In architettura la luce è spesso funzionale, vengono richieste normative, valori da rispettare ma mi sono sempre chiesto (forse anche per le mie origini nell’illuminazione teatrale) è proprio questa l’unica luce per illuminare l’architettura? È questa l’unica luce per illuminare un oggetto, un edificio? Per rispondere a queste domande bisogna pensare a come il teatro utilizza la luce per creare una drammaturgia scenica e come questa luce può influire ed essere utilizzata in architettura. A teatro la luce viene trattata come se fosse una materia plastica, solida un elemento scenografico da poter modellare dirigere in ogni punto della sala, cambiare nel corso del tempo; luce tempo sono due attori inseparabili per poter comprendere l'illuminazione di uno spettacolo; questi due fattori che entrano in gioco in un’architettura dinamica, fluida soggetta al cambiamento. La bellezza del teatro e dell’illuminazione è la bellezza dell’effimero il cambiamento inatteso capace di creare mondi e realtà all’interno di scatola buia, mi vengono in mente ora i primi esperimenti di Wagner o Adolphe Appia. Ciò che rende magica la luce a teatro è quindi il modo in cui che riesce trasmettere emozioni, suggestioni, effetti di sorpresa illuminando una storia in costante cambiamento che avviene in un momento preciso e irripetibile e questa luce non può essere fissata se non parzialmente; allo stesso modo la luce in architettura, per essere magica deve trasmettere emozioni e adattarsi al trascorrere del tempo. La luce rende l'architettura di per sé immobile in continuo mutamento.
Questo mutamento è l’ingrediente essenziale affinché si
crei un ambiente in cui il fruitore non si senta stanco ma vivo curioso in un ambiente anch’esso vivo. Perché la luce sia mobile ci deve essere un rapporto mobile tra figura e sfondo: la luce sfondo si deve fare figura e viceversa.
Perché la luce non sia scontata bisogna capirla e per
capirla bisogna darle una forma. Ma qual è la forma della luce? La luce non ha forma, non ha un contorno, invade tutto lo spazio e per dare forma ci vogliono quindi dei confini, dei contenitori; si potrebbe fare questo paragone con l’acqua. L'acqua non ha forma: è fluida e in un certo senso immateriale ed è il suo contenitore a darle forma. E i contenitori, i confini della luce altro non sono che l'ombra, il confine fra ciò che è in luce ciò che non lo è. Lo spazio buio l'ombra sono i recipienti della luce liquida attraverso cui quest'ultima si fa materia. La luce entra in tal modo nei quadri di Caravaggio, nella roccia di Chillida, diviene forma all'interno del Pantheon, nei patii delle case da Grafton a Barragan a Turrel.
Per progettare un’illuminazione bisogna innanzitutto
creare un paesaggio di luce in cui immergersi e lasciarsi andare alle emozioni, tracciare i confini dello spazio in cui ci troviamo, capire i confini della luce e dell'ombra lasciandosi alle spalle le regole standardizzate dell’illuminazione perché entreranno in gioco in un secondo momento quando le emozioni si saranno delineate definitivamente. Un progetto d’illuminazione nasce infatti dalle interazioni di un corpo con lo spazio in cui si trova, della percezione dei suoi limiti, dei suoi contorni, della sua forma e materialità e dalle immagini infine che questo spazio provoca in una persona e la luce segna i confini di questo spazio in cui il corpo agisce. For this reason when I explain the techniques of lighting I always refer to the music score. If you want to play, it is not enough to know the notes but a conductor is requested to interpret the music and create an harmony between all different instruments. Similarly lights are like the dots on the music score. To illuminate it is worth nothing to know the technical properties of the lighting fixtures but we need to create a harmony between them. Therefore lighting means creating harmonies, evaluating the environment that surrounds us.
Lo scopo dell'architetto delle luci è quello di illuminare il
corpo o l’oggetto dell’azione e al contempo quello di creare una determinata atmosfera; deve fare da mediatore, regolatore deve focalizzare, lasciare in ombra, individuare suggestioni che stimolano il fruitore a immaginare uno spazio. S’illumina uno spazio per trasformarlo in un paesaggio luminoso che trova il suo fondamento articolandosi dialetticamente con gli spazi d'ombra. Pensiamo sempre come portare la luce all’interno dell’architettura, come illuminare uno spazio, come quindi controllare la luce ma mai si pensa come controllare il buio, come gestire le ombre. Le ombre gli spazi bui sono un elemento strutturale di un’opera costruita e senza di essi non vi sarebbe neppure la luce o perlomeno non vi sarebbe una luce adatta a decifrare a vivere un’architettura; l'ombra dev’essere analizzata e usata sotto le sue principali valenze: quella funzionale, legata alla definizione dei volumi e delle gerarchie spaziali e quella simbolica e narrativa Tutto il processo di intendimento della luce e dell'ombra sua opposta ci porta a capire come trasformare finalmente la luce per farla penetrare in uno spazio architettonico e come trasformare dunque l'architettura in funzione della luce. Come diceva Louis Kahn: a plan of a building should be read like an harmony of spaces in llight. Even a space intended to be dark should have just enough light from some mistrious opening to tell us how dark it really is. Each space must be defined by its structure and the character of its natural light. Se la luce illumina, l’ombra suggerisce ed entrambe si articolano dialetticamente.
Per rendere chiaro il rapporto fra luce ed ombra
prenderò come esempio una mia illuminazione per la mostra sul Romanticismo che si è tenuta a Milano. Con questa illuminazione non ho voluto mostrare il Romanticismo nella sua veste edulcorata, “romantica”, come comunemente lo si immagina, ma piuttosto si è deciso di far emergere il lato drammatico, tormentato. Non si tratta solo di visitare e vedere delle opere ma il visitatore s’immerge all’interno di un’epoca storica, all’interno del gusto, incontrando gli ideali politici e artistici del Romanticismo e del Risorgimento italiano. Una mostra dove luce arte, musica e riferimenti letterari lavorano insieme per creare un’esperienza sensoriale. Nella mostra si fondono quindi le due anime del romanticismo: quella degli eroi, delle figure mitologiche e quella dei mostri che da esse emergono come fossero ombre di Frankenstein o di Dracula, personaggi fantastici nati appunto dalle fantasie di scrittori attivi in quel periodo; a questo proposito prendo come esempio la statua di un ragazzino, un personaggio realmente esistito e morto tragicamente durante le rivolte del Risorgimento italiano. Il ragazzino in questa statua è rappresentato in modo edulcorato, idealizzato ma quello che ho voluto mettere in luce o meglio in ombra non è tanto la perfezione del marmo o dei lineamenti della statua ma piuttosto quello che è dietro l’immagine apparente; dietro la figura del ragazzino c’è qualcos’altro, un’immagine non sufficientemente celebrativa, che palesa la complessità della storia. Da un’ombra nasce una figura. Ho proiettato l’ombra del ragazzino, che avevo ridisegnato e deformato appena, alle spalle della statua con un sagomatore. La nuova ombra era stata incisa su di un gobos che avevo fatto realizzare appositamente. Per simulare poi una luce reale come se provenisse dall’esplosione di una bomba e facesse emergere dal bagliore un’ombra perturbante, ho illuminato la statua e lo spazio con una corona di 10 proiettori con quattro differenti ottiche ognuno regolato in modo indipendente. La prima cosa che appare al visitatore è la l’ombra, che emerge dal buio di una stanza che sembra non avere confini, l’ombra guida verso la statua. La luce teatrale può fare questo: passare da quello che è evidente, solare, chiaro a quello che è nascosto - mostrare l’altra faccia della realtà- Mi viene in mente il mito di Platone dove le ombre proiettate nella caverna sono ombre spaesanti che raccontano altro, ombre che diventano altro non come nelle sculture di Larry Kagan. L’ombra della realtà apparente non è ciò che ci risulta familiare: c’è qualcosa che può rivelarsi come occulto ma che è l’altra faccia della medaglia. Ciò che è familiare, come diceva Freud, diventa estraneo. Prima di entrare nella stanza che ospita la statua vi è un quadro che raffigura una ragazzina piccola uccisa da un colpo di fucile, sparato attraverso la finestra, mentre i suoi genitori erano in strada a manifestare durante i moti risorgimentali a Milano. Ho accentuato la luce sul corpo della ragazzina lasciando in penombra il resto per ridarle una nuova identità e preparare l’ingresso nella sala successiva, entrando quindi nella stanza si provano emozioni di spaesamento, cupezza. Il teatro mette in luce ma anche in ombra, la luce a teatro non è solo il fascio di luce ma fa risaltare le cose. Nella mostra del Romanticismo le ombre portate delle sculture, divengono quindi opere loro stesse rappresentando in modo deformato e terrifico l’anima interna alla statua. Il percorso della mostra si snoda lungo corridoi e sale a tratti illuminati e a tratti bui, in un’andata e ritorno tra luce e oscurità. L'architetto delle luci deve creare una partitura deve indirizzare lo sguardo l'occhio del visitatore. Viene spontaneo il parallelo con l’illuminazione teatrale che non propone un messaggio definito, non spiega, non raccomanda ma suggerisce qualcosa che va oltre lo spettacolo e che lo spettatore porta con sé oltre i tempi della rappresentazione.
Ho detto poco fa che non esiste un’illuminazione più
corretta di altre per illuminare uno spazio ma è solo attraverso la percezione soggettiva che si può trasportare la luce all'interno dell'architettura. Le opere cambiano a seconda di come vengono illuminate. A questo proposito vorrei portare come esempio un altro progetto d’illuminazione, in cui ho partecipato direttamente ,dello studio Ferrara Palladino Lightscape ed è il Progetto d’illuminazione del Duomo di Milano. La severità dell’architettura e la predominanza di verticalità spingono lo sguardo verso l'alto ma allo stesso tempo la dilatazione orizzontale dello spazio invita a ricercare la continuità del pavimento oltre pilastri nel vano tentativo di abbracciare l'intero spazio per percepire il gigantismo di scala apprezzare l'altezza sfrontata dei pilastri. Gli apparecchi di illuminazione sono posti nei punti più alti da dove la luce attraversa lo spazio riempiendo il volume d'aria fino arrivare a terra. La luce, toccando il suolo, si trasforma in un volume che pesa come qualunque altro materiale, essa diviene materica all'interno dell'ombra della cattedrale. Entrando in chiesa l'occhio del corpo si deve adattare, si deve assuefare da un mondo di realtà in movimento ad un ambiente chiuso e così, prima si percepiscono le silhouette degli oggetti e dei rilievi architettonici, poi riflessi e infine le fattezze dell’oggetto stesso in una costante andata e ritorno dalla luce all'ombra dal visibile all' invisibile. A terra la luce crea inoltre una sorta di tappeto luminoso per raccontare gli spazi addolcire l'intera percezione, la luce diventa strumento di valorizzazione della maestosità dell’architettura e glorificazione del più importante centro di preghiera della città. Un’altra peculiarità di questo progetto, presa in prestito dall’illuminazione teatrale, è la dinamicità dell’impianto e il controllo delle luci; Questa dinamicità non è stata attuata solo per ottenere marcati effetti scenografici ma anche per non fissare nella memoria di ciascuno un'unica immagine della cattedrale. La possibilità di modificare in ogni momento l'illuminazione quindi anche il centro di attenzione consente di rinnovare ogni volta l'interesse la curiosità dei visitatori permettendo loro di scoprire gli infiniti dettagli della costruzione: una volta può accadere di imbattersi in uno scenario in cui sono le statue e capitelli i protagonisti della scena o un’altra volta ritrovarsi invece al centro di un vero e proprio trionfo di luci che valorizza la maestosità della chiesa. 800 apparecchi d’illuminazione sono interconnessi tra di loro una rete di dati che connette tutti i dimmer e la presenza di un router wireless rende possibile programmare il sistema e richiamare le singole scene da qualsiasi punto della cattedrale tramite un tablet. Le scene possono anche essere dinamiche come si richiede nel caso delle liturgie particolari oppure durante altri eventi come ad esempio concerti musicali che necessitano di un'illuminazione variabile in un determinato intervallo temporale. I make this sketch in order to better understand the scale of the Duomo and the positioning of the projectors. non si illumina uno spazio solamente per non inciampare nella scala mobile nei gradini o per fornire un livello di illuminazione sufficiente per la lettura, per effettuare un disegno ma uno spazio lo si illumina anche per trasformarlo in un paesaggio luminoso salvaguardando anche se necessario gli spazi bui spazi bui necessari per vedere le stellate, per perdere i confini delle pareti, per ritirarsi nella propria tranquillità.
Il trascorrere del tempo modifica la luce e cambia la
percezione che si ha di un oggetto e crea sensazioni suggestive. Un esempio è l’illuminazione della Cassetta Farnese che è stata fatta a Milano. La cassetta è un’opera d’arte realizzata nel 1500 per volere del Cardinale Alessandro Farnese e si narra fosse collocata in prossimità di finestre in modo che si potesse ammirarne il cambiamento generato dalla luce nell’arco della giornata. Cinque secoli dopo la nuova illuminazione che ha proposto lo studio con cui collaboro ripropone al visitatore emozioni simili a quelle provate nella corte del V secolo con un gioco di variazioni cicliche d’intensità e colore. Circa 50 proiettori con temperature di colore diverse e disposti in cerchio attorno alla cassetta, come fosse una cantante d’opera su di un palcoscenico, cambiavano in continuazione le loro intensità per simulare i raggi che il sole getta attraverso le finestre durante il giorno creando un gioco di movimenti fra superfici opache e trasparenti, oscurando i vetri o lasciando trasparire ciò che sta dietro. La luce cambia la percezione, mettere in luce un oggetto, crea una sensazione suggestiva. Questa è un classico esempio di come la luce influisce sulla percezione dell’oggetto: la cassetta Farnese di solito è esposta a Napoli nel museo Capodimonte e la prima volta in cui sono andato a Napoli ho fatto fatica a trovarla, non tanto perché si trovava fra altri oggetti ma perché era illuminata in modo diverso. Per concludere questa breve anteprima, posso dire che per affrontare un progetto di architettura bisogna quindi studiare la tecnica e la filosofia dell’illuminazione teatrale per attingere ad un vocabolario visivo ed espressivo molto vasto. L'architetto delle luci deve indirizzare lo sguardo l'occhio del visitatore in un'architettura che non è più statica solo così il progetto di illuminazione verrà affrontato non più come una sequenza di punti luce da accendere spegnere ma come un organismo dinamico che segue l’evolversi di un'architettura sempre più fluida.
L’illuminazione come l’arte è una forma di suggerimento,
suggerisce emozioni e come diceva Borges “Le cose suggerite sono molto più incisive di quelle spiegate”.