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ORSINA

Le contraddizioni della democrazia

Il progetto democratico ha in sé contraddizioni, che non può sottovalutare: «occorre un complicato


esercizio pratico di manutenzione delle contraddizioni, di costante correzione, di saggio
bilanciamento».
Una prospettiva storico-sociologica (la democrazia nel Novecento) è un presupposto teorico (A. de
Tocqueville).
Sul problema delle contraddizioni interne al progetto democratico: R. Aron (Le disillusioni del
progresso, 1969); M. Gauchet; N. Matteucci (Il liberalismo in un mondo in trasformazione, 1972);
W. Bockenforde (La formazione dello Stato moderno come processo di secolarizzazione, 1967, tr.it.
Morcelliana 2006).
Contraddizioni strutturali della democrazia:
W. Bockenforde: «Lo stato liberale secolarizzato vive di presupposti che non è in grado di
garantire» (tr.it. a pag. 68).
Tesi di Orsina: La crisi del Politico (completamente emersa oggi) ha in parte le sue ragioni di fondo
nelle contraddizioni strutturali della democrazia.
Una tale crisi prevista da acuti osservatori: da A. de Tocqueville (1805-1859), da sociologi, filosofi
e storici: come Josè Ortega y Gasset (1883-1955; vedi: La ribellione delle masse, 1929); Johan
Huizinga (1872-1945; storico olandese; L’autunno del Medioevo; Homo Ludens; La crisi della
civiltà, 1935, tr.it. 1937).
Che cos’è la democrazia?
Una Weltanschauung, non un semplice sistema istituzionale:
«La promessa che ciascun essere umano abbia pieno e assoluto controllo sulla propria esistenza,
conducendola dove meglio crede, e la pretesa da parte degli esseri umani che quella promessa sia
mantenuta» (G.O.).
A. de Tocqueville, La democrazia in America (1832-1840; tr.it. Utet, 1968).
«L’uguaglianza, che rende gli uomini indipendenti gli uni gli altri, fa sì che si prendano l’abitudine
e sentano la voglia di non seguire, nelle loro azioni personali, altro che la loro volontà. Questa
indipendenza assoluta, di cui godono continuamente nei confronti dei loro uguali e nella pratica
della loro vita privata, li induce a guardare con scontentezza ogni autorità, e suggerisce loro l’idea e
l’amore della liberà politica. Gli uomini che vivono in questi tempi camminano dunque lungo una
china che li porta naturalmente verso libere istituzioni» (Voll. II, p. 15 della tr.it.).
Autodeterminazione soggettiva e limiti etici:
Come può funzionare, alla lunga, una società fondata sulla promessa-pretesa di piena
autodeterminazione soggettiva? Può fare a meno di considerare il problema dei limiti a questa
autodeterminazione individuale?
È nella «logica democratica» la tendenza a demolire i presupposti su cui si fonda un sistema
democratico. L’analisi di Tocqueville:
1) l’assetto sociale democratico influenza profondamente quanti ne fanno parte: «crea
opinioni, fa sorgere sentimenti, suggerisce usanze e modifica tutto ciò che non crea
direttamente» (A. d. T., p. 15, tr.it. cit.)
2) Il rischio: che la democrazia «crei una folla innumerevole di uomini simili ed uguali che
non fanno che ruotare su sé stessi, per procurarsi piccoli e volgari piaceri con cui saziano il
loro animo».
Una sorta di banalizzazione della libertà individuale che apre la strada ad una forma di dispotismo
morbido
Effetti «negativi» del contesto democratico:
1. Il modo in cui si conosce la realtà. Si tende alla superficialità di giudizio, si vive in fretta e si
privilegia la dimensione pragmatica dell’esistenza; la ricerca ossessiva del benessere materiale è
d’ostacolo ad una vita di studio e di riflessione. Il cittadino democratico tende a confidare
unicamente nelle proprie opinioni: «Ciascuno si chiude, dunque, strettamente in sé stesso e
pretende, da qui, di giudicare il mondo» (A. d. T., tr.it. p. 492);
2. Sterilità spirituale, perseguimento di un benessere materiale mediocre. Assenza di vere e grandi
passioni. Impossibilità di raggiungere una uguaglianza assoluta: risentimento e insoddisfazione.
«Incerti, bramosi, inquieti, pronti a cambiare parere a cambiare posto, …»
3. L’assetto sociale democratico tende a isolare gli uomini gli uni dagli altri. Crescente estraneità
reciproca. «Non esiste che in sé stesso e per sé stesso, e se ancora possiede una famiglia, si può dire
per lo meno che non ha più patria» (A. de T., 812). Un isolamento anche diacronico.

«La trama dei tempi si rompe ad ogni istante» (A. d. T.):


Perdita di «profondità temporale» che caratterizza le democrazie
Affievolirsi della solidarietà intergenerazionale
Prevalere di un’ottica di breve periodo
Quali contrappesi?
1. La religione dice T., può svolgere la funzione di riportare al centro dell’esistenza umana
questioni alte e rilevanti, di restituire all’uomo e alla società «ambizioni più alte», «un senso più
vasto della solidarietà umana»: stretto legame fra religione e libertà: «sono incline a pensare, dice
T-, che se l’uomo non ha fede bisogna che serva, e, se è libero, che creda». Il dispotismo può anche
non curarsi della fede, ma non la libertà.

Contrappesi e rimedi:
2. Partecipazione alla vita pubblica e associazionismo civile e politico;
3. socialità; avere il senso di un bene comune per il quale sapersi sacrificare
Il profilo di un cittadino capace di sostenere il buon funzionamento di una democrazia:
Orsina: «Un individuo che rinuncia ad approfittare fino in fondo della promessa di
autodeterminazione assoluta che gli vien fatta perché così gli impongono dei rigidi principi etico-
religiosi, o utilitaristici-razionali, oppure di semplice buon senso dettato dall’esperienza».
«L’assenza di limiti esterni si regge sulla presenza di limiti interni, la promessa pubblica di
autodeterminazione sulla capacità privata di autolimitazione».
La democrazia e l’uomo-massa:
Con la Prima guerra mondiale tramontano definitivamente «le antiche gerarchie e gli antichi
equilibri» che in un qualche modo avevano anche svolto una funzione di contrappeso degli effetti
negativi della democratizzazione. La grande guerra ha svolta la funzione di un «acceleratore» dei
processi di democratizzazione. Crisi del liberalismo.
Tramonto del «Mondo di ieri» di Stephan Zweig, T. Mann.
Come si arriva e si realizza un regime di uguaglianza?
Effetti negativi del processo rivoluzionario: disintegrazione dei legami sociali
Due «guide» per comprendere quanto avviene fra le due guerre nella società europea: Ortega Y
Gasset e J. Huizinga;
Non sono due pensatori avversi alla modernità e alla libertà, anche se propongono una analisi per
certi versi drammatica. Come per Tocqueville, anche per questi autori il cammino verso la
modernità e la democratizzazione delle condizioni di vita è irreversibile.
La modernità presenta due facce: quella della emancipazione e quella del nichilismo:
Entrambi, Ortega e Huizinga, assunsero posizioni fortemente contrarie ai sistemi totalitari.
«La civiltà occidentale ha smarrito non soltanto i principi etici della tradizione che le consentivano
di separare il bene dal male, ma pure i parametri di lettura della realtà grazie ai quali distingueva il
falso dal vero» (G.O.).
Una dimensione intellettuale: il pensiero diventa antinomico; difficoltà di ogni giudizio valutativo;
epoca del dubbio;
«Perché vi sia una civiltà occorre che vi sia un ideale, una meta, un orientamento, «uno sforzo
essenzialmente omogeneo» e collettivo.
Huizinga: in assenza di un principio-guida «le diverse tendenze culturali dell’età contemporanea
non possono confluire altro che nella triade: benessere, potenza, sicurezza, cioè ideali più fatti per
dividere che per unire».
Crisi di civiltà, èlites intellettuali, uomo-massa:
In esse si verifica «un vero e proprio tramonto del bisogno di verità»; dominano i sofismi;
L’alfabetizzazione, la diffusione dell’istruzione e dell’informazione non coincide necessariamente
con un innalzamento vero di civiltà e della cultura vera. L’istruzione, se non elaborata
personalmente e profondamente «rende sotto-istruiti» (!!).
Ortega y Gasset: parla di trasformazione dell’individuo in uomo-massa:
Ortega divide l’umanità in due classi di creature:
«quelle che esigono molto e accumulano sopra sé stesse difficoltà e doveri, e quelle che non
esigono nulla di speciale, se non che per esse vivere consiste nell’essere a ogni momento ciò che già
sono, senza sforzo di perfezione su sé stesse, galleggianti che vanno alla deriva» (tr.it. p. 814; non
riportato da Orsina).
Diagnosi del nostro tempo:
L’uomo massa: «Il fatto caratteristico del momento è che l’anima volgare ha l’audacia di affermare
il diritto della volgarità e lo impone dovunque» (p. 816; non riportato da Orsina).
La massa travolge tutto ciò che è differente, egregio, individuale, qualificato, selezionato: «Chi non
è come tutti, chio non pensa come tutti, rischia di essere eliminato. Ed è chiaro che questo ‘tutti’
non è ‘tutti’. ‘Tutti era normalmente l’unità complessa di massa e minoranza. Adesso ‘tutti’ è solo
la massa» (p. 817).
«La nostra vita, come repertorio di possibilità, è magnifica, esuberante, superiore a tutte le esistenze
note nel corso della Storia. Ma, per il fatto stesso che il suo formato è di dimensioni maggiori, essa
ha valicato tutte le direttive, i principi, le norme gli ideali trasmessi dalla tradizione. È più viva di
tutte le altre vite, e nello stesso tempo è più problematica. Non può orientarsi sulla scia del passato.
Deve inventare il proprio destino» (p. 838, non rip. da Orsina.
L’UOMO-MASSA: PREPARATO GIA NEL XIX SECOLO:
Ortega: «L’Europa di oggi è desocializzata o, che è lo stesso, mancano principi di convivenza che
siano vigenti e a cui si possa ricorrere» (p. 970)
Hegel, Comte, Nietzsche avevano perfettamente previsto l’avvento di questo nuovo tipo umano:
o Illimitata facilità materiale;
o Una vita priva di impedimenti;
o libera espansione dei desideri vitali;
o radicale ingratitudine verso quanto ha reso possibile la facilità della sua esistenza:
l’uno e l’altro tratto costituiscono la nota psicologica del bambino viziato. Viziare è
non limitare i desideri;
o Al contrario di quanto si suole credere, è l’essere selezionato, e non la massa, a
vivere in essenziale servitù. Non ha per lui senso la vita se non la fa consistere a
servizio di qualcosa di trascendentale. Per questo non considera la necessità di
servire come un’oppressione. (p.850).
Che cos’è cultura?
Dice Ortega:
«La maggiore o minore cultura si misura dalla maggiore o minore precisione delle norme. Dove c’è
poca cultura, queste regolano la vita soltanto grosso modo; dove ce n’è molta, le norme penetrano
sin nei dettagli nell’esercizio di tutte le attività».
«la civiltà non è altro che un tentativo di ridurre la forza a ultima ratio. Adesso cominciamo a
vedere tutto ciò con chiarezza, perché l’azione diretta consiste nell’invertire l’ordine e proclamare la
violenza come prima ratio, a rigore come unica ragione. Essa è la norma che propone
l’annullamento d’ogni norma, che sopprime ogni azione intermediaria fra il nostro proposito e la
sua imposizione» (p. 858):
Per la prima volta la storia europea pare affidata alla decisione dell’uomo volgare in quanto tale.
La diserzione delle minoranze direttrici:
Il rovescio della ribellione delle masse è sempre la diserzione delle minoranze direttrici. Secondo O.
l’origine di questa ‘diserzione’ va ricercata nell’Ottocento.
Dopo la Seconda guerra mondiale, ritorna la democrazia liberale. Debolezza etico-politica della
democrazia nel dopoguerra. Una fragilità compensata da tre fondamentali contrappesi:
1. chiara delimitazione tra sfera pubblica e le sfere del mercato e del privato. Quale percezione degli
anni Cinquanta? Orsina: come un decennio repressivo sui luoghi di lavoro, nella sfera familiare,
personale e sessuale. Repressivo per il prevalere ancora di valori tradizionali. Cita Judt:
«l’immagine stereotipata degli anni Cinquanta – noiosi, rigidi, sterili e asfissianti – è in gran parte
un mito» (nota 47, p. 41-42).
«Irrigidirsi della disciplina nel privato e sui luoghi di lavoro. Per Orsina questo ha contribuito a
riconvertire l’uomo-massa in un cittadino funzionale alla democrazia.

La morale sessuale:
Orsina:
Per quel che riguarda i comportamenti personali, i contestatori dei tardi anni Sessanta sbagliavano
nel leggere il clima repressivo del dopoguerra come un segno di continuità col fascismo. Almeno in
Germania, la morale sessuale degli anni Trenta, per quanto rigorosamente costretta dentro il
perimetor dell’ideologia nazista, era significativamente più permissiva di quella di vent’anni dopo
(cita: D. Herzog, Sex after Fascism. Memory and Morality in Twentieth-Century Germany,
Princeton, Princeton University Press, 2005). Un regime costruito su rigidi confini politici esterni,
insomma, non aveva gran bisogno di confini morali interni – e viceversa».
Contrappesi:
2. Secondo contrappeso: Un’opera di depoliticizzazione. Salvaguardare il governo della sfera
pubblica dai potenziali danni del conflitto politico democratico. Limiti rigidi. Costituzioni rigide.
Anche l’integrazione sovranazionale svolge questo compito, cioè nasce per limitare il tasso di
democraticità del continente. Tenere insieme le democrazie nazionali attraverso vincoli reciproci
(Europa). Aumento dle tasso tecnico dell’attività di governo. Tecnici al posto di politici.
3. Terzo contrappeso: contro l’iperdemocrazia. Non un esercizio diretto, ma per delega e
mediazioni. Le tre nuove costituzioni in Europa (Italia, Germania, Francia) inseriscono istanze di
mediazione fra elettore e luoghi della decisione. Scoraggiano cioè il ricorso a istituti di democrazia
diretta. Limitazioni al ricorso al referendum. Parlamenti bicamerali. No a figure monocratiche elette
direttamente dal popolo. È l’età dell’oro del partito politico. Orsina sul partito: «una creatura
bifronte che per un verso si fa tramite della partecipazione dei cittadini...ma per un altro verso ne
irrigimenta la partecipazione 2. Secondo contrappeso: Un’opera di depoliticizzazione.
Salvaguardare il governo della subordinandola al rispetto di valori, vincoli ne norme - ossia li
disciplina».
Principio della delega versus iperdemocrazia:
I «delegati», cioè i professionisti della politica. Emergere di grandi figure: L. Einaudi, W. Churchill,
K. Adenauer, A. De Gasperi, R. Schuman, etc.
Che cos’è l’iperdemocrazia?
«La pretesa dell’’uomo-massa’ di governare di persona prima riduce la capacità della collettività cui
egli appartiene di autodeterminarsi politicamente, e poi degenera nell’’iperpolitica’ totalitaria».
Un’apolitica senza mediazioni, senza partiti.
Sui tre contrappesi alla logica liberale della autodeterminazione individuale:
1. L’autodeterminazione individuale viene fatta valere nella sfera pubblica, ma molto meno in
quella privata e familiare. Qui resistono gerarchie tradizionali. 2. Nella sfera pubblica, in ogni caso,
sono contrappesi all’iperdemocrazia organismi internazionali, logiche tecnocratiche, gerarchie della
competenza. 3. Rafforzamento del principio della delega.
«Perché gli europei rinunciarono alla piena autodeterminazione e accettano nuovamente le
gerarchie?»
H. In La crisi della civiltà: parla di indispensabile purificazione degli spiriti
O. y G. ne La ribellione delle masse: «l’uomo massa non bada a ragioni, e apprende solamente nella
sua stessa carne»
L’esito fu il totalitarismo, combattuto sia da H. che dà O.: la Seconda guerra mondiale produce un
profondo desiderio di normalità
Revival religioso: accresciuto prestigio delle Chiese e successo delle forze politiche di ispirazione
cristiana.
Max Weber: il disincantamento del mondo e il destino della ragione:
«A chi non sia in grado di sopportare virilmente questo destino della nostra epoca bisogna
consigliare di tornare al silenzio, senza la consueta conversione pubblicitaria bensì schiettamente e
semplicemente, nelle braccia delle antiche chiese, largamente e misericordiosamente aperte» (da:
La scienza come professione, in: Il lavoro intellettuale come professione, tr.it. Einaudi, 1983, p. 42);
«In ogni caso bisogna compiere il sacrificio dell’intelletto», in un modo o nell’altro, «in favore di
una incondizionata dedizione religiosa».
«Ci metteremo al nostro lavoro e adempiremo al ‘compito quotidiano’».
«Ciò è semplice e facile, quando ognuno abbia trovato e segua il demone che tiene i fili della sua
vita».
La guerra fredda: sua funzione nel legittimare le gerarchie:
 Una seconda risposta:
La presenza del blocco sovietico è utilizzata dalle élites postbelliche per «rafforzare lo scheletro
etico-politico della democrazia liberale», per legittimare le gerarchie e le limitazioni imposte alla
«autodeterminazione individuale».
 Una terza risposta: Il tema del benessere.
«Lo sviluppo economico rimette in moto il marchingegno tocquevilliano dell’’interesse ben inteso’:
gli individui non sostengono la democrazia, accettandone tutti i limiti e le incongruenze, per ragioni
etiche o religiose, ma perché capiscono che è nel loro interesse personale farlo. Hanno raggiunto un
livello di vita soddisfacente, prevedono di poterlo incrementare ulteriormente, e non vedono per
quale ragione dovrebbero mettere in pericolo un buon presente e un futuro migliore».
Memoria della catastrofe bellica, guerra fredda, benessere:
Secondo Orsina «la ricostruzione postbellica del cittadino adatto alla democrazia» ha radici non
strutturali ma congiunturali». Radici che affondano in un terreno utilitaristico, assai più che etico
Il revival religioso stesso ha avuto carattere più contingente che duraturo; in realtà il processo di
secolarizzazione è notevolmente avanzato nel lungo periodo
Prevalere dell’ipocrisia. Nessuna vera catarsi né la «purificazione» invocata da Huizinga. (Ma su
questo vedi anche A. Del Noce, L’epoca della secolarizzazione).
Se le ragioni che legittimano la liberaldemocrazia hanno davvero avuto un carattere così
contingente, allora si chiede Orsina:
«Quanto tempo può passare...prima che gli individui smettano di ritenere utile autolimitarsi, e
ricomincino a pretendere che la promessa democratica di autodeterminazione integrale sia
integralmente mantenuta?»
A partire dagli anni Settanta stabilità, benessere, libertà (scambiati per normalità) perdono terreno.
Boom economico, «gloriosi trent’anni», è stato una parentesi nella storia.

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