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La bottega del caffè riassunto, analisi e pdf –

Carlo Goldoni
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Oggi trattiamo: La bottega del caffè.

Ecco la lista:

 Introduzione
 I personaggi
 Riassunto
o Commento per alcune scene scelte
 Analisi – Punti/temi importanti da discutere
o Caffetteria – bottega del caffè – Kaffeehaus
o Le tre unità aristoteliche – Sulla stesura della Bottega: le pagine dei Mémoires
o Personaggi – Rinuncia alle maschere della Commedia dell’Arte: la nuova versione
della Bottega
o La borghesia e la lingua

La bottega del caffè– riassunto


Introduzione:
 Genere: Commedia
 Data di pubblicazione: 1750, stesura di 16 commedie (+ 1 con funzione introduttiva) tra il
1750 e 51 promesse al pubblico del Teatro Sant’Angelo, tra cui La bottega del caffè.
 Tematiche: Riforma di Goldoni,

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I personaggi
 Ridolfo caffettiere
 Don Marzio gentiluomo napolitano
 Eugenio mercante
 Flaminio sotto nome di Conte Leandro
 Placida moglie di Flaminio, in abito di pellegrina
 Vittoria moglie di Eugenio
 Lisaura ballerina
 Pandolfo biscazziere
 Trappola garzone di Ridolfo
 Capitano di birri, che parla

In dettaglio:

 RIDOLFO: Caffettiere di professione. Egli è un brav’ uomo e cerca di esser d’ aiuto a tutti
ma in particolar modo a Eugenio, amico di famiglia. Ridolfo lo aiuterà a non cadere nelle mani
degli usurai.
 DON MARZIO: gentiluomo napoletano. Egli è ben visto in Venezia, sebbene lui non fosse
mai stato capace di tacere e non impicciarsi degli affari altrui. Una volta scoperto il suo essere
imbroglione, è costretto ad abbandonare la città, pentendosene amaramente.
o «[…] l’occhialetto rappresenta tutto Don Marzio, la sua incapacità di vedere le cose
nelle loro giuste dimensioni. La lente, infatti, non serve a questo miope (che non vede
bene/sguardo diffetoso), perché abituato a osservare il mondo attraverso il suo sguardo
difettoso, quando la realtà non corrisponde all’idea che lui si è fatta delle cose e degli
uomini, ricorre all’invenzione, al pettegolezzo, alla menzogna».
 EUGENIO: mercante di professione. Egli è un giocatore accanito sperpera i suoi soldi nel
gioco, sviluppando così molti debiti a scapito della moglie. Grazie all’ aiuto di Ridolfo riuscirà a
perdere il suo vizio.
o Eugenio è allora un piccolo imprenditore tessile che rovina il suo matrimonio e le
sue risorse finanziare perché è dipendente dal gioco d’azzardo. Egli è figlio dell’ex padrone
di Ridolfo (il proprietario della bottega del caffé), verso il quale quest’ultimo è molto
riconoscente e, quindi, mosso da devozione, aiuta il figlio nel superare il momento di crisi,
aiutandolo anche finanziariamente. Eugenio rappresenta l’immagine della borghesia che si è
arricchito ma che rimane lo stesso ingenuo e poco accorto, fidandosi infatti del conte
Leandro, che invece, barando al gioco, lo rovinava economicamente. È la critica che
Goldoni muove alla borghesia, che è sì la classe vincente della commedia, ma è viene
rappresentata durante la sua perdita di valori. In una Venezia economicamente in rovina,
l’apprezzamento o meno di un personaggio dipende dalla sua situazione economica; in
questo modo Eugenio è negativo fino a quando perde i soldi nella bisca, ma, dopo il
pentimento e la decisione di smettere di giocare d’azzardo, diviene positivo.
 FLAMINIO: vero nome del Conte Leandro. Egli fugge a Venezia lasciando la moglie sola a
Torino. Nella vicenda si presenta come un donnaiolo.
 VITTORIA: moglie di Eugenio. È virtuosa, paziente e tollerante nei confronti del marito e
rimane mite anche quando viene a conoscenza delle sue brutte azioni. Però, è anche delusa da lui e
vorrebbe lasciarlo e tornare nella casa paterna.
 PLACIDA: moglie di Flaminio, in ambito di pellegrina in cerca del marito.
 LISAURA: ballerina adescata dal conte Leandro.
 PANDOLFO: biscazziere che vive sulle perdite degli altri.
 TRAPPOLA: garzone di Ridolfo. Giovane con l’abitudine di far la spia.

Personaggio positivo

Il personaggio positivo di maggior rilevanza è, certamente, Rinaldo che si presta a risolvere nel
migliore dei modi le vicende in cui gli altri personaggi si imbrogliano.
Egli cerca di aiutare Eugenio a risollevarsi economicamente, lasciandolo libero dal gioco e
aiutandolo a ritornare con la moglie Vittoria.
Il brav’ uomo riesce, anche, a far conciliare Flaminio e Placida riportando la serenità.
Inoltre, egli, nonostante le continue insistenze di Don Marzio non aveva mai parlato di nessuno e
non si era mai impicciato degli interessi

Riassunto
Trama

La vicenda è ambientata in una bottega da caffè, in cui si intrecciano molte azioni ad un tempo e
dove ogni personaggio ha interessi e caratteristiche diversi; eppure, ogni soggetto ha un rapporto
con gli altri. La storia che ha più rilevanza è quella di due sposi, molto diversi tra loro: il marito è
un uomo sulla cattiva strada, indebitato e con la passione del gioco, mentre la moglie è virtuosa e
paziente. Il padrone della bottega è un uomo onesto e discreto, che tenta di rendere felice questo
matrimonio in crisi, correggendo l’uno e rendendo contenta l’altra. In contrasto, c’è un maldicente,
che inquieta tutti e annoia chiunque entra nella bottega. Questo personaggio viene da tutti scacciato
alla fine della commedia.

(Questa trama è quella che Goldoni stesso ha dato per informare chi legge il libro)

Riassunto

Dopo l’atto 1 scena 1: Questa scena è un buon punto di partenza per inserirsi nella commedia, in
quanto è ambientata all’interno della bottega del caffé, nella quale si svolgono la maggior parte dei
fatti, e perchè vengono introdotti due dei personaggi chiave dell’opera: Ridolfo, il proprietario della
bottega del caffé, che discute con il suo garzone Trappola, e Eugenio, un piccolo borghese che la
notte precedente, giocando d’azzardo contro il conte Leandro, aveva perso tutti i suoi soldi.

Il signor Eugenio perde tutti i suoi soldi nel gioco d’azzardo, fino ad arrivare a chiedere in prestito
dei soldi da Don Marzio in cambio di un paio di orecchini della moglie.

Don Marzio, signore ricco di soldi ma povero di buon senso, racconta la faccenda a Ridolfo e
Trappola e i due sono dispiaciuti della sventura di Eugenio, mentre Pandolfo, sapendo la notizia, ne
appare molto soddisfatto, perché prendendo lui stesso parte alle bische, si arricchisce sempre di più,
soprattutto con i soldi dello sfortunato Eugenio.

Eugenio perde trenta zecchini sulla parola e ne deve anche restituire dieci a Don Marzio, Pandolfo
si offre di trovare per lui i soldi da un suo amico, ma Ridolfo si offre di comperare da Eugenio
trenta zecchini di stoffe di panno per poi rivenderle e fare fruttare il negozio. (Eugenio è il figlio del
vecchio padrone di Ridolfo, nei confronti del quale questo prova rispetto e si sente in debito; per
questo motivo lo vuole aiutare).

In bottega, Eugenio, Don Marzio e Ridolfo parlano della relazione tra Lisaura e il conte Leandro,
Ridolfo dice che i due si vogliono sposare, mentre Don Marzio spiega che nella casa delle ragazza
entra chiunque.

Eugenio cerca di entrare in casa della ballerina ma ella lo rifiuta e il conte ride di lui ed entra in casa
di Lisaura.

Eugenio incontra una pellegrina che gli dice di stare cercando suo marito Flaminio, Eugenio non sa
chi e egli sia, ma, provando pena per la donna, vuole offrirle alloggio nella locanda dell’amico
Ridolfo; la scena viene vista da Don Marzio che parlando poi con Eugenio lo fa dubitare delle
parole della donna e perciò egli rientra in locanda a chiedere la verità alla pellegrina Placida.

Vittoria arriva in piazza e parla con Don Marzio che rivela delle perdite di gioco di suo marito, delle
“tresche” con la pellegrina e la ballerina e del prestito preso con lui stesso in cambio dei suoi
orecchini; la donna è infuriata e litiga con il marito e infine decide di tornare a casa del padre, ella
ha paura di cadere in rovina con il marito.

Ridolfo torna a bottega e Trappola gli racconta dell’accaduto, tra Eugenio e la moglie.

Quando Eugenio arriva in bottega chiede subito a Ridolfo se egli abbia fatto fruttare la vendita dei
suoi panni, quest’ultimo però non vuole restituire a lui i soldi perché sa che egli li risplenderebbe
immediatamente nel gioco, così lo incita a restituire a lui stesso i trenta denari in prestito e con i
dieci che restano dalla vendita ripagare Don Marzio, Eugenio ragiona e acconsente alla richiesta,
riconoscendo la gentilezza e l’intelligenza dell’amico.

Poco dopo Eugenio incontra Leandro che lo incita a giocare con lui, con la scusa di giocare solo una
cioccolata, Eugenio si sente costretto a prendere parte al gioco per dimostrare di avere ancora
zecchini.

Don Marzio arriva alla bottega dopo aver girato per ogni gioielliere, e essendosi sentito ripetere da
tutti che gli orecchini non valgono dieci zecchini è infuriato e parla con Ridolfo, che gli da dieci
zecchini per riprendere gli orecchini e poi restituirli ad Eugenio, ma Don Marzio lo obbliga ad
andare con lui e restituirli alla moglie.

Eugenio perde i dieci zecchini in gioco con Leandro e si arrabbia con Ridolfo perché vuole avere
più soldi così si incammina a cercarlo, quando incontra Pandolfo, si ferma con lui a parlare del
negozio dei panni compiuto da Ridolfo e Pandolfo lo incita a dare a lui l’altra parte dei panni in
modo che egli possa trovare denari subito invece di aspettare il resto dei denari di Ridolfo per cui
egli avrebbe dovuto aspettare, così si accordano. Ma mentre Eugenio scrive l’accordo arriva Ridolfo
che, facendo ragionare Eugenio che questo nuovo contratto frutterebbe molto meno del primo, fa
stracciare il contratto e gli da altri zecchini ricevuti dalla vendita.
Pandolfo è arrabbiato per l’interruzione di Ridolfo così invita Eugenio a giocare, che accetta
subitamente sapendo di avere così tanti denari in tasca, ma egli deve cercare di entrare nella sala da
gioco senza farsi vedere da Ridolfo così prima parla con l’amico che gli riferisce degli orecchini,
poi promettendo di tornare a casa da Vittoria, scappa a giocare.
Don Marzio tenta, come in precedenza Eugenio, di attaccar briga a Lisaura ed entrare in casa, ma
ella lo rifiuta come ha fatto con Eugenio, sottolineando di essere una donna onorata. Poi Don
Marzio vede Placida alla finestra, i due parlano di Eugenio, il signore gli dice che egli ha una bella
moglie e fa intendere alla pellegrina di considerarla una poco di buono in servizio di Eugenio, ma
essa lo nega e se ne va.

Eugenio vince sei zecchini nel gioco con Leandro ma quest’ultimo fa capire a Ridolfo di aver perso
a posta per così poter allettare ancora Eugenio a giocare; il vincitore si sente fortunato e felice,
anche se in realtà non ha rivinto neanche la metà di ciò che ha perso, e inoltre invita gli altri
giocatori a mangiare con lui nelle stanze di Pandolfo e magari dopo continuare a giocare,
nonostante i consigli avversi di Ridolfo che non sa più come aiutarlo.
Eugenio, Leandro e Don Marzio si siedono nella locanda di Pandolfo e decidono di invitare a cena
anche due donne, per rendere il pranzo più interessante, così Leandro invita Lisaura e Eugenio dice
di voler invitare la pellegrina ma ella non vuole venire. I tre cominciano a parlare e si scopre che
Leandro è di Torino.

Ridolfo ragiona sul poco ingegno di Eugenio, che pranza con così tanta gioia, infondata, mentre la
moglie piange per lui a casa.

Mentre i tre e la ballerina stanno pranzando, Vittoria, in maschera, passa sotto alla locanda e il
marito, non avendola riconosciuta, con un bicchiere di vino in mano, e molto allegro, la invita a
salire più volte, mentre la ballerina è a fianco a lui alla finestra, Vittoria si sente svenire e chiede
aiuto a Ridolfo. Nel frattempo tra le urla dei commensali, Placida riconosce la voce del marito
sentendola più di una volta, così si fa accompagnare da un cameriere nella sala da pranzo; Leandro,
in realtà Flaminio, marito di Placida, la riconosce e le corre dietro con la spada mentre ella correndo
si nasconde nella bottega di Ridolfo, ed Eugenio si ferma sulla soglia della locanda con la spada
schierata a difendere Placida contro Leandro che, trovando la porta della casa di Lisaura aperta
entra fuggendo.

Eugenio urla alla donna mascherata di andarsene visto che lei non è inclusa nella discussione ma
ella resta lì così l’uomo le incute paura con la spada obbligando Ridolfo a correre, anche lui con la
spada, in difesa della donna; appena Eugenio scopre che ella è sua moglie scoppia a piangere
disperato, rinfodera la spada, butta a terra il cappello ed entra in bottega. Ridolfo si offre come
intermediario fra i due per riunirli e farli ragionare entrambi, entra nella bottega in cerca di Eugenio
ma egli è fuggito, lo riferisce a Vittoria ed essa si infuria ancora di più contro il marito ma viene
convinta da Ridolfo ad aspettare in bottega mentre egli ritrova il signore, scappato perché senza il
coraggio di chiederle scusa.

Leandro viene rinnegato da Lisaura, così egli parla con Don Marzio richiedendo segretezza,
quest’ultimo gli consiglia di fuggire a Ferrara per scappare dalla moglie.
Don Marzio, tradendo il suo giuramento di segretezza, parla con Placida, si dispiace per lei e così le
rivela che suo marito è ancora in casa della ballerina, che uscirà dalla porta di dietro e partirà; ella
riferisce ciò che sa a Ridolfo che si offre di aiutarla.

Nel frattempo Ridolfo aiuta anche Eugenio e Vittoria, convincendo il marito a raggiungere la
moglie nella bottega e parlare con lei, ordinando ai suoi camerieri di non far entrare nessuno e così
tornando ad occuparsi di Placida.

In bottega arriva Pandolfo a chiedere protezione a Don Marzio, perché sa che entro poco tempo i
suoi inganni di gioco nella sua bottega saranno scoperti dalla polizia, così Don Marzio, giurando il
silenzio, gli consiglia di nascondere le carte segnate, ed egli va a nasconderle rivelando al signore il
nascondiglio segreto. In assenza di Pandolfo, in bottega arriva il capo della polizia che, facendo due
chiacchiere con Don Marzio in merito alle botteghe di gioco, viene a sapere da lui stesso che
Pandolfo è un truffatore, che sta nascondendo le carte e il luogo dove le sta mettendo, così egli corre
immediatamente con i suoi poliziotti da Pandolfo.

Ridolfo riesce a riunire Flaminio e Placida, minacciando il primo. Ridolfo si mostra contento di
aver fatto del bene. Eugenio poi fa chiamare Ridolfo, e con la moglie lo ringrazia di averli riuniti.
Ridolfo si sente glorificato per tutto il bene che ha fatto.

Nelle ultime scene Don Marzio viene smascherato per quello che è: un gran bugiardo e vile; infatti
Placida e Lisaura scoprono che il gentiluomo napoletano le descriveva alla gente come due
prostitute ed Eugenio scopre che aveva raccontato a sua moglie che la tradiva con la ballerina e la
pellegrina. Viene anche accusato da Pandolfo prima di andare in prigione, da Trappola che però è
divertito dalle sue azioni e da Ridolfo che veniva addirittura accusato da Don Marzio di essere stato
lui a dire varie false verità. Don Marzio, però, nega tutto e cerca di addossare la colpa agli altri,
continuando a sostenere che lui è un bravo uomo che non ha mai tradito la fiducia di nessuno e non
ha mai raccontato bugie. Dopo, Don Marzio ragiona e pensa che le parole, volte a fare del bene
hanno solo causato discordia, perché egli dice tante cose, fino a dirne troppe; infine egli decide di
partire da Venezia.
Nell’ultima scena Don Marzio viene insultato da tutti i personaggi, e viene costretto ad abbandonare
la città.

Messaggio dell’autore: presentando le disavventure di Eugenio l’autore sottolinea che i giochi


d’azzardo sono solo trappole, che obbligano i giocatori a perdere sempre più soldi invece di usarli
per le proprie necessità, e fanno perdere ad essi la concezione del denaro.; tutto ciò viene infine
evidenziato dall’arresto di Pandolfo, proprietario della sala di gioco.
Presentando il personaggio di Dona Marzio, l’autore, con scene divertenti, che è molto meglio
tenere i segreti, invece di volersi dimostrare saccenti con tutti raccontando le disavventure altrui.
Infine, con il personaggio principale di Ridolfo, lo scrittore evidenzia quanto sia necessario e
produttivo d’essere delle persone per bene per fare del bene agli altri.

Commento per alcune scene scelte

Atto I, scena prima

Ridolfo: Animo, figliuoli, portatevi bene; siate lesti e pronti a servire gli avventori, con civiltà, con
proprietà: perché tante volte dipende il credito di una bottega dalla buona maniera di quei che
servono.
Trappola: Caro signor padrone, per dirvi la verità, questo levarsi di buon ora, non è niente fatto per
la mia complessione.
Ridolfo: Eppure bisogna levarsi presto. Bisogna servir tutti. A buon’ora vengono quelli che hanno
da far viaggio, i lavoranti, i barcaruoli, i marinai, tutta gente che si alza di buon mattino. […]
Trappola: Non si vede venir nessuno a bottega; si poteva dormire un’altra oretta.
Ridolfo: Or ora verrà della gente; non è poi tanto di buon’ora. Non vedete? Il barbiere ha aperto: è
in bottega lavorando parrucche. Guarda, anche il botteghino del giuoco è aperto.
Trappola: Oh! in quanto poi a questa biscazza, è aperta che è un pezzo. Hanno fatto nottata.
Ridolfo: Buono! A messer Pandolfo avrà fruttato bene.

Mattina prestissima, la bottega si apre. Questo porta al tema del momento del giorno.
Ridolfo si alza presto, è efficiente, sottolinea che alla mattina viene gente che ha da fare dopo.
Atto I, scena II – Ridolfo e Pandolfo: due diverse visioni

Ridolfo: Messer Pandolfo, volete il caffè?


Pandolfo: Sì, fatemi il piacere. […]
Ridolfo: Giuocano ancora in bottega?
Pandolfo: Si lavora a due telai.
Ridolfo: Così presto?
Pandolfo: Giuocano da ieri in qua. […]
Ridolfo: Mi pare, che un galantuomo non debba soffrire di veder assassinar la gente.
Pandolfo: Eh, amico, se sarete così delicato di pelle, farete pochi quattrini.
Ridolfo: Non me ne importa niente. Finora sono stato a servire, e ho fatto il mio debito
onoratamente. Mi sono avanzato quattro soldi, e coll’aiuto del mio padrone di allora, ch’era il
padre, come sapete, del signor Eugenio, ho aperta questa bottega, e con questa voglio vivere
onoratamente, e non voglio far torto alla mia professione.
Pandolfo: Oh! anche nella vostra professione vi sono de’ bei capi d’opera! […]
Pandolfo: […] Sapete pure che i miei avventori si servono alla vostra bottega […].

Ricaviamo due punti: Uno che c’è una sorta di casinò dove la gente gioca per i soldi (sarà
importante per il seguito), due che Ridolfo e molto operoso (attivo) e ha uno spirito imprenditoriale

C’è un’opposizione tra Ridolfo e Pandolfo. Il primo vuole avere un lavoro onesto, Pandolfo non
s’interessa.

Finalmente, c’è anche il tema del luogo, ovvero dei due mondi diversi. Eugenio, il figlio del ex-
padrone di Ridolfo, si sta giocando tutto. I giocatori stanno finendo la notte di gioco che porta il
rovino; per Ridolfo però è il nuovo giorno.

Atto I, scena III – Don Marzio entra in scena

Ridolfo: (Ecco qui, quel che non tace mai, e che sempre vuole aver ragione.) (da sè)
Don Marzio: Caffè!
Ridolfo: Subito, sarà servita.
Don Marzio: Che vi è di nuovo, Ridolfo?
Ridolfo: Non saprei, signore.
Don Marzio: Non si è ancora veduto nessuno a questa vostra bottega.
Ridolfo: È per anco buon’ora.
Don Marzio: Buon’ora? Sono sedici ore sonate. […]
Ridolfo: Ella mi strapazza senza ragione.
Don Marzio: Ho contato in questo punto le ore, e vi dico che sono sedici; e poi guardate il mio
orologio (gli mostra l’orologio); questo non fallisce mai.
Ridolfo: Bene, se il suo orologio non fallisce, osservi; il suo orologio medesimo mostra tredici ore e
tre quarti.
Don Marzio: Eh, non può essere. (cava l’occhialetto e guarda)
Ridolfo: Che dice?
Il carattere di Don Marzio è comico e drammatico.  Orologio : disputa dell’ora e poi prende un
occhialetto per vedere l’orologio, ma continua a dire che sono le 16, anche se Don Marzio vede che
sono le 14.

Più dettagli avete letto sopra dal capitolo ‘i personaggi’.

Atto I, scena VI – La maldicenza di Don Marzio e le allusioni oscene


[…] Don Marzio: Se voi non sapete niente della ballerina, vi racconterò io.
Ridolfo: Io, per dirgliela, dei fatti degli altri non me ne curo molto.
Don Marzio: Ma sta bene saper qualche cosa per potersi regolare. Ella è protetta da quella buona
lana del conte Leandro, ed egli, dai profitti della ballerina ricava il prezzo della sua protezione.
Invece di spendere, mangia tutto a quella povera diavola; e per cagione di lui forse è costretta a fare
quello che non farebbe. Oh che briccone!
Ridolfo: Ma, io son qui tutto il giorno, e posso attestare che in casa sua non vedo andare altri, che il
conte Leandro.
Don Marzio: Ha la porta di dietro; pazzo, pazzo! Sempre flusso e riflusso. Ha la porta di dietro,
pazzo!
Ridolfo: Io bado alla mia bottega, s’ella ha la porta di dietro, che importa a me? Io non vado a dar
di naso a nessuno.

Maldicenza: Cattiva abitudine di sparlare degli altri con pettegolezzi, malignità

Chiede delle info sulla ballerina, la cui casa si faccia sulla piazza. Una volta ricevuto quello che
voleva sapere, lui inizia a raccontare. Questa è la maldicenza di Don Marzio.

Interessante è anche ‘flusso e riflusso’ dalla porta sul dietro della ballerina, una porta tramite cui gli
uomini vanno e vengono. Questo movimento di uomini, dalla porta di dietro, che escono ed entrano,
mostra chiaramente un’allusione oscena. Qui, Goldoni cade nella modalità della commedia
dell’arte.

Atto I, scena VIII – I debiti di gioco e il (falso e interessato) aiuto di Pandolfo

[…] Pandolfo: Signor Eugenio, una parola. (lo tira in disparte)


Eugenio: So quel che volete dirmi. Ho perso trenta zecchini sulla parola. Son galantuomo, li
pagherò.
Pandolfo: Ma il signor Conte è là, che aspetta. Dice che ha esposto al pericolo i suoi denari, e vuol
essere pagato.
Don Marzio: (Quanto pagherei a sentire che cosa dicono.) (da sé)
Ridolfo: Ecco il caffè. (ad Eugenio)
Eugenio: Andate via. (a Ridolfo) Ha vinti cento zecchini in contanti; mi pare che non abbia gettata
via la notte. (a Pandolfo)
Pandolfo: Queste non sono parole da giuocatore; V. S. sa meglio di me come va l’ordine in materia
di giuoco.
Ridolfo: Signore, il caffè si raffredda. (ad Eugenio)
Eugenio: Lasciatemi stare. (a Ridolfo)
Ridolfo: Se non lo voleva…
Eugenio: Andate via.
Qui entra in gioco d’azzardo, tema importante, con le miserie umane che si collegano come i debiti,
la conseguente richiesta di crediti ecc.

Atto I, scena XI – Ridolfo aiuta Eugenio a saldare i suoi debiti di gioco

[…] Eugenio: Credete che messer Pandolfo mi voglia gabbare?


Ridolfo: Vedrà che razza di negozio le verrà a proporre.
Eugenio: Ma che devo fare? Bisogna che io paghi trenta zecchini, che ho persi sulla parola. Mi
vorrei liberare dal tormento di don Marzio. Ho qualche altra premura; se posso vendere due pezze
di panno, fo’ tutti i fatti miei.
Ridolfo: Che qualità di panno è quello che vorrebbe esitare?
Eugenio: Panno padovano, che vale quattordici lire il braccio.
Ridolfo: Vuol ella che veda io di farglielo vendere con riputazione?
Eugenio: Vi sarei bene obbligato.
Ridolfo: Mi dia un poco di tempo, e lasci operare a me.
Eugenio: Tempo? Volentieri. Ma quello aspetta i trenta zecchini.

Qui Ridolfo aiuta a Eugenio a vendere i suoi panni ad un buon prezzo, fa da intermediario. Questo è
un aiuto onesto e non approfitta di Eugenio, è un uomo di garbo (gentilezza…)

Atto III, scena XI – Don Marzio e il Capo degli sbirri

[…] Capo:  Quando è mal tempo, si va in un casino, e si giuoca.


Don Marzio: Basta andare in luoghi dove non rubino!
Capo: Qui, questa bottega vicina mi pare onorata.
Don Marzio: Onorata? È un ridotto di ladri.
Capo: Mi pare sia messer Pandolfo il padrone. […]
Don Marzio: È un baro solennissimo.
Capo: Ha forse truffato ancora a lei?
Don Marzio: A me no, che non son gonzo. Ma quanti capitano, tutti li tira al trabocchetto.
Capo: Bisogna ch’egli abbia qualche timore, che non si vede.
Don Marzio: È dentro in bottega, che nasconde le carte.
Capo: Perché mai nasconde le carte?
Don Marzio: M’immagino, perché sieno fatturate.
Capo: Certamente. E dove le nasconderà?
Don Marzio: Volete ridere? Le nasconde in un ripostiglio sotto le travature.

Birri: poliziotto
La polizia fa delle ricerche sulla bisca (casinò) clandestina. Don M. è il personaggio chiave che
rivela le informazioni al Capo (che è incognito). È una qualità negativa, ma alla fine è centrale per
lo scioglimento della storia. Don Marzio è maldicente e qui ha piacere a raccontare, non ha filtri, e
rivela dove si gioca a carte. Svela inoltre che sono truccate e le persone perdono a causa di questo
baro  (barare > giocare con truffa).

Atto III, scena ultima – Il soliloquio di Don Marzio

[…] Don Marzio: Sono stordito, sono avvilito, non so in qual mondo mi sia. Spione a me? A me
spione? Per avere svelato accidentalmente il reo costume di Pandolfo, sarò imputato di spione? Io
non conosceva il birro, non prevedeva l’inganno, non sono reo di quest’infame delitto. Eppur tutti
m’insultano, tutti mi vilipendono, niuno mi vuole, ognuno mi scaccia. Ah sì, hanno ragione, la mia
lingua, o presto o tardi, mi doveva condurre a qualche gran precipizio. Ella mi ha acquistato
l’infamia, che è il peggiore de’ mali. Qui non serve il giustificarmi. Ho perduto il credito e non lo
riacquisto mai più. Anderò via di questa città; partirò a mio dispetto; e per causa della mia trista
lingua mi priverò d’un paese, in cui tutti vivono bene, tutti godono la libertà, la pace, il
divertimento, quando sanno essere prudenti, cauti ed onorati.

Arrivati alla fine, c’è un monologo di Don Marzio. Lui è accusato di essere una spia e prova a
spiegare che lui non sapesse di essere una spia, non sapeva che era un poliziotto. Si rende conto
della sua triste lingua.
L’idea di Goldoni era che voleva dare una morale, dare una lode delle virtù. In questo caso il
messaggio è Don Marzio, che esalta delle virtù, ci trasmette di essere prudenti, cauteli, onorevoli
ecc. È un personaggio comico con una fine tragica e lancia messaggio morale.

Analisi – Punti/temi importanti da discutere


Caffetteria – bottega del caffè – Kaffeehaus: luogo di ritrovo della borghesia nel XVIII sec.

Cos’era questa caffetteria nel 700’?


A quelli tempi il caffè era una bevanda che stava diventando popolare. Si aprivano delle botteghe,
delle proto-bar. Il caffè è stato bevuto da diverse classi sociali e non è più stata la bevanda dello
strato sociale alto. Inoltre, era un luogo d’incontro.

Le tre unità aristoteliche – Sulla stesura della Bottega: le pagine dei Mémoires
‘Destra’
è nella visione della bottega, e non dallo spettatore
Avevo attinto questa commedia [Le donne puntigliose]al ceto della nobiltà. Presi invece la seguente
dal ceto della borghesia. Era La bottega del Caffè. Il luogo della scena di questa commedia, che è
fisso, merita qualche attenzione. Esso consiste in un quadrivio della città di Venezia. Vi sono di
faccia tre botteghe. Quella di mezzo è un caffè, l’altra a destra è allogata a un parrucchiere, e
l’ultima sinistra a un uomo che tien gioco. Vi è poi da una parte una casetta che rimane fra due
strade, abitata da una ballerina, e dall’altra una locanda. Ecco un’unità di luogo esattissima;
questa volta i rigoristi saranno contenti di me, ma saranno poi contenti dell’unità d’azione?
Questo estratto dai Mémoires, un’opera autobiografica dove Goldoni si autorappresenta, racconta i
suoi pensieri.

Ecco un’unità di luogo esattissima; questa volta i rigoristi saranno contenti di me, ma saranno poi
contenti dell’unità d’azione? Non troveranno forse che il soggetto di una tale commedia è
complicato, divisa l’attenzione? Alle persone che terranno simili discorsi ho l’onore di rispondere,
che nel titolo di questa commedia non presento una storia, una passione, un carattere; ma una
bottega di caffè, ove seguono in una volta varie azioni e dove concorrono parecchi per diversi
interessi […].

Goldoni parla in questo caso delle unità aristoteliche. Dunque

 unità di luogo: svolgimento del dramma in un luogo unico


 unità di tempo: svolgimento dell’azione in una sola giornata (dall’alba al tramonto)
 unità di azione: costitutiva del dramma è un’unica azione, senza trame secondari
Si vede sull’ immagine l’unità di luogo, la piazza, che è unitaria e dove la commedia si svolge.
Però, sappiamo che la bottega non avrà un’unità d’azione dato che lui si chiede se saranno contenti.
Qui vediamo Goldoni che rompe la tradizione.

Ma da dove viene questo pensiero sull’antichità? Codificazione e riflessione delle tre unità nel sec.
XVI, in seguito alla traduzione in latino nel 1526 della Poetica di Aristotele
L’attenzione è divisa e le azioni sono diversi/multiple. In una bottega confluiscono molte e non c’è
solo una forma/storia/azione. Questa rappresentazione della realtà porta poi sul libro del mondo.
La commedia si svolge intorno alla bottega del caffè, luogo di ritrovo di avventori abituali e di
passaggio, collocato al centro della piazza, da cui si ha la visione di tutti gli edifici che l’attorniano.
È l’idea di un microcosmo in cui si creano varie dinamiche tra i personaggi, che litigano, si aiutano
e si interessano delle questioni degli altri a vicenda.

Personaggi – Rinuncia alle maschere della Commedia dell’Arte: la nuova versione della
Bottega

Ridolfo caffettiere > padrone della bottega del caffè: «uomo di garbo»: in origine Brighella, poi
Ridolfo
Don Marziogentiluomo napolitano
Eugenio  mercante
Flaminio sotto nome di Conte Leandro
Placida  moglie di Flaminio, in abito di pellegrina
Vittoria moglie di Eugenio
Lisaura ballerina
Pandolfo biscazziere
Trappola garzone di Ridolfo > servo che lavora alla bottega del caffè: in origine Arlecchino, poi
Trappola
Capitano di birri, che parla
Quando composi da prima la presente Commedia, lo feci col Brighella e coll’Arlecchino, ed ebbe, a
dir vero, felicissimo incontro per ogni parte. Ciò non ostante, dandola io alle stampe, ho creduto
meglio servire il Pubblico, rendendola più universale, cambiando in essa non solamente in
toscano i due Personaggi suddetti, ma tre altri ancora, che col dialetto veneziano parlavano.

La prima versione della Bottega in dialetto: perduta, ma qui ci da alcune info sul testo perso.
Lui va dal veneziano al toscano, che è più universale e assomiglia all’Italiano d’oggi.
Personaggi: Padrone della bottega era brighella (maschera), servo arlecchino > ma adesso i
personaggi sono modificati e le maschere cadono della commedia dell’arte.

C’è allora un passaggio da una teatralità più convenzionale, prossima alla Commedia dell’Arte… a
una rappresentazione più realistica del mondo contemporaneo. Qui cadono le maschere
completamente. Ci ricordiamo che nel servitore di 2 padroni, Truffaldino rimane con la maschera e
viene solo modificato.

La borghesia e la lingua

Goldoni scrive l’opera in toscano, diventata ormai la lingua franca italiana, in modo da farsi
comprendere da spettatori di tutta Italia. Questo spiega come mai nella commedia, seppur
ambientata a Venezia, i personaggi non parlano veneziano.

Come nelle sue numerose opere, il famoso commediografo mette in luce tutti gli aspetti, negativi o
positivi, dell’ascesa della borghesia. Per questo troviamo personaggi come l’operoso padrone di
bottega, simbolo della borghesia efficiente ed intraprendente, o il pettegolo usuraio, che vive a
scapito dei problemi economici altrui.

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