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ISBN 9788841218990

Prima edizione digitale: gennaio 2020


Sommario

INTRODUZIONE

LE ORIGINI
UNA SELVA DI TEORIE
LA ROSA-CROCE
IN INGHILTERRA, AGLI INIZI DEL SETTECENTO
I SEGRETI DEI LIBERI MURATORI

LE CORPORAZIONI IN INGHILTERRA: IL CONCETTO DI CRAFT

DALLA MASSONERIA OPERATIVA A QUELLA SPECULATIVA


IL MASSONE E LA SOCIETÀ CIVILE, SECONDO GLI ANTICHI DOVERI

FEDELTÀ AGLI STUART?


UN PASSATO “SU MISURA”
AL DI LÀ DELLA MANICA
IL PASSATO “CROCIATO” DELLA MASSONERIA

A MACCHIA D’OLIO

IL CONFRONTO CON LA STORIA


MASSONERIA, STATO E CHIESA IN FRANCIA
UN PASSATO CAVALLERESCO

SCOMUNICA E INQUISIZIONE

ILLUMINISMO E MASSONERIA
LE GRANDI LOGGE NAZIONALI
LE LOGGE IN ITALIA
GLI ILLUMINATI DI BAVIERA
LA “VENDETTA” NEO-TEMPLARE
I SISTEMI COSIDDETTI “TEMPLARI”

LE LOGGE E LA CULTURA
La musica

Lo spazio

La scienza

La parola

NAPOLEONE: UN ASTRO “VOLUTO”?


ITALIA: VERSO IL RISORGIMENTO
MASSONERIA “ROMANTICA”
IL RITO SCOZZESE ANTICO E ACCETTATO

MASSONERIA E SOCIALISMO
FUORI DALLA POLITICA

TURATI CONTESTA UN ASPETTO DELLA MENTALITÀ MASSONICA


ITALIANA

MASSONERIA E STATO UNITARIO IN ITALIA


Lo Stato unitario e il Grande Oriente Italiano

Le “proiezioni profane” della Massoneria italiana

DAL DISCORSO DI MUSSOLINI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI (16 MAGGIO


1925)

MASSONERIA MADE IN USA


IL FASCISMO…
LA TESTIMONIANZA DI GIOVANNI AMENDOLA

… E IL NAZISMO
MASSONERIA E MONDO COMUNISTA
IN ITALIA, OGGI
Lo scandalo della P2

La ripresa e le vicissitudini organizzative

P=PROPAGANDA

Il revival culturale e spirituale

LA MASSONERIA NEL MONDO

PER CAPIRE DI PIÙ


L’ORIZZONTE MASSONICO “REGOLARE”
I GRADI DI INIZIAZIONE
L’INIZIAZIONE NELLA GRAN LOGGIA D’ITALIA

IL COSIDDETTO “SEGRETO MASSONICO”


IL PATRIMONIO SIMBOLICO
LA LETTERA “G”

L’ABITO FA IL MASSONE?
I FINI E IL FINE DELL’ORDINE

Bibliografia essenziale
Introduzione

Contrariamente a quanto forse pensano in molti, chi si vuole


documentare sulla Massoneria ha solo l’imbarazzo della scelta fra un
copiosissimo elenco di titoli. Questo volume non ha dunque la pretesa di
esaurire l’argomento, ma solo l’obiettivo di fornire le informazioni
essenziali su un’istituzione che, soprattutto nel nostro Paese e al di là del
giudizio che se ne vuole dare a ragion veduta, continua a essere al centro di
equivoci e travisamenti. Prende pertanto in considerazione la nascita della
Massoneria modernamente intesa (Le origini), per verificare poi come fini e
programmi abbiano inevitabilmente dovuto fare i conti con il tempo in cui
si sono calati, non solo dal punto di vista politico ma anche in relazione agli
orientamenti ideologici e culturali dominanti e come questo abbia
determinato il modo della diffusione della Libera Muratoria sul pianeta (Il
confronto con la storia). Infine l’ultima sezione (Per capire di più) tenta di
offrire al lettore gli strumenti di conoscenza necessari (“il filo”) per
decifrare quella che è, o dovrebbe essere, la concezione massonica del
mondo e dell’uomo.
Dettaglio di una vetrata della Freemasons’ Hall, sede della
Gran Loggia Unita d’Inghilterra, a Londra. Al centro
dell’immagine è la squadra che, insieme al compasso con cui è
spesso rappresentata, allude alla costruzione spirituale
dell’individuo. In particolare può simboleggiare lo strumento
per conseguire la rettitudine.
Le origini

La Torre di Babele in un dettaglio della decorazione della Cattedrale di Nîmes (XII


secolo). Alcune fantasiose teorie facevano risalire le origini della Massoneria alle
maestranze impegnate nella sua edificazione leggendaria.
UNA SELVA DI TEORIE
Le ipotesi relative all’origine della Massoneria sono così numerose ed
eterogenee che sarebbe impossibile prenderle tutte analiticamente in
considerazione. Come si precisa in una monografia sull’argomento (L.
Sessa, La Massoneria: l’antico mistero delle origini), «secondo una
rilevazione effettuata nel 1909 su duecentosei opere storiografiche
pubblicate fino ad allora, concernenti le origini della Libera Muratoria,
emersero trentanove opinioni diverse».
Iniziando a scorrere l’elenco, vi è chi ipotizza addirittura che la
Massoneria preesistesse alla creazione del mondo e chi la dà invece per
coeva alla creazione stessa, parlando della presenza di una loggia massonica
nel Paradiso terrestre. Meno specificamente, sono comunque in molti a
collocare l’origine della Massoneria nella notte dei tempi o in un momento
cruciale della storia dell’umanità, in relazione a come la narra la Bibbia: dai
sopravvissuti al Diluvio oppure dalle maestranze impegnate nella
costruzione della Torre di Babele.
Il collegamento con il mondo ebraico è in effetti ricorrente, anche
avanzando nel tempo; in particolare i primi “massoni” sarebbero infatti stati
i muratori che edificarono il Tempio di Salomone a Gerusalemme.
Quest’ultima ipotesi fa parte di un altro gruppo di leggende, accolte
all’interno delle cosiddette Costituzioni gotiche delle corporazioni edili. In
tale contesto Salomone gioca un ruolo affine a quello di Euclide e di
Pitagora, a indicare anche il percorso geografico della tradizionale
“sapienza massonica”, dall’Oriente, sua culla, all’Occidente, fino alle Isole
Britanniche, attraverso la mediazione dell’antica Grecia.
Con una connotazione di questa “sapienza” in senso spiccatamente
operativo si sono poi voluti rintracciare i primi massoni tra i membri dei
Collegia Artificum o Fabrorum presenti nell’antica Roma; i Magistri
Comacini, già attivi in età longobarda; gli Steinmetzen tedeschi; i
Compagnons francesi… per finire appunto con i Free-Masons (Liberi
Muratori) inglesi e scozzesi.Quando si è invece più badato alla complessità
dei simboli e delle cerimonie, nonché al vincolo del segreto, la Massoneria
è stata apparentata ai culti misterici e ai saperi esoterici senza tralasciare
alcuna tradizione, per quanto diversi ne siano stati i contesti nello spazio e
nel tempo, dagli Egizi ai Caldei, dagli Esseni ai Druidi fino ai Rosa-Croce.

Riproduzione dei simboli di un mosaico pompeiano scoperto nel 1878 in un


sito dove avrebbe avuto la sua sede un Collegium romano: la livella,
abbinata al filo a piombo, sovrasta un teschio (la morte fisica); sotto, una
farfalla (l’anima immortale) si leva sulla ruota della vita (i cicli biologici).
Sono immagini come queste ad aver indotto nella Massoneria la convinzione
di ricollegarsi a una Tradizione sapienziale antichissima, che comporta la
sacralizzazione dell’arte muratoria.

Molto successo hanno avuto, per quanto destituite di qualsiasi


fondamento storico, le cosiddette “teorie militari”, che collegano l’origine
della Massoneria alla cavalleria e più precisamente all’epopea crociata e
agli Ordini militari-cavallereschi, in particolare ai Templari.
La conquista di Gerusalemme in una miniatura dell’XI secolo. Secondo
alcune leggende i Templari che avevano combattuto in Terrasanta sarebbero
diventati i depositari di un’arcana sapienza risalente all’antica comunità
ebraica degli Esseni. A questi e ad altri saperi esoterici la Massoneria
sarebbe stata successivamente apparentata.

Resta ancora da accennare almeno alle teorie politiche, che chiamano in


gioco le vicende del trono inglese, e a quella che individua nel filosofo
inglese Francesco Bacone (1561-1626) il fondatore della Massoneria in
prima persona. Dall’epoca di questo curioso “censimento” a oggi è stato
possibile, grazie anche al contributo di una seria storiografia di ispirazione
massonica, fare luce in questo guazzabuglio, collocando le varie posizioni
in relazione al contesto ideologico e culturale in cui sono sorte.
Deve comunque essere tenuto presente che, al di là dei fatti e dei
documenti, accostando la Massoneria si ha continuamente a che fare con
l’uso di un linguaggio simbolico, che può dare adito a fraintendimenti se ci
si ferma alla lettera degli enunciati.

LA ROSA-CROCE
Fra le teorie relative alla nascita della Massoneria, quella che chiama in
gioco i Rosa-Croce merita un’attenzione particolare perché nel periodo di
transizione tra Massoneria operativa, di mestiere, e Massoneria speculativa,
ossia simbolica e dedita alla ricerca, coloro che si occuparono della
questione rivelarono lo stretto nesso ideale tra Ordine Massonico e Rosa-
Croce. Basti pensare al poema The Muses Threnodie (1638) dello storico
Henry Adamson, in cui si dice “… Noi siamo fratelli della rosacroce /
abbiamo la Parola Massonica / e la seconda vista” (cioè il discernimento,
l’intuizione intellettuale), o al Regno Segreto, raccolta di folclore gaelico
curata dal pastore presbiteriano scozzese Robert Kirk negli anni 1691-1692:
egli pure associava la Parola Massonica alla percezione degli “spiriti
elementali” (elfi, ecc.) cari al mundus imaginalis rosacrociano. Ancora
dovremmo citare Elias Ashmole, l’antiquario iniziato nella Loggia di
Warrington nell’anno 1646, che si abbeverava agli stessi studi alchemici di
Fludd, convinto apologeta della Rosa-Croce in Inghilterra, come del resto
Robert Moray, quartiermastro dell’armata scozzese (iniziato nella Loggia di
Edinburgh nell’anno 1641) che, spaziando nei suoi studi tra le proprietà dei
metalli e quelle degli astri, rafforzava il nesso micro-macrocosmico che
sarebbe divenuto elemento decisivo della ritualità massonica.
La manifestazione storica della Rosa-Croce si situa all’inizio del XVII
secolo, quando furono pubblicati in Germania due “manifesti” (Fama
Fraternitatis, o Rivelazione della Confraternita del nobilissimo Ordine
della Rosa-Croce, nel 1614, e Confessio Fraternitatis, o Confessione
dell’encomiabile Confraternita dello stimatissimo Ordine della Rosa-Croce,
nel 1615), nonché Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz (1616).

Secondo i Rosacrociani l’astrologia consentirebbe di progredire


spiritualmente: fornirebbe infatti indicazioni delle tendenze in atto perché
l’individuo possa compiere le sue scelte in modo responsabile.
Non è a tutt’oggi assodato se la Confraternita di cui parlano questi testi
fosse effettivamente esistente in forma organizzata, con un suo rituale, o se
rappresentasse un “cenacolo ideale”: quello dei “veri” sapienti, depositari di
conoscenze segrete in grado di consentire il controllo della Natura entro la
dimensione del Sacro e pronti ad adoperarsi per la rigenerazione
dell’umanità. A diffondere questa tipologia ideale del sapiente, in un clima
storico segnato dalle guerre di religione di cui l’ultima sarebbe divampata
nel 1618 (guerra dei Trent’anni), avrebbero provveduto cultori
dell’alchimia, della magia naturale, della Cabala, dell’astrologia sacra, eredi
dell’Ermetismo rinascimentale ma anche partecipi di quel fervore
riformistico e di quell’ansia di rinnovamento spirituale che caratterizzavano
l’Europa del tempo.
Le posizioni storiografiche più attuali in merito al rapporto
Massoneria/Rosa-Croce escludono tanto la coincidenza dei due filoni
quanto l’ipotesi che la Massoneria costituisca “un semplice parto”
rosacrociano. D’altra parte il vivace e duraturo interesse suscitato in
Inghilterra dai manifesti rosacrociani potrebbe avere coinvolto alcuni
personaggi con spiccati interessi esoterici, “accettati” all’interno delle logge
nella loro fase di passaggio dall’operativismo alla speculazione. Qualcuno
ha anche osservato come la figura di Christian Rosenkreutz, presentato da
Andreae come fondatore della Confraternita e collegato alla problematica
spirituale morte-rinascita, potrebbe essere stato un punto di riferimento
nella formulazione della leggenda massonica di Hiram e nella definizione
del grado di Maestro.
La storica inglese Frances Yates ha infine letto la vicenda dei manifesti
come “segnale” di un piano politico segreto, maturato tra la fine dell’età
elisabettiana e i primi anni del regno di Giacomo I, mirante a collegare
operativamente tutte le forze del Protestantesimo in chiave anticattolica e
antiasburgica. Anche questa teoria avvalora la tesi della sostanziale
estraneità come istituzione della Libera Muratoria inglese, nella cui
tradizione sono sempre state escluse scelte confessionali esplicite o forme
di cospirazione politica, rispetto al movimento rosacrociano.

IN INGHILTERRA, AGLI INIZI DEL


SETTECENTO
C’è sostanzialmente consenso fra gli storici circa la data di nascita della
Massoneria modernamente intesa: 24 giugno 1717, festa di San Giovanni
Battista. Quel giorno i responsabili di quattro “logge” di Londra si riunirono
nella alehouse “All’oca e al girarrosto” e alla fine dei lavori fu decretata la
costituzione della Grande Loggia Madre del mondo, affinché diventasse il
punto di riferimento per tutte le associazioni libero-muratorie di cui avrebbe
garantito la regolarità dal punto di vista sia statutario sia simbolico.
Ma che cos’erano le logge? Il termine (lodges in inglese e loges in
francese) designava nel Medioevo i luoghi allestiti nei cantieri preposti alla
costruzione delle grandi cattedrali dove le maestranze edili, la cui alta
professionalità aveva indotto forme di associazionismo corporativo,
prendevano i pasti in comune, si riparavano dal maltempo e discutevano dei
problemi di lavoro.
Dallo scenario del cantiere medievale si ricava anche il significato del
termine “Massoneria”, che almeno in Italia ha soppiantato nell’uso
“Framassoneria” o “Franca-Massoneria”: a partire da free stone infatti,
come in Inghilterra si chiamava una pietra particolarmente adatta
all’intervento del tagliatore, nacque, per definire quest’ultimo, il termine
free-mason; la Francia a sua volta tradusse i termini inglesi rispettivamente
con pierre franque e franc-maçon. Esiste però un’altra etimologia possibile
del termine: freemason, o franc-macon, significa letteralmente “libero
muratore”. Nel Medioevo infatti era “affrancato” cioè libero (free; franc)
chi, in quanto membro di una corporazione, poteva spostarsi da un luogo
all’altro per svolgere il proprio lavoro senza essere soggetto a tasse o lavori
obbligatori nei confronti dei signori locali.
I “Liberi Muratori” (così chiamati perché distinti dai semplici muratori
per un più alto grado di specializzazione tecnica) mantennero viva nei
secoli, anche dopo il tramonto della stagione gotica, la tradizione del
corporativismo, obbedendo a statuti interni più o meno connotati dalle varie
realtà locali (i famosi Old Charges, che contano oltre 100 versioni, di cui la
più antica tra quelle pervenute fino a noi risale all’incirca al 1390),
utilizzando la cosiddetta Mason Word (cioè un segnale o una parola
d’ordine che permetteva agli iscritti di riconoscersi o forse, più
semplicemente, distingueva dai Compagni i lavoratori occasionali o gli
apprendisti) e continuando a chiamare “logge” le loro associazioni.
I SEGRETI DEI LIBERI MURATORI

Cantiere medievale in un affresco quattrocentesco di Spinello Aretino.

Si è a lungo dibattuto circa la possibilità che le maestranze dei cantieri


delle cattedrali coltivassero e proteggessero conoscenze e segreti di natura
esoterica, e se sia questo l’aspetto di cui la Massoneria avrebbe raccolto
l’eredità. Tuttavia è ormai storicamente provato che la segretezza (per altro
prevista dagli statuti di cui si ha documentazione dal XIV secolo in poi)
riguardasse più che altro tecniche specifiche del mestiere. Tali tecniche
erano il patrimonio della corporazione, in particolare dei mastri d’opera
che gestivano il cantiere in ogni sua fase. Questi erano personalità
notevoli: partiti dal grado più basso (apprendista scalpellino), qualificatisi
viaggiando in buona parte dell’Europa per venire a conoscenza di altre
esperienze di progettazione e nuove tecniche di esecuzione, erano dei veri
e propri professionisti con una posizione sociale elevata, spesso in rapporti
di familiarità con i potenti.
Fu soltanto molto più tardi, dopo lo sviluppo della Massoneria moderna
a partire dalla storica data del 1717, che il termine sarebbe stato utilizzato
per indicare i luoghi di riunione, ben diversi tuttavia da quelli allestiti nei
cantieri medievali. Fino ad allora infatti la prassi prevalente era quella di
tenere le adunanze nei locali pubblici (birrerie e locande), come quella in
cui venne fondata la Gran Loggia di Londra. La locanda, d’altra parte,
appare come un’ambientazione consona alla fisionomia sociale degli
aderenti alle antiche logge inglesi. Numerosi documenti sicuramente
autentici permettono infatti di stabilire che, se l’ingresso di nobili colti (i
cosiddetti “Massoni Accettati”) nelle confraternite di tagliatori di pietra,
basate sulle corporazioni locali e sulle relative tradizioni, era un fatto non
raro in Inghilterra e in Scozia nel XVII secolo, i lavoratori manuali
continuarono comunque, fino al primo quarto del XVIII secolo, a formare la
grande maggioranza dei membri che costituivano le associazioni
professionali alle quali erano affiliati e che si estendevano in tutto il Paese.
«Di fatto le logge inglesi sono state dall’inizio e sono rimaste fino ai nostri
giorni delle specie di club, dove il piacere, molto sentito dagli inglesi, di
passare periodicamente una serata tra uomini, era arricchito dall’uso di un
vocabolario pittoresco e dalla pratica di antichi costumi di cui il loro spirito
tradizionalista gustava particolarmente il sapore. La Free-Masonry fu
un’istituzione specificamente inglese, un prodotto del suolo, una creazione
rispondente alle abitudini sociali e alle disposizioni di una nazione attaccata
al suo passato, e di cui il particolarismo insulare e l’egoismo nazionale non
hanno mai sognato di riformare il mondo» (R. Le Forestier, La Massoneria
templare e occultista nel XVIII e XIX secolo).

LE CORPORAZIONI IN INGHILTERRA: IL
CONCETTO DI CRAFT
Fra i molti significati che ha assunto la parola “Arte” nella nostra lingua
c’è anche quello storico-sociologico per cui può essere sinonimo di
“corporazione”, ovvero riferirsi a quei raggruppamenti di artigiani,
lavoratori in genere e mercanti che, fino alla Rivoluzione francese, hanno
espresso nella forma associativa identità professionale, spirito di corpo e
interessi di categoria. Qualcosa di analogo è stato il Craft in Inghilterra,
dove il termine ha anche mantenuto, come del resto per noi “arte”, il
richiamo a un’abilità o a una destrezza particolari. In generale Craft può
definire un’Arte vera e propria o il Commercio, nonché i raggruppamenti
di persone che praticano l’una o l’altro; in ambito massonico si riferisce
all’intero corpo dei Liberi Muratori, ovunque si trovino.

DALLA MASSONERIA OPERATIVA A


QUELLA SPECULATIVA
Il sempre più consistente ingresso nell’organizzazione massonica di
gentiluomini, borghesi e intellettuali a fianco dei Liberi Muratori (ai quali
per altro si erano da tempo aggiunte altre categorie professionali come
quelle dei fabbri e dei tappezzieri) determinò la progressiva trasformazione
della Massoneria da operativa, come si era sostanzialmente mantenuta fino
all’inizio del Settecento, in speculativa. I ruoli dirigenziali della Gran
Loggia di Londra, inizialmente assunti da personaggi oscuri e di scarso
rilievo sociale o culturale, vennero in seguito ricoperti da personalità di
prestigio, con la conseguenza di una notevole crescita di importanza in
patria e all’estero.
Ciò determinò una duplice necessità: da una parte occorreva rivisitare
l’umile passato della Massoneria e in qualche modo nobilitarlo; dall’altra
doveva essere predisposto un programma interclassista, che potesse
suffragare l’ipotesi di una “fraternità spirituale” al di sopra delle barriere
sociali e confessionali.
Il compito di realizzare il primo obiettivo venne assegnato dal duca di
Montagu, quarto Gran Maestro della Gran Loggia di Londra, al pastore
presbiteriano James Anderson (1684-1739) che, nel 1723, pubblicò il Libro
delle Costituzioni. Si trattava di una revisione radicale delle antiche
Costituzioni gotiche, ulteriormente ritoccata per la successiva edizione del
1738. Tipico “poligrafo” dell’epoca, scrittore su commissione, Anderson
fornì la nuova Massoneria di un albero genealogico di cui si poteva andare
fieri, collazionando e al contempo semplificando i secolari statuti
corporativi cui si erano fino allora ispirate le singole logge. Agli effetti
prodotti dall’opera di Anderson si affiancò l’azione “promozionale” del
massone di fede anglicana Jean Théophil Desaguliers (1683-1744), figlio di
un pastore protestante francese rifugiatosi in Inghilterra per motivi religiosi.
Ben introdotto nelle élites aristocratiche e culturali dell’epoca (nel 1714 era
stato accolto fra i membri della Royal Society di Londra), con le quali
condivideva gli interessi per la scienza, fu responsabile, secondo i massoni
tradizionalisti, dell’attenuazione nella Massoneria inglese del significato
spirituale dell’iter iniziatico così come dell’essenza operativa e realizzativa
a favore di istanze più superficiali e mondane.
Per raggiungere il secondo obiettivo, mediante la pubblicazione degli
Antichi Doveri assieme al Libro delle Costituzioni del 1723, si richiese a chi
volesse entrare nella Massoneria la condizione di essere un “uomo libero e
di buoni costumi”. La libertà non era tuttavia da intendersi in senso politico,
come più tardi nel programma della Rivoluzione francese, ma come libertà
da pregiudizi e prevenzioni, soprattutto di natura religiosa. Analogamente,
l’uguaglianza non veniva proposta come un principio di carattere assoluto,
ma come uguaglianza di diritti in rapporto a capacità uguali. Ciò
comportava di fatto un’intonazione elitaria, per cui era possibile una
fraternità solo fra individui disposti a coltivare il meglio delle proprie doti
umane e spirituali e a fornire l’esempio di una coscienza retta.
Si ridimensiona così, almeno per quanto riguarda la Massoneria inglese,
la tesi per cui avrebbe consapevolmente dato l’avvio a quel processo di
democratizzazione confluito alla fine del secolo XVIII nella Dichiarazione
dei Diritti dell’Uomo e alla base delle costituzioni politiche degli Stati
moderni. Se nei singoli adepti potevano esserci e senz’altro erano presenti
istanze filantropiche o riformiste, per esempio in quei Fratelli che
esercitavano la professione medica, non sembra lecito affermare che esse
costituissero un programma “operativo” generale. Il Rito Inglese, altrimenti
definito Massoneria Azzurra, si è sempre piuttosto caratterizzato come una
formula aggiornata di corporativismo, nell’ambito del quale sono stati sì
coltivati valori quali la collaborazione o la mutua assistenza, ma in primo
luogo a vantaggio degli adepti e a prezzo di una subordinazione alla
gerarchia interna.
La presenza in questa incisione, che celebra la fondazione della Royal Society nel 1660,
dei massoni Robert Moray ed Elias Ashmore fa ipotizzare stretti legami tra la
Massoneria inglese delle origini e gli interessi culturali della Royal Society.

IL MASSONE E LA SOCIETÀ CIVILE,


SECONDO GLI ANTICHI DOVERI
Un Muratore è un pacifico suddito dei Poteri Civili, ovunque egli risieda o
lavori, e non deve mai essere coinvolto in complotti e cospirazioni contro
la pace e il benessere della Nazione […]; poiché la Muratoria è sempre
stata danneggiata da guerre, massacri e disordini; così gli antichi Re e
Principi furono assai disposti a incoraggiare gli uomini dell’Arte, a causa
della loro tranquillità e lealtà; per cui essi praticamente risposero ai cavilli
dei loro avversari e promossero l’onore della Fraternità, che sempre fiorì
in tempi di pace. Cosicché se un Fratello divenisse un ribelle contro lo
Stato, egli non deve essere favorito nella sua ribellione, ma piuttosto
compianto come uomo infelice…

Si deve ancora ricordare che la svolta assunta dalla Massoneria in


Inghilterra dopo la pubblicazione del Libro delle Costituzioni di Anderson
non ebbe un consenso unanime da parte di tutte le logge. La resistenza di
quelle più “tradizionaliste” ebbe due espressioni ufficiali: l’organizzazione
da parte della Massoneria di York della Gran Loggia di tutta l’Inghilterra
(1725), che non riuscì tuttavia a espandere la propria influenza al di là di
alcune aree del Nord e non sopravvisse alla fine del secolo, e la
costituzione, nel 1751, di un’obbedienza autonoma detta degli “Antichi”.
Fra le accuse mosse da questi ultimi ai “Moderni” vi era quella di aver
svuotato il rituale di alcuni irrinunciabili collegamenti con la tradizione
cristiana. La riunificazione avvenne soltanto nel 1813, con la fondazione
della Gran Loggia Unita d’Inghilterra.
Se gli eventi tratteggiati riguardano la storia interna della Massoneria
inglese, vale la pena di spendere ancora qualche parola relativamente alla
percezione che il Paese ne ebbe dall’esterno. La ritualità muratoria era
oggetto di grande curiosità, tanto da suscitare in molti il sospetto che i
“lavori” delle logge, protetti dal segreto, potessero costituire un pericolo per
la sicurezza sociale. Lo stesso Parlamento giunse, nel 1799, a dichiarare
legalmente perseguibili tutti coloro che appartenessero a sodalizi
comportanti un giuramento. La presenza di personalità politicamente
influenti agli alti vertici dell’Ordine consentì tuttavia di ottenere che la
Massoneria fosse esclusa dal novero dei sodalizi giurati, alla condizione che
i Segretari di Loggia fornissero annualmente un elenco dei membri al locale
giudice di pace. Ciò non valse a dissipare per sempre sospetti e prevenzioni,
ma liberò la Massoneria inglese dal rischio di dover affrontare la condizione
dell’illegalità, permettendo che “il silenzio” mantenesse per gli adepti il
solo significato di “disciplina spirituale”.
La Massoneria di York (qui uno scorcio della cattedrale) rivendicò a lungo la sua
superiorità rispetto a quella di Londra sulla base delle sue origini più antiche, risalenti
addirittura al 600 d.C.

FEDELTÀ AGLI STUART?


Non sono stati ancora del tutto chiariti i legami che intercorsero tra i
massoni e i Giacobiti, oscillando la letteratura sull’argomento
dall’ipotizzare un’identità di valori e di intenti fino al negare al problema
una particolare rilevanza.
Dal punto di vista storico una corrente giacobita si delineò in Inghilterra
dopo quella che fu definita la “gloriosa rivoluzione” (1688), che costrinse il
re cattolico Giacomo II Stuart ad abbandonare il trono. Erano definiti
appunto “Giacobiti” quei legittimisti, rimasti fedeli alla dinastia, che ne
sottoscrivevano anche l’indirizzo politico e ideologico affermatosi negli
anni di regno di Giacomo II: tentativo di ripristinare l’assolutismo
monarchico, arrocco di fronte ai ceti sociali emergenti, incondizionato
appoggio al Cattolicesimo contro le forze protestanti.
Nell’ambito di una diversa leggenda massonica viene indicato proprio
nella riconquista del trono nel 1660 da parte di Carlo II (figlio di quel Carlo
I di cui Cromwell aveva sollecitato la condanna a morte) un ruolo
fondamentale della Massoneria. Durante l’esilio, Carlo II vi si sarebbe
affiliato, traendone l’aiuto concreto necessario per tornare a regnare.
Riconoscente, avrebbe personalmente conferito alla Massoneria la
denominazione di Royal Art, a sottolineare il merito di aver validamente
contribuito alla restaurazione dell’istituto monarchico. Da qui,
un’interpretazione simbolica della leggenda di Hiram: il Tempio
rappresentava la monarchia stessa; Hiram, il costruttore assassinato, altri
non sarebbe stato che Carlo I; Enrichetta Maria, moglie di Carlo I, era la
Vedova; infine l’esiliato Giacomo II, fratello e successore di Carlo II, non
poteva essere conseguentemente che il Figlio della Vedova. Questa lettura,
che coniuga fatti e simboli, è stata tra l’altro utilizzata per spiegare l’origine
dei cosiddetti “alti gradi” del Rito Scozzese, di cui tuttavia si hanno prove
precise solo a partire dal 1738.
L’evidente anacronismo non esclude comunque che fra massoni e
Giacobiti possano esserci state delle relazioni, essendo tutt’altro che
omogenei la composizione, la fisionomia locale, gli intenti e la prassi,
prima che la mappa delle logge assumesse un assetto in qualche modo
centralizzato. Ma si deve osservare che, anche solo per ragioni di sicurezza,
era più facile per le forze giacobite organizzarsi fuori dall’Inghilterra. È
comunque certo che l’indirizzo giacobita, anche se caratterizzò alcune
logge, non ebbe da parte della Massoneria un appoggio o una copertura
unanime, e che gli Stuart non vi fecero d’altronde particolare assegnamento.
Addirittura sembra che il pretendente al trono Giacomo III, detto “il
Cavaliere di san Giorgio”, sia intervenuto presso il papa Clemente XII
affinché, nel 1737, facesse chiudere la piccola loggia giacobita di Roma e,
nel 1738, condannasse ufficialmente la Massoneria nel suo complesso.

UN PASSATO “SU MISURA”


La lettura del Libro delle Costituzioni del pastore Anderson consente di
verificare direttamente la genesi del primo nucleo di fatti e personaggi
storici curiosamente collegati nonché di vere e proprie leggende su cui tanto
si sarebbe sbizzarrito l’immaginario massonico. Nel Libro la storia della
Massoneria costituisce un’estesa prefazione al vero e proprio testo
statutario, ripreso, con alcune semplificazioni, dagli antichi regolamenti
delle corporazioni di lapicidi cioè degli artigiani responsabili della scultura
decorativa che integra gli elementi architettonici degli edifici e muratori.
Applicando la propria erudizione a una materia già in parte creata da
chierici medievali per sostanziare il prestigio dei massoni operativi,
Anderson ipotizza che questi ultimi avessero segretamente preservato
dall’oblio un patrimonio di conoscenze sublimi rivelate all’umanità
primitiva, poi sviluppate nell’antico Oriente e giunte, grazie a loro, in
Occidente. Nella galleria dei personaggi costituenti gli anelli di
un’ininterrotta catena occulta figurano tra l’altro Pitagora, che sarebbe stato
tributario della sua sapienza agli Egizi e agli Ebrei della cattività
babilonese, i Magi caldei, ma soprattutto Salomone. Questi sarebbe stato il
più fulgido esempio di quegli antichi monarchi che accordarono sempre la
loro protezione alla Royal Art, come Anderson definì la Massoneria, che
aveva potuto toccare la perfezione «per l’intervento di Dio nella costruzione
dell’Arca dell’Alleanza e del Tempio di Salomone».
Al forte richiamo a uno scenario vetero-testamentario, alla figura di
Salomone e all’immagine suggestiva del Tempio si collega la leggenda di
Hiram, fondamentale per la comprensione del mondo simbolico massonico.
La Bibbia racconta nel Libro primo dei Re che Hiram regnava su Tiro, nel
Libano, e che dette un valido aiuto a Salomone in materiali edilizi e operai
specializzati per la costruzione del Tempio. Nel Libro secondo delle
Cronache un altro Hiram, figlio di una vedova della tribù di Neftali (i
massoni si definirono “Figli della Vedova”), abile «nel tradurre in realtà
qualunque progetto artistico gli fosse affidato», è inviato dall’omonimo re
di Tiro a Salomone perché cooperi alla costruzione del Tempio, in cambio
del grano, dell’orzo, dell’olio e del vino pattuiti. La leggenda adotta questo
nome per il Maestro dei lavori del Tempio, su mandato del re.
Secondo una tradizione massonica Pitagora, qui in un affresco di Andrea di Bonaiuto a
Santa Maria Novella (Firenze), avrebbe fondato a Crotone un’importante loggia
chiamata “Scuola italica”.

Ogni giorno Hiram, durante la pausa del pranzo, ispezionava il cantiere.


In una di queste occasioni gli venne tesa una trappola da tre muratori
nascosti nel Tempio quasi ultimato, per estorcergli la parola d’ordine
segreta con cui chiedeva e otteneva il salario adeguato alla sua carica.
Poiché si rifiutò di rivelarla e tentò di fuggire, venne ucciso presso la terza
porta del Tempio, dopo essere stato colpito sia presso la prima sia presso la
seconda, perché le tre porte del Tempio erano presidiate dai tre complici.
Gli assassini nascosero temporaneamente il corpo di Hiram sotto dei
calcinacci e a mezzanotte lo recuperarono per dargli sepoltura su una
collina poco distante. Salomone, impensierito per l’assenza del suo
architetto, incaricò quindici “buoni Fratelli” di cercarlo. Costoro, temendo
che Hiram avesse rivelato la parola d’ordine segreta, decisero che
l’avrebbero sostituita con la prima parola che fosse stata pronunciata dopo il
ritrovamento di Hiram. La scoperta del cadavere fu casuale perché uno dei
quindici fratelli, sedutosi per riposare su un tumulo, notò che la terra era
stata smossa di recente. Messisi così a scavare, trovarono il corpo in una
fossa che misurava “sei piedi verso est, sei piedi verso ovest e sei in
profondità”. Andati subito a riferire l’accaduto a Salomone, ricevettero
l’ordine di tornare a recuperare il corpo, perché potesse essere
solennemente sepolto nel Sancta Sanctorum del Tempio. Quando uno dei
quindici afferrò un braccio del corpo di Hiram per estrarlo dalla fossa, gli
restò la carne in mano e si udì distintamente una voce che diceva: «Mac-
Benac», divenuta da quel momento, come era stato stabilito, la nuova
parola segreta del Maestro. Per recuperare poi il corpo un altro fratello gli si
distese sopra e gli passò un braccio dietro la schiena. Fu così che lo sollevò
mano contro mano, guancia contro guancia, piede contro piede, ginocchio
contro ginocchio e mano contro la schiena: i cosiddetti “cinque punti del
Maestro”.

Re Salomone è una delle figure più cariche di simbologia nell’universo della


Massoneria in quanto fa riferimento ai lavori di costruzione del Grande Tempio di
Gerusalemme.

Questa leggenda, che in relazione ai cosiddetti “gradi superiori” si è


arricchita di altri ulteriori particolari, dà la spiegazione di parecchi rituali
delle cerimonie massoniche. In proposito bisogna ancora insistere sul fatto
che tutto il simbolismo massonico, e quello biblico in particolare, abbina
elementi derivati dalla tradizione operativa (per esempio Hiram come
l’architetto consapevole di svolgere un compito sacro) con risonanze
misteriosofiche di varia origine. Così il Tempio, Salomone o ancora
l’immagine potente della scala di Giacobbe, cara alla Massoneria di
tradizione anglosassone, costituiscono (al di là dell’identità storica) degli
stimoli esotericamente offerti all’adepto affinché vi colga il messaggio utile
alla sua evoluzione spirituale, indipendentemente dall’interpretazione
filologica, pur sempre “essoterica” e cioè non iniziatica, che ne possano
dare gli esegeti della Bibbia. «Gli antichi ritenevano che l’anima umana per
tornare alla sua origine […] dovesse salire attraverso le sette sfere. La Scala
[…] ha sette ordini, o gradini; ugualmente nei misteri di Mitra […] la Scala
era un simbolo che si riferiva alla scienza […]» (A. Pike, I primi tre gradi
massonici).

AL DI LÀ DELLA MANICA
Tra il 1725 e il 1730 la Free-Masonry si diffuse in Francia: da sorta di
rappresentanza culturale britannica, quale parve all’inizio, fu presto nota
come la Franc-Maçonnerie. Gli storici hanno individuato le principali
cause di un così favorevole e rapido accoglimento nell’anglomania allora
regnante, nella suggestione esercitata dal mistero di cui si circondava questa
nuova forma di aggregazione e infine nell’efficacia del messaggio
filantropico presso i “cuori sensibili”.
Questi stessi fattori, e ancor più i documenti dell’epoca, autorizzano a
parlare di una sostanziale superficialità della Massoneria francese delle
origini. Lungi dall’aver precorso, in materia di politica e religione, le
battaglie degli Illuministi e tanto meno la Rivoluzione, i primi massoni
francesi esprimevano un’ideologia conservatrice: accontentandosi «di
celebrare, come prima sui loro zufoli, le dolcezze dell’amore fraterno e i
fascini dell’altruismo sentimentale, rimasero servitori leali del loro sovrano
e continuarono a praticare la religione nella quale erano nati» (R. Le
Forestier, La Massoneria templare e occultista nel XVIII e XIX secolo).
Non sorprende dunque il fatto che le logge francesi accentuarono il
carattere scenografico delle cerimonie di iniziazione o promozione, dei
momenti conviviali, degli arredi dei luoghi di riunione, dei costumi, della
simbologia. Analogamente accolsero con estrema e acritica disponibilità le
più svariate leggende sulla “tradizione” massonica, cui corrispose la
proliferazione di un numero incredibile di nuovi gradi rispetto ai tre di
origine inglese: dal 1745 al 1775 circa (senza che per altro rispondessero a
un piano unitario, ma a seguito di iniziative isolate o variazioni di gradi nati
in relazione a temi già noti) se ne potevano contare più di cento. Ma tutto
ciò fa ormai parte di un nuovo capitolo della storia della Massoneria: lo
Scozzesismo.
Nell’ambito della letteratura massonica tradizionale tale orientamento
viene fatto risalire alla Madre-Loggia di Klivinning (in Scozia appunto),
che affratellava i costruttori delle cattedrali gotiche locali. Qui sarebbero
stati accolti alcuni Templari fuggiaschi dalla Francia, i quali avrebbero
affiancato il futuro re di Scozia Robert Bruce contro Edoardo I d’Inghilterra
nella battaglia di Bannockburn (1314), per essere poi ricompensati con
l’attribuzione del supremo controllo della suddetta loggia. La sopravvivenza
di questa antica forma di Free-Masonry fino al 1700 sarebbe stata garantita
dalla non meglio accertata tradizione mistico-ermetica dei Rosa-Croce.

Dal castello di Eilean Donan in Scozia sarebbero partiti gli uomini di Robert Bruce per
combattere le truppe inglesi nel 1314. Narra la leggenda che tra questi guerrieri ci
sarebbero stati anche dei Templari, poi ricompensati con il controllo sulla loggia di
Bannockburn.
Ma fra gli storici, anche massoni, prevale la convinzione che l’attributo
“scozzese” non abbia niente a che fare con il contesto geografico, e alcuni
lo collegano alla nazionalità di André-Michel de Ramsay (1686-1743).
Questi, trasferitosi in Francia e divenuto “Grande Oratore dell’Ordine” (una
carica introdotta dalla Massoneria francese, non contemplata in Inghilterra),
preparò per il 21 marzo 1737, in occasione di un incontro fra esponenti di
varie logge, un discorso destinato ad avere vastissima risonanza solo dopo
che venne pubblicato (è infatti provato che Ramsay non se ne servì per
l’occasione prevista). In effetti Ramsay non propose, come molti credono,
la creazione di gradi supplementari, limitandosi ad asserire la superiorità
della Massoneria scozzese in rapporto alla purezza della tradizione. Ma
proprio questo avrebbe rinforzato il carisma dei già esistenti Maestri
Scozzesi «i quali, arrogandosi diritti che altri massoni non intendevano loro
riconoscere, cresciuti di numero, cominciarono a riunirsi in assemblee
separate dalle normali logge, ove si elaborarono progetti di riforma che
portarono alla creazione dei gradi superiori. Sia per effetto di una migliore
interpretazione del concetto massonico, sia per la necessità di arginare una
paurosa marea livellatrice a tutti i costi, sia ancora per ambizione e per
desiderio di distinguere… certo si è che l’idea incontrò il favore dei più»
(U. Gorel Porciatti, Simbologia Massonica. Gradi Scozzesi).

IL PASSATO “CROCIATO” DELLA


MASSONERIA
Formella di una delle porte del Duomo di Milano con la conquista di Gerusalemme da
parte dei Crociati.

«Durante le guerre sante in Palestina molti principi, signori e cittadini


avevano formato una società e fatto voto di ristabilire i templi cristiani in
Terrasanta. Erano stati convenuti molti segni antichi e parole simboliche
tratte dal fondo della religione per distinguersi dagli infedeli e riconoscersi
dai Saraceni… Qualche tempo dopo la sua creazione l’Ordine si era
intimamente legato con i cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme e, da
quell’epoca, le assemblee dei massoni avevano preso in tutti i Paesi il
nome di Logge di San Giovanni… Tornando dalla Palestina, i re, i principi
e i signori avevano fondato logge in Italia, in Spagna, in Francia e da lì in
Scozia,
a causa dell’intima alleanza che si ebbe allora tra queste due nazioni.»

André-Michel de Ramsay

Quale che sia l’origine dell’attributo “scozzese”, si è poi consolidata e


generalizzata la consuetudine, ancora oggi in vigore, di definire come tale il
sistema massonico che prevede, oltre ai primi tre gradi, comuni a tutti i Riti,
degli alti gradi o gradi superiori.
Probabilmente Ramsay non aveva consapevolezza di quanto le
implicazioni del suo Discorso si sarebbero rivelate determinanti nel volto
nuovo che avrebbe assunto una parte della Massoneria continentale. Il suo
fine dichiarato, infatti, era quello di costituire «una grande nazione
intellettuale», che riunisse in una fratellanza universale tutti gli spiriti eletti,
i sapienti e gli artisti. Ma il modello etico di cui si servì per tratteggiare il
ritratto del massone ideale non era più nella sostanza quello del “libero
muratore medievale”, ma quello del cavaliere, e il contesto non era più
l’operoso cantiere della cattedrale gotica, ma il campo crociato, dove si
erano misurati insieme la fedeltà a un alto compito religioso e l’onore
nell’esercizio delle armi. Egli sostenne che l’appellativo di Free-Masons
non doveva essere inteso dai Fratelli «in senso letterale e grossolano», come
se «gli istitutori dell’Ordine fossero stati dei semplici operai della pietra o
del marmo o dei geni puramente curiosi che volevano perfezionare le arti»
o «soltanto abili architetti che volevano consacrare i loro talenti e i loro beni
alla costruzione di templi esteriori». I veri fondatori della Massoneria erano
stati, secondo Ramsay, «principi religiosi e guerrieri che volevano»,
secondo la definizione del vero cristiano data da san Paolo, «illuminare,
edificare e costruire i Templi viventi dell’Altissimo».
Non fu tuttavia il richiamo religioso ad affascinare i massoni francesi,
ma la sua ambientazione esotica, in quell’Oriente e in quell’Egitto gravidi
di misteri donde poteva benissimo aver tratto origine il segreto massonico,
gelosamente custodito e preservato nei secoli attraverso la tradizione
occultistica. In effetti, a partire dal 1760 circa, le istruzioni e gli emblemi
degli alti gradi massonici presentano allusioni più o meno esplicite alle
varie scienze occulte, dalla magia alla geometria e all’aritmetica sacra, dalla
Cabala all’alchimia.
Con le caratteristiche tratteggiate lo Scozzesismo si diffuse dalla
Francia in tutta l’Europa, non diversamente da quanto accadeva nella
seconda metà del Settecento in relazione alla moda, alla cucina, alla lingua
e alla letteratura di questo Paese. Basti ricordare che per i documenti e la
corrispondenza fra le varie logge, che proliferarono nelle grandi città sulle
sponde del Meno, dell’Elba, del Danubio, nonché in Polonia, Ungheria e
Scandinavia, si ricorreva al francese.
A MACCHIA D’OLIO
Sin dalle origini si possono a grandi linee identificare nella storia della
Massoneria moderna, dal punto di vista dottrinario, due tendenze: un filone
ispirato da un cristianesimo non dogmatico, dalla fiducia nella ragione e
nella forza del pensiero come mezzi di elevazione dell’uomo, da un
atteggiamento filantropico e dalla convinzione della perfettibilità della
convivenza civile attraverso una gestione “illuminata” dei poteri pubblici;
un secondo filone tendente ad accentuare la componente spiritualistica e
iniziatica dell’Ordine, la tradizione esoterica e l’elitarismo. A questo
secondo filone è da ricondurre la comparsa degli alti gradi.
Rimandando alla prossima sezione la verifica degli esiti storici cui i due
filoni sono approdati, per quanto riguarda le origini si devono ancora
prendere in considerazione i luoghi e i tempi in cui si verificò l’innesto
dell’Ordine al di fuori della cornice inglese originaria.
La Gran Loggia di Londra, che aveva per prima espresso il bisogno di
superare il frammentarismo in funzione di un’unità statutaria e simbolica
delle logge, fu in questo senso presto imitata in Irlanda (1725) e in Scozia
(1736). Intanto la Massoneria era arrivata in India (1728) e in America (la
prima loggia “regolare” venne fondata nel 1733).
In ambito continentale, a parte il caso già preso in considerazione della
Francia, si possono elencare quelli dell’Austria (1727), della Russia (1731),
dell’Olanda (1734) e della Sassonia (1738). In Italia, a partire dal 1728,
sorsero logge a Napoli, Roma, Firenze, Milano, Venezia, Torino, e via via
nelle altre grandi città della Penisola.
In generale si può dire che, fino al 1740, la superiorità della Grande
Loggia londinese non venne messa in discussione. Fu l’evoluzione della
Massoneria francese a creare nell’organizzazione mondiale diversificazioni
di riti e impostazioni ideologiche (con il risultato di spezzare l’unità di
intenti e di obiettivi della Massoneria), in stretta relazione con la diffusione
dello Scozzesismo. In ciò alcuni studiosi hanno ipotizzato un “intervento di
disturbo” da parte dei Gesuiti, che sarebbero stati i segreti promotori della
diffusione degli alti gradi allo scopo di riagganciare settori importanti della
cultura, modellando i gradi sulla base di valori estranei alla tradizione
operativa e di giungere in questo modo al controllo dell’Ordine. Questa tesi,
ancora ribadita in tempi recenti (C. Francovich, Storia della Massoneria in
Italia dalle origini alla Rivoluzione francese, Firenze, 1974), appare
infondata, perché totalmente priva di supporti documentali.

Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti. Si è molto favoleggiato, da parte degli


avversari della Massoneria del mondo laico, che i Gesuiti avessero contribuito a creare
il Rito Scozzese per dominare l’Ordine Massonico.

Che i Gesuiti abbiano o non abbiano giocato un ruolo nelle vicende


dell’Ordine nella seconda metà del Settecento, l’ipotesi di per sé mette in
luce un dato importante: l’inevitabilità nei Paesi di religione cattolica di fare
i conti con l’autorità della Chiesa, di fronte alla sostanziale eterodossia delle
logge.
Il confronto
con la storia

Antichi oggetti incisi con simboli massonici: la squadra con il compasso e il delta, cioè
il triangolo che esalta la perfezione del numero 3.
MASSONERIA, STATO E CHIESA IN
FRANCIA
Il Discorso di Ramsay non rende conto solo dei cambiamenti che si
determinarono all’interno dell’istituto massonico dal momento in cui,
dall’Inghilterra, ebbe una diffusione continentale. Esso rivela infatti anche
la necessità per le logge, operanti in un clima assolutistico dal punto di vista
politico e cattolico dal punto di vista religioso, di trovare una formula di
convivenza con i poteri costituiti. Un esempio concreto può chiarire molto
bene questa problematica.

UN PASSATO CAVALLERESCO
L’arte ai tempi di Luigi XIV, il re Sole, documenta incisivamente la
promozione di un’arte di corte, aulica e celebrativa. A questa tendenza del
gusto artistico francese è da collegarsi il richiamo a un passato nobile e
cavalleresco da parte della Massoneria locale, che era sempre più
interessata ad accogliere nelle sue fila membri dell’aristocrazia. Come
osserva L. Sessa «… il ceto nobiliare del tempo di Luigi XV,
disperatamente aggrappato ai fasti celebrati nell’epoca dorata del re Sole,
non avrebbe avvertito nessuno stimolo o fascino per una Istituzione di
mestiere, sostanzialmente basata sul principio dell’emancipazione
dell’uomo attraverso il lavoro, in quanto tale ceto considerava il lavoro
come un’attività debilitante, disonorevole, distintiva della classe bassa, in
particolare di quella plebea».
La Cathédrale des Invalides a Parigi ben esemplifica la grandiosità e lo sfarzo dell’arte
francese di corte del XVII secolo.

Nel 1736 Jean Coustous, appartenente a una famiglia protestante di


origine svizzera di orefici e tagliatori di pietre preziose emigrata in Francia,
aveva fondato a Parigi una loggia che portava il suo nome. Trasferitosi poi
in Portogallo, nel 1743 venne arrestato dall’Inquisizione per la sua attività
massonica e condannato al remo sulle navi portoghesi. L’intervento
diplomatico del governo inglese ottenne un anno dopo la sua liberazione e
Coustous poté trasferirsi a Londra, dove scrisse e pubblicò le sue memorie.
Nella direzione della loggia parigina, nel 1737, gli era subentrato il duca di
Villeroy (la loggia si chiamò poi Coustous-Villeroy), un nobile che godeva i
favori di Luigi XV. Come è possibile osservare da questa vicenda, non solo
in ambienti cattolici i massoni dovevano ancora fare i conti con
l’Inquisizione, ma la tendenza della Massoneria era quella di modificare la
base sociale degli affiliati, sostituendo agli eredi della tradizione corporativa
di arti e mestieri le nuove generazioni dell’aristocrazia. Risulta così
comprensibile, da un punto di vista diplomatico, il mutamento dello sfondo
leggendario relativo alle origini della Massoneria di cui Ramsay fu, se non
l’inventore, il più fortunato sostenitore: il richiamo alla cavalleria crociata
conferiva all’Ordine prestigio e, contemporaneamente, mirava a garantirsi il
consenso della Chiesa cattolica e della monarchia francese, alleate e
protagoniste dell’epopea crociata.
Questo disegno ebbe successo soltanto per quanto riguarda il
coinvolgimento del ceto nobiliare. Basti ricordare che nel 1738 la carica di
Gran Maestro venne assunta dal duca d’Antin e per vent’anni consecutivi, a
partire dal 1743, dal conte di Clermont. A quest’ultimo si deve la
fondazione, nello stesso 1743, della Gran Loggia di Francia, detta
l’Anglaise, che segnò anche il declino del filone “stuartista” e di ispirazione
cattolica nello scacchiere della Massoneria francese.
La Chiesa invece non solo non attenuò, ma inasprì decisamente la sua
ostilità nei confronti della Massoneria. Già il cardinale de Fleury, primo
ministro di Luigi XV, aveva negato il suo appoggio a Ramsay, che gli aveva
inviato in lettura il Discorso di cui si è detto, inducendolo a non darne
pubblica lettura e a recedere per sempre dalla militanza massonica (non si
hanno più notizie di un suo ruolo attivo negli ultimi sei anni di vita) e
arrivando altresì a interdire l’attività delle logge massoniche in Francia.
Successivamente il papa Clemente XII, nel 1738, con la bolla In Eminenti
lanciò la scomunica su tutti gli aderenti alla Massoneria, giudicando
inaccettabile la posizione ambigua delle logge nei confronti della
Rivelazione. Tale iniziativa, anche se non ebbe effetti pratici rilevanti,
indebolì di fatto la forza del filone “stuartista”. Non solo: la presa di
posizione ufficiale da parte della Chiesa di Roma, unitamente alla scarsa
vigilanza della loggia nazionale sulle iniziative periferiche e delle singole
entità sull’istruzione dei nuovi affiliati (è degli anni Cinquanta il “ritorno
alla Cabala”) e al peso di personaggi poco trasparenti malati di
protagonismo o animati da fini estranei allo spirito dell’istituzione,
favorirono la nascita di una vivace posizione antimassonica e il diffondersi
di suggestive voci denigratorie.

SCOMUNICA E INQUISIZIONE
L’origine delle prese di posizione dell’autorità ecclesiastica nei confronti
della Massoneria (Bolla In Eminenti del 1738 e Providas del 1751) pare
sia stata, in entrambi i casi, di natura politica. Era da poco diventato
Granduca di Toscana Francesco di Lorena, iniziato già dal 1731, che era
contrario all’ingerenza della Chiesa negli affari dello Stato. L’occasione
del primo scontro fu la decisione granducale di istituire una
Congregazione per i poveri indipendentemente dalle condizioni richieste
dal Papa mentre il secondo fu determinato dall’Editto di ammortizzazione
dei beni ecclesiastici. La convinzione che tali provvedimenti fossero
dovuti all’esistenza di un partito anticuriale che si annidava in una loggia
massonica portò al coinvolgimento dell’Inquisizione. Per sua natura il
tribunale dell’Inquisizione poteva intervenire solo nei casi di eresia e
quindi si giunse alla condanna della Massoneria in quanto portatrice di tesi
deiste e libertine. L’effetto delle Bolle papali non fu quello di sconfiggere
la Libera Muratoria, ma piuttosto di trasformare un fenomeno di costume
in un fenomeno politico. L’offensiva antimassonica, che si avvalse di una
sterminata serie di testi, opuscoli, libelli, accuse e falsità, non provocò la
sparizione o la diminuzione delle logge, ma al contrario divenne
un’occasione per la Massoneria che ridefinì il proprio ruolo e i propri
principi riaffermando a gran voce il valore della tolleranza, l’obiettivo
della rigenerazione dell’uomo e del perfezionamento delle virtù civiche.
L’albero della filosofia ermetica. Avvicinandosi alla metà del
Settecento la Massoneria ebbe sempre più contatti con filoni
esoterici.

Contro tutto ciò la decisione della Chiesa gallicana, la Chiesa francese


che si era resa indipendente da Roma, fu quella di “controllare” le logge: il
Gran Maestro impose addirittura l’obbligo della Messa.

ILLUMINISMO E MASSONERIA
L’Illuminismo fu il movimento intellettuale di più vasta portata ed
estensione geografica della seconda metà del Settecento. La metafora della
luce, che entra nella definizione che se ne è data anche nelle altre lingue
(francese, tedesco, inglese e spagnolo), voleva espressamente indicare le
caratteristiche di un pensiero che si poneva l’obiettivo di disperdere le
tenebre dell’ignoranza e dei pregiudizi in funzione di un uso costruttivo
della ragione per il bene individuale e collettivo.
Lo sviluppo del movimento fu contemporaneo a quello della
Massoneria e analoga ne fu la diffusione dal punto di vista geografico.
Trasse origine infatti dalla filosofia empirista e dalla nuova scienza
affermatesi in Inghilterra a partire dal secolo precedente; ebbe il suo centro
di irradiazione in Francia, giungendo successivamente a investire l’Europa
orientale; interessò solo parzialmente i Paesi dell’Europa mediterranea,
dove dovette fare i conti con la Chiesa cattolica.
Ma i possibili collegamenti con la Massoneria sono di portata ben più
ampia. Le logge massoniche, assieme ai salotti che spesso accoglievano gli
stessi personaggi, costituirono soprattutto in Francia formidabili occasioni
di aggregazione del ceto intellettuale e delle classi dirigenti, facilitando la
diffusione delle idee nuove, dello spirito filantropico, della tolleranza.
I più importanti Illuministi francesi, come Voltaire (1694-1778), D.
Diderot (1713-1784) o M.-J. Caritat, marchese di Condorcet (1743-1794),
furono massoni anche se dell’ultima ora, come Voltaire che fu iniziato poco
tempo prima di morire, o non assidui, e così la maggior parte dei
frequentatori del salotto di madame Helvétius che, dopo la morte del
marito, filosofo di orientamento sensista, radunava regolarmente ad Auteuil
gli eredi spirituali della precedente generazione dei Philosophes. Questo
secondo gruppo, detto degli “Ideologi” (cioè studiosi dell’origine delle
idee), ebbe stretti contatti con Benjamin Franklin (1706-1790), che fornì il
modello dell’uomo di scienza che non disdegna di abbracciare una “giusta
causa” politica e comunicò loro l’entusiasmo e lo spirito con cui negli Stati
Uniti era stata affrontata la battaglia per l’indipendenza dall’Inghilterra. Gli
Ideologi arrivarono così a dare il loro appoggio alla Rivoluzione francese,
per subire come i Girondini la sconfitta da parte di Robespierre e dei
Giacobini. Sarebbe comunque un grave errore identificare nell’Illuminismo
l’asse filosofico della Massoneria. Basti pensare che fu massone entusiasta
il cattolico integralista Joseph De Maistre (1753-1821), che nella sua
Lettera al Duca di Brunswick attribuiva all’Ordine Massonico il ruolo di
centro di unificazione di tutta la Cristianità, sulla base di un “cristianesimo
trascendentale” che avrebbe dovuto richiamarsi a una rivelazione universale
(o “rivelazione delle rivelazioni”) dispensata a tutti i popoli. O ancora, si
pensi all’attivissimo massone tedesco Friedrich Heinrich Jacobi (1743-
1819), il “filosofo della fede” per eccellenza, che affermava l’impossibilità
da parte della sola ragione a cogliere l’essenza e lo scopo della vita.
Durante l’Illuminismo i salotti aristocratici francesi accolsero personaggi legati alla
Massoneria come Diderot, il marchese di Condorcet e Voltaire (quest’ultimo è
rappresentato come busto in quanto era a quei tempi in esilio).

Il capitolo Illuminismo nella Massoneria resta comunque importante per


vari motivi. In primo luogo segna il momento di massima estroversione
dell’Ordine, prima del definitivo ripiegamento nella segretezza per quanto
riguarda i rapporti con il mondo politico. Un’opera come l’Abbozzo di un
quadro storico dei progressi dello spirito umano (1793-1794) di Condorcet,
comunque inneggiante alla rivoluzione nonostante che l’autore l’abbia
scritta da latitante perché la Convenzione aveva decretato il suo arresto
(catturato il 14 maggio 1794, si sarebbe poi ucciso in cella), è incompatibile
con la “discrezione” che la Massoneria come istituzione sarebbe poi andata
assumendo in materia di politica.
In secondo luogo segna – in relazione sia all’affacciarsi di nuove istanze
spirituali fra gli intellettuali e dei prodromi del Romanticismo, sia al
periodo storico della Restaurazione – il tramonto del deismo in materia di
religione e dell’anticlericalismo.
Infine, l’arbitraria attribuzione agli Illuministi della responsabilità non
solo della Rivoluzione francese, ma anche dei suoi esiti cruenti e in
particolare del Terrore, coinvolse la Massoneria nella “teoria del
complotto”, vincolandola a una linea difensiva.
L’Encyclopédie di Diderot (nella foto una statua a lui dedicata) e d’Alembert incontrò
il progetto caro alla Massoneria di un dizionario universale delle arti liberali e di tutte
le scienze utili.

LE GRANDI LOGGE NAZIONALI


Si è visto come la Massoneria, ai suoi albori, sia stata un fenomeno
tipicamente inglese e come sia stata ben presto accettata nel tessuto sociale
del Paese poiché costituiva un modello attraente per le sue origini antiche, il
livello sociale elevato dei suoi capi e le sue protezioni politiche. Ben presto
iniziò a espandersi sul continente ma con percorsi assai meno lineari di
quello britannico. L’abbandono della Massoneria operativa per quella
speculativa aveva infatti aperto le porte a contatti e sovrapposizioni con altri
filoni culturali di stampo ermetico che avrebbero reso il panorama
estremamente variegato; inoltre, nella seconda metà del XVIII secolo, alla
nascita occasionale di singole logge, in genere legate a situazioni o
personalità particolari, si affiancherà una scelta più “politica” di diffusione
capillare organizzata per Stati. È la nascita delle logge nazionali.
Questo secondo fenomeno iniziò in Olanda. Nelle Province Unite
Olandesi le prime logge, negli anni a cavallo tra XVII e XVIII secolo, erano
state scozzesi; ben presto però l’attivismo della Gran Loggia di Londra si
era imposto ed erano nate logge di Rito Inglese che accoglievano gli
esponenti orangisti (favorevoli al ripristino del principato) ed erano
interessate al sistema scientifico newtoniano e agli scritti dei liberi
pensatori. Nonostante la Massoneria venisse guardata con sospetto dal
governo e costretta a operare in condizioni di semiclandestinità, la sua
diffusione non si arrestò ma si modificò guadagnando adepti soprattutto tra
i militari (le logge “militari” saranno un fenomeno che si diffonderà, al di
fuori dei confini olandesi, nello spazio e nel tempo per giungere fino ai
giorni nostri). Dopo la restaurazione degli Orange, i massoni olandesi nel
1756 diedero vita all’Aja a una Gran Loggia dei Paesi Bassi, la prima
autonoma rispetto a Londra.
Nella penisola iberica la Massoneria ebbe vita difficile. Per tutto il
Settecento in Spagna fu un susseguirsi di denunce e interventi
dell’Inquisizione. Alle condanne pontificie si affiancò un decreto sovrano
contro le logge, considerate focolai di sovversivismo. Nel vicino Portogallo
l’atteggiamento dei regnanti fu all’inizio simile: per gli aderenti alla
Massoneria era contemplata la pena capitale, ma nel 1750 una svolta
liberale, in virtù della quale il clero perse parte della sua influenza, diede
loro una relativa tranquillità, fino all’avvento della regina Maria (1777), che
riprese a perseguitarli.
In Russia, durante il regno di Caterina II (1762-1796), la Massoneria
conobbe una notevole fioritura anche grazie all’intensificarsi dei rapporti
con il resto d’Europa. Il principale organizzatore del sistema massonico
russo, che riuscì a unificare le logge di Rito Inglese e quelle della Stretta
Osservanza, fu proprio il Segretario di Stato della zarina. Un’enclave
particolare sul territorio era costituita da San Pietroburgo dove avevano
mano libera le logge di Rito Svedese (con rituali templari e mistici) che
rappresentavano una forma di opposizione occulta al governo. Alla Libera
Muratoria aderirono politici e intellettuali e vennero portate avanti
numerose iniziative per “europeizzare” il Paese fino al momento in cui tutto
questo non venne a collidere con la politica interna ed estera di Caterina II.
Questo, e il sospetto filogermanesimo dei massoni, furono i motivi per cui,
nel 1794, tutte le logge furono dichiarate fuorilegge e chiuse.
Nei territori dominati dagli Asburgo, sovrani cattolicissimi, vi fu
dapprima una politica di controllo e contenimento delle logge a cui era
impedita l’attività pubblica. Con l’ascesa al trono di Giuseppe II (1780-
1790) si determinò una crescita esponenziale della Massoneria, sia per
numero di logge sia per domande di affiliazione, in particolare nei settori
più vicini alla politica del sovrano. La “primavera” della Massoneria
austriaca fu caratterizzata da un’intensa attività culturale: nascita di circoli
scientifici, iniziative editoriali, adesioni di personalità e artisti. La stagione
successiva vide invece la riorganizzazione su base nazionale delle logge e il
coinvolgimento di numerosi funzionari statali. Infine nel 1785, forse in
seguito alla vicenda degli Illuminati o perché le logge costituivano ormai,
per la loro diffusione, uno strumento di pressione politica, l’imperatore
emanò la cosiddetta “patente massonica” con cui decretava sì la legalità
delle organizzazioni massoniche ma ne stabiliva anche il controllo
attraverso una ferrea limitazione del loro numero e dei loro membri.

Nella Russia di Caterina II, qui ritratta, la Massoneria conobbe


all’inizio una notevole fioritura, ma venne poi a collidere con la
politica dell’imperatrice e tutte le logge vennero chiuse.
LE LOGGE IN ITALIA
L’organizzazione di una Massoneria “nazionale” fu per l’Italia,
suddivisa in più Stati, una cosa impossibile. La sua storia quindi si legge
come un collage di storie particolari dove sembra sia stato più facile il
contatto con l’estero che con i propri vicini.
Anche negli Stati italiani comunque (con l’ovvia esclusione dello Stato
Pontificio) la Massoneria si diffuse spesso con la protezione di sovrani
come Francesco di Lorena o Vittorio Amedeo di Savoia.
Nel Regno di Napoli le prime logge furono di tipo militare; in seguito si
fronteggiarono due filoni, uno ermetico e spiritualista, l’altro razionalista.
Fu nominato Gran Maestro della Massoneria napoletana Raimondo di
Sangro, principe di Sansevero, una singolare figura di intellettuale e
scienziato che riuscì a comporre i contrasti tra le logge napoletane. Nel
1750 il principe di Sansevero pubblicò la Lettera apologetica, un
programma in cui, oltre a delineare le caratteristiche del pensiero massonico
e dei suoi rapporti con la Cabala, si ipotizzava un nuovo ruolo politico per
la Massoneria, vista come uno spazio comune in cui coalizzare nobili,
militari e togati per rafforzare lo Stato contro le ingerenze politiche della
Chiesa e il tentativo di introdurre l’Inquisizione nel Regno di Napoli.
La reazione della Chiesa fu durissima, la Lettera apologetica messa
all’indice e ogni attività della Libera Muratoria napoletana bloccata per
parecchi anni. L’attività massonica riprese, febbrile, a partire dal 1763 e
vide di nuovo il contrapporsi di due filoni: uno aristocratico, vicino allo
scozzesismo e protetto dalla regina Maria Carolina (che darà poi vita a
importanti istituzioni culturali come l’Accademia Reale delle Scienze), e un
altro, di Rito Inglese, più interessato allo studio di nuove forme politiche. I
contatti con le teorie degli Illuminati di Baviera radicalizzeranno parte della
Massoneria napoletana svolgendo un ruolo importante nello scoppio dei
moti rivoluzionari del 1799.
Nell’Italia del Nord la Massoneria si diffuse relativamente tardi. In
Lombardia, allora sotto il dominio asburgico, la loggia più importante fu
quella di Cremona, grazie alla vivacissima personalità del suo
organizzatore, l’abate Bianchi, che riuscì a instaurare intensi rapporti con
l’ala culturalmente più avanzata della Massoneria europea e nordamericana.
Nella sua commedia Le donne curiose, messa in scena per la prima volta nel Carnevale
del 1753, il veneziano Carlo Goldoni rappresentò una loggia massonica, come avrebbe
lui stesso confessato nei suoi Mémoires un terzo di secolo più tardi.

Nel Regno di Sardegna il modello prevalente fu quello delle logge


militari. Con l’ascesa al trono di Vittorio Amedeo III, che fin dalla
giovinezza era stato protettore delle logge, la Massoneria piemontese
ottenne una visibilità e uno spazio di manovra inediti: si stabilirono rapporti
con le principali logge straniere, si accolsero come Fratelli nobili,
intellettuali, funzionari del Regno e uomini di governo, si organizzarono
attività politiche, culturali e scientifiche presso la Reale Accademia delle
Scienze. I massoni piemontesi entrarono a pieno titolo nella grande famiglia
massonica europea e parteciparono a tutti i principali “conventi” (riunioni)
dell’epoca.
A Venezia infine la Massoneria, pur suscitando curiosità e interesse
presso le principali personalità intellettuali dell’epoca (Gozzi, Goldoni e
Casanova, per esempio), si diffuse tardi in modo sistematico e comprendeva
un gran numero di stranieri. La creazione di una struttura territoriale
secondo il rito della Stretta Osservanza durò poco. Il tentativo di lavorare
come gruppo di pressione politica per una riforma dello Stato provocò la
chiusura di tutte le logge.
GLI ILLUMINATI DI BAVIERA
Per avvalorare la tesi di una precisa responsabilità massonica nello
scoppio e nello sviluppo della Rivoluzione francese è stato più volte
ricordato “il caso” degli Illuminati di Baviera.

Statua di Goethe a Marianske Lazne nella Repubblica Ceca. Il poeta aderì agli
Illuminati di Baviera anche se, secondo alcune teorie, sarebbe stato inconsapevole
degli obiettivi dell’Ordine.

Tale Ordine, che la storiografia massonica giudica «forse la prima


grande deviazione politica all’interno della Libera Muratoria» (M.
Moramarco), sorse a Ingolstadt nel 1776 per iniziativa di Adam Weishaupt,
locale docente di diritto canonico. Weishaupt era stato educato dai Gesuiti,
ma aveva intimamente maturato un violento anticlericalismo, anche se non
poteva palesarlo per non rischiare di perdere la cattedra universitaria.
Questa fu molto probabilmente una delle ragioni che lo orientarono a
costituire una società segreta, assieme a una sincera passione per le
iniziazioni rituali e al sogno di costruire una società fondata sulla libertà,
sulla comunità dei beni e sul cosmopolitismo.
Dell’organizzazione massonica apprezzava il gradualismo, sulla base
del quale strutturò il suo Ordine: a una classe preparatoria (Novizio,
Minervale, Illuminato Minore) ne seguiva una seconda massonica
(Apprendista, Compagno, Maestro, Novizio Scozzese, Cavaliere Scozzese);
il vertice era costituito da una classe misterica (Prete, Principe, Reggente,
Mago, Uomo-Re).
È probabile che per la definizione e i “contenuti” dei gradi, Weishaupt si
sia avvalso della collaborazione del barone Adolf von Knigge, entrato a far
parte degli Illuminati dopo aver raggiunto i più alti gradi nella Massoneria
di Rito Scozzese (in seguito von Knigge si allontanò da Weishaupt per
motivi religiosi perché, pur condividendone il radicalismo dal punto di vista
sociale, era rimasto fedele al Cattolicesimo).
Von Knigge aveva partecipato in precedenza a uno dei tentativi di
riforma della Stretta Osservanza Templare, un’organizzazione rigidamente
gerarchica che si proponeva come continuatrice della tradizione templare
con l’obiettivo della costituzione di uno Stato a salvaguardia della
Cristianità, un po’ come quello dei Cavalieri di Malta.
L’aspirazione di von Knigge sembra sia stata quella di dare un nuovo
indirizzo alla Stretta Osservanza mediante il contatto con gli Illuminati,
trasformando le utopie massoniche in progetti di riforme politiche
veramente attuabili che liberassero l’Europa dal duplice giogo della Chiesa
Cattolica e dell’Ancien Régime.
L’Ordine degli Illuminati riscosse molto successo, arrivando ad
annoverare tra le sue fila personaggi del calibro di Goethe e prestigiosi
rappresentanti dell’aristocrazia tedesca.
Sugli Illuminati si danno valutazioni contrastanti: accanto a chi esclude
che i membri dell’Ordine, sia pure ai vertici più alti della gerarchia,
avessero un qualche progetto politico concreto a breve scadenza e
andassero al di là di un utopismo rivoluzionario animato dal mito del “buon
selvaggio”, c’è chi, ancora di recente, avvalora la tesi di un piano eversivo.
Il francese S. Hutin afferma per esempio con decisione, in Governi occulti e
società segrete: «Weishaupt, di fronte agli abusi e alle ingiustizie che la
società del suo tempo palesava, non si limita a sognare un cambiamento, ma
decide di organizzare metodicamente e nei minimi particolari un complotto
che porti a una totale rigenerazione del mondo. Per fare questo, secondo lui
non vi è che una via: formare e istruire sistematicamente una minoranza di
agitatori…
Per giungere a questo, dovrà essere organizzata una potente società
segreta che possa a poco a poco “penetrare tutta la Massoneria”». Sta di
fatto che per un caso fortuito la polizia bavarese trovò carte segrete relative
all’Ordine degli Illuminati, le giudicò incompatibili con la legalità e ne
sanzionò la soppressione, condannando Weishaupt a morte in contumacia
(1785).
Questi, rifugiatosi a Gotha, vi restò fino alla morte (1830), dopo essere
stato l’irreprensibile precettore del figlio cadetto del duca regnante.

LA “VENDETTA” NEO-TEMPLARE
A consolidare la teoria del complotto casualmente sventato da parte
degli Illuminati di Baviera ed “evidente” negli sviluppi della Rivoluzione
francese contribuirono, da opposti fronti, diversi fattori.
Giocò in primo luogo un ruolo importante la pubblicistica reazionaria
che ebbe i suoi più significativi esponenti nel radicale Louis Cadet de
Gassicourt, imprigionato durante il Terrore, e nel gesuita Augustin de
Barruel, in esilio in Inghilterra. L’uno, in La tomba di Jacques de Molay,
sostenne che l’Ordine dei Templari, di cui la Massoneria aveva raccolto
l’eredità, aveva costituito il primo anello di una catena di cospiratori che
non avrebbero cessato di agire fino alla presa della Bastiglia. L’altro, in
Memorie utili per la storia del Giacobinismo, arrivò a unificare
nell’immagine terrificante di una plurisecolare congiura tutti i movimenti o
i personaggi che nella storia si erano ribellati all’ordine costituito, dagli
eretici medievali a Robespierre. Questa versione dei fatti si saldò
nell’opinione pubblica alla leggenda secondo la quale Jacques de Molay,
ultimo Maestro dei Templari condannato al rogo da Filippo il Bello con la
complicità di Clemente V, nel proclamare la sua innocenza avrebbe
vaticinato la morte dell’ultimo discendente del suo persecutore per mano di
un Templare. Si mormorava che Luigi XVI, ultimo re di Francia e appunto
ultimo discendente di Filippo il Bello, prima di essere ghigliottinato (21
gennaio 1793) avrebbe chiesto al boia il suo nome, per sentirsi rispondere
«che era un Templare, pronto a eseguire la vendetta di Jacques de Molay».
E, per rendere ancora più fosche le tinte del quadro, si sottolineava come la
ghigliottina fosse stata inventata dal medico e scienziato Joseph-Ignace
Guillotin, affiliato alla Massoneria. L’abbinamento Templari-Massoneria
non era tuttavia un parto della fantasia degli avversari dell’Ordine.
Appartiene infatti peculiarmente alla sua storia e ne costituisce il
complicato capitolo del Templarismo.

La convinzione di una sopravvivenza dei Templari all’interno della Massoneria non


giovò a quest’ultima a causa dei sospetti di doppiezza e occultismo che erano attribuiti
all’Ordine.

Le origini del fenomeno vanno ricercate, entro l’orizzonte massonico,


nella sovrapposizione del tipo etico del cavaliere a quello del libero
muratore medievale, secondo l’impostazione già di Ramsay, e nella
presenza di vivaci interessi esoterici, in particolare per l’alchimia e la
Cabala, in varie logge continentali. Si era così potuta sviluppare una
leggenda interna all’Ordine, dimostratasi con il tempo quanto mai tenace: i
Templari, depositari di una dottrina occulta appresa in Oriente, sarebbero
segretamente sopravvissuti in Scozia alla condanna decretata dal re di
Francia e dal papa di Roma (1312) e avrebbero davvero consegnato alla
Massoneria la propria eredità spirituale e sapienziale.
I SISTEMI COSIDDETTI “TEMPLARI”
CAPITOLO DI CLERMONT
Nacque in Francia nel 1754, ispirandosi in parte alle innovazioni introdotte
dai Maestri Scozzesi nella Massoneria di Lione (1741-1743). Rapidamente
eclissatosi in Francia, ebbe una vivace ripresa in Germania dove, a partire
dalla loggia “Tre Globi” di Berlino, si diffuse e fu attivo dal 1759 al 1764.
Il quinto e il sesto grado del Sistema facevano esplicito riferimento alla
vendetta per l’ingiusta morte di Jacques de Molay, con un cerimoniale dai
tratti decisamente macabri.

SISTEMA DEL CHIERICATO TEMPLARE


Fu ideato e messo a punto dal pastore protestante J.A. Starck ed ebbe nel
1772 il riconoscimento della Stretta Osservanza di Hund. Si basava sul
falso storico dell’esistenza nel Medioevo di un clero templare distinto e
autonomo dal corpo cavalleresco dell’Ordine, custode di conoscenze
segrete acquisite in Oriente dalla setta degli Esseni. Il sistema tramontò in
concomitanza con il tramonto della Stretta Osservanza, anche se i Chierici
del Tempio se ne erano dissociati. Starck d’altra parte aveva raggiunto
l’obiettivo di accreditarsi presso l’alta aristocrazia tedesca, alla quale
prestò i suoi servizi a partire dal 1780.

STRETTA OSSERVANZA TEMPLARE (MASSONERIA


RETTIFICATA)
Venne istituita dal barone K.G. von Hund (1722-1776), signore ereditario
di Lipsia, nell’Alta-Lusazia, che sostenne di essere stato incaricato della
ricostituzione dell’Ordine del Tempio da misteriosi “Superiori Incogniti”.
Struttura, rituali e organizzazione amministrativa furono messi a punto tra
il 1751 e il 1755, ma il Sistema incominciò a operare solo dal 1763-1764.
Prevedeva un Ordine Interno, cui si accedeva dal sesto grado,
comprendente tre categorie di iniziati: i Cavalieri (obbligatoriamente di
origine aristocratica), gli Scudieri o Armigeri (provenienti dall’alta
borghesia) e i Soci o Amici dell’Ordine (principi o altezze, cui non si
poteva chiedere un giuramento di obbedienza a persone socialmente
sottoposte). Von Hund concepì l’ambizione di stabilire l’egemonia del suo
Sistema su tutti i Fratelli Massoni. Decretò pertanto che anche le logge che
praticavano, secondo il modello anglosassone, solo i primi tre gradi,
dovessero ricorrere ai relativi rituali predisposti dalla Stretta Osservanza e
sottoporsi all’autorità del suo Gran Maestro Provinciale; quelle che
volevano aderire al Sistema nella sua globalità dovevano invece farsi
“rettificare”, cioè fare atto di sottomissione e giurare obbedienza ai
Superiori Incogniti. La Stretta Osservanza, dopo aver praticamente
raggiunto il controllo della Massoneria tedesca, andò progressivamente
perdendo di prestigio, per essere alla fine sconfessata dal consesso
massonico europeo riunitosi a Wilhelmsbad nel 1782.

ORDINE DEI CAVALIERI BENEFACIENTI DELLA CITTÀ SANTA


Ultima metamorfosi significativa della Massoneria Templare del XVIII
secolo, di cui fu ufficialmente registrata la nascita nel convento massonico
delle Gallie riunitosi a Lione nel 1778, segnò l’evoluzione di questo
indirizzo in senso mistico e la sua emancipazione in Francia dalla
dirigenza tedesca. Pur non facendo riferimento diretto nel nome all’Ordine
del Tempio (anche per non urtare le autorità temporali e spirituali di un
Paese che ne aveva decretato, per l’azione congiunta del re e di un papa
“avignonese”, la soppressione), l’emblema del grado supremo era
costituito da una tomba sopra la quale erano raffigurati un’aquila e un
pellicano, con le lettere J.M. (Jacques de Molay) e il motto in latino Ecce
quod superest (“Ecco ciò che sopravvive”). L’Ordine fu voluto da J.B.
Willermoz che, dopo insoddisfacenti tentativi di collegarsi alla Stretta
Osservanza, aveva concepito il progetto di rigenerare l’umanitarismo
massonico rilanciando il tema della fratellanza nell’ottica della fraternità
mistica e della carità cristiana. Va ricordato tuttavia che l’Ordine mantenne
una spiccata fisionomia esoterica, prevedendo per i Cavalieri più dotati
l’accesso a due gradi speciali (Professo e Gran Professo).

L’assunzione della leggenda dei Templari all’interno della simbologia e


della ritualità delle logge ebbe importanti conseguenze:

diede origine a vari Sistemi che dalla Germania, dove incominciarono


a germinare, si diffusero rapidamente in tutto il mondo;
indebolì i legami con la tradizione operativa, soprattutto per quanto
riguarda il significato da attribuire all’iniziazione, e rese più stretti i
collegamenti con la tradizione ermetico-esoterica e rosacrociana;
interferì con il fenomeno, già in atto, della proliferazione di gradi
iniziatici;
lasciò spazio a personaggi equivoci, che fecero proseliti tra coloro che
credevano sia nella possibilità di accedere, grado dopo grado, al
“segreto massonico” (coincidente con il presunto “segreto templare”),
sia in quella di arricchirsi una volta che l’Ordine del Tempio fosse
tornato in possesso dei suoi beni, per ripartirli fra gli “iniziati”;
sovrapponendo Jacques de Molay a Hiram, di cui venne
simbolicamente ampliata la leggenda in direzione della “vendetta”,
avvalorò all’esterno la convinzione di una Massoneria cospirante per
imprimere alla storia il corso voluto da una cerchia di “Superiori
Incogniti” e in grado in ogni momento di realizzarne i disegni.

LE LOGGE E LA CULTURA
Fin dalla loro costituzione le logge erano state caratterizzate da una
dimensione di convivialità: ci si ritrovava in un’osteria, un caffè, una
birreria (o in una casa privata), soprattutto in occasioni festive come per
esempio l’iniziazione di un nuovo fratello o le feste di san Giovanni. Tali
riunioni (così rileverà l’autorità ecclesiastica poco prima della seconda
condanna papale) avvenivano con pranzi, recite, musica e canti. A Londra
ai primi del Settecento la vita massonica era, per esempio, particolarmente
legata alla rappresentazione delle opere di Shakespeare e alle esecuzioni
musicali.

La musica
La musica soprattutto aveva un ruolo importante. Anderson nelle sue
Costituzioni vi aveva incluso una serie di canti, tratti dal repertorio popolare
e considerati adatti a rappresentare le origini e la storia dell’organizzazione,
che venivano eseguiti nel corso delle riunioni di loggia. La musica appariva
particolarmente consona a esprimere il concetto di un universo che dal caos
primigenio passava a un ordine naturale e razionale e perciò lo studio
dell’armonia musicale affascinava molti massoni. Nascevano trattati,
libretti, almanacchi di divulgazione musicale, ma anche composizioni di
ampio respiro come il Carmen saeculare di F.-A. Philidor (1726-1795),
musicista e scacchista. In breve diventeranno sempre più numerosi i
musicisti che si accosteranno alla Massoneria e che quindi daranno il
proprio contributo al patrimonio musicale massonico. Ciò avveniva con
notevole libertà dal momento che non esisteva, in campo musicale, una
liturgia precisa.

Il Flauto magico di Mozart (qui rappresentato durante la malattia che gli sarebbe stata
fatale) documenta l’attrazione per l’Oriente tipica di uno dei filoni massonici del
Settecento.

Nella seconda metà del XVIII secolo le attività concertistiche a Vienna


e a Berlino erano di impronta massonica, la drammaturgia musicale anche,
e grandissimi musicisti, quali Gluck, Haydn e Mozart, erano affiliati alle
logge. Le più famose “composizioni massoniche” (oltre al Messia di
Händel, musicato su libretto di Alexander Pope, e alla Nona di Beethoven)
sono quelle di Wolfgang Amadeus Mozart: La gioia massonica (K.471), la
musica funebre (K.477), la piccola cantata (K.623) e infine l’opera Il flauto
magico. Le prime in particolare sono brevi partiture, scritte per essere
eseguite da una piccola orchestra, caratterizzate da un ritmo solenne e
pensate come musica liturgica per celebrare i momenti di gioia o di dolore
della comunità. Il tema è sempre quello della “fratellanza”. Diverso è il
caso de Il flauto magico. La dimensione stessa dell’opera permette a Mozart
di spaziare su tutti i temi che lo affascinavano in quel momento: morte e
rinascita, rapporti tra terreno e ultraterreno, iniziazione e prova come
cammino necessario per giungere all’amore universale.

Lo spazio
Anche l’architettura e l’organizzazione dello spazio, in quanto
rappresentazione dell’ordine ideale del mondo, apparivano fondamentali
agli occhi della società massonica. La cosa diventava tanto più importante
quanto più la Massoneria si ampliava aumentando il numero e l’importanza
sociale dei suoi adepti e quanto più prendevano consistenza quei filoni che
facevano riferimento all’ermetismo e ai Rosa-Croce. Così come nel secolo
precedente a Heidelberg l’Elettore Palatino aveva fatto esternare la
concezione rosacrociana dell’universo nei propri giardini, in modo simile
ora la Massoneria tentava di tradurre il proprio patrimonio culturale, le
proprie regole e i propri principi in ambienti appositamente pensati e
progettati per le cerimonie. Nella seconda metà del XVIII secolo verranno
costruiti o riadattati per queste esigenze molti edifici. I più famosi sono la
Mason Hall di Londra e, in Italia, la Cappella Sansevero di Napoli, fatta
trasformare da Raimondo di Sangro in un tempio massonico la cui
decorazione è basata sul tema dell’esaltazione della virtù come base
imprescindibile della nobiltà.
È sempre in questo periodo che acquistano un’importanza fondamentale
i simboli e la loro collocazione nello spazio secondo un preciso codice
visivo che possa fare da guida agli adepti. Il successo della Massoneria nel
periodo del dispotismo illuminato sarà tale che questo tipo di decorazione
verrà adottato anche per altri ambienti non strettamente massonici quali, per
esempio, la sala delle adunanze dell’Accademia delle Scienze di Torino.

La scienza
I legami tra mondo scientifico e Massoneria appaiono molto stretti fin
dall’inizio. Già le prime logge inglesi erano assai vicine agli ambienti della
Royal Society, l’accademia britannica delle scienze ufficialmente
riconosciuta nel 1662. La figura di Newton poi aveva assunto grande
importanza per i fondatori della Gran Loggia di Londra in quanto il suo
metodo, che forniva le basi per una nuova filosofia della natura
estremamente feconda di risultati, non negava però il sentimento religioso.
La scienza, e questo piaceva ai massoni, spiegava come il dio-architetto
avesse ordinato la natura secondo principi di gerarchia, ordine e pace. Il
parallelismo che interessava la Massoneria era quello tra ordine naturale e
ordine sociale.
Questo tema sarà presente sia in Inghilterra sia sul continente per buona
parte del secolo: l’interesse per la natura aveva lo scopo di realizzare una
nuova filosofia della storia. I massoni si impegnarono sia come
organizzazione sia come privati in molteplici attività. Nacquero nuove
istituzioni scientifiche pubbliche e private (l’Accademia delle Scienze di
Torino e quella di Napoli; il Musée de Paris, l’Accademia Boema delle
Scienze di Praga), si organizzarono raccolte di scienze naturali, videro la
luce riviste e pubblicazioni di ogni sorta che si occupavano dei temi più
diversi, dal calcolo alla fisiognomica.
Il rischio in questo pullulare di interessi e di iniziative risiedeva nella
seconda anima della Massoneria, quella mistica, che non aveva mai
rinunciato alla commistione con il magico e perciò per sua natura tendeva a
lasciare spazio a personaggi dubbi. Fu quanto accadde alla fine del secolo
con Mesmer e Cagliostro.
Franz Anton Mesmer, un medico austriaco che si era occupato di
magnetismo animale e sosteneva la possibilità di utilizzare questi flussi a
scopo terapeutico, esiliato da Vienna si era trasferito a Parigi dove aveva
fondato una Société de l’Harmonie, alla quale si poteva essere iniziati, a
pagamento, ai segreti del magnetismo. Per circa un decennio il mesmerismo
fece furore sia come pratica terapeutica sia da un punto di vista teorico. Gli
scritti di Mesmer erano letti e commentati nelle logge nel tentativo di
applicare la “teoria delle turbolenze magnetiche”, causa delle malattie della
persona, alla società nel suo complesso. Gli attacchi della scienza ufficiale e
il proliferare di ciarlatani mesmeristi provocarono l’intervento ufficiale del
Re e l’espulsione di Mesmer (1785).
Un’antica illustrazione della fine del Settecento mostra un baquet, una tinozza piena di
acqua magnetizzata che secondo il suo inventore, Franz Anton Mesmer, aveva poteri
terapeutici.

La parola
La vita delle logge comprendeva anche l’adozione di un nuovo codice
linguistico che, riprendendo termini della tradizione, ne innovava il
significato. Buona parte di questi (statuti, capitolo, ordine, maestro, e così
via) risaliva alla tradizione medievale, altri erano invenzioni, nel senso che
il significato originario era completamente abbandonato (la parola
“convento”, per esempio, che nel linguaggio comune indica semplicemente
la sede di una comunità religiosa, in quello massonico significa “riunione” a
ricordo dell’assemblea di Wilhelmsbad, avvenuta appunto in un convento).
Infine una parte di questi termini, pur antichi, erano usati con accezioni
simili a quelle del linguaggio politico inglese dell’epoca. La parola
“costituzione” non indicava infatti né una raccolta di norme legislative della
massima autorità politica (come in epoca imperiale romana) né ordinamenti
particolari di tipo ecclesiastico (come nel Medioevo): era invece un insieme
di principi considerati basilari per la vita ordinata di una società, in questo
caso quella massonica.
Come per il termine “costituzione” così molte altre parole vennero
mutuate da quelle in uso: società, libertà, pubblico suffragio. Una in
particolare si rivelerà importante: illuminazione. Se infatti nel passato il
termine sembrava essere usato esclusivamente in ambito religioso
(l’illuminazione dell’uomo grazie all’intervento divino) ora la Massoneria
ne accetta il significato di lotta all’ignoranza e alla superstizione mediante
la ragione. Nei Dialoghi per massoni di Lessing, testo che ebbe una
un’ampia diffusione e fu la base di molteplici dibattiti, si afferma che solo
la ragione consente di indagare e comprendere la vera funzione della
Massoneria.
Il dibattito sui Dialoghi di Lessing fu possibile grazie alla temperie
culturale dell’età dei Lumi. L’epoca del dispotismo illuminato infatti fu
caratterizzata dalla diffusione dell’alfabetizzazione e dalla riforma dei
sistemi educativi e ciò andava creando un pubblico desideroso di opere
scritte. La Massoneria si attivò per rispondere a queste esigenze, non solo
con la pubblicazione di grandi opere (come la traduzione dei Trattati sul
governo civile di Locke, della Scienza della legislazione di Filangieri o le
Lettere americane con prefazione di Franklin) ma soprattutto con una vasta
produzione di pubblicazioni semplici e a basso costo, destinate o alla
formazione dei nuovi adepti o alla propaganda. Venivano messi in
circolazione i testi delle orazioni tenute nelle logge, almanacchi con
indicazioni delle festività massoniche e gli indirizzi delle logge, catechismi,
riviste. I principali tipografi aderivano alle logge, e questa tradizione si
manterrà anche nel XIX secolo coinvolgendo massoni e tipografi nei
movimenti patriottici risorgimentali.

NAPOLEONE: UN ASTRO “VOLUTO”?


La folgorante carriera di Napoleone Bonaparte, nato ad Ajaccio nel
1769, ha del prodigioso. Congedato dall’Accademia militare di Parigi
(aveva precedentemente frequentato quella di Brienne), divenne generale a
soli venticinque anni per aver elaborato il piano che consentì alle truppe
della Convenzione di conquistare Tolone, occupata dagli inglesi. Il resto è
su tutti i libri di storia: il matrimonio con Giuseppina Beauharnais, che gli
aprì i salotti della Parigi del Direttorio; la campagna d’Italia e quella
d’Egitto; l’ascesa al consolato… Di successo in successo, gli bastarono
dieci anni da quando aveva incominciato a far parlare di sé con l’impresa di
Tolone, per arrivare a essere incoronato imperatore dei Francesi.
Quello che gli storici non avallano è che la carriera di Napoleone sia
stata favorita dall’Ordine massonico. Alcuni autori parlano dell’iniziazione
di Napoleone in una loggia militare dell’isola di Malta, nel corso della
campagna d’Egitto. «In effetti la spedizione egiziana aveva due scopi, che
non erano contraddittori. Militarmente, mirava a tagliare la via delle Indie
agli Inglesi. Iniziaticamente, permetteva a Bonaparte di incontrare più di un
governante occulto dell’umanità» (S. Hutin, Governi occulti e società
segrete).
Per la verità queste “notizie” non sono confermate nemmeno dai testi
massonici classici. Per esempio O. Wirth, attivo nel Grande Oriente di
Francia nei primi decenni del Novecento, in La Massoneria resa
comprensibile ai suoi adepti (I: L’Apprendista) non esita ad attribuire a
Napoleone l’intenzione iniziale di proscrivere la Massoneria, salvo valutare
che «era da temere solo se la si costringeva a nascondersi». Da qui,
l’autorizzazione concessa dall’imperatore al fratello Giuseppe Bonaparte ad
accettare la Grande Maestranza che gli era stata offerta e l’ingresso nella
Massoneria di collaboratori fidati, affinché fosse sottoposta a una stretta
sorveglianza a favore del governo. «Così la Massoneria divenne, in un certo
senso, un’istituzione ufficiale. Invasa da una folla di dignitari dell’Impero,
essa fu costretta a rinunciare a tutto ciò che avrebbe potuto contribuire
all’emancipazione degli spiriti. Le era concesso vivere solo a condizione di
ostentare, in ogni circostanza, la più vile adulazione del dispotismo.»
Secondo alcune teorie, considerate però dagli storici prive di fondamento, la
sfolgorante carriera di Napoleone sarebbe stata favorita dalla Massoneria.

Anche lo storico inglese P. Partner, autore di un brillante studio sui


Templari, sottoscrive nella sostanza questo giudizio e ricorda come il
letterato Charles Nodier (1780-1844) avesse affermato che i massoni
francesi, nonostante il loro numero (il Grande Oriente contava nel 1814 ben
novecentocinque logge), «non rappresentavano alcun pericolo per il regime,
perché il movimento era contraddittorio, privo di poteri e frivolo. Anche se
Nodier aveva un passato massonico e il suo giudizio non era imparziale,
aveva ragione ad affermare che la Massoneria era diventata politicamente
innocua».

ITALIA: VERSO IL RISORGIMENTO


L’impronta napoleonica caratterizzò anche la Massoneria dell’epoca in
Italia: a Milano, nel 1805, era sorto il Grande Oriente d’Italia e nel 1806
erano stati messi a punto gli Statuti Generali della Franca Massoneria in
Italia. Ma, accanto ai membri dell’Ordine che ammiravano Napoleone o
semplicemente si adeguavano alla situazione in atto, andò con il tempo
crescendo il numero di coloro che intendevano opporsi alla “tirannide”
francese, già affiliati ad altre sette segrete di varia ispirazione ideologica.
Tuttavia la Massoneria e tali sette restarono sempre realtà distinte,
anche se è stata probabilmente la prima a suggerire alle seconde il modello
organizzativo e il simbolismo, così come le abitudini cospirative e
l’attivismo erano un’eredità dei club rivoluzionari di fine Settecento.
Una delle più importanti sette segrete, almeno per quanto riguarda
l’Italia, fu la Carboneria, forse derivata da quella dei Philadelphes.
Quest’ultima aveva raccolto lo scontento di certi settori dell’esercito e della
Massoneria francese e si era diffusa in tutta Europa, penetrando con alcuni
dei suoi esponenti anche nelle logge del Regno italico. La Carboneria, di
cui è certo che fosse nota l’esistenza alle autorità di governo fin dal 1808, si
sviluppò soprattutto nell’Italia meridionale e si infiltrò a sua volta nelle
logge napoletane.
Con il passare del tempo al primitivo spirito democratico ed egualitario
delle società segrete si sostituì un patriottismo di stampo liberale, avente
come obiettivi l’indipendenza e la Costituzione con un assetto politico
simile a quello inglese. Dopo la Restaurazione, avviata dal Congresso di
Vienna nel 1815, le sette clandestine continuarono a operare conquistando
adepti tra gli ufficiali, gli intellettuali, gli studenti e, in alcune situazioni,
anche tra le classi popolari.
In Italia alla Carboneria, sempre operante nel Meridione, si affiancò al
Nord la Società dei Sublimi Maestri Perfetti, che soppiantò l’Adelfìa, attiva
negli anni immediatamente successivi alla Restaurazione. È all’interno dei
Sublimi Maestri Perfetti che, sotto il controllo di Filippo Buonarroti (1761-
1837), si concentravano le posizioni più radicali. Se infatti il conferimento
del primo grado comportava soltanto il giuramento alla fede deista, alla
fraternità e all’uguaglianza, con il secondo ci si impegnava a combattere per
una Costituzione repubblicana e con il terzo per l’abolizione della proprietà
privata e la comunione dei beni e del lavoro.Fu però la Carboneria che, a
partire dai moti napoletani del 1820, dette a lunghi anni di cospirazione il
primo sbocco rivoluzionario concreto.
Garibaldi e Mazzini si incontrano per la prima volta a Marsiglia nel
1833. È certo che la Carboneria si infiltrò nella Massoneria,
soprattutto nell’Italia meridionale.

Se il moto napoletano si era posto come obiettivo il conseguimento


della Costituzione, si fecero poi sempre più forti le istanze
indipendentistiche, in funzione di quella “nazione” che il movimento
romantico celebrava come un valore irrinunciabile. In questo processo,
almeno dal punto di vista ideale, ebbe un ruolo di primo piano Giuseppe
Mazzini (1805-1872). Di tutti i patrioti italiani è quello che espresse le
posizioni più vicine alla concezione dell’uomo e del suo ruolo nel mondo
propria della Massoneria. Mazzini ebbe contatti epistolari con varie logge,
ma non aderì all’Ordine, che non poteva accettare la pregiudiziale
repubblicana. Ma se Mazzini non fu massone, mazziniani furono molti
massoni, tra i quali i Grandi Maestri Lemmi, Nathan e Ferrari.
MASSONERIA “ROMANTICA”
A lungo il Romanticismo è stato identificato come la voce ideologica e
culturale della Restaurazione, soprattutto per quanto riguarda la Germania.
Ma il tentativo di leggere il movimento in chiave politica è fuorviante,
perché fra i suoi rappresentanti si contano in uguale misura rivoluzionari e
conservatori, progressisti e reazionari. Ciò che in generale li accomunò fu
l’elaborazione di una visione del mondo al di fuori delle reali forze motrici
della storia, nella tensione verso un assoluto che cercò conferme nel passato
o determinò fughe nel futuro, nell’utopia, nella più totale estraneità dal
presente. Lo stesso Goethe ebbe a dire che questo atteggiamento spirituale
incarnava “il principio della malattia” e sotto certi aspetti la sua diagnosi
trova conferma nella psicologia moderna.

Newton di William Blake (1757-1827). Blake è a tutt’oggi molto


caro alla Massoneria esoterica, che sente affine alla propria
spiritualità.

Un giudizio analogo, applicato alla storia della Massoneria, venne


espresso da R. Le Forestier (La Massoneria templare e occultista nel XVIII
e XIX secolo) facendo espressamente riferimento all’origine del fenomeno
del Templarismo: «Nella seconda metà del XVIII secolo i mistici
rimpiazzano la filosofia dei Lumi: il sentimento religioso “soffocato”
riaffiora in forme psicopatiche, talvolta demenziali». Nell’Ottocento
romantico in effetti il Templarismo non cessò di manifestarsi in forme
diverse, a partire da quella che assunse nella Loggia dei Cavalieri della
Croce, affiliata al Grande Oriente di Francia. Continuò con la fondazione da
parte del medico Raymond Fabré-Palaprat di un nuovo Ordine impregnato
di fantasioso medievalismo, che peraltro giunse a staccarsi
dall’organizzazione massonica e sboccò nel 1828 nella costituzione
dell’Alta Iniziazione, altrimenti detta Santa Chiesa di Cristo o Chiesa dei
Cristiani Primitivi. Tale “Chiesa”, dopo alterne vicende, si estinse attorno al
1840.
A tentare un rilancio del Templarismo in Francia fu un grande scrittore
della seconda generazione romantica, di cui non è certa l’affiliazione
massonica, ma che fu in contatto con numerosi esoteristi: Gérard de Nerval
(1808-1855). Egli individuò l’origine della Massoneria in una sintesi tra la
tradizione cristiana e la spiritualità delle popolazioni del vicino Oriente, in
particolare i Drusi, accostati dai Templari storici durante la loro permanenza
in Terrasanta.
Ciò che accomuna personaggi come Fabré-Palaprat e Nerval fu
l’insofferenza per il clericalismo cattolico, che li indusse in qualche modo a
tentare una divulgazione dei valori perseguiti dalla Massoneria esoterica,
l’uno fondando addirittura una Chiesa, l’altro presentando i Templari e i
Drusi, per altro senza alcun fondamento storico, come modelli ideali di
quell’opposizione ai persistenti abusi clericali e feudali in cui nel tempo
presente confluivano le forze più disparate.
Lo sviluppo della Massoneria cavalleresca negli Stati Uniti, invece, si
compì nella discrezione e nella segretezza delle logge. Tale differenza è
documentata dalle vicende del Rito Scozzese Antico e Accettato, di cui il
generale Albert Pike (1809-1891) costituì nell’Ottocento la figura di
maggior spicco. Iniziato alla Massoneria nel 1850 a Little Rock,
nell’Arkansas, Pike alternò l’impegno nella professione forense con quello
militare (guidò uno squadrone di cavalleria nella guerra contro il Messico e
nella guerra civile militò con l’Arkansas fra i Confederati). Ma soprattutto
coltivò lo studio delle “lingue sacre” (ebraico, sanscrito e persiano) e delle
religioni indo-iraniche, imprimendo il segno delle conoscenze acquisite
nella sistemazione dei gradi scozzesi del Rito, di cui nel 1859 era diventato
Sovrano Gran Commendatore. Anche Pike, tuttavia, a dispetto della sua
vocazione universalistica, non poté sottrarsi a condizionamenti storici e
culturali e, quando si pose la questione se uomini di colore potessero entrare
a far parte della Massoneria, espresse una posizione contraria per influsso
dell’ambiente segregazionista dell’Arkansas in cui si era formato.

IL RITO SCOZZESE ANTICO E ACCETTATO


La rapida diffusione della Massoneria negli Stati Uniti trova in parte
spiegazione nel bisogno di trovare solide forme di aggregazione che
facessero riferimento a un patrimonio storico-culturale in comune tra chi
già risiedeva nel Nuovo Mondo e chi vi emigrava per le ragioni più varie.
La tipologia delle logge statunitensi riprodusse, nella seconda metà del
Settecento, la situazione europea, cosicché accanto a logge simboliche
(quelle cioè che iniziavano ai tre gradi basilari), ve ne erano anche
parecchie che praticavano gli alti gradi o gradi di perfezione, secondo la
prassi dello Scozzesismo. In questo secondo caso il punto di riferimento
era costituito dal Rito di Heredom, altrimenti detto “degli Imperatori
d’Oriente e d’Occidente”, che come il Capitolo di Clermont presentava
addentellati con il Templarismo. Il 31 maggio del 1801 a Charleston, negli
Stati Uniti nella Carolina del Sud, venne fondato il primo Supremo
Consiglio del 33° e ultimo grado del Rito Scozzese Antico e Accettato,
destinato a rinnovare e a soppiantare ogni precedente forma di
Scozzesismo anche in Europa, Italia compresa.
In proposito va ricordato che «negli anni 1814-1859, quando le vicende
politico-militari avevano fatto eclissare, almeno in parte, l’organizzazione
permanente dei nuclei massonici italiani, furono per lo più gli altograduati
del Rito Scozzese a trasmettere iniziazioni e a garantire la continuità della
presenza muratoria; questo spiega come mai, nell’Italia post-unitaria e fino
ai primi decenni del nostro secolo, il Rito abbia goduto di tanta fama» (M.
Moramarco).

La storia della Massoneria nell’età del Romanticismo non corrisponde


tuttavia solo ai fatti e ai personaggi che hanno avuto a che fare con il
Templarismo. Vi hanno infatti un ruolo fondamentale numerosi massoni di
grandissima levatura intellettuale e morale che, pur esprimendo in materia
di politica posizioni tra loro molto diverse, contribuirono ad allargare il
dibattito e la circolazione delle idee all’intera Europa.
Il savoiardo Joseph de Maistre (1753-1821), fiero avversario delle idee
liberali e democratiche e approdato a rigide posizioni di dogmatismo tanto
in ambito politico quanto in ambito confessionale (fu uno strenuo assertore
del primato assoluto della religione cattolica), colse la necessità di una più
intima adesione alla fede cristiana, non solo perché fosse appagato il
“bisogno di spirito” comune a tutti gli uomini, ma anche perché potesse
concretizzarsi l’ideale della fratellanza universale.
Il pensiero del filosofo Maine de Biran (1766-1824), dignitario del
Grande Oriente di Francia, rende invece testimonianza del passaggio della
Massoneria francese dal deismo o dallo scetticismo religioso
dell’Illuminismo e del periodo rivoluzionario verso forme di un più
partecipato spiritualismo, sollecitato dal confronto con il dolore, con la
morte e con il mistero dell’immortalità dell’anima. Nelle pagine del suo
Diario intimo (1792-1824) traspaiono altresì problematiche tipicamente
romantiche come il bisogno di scendere alle radici della propria interiorità,
di conseguire una libertà in primo luogo rispetto a se stessi, di definire i
rapporti tra le passioni dell’animo e la morale. Dalle stesse pagine
emergono, dopo le vicende del Terrore, un richiamo a quella “saggezza”
che l’umanità sembra avere dimenticato, una sostanziale diffidenza nei
confronti di Napoleone e la necessità, con l’avvento della Restaurazione,
che gli spiriti illuminati si adoperino per promuovere una conciliazione tra
il bene dei cittadini e la saldezza di un governo legittimo.
Alla nascita del Romanticismo dettero un forte contributo, fra i massoni
tedeschi, J.G. Herder (1744-1803), che vide nella storia e nella natura due
strumenti sostanzialmente analoghi predisposti da Dio per l’educazione
dell’umanità, e F. Schlegel (1778-1829), che esaltò la creatività umana,
espressa essenzialmente nell’esercizio libero e spontaneo della poesia. Ma il
contributo forse più importante, anche per i successivi sviluppi del pensiero
filosofico in Europa, venne da J.G. Fichte (1762-1814), iniziatore
dell’Idealismo, che oppose al fallimento della rivoluzione ideale e, d’altra
parte, all’immobilismo politico e sociale di numerosi Stati tedeschi,
un’ambiziosa “rivoluzione filosofica” fondata sul primato dello “Spirito”.
MASSONERIA E SOCIALISMO
Dopo l’insurrezione di Parigi del luglio 1830, gli accordi tra la nobiltà
moderata e la borghesia liberale consentirono l’avvento al trono di Luigi
Filippo d’Orléans in sostituzione di Carlo X, successore di Luigi XVIII. Lo
sviluppo economico francese sotto la monarchia di Luigi Filippo alimentò
le tensioni sociali, che sboccarono in varie rivolte sanguinosamente
represse. I conseguenti sviluppo e diffusione del Socialismo riaccesero i
timori nei confronti di ogni forma di aggregazione più o meno segreta,
coinvolgendo anche la Massoneria che pure, dopo essersi troppo esposta
con Napoleone e averne pagato le conseguenze, badava a tenersi
rigorosamente al di fuori del dibattito politico.
In effetti, se è vero che il termine “Socialismo” fu modernamente
utilizzato per la prima volta nel 1830 dal sansimonista P. Leroux, membro
di varie logge in Francia e in Inghilterra, si possono cogliere dei
collegamenti soltanto tra la Massoneria e il cosiddetto “socialismo
utopistico”, in particolare con le formule proposte appunto da Claude-Henri
de Rouvroy, conte di Saint-Simon (1760-1825) e François M.C. Fourier
(1772-1837), sulla base di un comune umanitarismo, in parte ispirato a
principi cristiani. C’è chi sostiene che i due personaggi citati abbiano avuto
una formazione massonica, ma dalla loro opera non emerge alcun interesse
per il carattere iniziatico dell’Ordine, che Fourier giudica addirittura
un’opportunità non debitamente sfruttata per una riforma sociale e morale
della società.

FUORI DALLA POLITICA


Durante il regno di Luigi Filippo la Massoneria francese, travagliata dalle
dispute tra Grande Oriente e Supremo Consiglio, si occupò più che altro di
problemi interni, astenendosi dal prendere qualsiasi posizione in ambito
politico o sociale. Nonostante vari tentativi (1835 e 1841) fu tuttavia
impossibile giungere all’unificazione dei Riti. In seguito ai rivolgimenti
politici del 1848 sette logge si staccarono dal Supremo Consiglio per
costituire la Grande Loggia Nazionale di Francia che, non riconosciuta in
patria, riuscì tuttavia ad allacciare relazioni con la Massoneria straniera,
prima di essere dichiarata sciolta dalla polizia nel gennaio del 1851.
La rivolta popolare del luglio 1830 a Parigi.

La distanza tra Massoneria e Socialismo si fa comunque nettissima


quando quest’ultimo, dal punto di vista operativo, riesumò la lezione di
François-Noël Babeuf, che nel 1796 aveva cospirato per rovesciare il
Direttorio e instaurare la “Repubblica degli Uguali” e assunse, per opera
soprattutto di Filippo Buonarroti e di Louis-Auguste Blanqui (1805-1881),
caratteristiche decisamente rivoluzionarie. Mentre l’opera De la justice
dans la Révolution et dans l’église di Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865),
che fu iniziato alla Massoneria, presenta una curiosa “dottrina economica
massonica” fondata sulla tripartizione dei gradi dell’Ordine, antitetico allo
spirito massonico appare il cosiddetto “socialismo scientifico”, come K.
Marx (1818-1183) definì la dottrina politica da lui elaborata in
collaborazione con F. Engels (1820-1895). Sono infatti del tutto fuori dai
“confini” massonici l’affermazione di un primato dell’economia e
l’identificazione dello specifico umano nell’attitudine produttiva,
l’assunzione della lotta di classe come principio interpretativo della storia e
l’ostilità per la religione.

TURATI CONTESTA UN ASPETTO DELLA


MENTALITÀ MASSONICA ITALIANA
«… lo scopo attuale di un sodalizio qual è il vostro, dev’essere… di
irradiare la verità e l’opera nelle masse, non di conservare un verbo
chiuso, quasi privilegio degli adepti, da confidarsi fra convinti senza
irradiazione al di fuori. Troppo ancora noi pigliamo, dove meno
abbisogna, l’abito e il gesto dei cospiratori. Ora, le evoluzioni e le
rivoluzioni economiche e morali (che è ciò a cui noi più particolarmente
teniamo) non si fanno, come talvolta le politiche, per impulso e
deliberazione di pochi segretamente affratellati ubbidienti a una parola
d’ordine, fedeli a un cenno; nulla di stabile può ottenersi, in cotesta e
sostanziale materia, che non sia voluto dai più o dai più forti (i quali non
potrebbero mai essere pochi), che non sia per così dire il portato delle cose
medesime, del grado di sviluppo obiettivo e subiettivo, materiale e morale,
dei fatti sui quali si agisce e degli uomini che debbono agire, o quanto
meno adattarsi ai nuovi e vagheggiati modi di azione e di vita. Anche le
rivoluzioni politiche, oggi, per chi annette importanza a quella meta, oggi
che non abbiamo più stranieri sul collo, non potrebbero prepararsi alla
chetichella, massonicamente, nel buio di private conventicole, senza
pubblicità e senza eco.»

Filippo Turati a un gruppo di giovani militanti socialisti (1886)

Ciò non ha impedito che singoli massoni, in piena libertà di coscienza,


abbiano militato nelle file di formazioni socialiste, essendo d’altra parte
molto diversificato il volto da queste assunto nel tempo e nello spazio. Per
quanto riguarda l’Italia si può ricordare a titolo di esempio la figura di
Andrea Costa (1851-1910), membro – di fatto solo onorario – del Consiglio
dell’Ordine del Grande Oriente d’Italia e 32° grado del Rito Scozzese
Antico e Accettato, fondatore del Partito Socialista Rivoluzionario di
Romagna (1881) e primo socialista eletto deputato (1882) nella storia
parlamentare del nostro Paese.
Semmai, sono da sottolineare le prese di posizione contrarie che, a
partire dai primi anni del Novecento, gli organi socialisti ufficiali hanno
variamente espresso nei confronti della Libera Muratoria: in primo luogo
perché le sue istanze umanitarie avrebbero eccessivamente ammorbidito la
capacità combattiva del Partito (questa posizione fu espressa dalla corrente
massimalista del Congresso di Ancona del 1914 che Mussolini, undici anni
dopo, riassumerà così: «E sin da allora mi accorsi che la Massoneria aveva
una certa influenza sul Socialismo italiano. Accadeva che certi
atteggiamenti del gruppo parlamentare, di certi giornali e di certe sezioni
fossero il risultato di patteggiamenti che avevano luogo nelle logge. Il
fenomeno sotterraneo aveva dimensioni così imponenti che […] il Partito
Socialista proclamò quasi all’unanimità l’incompatibilità tra Massoneria e
Partito»); poi perché presunti contatti con qualunque forma di società
segrete avrebbero nuociuto all’immagine del Partito (Roma, Congresso di
Palazzo Barberini del 1947); infine perché l’affiliazione di iscritti al Partito
alla Massoneria avrebbe consentito a questa di esercitare pressioni sulla vita
politica nazionale (posizione espressa dalla Federazione Socialista di
Firenze nel 1970).
Caratteri del tutto diversi presentano invece i rapporti tra la Massoneria
e il Socialismo nell’America Latina, per la necessità di un fronte unico (non
è casuale che vi abbia fatto e vi faccia parte anche la Chiesa cattolica
locale) contro le ricorrenti iniziative dittatoriali e le forze economiche
determinate a mantenere, nel cinico disprezzo dei più elementari diritti
umani, drammatiche sperequazioni sociali. È stato così possibile a due
personalità del mondo massonico latino-americano conseguire la massima
carica politica dello Stato: si tratta di Lazaro Cardenas, presidente della
Repubblica del Messico dal 1934 al 1940, che fu promotore di una riforma
agraria e della nazionalizzazione delle industrie petrolifere, e di Salvador
Allende, regolarmente eletto presidente della Repubblica del Cile nel 1970
con l’appoggio delle forze socialiste, comuniste, radicali e cattoliche unite
nella coalizione di Unidad Popular. Vittima del colpo di Stato promosso da
Pinochet nel 1973, Allende fu Venerabile della Loggia “Hiram n° 66” di
Santiago.
MASSONERIA E STATO UNITARIO IN
ITALIA

Lo Stato unitario e il Grande Oriente


Italiano
Fino alla seconda guerra d’Indipendenza molti massoni italiani, costretti
alla clandestinità, espressero individualmente la loro carica ideale
all’interno delle correnti di pensiero e d’azione che cooperarono
attivamente al cosiddetto “Risorgimento” nazionale.
Nel 1859, a partire dalla Loggia “Ausonia” di Torino, l’Ordine puntò a
recuperare una propria identità istituzionale con la costituzione di un
Grande Oriente Italiano. Gli artefici di questa iniziativa, in un momento
storico in cui non era possibile non avere una posizione politica, erano per
la maggior parte di orientamento cavouriano, differenziandosi anche da
questo punto di vista dalla Massoneria di Rito Scozzese vivacemente attiva
a Palermo e affollata da patrioti garibaldini. Solo nel 1874 si giunse a una
costituzione massonica unitaria, promulgata a Roma, da tre anni diventata
la capitale d’Italia.
I deputati del primo Parlamento italiano (nelle cui fila erano compresi molti massoni)
ritratti uno per uno dall’artista olandese Peter van Elven (1828-1908).

In effetti l’uno e l’altro filone si erano trovati d’accordo nel giudizio


sulla “questione romana” e continuavano a condividere un vivace
anticlericalismo, anche in risposta ai ripetuti pronunciamenti papali
antimassonici: dal 1821 al 1894 ve ne furono ben otto, di cui il più pesante,
nel 1884, fu l’enciclica Humanum genus di Leone XIII. Tale papa non
intendeva rinunciare al potere temporale della Chiesa, nella convinzione
che fosse necessario al pontefice per proteggere e conservare la libertà di
quello spirituale. Tra il 1886 e il 1890 ci fu un tentativo di conciliazione con
lo Stato italiano, ma le trattative condotte con Francesco Crispi, uno dei
tanti uomini politici dell’epoca affiliati alla Massoneria, non approdarono
ad alcun risultato. Probabilmente a compromettere i rapporti con il
Quirinale giocò un ruolo importante l’inaugurazione del monumento a
Giordano Bruno in Campo dei Fiori, nel 1889. In quell’occasione oltre
tremila massoni, raggruppati sotto i labari delle logge di appartenenza,
parteciparono alla cerimonia inneggiando al “martire del libero pensiero” (il
monumento a Giordano Bruno era stato eseguito da Ettore Ferrari, che
avrebbe poi ricoperto la carica di Gran Maestro del Grande Oriente
d’Italia).

Giordano Bruno (nella foto un particolare del monumento a lui dedicato in


Campo dei Fiori a Roma) è considerato dai massoni un martire del libero
pensiero.

In generale negli anni dell’assestamento dello Stato unitario la


Massoneria diede un forte contributo alla creazione della nuova classe
dirigente italiana, corrispondente con quella borghesia che si sentiva in
qualche modo erede dei valori espressi dalle lotte risorgimentali e
contemporaneamente mirava a dare all’Italia un respiro europeo.
Da un punto di vista ideologico le parole d’ordine erano più ispirate a
principi astratti che calate in concreti programmi: progresso, fratellanza,
solidarietà, esaltazione del lavoro, interclassismo… Il conflitto con il
mondo cattolico e le profonde differenze nell’assetto economico e sociale
delle varie regioni d’Italia non contribuivano certo a creare un fronte unito
per la realizzazione dei suddetti princìpi.
Emblematico di questo periodo storico, come personaggio nazionale
carismatico, come intellettuale e come radical-massone, fu il poeta Giosuè
Carducci (1835-1907), che ascese ai massimi gradi dell’Ordine nel periodo
della fortuna politica di Francesco Crispi.
Le “proiezioni profane” della Massoneria
italiana
Francesco Crispi, che guidò quasi ininterrottamente il governo italiano
dal 1887 al 1896, aveva condiviso un passato garibaldino con Adriano
Lemmi (1822-1906), Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia tra il 1885 e
il 1895, con cui era in stretti rapporti di amicizia. In effetti la Massoneria
italiana di fine Ottocento godette di grande prestigio presso i vertici dello
Stato come interlocutrice sui grandi temi politico-economici dell’epoca.
Lemmi, che si era guadagnato l’appellativo di “banchiere del
Risorgimento”, fu coinvolto nello scandalo finanziario della Banca Romana
(1892), con l’accusa di aver ricevuto finanziamenti illeciti. Benché assolto
in giudizio, non volle che l’eco perdurante dello scandalo nuocesse alla
Massoneria e si dimise pertanto dalla carica di Gran Maestro nel 1895.
Lo scandalo della Banca Romana aveva indotto alle dimissioni anche
Giovanni Giolitti, che si trovava alla presidenza del Consiglio in una
parentesi dell’attività governativa di Crispi (1892-1893), eletto senatore nel
1910. La cosiddetta “età giolittiana” ebbe inizio in effetti solo nel 1903, per
concludersi nel 1913. Nel corso di questo decennio, denominatore comune
delle svariate ideologie politiche fu il nazionalismo, che era sottoscritto
tanto dalle forze conservatrici quanto da quelle democratiche. Le une e le
altre annoveravano personaggi legati al mondo massonico, come del resto
ebbe a dire Ernesto Nathan, alla guida dell’Ordine dal 1896 al 1904: «Il
colore politico [della Massoneria] è il bianco, la sintesi di tutti gli altri
colori a eccezione del nero, negazione della luce». Tuttavia, vuoi perché nel
biennio reazionario di fine Ottocento (governo Pelloux), quando vennero
chiuse le sezioni dei partiti e soppressa la stampa d’opposizione, molti
democratici militanti avevano trovato rifugio nelle logge, vuoi per i
perduranti contrasti con la Chiesa di Roma, i nazionalisti conservatori e
liberali identificavano nei cenacoli massonici gli organismi di alleanza dei
blocchi radical-socialisti. Fu sulla base di questa convinzione, per esempio,
che il filosofo liberale Benedetto Croce (1866-1952) attaccò «l’idiota
religione massonica», un’eredità che a suo parere era derivata dalla
Rivoluzione francese. D’altra parte la polemica ideologica era inevitabile in
un periodo storico in cui, come ha scritto lo storico massone A.A. Mola, la
Massoneria italiana non ebbe la saggezza o la volontà di astenersi da
«proiezioni profane».
DAL DISCORSO DI MUSSOLINI ALLA
CAMERA DEI DEPUTATI (16 MAGGIO 1925)
«Durante questi mesi di governo […] ho constatato che la Massoneria ha
dislocato i suoi uomini in quelli che io chiamo i gangli nervosi della vita
italiana. È enorme che dei funzionari di altissimo grado frequentino le
logge, informino le logge, prendano ordini dalle logge. Non vi è dubbio
che le istituzioni più gelose dello Stato […] hanno subìto e subiscono con
alterna vicenda la influenza della Massoneria. Ciò è inammissibile, ciò
deve finire. Io credo che con questa legge la Massoneria, […] mostrerà
quello che è: una sopravvivenza che non ha più una ragione decente di
esistere nel secolo attuale.» E infine Mussolini termina dichiarando: «[…]
la Massoneria ci ha combattuto, ci ha vessato, ha tentato di dividerci e
disgregarci e in certe città è riuscita a creare un dissidentismo più idiota
del solito perché aveva queste origini subacquee; per tutte queste ragioni,
se non ce ne fossero altre, noi siamo nel nostro pieno e sacrosanto diritto
di difenderci e di offendere». La legge per la messa al bando delle società
segrete, proposta da Mussolini e illustrata con riferimenti esclusivi alla
Massoneria, fu approvata 3 giorni dopo.

La Massoneria si ritrovò nei confronti di Mussolini (sopra, arrestato dopo un comizio interventista)
a passare dal ruolo di alleata a quello di “nemica” (vedi il discorso di presentazione della legge
contro le società segrete). Mussolini affermava che la società italiana era dominata da un
manipolo di uomini mediocri, divenuti potenti perché massoni.
La più discutibile di queste “proiezioni” fu forse l’assunzione di una
posizione apertamente interventista in occasione dello scoppio della Prima
guerra mondiale. Schierandosi con i conservatori, i liberali, i democratici, i
mazziniani, gli anarco-sindacalisti e gli anarchici e dichiarandosi a favore
dell’ingresso dell’Italia nel conflitto, il Grande Oriente rischiò, per quanto
queste forze fossero tutte in qualche misura rappresentate nelle logge
nazionali, di perdere il consenso della base che annoverava anche neutralisti
legati al blocco giolittiano o al Partito Socialista che erano assolutamente
“non interventisti”. Tale concessione all’imperante nazionalismo, invece
che allontanare la tradizionale diffidenza dell’opinione pubblica nei
confronti della Massoneria, ne peggiorò l’immagine quando, nel 1917,
durante un convegno parigino di dignitari scozzesisti di vari Paesi, alleati e
neutrali, la rappresentanza italiana diede la propria approvazione al
principio che postulava l’opportunità di riconoscere alle popolazioni delle
aree plurietniche interessate al conflitto il diritto di decidere mediante
referendum, a guerra conclusa, i propri confini. Accusato di tradimento, il
Grande Oriente contraddisse la posizione assunta dalla propria
rappresentanza a Parigi appoggiando invece ufficialmente le rivendicazioni
del fronte nazionalista nelle aree della sponda adriatica del Mediterraneo
orientale, oltre che in ambito coloniale.

MASSONERIA MADE IN USA


Ciò che differenzia nettamente la storia della Massoneria nei Paesi di
lingua inglese e soprattutto negli Stati Uniti da quella della Massoneria
latina è in primo luogo il fattore numerico. Data la capillare diffusione
dell’istituzione, a partire dagli anni Trenta del 1700 (oggi si contano negli
Stati Uniti quarantanove Grandi Logge, con più di tre milioni di affiliati),
non la si è potuta in linea di massima gravare di tutte le diffidenze che nella
percezione collettiva si associano al termine “setta”, compreso il ricorrente
sospetto di cospirazione contro l’ordine costituito. Inoltre la pluralità delle
confessioni religiose ha evitato che un lungo contrasto con la Chiesa
cattolica producesse gli effetti dannosi verificatisi nei Paesi europei.
Ciò ha comportato un più stretto e più trasparente intreccio tra la storia
massonica e quella collettiva e la frequente identità dei vertici della
gerarchia massonica con quelli del potere politico, civile ed economico.
Basti ricordare che, vera e propria officina naturale della leadership del
Paese, la Massoneria statunitense ha annoverato numerosi presidenti.
Ma anche negli USA la Massoneria non ha potuto sottrarsi al confronto
con la storia e non affrontarne le contraddizioni. Se ne può per esempio
ricordare il pronunciamento contro il Comunismo, nel 1948, che contrasta
con il principio secondo il quale l’istituzione in quanto tale non può e non
deve politicamente schierarsi. Perplessità ancora maggiori suscita la
questione dei rapporti con la popolazione di colore. Per quanto giunta a
dissociarsi da organizzazioni come il Ku Klux Klan, non si può dimenticare
che, almeno dell’ala moderata, di esso fece parte quell’Albert Pike cui si
deve la sistemazione dei gradi scozzesi ancora adottata negli USA. La
tradizione razzista di alcuni Stati pesa ancora nella composizione delle
relative logge, composte esclusivamente da bianchi anche se non vi sono
preclusioni formali all’ingresso dei neri. Questi ultimi, d’altra parte,
preferiscono confluire nelle Grandi Logge per sola gente di colore tutte
denominate “Prince Hall”, dal nome di chi, alla fine del Settecento, fondò la
prima (oggi sono trentanove).
Gli inevitabili condizionamenti ideologici cui è stato e forse è tuttora
esposto il massone americano sono particolarmente evidenti in un
personaggio che ha contribuito a cambiare lo stile di vita di tutto il mondo:
Henry Ford (1863-1947), fondatore nel 1903 dell’omonima società
automobilistica. Maestro massone della Loggia “Palestine” di Detroit,
adattò l’etica massonica a una visione del mondo improntata all’elitarismo
intellettuale (difese la catena di montaggio affermando tra l’altro che «per
certi tipi di cervelli il pensare è proprio una pena»); interpretò
riduttivamente il comandamento biblico “Non rubare” come il fondamento
sacro della proprietà privata; arrivò, da posizioni opposte rispetto a quelle
del Socialismo scientifico, a individuare nel lavoro la specificità positiva
dell’uomo. Soprattutto promosse una violenta campagna antisemita,
ottenendo che nel 1921 venisse approvata una legge restrittiva
sull’emigrazione, avente anche lo scopo di contenere l’afflusso di Ebrei
negli Stati Uniti d’America.
Tempio massonico a Baltimora. Negli Stati Uniti la Massoneria si è intrecciata più
strettamente che non in Europa con il potere politico, civile ed economico.

IL FASCISMO…
Nel 1908 nella Massoneria italiana (Grande Oriente d’Italia, con sede a
Palazzo Giustiniani) si era verificata una spaccatura, che portò
all’insediamento in piazza del Gesù a Roma di un Supremo Consiglio,
accolto quattro anni dopo a Washington nel convento mondiale dei Supremi
Consigli scozzesisti.
Ampi settori della Massoneria di Piazza del Gesù videro con favore
l’ascesa di un movimento di “ordine” come il fascismo, così come avevano
appoggiato l’impresa fiumana di Gabriele d’Annunzio (1919). Ma anche il
Gran Maestro del Grande Oriente Domizio Torrigiani arrivò dopo la
“marcia su Roma” ad augurare il successo al governo di Benito Mussolini,
salvo dichiarare l’anno dopo l’irrinunciabilità di alcuni principi
fondamentali, quali la libertà (Torrigiani sarebbe stato in seguito
condannato dal regime al confino, nelle isole Lipari).
In questa immagine, un esempio di propaganda anti-massonica. Furono
soprattutto i regimi totalitari, come il fascismo e il nazismo, ad avversare la
Massoneria considerata una lobby parallela allo Stato.

In effetti, se si accoglie in linea di massima la tesi che la Massoneria


dall’Unità al Fascismo fu «il vero e autentico partito della borghesia
italiana» (E. Ragionieri, Storia d’Italia: dall’Unità a oggi, Torino, 1976),
l’Ordine non poté che riflettere gli orientamenti di questa classe e le
gravissime difficoltà con le quali dovette confrontarsi alla fine della Prima
guerra mondiale: economia dello Stato in ginocchio; amara delusione dei
militari per il non mantenimento della promessa di assegnazione di terre in
cambio dei sacrifici al fronte; bisogno per i cattolici di definire la loro
identità, differenziandosi tanto da quella liberale quanto da quella socialista;
rivendicazioni operaie e sindacali, con la minaccia e la paura di una
“rivoluzione bolscevica” anche in Italia.
Dopo l’occupazione delle fabbriche del 1920 l’ipotesi che fosse
necessario uno Stato forte per scongiurare il “pericolo rosso” aggregò i
latifondisti del Sud e gli agrari e gli industriali del Nord, minacciati dalle
lotte dei braccianti e degli operai. Nel blocco confluirono elementi
dell’esercito e della burocrazia, e quindi una parte non indifferente della
base massonica italiana. Si deve dunque immaginare il biennio 1920-1922
come un periodo di contrasti interni per l’istituzione, entro il quale ben
poche dovevano essere le affinità per esempio tra un Ubaldo Triaca,
“garante d’amicizia” presso il Grande Oriente di Francia e convinto
antifascista, e un Luigi Capello, che prese parte alla “marcia su Roma”
(quest’ultimo, tuttavia, chiamato a scegliere nel 1925 tra l’affiliazione
all’Ordine e quella al Partito, preferì ribadire la propria identità massonica e
venne poi condannato a trent’anni di carcere con l’accusa di aver cospirato
per attentare alla vita del Duce). Che sia comunque prevalso un
atteggiamento di apertura nei confronti di Mussolini è dimostrato dal fatto
che, di fronte all’inquietudine serpeggiante per i “disordini” italiani fra i
massoni degli Stati Uniti (dove, per gli episodi di Salsedo e Sacco e
Vanzetti, “italiano” era diventato sinonimo di “anarchico”), dopo la marcia
su Roma giunse un telegramma di rassicurazione della Grande Loggia:
l’Italia era finalmente entrata in un’era di ordine e di pace.
Benito Mussolini, da parte sua, non ebbe mai simpatie per la
Massoneria. Nel febbraio del 1923 dette il via a una campagna
antimassonica, impartendo agli iscritti al Partito fascista la direttiva di
sciogliere ogni vincolo con le logge. La protesta del Gran Maestro Domizio
Torrigiani ebbe l’appoggio del presidente americano W.G. Harding, 32°
grado del Rito Scozzese Antico e Accettato, che si dichiarò non disposto ad
accogliere le credenziali del nuovo ambasciatore negli USA se in Italia non
avessero avuto termine le ostilità contro la Massoneria. Ma queste, in
seguito alla morte di Harding avvenuta qualche mese dopo, ripresero con
violenti attacchi squadristi a quattrocento logge. In ciò ebbero certamente
un certo peso la posizione dell’ala aggressiva, antiborghese e populista del
Fascismo, che vedeva in personaggi del mondo liberale e massonico
accostatisi al Partito uomini ambiziosi e opportunisti, mossi unicamente da
sete di potere, nonché quella degli ex nazionalisti cattolici, confluiti nel
Partito da pochi mesi. Nel 1925 quest’ultimo diffuse fra gli attivisti una
circolare riservata che raccomandava di portare a fondo la lotta contro la
Massoneria.
Mussolini in persona presentò una legge contro le associazioni segrete;
dopo la sua approvazione, nel novembre del 1925, Domizio Torrigiani si
vide costretto a decretare l’autoscioglimento dell’Ordine (nell’ottobre del
1926 venne analogamente sciolta l’Obbedienza di piazza del Gesù).
LA TESTIMONIANZA DI GIOVANNI
AMENDOLA
Tra gli esponenti della Massoneria nel periodo che vide l’affermazione del
Fascismo, Giovanni Amendola fu uno tra i più coerenti e i più disposti a
pagare di persona per i propri princìpi. Sottosegretario alle Finanze nel
1920, fondò poi “Il Mondo”, l’ultimo dei giornali ad arrendersi al regime.
Dopo il delitto Matteotti (giugno 1924), nonostante nel dicembre dell’anno
prima fosse già stato bastonato da quattro “camicie nere” mentre
passeggiava nel centro storico di Roma, protestò violentemente contro gli
assassini e il loro mandante. Un anno dopo venne selvaggiamente
picchiato una seconda volta, sempre a Roma, e una terza, a Lucca, con
conseguenze destinate a rivelarsi fatali. Sarebbe infatti morto in Francia, a
Cannes, nell’aprile del 1926, in esilio. La lapide nel cimitero presso la
Croisette porta la scritta: «Qui vive Giovanni Amendola, aspettando…».

Negli anni successivi del regime il mondo massonico italiano presentò


due aspetti: il carcere, il confino o l’esilio per i Fratelli più tenacemente
determinati a difendere la propria identità spirituale e morale, impegnati in
attività massoniche necessariamente limitate dalle condizioni oggettive e in
genere convergenti nell’antifascismo; e quelli evidentemente più tiepidi,
che rinunciarono a esprimere qualsiasi forma di dissenso e continuarono a
godere nella società italiana di posizioni anche altamente prestigiose.
Questo è per esempio il caso di Vittorio Valletta (1883-1967), direttore
generale e amministratore delegato della FIAT dal 1929 al 1946, quando ne
divenne il presidente.

… E IL NAZISMO
Il 30 gennaio del 1933 Adolf Hitler diventò Cancelliere del Reich, e il
Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi venne a coincidere con lo
Stato, sopprimendo le altre forze politiche.
Nei tredici anni di vita del Partito, con l’appoggio teorico di Alfred
Rosenberg, Hitler aveva messo a punto un’ideologia fondata sul primato
della razza tedesca e sul suo diritto a tutelare in ogni modo la propria
integrità, nonché sull’orrore per il Bolscevismo, la peggiore e più pericolosa
incarnazione di un’umanità degenerata e inferiore che faceva peraltro
tutt’uno con l’Ebraismo. Questo quadro, rispetto alla realtà storica e
culturale delle forze demonizzate, era ulteriormente confuso dalla
convinzione che la Massoneria si fosse prestata a fare da longa manus
all’Ebraismo internazionale, alleata in un complotto mirante al dominio sul
mondo intero.
Naturalmente la Massoneria non aveva niente a che fare con il
Comunismo: molto forte nel Settecento, in Russia l’Ordine era stato messo
al bando da un decreto zarista nel 1822 e la sua debole ripresa agli inizi del
nostro secolo (Massoneria della Duma), con un orientamento politico
vicino a quello dei Menscevichi, non aveva potuto resistere alla vittoria dei
Bolscevichi. Inoltre nel 1922 la Terza Internazionale a Mosca aveva
ufficialmente dichiarato l’incompatibilità tra Comunismo e Massoneria, per
l’interclassismo e l’antimaterialismo di quest’ultima, nonché per la sua
presunta subordinazione a una visione capitalistica della società. Infine in
quella che era diventata l’Unione Sovietica sopravvivevano i pregiudizi
contro gli Ebrei della Russia ottocentesca e l’ipotesi di un complotto del
Sionismo internazionale, non molto diversa nella sostanza da quella
propagandata negli Stati Uniti dal massone Henry Ford, anche se qui
poggiante sull’avversione per il capitalismo. Nonostante tutto ciò, quando
nel 1935 l’Unione Sovietica venne accolta nella Società delle Nazioni, il
nazista J. Streicher ribadì la tesi che i governi dei Paesi che avevano votato
per l’accoglimento dovevano essere collegati al sovra-governo occulto del
mondo, composto da trecento uomini che erano tutti «membri della razza
ebraica e cospiratori della Massoneria».
Nello stesso 1935 la Massoneria tedesca era stata definitivamente messa
al bando per ordine del Reich e del Ministro degli Interni. Al momento
della presa del potere da parte di Hitler, nel 1933, era costituita da nove
Grandi Logge, tre cosiddette “Vecchie Prussiane” e sei “Umanitarie”: le
prime di orientamento nazionalista e aperte ad accogliere affiliati
esclusivamente di religione cristiana, le altre più vicine al modello
anglosassone. Queste ultime si erano orientate per l’autoscioglimento nello
stesso 1933, mentre una delle Vecchie Prussiane aveva tentato di
sopravvivere al regime invitando le logge sottoposte a modificare il rituale
con l’abolizione di qualunque riferimento al Vecchio Testamento, la
sostituzione del nome di Hiram con quello di “Costruttore”, la rinuncia al
segreto iniziatico (“competenti funzionari” del Partito e dello Stato
potevano partecipare ai lavori delle logge) e l’impegno a verificare le
origini tedesche degli affiliati. Ma anche quello che, da Ordine Massonico,
si era ribattezzato Ordine Cristiano Germanico ebbe vita breve, perché
solamente lo sviluppo e l’esito degli eventi bellici posero fine
all’ininterrotta propaganda tedesca contro la “cospirazione giudeo-
massonica”. Per ironia della sorte la tesi di questa cospirazione era
divampata e aveva avuto le conseguenze tragiche che sappiamo, in quella
stessa Germania in cui, nel secolo precedente, la Grande Loggia “Royal
York”, protetta da Guglielmo I, aveva deciso di non accogliere degli Ebrei
nel proprio seno “cristiano”.
Dopo aver analizzato un po’ più nel dettaglio il caso del Fascismo e del
Nazismo, si può dire in generale che, in presenza di regimi totalitari, la
Massoneria non ha spazio vitale.
Così, per il suo indirizzo in prevalenza democratico e anticlericale,
venne aspramente perseguitata in Spagna e in Portogallo durante le dittature
rispettivamente di Francisco Franco e Antonio Salazar. D’altra parte in
questi Paesi ha trovato un formidabile avversario nell’Opus Dei,
un’organizzazione cattolica attiva dal 1928 che ha il fine dichiarato di
portare i propri membri a vivere più integralmente il messaggio evangelico
nella vita privata, professionale, politica e sociale. “L’Opera” è
gerarchicamente strutturata, vincola al segreto e all’obbedienza attraverso
una serie di adempimenti (per esempio quello di confessarsi solo a sacerdoti
che ne facciano parte o di “confidarsi” con il superiore della sede di
riferimento) e incentiva l’attività “nel mondo” dei suoi quadri più elevati,
cui non sono preclusi gli strumenti della politica, della finanza e della
cultura per «riportare la società a Dio». Pertanto rappresenta un polo di
attrazione per le persone desiderose di una più profonda spiritualità, ma si
configura d’altra parte come una vera fucina di potere, e tutto ciò spiega,
assieme all’integralismo cattolico, la costante opposizione alla Massoneria.
L’ingresso del lager di Auschwitz. L’assimilazione dei massoni agli Ebrei in quanto
nemici dell’umanità, propugnata dal nazismo, fece sì che anche massoni “ariani”
venissero internati nei campi di concentramento.

Singolare è il caso della Turchia, dove Mustafa Kemal Atatürk, a capo


della rivolta dei “Giovani Turchi”, depose l’ultimo sultano Maometto VI e,
eletto presidente della nuova Repubblica (1923), fu fino alla morte (1938) il
capo incontrastato dello Stato. Membro della Loggia “Machedonia Resorta
et Veritas” di Salonicco, di costituzione italiana, nel corso della dittatura
prese progressivamente le distanze dalla Massoneria, che a sua volta fu
sempre meno attiva in Turchia, fino a “mettersi in sonno” nel 1935.
Nell’opera di laicizzazione e modernizzazione dello Stato, che furono i
suoi principali obiettivi, Mustafa Kemal abolì tra l’altro il califfato, istituì il
suffragio universale, dichiarò la parità dei sessi, adottò l’alfabeto latino, il
calendario gregoriano e il sistema metrico decimale. Ma a questa apertura
corrispose la persecuzione nei confronti di una componente di profondo
significato esoterico nel mondo musulmano: il Sufismo. Questo
atteggiamento, incomprensibile in un uomo di formazione massonica,
sembra avvalorare la tesi da alcuni espressa per cui, in una situazione in cui
un Partito o un uomo si vogliono più o meno tatticamente proporre come il
centro assoluto della vita di tutti, perché il carisma funzioni si deve
inevitabilmente procedere all’eliminazione di qualunque altro polo di
attrazione spirituale, a maggior ragione ogni forma di spiritualità
“costruttiva”.

MASSONERIA E MONDO COMUNISTA


Le posizioni antimassoniche sovietiche si estesero, a partire dal Quarto
Congresso della Terza Internazionale (1922), a tutti i partiti che vi
facevano riferimento e, dopo la fine del secondo conflitto mondiale, a tutti
i Paesi del blocco comunista: furono quindi sciolte per decreto statale le
logge dell’Ungheria (1950), della Cecoslovacchia, della Polonia e della
Repubblica Democratica Tedesca. In Italia, dopo la costituzione del Partito
Comunista nel 1921, la Massoneria, pure identificata come una forza
prettamente borghese, ebbe il rispetto di Antonio Gramsci per il suo
efficientismo, il suo senso dello Stato, le distanze mantenute rispetto alle
forze politiche clericali e reazionarie. Anche Palmiro Togliatti si astenne
dal demonizzarla, in una generale rivalutazione degli aspetti “illuminati”
della cultura borghese. E. Berlinguer e G. Amendola, in tempi più recenti,
non si unirono al coro di chi interpretava la Massoneria nel suo complesso
come la copertura di intrighi politici nazionali e internazionali e di una rete
di affari più o meno lecita, avendone forse presenti le idealità costitutive
per avere entrambi avuto un padre massone. Discorso particolare meritano
la Cina, dove fu consentito di operare alle logge di impostazione europea
cui facevano riferimento esponenti di imprese straniere presenti nel Paese,
e Cuba dove, nonostante momenti di tensione, la Massoneria non è mai
stata messa fuori legge dal regime castrista.

IN ITALIA, OGGI
La rinascita massonica nell’Italia del dopoguerra è stata rapida ma
caratterizzata, come quella degli schieramenti politici, da una notevole
frantumazione. Divisa in mille rivoli, si esprime tuttavia in forma
“regolare” (il riconoscimento della Gran Loggia Unita d’Inghilterra è
avvenuto nel 1972) come Grande Oriente d’Italia, cui fanno riferimento
circa seicento logge, per un totale di diciottomila affiliati. La sede
amministrativa si trova a Roma, a Villa Medici del Vascello.
All’altra grande formazione massonica italiana, la Gran Loggia
Nazionale, che ha sede a Roma in Palazzo Vitelleschi (piazza del Gesù),
obbediscono circa duecentocinquanta logge, con seimila affiliati.
Le regioni dove vi è una più fitta attività massonica sono la Toscana,
l’Umbria, la Calabria e la Romagna, soprattutto nel Ravennate.
Da un punto di vista sociologico, vi fu in passato una forte presenza di
militari e uomini politici nelle logge, decisamente ridimensionata a partire
dagli anni Ottanta; restano prevalenti i liberi professionisti (avvocati,
medici, ecc.), i quadri amministrativi privati e pubblici, i docenti, gli artisti
(dal 1945 a tutti gli anni Settanta fu rimarcabile la presenza di uomini di
spettacolo, come Totò, Carlo Dapporto, Gino Cervi, Alighiero Noschese,
ecc.).
Resta da chiedersi che cosa, in un Paese come il nostro, possa indurre a
entrare nella Massoneria. L’opinione di uno storico qualificato (A.A. Mola,
Storia della Massoneria in Italia, in Storia d’Italia: dalla civiltà latina alla
nostra Repubblica) fa pensare a una spinta fortemente ideale: «La massiccia
presenza, in Massoneria, di scienziati, uomini dello Stato, operatori culturali
e artisti, professionisti qualificati, fa ritenere che in loggia venga cercata la
sintesi tra scienza e libertà, cioè tra “ordine” e “spontaneità”, tra
“naturalità” e organizzazione razionale, in forme nuove ma certo sulla
traccia dei numi enciclopedisti». Va senz’altro messo in conto da parte di
alcuni anche il desiderio di connotare esotericamente, attraverso
l’esperienza rituale, il desiderio di elevazione spirituale. Ma, stando a
quanto anche un’ampia frangia di opinionisti massoni mette in luce come
un pericolo, si può pensare che per molte persone agiscano interessi meno
nobili, come la speranza di ottenere vantaggi, interpretando il principio
solidaristico dell’aiuto tra Fratelli come scambio di favori, o semplicemente
il compiacimento di appartenere a un “club” esclusivo. L’impressione che si
ha dall’esterno è che si tratti di un nodo che la Massoneria italiana deve
ancora sciogliere, magari sacrificando la quantità alla qualità dei suoi
membri attraverso un vaglio più severo delle richieste di affiliazione.

Lo scandalo della P2
Nel processo di restaurazione tradizionale e di definizione di un’identità
consona ai tempi nuovi non ha certamente giovato alla Massoneria italiana
la vicenda della P2 che, per quanto possa essere interpretata come una
“deviazione”, ha comunque messo in luce anche per gli stessi affiliati la
presenza nell’Ordine di uno spregiudicato settore affaristico e addirittura
eversivo. In ogni caso la reputazione della Massoneria ne è uscita
fortemente compromessa, nonostante il Grande Oriente si sia adeguato alle
disposizioni della cosiddetta “legge Spadolini sulla P2” (1982) che ha
vietato, con quella incriminata, le logge “coperte”, e preteso che siano
accessibili le liste degli affiliati.
Ancora agli inizi degli anni Novanta, infatti, da un sondaggio risultava
che il 31% degli Italiani considerava la Massoneria «un’associazione per
fare carriera» e un altro 27% «una pericolosa organizzazione
antidemocratica».
L’opportunità di un ente di questo genere è stata motivata in funzione
dell’attività assistenziale (ambulanze, contributi ai centri ospedalieri, borse
di studio…) svolta dalla Massoneria, «che potrebbe anche aver bisogno del
coordinamento di una loggia che avesse fra i suoi membri le “persone che
contano”, nei più diversi settori della vita sociale» (A.C. Ambesi, I Maestri
del Tempio).
Con l’ascesa di Licio Gelli alla carica di Venerabile della Loggia P2 iniziò
una saga di potere che ebbe esiti disastrosi per la Massoneria italiana.

Ma che un solidarismo efficiente fosse l’obiettivo etico di Licio Gelli,


quando si affiliò alla Massoneria nel 1965 e divenne in breve tempo il
Venerabile della Loggia P2, “coperta” ma comunque collegata al Grande
Oriente di Palazzo Giustiniani, sembra quantomeno in contrasto con le
attività poliedriche del personaggio, in particolare i suoi provati
collegamenti con la finanza internazionale e, più inquietanti per il cittadino
comune, con il mondo dei servizi segreti e i vertici dell’esercito. In
proposito i giudici che si sono occupati della strage alla stazione di Bologna
hanno scritto: «Nel contesto di una generale attenzione rivolta da Gelli agli
ambienti militari, assume una concatenazione specifica quella dedicata alla
ristretta élite di ufficiali succedutisi al comando dei vari servizi di sicurezza.
La relazione della commissione di inchiesta è pervenuta a due interessanti
conclusioni: Gelli appartiene ai servizi e ne è il vertice; la Loggia P2 e Gelli
sono espressione di una influenza che la Massoneria americana e la CIA
esercitano su Palazzo Giustiniani, sin dalla sua riapertura nel dopoguerra».
Il caso è così intricato e ancora così lontano da chiarimenti definitivi
che non si può entrare ulteriormente nel merito. Il massimo dell’obiettività
comporta che si citi, non in relazione alla persona di Gelli, ma in relazione
alla Massoneria italiana travolta dal ciclone dello scandalo, il punto di vista
difensivo. Nel secondo volume dell’Enciclopedia Massonica, di recente
pubblicazione (ottobre 1997), si legge: «Il caso P2 è un esempio di
antimassoneria per così dire bilaterale. Esso infatti fu la risultante della
deviazione di un’area della Massoneria italiana (intrecciata a individualità e
correnti del mondo politico-economico) e dell’attacco a raffica,
indiscriminato, alla Massoneria da parte di alcuni settori del mondo
politico-economico e del giornalismo a quelli asservito». Al solito cittadino
comune resta comunque un dubbio: a chi spetta il compito di individuare e
prevenire le “deviazioni” di un’istituzione? A chi, facendone parte, ha
responsabilità di vertice, o a chi ne fa, anche dall’esterno, le spese?
Naturalmente è un dubbio ragionevole solo in situazioni in cui la
democrazia sia vissuta come un valore, e non come uno slogan.

La ripresa e le vicissitudini organizzative


Lo scandalo P2 causò un forte sbandamento in numerose logge italiane,
nelle quali si registrarono fuoriuscite talora cospicue. La gran maestranza di
Ennio Battelli vacillò, sebbene il generale genovese in quel momento al
vertice dell’Ordine si fosse comportato con dignità nei giorni della bufera,
ma – almeno secondo i suoi critici – con insufficiente vigore. Così nel 1982,
alla scadenza del suo mandato, non fu rieletto. Il suo posto fu preso da
Armando Corona, medico, esponente del Partito Repubblicano Italiano e
già Presidente della Regione Sardegna.
Corona visitò molte logge in tutta la penisola, pronunciando “tavole”
rassicuranti nelle quali esplicitava il proprio intento di ricucire i rapporti
con la società civile, espellendo dall’Ordine vari tra i sodali di Licio Gelli
nella deviazione piduista. Patrocinò inoltre iniziative culturali, tra le quali i
convegni “250 anni di Massoneria in Italia” e “Pitagora 2000”
(quest’ultimo orientato agli studi sul rapporto scienza-spiritualità), si recò in
Inghilterra per spiegare ai Fratelli d’oltremanica quanto accaduto e si
avvalse dei propri contatti politici per offrire alla Nazione una idea diversa
della Massoneria. Non a caso più di una volta, durante la sua gran
maestranza, il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga inviò
indirizzi di saluto e attestazioni di stima alle assemblee del GOI.
P = PROPAGANDA
Della nota sigla P2 la P significa “Propaganda”.
È il nome di una loggia nata nel 1877 allo scopo
di «tenere attivi e vincolati all’Ordine e in
corrispondenza diretta con il Grande Oriente gli
uomini che per la loro posizione sociale non
avrebbero potuto iscriversi nelle logge ordinarie
e frequentarne i lavori» (U. Bacci, Il Libro del
Massone Italiano, Bologna, 1972). Il clima
storico è quello in cui molti affiliati alla
Massoneria giocarono un ruolo importantissimo
nell’assestamento dello Stato unitario. Fra i
Francesco Crispi (1818-1901),
membri di questa loggia si possono infatti per molti anni Presidente del
ricordare i nomi di G. Garibaldi, dei politici A. Consiglio dell’Italia unitaria, fu
Saffi, G. Zanardelli, A. Bertani e F. Crispi, del uno degli iscritti alla loggia
“Propaganda”, antenata della
filosofo del diritto G. Bovio e del poeta G. P2.
Carducci. Che ci possano essere “posizioni
sociali” incompatibili con la partecipazione ai regolari lavori delle logge è
comprensibile, ma poiché la partecipazione a questi lavori è dalla
Massoneria dichiarata essenziale per la costruzione e il percorso spirituale
del singolo, sembra che si possa individuare sin dalle origini della Loggia
“Propaganda” un cedimento a interessi di natura squisitamente profana.
Tale valutazione è suffragata dal fatto che un primo scandalo, quello della
Banca Romana del 1892-1893 in cui furono coinvolti alcuni dei suoi
membri, determinò la crisi di questa loggia “atipica”.
Dopo il periodo fascista essa si ricostituì, assumendo il numero 2 per
sottolineare la sua antica tradizione: tra le logge ancora attive poteva
infatti vantare un’anzianità inferiore solo a quella della loggia alessandrina
“Santorre di Santarosa”.
Tale risveglio avvenne «sempre con il fine, da parte del Grande Oriente, di
avere sottomano una loggia che radunasse i più ragguardevoli
rappresentanti degli organismi di Stato e delle libere professioni» (A.C.
Ambesi, I Maestri del Tempio).
Palazzo Giustiniani, oggi residenza del Senato della Repubblica Italiana, fu dal 1901 al
1985, tranne che nel ventennio fascista, sede del Grande Oriente d’Italia.

A Corona seguì come Gran Maestro, nel 1990, Giuliano Di Bernardo,


filosofo della scienza e prorettore all’Università di Trento. Egli diresse la
Comunione fino al 1993, quando senza preavviso uscì con altri dignitari e
fondò la Gran Loggia Regolare d’Italia. La motivazione suonò scioccante
per molti: Di Bernardo asseriva che in talune logge del Sud avevano avuto
luogo infiltrazioni malavitose e che la situazione appariva ingovernabile. La
nuova Obbedienza ottenne il riconoscimento da parte della Gran Loggia
Unita d’Inghilterra, adottandone procedure, stilemi (ad esempio nel Sigillo)
ecc.
Successivamente Di Bernardo lasciò la G.L.R.I. di cui nel 2001 divenne
Gran Maestro il sociologo Fabio Venzi. Egli ha rivestito fino ad oggi tale
ruolo, mentre l’Obbedienza ha subito numerose defezioni, tra le quali
spicca quella del medico bolognese Nerio Pantaleoni, già Deputy Grand
Master (Gran Maestro Vicario), e di un folto gruppo di suoi sodali.
Un anno prima dell’uscita dal GOI di Giuliano Di Bernardo e di varie
logge al suo seguito, aveva avuto luogo, su scala molto minore, il distacco
della Loggia “Intelletto e Amore” n. 723 di Reggio Emilia, fondata dal
saggista e autore musicale Michele Moramarco. Ad essa si associarono
singoli Liberi Muratori di varie parti d’Italia che ne condividevano
l’orientamento spiritualista e tradizionale. Nacque così il Real Ordine degli
Antichi Liberi e Accettati Muratori, che ha poi modificato la propria
denominazione in Fraternitas “Sancti Quatuor Coronati” / Unione
Cristiana dei Liberi Muratori e non è mai uscito dallo stato di diaspora,
mantenendo perciò una struttura informale.
Moramarco ha raccolto l’esperienza del Real Ordine e, più in generale,
della Libera Muratoria tradizionale nel volume La via massonica. Dal
manoscritto Graham al risveglio noachide e cristiano. Una sintesi dei
principi di tale “via” è proposta da Wikipedia. È opportuno riportarla anche
perché il fenomeno di logge tradizionali, ancorché numericamente limitato,
è diffuso in vari Paesi europei (Italia, Francia, Catalogna, Inghilterra),
nell’America Latina (Messico, Brasile) ed è prevedibile, data la crisi di
numerose Grandi Logge “moderne”, che si estenderà ulteriormente nel
nostro secolo.
«La massoneria tradizionale presenta alcune caratteristiche che la
distinguono in maniera netta da quella “moderna”:

si ricollega alle radici storiche (dal ‘300 al ‘600) dell’Arte muratoria,


dunque ai miti di fondazione contenuti in vari manoscritti – primi fra
tutti il Poema Regius e il Ms. Cooke, apparsi tra il 1390 e il 1410 – che
formano le basi degli Antichi doveri;
afferma la sovranità di ogni loggia massonica regolarmente costituita,
rispetto all’accentramento delle “Grandi Logge” formatesi a partire dal
‘700;
si richiama al Cristianesimo: in una forma universale, aperta ai
contributi di altre tradizioni spirituali, ma irrinunciabile. I rituali delle
sue logge, che formano la base della disciplina tramandata, contengono
riferimenti a Gesù Cristo, a San Giovanni Evangelista e alla Vergine
Maria;
non riconosce alcuna funzione superiore a quella di Maestro (o
Mastro) di Loggia, detto pure Maestro Venerabile (dall’inglese
Worshipful Master) o Maestro Degno (Worthy Master), secondo le
antiche consuetudini. Di conseguenza, non ha un “Gran Maestro” né fa
uso di titoli diversi;
si attiene a massima sobrietà negli arredi di loggia e nelle insegne
(grembiuli, collari) indossate durante le riunioni, concentrando i propri
lavori sulla simbologia operativa, ovvero sui valori etici e spirituali
annessi agli strumenti di lavoro dell’Arte Muratoria (squadra,
compasso, cazzuola, livella, ecc.);
nei lavori rituali non utilizza il termine iniziazione, bensì quello di
“accettazione” (acception: dall’inglese medio accepcioun), che
designava già nel secolo XVI l’ammissione in loggia di persone non
esercitanti mestieri nell’ambito architettonico-edile: tale opzione
indica, oltre che un ulteriore segno di fedeltà alla tradizione, la volontà
di distanziarsi da quei gruppi che, utilizzando la qualifica massonica,
pretendono di trasmettere contenuti esoterici estranei all’Arte
Muratoria.»

Tornando alle vicende del GOI, dopo la defezione di Di Bernardo si


succedettero le grandi maestranze degli avvocati Virgilio Gaito e Gustavo
Raffi e quella – attuale – del giornalista Stefano Bisi. Ognuno di loro ha
operato per un più serrato e sereno confronto con la società civile, ma non si
può dire che – sia per qualche “zona d’ombra” persistente entro alcune
logge, sia per la faziosità anti-massonica di molti politici degli ultimi due
decenni – i risultati siano stati pienamente soddisfacenti. Il pregiudizio
contro la Libera Muratoria è ancora forte in Italia.
Anche la Gran Loggia d’Italia (il ramo più consistente, sul piano
numerico, della tradizione di Piazza del Gesù) è stata soggetta a numerose
scissioni. La più significativa resta quella capeggiata dal Gran Maestro
Aggiunto Vicario, l’avvocato napoletano Vincenzo Milone (1920-1999), il
quale, contestando l’eccessiva concentrazione di poteri in mano al Gran
Maestro gen. Giovanni Ghinazzi (1915-1986), uscì da quella Comunione
nel 1984, si ricollegò all’altro legittimo filone della tradizione di Piazza del
Gesù (la Serenissima Gran Loggia Nazionale Italiana, che dopo l’unione
con il Grande Oriente nel 1973 si era in buona parte distaccata, riattivandosi
pienamente nella seconda metà degli anni ’70) e ne divenne, nel 1986, Gran
Maestro. A lui succedette Luciano Grauso, funzionario di un’azienda
farmaceutica, che resse e potenziò la Comunione dal dicembre 1999 al
dicembre 2010.
La Gran Loggia d’Italia subì un’altra rilevante scissione nel 1996,
allorché Renzo Canova, il commercialista bolognese che ne era stato Gran
Maestro per un decennio (dopo la morte di Ghinazzi, il quale aveva
connotato la leadership della Comunione al punto che i suoi membri erano
sovente definiti “ghinazziani”), fondò, in linea con la consolidata
predominanza dello Scozzesismo nella tradizione di Piazza del Gesù, un
Supremo Consiglio D’Italia e San Marino del 33° e Ultimo Grado del Rito
Scozzese Antico ed Accettato, tuttora operante.

Il revival culturale e spirituale


Nel 2017 uscì un breve ma denso volume del giovane studioso Gianluca
Giovacchini, dal titolo Cultura e spiritualità della Massoneria Italiana
nella seconda metà del ‘900. L’autore identificava tre principali momenti
della rinascita delle idealità massoniche, che in Italia si erano diluite,
perfino smarrite, a causa di contaminazioni politiche e ideologiche e poi
“frantumate” dallo scandalo P2.
In primo luogo, l’opera di Giordano Gamberini, Gran Maestro dal 1961
al 1970, il quale fu poi maldestramente “coinvolto” nella vicenda P2 senza
che gli si potesse imputare alcunché di illecito. Gamberini, sia in quanto
guida del Grande Oriente sia in quanto direttore della Rivista Massonica
(che nel 1965 prese il posto delle precedenti Acacia e Lumen Vitae, l’una e
l’altra non immuni da influenze laiciste e da improvvisazioni “esoteriche”
di scarsa caratura), sollecitò le logge a riportare i contenuti della ricerca e
dell’attività ai canoni tradizionali, rappresentati dalla tradizione muratoria
anglosassone. Esemplari, in tal senso, il suo impegno per ottenere il
riconoscimento della Massoneria inglese e la pubblicazione, sulla Rivista, di
classici della filosofia massonica tedesca (Herder, Lessing, Goethe). Nel
1995, ormai fuori dal Grande Oriente d’Italia, Giordano Gamberini scrisse
il saggio Le sorti del tempio di Artemide, in cui ipotizzava che la
formazione delle Grandi Logge nel corso del Settecento fosse stata alla base
di successive degenerazioni, dell’imitazione di talune caratteristiche degli
Stati e delle diplomazie.
Ingresso di un tempio della Serenissima Gran Loggia Nazionale Italiana, Palazzo del
Sacramento. Visibile in primo piano è il motto “Gnōthi sautón” (Conosci te stesso) che
nell’antichità era posto sul frontone del tempio di Apollo a Delfi.

Sulla linea di Gamberini, nello stesso periodo, si poneva – secondo


Giovacchini – il ministero spirituale di Carlo Gentile (1920-1984),
dignitario dell’Ordine, collaboratore della Rivista Massonica e autore di
libri nei quali la spiritualità della Massoneria era proposta in chiave di
poiesis, di visione creativa e sublimante.
Sull’opera di Gamberini e Gentile si innestò, agli inizi degli anni ’80,
quella del Collegium Italicum Latomorum, un gruppo di ricerca fondato dal
Fratello Fernando Vidotti, al quale aderirono Fratelli da tutta Italia. Il
programma di Vidotti, all’epoca direttore dell’Hotel Internazionale di
Bologna, era preciso e funzionale: prendere contatto con tutte principali
logge di ricerca europee, chiedere loro l’autorizzazione a tradurre e
pubblicare in italiano studi contenuti nelle loro riviste e organizzare visite
reciproche allo scopo di scambiare informazioni, allestire convegni
eccetera.
L’iniziativa ebbe esordi promettenti: le adesioni crebbero e vennero editi
vari Quaderni che per la prima volta in Italia presentavano il meglio della
ricerca massonica europea contemporanea, in sinergia – oltre che con le
“Research Lodges”, come si diceva – con singoli studiosi di diversa
estrazione che vollero aggregarsi al lavoro del Collegium.
Purtroppo, da parte di alcuni Liberi Muratori del GOI, il Collegium fu –
con evidente malafede – osteggiato in quanto presunto tentativo di
affermazione personalistica dei promotori, e così l’iniziativa poco a poco si
esaurì, anche per il passaggio di Vidotti all’Oriente Eterno nel 1988.
Il testimone passò, idealmente, a Michele Moramarco, che l’anno
successivo pubblicò i primi due volumi – un terzo, integrativo, sarebbe
uscito nel 1995 – della Nuova Enciclopedia Massonica , scritta con
l’apporto di documentazione proveniente da tutto il mondo e recensita dalla
stampa “profana” (Repubblica, Il Sole 24Ore ecc.) e massonica (in
particolare Hiram, all’epoca organo del Grande Oriente, per la penna del
suo direttore, lo studioso valdese e mazziniano Augusto Comba) come
“summa” della fenomenologia muratoria, posta in relazione a religioni, arti,
filosofia, scienza ecc.
In realtà, Moramarco aveva già avviato un lavoro di sintesi nel 1977,
con il volume La Massoneria ieri e oggi che venne pubblicato dalla casa
editrice De Vecchi, e la N.E.M. intese collocarsi, sia pure con un corposo
ampliamento e un’inedita articolazione multidisciplinare, sulla stessa linea.
Una linea che si espresse altresì nel convegno “250 anni di Massoneria in
Italia” tenutosi a Firenze nel giugno del 1983 e concepito come prima, netta
risposta della Massoneria di Palazzo Giustiniani alle deviazioni piduiste.
Come coordinatore scientifico del medesimo, Moramarco visitò le Grandi
Logge regolari di Inghilterra, Francia, Austria e contattò la statunitense
Philalethes Society, ottenendo la loro collaborazione a un evento che si
rivelò il più ampio e qualificato fino ad allora allestito.
Come abbiamo visto, Moramarco si distaccò nel 1992, con la Loggia
“Intelletto e Amore” n. 723 di Reggio Emilia, dal Grande Oriente d’Italia,
in dissenso con il persistente laicismo dell’Obbedienza e a seguito di alcuni
eventi che videro Liberi Muratori mainstream implicati in vicende
affaristiche anche dopo lo scandalo P2. Con il sostegno di un gruppo di
massoni tradizionalisti, riuscì ad allestire vari eventi culturali (tra gli altri,
convegni su Massoneria e medicina, 30 anni di Noachismo massonico in
Italia, Liberi Muratori e famigliari nel campo di prigionia di Fossoli).
Le Comunioni Massoniche più “popolose”, ovviamente, continuano a
organizzare numerosi appuntamenti culturali, sia a livello nazionale che a
livello locale, ma il Convegno di Firenze, per ampiezza di tematiche e
partecipazione internazionale, resta un modello ancora ineguagliato negli
annali della storia massonica nazionale.

LA MASSONERIA NEL MONDO


La situazione della Massoneria nel mondo presenta un quadro molto
composito ed ha subito trasformazioni eclatanti negli ultimi decenni. Il caso
più clamoroso è senza dubbio quello degli Stati Uniti d’America, che hanno
visto le logge perdere membri a un ritmo impressionante. Secondo le
statistiche della Masonic Service Association, dall’anno in cui la
membership raggiunse l’apice (il 1959) con 4.103.161 membri, si è giunti al
2017 con 1.076.626 membri.
Non v’è dubbio che l’aumento di americani aderenti a comunità
evangeliche fondamentaliste (anti-massoniche) e, specularmente, la
proliferazione di sub-culture basate sull’effimero, l’accelerazione
parossistica del business, i deliri legati al mondo virtuale eccetera, abbiano
inciso significativamente su queste cifre. Ma non si può negare che forse
anche una certa esteriorità “teatrale” dello stile massonico statunitense
(“teatralità” nel conferimento di taluni gradi, insistenza sulle attività
massoniche di “eroi” militari), non integrata da attività di ricerca storico-
culturale parimenti diffuse entro le logge, possa risultare oggi di scarso
appeal per i giovani più sensibili alla spiritualità. Sta di fatto che,
continuando di questo passo, intorno alla metà del secolo attuale la presenza
massonica negli U.S.A potrebbe essere numericamente irrilevante.
Una sala del Tempio massonico di Detroit. Gli Stati Uniti hanno visto negli ultimi
decenni un calo significativo degli affiliati alle logge.

Un calo nelle adesioni all’Ordine si registra, sia pure in misura minore,


in tutto il mondo anglosassone, compresa l’Oceania. Nei Paesi scandinavi,
le Grandi Logge – che praticando il Rito Svedese richiedono ai propri
membri la professione di fede cristiana – devono fare i conti con la
secolarizzazione e la multiculturalità crescenti: ecco allora che l’Ordine
Massonico Danese (Den Danske Frimurerorden) ha consentito la nascita di
due parallele fraternità massoniche che accolgono membri di tutte le
religioni (la duplicità si spiega con il fatto che una delle due ha adottato
specificamente il rituale tedesco Schröder, noto per la sua sobrietà).
Nei Paesi latini d’Europa e America centro-meridionale, la realtà è più
confortante per i Liberi Muratori: c’è una tenuta generale, e in alcune
nazioni, come la Francia e il Brasile, si registra un incremento numerico,
ancorché distribuito – si direbbe: disperso - in decine di Comunioni.
La Freemasons’Hall di Londra, sede della Gran Loggia Unita d’Inghilterra.
Anche in tutto il mondo anglosassone si registra oggi una diminuzione delle
adesioni alla Massoneria.

In Africa, il nodo dell’instabilità permanente creato dalle difficoltà nella


formazione di classi dirigenti post-coloniali e le diffuse insorgenze militari,
le guerre civili e così via, minacciano o inquinano la purezza della
testimonianza massonica: le Grandi Logge attive (in paesi anche
poverissimi come il Madagascar e il Burkina Faso) sono sovente intrecciate
agli ambienti governativi e succubi degli umori dei medesimi. A tutelarle,
in qualche misura, sono le Grandi Logge dei Paesi che le hanno gemmate
(Francia, Inghilterra, Belgio), ma la precarietà resta evidente, come
testimonia l’eccellente documentario Terra Masonica di Tristan Bourland
uscito nel 2017. Una eccezione di rilievo è costituita dalla Gran Loggia del
Sud Africa, di consolidata tradizione inglese, scozzese e boera. All’estremo
opposto del continente, in Marocco, opera una Comunione di tradizione
“liberale” francese che costituisce un raro esempio di convivenza tra
Massoneria e religione islamica di Stato.
Il panorama massonico in Asia non è meno frastagliato. In Giordania
operano logge di varie giurisdizioni: la monarchia hashemita (che rivendica
la propria discendenza dal profeta Muhammad) ha avuto rapporti
significativi con la Massoneria; basti pensare che re Hussein ricevette i
gradi del Rito Scozzese da uno storico Supremo Consiglio di Francia e la
regina-madre venne iniziata da Giovanni Ghinazzi e Vincenzo Milone nella
Gran Loggia d’Italia. Ma nel mondo musulmano la Giordania è un caso
particolare. Attualmente in Siria, Iraq, Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi
la Libera Muratoria è proibita, sebbene siano tollerate – esclusivamente –
riunioni di logge straniere formate da tecnici e di logge castrensi (militari)
di stanza in quelle aree.
Un caso a sé è costituito dall’India la cui Gran Loggia – fondata nel
1961 e attualmente composta da oltre 20.000 membri – ha le sue radici
nella tradizione massonica dell’Impero Britannico. Molto attiva in ambito
sociale e assistenziale nelle aree più deprivate o colpite da calamità naturali,
la G.L.I. comprende forti contingenti di Sikh, di Parsi (o Zoroastriani) e di
Indù liberali o riformati (i discendenti dei monoteisti del Brahmo Samaj,
della cerchia di Rabrindranath Tagore ecc.).
Proibita nella Cina capital-comunista (ma attiva a Taiwan), dalla fine
della Seconda guerra mondiale la Massoneria, avviata dalla Loggia “Far
East” n. 1 di Yokohama e propiziata dal generale Douglas Mac Arthur, ha
offerto la propria testimonianza operativa in Giappone, anche se la cultura
imperiale nazionale non si è in alcun modo resa permeabile alle sue istanze
(del resto, c’è ancora di mezzo la tragedia delle bombe atomiche
statunitensi): a distanza di settant’anni le Logge sono solo una quindicina e
operano anche con l’apporto di Fratelli stranieri residenti o di passaggio.
All’opposto, in Israele, la Massoneria – anche se con una membership
che non supera i duemila membri – non solo si è integrata nel tessuto
nazionale, ma ha svolto e svolge la funzione di elemento integratore delle
diverse comunità. In essa coesistono infatti armonicamente ebrei, cristiani,
musulmani e drusi.
Per capire di più

Uno dei simboli più noti della Massoneria. La lettera G ha interpretazioni diverse, che
vanno dal Grande Architetto dell’Universo a concetti come Geometria e Generazione.
L’ORIZZONTE MASSONICO “REGOLARE”
Ciò che identifica la Massoneria “regolare” rispetto ad altre formule
sono in primo luogo i Landmarks, parola inglese che significa “confini”. In
quanto tali, stabiliscono la linea di demarcazione tra il “dentro” e il “fuori”
e sono riconosciuti e conservati da tutte le logge, per quanto diverse
possano esserne le connotazioni interne. Nel 1919 i Landmarks venivano
così catalogati:

monoteismo;
credenza in una vita futura;
volume della Sacra Legge;
leggenda del terzo grado (quello di “Maestro”), collegato alla leggenda
di Hiram;
segreto;
simbolismo dell’arte operativa;
nascita libera del massone e appartenenza al sesso maschile.

Ai Landmarks si sono affiancati nel 1929 i Princìpi Base, di cui i


Landmarks fanno parte. Gli altri princìpi riguardano le modalità di
costituzione di una nuova loggia («Ogni Grande Loggia deve essere stata
fondata legittimamente da una debitamente riconosciuta Grande Loggia o
da tre o più logge regolarmente costituite»); la subordinazione
dell’appartenenza alla Massoneria alla fede nel Grande Architetto
dell’Universo e alla sua volontà rivelata; la necessità di assumere i propri
obblighi sopra o in piena vista del Volume aperto della Sacra Legge; la
suprema e incondizionata autorità della Grande Loggia su tutte le logge
sotto il suo governo; l’esclusione delle donne; la presenza del Volume della
Sacra Legge, della squadra e del compasso nel corso dei “lavori”; il bando
di religione o politica dalle discussioni nella loggia.
I Princìpi vennero integrati nel 1949 con l’emanazione degli “Scopi e
Relazioni dell’Arte”, dove si ammette la liceità di sostituire alla Bibbia testi
sacri diversi, purché codici religiosi tradizionali; si ribadisce l’impegno a
obbedire alle leggi degli Stati di residenza delle logge; si afferma la
neutralità politica dell’istituzione, indipendentemente dal diritto per ogni
adepto di avere proprie opinioni sugli affari pubblici.
Il rispetto dei “confini”, dei “princìpi” e degli “scopi” elencati è il
criterio di riferimento per definire un’obbedienza regolare. Le obbedienze
regolari nelle loro articolazioni nazionali fanno poi riferimento a
Costituzioni e Regolamenti che ne disciplinano l’attività. Tuttavia i princìpi
che vi si affermano possono esplicitare, ma non contraddicono mai, i canoni
fondamentali sopra esposti, e neppure valicano i confini che definiscono
l’identità massonica.

I GRADI DI INIZIAZIONE
Nelle culture ad assetto tradizionale l’iniziazione è la forma in cui
vengono trasmessi i valori cosmogonici ed etici nei quali la comunità
riconosce le proprie radici ed è, in stretta connessione con il rito, insieme
attualizzazione del passato e garanzia di futuro. L’applicazione di questo
concetto all’iniziazione massonica è legittima solo in parte perché, se i
gradi costituiscono sotto certi aspetti dei riti di passaggio con significato
spirituale affine a quelli praticati dalle popolazioni primitive, l’ingresso nel
Tempio di un nuovo adepto non comporta la “tradizione” (cioè la
“consegna”) di una Verità univocamente definita, ma l’impegno di
ricercarla “costruttivamente” e a tutto raggio entro i “confini” dell’Arte.
Occorre inoltre ricordare che il termine “iniziazione” compare dopo la
costituzione della Gran Loggia d’Inghilterra, quando si era ormai imposto
l’indirizzo speculativo. Nella tradizione operativa si utilizzava il termine
“ammissione”.
Il richiamo alle origini operative della Massoneria è comunque ribadito
dai primi due gradi, quello di Apprendista e quello di Compagno, che
corrispondono ai due livelli previsti per i Liberi Muratori medievali.
Dal punto di vista della simbologia, alla promessa di lealtà nei confronti
dell’Ordine pronunciata dall’Apprendista corrisponde il ricevimento della
Luce massonica, nonché dei segni e delle parole che lo fanno riconoscere
come tale. Nella cerimonia di conferimento del secondo grado la maggior
Luce cui si è giunti si traduce nella Stella fiammeggiante, presente
dovunque.
Le istruzioni per questi due gradi (Lectures in inglese), svolte in forma
catechistica ordinando materiale sparso, sono il risultato dell’opera di alcuni
massoni attivi tra la seconda metà del Settecento e la prima metà
dell’Ottocento: l’inglese W. Preston (1742-1818); lo statunitense T. Smith
Webb (1771-1819), che enfatizzò il simbolo della cazzuola; l’inglese W.
Hutchinson (1732-1814) e infine G. Oliver (1782-1867), a sua volta inglese.
Quest’ultimo richiamò l’importanza nella tradizione muratoria di san
Giovanni Evangelista, sottolineando decisamente, da pastore anglicano
quale era, le profonde analogie tra Cristianesimo e Libera Muratoria.

L’INIZIAZIONE NELLA GRAN LOGGIA


D’ITALIA
Un Libero Muratore “in sonno” racconta.

«Fui privato dei “metalli” e – con gli occhi bendati e gli abiti scomposti –
introdotto nel Tempio. Qui feci alcuni viaggi simbolici, entrando in
contatto con acqua, aria e fuoco. Fui istruito sui principi dell’Arte
massonica e, sbendato, prestai la promessa solenne di lealtà, dopodiché
“ricevetti la Luce”, mentre nel Tempio risuonava una cantata di Mozart.
Poi venni cinto con il grembiule bianco dell’Apprendista, simbolo di
innocenza, e mi furono consegnati i guanti bianchi, simboli di purezza.
Ero diventato Libero Muratore, e così cominciai a lavorare sulla pietra
grezza, cioè su me stesso…»

L’iniziazione nella Massoneria Azzurra trova coronamento nel grado di


Maestro, messo a punto successivamente rispetto ai primi due (si ha notizia
che non fosse adottato da tutte le logge fino al 1770). Il livello di
consapevolezza raggiunto rende ora il massone in grado di porsi la terza
domanda cruciale dell’iter spirituale: «Dove andiamo?» In altri termini,
«viene istruito sull’ars moriendi massonica; egli rivive la ierostoria di
Hiram e risorge a sua immagine nel mondo dello Spirito» (M. Moramarco).
Più complessi sono le valenze e il simbolismo dei gradi addizionali
propri del Rito Scozzese, che in più presentano differenze notevoli nei
rituali dei vari Paesi (in alcuni casi il loro snellimento ha portato
all’abolizione di alcuni gradi). Pertanto è impossibile prenderli in
considerazione nel dettaglio a partire dal 4° (Maestro Segreto) fino al 33°
(Sovrano Grande Ispettore Generale). Dal punto di vista dei contenuti
simbolici si riscontrano un ampliamento della leggenda di Hiram e
riferimenti, oltre che alla Bibbia (l’Arca Santa, per esempio), alla tradizione
cavalleresca, al Templarismo, alla Rosa-Croce.
Uno dei gradi che, all’esterno della Massoneria, ha suscitato più
fraintendimenti è quello del cavaliere Kadosh (o dell’Aquila Bianca e
Nera), collegato alla leggenda templare con esplicito riferimento alla morte
di Jacques de Molay.
Il tema spirituale è sempre la morte-rinascita e più specificamente il
tema iniziatico del distacco. Ma, come in molti miti in cui l’eroe o il dio
soccombono alle forze delle tenebre, la vittima deve essere vendicata. Così
questo grado è detto della vendetta, nel senso che ci si deve impegnare
affinché la verità e la giustizia vincano sul male. Anche a causa della
complessità di questa problematica la vendetta templare è stata
erroneamente interpretata come uno degli obiettivi della Massoneria e una
minaccia sempre incombente per chiunque si opponga ai suoi disegni.
Questa illustrazione del XX secolo rappresenta i diversi gradi della Massoneria nei due
riti Scozzese e di York. La scala gerarchica è contornata dai tradizionali simboli
massonici.

Oltre che il Rito Scozzese Antico e Accettato praticano i gradi superiori


altri sistemi massonici, quali il Memphis-Misraïm e il Rito Scozzese
Rettificato.
In una vetrata della cattedrale di Bruxelles, in Belgio, Gesù viene battezzato
nel fiume Giordano da San Giovanni Battista che è, insieme a San Giovanni
Evangelista, il patrono della Massoneria.

Una menzione particolare merita il Memphis-Misraïm. Si tratta di un


rito «deista e spiritualista», non legato ad alcuna particolare religione, che
lascia piena e totale libertà di opinione al singolo. I gradi di istruzione sono
moltissimi (95) e «debbono essere considerati come un deambulatorio in
cui riposano i vecchi gradi massonici che non sono più praticati, e non una
scala di valori; il Rito è una opportunità di studio e di apprendimento di
tutte le correnti che sono esistite nella Massoneria […] e altresì una
opportunità di realizzare praticamente la comprensione del Real Segreto»
(R. Ambelain).

IL COSIDDETTO “SEGRETO
MASSONICO”
L’espansione rapida della Massoneria speculativa dall’Inghilterra al
resto d’Europa nella prima metà del Settecento viene in parte spiegata in
relazione al fascino esercitato dal segreto di cui si circondava: simboli
misteriosi, parole di riconoscimento, riunioni a porte chiuse sui cui lavori i
partecipanti erano tenuti a una riservatezza assoluta, cerimonie di
iniziazione, riti di passaggio da un grado all’altro…
L’imperativo della segretezza è senz’altro un’eredità corporativa,
essendo diretto interesse degli operai specializzati evitare la divulgazione di
procedimenti empirici, tecniche e abilità acquisite nel corso di un
apprendistato che durava ben sette anni. Se con il passaggio dalla
Massoneria operativa a quella speculativa tanta segretezza non avrebbe più
avuto ragione di essere osservata, non si può d’altra parte negare che,
assieme al tipico tradizionalismo anglosassone, giocò senz’altro la
considerazione che il segreto massonico si stava rivelando un formidabile
mezzo di reclutamento.
La riprova di questa affermazione la si può trovare nei Paesi cattolici
osservando come si sia diffusa la Libera Muratoria dopo la prima Bolla
papale di condanna, gli interventi dell’Inquisizione e la diffusione,
attraverso pubblicazioni e libelli, di un’immagine profondamente negativa
della Massoneria descritta come una conventicola segreta per pochi adepti
che complottavano con scopi inconfessabili.
Il papa, condannando il segreto massonico, e i libellisti, che avevano
trovato nel tema un ottimo argomento, indussero i Liberi Muratori,
nell’intento di difendersi, ad abbandonare la segretezza (non il “segreto”) e
quindi a divulgare il loro sistema rituale e i loro propositi, a farsi, in poche
parole, pubblicità. Chi si accostava alla Massoneria, dunque, non era mosso
solamente dalla semplice curiosità, di natura psicologica, che si prova
sempre di fronte a una “porta chiusa”, ma era anche attratto dalle
caratteristiche “rivelate” dai Fratelli.
A tutto questo si aggiungeva la convinzione che effettivamente la
Massoneria custodisse e proteggesse un patrimonio di conoscenze superiori,
ereditato dalle scienze occulte e frutto della ricerca e dell’applicazione
ininterrotte di spiriti eletti nel corso dei secoli. In particolare i contesti che
avevano dato il maggior contributo alla costituzione di questo patrimonio si
pensava non potessero essere che l’alchimia e la Cabala. Ma in tutto ciò era
sotteso un equivoco che ancora oggi non è forse del tutto chiarito: la
convinzione che il segreto massonico fosse un contenuto specifico, reso sì
inaccessibile ai non adepti, ma calato nella comune dimensione del reale.
Il “segreto” costituisce invece il carattere esoterico peculiare della
Massoneria e si rapporta alla dimensione spirituale della ricerca del singolo,
nonché all’alimento e agli stimoli che gliene vengono dal legame con i
Fratelli. Di più non si può dire, salvo citare in proposito quanto ha scritto K.
Kerényi, uno dei più originali e prestigiosi filologi del Novecento, oltre che
massone: «Non si deve credere che in una società primitiva i membri non
sapessero di che cosa si trattasse nei riti segreti o nei Misteri. A tutto il
mondo dell’antichità, alla comunità, allo Stato, questo era noto. Perché
allora la segretezza? Ciò che vi è di comune, ciò che collega la prima
società segreta a quella successiva, è il segreto in sé. Esiste qualcosa di
simile, un segreto in sé, indipendente da un contenuto? La parola tedesca
Geheimnis (“segreto”) può offrirci un’indicazione in proposito, poiché
contiene Heim (“casa” o “focolare”) e heimlich (“segreto” o “nascosto”):
qualcosa che mi appartiene del tutto segretamente. “Segreto” è dunque
quella sfera dell’uomo che egli, finché è uomo, non può e non vuole
abbandonare. È l’ineffabile» (M. Moramarco).

IL PATRIMONIO SIMBOLICO
Si può dire che la Massoneria offra una sorta di summa dei sistemi
simbolici affermatisi nella storia dell’esoterismo e ciò rende quanto mai
complessa la loro decifrazione.
Quello più genuino è forse il simbolismo operativo, a partire dalla
squadra e dal compasso. Eredità delle antiche corporazioni edili e specifici
l’una del grado di Apprendista e l’altro del grado di Maestro, alludono in
generale alla costruzione spirituale, con varie sfumature a seconda delle
tradizioni culturali. Per esempio la squadra può simboleggiare lo strumento
per conseguire la “rettitudine” o dominare la “spigolosità della materia”, e il
compasso lo strumento mediante il quale si stabiliscono “i confini” della
propria ricerca nell’equilibrio circolare tra Spirito e Grazia.
Altra coppia simbolica di significato molto profondo è quella della
livella e del filo a piombo, che invitano a meditare l’una sul potere
livellante della morte, l’altro sulla possibilità che dalla Terra ci si congiunga
al Cielo, se non si devia dal sentiero lineare della virtù.
Devono ancora essere ricordati, fra i molti simboli operativi, il
maglietto (francesismo per “mazzuolo”) e lo scalpello, che rappresentano la
forza della volontà e quella del discernimento nell’opera di sgrossare e
intagliare la Pietra.
La Pietra è al centro del simbolismo minerale e costituisce in quello
massonico un’eredità ermetica, per cui rappresenta il grado più basso della
manifestazione dello Spirito nell’universo, sul quale si deve operare per
risalire all’Origine. Fanno parte del simbolismo minerale anche i metalli.
Nella prima fase della cerimonia di iniziazione il candidato viene privato di
tutto ciò che di metallico reca con sé. Se ciò significa un richiamo a
immedesimarsi, per imparare a rispettarla, nella condizione dei poveri e
degli inermi, in senso più strettamente esoterico vengono anche recuperate
le relazioni tra i sette metalli classici (piombo, stagno, ferro, oro, rame,
mercurio e argento) con gli organi vitali del corpo. La deprivazione dei
metalli induce quindi anche un richiamo alla necessità di distacco dalla
corporeità, e quindi la necessità di affrontare la morte simbolica in funzione
di una rigenerazione spirituale.

LA LETTERA “G”
Nel complesso simbolismo alfabetico e crittografico cui ricorre la
Massoneria la lettera “G”, posta al centro della Stella Fiammeggiante, non
è unanimemente interpretata. In Italia è intesa come l’iniziale della
formula G.A.D.U. (Grande Architetto dell’Universo), oppure come
indicativa di termini quali Geometria, Gnosi, Generazione e altri ancora.
Nel mondo anglosassone prevale il riferimento alla parola God, “Dio”, ma
è anche suffragata l’ipotesi che debba intendersi come l’iniziale di
Geometry. In questo caso l’origine del simbolo va ricercata nella stagione
deista e meccanicista della Massoneria, quando nella cultura inglese
dominava il newtonismo. In ambito francese la “G” avrebbe unitariamente
assunto tre valenze: Gloria (in rapporto a Dio), Grandezza (in rapporto al
Maestro della loggia), Geometria (in rapporto ai Fratelli). Esistono poi
altre spiegazioni che la fanno derivare da una trasformazione grafica della
lettera greca corrispondente gamma (Γ), simile per forma alla squadra che
veniva collocata al centro della Stella Fiammeggiante nelle logge inglesi
del Settecento, o da una semplificazione dell’antico simbolo sanscrito
della svastica (ruota del movimento universale).
Il simbolismo astronomico, che fa parte del patrimonio massonico, è stato uno dei più
utilizzati nel corso della storia (nella foto dettaglio del cosiddetto Manto di Bamberga
appartenuto all’imperatore Enrico II di Germania e ricamato in oro con i segni dello
Zodiaco e le costellazioni).

Dai saperi tradizionali è stato accolto dalla Massoneria anche il


simbolismo geometrico. In particolare il punto e il cerchio sono variamente
riconducibili al Grande Architetto dell’Universo, vuoi che si interpreti il
cerchio come area cosmica della sua manifestazione dal centro (il punto),
vuoi che lo si intenda come il corso del Sole o il ciclo ricorrente dello
Zodiaco. (Anche il simbolismo astronomico ha trovato ampio spazio in
Massoneria.)
Il simbolo geometrico più diffuso è tuttavia il triangolo, che spesso
racchiude l’Occhio Divino. Nella tradizione pitagorica rappresenta l’ascesa
dal molteplice all’uno, in quella cristiana la Trinità (Essere come Pensiero,
Amore e Potenza). Ma il «Triangolo Massonico può essere simbolicamente
letto anche come vettore direzionale; in questo senso, nella sua verticalità
apicale simbolizza il lavoro (o meglio, la dynamis, energia in greco) della
Massoneria rivolta alla gloria del Grande Architetto dell’Universo» (M.
Moramarco).
Va da sé che a quello geometrico sia strettamente connesso il
simbolismo numerico, sulla base di un’aritmosofia che non deve essere
confusa con le estensioni magiche dell’uso dei numeri.Dalla natura vivente
la Massoneria ha tratto tanto un simbolismo vegetale quanto un simbolismo
animale.
Nel primo domina l’acacia, già presente alle origini della Massoneria
settecentesca. Il riferimento è all’immortalità (nella leggenda di Hiram
questa pianta è collegata alla sua sepoltura). Dalla Bibbia sono stati poi
assunti il cedro del Libano (per esempio il 22° grado del Rito Scozzese
Antico e Accettato è quello del “Cavaliere dell’Ascia Reale” o “Principe del
Libano”), la melagrana (che decorava il Tempio di Salomone), affine
nell’alludere alla prosperità e all’abbondanza della spiga di frumento, e la
rosa, centrale nella simbologia rosacrociana.
Fra gli animali simbolici spiccano il gallo (vigilanza), il pellicano
(sacrificio di sé per amore), la mitica fenice (immortalità), il leone (fortezza
spirituale), l’agnello (innocenza e purezza), le api nell’alveare (operosità).
Un ruolo fondamentale gioca nell’Ordine e nei vari Corpi Rituali anche
il simbolismo dei colori. Il più importante è l’azzurro (la gamma cromatica
arriva a comprendere il blu), che definisce il sistema dei tre gradi massonici
originari ed è in più peculiare del grado di Maestro.
Il bianco e il nero (luce e tenebre) sono appaiati nel pavimento a
scacchiera del Tempio, mentre al giallo-oro si ricorre per le frange e le
passamanerie delle insegne e degli arredi massonici, in ragione del carattere
radiante di questo colore. Analogamente collegato alla dialettica luce
(funzione clorofilliana) e tenebre (la vegetazione affonda le radici nel
grembo della Terra) è l’uso del verde, che è anche il colore convenzionale
del Grande Oriente d’Italia. Va infine ricordato il rosso, in generale simbolo
di attività, desiderio, forza prorompente.
Un ultimo accenno al simbolismo del corpo umano. Vi campeggia
l’occhio, antichissimo simbolo della divinità, organo della luce, altra
immagine della coppia punto-cerchio (pupilla e iride). La tradizione
massonica anglosassone fa anche ampio ricorso al cuore (secondo
l’esoterista R. Guénon «la sede e il conservatore della vita cosmica») e al
cordone ombelicale (definito in inglese con la parola di uso solo massonico
cabletow), che allude al legame che unisce fra loro tutti i Fratelli del
mondo. Un richiamo alla necessaria riflessione sulla morte, prima di
avviarsi sul cammino della rigenerazione, è dato dal teschio.
L’ABITO FA IL MASSONE?
Il noto proverbio “L’abito non fa il monaco” mette giustamente in
guardia dallo stabilire una corrispondenza scontata tra l’esteriorità e le vere
intenzioni della mente e del cuore, anche se una veste che indichi una scelta
di vita più impegnativa dell’ordinario nei confronti di Dio o dell’umanità
raccoglie generalmente rispetto. La “veste” massonica, costituita da alcuni
capi simbolici come il grembiule, i guanti o il collare, si distingue invece sia
dall’abito religioso sia dalla divisa per il suo uso rituale interno,
richiamandosi a un codice che si attiva soltanto nella comunicazione tra
Fratelli e il cui scopo è quello di invitare il singolo a confrontarsi con la
coerenza del proprio percorso spirituale muratorio.
Il grembiule è un simbolo che trae origine dalla Massoneria operativa,
facendo esplicito riferimento al lavoro, ma nella Massoneria speculativa ha
acquisito più ampie valenze. Per esempio il suo colore, il bianco,
simboleggia, nel caso dell’apprendista, la necessità di essere innocenti e
puri per essere ammessi. Inoltre la cesura che determina tra la parte
superiore e quella inferiore del corpo, allacciandosi alla vita, indica la
necessità di privilegiare la prima (cuore e mente), tenendo sotto controllo la
seconda (istinti). Deve poi essere ricordato che, modificandosi la sua
simbologia per i vari gradi, acquista di volta in volta significati particolari.
Insegna dell’Arco Reale di Gerusalemme, grado complementare a quello di
Maestro Libero Muratore. In tale grado viene rappresentata la scoperta del
Nome Divino e del suo significato all’interno del Secondo Tempio.

Altro capo di abbigliamento classico sono i guanti bianchi, che il


candidato riceve nella cerimonia di iniziazione, benché non si tratti di una
pratica universale e vi siano in proposito significative varianti. Nel caso di
questo simbolo si può pensare a reminescenze cavalleresche (i cavalieri
medievali abbinavano all’elmo i guanti della dama). In effetti, nel rituale
italiano, dei due guanti bianchi che vengono consegnati al neoiniziato uno è
per lui, l’altro per la donna che ama o stima di più. In generale questo capo
di abbigliamento allude alla necessità di conservare le mani pure, ma anche
a quella di preservare da qualsiasi contaminazione o profanazione la sfera
del sacro (gli arredi e i simboli del Tempio). Secondo alcuni studiosi, infine,
i guanti bianchi indicano che non ci si è macchiati, neppure
metaforicamente, del sangue di Hiram.
L’abbigliamento del massone, a differenza di una divisa o di un abito
religioso, si rifà a un codice che si attiva solo nella comunicazione tra
Fratelli.

Il collare è simbolo distintivo di un’alta funzione nella gerarchia della


loggia. Ciò comporta non solo autorità e onore (il triangolo con il vertice in
basso che vi è raffigurato è un segno di comando), ma anche, come peso
portato al collo, consapevolezza delle responsabilità connesse all’esercizio
dell’autorità.
Va ricordato che il collare nella Massoneria Azzurra indica una precisa
funzione, mentre nelle altre soltanto il grado di iniziazione.
L’intervento sull’abbigliamento in chiave simbolica è particolarmente
significativo nella cerimonia di iniziazione al grado di Apprendista. Gli
abiti scomposti e l’assenza di una scarpa rappresentano sia lo stato
confusionale del profano prima di accedere al Tempio dove intraprenderà il
cammino verso l’Ordine, sia la necessaria umiltà che deve caratterizzare
l’atteggiamento di chi si vuole sottoporre a un’iniziazione. In questo
secondo caso la valenza simbolica rinforza quella della deprivazione dei
metalli.

I FINI E IL FINE DELL’ORDINE


La Massoneria presenta nel mondo tante e tali sfaccettature e ha alle
spalle una storia così complessa e ricca di contraddizioni che riesce difficile
attribuirle finalità uniche e costanti.
Si possono pertanto prendere in considerazione soltanto le finalità
dichiarate, attingendo a quella pubblicistica che, soprattutto in tempi
recenti, si sforza di dissipare il più possibile gli equivoci che circondano
l’Ordine, in gran parte dovuti a disinformazione.
La Massoneria condivide con buona parte delle formulazioni religiose
ed etiche della storia la certezza della perfettibilità dell’uomo, di cui
persegue l’estrinsecazione proponendo il cammino dell’evoluzione
spirituale dell’individuo. Si tratta, per ciascuno, di un percorso del tutto
autonomo e soggettivo, anche se la consapevolezza di appartenere al
“corpo” della loggia e l’ambiente “sacro” del Tempio costituiscono
strumenti fondamentali di orientamento. D’altra parte proprio la dimensione
“corporativa” permette di condividere i risultati raggiunti da ogni Fratello e
quindi di ottenere anche un elevamento collettivo, che si dovrebbe riflettere
sul mondo esterno non solo mediante iniziative filantropiche, ma anche
mediante l’impegno per una «giustizia vera, sana e non settaria» (U. Gorel
Porciatti) a beneficio di tutta l’umanità.
Il fine ultimo, infatti, è la Fratellanza Universale, che nello statuto etico
massonico regolare non può prescindere dalla convinzione di avere una
comune discendenza da una Sorgente Unica, il Grande Architetto
dell’Universo. Da ciò derivano anche la tensione alla Verità e quindi la
natura costruttiva dell’impegno spirituale del massone, che non delega
univocamente a un Dio il progetto della salvezza, ma vi coopera
percorrendo «la via maestra del Dovere» (M. Moramarco).
La letteratura massonica, ribadendo la necessità di mantenere vivo il
legame con la tradizione operativa, mette continuamente l’accento sulla
necessità del lavoro costruttivo come fondamento della disciplina spirituale.
Ciò permette di precisare meglio anche il fine ultimo dell’elevazione del
singolo. Nell’etica massonica, che non trascura i risvolti psicologici di
questa problematica, il lavoro consente di superare i limiti dell’Io e di
integrarsi in un insieme organico non sottoposto, come l’individuo, alla
morte: resta l’opera compiuta, sopravvivono i compagni con cui la si è
realizzata, ne fruiscono le nuove generazioni… In questo senso il lavoro è
una prefigurazione dell’immortalità, appagando quello che, se per l’uomo
comune è un bisogno psicologico, per il massone è uno dei “confini” della
sua stessa identità. I rituali funebri, che mirano a mettere in primo piano la
necessaria riflessione sulla morte in funzione del suo superamento nella
dimensione della rinascita interiore, possono sembrare macabri ed essere
stati in questo senso responsabili di alcuni fraintendimenti fra i profani, ma
è indubbio che nell’affrontare questa problematica la Massoneria ha saputo
cogliere con anticipo tutti i danni che possono derivare alla psiche, e alla
stessa società, dalla rimozione del pensiero della morte.
Se il fine dell’Ordine massonico è l’elevazione personale del singolo,
che attraverso un percorso intimo e del tutto individuale, giunge a
comprendere il suo posto nei confronti dell’Essere Supremo e dei propri
simili, tutto questo si riverbera, necessariamente, nella vita pratica. Secondo
il Codice massonico, il massone deve essere un onesto cittadino, un buon
genitore, una persona rispettosa e tollerante, in poche parole una persona di
forte e indiscussa moralità.
Questo, se può spiegare la diffusione dell’Ordine in quanto
organizzazione “positiva ma libera”, non dà ragione di una particolarità che
ha contrassegnato la vita della Libera Muratoria quasi fin dalla sua
costituzione a Londra nel 1717: la presenza tra i suoi adepti di persone
famose. Scorrendo uno qualsiasi dei numerosissimi testi della storia della
Massoneria si constata infatti come, in rapporto alla vita tutto sommato
breve dell’Ordine (non è certo il caso di prendere in considerazione le
fantasiose ipotesi che risalgono all’Eden o poco dopo), ci sia stata una
partecipazione di personaggi illustri veramente straordinaria. La domanda
allora è questa: che cosa ha spinto queste persone a diventare massoni? La
risposta non può assolutamente essere univoca, specie se si considera, nel
suo complesso, tutto l’arco della storia di questa istituzione. Se infatti oggi,
in Italia, in seguito alle vicende della P2, siamo tentati di vedere questa
scelta come un modo per “fare affari”, questo non si può certo dire per
personaggi come George Washington e i padri della Costituzione
americana; se si potrebbe prospettare che l’adesione a una loggia sia stata
considerata dal giovane generale Napoleone Bonaparte come una specie di
“assicurazione” per la sua carriera futura, non si può certo affermare lo
stesso per Federico il Grande di Prussia che re lo era già per diritto
ereditario.
Una caratteristica della Massoneria è sempre stata la presenza al suo interno di
personaggi famosi. Uno fra tutti George Washington, raffigurato nel dipinto con la
moglie e i nipoti.

Una caratteristica però sembra estremamente diffusa. Numerosissimi


sono gli aderenti alla Massoneria che hanno svolto una professione
intellettuale, in particolare artisti (e tra questi i musicisti hanno un posto di
particolare rilievo in tutta la storia massonica, passando da Händel, Haydn,
Gluck fino a Beethoven, da Sibelius fino a Stockhausen), filosofi (da
Voltaire a Fichte), economisti, scienziati, poeti (solo tra gli italiani basta
citare Alfieri e Carducci).
Ci sono stati ovviamente periodi di grande visibilità dei Fratelli (come
nel Settecento, il grande secolo dei Lumi, quando sembrava quasi che un
intellettuale “non potesse non essere massone”) e altri di crisi.
Sembra comunque di poter affermare che la certezza della perfettibilità
dell’uomo, la solidarietà collettiva, la convinzione di dover cooperare
mediante l’impegno personale (ciascuno secondo il proprio percorso
spirituale e i propri talenti) all’estrinsecazione nel mondo del disegno del
Grande Architetto siano i temi che hanno attratto tanti grandi spiriti nella
comunità massonica. Se questo è il quadro, non si possono che sottoscrivere
le parole di un Fratello che si è appassionatamente dedicato ad approfondire
i temi della spiritualità massonica: «Magnifico è il fine che l’Ordine si
propone e, se non sono travisati, pacifici e sereni sono i mezzi che impiega;
uno lo scopo diretto: elevare l’Uomo, il singolo, colui che vuole elevarsi,
farlo pensare, meditare, comprendere che Egli è un messaggero del
Supremo, che del Tutto è un’infinitesima parte e che queste parti, nel Tutto,
sono legate da un solo cemento: Amore» (U. Gorel Porciatti).
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