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DISTURBI ALIMENTARI Roberta Porcaro 5E

Cibo e cultura storica: riflessioni di partenza

La tradizione, l’identità di un gruppo sociale e la cultura di appartenenza sono spesso espresse


attraverso il linguaggio culinario che diventa non solo mezzo di sopravvivenza ma vera e propria
condivisione di regole, tradizioni e di vissuti. La cucina e il cibo da sempre hanno ispirato
cambiamenti, invenzioni e soprattutto contaminazioni di culture diverse, nate da una fusione di varie
identità. Anche senza entrare nello specifico dei cambiamenti culinari dei diversi periodi storici,
possiamo capire l’importanza del significato simbolico che il cibo ha assunto e soprattutto
soffermandoci sull'attributo “grasso” possiamo vedere come si è passati da un’accezione positiva di
esso in una società caratterizzata da guerre, carestie e povertà, ad un’accezione negativa nella
società moderna dove il “corpo grasso” diventa una zavorra, un ostacolo per l’accettazione sociale,
per il lavoro e per il benessere. Si passa quindi sempre di più da un corpo edonizzato in cui le forme
diventano rappresentative di una persona ricca che doveva essere stimata e trattata in modo
superiore, ad un corpo ragionato e sempre più costruito. Il convivio, da sempre luogo di scambio e
condivisione, diventa luogo di presenza fugace, sempre più ragionato e sede di dialogo razionale.
Proprio partendo da queste premesse forse si può ragionare sull’emergere di una patologia in un
determinato periodo storico e sullo stretto rapporto tra organismo e ambiente che porta a
considerare il cibo e l’utilizzo di esso come mezzo di evoluzione e sviluppo di caratteristiche idonee
all’integrazione sociale.
Abbiamo sottolineato come il cibo abbia un’importanza cruciale e valenza sociale di scambio, infatti
attraverso di esso condividiamo paure, gioie, intenzioni creando sia uno scambio intimo con noi
stessi, sia coesione con gli altri nei momenti di ritrovo a tavola. Nell'ambito delle riflessioni
sull'importanza del cibo non si deve sottovalutare una componente importante culturale che è l’atto
del “nutrire”, che si carica di valori e significati simbolici di relazione, comunicazione e amore. Il cibo
quindi, che è sempre stato un importante mezzo con cui noi costruiamo la nostra rete sociale, ma
anche la nostra soggettività, oggi diventa spesso nemico, in una realtà in cui gli elementi
dell’individualismo, della profonda
solitudine e dell’insicurezza sono forse
quelli che più caratterizzano la società
moderna.
Il cibo ma soprattutto il momento della
tradizione conviviale legata ad esso,
vengono visti quasi come simbolo del
legame di dipendenza dal contesto familiare, diventando nemici del sogno moderno dell’autonomia
estrema a tutti i costi. L’uomo della società moderna è un uomo frenetico, irrequieto e sempre in
movimento, che ricerca continuamente il suo centro in obiettivi sempre nuovi; proprio in questo
vortice di continuo cambiamento diventa impensabile il riposo, l’essere fermo, anzi diventano
pensabili solamente se si trovano in una cornice definita e socialmente accettata, per questo
sentiamo l’esigenza di riposarci facendo paradossalmente attività che ci costringono a fermarci, per
questo cerchiamo nelle pratiche diffuse di mindfulness di riconquistare lo stare nel presente e
godere di ciò che sentiamo. Nella solitudine psicologica che contraddistingue la nostra società, il
disagio e la frustrazione quotidiana, non possono essere tollerati, cosi si ricorre subito a gratificazioni
che tolgono la fonte del nostro stress.
I disturbi alimentari: Cosa sono e perché si manifestano?

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) o disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono
tutte quelle patologie che coinvolgono il rapporto tra l’individuo e il cibo. Esse sono caratterizzate da
un’alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il proprio peso e per
le forme del corpo. I disturbi dell’alimentazione sono espressione di un profondo malessere
interiore, tutta la vita della persona sembra organizzarsi attorno alla paura di ingrassare che spesso si
configura come una vera e propria ossessione e che porta la persona a sperimentare con forte ansia
anche le più semplici attività quotidiane come uscire a mangiare fuori con amici e famigliari.

Decidere di curarsi è già un importante traguardo

Per la maggior parte delle persone con disturbo


dell’alimentazione, la consapevolezza di avere un
problema è scarsa e la paura di affrontare un
cambiamento fortissima. La ricerca continua della
magrezza, il mangiare senza controllo, le diete
estreme, l’uso del vomito o dei lassativi, possono
essere visti dalla persona che soffre di disturbi
dell’alimentazione non tanto come un disturbo,
ma piuttosto come una soluzione ai propri
problemi. Il disturbo dell’alimentazione infatti è così ‘pervasivo’, cioè impegna così tanto la mente
delle persone che ne soffrono, da portare all’illusione di poter tenere lontani gli altri problemi della
vita. In realtà, invece, molti problemi sono causati proprio dal disturbo alimentare stesso.
Questo è il motivo per cui molte persone affette da disturbi dell’alimentazione (soprattutto nelle fasi
iniziali della malattia) non chiedono aiuto o rifiutano addirittura un approccio terapeutico. Molti
studi epidemiologici hanno riscontrato che solo una minoranza di soggetti affetti da questi disturbi
presenti nella popolazione generale chiede un aiuto terapeutico. Non sempre le persone che
giungono nei centri specialistici hanno già maturato una vera e propria decisione di voler
intraprendere una terapia per cercare la guarigione dal disturbo. In ogni caso, il contatto terapeutico
permette in questi casi perlomeno di aprire un dialogo e di poter
monitorare le eventuali complicanze sia mediche che psicologiche. Se
una persona con disturbo dell’alimentazione non è ancora in grado di
intraprendere un vero e proprio trattamento, viene di solito iniziato
quello che viene definito da molti centri un ‘percorso motivazionale’,
ossia un percorso psicologico che ha lo scopo di portare la persona a
desiderare il cambiamento e la guarigione.
Essere ‘motivati’ al cambiamento vuol dire:
 riconoscere di avere un disagio (consapevolezza)
 sentire che la situazione crea una notevole quota di sofferenza
 credere nella possibilità di cambiare (senso di efficacia)
 essere disponibili a “mettersi in gioco”
 avere la forza e il coraggio di chiedere un aiuto.
Milioni di persone nel mondo ne sono affette, ma quali sono le diverse tipologie di malattie?

I principali disturbi dell’alimentazione sono:

-l'anoressia nervosa (AN), si verifica quando una persona cerca di


mantenere il proprio peso corporeo molto al di sotto della norma,
facendo ricorso a digiuni e ad intensa attività fisica

-la bulimia nervosa (BN), si manifesta quando


una persona alterna momenti di alimentazione incontrollata (abbuffate) a
momenti in cui si provoca il vomito o prende lassativi, nel tentativo di non
far aumentare il peso corporeo

-il disturbo dell’alimentazione incontrollata(DAI - abbreviato in inglese: BED, binge eating


disorder), si verifica quando una persona sente l’impulso incontrollabile di consumare grosse
quantità di cibo in poco tempo e, subito dopo, è assalita da un’intensa sensazione di sconforto per
ciò che ha fatto

I manuali diagnostici descrivono, inoltre una gamma di condizioni intermedie, i cosiddetti disturbi
dell’alimentazione non specificati (DANS) che, pur presentando somiglianze con l’AN, la BN e il DAI,
non corrispondono pienamente ai criteri diagnostici fissati per essi. Questi sono ad esempio:
l’obesità, l’ortoressia, il picacismo e il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo. Colpiscono
soprattutto adolescenti e giovani adulti con una prevalenza maggiore nel sesso femminile per quanto
riguarda l’anoressia e bulimia nervosa, mentre per il disturbo dell’alimentazione incontrollata
l’incidenza è maggiore nel sesso maschile.

Quali sono i sintomi?

Al di là delle caratteristiche cliniche dei singoli disturbi, è possibile


identificare alcuni comportamenti tipici di un disturbo
dell’alimentazione:

 la diminuzione dell’introito di cibo,


 il digiuno,
 le abbuffate (mangiare una grande quantità di cibo in poco tempo con la sensazione di
perdere il controllo),
 comportamenti volti a controllare il peso come vomito, utilizzo di lassativi o diuretici
 il ricorrere ad un’eccessiva attività fisica

Anche se i fattori predisponenti un individuo ai disturbi alimentari sono complessi e


multidimensionali, vi è ampio accordo nel riconoscere un ruolo importante alle componenti
sociali.

Soffrire di un disturbo dell’alimentazione sconvolge la vita di una persona e ne limita le sue capacità
relazionali, lavorative e sociali. Per la persona che soffre di un disturbo dell’alimentazione tutto ruota
attorno al cibo e alla paura di ingrassare. Cose che prima sembravano banali ora diventano difficili e
motivo di ansia, come andare in pizzeria o al ristorante con gli amici, partecipare ad un compleanno
o ad un matrimonio. Spesso i pensieri sul cibo assillano la persona anche quando non è a tavola, ad
esempio a scuola o sul lavoro; terminare un compito può diventare molto difficile perché nella testa
sembra che ci sia posto solo per i pensieri su cosa si “deve” mangiare, sulla paura di ingrassare o di
avere una crisi bulimica.

I fattori di rischio che accrescono la probabilità di sviluppare un disturbo dell’alimentazione


includono:

 Storia familiare in cui sono presenti persone con disturbi dell'alimentazione, depressione o
abuso di sostanze
 Critiche ricorrenti sulle proprie abitudini alimentari, l'aspetto fisico e il peso corporeo
 Eccessiva attenzione a mantenersi magri, soprattutto se combinata con una necessità
lavorativa, come accade per esempio per ballerini, modelle e atleti di alcune discipline, o con
la pressione sociale
 Tratti di personalità ossessiva, disturbi d'ansia, bassa autostima, tendenza al perfezionismo
 Esperienze particolari, come abusi fisici e psicologici o la morte di una persona cara
 Relazioni difficili con familiari, colleghi o amici
 Situazioni particolarmente stressanti al lavoro, a scuola o all'università

Perché insorge il disturbo dell'alimentazione?

Rispondere al perché insorge il disturbo è spesso faticoso e complicato per mille aspetti differenti tra
loro.

Fattori Sociali: una delle cause principali


Gli aspetti sociali sono una grande area da prendere in considerazione, infatti esistono nel contesto
sociale numerose convinzioni riguardo il peso e le forme corporee derivanti da regole culturali e di
costume; in una cultura che premia la magrezza e conferisce spesso ad essa il sinonimo di
accettabilità e amabilità è ipotizzabile che persone con bassa autostima, difficoltà nelle relazioni ed
elevata ansia sociale sviluppino questo tipo di disturbi intraprendendo una dieta per ottenere
l’approvazione sociale. Naturalmente ciò non significa che la nostra cultura sia la responsabile di
tutto, ma possiamo affermare che alcune caratteristiche di essa possono rappresentare dei fattori di
rischio per le persone più vulnerabili. La percezione che la persona ha del proprio aspetto ovvero il
modo in cui nella sua mente si è formata l’idea del suo corpo e delle sue forme, sembrano
influenzare la sua vita più della sua immagine reale. Spesso chi soffre di anoressia non riesce a
giudicare il proprio corpo in modo obiettivo; l’immagine che rimanda lo specchio è ai loro occhi
quella di una ragazza coi fianchi troppo larghi, con le cosce troppo grosse e con la pancia troppo
“grande”. Per le persone che soffrono di bulimia nervosa l’angoscia può essere ancora più forte per il
fatto che il fatto di perdere il controllo sul cibo fa percepire il peso corporeo (che molto spesso è
normale) come eccessivo. Sia nell’anoressia nervosa che
nella bulimia nervosa, la valutazione di sé stessi dipende in
modo eccessivo dal peso e dalla forma del proprio corpo. La
forma del proprio corpo diventa un metro fondamentale di
giudizio su di sé, tanto che acquistare peso può essere
vissuto come un evento catastrofico, con effetti devastanti
sull’equilibrio psico fisico. Il dimagrimento e l’autocontrollo
possono essere rinforzati da molti fattori sociali, come i
complimenti degli amici, i riconoscimenti etc… Ricevere
complimenti per un’azione porta naturalmente a pensare di
essere bravi e capaci, questo innesca un meccanismo di
rinforzo automatico poiché la persona inizia un dialogo
interno in cui inizia a complimentarsi da sola per aver controllato il cibo ingerito. Una componente
molto importante è la capacità che la persona perde di registrare con precisione il senso della fame e
della sazietà continuando, spesso, a mangiare senza avvertire il segnale di “stop” e il senso di sazietà
e cadendo nell'abbuffata, oppure saltando pasti sani senza sentire le richieste del proprio corpo.
L’incapacità di inserirsi in un ritmo nutrizionale equilibrato ha conseguenze negative sia a livello
fisico che emotivo, determinando uno stato di ansia e angoscia continui, legati alla perdita del
controllo e al tentativo di gestire, quindi, sia il cibo e l’alimentazione che tutti gli altri aspetti della
propria vita.
È facile capire, di conseguenza, come l’insoddisfazione corporea e una forte preoccupazione per il
proprio aspetto fisico sono le più rilevanti e immediatamente variabili che conducono allo sviluppo
di un disturbo alimentare.
Oltre ai comportamenti già descritti, tipicamente riconducibili a chi soffre di un disturbo
dell’alimentazione, vi sono altri tipi di sintomi riscontrabili nei DCA:
l’ansia spesso legata alla paura di non riuscire ad uscire dalla propria condizione e all’aver perso il
controllo di quest’ultima. Essa si manifesta spesso attraverso attacchi di panico, palpitazioni,
sudorazione, tremore, vertigini, agorafobia e paura di stare in luoghi affollati, tutte situazioni
spiacevoli che possono avere una notevole ripercussione sulla vita sociale. Oltre all’ansia, frequente
è la depressione che si manifesta attraverso la perdita di
interessi, la tendenza all’isolamento, la perdita di energie,
disturbi del sonno, della concentrazione e dell’appetito.
Spesso vi è anche irritabilità, inquietudine e sbalzi di umore.
Tra le emozioni più frequenti troviamo vergogna, disgusto e
senso di colpa che spesso interferiscono con la richiesta di
aiuto.
Solo una piccola percentuale, infatti, di persone che soffre di un disturbo alimentare riesce ad
ammettere la gravità della propria condizione, ma soprattutto a chiedere aiuto. Molto spesso, infatti,
la consapevolezza di avere un problema, specie nelle fasi iniziali di malattia, è molto scarsa e la paura
di affrontare un qualsiasi cambiamento è molto elevata.
Gran parte delle persone che hanno problemi con il proprio comportamento alimentare pensa che il
cibo sia il motivo principe delle loro stesse difficoltà, ma non è così. Non è colpa né del cibo né della
propria mancanza di volontà. Le difficoltà legate al controllo del cibo possono essere un indizio del
fatto che ci sono in gioco difficoltà emotive più profonde.

Il cambiamento è possibile.

L’approccio più efficace per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione è quello multidisciplinare e
integrato che vede la collaborazione di diverse figure professionali quali medici, nutrizionisti e
psicologi che si occupino in modo integrato dei diversi aspetti di questi disturbi.
Tra i diversi interventi, in particolare, il percorso di psicoterapia risulta indispensabile per poter
ristabilire un’adeguata percezione dell’immagine corporea e per mettere parola ai vissuti e alla
sofferenza psicologica che il disturbo porta con sé. Con l’aiuto di terapeuti esperti è possibile
aumentare la consapevolezza circa le cause profonde della propria sofferenza, delle emozioni
associate e dei pensieri distorti circa la relazione con il cibo. L’obiettivo è quello di sviluppare abilità
specifiche per gestire meglio le proprie emozioni senza ricorrere all’utilizzo del cibo.

Diffusione dei disturbi dell’alimentazione

Non esistono dati condivisi dalla comunità scientifica, italiana e internazionale, sul numero di
persone colpite da disturbi dell’alimentazione a causa della mancanza di uniformità dei criteri presi
in considerazione per accertarli (diagnosticarli) e per la mancanza di studi eseguiti sull'intera
popolazione.
In Italia, alcuni studi pubblicati rilevano una percentuale compresa tra lo 0.2 e lo 0.8% per l’anoressia
e dell’1-5% per la bulimia, in linea con i dati forniti dagli altri paesi. Una ricerca condotta su un
campione complessivo di 770 persone di età media pari a 25 anni, tutte con una diagnosi di un
disturbo dell’alimentazione, che si sono rivolte ad un’associazione per lo studio e la ricerca
sull'anoressia, la bulimia, i disordini alimentari e l'obesità, ha rilevato una percentuale del 70,3% di
bulimia nervosa, del 23,4% di anoressia nervosa, del 6.3% di disturbi dell’alimentazione non
specificati per lo più corrispondenti a obesità. Nel campione analizzato, l’età in cui il disturbo è
comparso per la prima volta è risultata compresa tra i 15 e i 18 anni, con due picchi (15 e 18 anni)
che rappresentano due periodi evolutivi significativi, quello della pubertà e quello della cosiddetta
autonomia, del passaggio alla fase adulta, rilevati anche in molti altri studi sul tema.
Anoressia nervosa e bulimia nervosa colpiscono con maggiore frequenza le giovani donne (16-17
anni per la prima, 18-19 per la seconda) ma oggi l'età di esordio si è abbassata e non è raro trovare
disturbi del comportamento alimentare anche tra bambini e pre-adolescenti.
Il disturbo da alimentazione incontrollata, invece, colpisce indifferentemente maschi e femmine di
età compresa tra i 30 e i 40 anni. Secondo gli esperti, il 3.5% delle donne e il 2% degli uomini hanno
avuto questo disturbo nel corso della loro vita.

La cura dei disturbi dell’alimentazione

Se una persona con disturbo dell’alimentazione non si cura può avere delle ripercussioni negative sul
suo rendimento scolastico o lavorativo e sulle relazioni familiari o sociali in genere. In qualche caso,
le conseguenze di alcuni disturbi dell’alimentazione sull'organismo possono rivelarsi addirittura
mortali. La guarigione può richiedere tempi lunghi e per il successo della terapia è importante che la
persona colpita voglia stare meglio e abbia il supporto di
familiari e di amici.
Nei casi più gravi la cura (trattamento) di questi disturbi deve
avvenire presso centri specializzati in cui siano presenti figure
professionali diverse che garantiscano un attento controllo nel
tempo (monitoraggio) delle condizioni fisiche oltre all'aiuto per
affrontare gli aspetti psicologici alla base del disturbo. Il
trattamento include:

 terapia cognitivo-comportamentale (CBT), ha lo scopo di modificare ciò che una persona


pensa di una determinata situazione e, di conseguenza, il suo modo di agire
 psicoterapia interpersonale (IPT), consente di affrontare le difficoltà nei rapporti con gli altri
che sono alla base dei disturbi dell’alimentazione
 counselling nutrizionale, terapia che aiuta la persona a seguire una dieta sana
 terapia familiare, coinvolge i membri della famiglia nella discussione sull'impatto dei disturbi
dell’alimentazione sulla loro vita e sulle loro relazioni
 farmaci, antidepressivi come gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI),
per citarne alcuni, possono essere utilizzati nel trattamento della BN o del DAI.

A questo proposito, l'American Psychiatric Association (APA, 2012) ha ben delineato le tappe
fondamentali del trattamento nei disturbi dell’alimentazione:

 diagnosticare e trattare le complicanze mediche


 aumentare la motivazione e la collaborazione al trattamento
 aumentare il peso corporeo (nell’anoressia)
 ristabilire un’alimentazione adeguata
 affrontare gli aspetti sintomatologici (dieta, digiuno, vomito, abuso di lassativi, diuretici,
iperattività)
 correggere i pensieri e gli atteggiamenti patologici riguardo al cibo e al peso
 curare i disturbi psichiatrici associati al disturbo dell’alimentazione
 cercare la collaborazione e fornire sostegno ed informazioni ai familiari
 aumentare il livello di autostima
 prevenire le ricadute

Consigli: ecco alcune cose che si possono fare quando parli con un tuo caro che soffre di disturbo
alimentare:
 Pensa a quello che vuoi dire e assicurati di sentirti informato.
 Scegli un posto in cui entrambi vi sentite al sicuro e non sarete disturbati
 Non avere un atteggiamento aggressivo, lascia che la persona sia disponibile a parlare
 Scegli un momento in cui nessuno dei due si sente arrabbiato o turbato.
 Evita qualsiasi momento appena prima o dopo i pasti.
 Tieni a disposizione alcune informazioni a cui puoi fare riferimento se sei in grado di farlo.
Potresti condividerle con la persona che soffre o lasciarla guardare da sola
 Cerca di non centrare la conversazione su cibo e / o peso. Mentre potrebbe essere
necessario sollevare questo argomento per spiegare perché sei preoccupato, ma sono temi
cui le persone che soffrono di disturbo alimentare sono particolarmente sensibili. Alla radice,
i disordini alimentari riguardano ciò che la persona sente piuttosto che il modo in cui tratta il
cibo
 Se vuoi fare riferimento ad alcuni comportamenti che ti preoccupano, cerca di non far
sentire la persona osservata. Cerca inoltre di non farla sentire con le spalle al muro nè di
usare un linguaggio che potrebbe sembrare accusatorio (”Hai voglia di parlare di come ti
senti” è un approccio più delicato di “Hai bisogno di aiuto” ad esempio)
 Cerca di evitare di arrabbiarti e non lasciarti
scoraggiare dagli insuccessi
 Rassicura il tuo caro che sarai lì quando sarà
pronto e che sei preoccupato per il suo
benessere
 Non aspettare troppo a lungo prima di
avvicinare nuovamente la persona. Potrebbe
sembrare ancora più difficile della prima
conversazione, soprattutto se non era stata
positiva, ma se sei ancora preoccupato, tacere non sarà di aiuto. Ricorda, i disturbi
alimentari prosperano nel segreto
 Se la persona riconosce di aver bisogno di aiuto, incoraggiala a cercarlo il più rapidamente
possibile. Offriti di andare con lei dal medico di famiglia se lo ritiene utile
 Se la persona ti dice che non c’è niente di sbagliato nel suo comportamento, tieni presente
che potrebbe essere malata anche se non se ne rende conto. Negare che ci sia un problema
è comune: nel caso dell’anoressia, è considerato un sintomo della malattia.

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