Mari D’Agostino, Vincenzo Pinello, Yang Lin
COMITATO SCIENTIFICO
Monica Barni (Università per Stranieri di Siena),Chen Ying (Sichuan International Studies Uni-
versity - SISU, Chongqing), Mari D'Agostino (Università di Palermo), Yang Lin (Nankai Univer-
sity), Graziella Favaro (Pedagogista, esperta di Educazione interculturale, Centro COME,
Milano), Antonia Rubino (Università di Sidney)
La foto della copertina e tutte le altre all’interno del volume sono di Antonio Gervasi.
ISBN 978-88-31919-59-3
Indice
Introduzione
Chen Ying, Mari D’Agostino, Vincenzo Pinello, Yang Lin 7
PARTE PRIMA
Apprendenti, lingue, didattica
PARTE SECONDA
Incontri letterari tra testo narrativo e poesia
Abstract
The subject of the article is Dependency Grammar (DG) as a tool of didactics of Italian
as FL for Chinese speaking learners. We will obviously refer to the model developed by
Francesco Sabatini for the didactics of Italian grammar started by Tesnière. The analysis
was carried out on texts by learners attending a syntax course at Sichuan International
Studies University (SISU) in Chongqing, China, held by the author in 2015.
In the first part (§§ 1-2.4) the subject is treated inside a reasoning upon the principal
aspects of the relationship between language and theory and teaching of the language. This
part will devote attention to the intricate relationship between system of language and texts.
The second part (§§ 3-3.5) will focus on the comparison between conceptual and didactic
tools of DG and socio-cognitive and cultural characteristics of Chinese-speaking learners.
In the last section of the third part (§§ 4-5.1) a revision of the acquisition sequences
of dependency documented in literature is proposed, a revision suggested by the analysis
of the written productions of the learners throughout their whole educational path.
Negli ultimi anni, tra i temi riguardanti l’oggetto di insegnamento dell’italiano L2,
si è tornato a discutere con decisione del rapporto tra forma e significato degli
elementi linguistici e attraverso di esso della centralità che deve avere la gram-
matica nella formazione degli apprendenti. Ciò si è verificato soprattutto in se-
guito alla diffusione del modello della grammatica valenziale (GV) nell’ambito
della didattica dell’italiano L1 e, più di recente, L2. Infatti, tale modello, espres-
sione del funzionalismo, risalente agli Éléments de syntaxe structurale di Lucien
Tesnière e, per la dimensione della didattica della grammatica dell’italiano, alla
rielaborazione di Francesco Sabatini, riconosce importanza fondamentale all’in-
tersecazione nel perimetro di frase tra valori semantici e posizione e funzione sin-
tagmatica degli elementi.
L’interesse per l’argomento sembrava essersi affievolito in concomitanza del-
l’affermarsi, a partire dagli anni Settanta, dei modelli e delle tecniche dell’ap-
70 Vincenzo Pinello
proccio comunicativo il cui riflesso nella pratica didattica aveva dato rilevanza
alle competenze d’uso della lingua e di conseguenza al contenuto degli enunciati
e al significato delle forme linguistiche. D’altro canto, la centralità dell’appren-
dente, la valorizzazione di tecniche finalizzate alla esercitazione della lingua in
contesto (come il role play), l’inclinazione agli scambi comunicativi di tipo doxa-
stico, tutte istanze precipue dell’approccio comunicativo, avevano finito per as-
segnare preminenza alla abilità di produzione orale con particolare focus sulla
fluenza (De Santis 2016: 12). Com’è noto tali posizioni di tipo “funzionalista e
interazionista” (Ciliberti 2015: 73) si erano affermate in reazione all’insegna-
mento formalistico della grammatica che aveva imperato nei decenni precedenti,
basato su processi imitativo-induttivi, regole di esecuzione e paradigmi classifi-
catori. Sulla grammaticalizzazione normativa ancien régime, sui suoi effetti e sul-
l’ineludibile necessità di svecchiamento e superamento si è scritto tanto e a ragion
veduta1, come con precisione sono state individuate le tappe del percorso di de-
mocratizzazione della didattica, dalla Dieci tesi alla nascita dell’educazione lin-
guistica come scienza autonoma (Berretta 1978, Lavinio 2005, 2007). Un po’
meno attenzione ha ricevuto la ‘degrammaticalizzazione’ della didattica dell’ita-
liano innescata dagli eccessi delle pratiche che, perlomeno nelle intenzioni, vo-
levano e vogliono ispirarsi all’approccio comunicativo2.
Da alcuni anni si è fatto largo quindi un deciso ‘ritorno alla grammatica’,
anche in conseguenza dell’affermarsi, soprattutto nell’ultimo quinquennio, del mo-
dello valenziale nelle scuole italiane. Il modello propone la rivisitazione profonda
degli elementi in gioco e dei rapporti che tra di essi devono essere istituiti. In
primo luogo, forma e semantica sono considerati all’interno di un sistema dina-
mico di relazioni in cui vengono messe in rilievo le funzioni degli elementi lingui-
stici sia nel perimetro sintagmatico della consistenza frasale, sia nei diversi registri
degli usi reali. In secondo luogo, alla frase, e non più al lessema né tantomeno
al semema, è riconosciuto con maggiore decisione il ruolo di unità di riferimento
e punto d’inizio dell’attività didattica già a partire dalla prima fase del percorso
di insegnamento3.
La relazione tra “piano del significato” e “piano sintattico” e il ruolo ad essa as-
segnata nei percorsi didattici di GV, risulta chiara se illustrata nei termini della fa-
mosa metafora del dramma in miniatura utilizzata da Lucien Tesnière:
Senza arrivare a distinzioni terminologiche troppo sottili, abbiamo riscontrato che in classe
è molto utile, specie in fase di approccio al sistema, portare gli studenti a ragionare sem-
pre su un duplice piano: il significato del verbo e lo scenario da esso suscitato (piano del
significato); la realizzazione di questo scenario nella frase (piano sintattico) (Lovison 2015:
43-44).
Per quanto riguarda la sua funzione sintattica il verbo si caratterizza per essere il
punto principale di frase dal quale vanno misurate le distanze con gli altri elementi
(argomenti, circostanti, espansioni7, costituenti delle frasi complesse); l’intensità
delle distanze o “dipendenze” tra le parole (Liu 2009, Liu, Xu, Liang 20178) sta-
bilisce il grado di complessità di una frase, un indice di grande utilità per decidere
la progressione dei contenuti nella programmazione del percorso di GV. La com-
plessità globale della frase in Fig. 1, evidenziata dallo schema radiale e dalla
scrittura lineare, appare evidente. Ma la complessità sintattico-semantica viene
descritta analiticamente dalle dipendenze, ovvero dalla misurazione delle distanze
74 Vincenzo Pinello
tra il punto focale verbo e gli altri elementi (compresi i circostanti “americano”,
“esperto”, “di numismatica”, “verdi”, ecc.).
La dipendenza fornisce al docente anche indicazioni per quanto riguarda
comprensione, scrittura, sintassi della frase e del periodo, intonazione. È evidente
che il tipo di distanza tra gli elementi della frase non è puramente fisica in quanto
la posizione di un elemento rispetto ad altri veicola tutta una serie di informazioni
di tipo linguistico e contestuale. Si pensi, ad esempio, alla differente funzione
dell’avverbio “improvvisamente” nelle frasi “Mia sorella Francesca ha sgridato
improvvisamente Luigi il nostro nipotino” o “Improvvisamente, mia sorella France-
sca ha sgridato Luigi il nostro nipotino”, laddove, nella prima, la sua posizione
circostanziale farebbe pensare ad un collegamento sintattico-semantico con il
verbo, mentre nella seconda la distanza dal verbo (e la virgola con funzione di
focalizzazione e isolamento dell’avverbio frasale rispetto agli altri elementi) fa-
rebbe protendere per un ruolo semantico estendibile all’intera frase, funzione ti-
pica delle espansioni. Gli esempi appena messi a confronto testimoniano le
potenzialità della frase valenziale in termini di trasformabilità a partire da una
forma-matrice.
Fig. 1 Gli amici dell’esperto americano di numismatica hanno regalato una torta deliziosa di mele
verdi all’usciere servizievole
Percorsi di grammatica valenziale con apprendenti sinofoni 75
Sembra chiaro che il concetto di “conoscenza riflessa”, che qui è decisivo, col-
lochi negli usi linguistici degli enunciati (più a livello profondo o comunque non
di superficie) la presenza delle strutture del sistema, puntelli di base caratterizzate
da precisa rigidità. Appare ancora significativo che nella sintesi al sopra richia-
mato Sabatini, Camodeca, De Santis 2011, si sia ulteriormente precisato:
Una separazione così netta, nello studio, tra sistema e testo sembra allontanarci dalla
concretezza della lingua. Si tratta, in realtà, di un’operazione provvisoria, necessaria per
scoprire il sistema linguistico, che altrimenti rischia di restare sempre nascosto dall’aspetto
specifico dei testi. D’altra parte, solo la preliminare cognizione del sistema ci dà la pos-
sibilità di intendere con molta precisione, poi, la specificità dei singoli testi. Viene infatti
il momento in cui le due prospettive di studio si ricongiungono e siamo in grado di cogliere
le manipolazioni che l’autore ha compiuto sul sistema della lingua. (Sabatini 2012: 5)
esempio a pensare che sia possibile creare dal nulla, inventare di sana pianta, e che sia
possibile affrancarsi dalle regole; il che è episodicamente possibile, in lingua, per gioco
o per evasione extra-grammaticale. Ma la creatività vera è sempre in rapporto con gli
schematismi da cui si libera, con i paradigmi da cui prescinde: può cambiare le regole,
ma non farne a meno (idem: 69, corsivo nell’originale)
(I cittadini hanno inviato una lettera al sindaco → Una lettera al sindaco è stata
riflessivo ancora con un transitivo (Il caldo ha seccato la terra → La terra si è sec-
inviata (idem: 63) e la variante pronominale risultante dalla combinazione di un
La ricerca che presenterò a partire dal paragrafo 4, si basa sui dati di un’espe-
rienza didattica di GV per la sintassi con apprendenti sinofoni in contesto LS.
Ho avuto modo di tenere queste lezioni nel 2015 presso il corso di lingua e let-
teratura italiana della Sichuan International Studies University (SISU) di Chon-
gqing9. Il profilo dell’apprendente sinofono di lingua italiana, le sue caratteristiche
di ordine socio-cognitivo, la sua formazione didattica pregressa, sono temi attuali
e studiati in glottodidattica soprattutto in conseguenza dell’intensificarsi della pre-
senza di soggetti di nazionalità cinese in Italia10 e del diffondersi dello studio
dell’italiano nelle scuole della Cina, soprattutto nell’università (v. Yang in questo
volume) ma non solo.
L’argomento viene affrontato più che altro in termini di difficoltà che lo studente
sinofono potrebbe incontrare nel suo percorso di apprendimento dell’italiano e
che sarebbero principalmente conseguenza di due tipi “distanze”, l’una di ordine
pedagogico-cognitivo tra i due sistemi di insegnamento delle discipline e soprat-
tutto della grammatica, l’altra di ordine tipologico-linguistico tra lingua cinese e
lingua italiana. Tuttavia, alcuni studiosi hanno sollevato dubbi sull’effettiva azione
ostativa di tali due fattori e hanno indicato interpretazioni alternative. A parere
di chi scrive, si tratta in realtà di due ‘falsi ostacoli’ all’apprendimento linguistico
dei sinofoni, tanto più se, quest’ultimo, realizzato con il modello della GV per il
quale, anzi, ci sono indizi non trascurabili che fanno pensare a una funzione fa-
cilitatrice in merito ad entrambe le ‘distanze’ appena riferite. I successivi tre pa-
ragrafi sono dedicati a questi argomenti.
80 Vincenzo Pinello
da una grammatica non assimilabile tout court all’italiano ma che con esso con-
divide categorie grammaticali fondamentali12. In generale, l’apprendente sino-
fono di italiano, grazie al suo ‘incontro’ con l’inglese in età infantile, ha già
elaborato una certa consapevolezza metalinguistica riguardo a categorie gram-
maticali del tutto assenti nella L1.
prendere la regola per poterla poi applicare? Un’attitudine che certamente ha ir-
robustito lo stereotipo dell’apprendente sinofono deduttivista, forgiato da modelli
grammaticali formalistici e regolativi sbilanciati sull’abilità di memorizzazione no-
zionistica. A questo proposito è stato fatto notare che, più che un certo modo di
fare grammatica, il problema è la ridotta quantità di grammatica della L1 alla
quale i sinofoni sono esposti durante il ciclo scolastico dalle elementari alle supe-
riori (Pellin 2010: 156-157), cosa che li disabitua alla riflessione non solo sui
meccanismi della propria lingua madre ma perfino su semplici segmenti gram-
maticali della stessa. Quasi assente nella scuola elementare, è limitata alle abilità
di lettura e scrittura nella scuola media e alla pronuncia e al significato di alcuni
segni linguistici nella scuola superiore. Al contrario, viene dedicato molto più spa-
zio alla grammatica delle lingue straniere, in particolare all’inglese. Tale asim-
metria potrebbe spiegare la predisposizione ad una didattica precipuamente
formalistica e regolativa degli apprendenti sinofoni in particolare nei confronti
delle lingue diverse dalla L1:
Questo squilibrio tra l’insegnamento delle lingue straniere, preponderante e forse ecces-
sivo, e l’insegnamento della grammatica del cinese, potrebbe essere alla base della for-
mazione di un’idea fra i cinesi secondo cui yufa14 [grammatica di una lingua straniera]
è un’ampia messe di regole da imparare, le quali nulla hanno a che fare con il cinese,
che di tali regole non dispone (He, 2001: 231) (idem: 157)
Il deficit formativo grammaticale dello studente cinese, probabile causa del suo
approccio iper-regolativo alla L2, non deve essere ignorato. Efficace a ridurne
le ricadute, soprattutto sullo sviluppo di una prima consapevolezza metalingui-
stica, si è rilevata la fase di riflessione esplicita, introduttiva al corso, sulla natura
della grammatica dell’italiano intesa come disciplina e su alcuni suoi specifici
punti: ambito di studio; elementi di base ed aggregabili (dal morfema alla te-
stualità); correlazione con alcune variabili sociali e pragmatiche. In effetti una ri-
flessione preliminare di questo tipo dovrebbe essere realizzata in ogni corso di
lingua con qualsiasi tipologia di apprendenti.
Nel percorso con i miei studenti sinofoni, essa si è rivelata efficace soprattutto
nel gettare un po’ di luce sui meccanismi di composizione delle parole e di ag-
gregazione di queste nelle frasi, un buon viatico all’utilizzo delle tecniche del
modello valenziale.
(idem: 73). Oppure (considerando adesso i verbi), ‘trovare’ sarà ‘cercare’ + ‘ ar-
rivare’: “semanticamente e strutturalmente, quindi, la parola risulta piuttosto traspa-
rente, con la nozione di ‘trovare’ concepita come il risultato del cercare” (idem:
68). Gli apprendenti cinesi sono quindi allenati a focalizzare la dimensione se-
mantica della parola, una familiarità che rende loro agevole la comprensione
della teoria della verbo-dipendenza che è alla base del modello valenziale.
In relazione all’assimilabilità delle espansioni ai modificatori del contenuto les-
sicale del verbo cinese, benché sussista solo entro certi limiti e per certi aspetti,
è innegabile la funzione facilitatrice che essa esercita sugli apprendenti sinofoni
quando si trovano a dover comprendere e utilizzare gli elementi valenziali che
intrattengono relazioni di tipo semantico con la frase nel suo intero.
Leggiamo la definizione di modificatore del verbo cinese:
“[…] il contenuto lessicale del verbo cinese è modificabile da elementi con valore temporale,
modale, aspettuale. Però queste modificazioni non entrano direttamente nel guscio del mor-
fema verbale, ma si collocano all’esterno, sono cioè morfemi autonomi di varia origine, spesso
altri verbi, la cui portata si estende all’enunciato” (Banfi, Giacalone Ramat 2003: 42).
In Arcodia (2010: 78-79) sono proposti alcuni illuminanti esempi di elementi les-
sicali, nomi e avverbi, che esprimono valori temporali e aspettuali, applicati alla
forma verbale del cinese, unica e invariabile, o “forma di citazione (ovvero,
quella con cui il verbo viene elencato, ad esempio, nei dizionari)” (idem: 78).
Di seguito, un esempio con elemento dal valore temporale y ı̆qián ‘prima’:
YĬQIÁNtā bu xı̆huan chı̄ xı̄ cān
PRIMA lei non piacere mangiare cucina occidentale
‘PRIMA a lei non piaceva mangiare all’occidentale’
non pieno raggiungimento del livello A2. Ho collocato questa tipologia di ap-
prendenti nel livello di transizione A1/A2. Con riferimento specifico alle strutture
della lingua, gli apprendenti avevano seguito un percorso di studio sui comple-
menti di tipo esplicito con modalità didattica basata sulla sequenza presenta-
zione-produzione-correzione. Non avevano quindi mai studiato la sintassi del
periodo, del tutto in linea con la programmazione didattica del corso universita-
rio. Inoltre, il test somministrato all’inizio del percorso attestava una competenza
parziale ed esplicita delle strutture sintattiche con trascuratezza nella dimensione
del processing e con focalizzazione isolata di alcuni complementi. Gli appren-
denti, inoltre, incontravano per la prima volta un percorso di GV del quale non
conoscevano le linee teoriche.
In riferimento alle competenze e alle abilità pregresse e coeve previste dai
programmi didattici, l’offerta formativa del corso dell’università SISU, distribuita
nei canonici quattro anni, nel biennio prevede lo studio, in cinese, della lingua
italiana e un corso dedicato alla lettura e comprensione dei testi. Inoltre, sempre
nel biennio, sono attivi i seguenti corsi: al primo anno, lettura intensiva e globale,
ascolto-audiovisivo, orale; a questi insegnamenti al secondo anno sono affiancati
grammatica e scrittura. Per la prima volta nel secondo semestre del 2015, pe-
riodo del mio intervento didattico, il corso di grammatica ha assunto la denomi-
nazione di “sintassi”.
FRASE NUCLEARE
Verbo e significato. La valenza
Nucleo: struttura argomentale
Saturazione del verbo, da monovalente a tetravalente
FN16 completiva soggettiva (argomento soggetto) e oggettiva (argomento oggetto)
Riflessione su frase ed enunciato
Cambio di valenza. Accumulo di valenza di verbi utilizzati con significato secondario
o metaforico: da zerovalenti a bivalenti o trivalenti; da monovalenti a bivalenti. Perdita di
valenza di verbi nell’uso assoluto: da bivalenti a monovalenti
stato un bravo sindaco, la città è sporca e gli autobus non funzionano → Benché la città
sia sporca e gli autobus non funzionino, io sono stato un bravo sindaco)
4.3 La metodologia
Nella prima parte del percorso ho proposto una esposizione esplicita sulla gram-
matica con riflessione sui costituenti linguistici, dagli atomi logico-semantici ai
chunck superiori, e sui processi aggregativi di tipo morfologico e sintattico in cui
sono coinvolti.
L’argomento è stato affrontato con specificità a causa delle caratteristiche iso-
lanti della L1 degli apprendenti, con rari fenomeni di morfologia flessiva (una esau-
stiva trattazione è in Pellin 2010: 159-16817). La riflessione ha riguardato la
terminologia e i concetti di morfema, parola, sintagma (cfr. idem: 160), connettivi,
morfologia, sintassi. L’ultima parte dell’esposizione esplicita con input di riflessione
è stata dedicata a “Come studiamo la sintassi in questo corso” con particolare at-
tenzione alla centralità semantica del verbo e al diverso ruolo esercitato da certi
‘pezzi di lingua’, alcuni indispensabili perché la frase abbia significato, altri non
indispensabili ma utili perché aggiungono significato. Alla riflessione sulla gram-
matica è seguita l’introduzione al concetto di valenza (ho utilizzato la tecnica del
mimo dei verbi18 arricchita dalla scrittura lineare della frase per ogni verbo mimato)
e l’esposizione senza commento degli schemi radiali fino alla frase semplice (ho
utilizzato gli schemi di Sabatini, Camodeca, De Santis 2011 e 2014 e le risorse
Indire19). Subito dopo, in corrispondenza con la riflessione e le attività sulla struttura
argomentale del nucleo, ho introdotto la terminologia valenziale.
Le attività sono state somministrate con diverse procedure facenti capo a tre
varianti: grado di densità degli schemi radiali esibiti, senza o con una o più pa-
role stimolo (ad esempio il verbo); alternanza tra scrittura radiale e linearizzazione
della frase; analisi in plenaria della scrittura radiale o lineare di frasi prodotte
dagli apprendenti. Per le attività di scrittura radiale (con o senza parola stimolo)
e lineare è stato chiesto agli apprendenti di esercitarsi anche al di fuori del con-
testo guidato attraverso input espliciti sul compito da svolgere. La scrittura radiale
ha sempre preceduto la linearizzazione. Lo schema seguente dovrebbe rendere
più perspicua la procedura adottata:
presentazione dello schema radiale con o senza parole stimolo;
scrittura della frase;
analisi di alcune delle frasi prodotte: struttura argomentale e sintassi della frase;
linearizzazione dello schema;
analisi di alcune delle frasi lineari prodotte: struttura argomentale e sintassi della frase.
Percorsi di grammatica valenziale con apprendenti sinofoni 93
L’analisi delle frasi proposte dal docente o prodotte dagli apprendenti ha seguito
un plot standard: individuazione (in successione) di: verbo; soggetto; argomenti;
circostante/i del verbo, del soggetto, dell’oggetto diretto, dell’oggetto indiretto;
espansioni; subordinate. Gli apprendenti di volta in volta coinvolti nell’analisi
sono stati invitati ad evidenziare con lo stesso colore ogni elemento valenziale
della stessa tipologia20. L’emergere di strutture non previste dall’input, ad esempio
le proposizioni subordinate (v. in particolare § 4.6.2), è stato trattato con ulteriori
analisi finalizzate alla riflessione consapevole sulle relazioni sintattiche e seman-
tiche con gli altri elementi delle frasi e con la struttura radiale nel suo complesso.
Propongo un esemplare di analisi, che ricostruisco grazie agli appunti di lezione,
di una frase prodotta dall’apprendente Jiale (livello di ingresso: A2) che è lo svol-
gimento di un compito assegnato per casa:
i.
AL SUO ARRIVO A CASA, la mia compagna di classe Silvia, la bella ragazza con i capelli
corti e neri, studentessa diligente, trovò IMPROVVISAMENTE la lettera d`amore vecchia di suo
ex fidanzato Paolo, NEL CASSETTO SOTTO IL LETTO21
Il docente chiede al gruppo cosa pensa della frase di Jiale e se qualcuno vuole chiederle
qualcosa.
Nifan chiede perché Jiale utilizza l’articolo “la” invece di “una”.
Jiale risponde che le sembra più giusto in questa frase.
Il docente chiede a Jiale se questa Silvia è molto famosa.
Jiale sostiene che un po’ lo è, Jiale rilegge la frase e dopo qualche secondo sostituisce
l’articolo “la” con “una”.
Gli apprendenti che intervengono si dichiarano d’accordo.
Il docente illustra brevemente i diversi significati connessi all’uso dei due articoli in questo
contesto.
La stessa procedura si realizza su input del docente per la posposizione dell’aggettivo
“vecchia” e per l’utilizzo della preposizione semplice “di”.
Jiale antepone l’aggettivo al nome e sostituisce la preposizione semplice con l’articolata.
Jiale classifica gli elementi della frase utilizzando diversi colori.
Yalin si dichiara in disaccordo con Jiale riguardo a “improvvisamente” classificato da Jiale
come espansione e sostiene che si tratta di circostante. Yalin fa alcuni esempi di colloca-
zione dell’avverbio ai margini dell’espansione “al suo arrivo a casa” e di alcuni circostanti
e sostiene che così la frase non è chiara e che quindi l’avverbio è legato al verbo e non
può riferirsi all’intera frase.
Jiale ribadisce la sua scelta e sostiene che si tratta di espansione perché può essere spo-
stata e il significato della sua frase non cambia.
Il dibattito su questo argomento dura cinque minuti circa.
Interviene il docente e afferma che Jiale e Yalin possono intendere e usare “improvvisa-
mente” secondo le proprie convinzioni dato che nessuna ha convinto l’altra e comunque
entrambe hanno sostenuto la propria posizione con argomenti interessanti.
94 Vincenzo Pinello
tiva, strategie che hanno co-occorso a determinare il salto nel testo e negli enun-
ciati a partire dal sistema e dalla frase.
Allo stesso tempo, per il programma di parlato, nel livello del contenuto, sono
stati previsti nuclei concettuali di argomento socio-politico e di costume dal forte
impatto emotivo22. Nel livello della lingua si è data attenzione a forme colloquiali
e marcate, codici dal forte valore identitario e contrappositivo (linguaggio gio-
vanile), aree semantiche marcate sul versante ideologico (lessico colloquiale dello
stereotipo linguistico). Sono stati focalizzati i connettivi di tipo argomentativo. Per
prosodia e intonazione ho utilizzato gli strumenti della GV (Sabatini, Camodeca,
De Santis 2014: 484-490).
L’obiettivo ambizioso di una programmazione di questo tipo è predisporre un
contesto L2 in ambiente LS. Condurre gli apprendenti all’idea e all’uso della lin-
gua variabile, discorsiva, creativa (correlata funzionalmente alla realtà) e allo
stesso tempo categoriale, autosufficiente, sistemica. In breve, realizzare il riflesso
della violazione nel sistema e del sistema nell’enunciato, coinvolgendo le abilità
proprie della scrittura e del parlato.
L’animazione degli schemi radiali, nel passaggio dalla slide della frase SVO a
quella dislocata, mette in evidenza visivamente lo spostamento a sinistra dell’og-
getto e la sua ripresa pronominale.
“Scrivi una frase che, oltre al nucleo, contenga almeno: due circostanti del soggetto, due
circostanti del verbo, due circostanti degli oggetti diretto ed indiretto, una espansione”
e di Lisi:
100 Vincenzo Pinello
viii.
INASPETTATAMENTE, DUE GIORNI FA, il dottor Marco, nuovo direttore del museo, ha spiegato
lentamente e chiaramente, i lavori stupendi di Michelangelo che sono conservati nel
museo DA UN LUNGO TEMPO, ai turisti curiosi e gentili (Lisi, livello di ingresso: A2)
L’analisi semplice del periodo rileva nella frase complessa una principale, due
subordinate causali implicite e una finale implicita. Se si prova a scavare un po’
oltre la linea sintattica e si evidenziano le relazioni valenziali, si può constatare
che Tongxin molto probabilmente ha applicato la struttura valenziale alla subor-
dinazione, in sostanza ha utilizzato le subordinate come espansioni, favorita in
questo dalle attività di trasformazione delle espansioni nominali o preposizionali
in subordinate e dalla riflessione su di esse.
Le causali e le finali sono subordinate extranucleari e quindi non svolgono
la funzione di saturare le valenze del verbo della principale, ma arricchiscono
e precisano il significato del verbo e della principale, motivandola semantica-
mente. Come già precisato, la produzione di Tongxin è la risposta allo stimolo
somministrato dal docente durante una delle ultime lezioni, a programmazione
pressoché conclusa. Ricordo che lo stimolo chiedeva: sulla base di quanto stu-
Percorsi di grammatica valenziale con apprendenti sinofoni 101
diato in questo corso, scrivete una frase su un fatto importante che avete vissuto
o saputo. Le proposizioni causali e finali nella sequenza acquisizionale delle
subordinate occupano i primi posti (insieme alle temporali)27 (Giacalone Ramat
1994b). Tongxin e gli altri apprendenti hanno avuto modo di esercitarsi con
esse in prospettiva valenziale per quasi tre mesi durante i quali, attraverso le
nominalizzazioni e le attività di trasformazione degli argomenti nucleari, dei
circostanti e delle espansioni, hanno incontrato e praticato l’idea della trasfor-
mabilità, della intercambiabilità e della estensibilità del materiale linguistico.
Insomma: hanno conosciuto l’idea e la prassi della ‘frase dinamica’ (come di-
namiche sono le relazioni nel mondo delle quali la sintassi è riflesso). Le richia-
mate proprietà di trasformazione, intercambio, estensione, che caratterizzano
le frasi manipolate, ineriscono sia la dimensione semantica che quelle della
sintassi della frase e del periodo. A tal proposito, va notato che Tongxin inanella
tre circostanti dell’oggetto indiretto con costruzione a grappolo che arricchi-
scono a loro volta il carico semantico, pervaso anche da non lieve funzione
espressiva. Come evidente risulta l’apporto semantico-sintattico della frase mi-
nima e delle due frasi semplici introdotte da due espansioni (“il giorno dopo”,
in una piazza vicino all’università”). Non sfugge inoltre l’utilizzo del pronome
che richiama l’elemento nominale dell’espansione (“quaderno di appunti”). L’ar-
ticolata rete semantica e sintattica non si limita ad attestare un eventuale suc-
cesso del percorso valenziale, ma, aspetto molto interessante, appare una
pressione del testo e degli enunciati sul sistema e sulle frasi. Insomma, si can-
dida ad attestare la “fuga” verso il testo.
Nella produzione di Ruyan si vede come la “fuga” nella testualità si possa
realizzare anche all’interno dell’area che delimita i circostanti e comprende quindi
anche il nucleo. Di seguito la versione lineare della frase:
x
Claudia, una ragazza bella con gli occhi blu che ha molti ammiratori ha detto sommes-
samente e velocemente a Gianni, il ragazzo più bello della classe, a cui piace giocare
a pallacanestro ogni sera nella scuola, anche con un carattere dolce e gentile un segreto
privato e nascosto nell’interno del suo cuore da tanti anni (Ruyan, livello di ingresso: A2)
A questo stadio, come anche nel caso della produzione di Tongxin, c’è da
chiedersi fino a che punto abbia senso parlare di sistema e testo e operare di-
stinzioni. L’ipertrofia spontanea nella dimensione sintattica e la dilatazione se-
mantica negli elementi nucleari e circostanziali, si configurano piuttosto come
espressioni di avvicinamento al testo. Quasi certamente perché, partire dalla
struttura e lavorare sulla struttura, non solo prepara al testo e all’enunciato, ma
anche può condurre ad essi, con variabile grado di consapevolezza dell’ap-
prendente.
Mi sembra paradigmatico il caso della produzione di Wenlan scaturita, come
si ricorderà, dall’input “Scrivi una frase che, oltre al nucleo, contenga almeno:
due circostanti del soggetto, due circostanti del verbo, due circostanti degli og-
getti diretto ed indiretto, due espansioni, una proposizione relativa” (v. § 4.6.1).
In quell’occasione, proprio in merito alla produzione di Wenlan, abbiamo riflet-
tuto per un verso sulla non trascurabile efficacia espressiva, per altro verso sulla
perfetta struttura valenziale e frasale, rintracciando in questa armonia spie di te-
stualità. È utile adesso leggere un’altra produzione di Wenlan anch’essa prodotta
nella prova finale. L’input, identico per la struttura valenziale, non contempla la
relativa ed è posizionato 8 domande-input prima:
xi.
SOTTO LA LUCE DEBOLE, la madre, soave ma povera, ha cucito un bel bianco maglione di
lana a sua figlia simpatica di 16 anni (Wenlan, livello di ingresso: A2).
scurabile forza espressiva. Non si tratta dei classici (e molto potenti) indicatori
di testualità, quali ad esempio perdita o accumulo di valenza del verbo nel-
l’uso metaforico, punteggiatura e, per quanto riguarda i testi narrativi, avverbi
frasali, congiunzioni testuali, congiunzioni utilizzate come segnali fatici, ecc.
In questo ‘testo’ la funzione espressiva deviante dalla frase-sistema è ricono-
scibile in esiti lessicali e retorici con incisivo valore semantico e in costruzioni
tipiche dell’intensità poetica, i quali determinano quelle condizioni di elevata
libertà interpretativa del ricevente:
– l’aggettivo “soave”, segnato da vaghezza semantica;
– la serie “aggettivo+nome+aggettivo” (“bel maglione bianco”) e l’elisione della
vocale finale nel primo elemento, costruzione con chiara evocazione poetica;
– l’ossimoro nella forma non antitetica28 (“soave ma povera”), anch’esso tipico
costrutto dei testi letterari e poetici in particolare, semanticamente vago e con
basso grado di vincolo.
Se con una semplice attività di manipolazione (che possiamo condurre come una
sorta di esperimento mentale) nella produzione di Wenlan eliminiamo l’aggettivo
“soave”, fissiamo l’ordine nome+aggettivo+e+aggettivo e saniamo l’elisione o
addirittura eliminiamo del tutto il lessema interessato (“bel”), (ovvero, cassiamo
vaghezza semantica e stilemi poetici), ricomponiamo una frase della tipologia
testuale “molto vincolante”, con forte vincolo linguistico e ridotta libertà interpre-
tativa del ricevente. A tal proposito non deve sfuggire che in più sedi (Sabatini
1998, Sabatini 2011) trattando delle relazioni tra dimensione del sistema e di-
mensione testuale, è stato chiarito che il testo normativo, appartenente alla macro-
tipologia dei testi molto vincolanti, “è quello che più si avvicina alla forma del
sistema virtuale della lingua. Possiamo dire che in questo tipo di testo il sistema
virtuale della lingua si realizza anche come oggetto testuale” (Sabatini 1998:
137). Di converso, riferendoci alle produzioni esaminate, si può dire che la frase
cede rigidità in relazione all’incidenza della forza espressiva, determinandosi in
qualche modo il “riflesso” espressivo nella forma-sistema. Una proposta di deno-
minazione (sempre che sia necessaria) potrebbe essere ‘frase-testo’. Una frase-
testo di questo tipo è quella che più si avvicina all’enunciato e alla testualità.
L’incedere della funzione espressiva, perlomeno nelle frasi-testo del mio campione,
non è un fenomeno isolato. Di seguito presento un elenco di esemplari dai quali
emerge la pressione testuale sia nel co-testo dei lessemi e delle espressioni lessi-
cali, sia nel contesto semantico, nel discorso della narrazione. Sono quasi tutti
circostanti e qualche espansione, da notare il primo punto in elenco, una frase
semplice utilizzata dall’apprendente come circostante:
ti voglio bene – contesto semantico: dedica che Paolo ha scritto sul libro regalato alla
sua fidanzata Maria (Tianyu, livello di ingresso: A1/A2)
104 Vincenzo Pinello
In questo paragrafo e nel successivo, sulla base di quanto emerso dalle produ-
zioni degli apprendenti nelle diverse fasi della programmazione, propongo un
ragionamento sulla questione della sequenza acquisizionale delle subordinate
(argomento all’attenzione degli studiosi e degli specialisti da almeno un venten-
nio), ma in prospettiva valenziale30.
L’area occupata dalla frase semplice, che comprende le completive e le rela-
tive, è un territorio molto delicato, anche per alcune implicazioni di carattere di-
dattico soprattutto nella fase di programmazione. Riguardo alle completive, è
noto e consolidato l’orientamento che non le comprende nella classe delle subor-
dinate vere e proprie in quanto essenzialmente argomentali. Le relative, costru-
zioni proposizionali che modificano e arricchiscono gli argomenti nucleari, vanno
incluse nella classe e nell’area dei circostanti per le loro caratteristiche semantiche
e sintattiche.
Coerentemente a questa progressione, il programma in Sabatini, Camo-
deca, De Santis 2011 colloca le completive subito dopo l’ampia unità dedi-
cata al nucleo e ai suoi argomenti; l’unità è intitolata “Le trasformazioni del
nucleo: le frasi completiva” e propone schemi valenziali per le soggettive e le
oggettive dirette e indirette31. Seguendo l’identico principio progressivo, la pro-
grammazione situa le relative nella parte dedicata ai circostanti: subito dopo
la specifica trattazione di questi ultimi e prima dell’unità che si occupa delle
espansioni. La frase complessa e le subordinate o avverbiali sono collocate
dopo le espansioni.
La progressione appena illustrata però è difforme dalla sequenza acquisizio-
nale della subordinazione individuata in letteratura fin dai primi pioneristici lavori
(Giacalone Ramat 1999a, 1999b) che dispongono completive e relative alla
fine del ciclo di apprendimento: giustapposizione > coordinazione > avverbiali32
> completive e relative (addirittura alle avverbiali è riconosciuta una fase di si-
gnificativa continuità con la coordinazione).
La discrasia tra progressione della GV e progressione sequenziale attestata
dalla bibliografia di settore comporta problemi e riflessioni che investono non
solo la teoria acquisizionale ma di riflesso anche la prassi didattica, in quanto
pone il docente che ha deciso di attuare un percorso di GV di fronte alla scelta
di sacrificare o l’ordine valenziale o quello attestato in letteratura.
Deve inoltre considerarsi che tale quadro problematico investe non solo i con-
testi di apprendimento e insegnamento L1 (ai quali il più volte richiamato Sabatini,
106 Vincenzo Pinello
1
Oltre Simone 1974, devono essere ricordati perlomeno Altieri Biagi 1987, Andorno, Ribotta
1999, Sabatini 2004 e 2007, Lo Duca 2004, 2017, Corrà, Paschetto 2011, Serianni
2016. In questo settore, e con particolare riferimento allo studio e alla riflessione sull’“eclettismo
teorico e la scarsa funzionalità delle prescrizioni” (Serianni 2011:74), molto fertile si è dimo-
strata l’analisi di struttura, contenuti e impianto metodologico delle grammatiche scolastiche,
per la quale si vedano gli ormai classici Simone, Cardona 1971 e Serianni, Benedetti 2009.
2
Sulla perdita di centralità del testo e della grammatica nella didattica dell’italiano L2/LS mi
permetto di rimandare a Pinello 2014.
3
In tale direzione vanno le “Indicazioni nazionali per il curriculo della scuola dell’infanzia e
del primo ciclo d’istruzione” (2012).
4
A tal proposito vanno tenute nel dovuto conto le osservazioni di Andorno (2011: 45-46)
in merito alla funzione delle riformulazioni rilevata in produzioni orali di apprendenti sinofoni
guidati: “L’apprendente sembra […] monitorare costantemente la propria produzione, e gli
enunciati [ovvero le riformulazioni] sono il prodotto di una pianificazione molto accurata, di
cui restano vistose tracce nella produzione e che riduce molto la fluenza dell’eloquio” (idem:
46).
5
Posizione di medesimo segno è espressa in Sabatini 2004 e 2007: “Ciò che si stenta a ri-
conoscere in questo campo è che la definizione dei cosiddetti complementi […] è un tentativo
di inquadrare in concetti tipo (colpa, pena, mezzo, prezzo, fine, causa, vantaggio, modo, di-
stribuzione, ...) la nostra visione del mondo (azioni umane, eventi vari), ma per quanto si voglia
essere sottili, l’interpretazione di tali espressioni finisce con l’essere approssimativa e contro-
versa” (Sabatini 2007).
6
Gli “attanti”, termine utilizzato da Tesnière, sono gli ‘attuali’ “argomenti”: “Gli attanti sono gli
esseri o le cose che, a un titolo qualunque e in qualsiasi modo, anche a titolo di semplici figu-
ranti e nel modo più passivo, partecipano al processo» (Tesnière ([1959] 2001: 73). È evi-
dente il riflesso nel termine “attante” della metafora del “dramma in miniatura”.
108 Vincenzo Pinello
7
Tornerò più volte su questi concetti, in particolare v. § 2.3 (circostanti, espansioni), § 3.5
(espansioni).
8
Su grammatica valenziale e lingua cinese vanno segnalati anche Yuan 2010 e Zhou
2011.
9
Mi trovavo in quel semestre a Chongqing all’Università SISU come visiting professor nell’am-
bito dell’accordo di collaborazione, attivo dal 2011, tra questa Università cinese e l’Ateneo
di Palermo. Referente dell’accordo per l’Università palermitana è Mari D’Agostino direttrice
della Scuola di Lingua italiana per Stranieri e professore ordinario di linguistica italiana. La
collaborazione tra i due atenei, nel corso degli anni, ha dato vita a numerose attività didattiche
e di ricerca, oltre a una intensa e reciproca mobilità internazionale di studenti e docenti. Nel-
l’ambito di questo accordo di collaborazione ho avuto modo di conoscere e di insegnare a
più di trecento apprendenti sinofoni di italiano dell’Università SISU. Infatti, dal 2011 (e dal
2015 con Giuseppe Paternostro), su incarico della referente Mari D’Agostino, coordino le at-
tività didattiche e formative delle residenze degli studenti SISU che a Palermo studiano italiano
e curo l’organizzazione delle residenze degli studenti dell’Università di Palermo che a Chon-
gqing studiano cinese presso il Dipartimento stranieri SISU.
10
Secondo i dati illustrati in “La comunità cinese in Italia. Rapporto annuale sulla presenza
dei migranti” del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (dati 1 gennaio 2016), negli
ultimi 6 anni la presenza di cinesi in Italia è cresciuta del 25,15%. Vi risiedono 333.986
cinesi dei quali il 25,9% sono minori. Il dato complessivo rappresenta l’8,5% del totale degli
immigrati non comunitari in Italia, terzo valore dopo marocchini e albanesi (rispettivamente,
13% e 12,3%) e unico in crescita (+0,5%; -1,5 marocchini, - 3,1 albanesi). Nel 2015, il
numero di permessi di soggiorno in Italia rilasciati a cittadini cinesi per motivi di studio è
stato pari al 34,3% del totale, secondo solo al numero di permessi rilasciati per motivi di fa-
miglia (53,1%).
11
Si veda, ad esempio, Della Putta 2008 che in merito propone le seguenti considerazioni:
“il cinese e l’italiano sono due lingue tipologicamente molto distanti e tale fattore strutturale in-
cide in modo molto forte sul percorso di apprendimento degli allievi” (idem: 53). “Analizziamo
qui alcune caratteristiche strutturali che rendono il cinese e l’italiano due lingue profondamente
diverse. Si tratta della morfologia del nome, del sistema verbale, della struttura della frase e
delle frasi relative. Scegliamo questi quattro elementi come base del nostro studio in quanto li
riteniamo i principali fautori della forte interferenza linguistica fra i due sistemi e, quindi, i prin-
cipali responsabili degli errori o, più in generale, delle difficoltà incontrate dagli studenti sino-
foni” (idem: 55).
12
Si pensi a tempo, aspetto, modo del verbo. Per quanto riguarda la sintassi, medesimo ordine
dei costituenti nelle frasi e relazione di posizione tra verbo e quantificatore in contesti morfo-
verbali equivalenti.
13
Mastromarco, nel suo bel manuale sul Total Physical Response, nota: “Molti alunni cinesi
per esempio, probabilmente educati ad una diversa modalità di apprendimento, hanno mo-
strato un certo disorientamento di fronte alle prime lezioni TPR in cui non viene chiesto né di
scrivere, né di ripetere o di svolgere compiti a casa, ma di ascoltare, muoversi e giocare.
Questo disagio viene comunque superato in tempi brevi perché gli apprendenti sperimentano
in prima persona i vantaggi di un approccio poco ansioso e soprattutto quando cominciano
a percepire i progressi nella comprensione della nuova lingua (Mastromarco 2010: 3).
14
La prima attestazione del termine yufa risale alle “traduzioni di opere grammaticali indiane
[…] come equivalente del sanscrito viakarana ‘grammatica’ (Sun, 1999: 6-7; 2002: 151).
Ma forse, anche perché parola di origine straniera, il concetto di yufa rimase sempre piuttosto
lontano ed alieno alla cultura cinese, adatto a parlare di un elemento culturale proprio di
lingue straniere ma difficilmente applicabile al cinese” (Pellin 2010: 154). Nello stesso saggio,
più avanti si legge: “scorrendo semplicemente i titoli di numerosi contributi in riviste accademi-
che di linguistica e glottodidattica cinese, pare che nella maggior parte di essi, quando si
parla di yufa jiaoyu ‘didattica della grammatica’, di solito ci si riferisca alla didattica delle lin-
gue L2/LS e non della LM [Lingua madre] cinese” (idem: 157).
Percorsi di grammatica valenziale con apprendenti sinofoni 109
15
Per la precisione, la struttura della frase cinese è tema (gruppo nominale) + sequenza SVO
(rema) (cfr. Della Putta 2008: 58).
16
FN= frase nucleare; Og=Oggetto; D=diretto; I=indiretto; V=verbo; E=espansione; FS=frase
semplice; FC=frase complessa.
17
“La prima differenza riguarda il diverso peso di sintassi e morfologia nelle due lingue. […]
Infatti, in cinese nella maggior parte dei casi, determinate informazioni (come il genere, il nu-
mero, il tempo, il grado dell’aggettivo, nonché la stessa categoria sintattica, ecc.) vengono
espresse mediante l’unione di parole in sintagmi; considerato inoltre che le regole di creazione
di parole più spesso applicate (quelle di composizione) ricalcano quelle sintattiche di creazione
delle frasi, si comprende come il peso della sintassi sia decisamente rilevante. La seconda
grande differenza fra le due grammatiche è che nella grammatica cinese gran parte delle in-
formazioni […] sono espresse in maniera implicita. [..] La terza grande differenza fra cinese
e italiano consiste nella presenza in italiano delle cosiddette regolarità e irregolarità […], so-
prattutto nella coniugazione dei verbi e nella flessione dei nomi, mentre in cinese queste irre-
golarità morfologiche non esistono” (Pellin 2010: 161, 162).
18
I verbi proposti allo studente-mimo erano “sbadigliare” (monovalente), “aprire” (bivalente),
“dare” (trivalente). Ho conoscenza del mimo dei verbi applicato alla GV grazie a una speri-
mentazione, approdata a risultati lusinghieri e che ho letto in Gabrielli 2011, coordinata da
Silvia dal Negro dell’Università di Bolzano.
19
In particolare, Notarbartolo s.d.
20
Le frasi venivano proiettate su uno schermo tv in dotazione alla classe.
21
Grassetto: elementi del nucleo. Sottolineato: circostanti. Maiuscoletto: espansioni.
22
Di seguito, i nuclei concettuali del corso di parlato: il Sessantotto in Italia e in Europa; la ri-
voluzione femminile alla fine degli anni Sessanta; i diritti dei lavoratori; le donne lavoratrici:
diritti e negazione dei diritti; omosessualità, società, diritti; il gay pride; interazioni e lingue
del mondo giovanile.
23
Il processo di perturbazione che adopero nelle mie attività didattiche è affine alla traslazione
teorizzata da Tesnière che segnala il passaggio di una parola ad altra categoria grammaticale
(v. § 2.4).
24
Le attività di perturbazione creativa devono molto a strategie e procedure della letteratura po-
tenziale (per la quale si consulti http://www.oplepo.it/). Da diversi anni utilizzo la letteratura
potenziale nella didattica dell’italiano per stranieri di tutti i livelli linguistici e il connubio con la
GV si è rilevato fertilissimo. Ad esso si deve il percorso didattico approdato all’intervista sulla
poesia a Milo De Angelis (adesso in De Angelis 2017: 105-110) realizzata nell’ambito del
programma del corso di Letteratura italiana con il gruppo apprendente del terzo anno dell’Uni-
versità SISU di Chongqing. Nell’ambito di tale percorso didattico le tecniche di letteratura po-
tenziale (ad esempio, poesia per antinomia) si sono rivelate anche potenti sollecitatori di riflessione
meta-discorsiva (ad esempio, sui concetti di vaghezza semantica e ossimoro in poesia).
25
L’assenza di circostanti dell’oggetto indiretto non rileva ai fini dell’eventuale valutazione del
successo del task valenziale. Tra l’altro, potrebbe ipotizzarsi che l’apprendente Qiuyue, per-
fettamente in grado comprendere e gestire l’input, abbia deliberatamente scelto di evitare la
iper-saturazione semantica della frase.
26
Utilizzo i due termini per come sono definiti dalla teoria dei testi. Un testo efficiente richiede
basso sforzo interpretativo del destinatario, viceversa, un testo efficace impegna il destinatario
in una interpretazione cognitiva elevata. Un articolo di cronaca che informa il destinatario in
maniera chiara e sintetica su dove, come, dove, quando e perché il fatto è accaduto e chi
sono i soggetti coinvolti, è un testo efficiente. Lo stesso fatto di cronaca può essere raccontato
con efficacia espressiva attraverso metafore, catafore testuali, insistendo nella aggettivazione,
ecc., quindi richiedendo al destinatario un elevato sforzo cognitivo ai fini dell’interpretazione.
27
Di uguale tenore le conclusioni di Berruto 2001 il quale, in un’indagine con apprendenti di
italiano con diversa L1, osserva che “perché” e “quando” emergono prima del “che relativo”
e del complementatore, rilevando di conseguenza la precocità della subordinazione avverbiale
rispetto a quella non avverbiale.
110 Vincenzo Pinello
28
Illuminanti a tal proposito le parole di uno dei più importanti poeti contemporanei: “Posso
solo aggiungere che prediligo, tra le varie forme di ossimoro, quella dove un termine non è
l’esatto contrario dell’altro. I due termini cioè non devono formare un’antitesi perfetta ma piut-
tosto dare vita a un contrasto profondo e illuminante. Non tanto dunque il “silenzio rumoroso”
e nemmeno il “presente eterno” ma piuttosto “il naufragar m’è dolce in questo mare” che chiude
L’infinito leopardiano” (De Angelis 2017: 108-109, corsivo nell’originale).
29
Vanno considerati altri elementi dei quali qui non mi occupo, come ad esempio, la possibilità
di lavorare sui connettivi grazie alla duplice funzione di tipo cognitivo-visivo espressa dallo schema
radiale: isolamento rispetto agli elementi che connettono:rilievo di tali connessioni.
30
È qui opportuno richiamare l’elementare principio di linguistica acquisizionale il quale av-
verte che la semplice presenza di una struttura linguistica (in questo caso ascrivibile alla di-
mensione della sintassi) nelle produzioni di un apprendente, non deve essere interpretata come
prova di piena acquisizione di tale struttura. E infatti, quando in questa sede si sostiene, dopo
che lo si è osservato, che un’attività di GV sollecita la comparsa della subordinazione, non si
vuole certo intendere che l’apprendente sia in grado di usare regolarmente e con naturalezza
la frase subordinata nel suo parlato quotidiano.
31
Segue l’unità dedicata ad altri tipi di trasformazioni di frase basica delle quali qui non mi
occupo. Si tratta di quelle trasformazioni che non incidono sulla valenza ma sul contenuto in-
formativo e sull’intonazione e danno luogo a frasi interrogative, imperative, desiderative, con-
cessive (semplici), esclamative e frasi di senso negativo.
32
Utilizzo la classificazione che in qualche modo oppone le avverbiali alle completive e relative
per la loro funzione di modificatori del sintagma verbale. Le avverbiali comprendono temporali,
causali, consecutive, concessive, ipotetiche, strumentali esclusive e limitative, ecc. Giacalone
Ramat 1999a riconduce la precocità delle avverbiali al fatto che non sono incassate. Schema
di riferimento molto utile è senz’altro la classificazione in Graffi (1994: 128-130) basata sui
criteri di modalità, dipendenza, polarità, diatesi, segmentazione. Inoltre, le “frasi come costituenti
di altre frasi” e in particolare le frasi dipendenti, sono classificate: “secondo il tipo del loro rap-
porto con la principale”: argomentali (soggettive, completive, interrogative indirette); circostan-
ziali; relative (libere – restrittive, con antecedente – appositive); “secondo la loro forma”:
esplicite; implicite (infinitivali, gerundive, «frasi ridotte») (idem: 129-130).
33
Illuminante in tal senso il fatto che i lavori bibliografici sulla sequenza acquisizionale che
cito in questa sede fanno riferimento ad apprendenti con L1 diversa dalla lingua obiettivo. Al-
cune di queste ricerche, ad esempio quelle dell’osservatorio di Pavia sui sinofoni, utilizzano
dati ricavati da lunghi periodi di osservazione delle interlingue di centinaia di apprendenti.
34
La mia programmazione (v. § 4.2) in un solo punto è difforme dalla sequenza proposta in
Sabatini, Camodeca, De Santis 2011: la posizione delle concessive che prevedo dopo le
eccettuative. Infatti, in questo testo, l’ordine completo per le subordinate è il seguente: causali,
concessive, finali, temporali, ipotetiche, modali, avversative, eccettuative, esclusive, limitative.
35
Il fenomeno è interessante anche a fronte della limitatezza dell’acquisizione delle relative attestata
da Banfi (2003b: 92) in apprendenti sinofoni in contesto L2 “di contro alla sensibile frequenza
nelle loro IL di altri tipi di subordinazione” (ibidem): “Le occorrenze di singole FRel [frasi relative]
sono infatti, nelle singole IL [interlingue] dei sinofoni, scarse o nulle; quando emergono, perlopiù
esse sembrano l’esito di routines […] acquisite quindi in modo meccanico oppure risultano dubbie
o comunque discutibili sul piano interpretativo”. Molto opportunamente Banfi osserva: “Tale circo-
stanza è tanto più strana in quanto le FRel sono, nell’input dell’italiano colloquiale (oltre che, evi-
dentemente, nell’italiano standard) estremamente frequenti sì da potere essere considerate senz’altro
parte del nucleo forte delle F [frasi] subordinate della lingua obiettivo” (ibidem). Le notazioni appena
lette mi sollecitano a dedicare ulteriore attenzione ai risultati della ricerca oggetto di questo articolo
in prospettiva di approfondimenti futuri, tanto più che il contesto LS è il più povero per esposizione
degli apprendenti alla lingua obiettivo, soprattutto alla varietà colloquiale. Tra i motivi strutturali
della precarietà della relativa nella interlingua di apprendenti sinofoni, Banfi individua la sua po-
sizione prenominale nella lingua cinese, a differenza della quasi totalità delle lingue del mondo
SVO, italiano compreso, nelle quali occupa la posizione postnominale (idem: 94-101).
Percorsi di grammatica valenziale con apprendenti sinofoni 111
36
Si ricorda che gli apprendenti avevano già incontrato in precedenza questa e altre strutture
sintattiche in un percorso sui complementi con focalizzazione isolata, con modalità didattica
basata sulla sequenza presentazione-produzione-correzione (v. § 4).
37
Un’utile discussione su questo tema è in Chini 2010.
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Fra cinese e italiano
Fra cinese e italiano
Il volume è diviso in due parti. La prima intende offrire un quadro aggiornato sulla di-
dattica dell’italiano per apprendenti sinofoni. I saggi, opera di studiosi impegnati in que-
sto settore sia per quanto riguarda la ricerca scientifica che la pratica didattica, esplorano
i temi e gli strumenti più cruciali e innovativi dell’insegnamento e dell’apprendimento del-
l’italiano: il rapporto tra grammatica e riflessione sulla lingua, la grammatica valenziale,
l’autobiografia linguistica, la testualità, il Task-Based Language Teaching, il laboratorio
Esperienze didattiche
teatrale.
Uno degli aspetti indagati, divenuto da grande interesse negli ultimi anni, è la questione
della supposta resistenza degli apprendenti sinofoni a modelli e pratiche di didattica non
tradizionale. Nei saggi, gli autori, utilizzando studi di diverso orientamento e presen-
tando dati raccolti sul campo delle loro attività didattiche, mettono in discussione tale as-
a cura di Chen Ying, Mari D’Agostino, Vincenzo Pinello, Yang Lin
sunto che peraltro sembra essere stato alimentato da alcuni stereotipi nati in ambiente
occidentale.
Gli interventi delle studiose cinesi propongono da un lato dei resoconti aggiornati sul-
La seconda parte (suddivisa in due sezioni) presenta i primi risultati di un originale e re-
cente settore di attività: il rapporto e il contatto tra la letteratura italiana e la lingua e la
cultura cinese.
Nella prima sezione viene presentato un estratto dell’e-book 3 scrittori italiani: Evelina
Santangelo, Francesco Maino, Viola di Grado, frutto del laboratorio permanente di tra-
duzione in lingua cinese formato dagli studenti di italiano dell’Università SISU, molti dei
quali in residenza di studio a Palermo.
La seconda sezione è dedicata a Milo De Angelis ed è aperta da un’intervista sulla poesia
al grande poeta realizzata da cinque studentesse del corso di italiano dell’Università SISU.
Segue la traduzione in cinese di quattro sue poesie precedute da una nota critica dei traduttori
e da un intervento dello stesso De Angelis.
Il volume è uno dei prodotti della collaborazione tra la Sichuan International Studies Uni-
versity (SISU) di Chongqing e l’Università di Palermo e la sua Scuola di Lingua italiana
per Stranieri.
Interventi di Luisa Amenta, Marcello Amoruso, Chen Ying, Milo De Angelis, Matteo Di
Gesù, Viola Di Grado, Du Yinping, Mari D’Agostino, Geng Jian, Fabrizio Leto, Li Yilin,
Francesco Maino, Giuseppe Paternostro, Domenica Perrone, Vincenzo Pinello, Evelina
Scuola di Lingua italiana per Stranieri
7
Santangelo, Tan Taotao, Wu Xiaoya, Yang Lin, Zhang Mi, Zhang Zhi Yi
Università di Palermo