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28/09/20

I testi del programma sono online, ci sono i link sul sito. Se vogliamo preparare testi
particolari li chiediamo direttamente a lui via mail.
Prima parte del corso:
La filologia romanza si occupa delle lingue dette romanze e delle letterature che con esse si
esprimono. Le lingue romanze sono considerate la continuazione della lingua romana
(romanza) ovvero il latino. Ci occuperemo delle fasi medievali delle letterature romanze.
Seconda parte del corso:
Persistenza dei miti medievali, che influenzano l’epoca moderna. Quando leggeremo i testi
dei trovatori provenzali (esempio) vedremo che le cose che essi codificano condizionano i
nostri modi di vivere (la visione dell’amore per esempio).
La bibliografia delle due parti è nel programma.

L’esame sono tre domande relative a ciò di cui abbiamo parlato a lezione, chi frequenta tutte
le lezioni potrebbe anche non leggere niente (idealmente). Bisogna prepararsi su una parte
specifica, nel caso chiede solo quella.
Un’altra modalità d’esame è quella classica di studiare tutti i testi del programma e non
approfondire una cosa in particolare. Lui mette un appello ogni settimana.

La filologia dovrebbe essere una scienza sociale non solo storica e antiquata.
La prima grande opera della filologia era il portare alla conoscenza comune i documenti e gli
scritti delle culture occidentali. Ultimamente la filologia non fa questo, è importante
considerarla una narrazione, che non ha in mano nessuna verità, noi viviamo in regimi di
sceltocrazia, le decisioni cruciali sono sempre state prese dagli scienziati. Ogni scienza è
una narrazione, un modo per raccontare qualcosa e fare qualcosa di bello al mondo, la
scienza non è una verità. La scienza è un dialogo narrativo e la filologia è “la più eversiva
delle discipline” (Canfora) perché nasce con la volontà di studiare i testi sacri come scelta. Il
compito del filologo era quello di trovare il testo tra i manoscritti che più si avvicinasse alla
volontà iniziale dell’autore stesso. I filologi sono diventati custodi oscurantisti dei testi.
La filologia romanza nasce in epoca romantica cominciando a fare il lavoro di recupero dei
testi antichi e metterli a disposizione della comunità. Nel filologo stesso coincidono
committente, operatore e fruitore. Nel caso migliore i fruitori sono i colleghi filologi, questa
visione è stereotipata, oggi giorno la filologia dovrebbe tornare a disposizione della
comunità. Oggi siamo in un quarto umanesimo che deve avere a che fare con le
problematiche del mondo: i flussi dei migranti, il concetto della connessione worldwide.

Etnofilologia: una filologia che non ha più a che fare con il distacco o distanza critica
dell’oggetto di studio (oggettiva, scientifica) ma che come l’antropologo mette in gioco
l’emotività attraverso l’osservazione partecipante..
Osservazione partecipante: per studiare le civiltà diverse dalla nostra è cruciale entrare a
far parte della comunità, mettersi in gioco.

In quanto lettori noi veniamo a contatto con i testi. Ogni libro è un cadavere in attesa di
essere risuscitato dai lettori, il libro esiste in quanto noi lo leggiamo.
I filologi sono i “lettori professionisti” che devono però rimanere lettori, non scienziati
obiettivi. Il metodo dunque è un non metodo, è l’incontro con i testi stessi.
La vera filologia è comparativa, la vera comparazione è tra due cose considerate prima
incomparabili è un incontro casuale. Le scienze sociali sono sempre state considerate dai
positivisti come non scienze. Una vera scienza è arte del dubbio su ciò che si sapeva prima,
non presunzione di conoscere il vero.
Esiste un libro Radicali Liberi: mostra che anche le scienze “dure” sono casuali e narrative.
Tutte le grandi scoperte scientifiche nascono perché esiste un’immagine poetica che le
racchiude. Anarchia della scienza.

02/10

Le lingue romanze o neolatine sono spagnolo e i suoi dialetti, portoghese e i suoi dialetti,
l’occitano, il catalano, italiano e i suoi dialetti, dalmatico, romeno e gallego. Sono parlate in
Europa e in Sudamerica (spagnolo e portoghese importati)
Modello latino invasivo=
Nascono come continuazione del latino parlato dai coloni dell’impero romano, non scritto
(che era più elevato), questa teoria oggi giorno è improbabile in quanto risulta impossibile
che una lingua si formi e si evolva nel giro di un secolo.

La filologia romanza si occupa delle letterature di queste lingue, dell’origine di queste lingue
a partire dai testi e documenti antichi.

La dialettologia romanza è lo studio dei dialetti.

I celti erano la civiltà più evoluta del loro tempo, insieme ai popoli italici.
Sostituzione linguistica= succede solo in caso di genocidio nel quale la lingua iniziale
viene sostituita dal popolo invasore, questo non può essere il caso dei romani, in quanto
erano molto tolleranti nei confronti degli invasi.
La linguistica romanza nasce da quella che veniva chiamata linguistica indo ariana. Le
lingue indoeuropee sono imparentate, sono affini: il sanscrito, il gruppo baltoslavo, gruppo
ellenico, gruppo italico, il gruppo celtico, lingue germaniche.

Teoria tradizionale invasionista dell’origine delle lingue indoeuropee:


Nel terzo millennio avanti cristo (età del rame) un popolo superiore proveniente dall’odierna
Ucraina si diffuse su tutta l’Europa occidentale e verso l’India, soggiogando le popolazioni
preesistenti e dando vita alle lingue indoeuropee.
Questa teoria è stata smentita dalla moderna archeologia (con il carbonio 14) in quanto non
è stata dimostrata nessuna invasione.
Teoria di Renfrew più recente:
Le lingue indoeuropee sono state introdotte pacificamente attraverso il passaggio dal
paleolitico al neolitico. Etnogenesi linguistica.
Teoria di Alinei della continuità paleolitica:
le lingue indoeuropee sarebbero originate già nel paleolitico dall’homo sapiens.

I dialetti sono più arcaici del latino stesso. Roma non ha mai imposto la sua lingua, è questo
il paradosso con la teoria invasionista.

05/10
La parola è l’evento cruciale dell’umanità, noi emettiamo parole con organi creati per
mangiare, per respirare. Abbiamo incominciato a parlare per mappare il mondo, dovevamo
nominare le cose, la realtà. L’uomo che nomina il mondo era già all’epoca un poeta, la
poesia nomina il mondo come la prima volta. Dando un nome alle cose abbiamo perso la
spontaneità iniziale di stupirci della realtà, tanto ne parliamo. Le parole sono effimere, una
mera emissione di fiato.
Computer= prestito dell’inglese, deriva dal latino computare, che deriva a sua volta da
potare (un albero per esempio)
Spesso la linguistica fa un’analisi puramente formale delle parole, perché il pensiero umano
tende a “formalizzare” la realtà, i fatti= reificazione.
La vera missione di un linguista è preservare il mistero delle lingue, non reificarle.
Lo sciamano è il professionista della parola

Megalitismo:
I più antichi megaliti sono in Galizia, Bretagna e risalgono al sesto millennio a.c.. Hanno una
funzione astronomica e sacrale di passaggio tra vita e morte.
Alcuni studiosi hanno deciso di risalire al nome dei megaliti a partire dai dialetti (i dialetti
sono sempre più antichi e misteriosi)
Ventrecurgo= parola portoghese non registrata in nessun lessico usata in Galizia per
definire la pietra megalitica, la parola contiene la parola curago che erano imbarcazioni
antiche, curago deriva dalla radice indoeuropea che significa tagliare da cui deriva anche la
parola cuoio. L’etimologia di questa parola dunque è “Il ventre della barca”. Nel territorio
bretone dicono bronbag che significa “petto della barca”. Non bisogna guardare solo
l’etimologia, ma la motivazione dell’etimologia.
Ipotesi sulle pietre all'entrata del sito archeologico megalitico di Newgrange: Le pietre sono
state identificate come pietre del fiume Boyne vicino al sito. I costruttori dei megaliti, durante
le maree dell’Atlantico, legavano con fasce di cuoio sotto la barca le pietre da trasportare e
quando la marea di alzava, la barca portava la pietra fino al tempio, dunque le pietre erano
“il ventre della barca”.
Questa parola antica è dunque un reperto archeologico vivente, un fossile.
Dunque l’origine delle lingue romanze non è databile al medioevo.

06/10

I trovatori dell’antica Francia.


Le persone non leggevano i trovatori, li andavano ad ascoltare. Noi dei trovatori non
conosciamo più della punta dell’iceberg.
Testo attribuito a Guglielmo nono d’Aquitania:
era un uomo molto potente, morto in una crociata. Non si può comunque fingere che tutti i
testi siano attribuibili. Le canzoni andrebbero percepite nella dimensione libera tipica
dell’oralità delle culture antiche.
Gaston Paris fu uno dei primi filologi che sentì la necessità di catalogare le canzoni
trobadoriche.
Testo in lingua occitana antica (lingua parlata nel sud della Francia)
La lingua d’oil era il francese antico mentre la lingua d'oc era la provenzale.
Ogni documento scritto è un documento elitario, non rispecchia esattamente la lingua
parlata all’epoca.
Le lingue romanze a differenza del latino sviluppano un futuro perifrastico
Comporrò un vers di puro nulla
non sarà di me (non parlerà di me) né di altra gente
non sarà sull’amore ne sulla gioventù
ne di cosa altra
che anzi fu composto mentre dormivo
sopra a un cavallo

Non so in quale ora fui nato


non sono allegro né triste (iratz)
non sono estraneo né privato
ne non posso altro (impotenza)
perché anzi fui di notte fatato sopra un poggio alto

Non so a che ora mi sono addormentato


ne a che ora mi sveglio, se nessuno me lo dice
per poco il cuore non è morto di un dolore grande.
e non m’importa una formica (niente)
per San Marziale (imprecazione) San Marziale era il protettore dell’occitania

Sono malato e temo di morire


e cosa non so se non ciò che ne sento dire
cercherò un medico per la mia guarigione
ma non ne conosco
buon medico sarà se mi può guarire
ma non se mi ammalo

ho un’amante ma non so chi è


perché mai la vidi
non mi fece cosa che piaccia ne cosa che mi pesi
non me ne importa niente
che mai ebbi uno straniero in casa mia

Mai io la vidi e la amo fortemente


mai ebbi da lei cosa giusta né mi fece torto
quando non la vedo non mi importa
non me ne frega niente
perchè ne conosco una più bella e più nobile
che vale di più

Ho composto il vers non so su cosa


lo trasmetterò a colui che me lo trasmetterà tramite un altro
affinché mi trasmettesse del suo astuccio la controchiave (manda a qualcuno la canzone
sfidandolo a capirne il senso e rimandargli una canzone di risposta)

L’elenco di ciò che non parlerà ci fa capire che non può essere la prima composizione
trobadorica. Questa è una parodia.
16/10
l’intertestualità non segue una logica diacronica: per esempio Montale ci descrive la Liguria
guardandola con gli occhi di chi ha letto il Purgatorio di Dante, dunque anche noi lettori
rivediamo Dante nel suo testo...e quando rileggiamo Dante rivediamo Montale. Questo tipo
di intertestualità ci fa capire il potere delle parole che viaggiano, attiva l’immaginazione.
Molte interpretazioni di testi tout court non hanno tenuto conto di una visione generale.
Secondo l’interpretazione del prof, il testo del dreit nien è una parodia di qualcosa che
evidentemente era universalmente accettato e conosciuto. Non sempre dobbiamo cercare
delle fonti che ci parlano per capire qualcosa, a volte se non ci sono fonti è la conferma che
qualcosa c’è. I filologi spesso trovano una parola o punto che non dovrebbe essere dov’è o
non dovrebbe essere com’è. Questo testo rivela l’essenza delle concezioni trobadoriche,
questo testo sta parodizzando un tipico racconto di incontro con una fata.

Racconto fatato tipico gaelico: un mortale trova una fata che lo porta dentro il bosco o su
una montagna. Se è pomeriggio viene portato nel bosco, se è notte sopra un poggio viene
portato via da una fata (vestita di bianco, con le gote rosse ecc…) e portato in un altro
mondo, per esempio dentro ad un lago che si trasforma in una dimensione terracquea.
L’uomo prova l’innamoramento tipico (chiamata anche fatagione), poi capita sempre
qualcosa, per esempio vengono stipulati dei patti che poi vengono infranti; Il cavaliere allora
avendo per esempio mangiato qualcosa che non doveva mangiare, oppure dire una cosa
che non doveva dire ecc...dunque il cavaliere si ritrova nel suo vecchio mondo, spesso
malato e non riconosce i propri luoghi, sono passati degli anni. Il cavaliere dunque torna
come un morto. Questo è lo schema classico.

Nel dreit nien il cavallo rappresenterebbe il luogo in cui si ritrova il cavaliere morente e
addormentato (nel senso di scosso). “Non so quando sono nato, non so dove mi trovo ec…”
questo è il tipico stordimento. Nel testo dice “Fui fatato di notte sopra ad un poggio alto”
ovvero ci fa capire che incontra una fata sulla cima d'una montagna di notte. Dice anche che
è malato e crede di morire e questo indica la conseguenza dell’innamoramento della fata.
Vediamo ben presente la dimensione onirica (quando ci svegliamo dai sogni ci sentiamo
frastornati). Il trovatore (cavaliere) non si ricorda di chi si è innamorato, ma sa che la ama
tantissimo.

Il testo “Morgana e Melusina” è un libro folklorico sull’origine delle fate scritto da Laurence
Harf-Lancner. Questa scrittrice ha isolato due filoni della letteratura delle fate: Morgana è la
fata del ciclo arturiano che inganna Merlino, attirandolo nel suo mondo. Melusina invece era
una fata che venne dal cavaliere nel regno dei mortali. I racconti morganiani sono quelli della
versione del dreit nien, mentre nei racconti melusiniani è la fata che va nel mondo del
mortale.

Esclusione del “padre” nel paleolitico


Nella nostra percezione comune, nei rapporti uomo-donna o donna-uomo, c’è qualcosa di
arcano nella femminilità, meno conosciuta della parte maschile. L’uomo per 5 milioni di anni
è stato cacciatore, poi c’è stato il passaggio alla coltivazione, all’accumulo, alle stratificazioni
sociali (e dunque alle discriminazioni sociali) alla sedentarietà. Per 5 milioni di anni l’atto
sessuale e la procreazione non erano visti in correlazione. L’atto sessuale è un’attività
minimo in 2 e provoca piacere, il parto è un’attività singolare e provoca dolore; il sesso è un
atto effimero, la gravidanza dura 9 mesi. Soltanto con il neolitico, cominciando ad allevare gli
animali, si è capita la correlazione e si è iniziata a considerare la figura del padre. Nel
paleolitico “esistevano” solo le madri, la donna era colei che procreava dal nulla, nessun
padre esisteva. Prima non esisteva neanche la “terra fertile” perché niente doveva essere
fertilizzato, la madre autoprocreava. La fata è la femminilità, la figura femminile è l’unica
detentrice del mondo preistorico, ovvero il mondo che ci ha iniziati. Le fate sono eredi di
questa concezione della femminilità paleolitica.

20/10

Nella dimensione evolutiva noi siamo la tradizione, la capacità narrativa ci distingue dagli
animali e contraddistingue la nostra specie. La femmina paleolitica era colei che essendo
identificata con la vita stessa poteva regolare le scorte della caccia. Siamo ancora in una
fase di adattamento al neolitico, non ci capiamo ancora niente, oggi nelle religioni la
femminilità è tabuizzata, c’è stata una sovversione da parte del maschile sopra però un
femminile troppo complesso. La letteratura serve a produrre immaginario, così come la
filologia e così come ciascuno di noi.

Manoscritto dedicato a qualche signore feudale, la poesia è stata attribuita a 12 trovatori


diversi, bisogna essere cauti nell'attribuire le canzoni ad un solo trovatore specifico.
In ogni caso questo testo è attribuito principalmente a Jaufré Rudel. Anche qui come nel
Dreit nien ritroviamo degli stilemi che si ripetono.

Lanquan li jorn son lonc en mai

Quando i giorni sono lunghi in maggio (mese trobadorico per eccellenza)


mi piace il dolce canto degli uccelli da lontano (tema della lontananza d’amore)
e quando mi sono separato da là
mi ricordo di un amor di lontano
vado di umore imbronciato e a capo chino (meditazione d’amore che produce questo stato di
malessere)
si che canto né fiore di biancospino (primavera)
mi piace più dell'inverno gelato (tipica inversione trobadorica delle stagioni)

Giammai di amore avrò gioia


se non godo di questo amore di lontano (opposizione antitetica della gioia, concezione del
desiderio di godere dell’amore)
che una più nobile e migliore non ne conosco
da nessuna parte, nè vicino nè lontano.
Tanto è il suo pregio verace e raffinato
che là nel regno dei Saraceni
fossi io chiamato per lei prigioniero (è così raffinato il suo pregio che io potrei morire nelle
crociate per lei)

Triste e gioioso me ne andrò


possa io vedere l'amore di lontano
ma non so quando la vedrò
poiché troppo sono le nostre terre lontane
ci sono molti valichi e cammini
e per questo non sono indovino ( non so quando ci andrò)
Ma sia tutto come piace a Dio!

Ben mi parrà gioia quando le chiederò


per l’amor di Dio, di albergare nell’amore di lontano
e se a lei piace, dimorerò
presso di lei, per quanto io sia di lontano
Allora sembrerà il dolce parlare raffinato
quando il drudo (l’amante) lontano sarà tanto vicino
che con un cortese inganno potrò godere di quest’incontro

Ben tengo per verace il signore


grazie al quale io vedrò l’amore di lontano
ma per un bene che mi capita ne ho due mali
perché tanto mi è lontano
Ah! fossi là pellegrino
e il mio mantello e il mio bastone (abbigliamento del pellegrino)
fossero per i suoi begli occhi rimirati

Dio che fece tutto quanto viene e va


e formò questo amore di lontano
mi dia potere perché io ne ho voglia
che io veda questo amor di lontano
Veramente senza più turbamenti
si che la camera e il giardino (giardino trobadorico, topos)
mi sembrassero sempre un palazzo

Dice il vero chi mi chiama ghiottone


e desideroso dell’amore di lontano
perché nient’altro mi piace come questa lontananza
Ma ciò che io voglio mi è vietato
poiché così mi fatò il mio padrino
che io amassi e non fossi amato

Ma ciò che io voglio mi è vietato


poiché così mi fatò il mio padrino (si fa riferimento alla fatagione del nome, con il nome si
creava il destino, Jaufre significa freno alla gioia)
che io amassi e non fossi amato

Quello che ci vuole dire Jaufre è che l’amore vero è quello che non si appaga mai, quello
che viene elevato a dogma. Il desiderio si spegne appena raggiunto l’oggetto del desiderio,
perché esso si nutre della tensione della lontananza. L’amore si alimenta della lontananza,
si appaga del non appagarsi mai. Sensazione di struggimento che viene codificata dai
trovatori.

Petrarca e Dante con lo Stil novo perpetuano la forma dello struggimento amoroso
trobadorico anche se in realtà Petrarca lo fa in modo macabro, perché Laura è morta,
dunque l’amore è verso un cadavere…
23/10

Gli sciamani avevano un ruolo importante nella civiltà preistorica, danzava e cantava canti
sciamanici, faceva uso di sostanze allucinogene e “mutava il suo corpo in quello di un
animale” solitamente un uccello, connetteva le anime (per esempio dei defunti) e i corpi. Lo
sciamano danzava intorno ad una persona viva o morta e “scalava ed ascendeva a vari
regni” arrampicandosi all’albero del mondo e diventando albero egli stesso. Lo sciamano ha
un doppio sciamanico, spesso un alter ego animale nell’aldilà. Questa è l’idea post neolitica
che abbiamo della figura dello sciamano. In realtà egli aveva davvero molte funzioni:
giurista, guaritore, poeta, l’addetto alla cura delle anime, profeta...era una multifunzione. Lo
sciamano era all’origine una figura femminile che esprimeva un caos unito, una particella
complessa. Erano professionisti della parola, che è il centro di tutto, la parola che propizia,
che guarisce, che prevede...Le parole sono fossili di una continuità che continua a
tradizionarsi. Noi stesso siamo i continuatori e i portatori della tradizione sciamanica,
bisogna considerare ciò dal punto di vista del paradigma paleolitico, ovvero la nostra cultura
è al continuazione del paleolitico e le nostre lingue sono un'evoluzione delle prime parole,
NON nate nel medioevo.

Abbiamo parole attestate nelle lingue vive contemporanee che derivano da parole arcaiche
preistoriche e significano più di una cosa: per esempio “dormire” “sognare” e “guarire”,
esattamente gli atti che compiva lo sciamano nel passato.

26/10

Comparazioni tra tradizioni sciamaniche, celtiche (bardi gallesi) e trobadoriche:


-Riferimenti a esperienze di tipo estatico e onirico
-Invocazione, descrizione, lode del mondo naturale connessa a sentenze di tipo gnomico
(un’affermazione gnomica è un’affermazione di qualcosa che si conosce, una verità
profetica)
-Uso della prima persona con valore mantico-sapienziale (io conosco, io sono stato, io sono)
-Riferimenti ad uno stato di malattia-follia (lo sciamano è spesso associato alla follia)
-Riferimenti a trasformazioni in forme vegetali

I testi che compariamo hanno una dimensione di parola arcaica che si evolve, tradizione che
si tradiziona. Esiste una grande storia della parola poetica, un’unità delle moltitudini.

27/10

Tristano e Isotta
La prima attestazione in forma scritta della leggenda è in antico francese ed è opera di
Thomas, probabilmente nel 1140. Questo autore è anglonormanno, si intende parlante di
una lingua antico-francese parlata in Inghilterra, infatti dopo la battaglia di Hastings (1066),
Guglielmo di Normandia vinse contro il re degli anglosassoni e dunque il regno di Normandia
prese sotto di se quello anglosassone. Quest’opera è frammentaria. Béroul è l’altro
probabile autore. Esistono altri due testi antico francesi: le follie di Oxford e Berna (perché
conservati lì). In tutto dunque sono 4 testi: Thomas, Béroul e le due Follie. Goffredo di
Strasburgo compose un Tristano in antico alto tedesco, fu dimostrato che egli tradusse
semplicemente l’opera di Thomas e così fu possibile recuperare le parti mancanti del
Thomas. Il primo studioso che provò a ricostruire la leggenda di Tristano e Isotta fu Joseph
Bédier, allievo del fondatore della filologia romanza: Gaston Paris. I romanzi in occidente
nacquero in versi, poi si evolvettero in prosa. Il romanzo nasce in terra romanza, in Francia e
con versi ottosillabi. Prima di questi testi (Tristano e Isotta) abbiamo degli indizi/frammenti
che ci fanno capire che la leggenda era già conosciuta nella società del dodicesimo secolo.
Quando parliamo di Thomas parliamo sicuramente di un clerico anglo normanno che stava
operando su fonti gallesi locali. Non abbiamo un romanzo di Tristano che ci racconti le
vicende dall’inizio alla fine, abbiamo solo dei frammenti che danno per scontata la storia,
questo ci fa capire quanto già fosse diffusa la leggenda. La vicenda è ambientata nel mar
celtico, i protagonisti sono: Re Marco di Cornovaglia, Isotta dall’Irlanda e la Bretagna è il
luogo in cui Tristano muore.

Trama:
Re Marco ha un nipote, cavaliere valoroso, Tristano, lo manda a prendere in sposa Isotta
per un matrimonio conciliatore tra Cornovaglia e Irlanda. In alcune versioni Tristano è
salvato da isotta perché ferito da un gigante. Tristano parte verso la Cornovaglia...Isotta ha
un ancella fedele chiamata Brandaglia la quale è incaricata dalla madre di Isotta di darle un
filtro d’amore che consentirà un amore eterno tra Isotta e Marco. Durante il viaggio per
mare, mentre Tristano sta portando Isotta da Marco, i due bevono il filtro d’amore..e da quel
momento i due sono indissolubilmente legati da un amore clandestino. Inizia il conflitto tra
amore e società, tra i doveri cavallereschi e l’attrazione amorosa fatale...Tristano inoltre è il
nipote materno di Marco e giacendo con Isotta sta commettendo un atto simile all'incesto. I
due si vedono clandestinamente e Marco comincia ad essere sospettoso, anche se non
vuole crederci all’inizio. Ad un certo punto gli verrà detto che i due amanti sono soli nella
foresta ma li vede separati da una spada, questo gli consente di non dubitare di loro ma per
regalità manda Tristano in esilio. Tristano va come un folle in Bretagna poi in Galles e poi
torna in Bretagna (francese) e impazzisce, diventa l’archetipo del folle del bosco, entra nella
corte di Marco travestito e solo Isotta lo riconosce.
Ci sono altri due episodi attestati:
-Tristano in Bretagna sposa un’altra Isotta perché si chiamava Isotta e per capire com’è
amare una persona e giacere con un’altra...anche se alla prima notte di nozze non riesce a
consumare.
- Tristano si fa scolpire delle statue, una che raffigura Marco, una Isotta e una
Brandaglia...successivamente andrà in una grotta e parlerà con loro. Ad un certo punto
Tristano si ammala (probabilmente malattia d’amore) e giace morente in Bretagna, chiede al
suo servitore di andare dalla vera Isotta e di dirle che lui sta per morire e chiederle se può
tornare da lui per curarlo.
Se dopo 3 giorni Isotta sarà con lui il servitore dovrà alzare una bandiera bianca, se no una
bandiera nera. Isotta torna e il mare si smorza, il vento cessa e la nave non può più
procedere, Isotta dalle bianche mani (quella falsa) volendosi vendicare dell’indifferenza di
Tristano, gli riferisce mentendogli che le vele sono nere.
Tristano muore, la nave arriva, Isotta sbarca e va sul corpo di Tristano e muore.
Eros e Thanatos. L’amore come forza distruttiva ma a cui è impossibile resistere.
Sono due morti asimmetriche, Tristano muore pensando che Isotta non sia venuta, Isotta
almeno è morta vedendolo.
L'amore messo in scena è un’amore di proiezione di sé stessi nella persona amata. Il nome
Tristano deriva dal gallese e significa Guerriero feroce, anche se rappresenta l’uomo triste
per eccellenza.

La bianca vela hanno tratto in alto (issato) a monte


e veleggiano con grande velocità
che Caerdino vede la Bretagna
dunque sono gioiosi e lieti e baldanzosi
e issano la vela bene in alto
affinché ci si possa accorgere
quale sia la vela, la bianca o la nera
da lontano vuole mostrare il colore
perché ciò fu l’ultimo giorno
che Tristano gli aveva posto
per tornare dalla Cornovaglia.
Mentre veleggiano lietamente
si alza il caldo e cessa il vento
cosicché non possono veleggiare
molto soave e pieno è il mare
né qua né là la loro nave va
all’infuori di come l’onda la porta
né hanno con loro il battello (per scendere e remare)
ora vi è grande angoscia
Davanti a loro vicino vedono la terra
ma non hanno vento grazie al quale la possono raggiungere
in sù in giù vanno dunque vagando
ora indietro ed ora avanti
Isotta ne è molto triste
vede la terra che ha desiderato
e non può arrivarci!
per poco non muore per il suo desiderio
terra desiderano sulla nave
ma a loro soffia il vento troppo leggere
la nave desiderano dalla riva
ma non la videro

Tristano ne è dolente e triste


spesso piange spesso sospira
per Isotta che tanto desidera
piange dagli occhi e si contorce
per poco non muore di desiderio
in quell’angoscia in quella noia (angustia)
viene la sua donna (sua moglie) Isotta davanti a lui
davvero determinata
dice amico: Amore ora viene Caerdino
la sua nave ho visto nel mare
con grande fatica la vedo veleggiare
ciò nonostante io l’ho certamente vista
e ho riconosciuta che era sua
Dio voglia che porti una tale notizia
grazie alla quale voi abbiate confronto al cuore
Tristano trasalisce per questa notizia
dice a Isotta: Amore bello siete sicura che sia la sua nave?
ora ditemi che vela ha issato?
ciò dice Isotta: Lo so per vero
sappiate che la vela è tutta nera
l’hanno issata e levata in alto
poiché il vento a loro manca
Dunque a Tristano ha un così grande dolore
che mai non ebbe e mai ne avrà maggiore
e si volse verso la parete
dunque dice: Dio salvi Isotta e me
poiché da me non volete venire
a causa del vostro amore mi è necessario morire
non posso più trattenere la mia vita
muoio per voi, Isotta amore mio
non aveste pietà del mio dolore
ma della mia morte avrete dolore (profezia)
questo mi è di grande conforto
Alla quarta rende lo spirito (muore)

Il vento si è alzato sul mare


e colpisce la vela
e fa venire la nave a terra
Isotta è uscita dalla nave
ode i grandi pianti nelle strade
(ode) le campane nei monasteri e nelle cappelle
chiede agli uomini quali notizie ci siano
perché ci sono questi suoni di campane(?)
e per chi stanno piangendo(?)
un anziano dunque le dice;
“Bella dama, noi abbiamo così grande dolore
che mai gente ne ebbero maggiore
Tristano il prode, il valoroso è morto
era di conforto a tutti quelli del regno (di Bretagna)
era generoso con i bisognosi e di grande aiuto ai dolorosi
per una piaga che nel suo corpo ebbe
nel suo letto poco fa morì
mai una così grande tristezza avvenne in questa regione
non appena Isotta udì la novella
a causa del dolore non può pronunciare una parola
per la sua morte era così addolorata
che percorre la via con i suoi abiti da regina
davanti alle altre donne
i Bretoni non videro mai una sposa della sua bellezza
si meravigliano nella città da dove ella venga
Isotta va là dove vede il corpo
si volta verso oriente
per lui prega pietosamente:
“Amico Tristano, dal momento che vi vedo morto
per ragione non devo vivere più (devo morire anche io)
siete morto per il mio amore
e io muoio di tenerezza
dal momento che non sono venuta in tempo
per guarire voi dal vostro male
amore mio io non avrò mai più da nessuna cosa
conforto, gioia, nè diletto
sia maledetta quella tempesta
che tanto mi fissò amore in mare (che mi inchiodò)
che io non potei venire a dimorare con voi (stare con voi)
se io fossi venuta in tempo
vi avrei reso la vita
e parlato dolcemente con voi dell’amore che fu tra noi
se io no posso guarirvi
dunque che possiamo almeno morire insieme
poiché non sono arrivata in tempo
e non conosco questo destino (non so com’è finita questa faccenda)
e sono arrivata alla morte
del medesimo beveraggio morirò.
A causa mia avete perso la vita
e io farò come un'innamorata vera
per voi voglio morire allo stesso modo”
Lo abbraccia e si distende così
bacia la bocca e il viso
e molto stretto a lei lo abbraccia
corpo su corpo e bocca su bocca stanno
il suo spirito intanto muore
e muore sopra di lui così
Tristano muore per il suo amore
e Isotta per tenerezza.

Ierogamia cosmica: unione sacra tra due persone (anime gemelle), origine di molte
cosmologie, per esempio Romolo e Remo che daranno vita a Roma; Sole e luna, Castore e
Polluce ecc...
Inscindibilità di due anime e corpi che ha come ultima rigenerazione la morte di entrambi i
corpi. In questo senso la morte di tristano e Isotta genera il mondo.

08/11

La dialettologia come scienza moderna è una derivazione della dialettologia romanza che
nacque grazie a Graziadio Isaia Ascoli negli anni 1860/70. Questo metodo è stato poi
utilizzato dalle varie discipline tra cui antropologia e linguistica.
Dobbiamo toglierci l’idea che i dialetti e le lingue siano cose diverse, tutte le lingue sono di
comunità. Come si distingue un dialetto della lingua però?
-non è vero che una lingua è tale se a differenza del dialetto ha una letteratura scritta
-non è vero che la lingua è attestata in forma scritta e il dialetto no
-non è vero che la lingua è tale perché ha una grammatica e un dialetto non ce l’ha.
-non è vero che una lingua è tale perché riesce a parlare di filosofia mentre il dialetto
esprime solo concetti bassi e popolari.
-non è vero che un dialetto è tale perché imita la lingua.
-non è vero che il dialetto è un volgarizzamento della lingua italiana.
L’Italia è il paese al mondo con più dialetti in quanto vi era una eterogeneità di popoli che la
abitavano in passato.
Il dialetto non nasce come tale, semplicemente per convenzione si adotta una lingua ufficiale
e le altre diventano dialetti. è quasi impossibile enumerare le lingue parlate dalle popolazioni
antiche residenti in Italia. Abbiamo dialetti di campagna, dialetti urbani, dialetti delle frazioni
ecc...le lingue nascono come lingue di comunità.
I dialetti che nascono come tutte le lingue romanze, secondo la filologia, nel basso
medioevo; secondo la teoria della continuità paleolitica però i nostri dialetti derivano da
lingue parlate già nella preistoria.
I dialetti sono dunque parlate che dopo il risorgimento italiano (e l’unità d’Italia) diventano tali
in quanto l’Italiano standard viene considerato il toscano colto. Manzoni per esempio scrisse
i Promessi Sposi in toscano colto ma egli parlava il dialetto milanese.
La vera letteratura dialettale è rappresentata da Boccaccio e Dante, essi scrivevano in
dialetto (vedi Divina Commedia). Ogni autore dialettale mira ad una universalità letteraria.
Spesso noi confondiamo il dialetto con l’italiano locale (che ha un accento) che è il modo
con il quale ancora oggi i dialetti possono sopravvivere.
I dialetti si dividono geograficamente in:
1- Dialetti alto italiani o settentrionali
2- Dialetti centro meridionali
3- Dialetti toscani (corso incluso)
4- Dialetti sardi
Questa suddivisione corrisponde esattamente alla suddivisione dei popoli come Veneti,
Gallici, Etruschi, Volsci, Lucani ecc...

Dialetti settentrionali:
-Dialetti gallo-italici: tradizionalmente a sostrato gallico-celtico (piemontesi, lombardi, liguri,
emiliano-romagnoli e parlate ladine)
-Dialetti veneti: i veneti erano una popolazione diversa dai galli-celti (veneziano, veronese,
trevigiano, vicentino-padovano, bellunese, triestino

Dialetti centro meridionali:


-Sezione marchigiano umbro-romanesca
-Sezione abruzzese-pugliese settentrionale molisano-campano-lucana
-sezione salentina e calabro-sicula

Dialetti toscani:
-Sezione centrale o fiorentina
-Sezione centrale (Pisa, Lucca, Pistoia)
-Sezione senese
-Sezione arentino-chianaiola
Le isoglosse sono confini che stabiliamo dove un certo fenomeno è ancora riscontrabile e al
di fuori di questi non è più riscontrabile.

Caratteristiche che accomunano i dialetti


Settentrionali:
-scempiamento delle consonanti doppie
-sonorizzazione (e dileguo) delle consonanti intervocaliche
-sviluppo dei nessi CL e GL in palatale C e G
-perdita dei pronomi personali soggetti a vantaggi di quelli obliqui (di forma accusativa)=
invece che “io dico” “me a deg”
Gallo italici:
-palatalizzazione di a tonica in e, Madre diventa “meder”
-caduta delle vocali finali eccetto a: figlio diventa “fiol”
-metafonesi, variazione di una vocale all’interno di una parola: chiusura della vocale
Veneti:
-assenza dello sviluppo di a in e
-conservazione delle vocali finali

Centro-meridionali:
ND> nn, “quanno”
MB> mm, “iamma” invece di gamba
B> v, “vocca” “varvaro”
Vocali indistinte finali
Metafonesi da -i e -u finali

Dialetto toscano:
-RI/RE> i
-Aspirazione di c intervocalica
-A Firenze e Pisa anche la t intervocalica si aspira
-

09/11
Archetipi amorosi:
L’amore suscita all’inizio una riflessione smodata, successivamente si crea una distanza che
si cerca di colmare o innalzare a valore assoluto. L’idea di sovranità che si assume con il
possesso della dama diventa evidente. Le nostre civiltà indoeuropee poggiavano su tre
pilastri:
-sovranità
-guerra
-fecondità
Nei testi c’è sempre un re (sovranità), un guerriero (guerra) e una dama regina (fecondità)
C’è una lontananza sociale, una lontananza di mondi che non comunicano, magica (mondo
ferico, figura femminile paleolitica) e una lontananza geografica che produce la follia. In
quest’ultima lontananza il pensiero smodato diventa asimmetrico e folle.
Trovatori galego-portoghese:
Abbiamo una produzione molto vasta che si disloca in 4 grandi tematiche:
-cantigas de amor (del tutto simili alle liriche provenzali)
-cantigas do escarnho (canzoni di scherno, vengono messe in luce le parti negative delle
dame e viene decantata la loro bruttezza, è una satira)
-cantigas de Santa Maria (canti sacri dedicati a Maria)
-cantigas de amigo (peculiarità della zona galego-portoghese, sono canzoni in cui l’io lirico è
femminile, si parla dell’amato lontano che è partito via mare, c’è un interrogare le onde per
sapere dove sia l’amico...queste cantigas derivano dal kahargiat arabo)

*vedere vecchi appunti di Lett. portoghese*

A livello folklorico, l’interrogazione di elementi naturali da parte delle donne, è tipica del
folklore di tutto il mondo. Per esempio qui da noi resiste come folklore che la notte di Natale
si usava battere il ceppo e guardare quante scintille avrebbe fatto e dunque quanti figli si
sarebbero avuti, quanti filari di raccolto, quanti anni sarebbero passati prima di uno
sposalizio ecc…
Lo possiamo vedere dalle numerose liriche da tutto il mondo e da tutte le epoche
*guardare doc. Word su Virtuale*

-Filastrocca della Cornovaglia, della quale le donne interrogano al pozzo per sapere dove
siamo gli amati.
-La leggenda di Dòin na Manhd, Connemara del sud Irlanda occidentale
-Area di Saorge (confine Italia-Francia)
-Tradizione orale del Trentino, Val Badia
-Canto Yolngu; aborigeni australiani della terra di Arnhem
-Canto africano, Namibia
-Canto Navaho, Arizona

Martim Codax era un giullare che compose testi esclusivamente del tipo delle cantigas de
amigo, tutte ambientate nella zona di Vigo.
Lo schema metrico è sempre AAB
L’Io lirico è femminile, c’è una possibile tracccia di omoerotismo
Coidado= Cogitatio di Andrea Cappellano, probabilmente è un richiamo.

Nelle cantigas de amigo troviamo un altro tipo di lontananza, che viene vista però come una
separazione temporanea.
Transumanza dei pastori= pastori che viaggiano e rimangono nel luogo di pesca per mesi,
alcuni però non tornano.

11/11

Nel medioevo prima dell’avvento della carta veniva usata la pergamena.


La pergamena Vindel (pergaminho Vindel) è un foglio unico e prende il nome dal suo
scopritore. Un tempo per proteggere i libri nelle biblioteche si usavano dei fogli, che oggi
giorno si considerano preziosi. La pergamena di Vindel all’interno riportava trascrizioni delle
cantigas di Martim Codax, questa pergamena poi venne conservata a New York. Contiene
anche delle trascrizioni musicali e dunque è utilizzata anche dalla filologia musicale.
Il problema di questo tipo di musica è che siamo in fase di transizione tra l’annotazione
musicale timbrica e simbolica; ancora non capiamo se in queste pergamene ci siano note
come le intendiamo noi o di tipo timbrico.
Non bisogna confondere il supporto (trascrizioni) con i canti orali in sé. I manoscritti
venivano donati ai re o alle persone nobili. Dobbiamo considerare i manoscritti come un
supporto, ma non l’opera stessa.
La musica classica ancora oggi ha una derivazione elitaria. La musica di Martim Codax
corrisponde davvero all’idea canonica che abbiamo noi della musica medievale, ovvero una
musica mista di melodie sacre e assomiglia molto ai madrigali rinascimentali. Questa spinge
molto verso quella che diverrà l’opera lirica, questa interpretazione è marcata.
L’isola di Madeira è un territorio portoghese e si trova vicino alle Canarie; ha sempre
sbalordito i suoi visitatori. La lingua di Madeira assomiglia ad un portoghese arcaico. Una
delle canzoni popolari parla di un uccello che parte verso il mare e porta notizie dell’amato,
questa canzone era considerata tradizionalmente il canto degli antichi cantori del Portogallo,
è una canzone che ricorda gli antichi trovatori, infatti la tematica è simile.

16/11

Non esiste un’unica versione di tristano e Isotta, storie di diversi in manoscritti diversi tra
Francia e Spagna, Italia e Nord Europa ecc…
La versione che conosciamo corrisponde all’insieme delle versioni moltiplicatesi negli anni e
secoli.
Perturbante Tristano
Tristano e Isotta nell’epoca moderna diventa simbolo dell’adulterio. Nel 1970 Luis bunuel
riprende il tema del triangolo amoroso
Con il neolitico la necessità dei commerci, dell’allevamento e dell’agricoltura inizia l’era del
tempo come segmentazione; abbiamo cominciato a misurare il tempo attraverso i cicli lunari.
L’idea di Gaston Paris è molto accattivante e va nell’ottica di Ierogamia cosmica di cui parla
Zimmer.
Video di Stefano La Pisarda (??) prof di Catania. Ha un’idea di filologia come disciplina che
produce un immaginario.
IEROGAMIA CÓSMICA
Zimmer, parlando di Tristano e Isotta, ha parlato di ierogamia cosmica, cioè un matrimonio
sacro dei creatori del mondo. Ci sono tanti miti che si rifanno a questa idea (come Romolo e
Remo). Nella nostra periodizzazione preistorica siamo già in ambito neolitico, cioè quando
l’osservazione dei cieli comincia ad essere cruciale. COn il neolitico c’è la necessità di
spostamenti, così iniziamo a vivere nel regno del tempo come segmentazione, in cui la luna
ha un carattere cruciale (abbiamo iniziato a misurare il tempo a seconda delle fasi lunari,
come ci suggerisce anche la scansione dei mesi, il ciclo mestruale, le maree,...). La teoria
che la leggenda di Tristano e Isotta entri nell’osservazione lunare è molto accattivante.
Mircea Eliade, grande storico rumeno delle religioni, parla della luna nelle concezioni
arcaiche.
Quando ancora Isotta vive nella corte di Marco, c’è questo dialogo che ricorda
l’identificazione di luna e sole nelle parole di Eliade (luna che muta e sole che rimane se
stesso).
I versi sono: “Isotta allora disse, tra le sue braccia, voi amico siete sempre lo stesso, io come
la luna muto e mi nascondo. Ero morta per voi e non mi avete riconosciuta”. QUesti versi
sono tra i più misteriosi del dialogo tra Tristano e Isotta.
Eliade parla anche della ierogamia cosmica e ricorda come, a livello di rituali collettivi, alla
ierogamia cosmica corrisponda un rito orgiastico (c’è un trattato sull’orgia). Stiamo parlando
di rituali arcaici nei quali l’orgia è quasi sempre presente.
La visione antropologica sui testi spesso scongiura delle teorie semplicistiche perché
leggere allo stesso modo Dante e un testo aborigeno australiano implica dare poco
importanza ai testi. Le Etnofilologia è quindi un equilibrio tra le due cose: la comparazione
dell’incomparabile, la lettura di testi senza toglierli dalla loro realtà.
La Dea Beltane era una delle divinità principali del tempio celtico.
Dea Epona: dea cavalla. I cavalieri medievali forse nascono come cavalieri celti neolitici e
l’emanazione dei loro culti, attraverso le fate, diventa poi da noi, nei testi che abbiamo letto,
un’adorazione della dea Epona.

17/11

Quando noi parliamo di origine di una lingua parliamo anche di “parola riciclata”, parole che
presentano sempre tracce arcaiche. Nel neolitico nasce la concezione del tempo.
Tutte le lingue hanno il pronome dimostrativo, a dimostrazione che avevamo in passato
l’esigenza comunicativa di indicare lo spazio, i luoghi che scoprivamo. Con la rivoluzione
neolitica nascono lessicalizzazioni moderne (8000 a.C.) Durante l’ultima fase glaciale del
paleolitico le popolazioni erano ancora concentrate nelle zone di foresta, in quanto per la
geografia dell’epoca la maggior parte dei territorio (esempio attuale Francia o Ex Jugoslavia)
era coperto dalla tundra invivibile.
Verbo trovare:
etimologia tradizionale= verbo denominale dal latino tropus; frutto retorico dell’inventio
Qui si attribuiscono alla cultura alta, lessicalizzazioni di azioni normali e quotidiane in realtà;
dunque semanticamente non si giustifica.

Esistono altre ipotesi per il verbo trovare:


-deriva dal latino turbare nel senso di “mescolare”
-deriva dall’antico alto tedesco truopan, truoban nel senso di “mescolare”
-deriva dalla radice francese -top ma in modo dubbio
-deriva dal latino contropare che significa “comparare”

Procedimenti semantici di lessicalizzazione:


Verbi che riguardano l’ambito della caccia preistorica
-verbi legati ad afflare: verbi legati al fiutare del cane da caccia
-verbi come buscar che significano cercare in mezzo ai boschi
-verbi dal latino ago
-verbi dal latino capio (catturare) che diventa significato odierno di “acchiappare”
-verbi dal latino circare (originariamente circondare) diventa il nostro cercare
-investigare dal latino vestigium
-italiano “scovare” che significa tirare fuori dal covo (un animale, durante la caccia)

L’arte dei trovatori era “trovare le parole” erano dunque degli inventori che trovavano le
parole e le mettevano in canto o poesia.
Parole che derivano dall’epoca del Neolismo
-Cultura deriva da cultus che significa coltivazione, attività che sfruttava il pensiero al suo
massimo.
-Stirpe deriva da stirpem ovvero porzione di ramo o di tronco, diventata “famiglia di vegetali”
poi oggi intesa come famiglia e successione di familiari.

Se ragionassimo sulle parole, comprenderemmo molti fenomeni culturali.

23/11

Video:
Lo Cunto di Tristano
Vincenzo Perrotta

La grande arte non ha bisogno di dichiarare le sue fonti


La domanda finale è: come mai l’arte funziona e per funzionare deve avere dietro qualcosa?
Questa stessa opera è fonte di qualcosa. Non esistono fonti di ispirazione, esistono eventi,
ogni azione della parola è un evento in sé. Quello che dobbiamo fare noi come lettore è
sentire qualcosa, ma per sentire qualcosa dobbiamo sapere perché lo sentiamo, dobbiamo
avere in mente la tradizione di parole alle spalle ma non andare a verificarle, questo è un
lavoro di critica e quello a cui aspiriamo è un tipo di filologia performativa. Se immaginiamo
di immaginare l’opera di Perrotta tra 10 anni ci viene da metterla nell’elenco delle fonti, in
realtà nel momento in cui la viviamo non c’è presente né passato, le tradizioni convivono
tutte insieme.
Dipanare il filo di Arianna delle tradizioni serve solo per poi essere dimenticato, capire una
certa grammatica di funzionamento delle tradizioni ma poi dimenticarsene, perché ormai “si
parla la stessa lingua” è meglio parlare piuttosto che cercare le fonti e l'ossatura che già
abbiamo acquisito.

24/11

Ragionare sull’origine delle parole coincide con il ragionare sull’origine del linguaggio
umano. Sull’origine del linguaggio ci sono tante teorie e tanti scritti, si è formata poco a poco
una vulgata, ovvera una teoria scientifica mainstream (riconosciuta da scientifici come
Chomsky, riconosciuto come il pensatore statunitense da sempre portatore di idee radicali,
libertarie e anarchiche)

Origini dell’essere umano e del linguaggio:


L’esemplare umano più antico conosciuto è l’australopiteco, poi abbiamo gli homos, in
genere questi studi si fanno sulla massa cranica, sugli organi fonatori ecc...poi arriviamo
all’homo sapiens. Il modello glottogenetico di origine delle lingue accettato è che esso
coincida con l’evoluzione da homo a sapiens sapiens ovvero 50/80.000 anni fa, la capacità
di sviluppare un linguaggio come lo intendiamo noi è dunque “recente”.
Quentin Atkinson ha studiato i fonemi di molte lingue e ha notato che il numero di fonemi in
Africa è più alto e questo a suo parere è una dimostrazione della nascita del linguaggio in
Africa già 500.000 anni fa. Sappiamo oggi che probabilmente i nostri antenati erano uomini
africani che emigrarono “out of Africa”. Incominciarono a “innomadirsi” nella zona euro-
asiatica. La domanda che dobbiamo farci è: Prima di Homo cosa c’era? come si
comunicava?
Tobias era un paleontologo che sostiene, sulla base morfologica (sulla base dei crani), ci
sono prove che i centri fonatori per parlare fossero presenti prima che il genere Homo si
staccasse dagli australopitechi. Lui sostiene che la funzione linguistica fosse obbligatoria in
Homo ma era presumibilmente facoltativa già negli australopitechi. La capacità del
linguaggio è innato in noi, il bambino apprende spontaneamente a parlare, è geneticamente
legato ai suoi creatori.

I 4 argomenti che speculano sulla possibile positività di una risposta alla domanda qui sopra
sono:
-Correlazione litico geolinguistica= Abbiamo dei resti tipici della preistoria, in particolare 3
schegge
a) l’area dei chopper (i ciottoli) corrisponde all’area delle lingue isolanti, ovvero le
lingue che non hanno morfologia.
b) L’area dei Mode 1 tools ovvero le schegge (a scopo di caccia) coincide con quella
delle lingue agglutinanti (tipo le ugro finniche); sono lingue che, a partire da un solo
morfema (radice), utilizzano tutte le categorie con l’aggiunta di desinenze.
c) L’area dei bifacciali, evoluzione finale della lavorazione dei ciottoli, che coincide con
le lingue flessive (le nostre).
La lavorazione del ciottolo corrisponde all’uso di un lessema quando lo tronchiamo,
semplicemente tronchiamo l’aria, questa è l’origine della parola, se no parleremmo di
continuo.
Come i ciottoli vengono utilizzati per avere dei risultati pratici allo stesso modo il flusso d’aria
viene modificato per ottenere risultati comunicativi.

-Stabilità millenaria delle lingue= le lingue non tendono al mutamento ma alla conservabilità,
se mutano è a causa di agenti esterni (politici, storici ecc…) ma in ogni caso evolvono (in
quanto la lingua è tale perché parlata dai suoi parlanti). Tutte le lingue tendono alla stabilità.

-Problema della sintassi composizionale negli animali= Chomsky sostiene che la differenza
tra il linguaggio animale e umano è l’assenza negli animali di una forma sintattica, gli animali
non sono in grado di combinare i versi. Caren Ten Cate (antropologa) però dice che forse
dovremmo studiare la questione più a lungo. Su Nature è uscito un articolo sulla
sperimentazione giapponese che sostiene che il passero possiede una struttura sintattica,
ovvero non emette un suono differente per ogni azione che fa, ma combina questi suoni.
Questo dimostra che la sintassi composizionale esiste negli animali, solo che per anni ci
siamo concentrato solo sullo studio dei primati come scimpanzè.

-Assenza di differenza tra la risposta agli stimoli dei primati e la formazione delle nostre
parole= Laura Ann Petitto ha studiato il linguaggio degli scimpanzè dagli anni ‘80 e ha visto
che questi non riescono a definire il concetto di mela, per chiederla indicano, senza alcuna
gerarchia, il luogo dov’è conservata, il gesto di mangiarla o il coltello con cui la si è
mangiata: questo è diverso dal linguaggio umano, gli umani associano a ogni oggetto una
parola. Secondo il prof questo non è vero, il linguaggio umano degli antenati e dei bambini
veniva/viene attuato nella stesso modo degli scimpanzè.
Es: la parola “building” significa palazzo, ma alle origini significa “atto di costruire”.
Dunque lo studio di Petitto è una conferma della correlazione tra il linguaggio dei primati e il
nostro. I nostri processi di motivazione confermano quello che dice la Petitto.

Secondo il prof l’homo nasce già loquens.


27/11

Il ciclo arturiano:
Tutto ruota intorno alla figura di Artù, i racconti che abbiamo su di lui sono entrambi narrativi
e storici, non c’è una frattura tra i due. Le fonti sono latine e celtiche del 6-8 sec. d.C. che
contengono delle tracce su quello che sarà il personaggio. Ne Gododdin forse abbiamo la
prima attestazione di Artù della storia. Evidentemente era un personaggio su cui circolavano
già leggende orali. Poi abbiamo fonti che diventano man mano più narrative, specialmente
quelle latine. La historia regum britanniae è di Goffredo di Monmouth datata nel 1135 nella
quale per la prima volta vengono raccontate le storie di Artù.
*mancano appunti*

30/11

Le due ipotesi relative all'Artù storico sono:


-Un capo tribù nella zona dove vivevano i pitti. Artù pitto che combatteva contro altre
tribù (civiltà celtica) V sec.
-Artù del VI sec. che combatte contro un’invasione dei sassoni (invasione
germanica)

Come mai queste storie, se proprio derivano da queste ipotesi, hanno colonizzato i
nostri archetipi e la nostra storia letteraria in maniera così profonda?
In un libro che si intitola “la tradizione smarrita” del prof ha affrontato questo
argomento, il problema è che non è plausibile che ci sia una leggenda che viene dal
nord europa atlantico e che ha influenzato anche la zona medio orientale, bisogna
cercare tracce precedenti. Una possibilità è quella di cercare nelle fonti delle
tradizioni latine e galliche tracce di oralità.
Due personaggi nelle fonti classiche Brennos e Belinos sono due gemelli (ierogamia
cosmica) capi di tribù celtiche. Le fonti latine attribuiscono a questo brennos delle
imprese dislocate nei secoli, qui si pone una questione narrativa: noi troviamo nella
letteratura medievale celtica, molte imprese di uno sciamano-re Bran, con significato
di “corvo”, è una semidivinità gallese, è un personaggio mitologico. Bran è da
imparentarsi con Brenno ed è intercambiare con un personaggio che si chiama
Belis, viene spontaneo dunque pensare che Bran e Belis siano Brennos e Belinos.
In un testo gallese “Boned y Arthur” si racconte che Artù fu allevato da Bran e lo
succederà, questa narrazione si trova anche in altre fonti. Le altre laconiche fonti di
Artù in cronache alto-gallesi parlano del fatto che Artù è l’erede di Bran, dunque
questo Bran. In Giappone, il mito della creazione dei mondi afferma che l’umanità è
nata da un corvo, il grande mito del corvo progenitore. La radice antica celtica Art-
significa orso e ur- è uomo, dunque l’etimologia di Artù è l’uomo orso. Mettendo
insieme queste connessioni si può parlare che esistevano epopee galliche su Bran
che sono da considerarsi come fonti sull’epopea arturiana.
I romanzi antico francesi ci danno la prima attestazione in forma lessicale del Graal,
nel Perceval in lingua romanza, racconta la storia del Perceval, un giovane che la
madre (con caratteristiche feriche) alleva nella foresta vicino a un lago. Perceval
cresce solo con la madre, finchè ad un certo punto incontra 4 cavalieri e ne rimane
affascinato, ente la vocazione di dover seguire questa strada, segue i cavalieri e
arriva alla corte di Artù dove è il più giovane dei cavalieri, comincerà a compiere
alcune imprese insieme a Calogrenant (suo maestro d’armi) finchè non arriva in
solitario al luogo del Graal. Un giorno al crepuscolo incontra un castello che gli
appare e che prima non c’era, viene accolto e invitato ad una cena dai proprietari,
finché a fine serata gli compare quella che diventerà da questo momento in avanti la
processione del Graal: fanciulle che procedono di fronte a lui, una fanciulla porta una
lancia insanguinata e un graal (che significa semplicemente vassoio). Perceval
rimane ammutolito perché il suo maestro di cavalleria gli ha insegnato a non porsi
troppe domande, questo sarà il grande errore che compirà. Le fanciulle stavano
andando dal re pescatore, re che è stato ferito e può solo pescare. Il graal
conteneva l'ostia consacrata, se Perceval avesse fatto la domanda, avrebbe potuto
salvare quella terra. Verrà svelato da un mago a Perceval che avrebbe dovuto fare
la domanda cosicché il re pescatore con l’ostia sarebbe guarito e la terra desolata
sarebbe rinata. Questo è il mistero del graal nella sua prima attestazione.
Robert de Boron compone una trilogia sul Graal: il primo è -Giuseppe d’Arimatea, il
secondo è -Merlino, il terzo è -Perceval.
Il Graal è la coppa in cui Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue dal costato di
Cristo prima che morisse, la lancia che compare nei romanzi è la lancia che trafisse
il costato. Il mito del Graal è legato inevitabilmente al mito di Artù. Il termine Graal è
attestato per oggetti di uso comune in molti dialetti. Il vaso campaniforme è un
reperto che troviamo sempre di fianco a uno massimo due cavalieri. Questo vaso
campaniforme è legato molto strettamente al Graal.
Anche la storia di Lancillotto è strettamente correlata con Artù, le storie di Lancelot
sono storie sciamaniche. A causa del suo amore illecito, Lancillotto sarà colpevole
della chiusura dell’impresa del Graal.
Tavola rotonda:
Sappiamo dalle fonti latine che i celti si radunavano in cerchio per prendere delle
decisioni. Vedi cerchi megalitici e tabla, tabulina, tablina ecc..erano nomi dati ai
megaliti. Si dice che Merlino fece arrivare nel regno di Artù delle pietre e le dispose
in cerchio. In molti testi irlandesi il Graal è una pietra o un teschio.

07/12

I nostri nomi della settimana sono plasmati su divinità pagane, eccetto la domenica.
Il Natale è una trasformazione del Sol invictus ( sole invincibile, il giorno della nascita
del sole) celebrata il 25 dicembre perché questo coincide con il periodo del solstizio
invernale. In molti luoghi del nord il Natale si festeggia il giorno più corto: il 13
dicembre, giorno di Santa Lucia. Il periodo natalizio è quello che va dal 25
all’epifania. La concezione di una nascita da una vergine per noi non è una novità (a
causa del cristianesimo), questa concezione è quella paleolitica della madre che
genera senza procreatore perché non esiste padre. Nella preistoria abbiamo già
visto che l’unica figura paterna assimilabile sia lo zio, uscito anch’egli dal grembo
materno. Con il Natale siamo totalmente in una dimensione arcaica e totemica, è
anche la festa delle piante sempreverdi (il nostri albero di Natale), siamo nella
visione totemica degli alberi totem. Oltre agli animali, la concezione totemica era
data anche rispetto agli elementi della natura e del paesaggio (tipo frane, slavine
ecc..) un ambiente che viene totemizzato quando l'uomo sta ancora esplorando i
paesaggi futuri, durante lo scioglimento dei ghiacci, abbiamo dei nomi totemici per il
ghiaccio. Facevano parte di una visione ecosistemica in cui l’essere umano si
percepiva in contiguità. La foresta era il luogo di rifugio, non il luogo in cui perdersi, è
nella società neolitica che diventa un luogo minaccioso contro la sedentarietà.

-Primo stato animale


-Secondo stato pagano
-Terzo stato cristianizzato.

Da noi le concezioni dell’albero natalizio sono molto arcaiche, tanto che in Toscana il
Natale viene chiamato anche Ceppo, all’albero che viene tagliato vengono
raccontate delle filastrocche, gli si da da mangiare e bere, è un albero totem di cui si
prende una parte che viene ritualizzata. In Abruzzo il ceppo natalizio era quello che
scaldava le vesti di Gesù bambino (cristianizzazione finale).
La befana da noi mantiene la visione preistorica del Natale, è la vecchia, è la grande
madre risemantizzata in forma di strega, fa paura ma dispensa ancora doni.
Nell’epifania abbiamo un curioso rientro terminologico da un termine cristianizzato
che viene riutilizzato per definire l’antica vecchia. Ogni vecchia del folklore è l’ultima
ritrasformazione della grande madre del paleolitico.
Nomi totemici del lupo:
Abbiamo dei nomi sostitutivi del soggetto tabuizzato, certe cose che fanno paura
vengono rinominate. I nomi sostitutivi sono vezzeggiativi, sono storpiature del vero
nome: ad esempio per tumore adesso si usa il termine scherzoso “tomorrow”. In
Danimarca e in altri paesi il lupo viene chiamato “silenzioso”, “grigio”, “denti d’oro”,
“l’innominabile”, “il dormiente”, “il non lo so”.
Non esiste una radice indoeuropea per la parola lupo, questo dimostra la sua natura
tabuizzata. Molti nomi all’origine forse erano onomatopeici.
Animale antenato:
Il lupo è il padre di qualcuno che è nato, abbiamo la varia documentazione dei nomi
e cognomi, come i capostipiti della famiglia che hanno cognomi del lupo: es. Lopez.
In molti dialetti la levatrice ha il nome del lupo.
Ancora nei dialetti abbiamo il fenomeno atmosferico che prende il nome di “lupo
dell’aria”, come la nebbia fitta.
La nostra cultura è qualcosa di ampio e diversificato, non proviene solo dalla
concezione elitaria della cultura classica latina e greca.
Antica concezione:
Ancora oggi si investe il maiale, non si poteva parlare di questo alla vigilia di Natale,
perché la vigilia di natale gli animali capivano.
L’arte della dissidenza è un istinto primario, la filologia è nata come scienza
eversiva.

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