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Legò il suo nome a quello del Nancy e del Saint-Étienne, divenendo il giocatore-
emblema per entrambi i club, nonché della Juventus e della nazionale francese, di
cui è stato tra i principali artefici dei rispettivi successi degli anni 1980.[2]
Terminò la carriera a 32 anni, dopo aver conquistato numerosi trofei tra cui un
campionato francese, due campionati italiani e, ad eccezione della Coppa UEFA,
pressoché tutte le competizioni confederali all'epoca vigenti,[3][4] divenendo al
contempo cannoniere della Serie A ininterrottamente dal 1983 al 1985. Con la
nazionale transalpina ottenne piazzamenti di rilievo nelle competizioni
internazionali del decennio 1976-86, tra cui la vittoria del campionato d'Europa
1984 dove inoltre primeggiò nella classifica marcatori con 9 reti, che ne fanno il
migliore realizzatore in una singola edizione del torneo, e il terzo posto al
campionato del mondo 1986.
Nella sua lunga carriera da calciatore, in cui disputò oltre 650 partite tra club e
rappresentativa nazionale, spiccò la completa assenza di espulsioni: un fatto più
unico che raro alla luce della carica agonistica e dell'aggressività delle
marcature, nei confronti dei giocatori più creativi, tra gli anni 1970 e 1980.[13]
È stato co-presidente del comitato organizzatore del campionato del mondo 1998, e
in seguito, succedendo a Lennart Johansson, presidente dell'UEFA dal 2007[14] al
2016.
Indice
1 Biografia
2 Caratteristiche tecniche
3 Carriera
3.1 Giocatore
3.1.1 Club
3.1.1.1 Gli esordi
3.1.1.2 Nancy
3.1.1.3 Saint-Étienne
3.1.1.4 Juventus
3.1.1.4.1 1982-1983: capocannoniere della Serie A
3.1.1.4.2 1983-1984: vittoria della Coppa delle Coppe
3.1.1.4.3 1984-1985: Supercoppa UEFA e Coppa dei Campioni
3.1.1.4.4 1985-1986: l'Intercontinentale e il terzo Pallone d'oro
3.1.1.4.5 1986-1987: il ritiro dal calcio giocato
3.1.2 Nazionale
3.1.2.1 1976-1978: debutto al Mondiale
3.1.2.2 1979-1982: semifinale ai Mondiali
3.1.2.3 1984: la conquista dell'Europeo
3.1.2.4 1985-1988: ultimi anni in nazionale
3.2 Allenatore
3.3 Dirigente
3.3.1 Riforma delle Coppe europee e dei regolamenti
3.3.2 Controversie
4 Statistiche
4.1 Presenze e reti nei club
4.2 Cronologia presenze e reti in nazionale
4.3 Statistiche da allenatore
4.3.1 Nazionale
4.3.2 Nazionale nel dettaglio
4.3.3 Panchine da commissario tecnico della nazionale francese
5 Palmarès
5.1 Giocatore
5.1.1 Club
5.1.1.1 Competizioni nazionali
5.1.1.2 Competizioni internazionali
5.1.2 Nazionale
5.1.3 Individuale
5.2 Allenatore
5.2.1 Individuale
5.3 Riconoscimenti
6 Onorificenze
7 Note
8 Bibliografia
8.1 Libri
8.2 Riviste
9 Altri progetti
10 Collegamenti esterni
Biografia
All'età di sette anni Michel iniziò a tirar calci al pallone, allenandosi con il
cane di sua cugina Stefanina. Da bambino era soprannominato il Ratz e le nain per
via della sua bassa statura.[17] Il suo idolo sportivo d'infanzia era Pelé e per
questo, ogni volta che gli capitava di dover firmare un pezzo di carta, si
divertiva a storpiare il proprio cognome in "Peleatini".[18] Oltre all'iniziale
bassa statura cui si accennava, in giovane età a Michel vennero riscontrati in più
occasioni problemi fisici, tra cui una capacità polmonare molto limitata e
un'insufficienza cardiaca.
Il 27 dicembre 1977 sposò una studentessa di economia, Christelle, come lui figlia
di genitori italiani;[19] dal loro matrimonio nasceranno due figli: Laurent,
avvocato della Qatar Sports Investment che controlla il Paris Saint-Germain,[20] e
Marine, attrice,[21] entrambi scampati a un rapimento quando erano ancora bambini.
[22]
Caratteristiche tecniche
Reputato uno dei migliori specialisti del calcio di punizione nella storia — i suoi
calci piazzati, che spesso scavalcavano la barriera avversaria, furono
soprannominati "alla Platini" a indicare l'unicità che gli era attribuita —,[26]
era valido nel servire i compagni da diverse posizioni e in varie modalità.[26][27]
Carriera
Giocatore
«[Ho giocato nel] Nancy perché era la mia città, [nel] Saint-Étienne perché era la
migliore in Francia e [nella] Juventus perché è la migliore al mondo.»
(Michel Platini in un'intervista alla Rai dopo la sua ultima partita in Serie A,
Juventus-Brescia 3-2, 17 maggio 1987.[29])
Club
Gli esordi
«A quattordici anni andai a Parigi, finale del concorso per i migliori giovani
calciatori di Francia. Allo stadio di Colombes c'era un vento cane. Non riuscii a
toccare e a giocare un solo pallone buono. Mi offrirono un biglietto per andare
sulla Senna in battello e uno per andare a vedere la Torre Eiffel. Gli altri
ragazzi rimasero allo stadio a giocare al calcio, a me consigliarono di fare il
turista.»
Il giocatore fallì il provino nel concorso finale dei migliori giovani del 1969, ma
riuscì a farsi notare durante una partita di Coppa Gambardella dimostrando, all'età
di sedici anni, di essere un giocatore brillante, tanto da attirare le lusinghe
della rivale di quel match, il Metz 2. La prima volta rifiutò lo stage de
présélection offerto dal club granata; partecipò al secondo provino, dove però fu
scartato dopo essergli stata riscontrata una capacità polmonare molto bassa e
un'insufficienza cardiaca.[32]
Nancy
L'annata seguente alza da capitano la Coppa di Francia, dopo aver segnato il gol
con cui, nella finale del Parco dei Principi, il Nancy batte il Nizza per 1-0.[35]
La stagione 1978-1979, l'ultima con il club della Lorena, è travagliata: ritenuto
responsabile del fallimento ai Mondiali di Argentina 1978 dove la Francia era
uscita al primo turno, battuta dai padroni di casa e dall'Italia, rispettivamente
la vincitrice e la quarta classificata, viene fischiato dal pubblico; inoltre,
nella trasferta di Saint-Étienne si procura una triplice frattura del malleolo che
lo costringe a un'assenza dai campi di sei mesi.[36] Con 127 gol (in 215 partite,
media 0,59 gol a partita), Platini è comunque il migliore cannoniere nella storia
del Nancy.
Saint-Étienne
Il mancato approdo all'Inter
A fine anni 1970 Platini era già stato vicino all'approdo nel campionato italiano.
Nel febbraio 1978 il giocatore arriva a Milano in compagnia del dirigente
dell'Inter, Sandro Mazzola,[37] per firmare un precontratto.[38] Tuttavia il
francese non può raggiungere la Serie A nell'immediato per via del blocco agli
ingaggi verso gli stranieri,[37] sicché il club lombardo lo lascia libero di
trasferirsi nel frattempo al Saint-Étienne[39] dove rimane fino al 1982.
Arrivato in scadenza di contratto con les Verts, tuttavia, Platini si accorda con
la Juventus; il presidente interista Ivanoe Fraizzoli, stancatosi del lungo tira e
molla, aveva infatti definitivamente rinunciato al fantasista:[39] «avevo firmato
[...] ma le frontiere, dopo, sono rimaste chiuse. Quando le hanno riaperte [e] ho
potuto venire alla Juventus, per onestà ho chiamato l'Inter [...]: "ho dato la mia
parola quattro anni fa a voi, se mi volete sono sempre disposto". Mi hanno detto
che avevano già preso due giocatori e che, dunque, ero libero di fare quello che
volevo».[40]
L'obiettivo dell'acquisto di Michel era vincere una coppa europea ma, nonostante
qualche acuto, come la vittoria per 6-0 contro gli olandesi del PSV al Geoffroy
Guichard nel 1979, o quella sui tedeschi d'Occidente dell'Amburgo (5-0) al
Volksparkstadion nel 1980 e, sempre nella stessa stagione, il 7-0 sia al Geoffroy
Guichard che al Magnum Areena contro i finlandesi del KuPS, il Saint-Étienne non
supera mai i quarti di finale.
Totalizza 145 partite e mette a segno 82 gol con la maglia del Saint-Étienne,
vincendo un titolo francese nel 1981, il decimo e, finora, ultimo del club.
Juventus
«L'ho preso per un pezzo di pane, diciamo che ci abbiamo aggiunto molto caviale, ma
se l'è meritato.»
(Gianni Agnelli[45])
1982-1983: capocannoniere della Serie A
Platini contribuisce quindi alla positiva seconda parte di stagione della Juventus,
seconda in Serie A dietro alla Roma scudettata. Realizza due dei tre gol con cui i
bianconeri s'impongono 3-0 nella finale di ritorno della Coppa Italia, dopo i tempi
supplementari, al Comunale di Torino sull'emergente Verona, ribaltando così lo 0-2
subìto nella finale di andata al Bentegodi di Verona e aggiudicandosi il trofeo. In
campo europeo, il francese permette ai bianconeri la vittoria contro i danesi
dell'Hvidovre e, in semifinale, contro i polacchi del Widzew Łódź, arrivando così a
giocarsi la Coppa dei Campioni nella finale di Atene, dove tuttavia la squadra
torinese viene battuta dall'Amburgo.
Invece in campo europeo, vince la prima e unica Coppa delle Coppe della sua
carriera, con 2 gol in 8 partite, battendo in finale 2-1 i lusitani del Porto. In
Coppa Italia termina con 3 gol in 7 partite, ma i bianconeri escono agli ottavi per
mano della rivelazione Bari, formazione di Serie C1 poi sorprendente semifinalista
dell'edizione.
Michel conquista il suo primo Pallone d'oro nel 1983, battendo con 110 preferenze
lo scozzese Kenny Dalglish, del Liverpool campione d'Europa, che raccoglie 26
preferenze.
Carriera
Club
Inizi
Figlio dell'ex calciatore Dondinho (all'anagrafe João Ramos do Nascimento) che
terminò la propria carriera a causa di un infortunio al ginocchio, e di Maria
Celeste Arantes, Pelé fu inizialmente soprannominato Dico dai suoi parenti.[34] A 5
anni, nel 1945, si trasferì con la famiglia a Bauru. Da bambino si guadagnò
compensi extra pulendo scarpe e quando il padre gli disse di giocare a calcio
inizialmente, vista la povertà della famiglia, non poté comprare un pallone, ma
giocò solitamente con un calzino o degli stracci riempiti con carta e legati con un
laccio, oppure con un frutto di mango.[35]
Fu in quel periodo che un suo compagno di scuola gli diede il soprannome Pelé
(secondo uno dei film autobiografici su Pelé, tra questi ragazzi c'era anche José
Altafini; tuttavia lo stesso giocatore smentì quest'ipotesi[36]). Il nomignolo gli
fu dato per farlo arrabbiare, poiché Pelé pronunciava Pilé il nome del portiere
Bilé.[37] Sebbene egli non abbia mai nascosto di non gradirlo, esso rimane
l'appellativo con cui è stato consegnato alla storia del calcio. In realtà, Pelé ha
sempre ricordato con orgoglio come il suo vero nome, cioè Edison o Edson, con il
quale vorrebbe essere chiamato, gli sia stato imposto in onore di Thomas Alva
Edison.[7] La prima squadra in cui giocò Pelé fu il Bauru, squadra dilettantistica
locale, ma a breve fu notato da Waldemar de Brito, ex nazionale brasiliano degli
anni trenta e quaranta, che all'età di 15 anni lo convinse a fare un provino per il
Santos.[38]
Santos
Nel 1957, all'inizio della stagione, Pelé, che fu soprannominato Gasolina in onore
di un cantante brasiliano,[34] fu inserito stabilmente come titolare della prima
squadra e, all'età di soli 16 anni, divenne il capocannoniere del Campionato
Paulista.[42][43] Dieci mesi dopo aver firmato il suo primo contratto
professionistico il ragazzo fu anche convocato in Nazionale.
Sia dopo il Mondiale 1958 che quello del 1962, diverse squadre europee offrirono
cifre importanti per acquistare il giovane giocatore, fra cui il Real Madrid, la
Juventus e il Manchester United;[44] nel 1958 l'Inter riuscì persino a fargli
stipulare un regolare contratto, ma Angelo Moratti si vide costretto a stracciarlo
in seguito a un'aggressione subita dal presidente del Santos a opera di un tifoso.
[45] Nel 1961, comunque, il governo del Brasile dichiarò Pelé "Tesoro nazionale"
per evitare qualsiasi possibile trasferimento.[21]
Negli anni sessanta e settanta il Santos era considerata tra le squadre migliori
del mondo, tanto che girava i continenti disputando amichevoli con innumerevoli
squadre, una sorta di Harlem Globetrotters del calcio. Singolare è l'episodio
avvenuto in Colombia in cui un arbitro espulse O Rei: il pubblico si imbestialì a
tal punto che Pelé rientrò in campo e fu il direttore di gara stesso a dover
abbandonare il rettangolo verde.[50] Per non parlare del fatto che nel 1967 le due
fazioni che stavano combattendo la guerra civile in Nigeria siglarono una tregua di
48 ore per poter vedere giocare Pelé in amichevole a Lagos.[38] Questo episodio fu
la testimonianza che la figura di Pelé trascese i confini sportivi più di qualunque
altro atleta al mondo, entrando nella storia come una delle maggiori icone
contemporanee.
Il 27 maggio 1971, allo stadio Lužniki di Mosca, partecipò alla partita d'addio di
Lev Jašin, da lui considerato "un grande portiere ed un uomo dalla grandissima
generosità".[51]
Nel 1974, dopo 19 stagioni con la maglia del Santos, Pelé decise di ritirarsi dal
calcio dopo aver giocato insieme a grandissimi calciatori come Zito, Pepe e
Coutinho, vincendo 10 titoli paulisti, 5 Taça Brasil consecutive dal 1961 al 1965,
record del calcio brasiliano (allora il campionato brasiliano ancora non esisteva e
la coppa nazionale di fatto eleggeva la squadra migliore del Paese), 3 Tornei Rio-
San Paolo, una Taça de Prata, 2 Coppe Libertadores, 2 Coppe Intercontinentali[42] e
una Supercoppa dei Campioni Intercontinentali.[52]
Pelé esordì con i Cosmos il 15 giugno 1975 in amichevole contro i Dallas Tornado
(2-2), partita nella quale realizzò un gol e fu autore di un assist.[55] Con la
squadra di New York riuscì a vincere l'edizione del 1977 del giovane campionato
nordamericano di calcio. In tutte e tre le stagioni di militanza fu inserito
nell'All-Star Team della NASL,[56] di cui fu nominato MVP nel 1976.[57]
Il ritiro
Il 1º ottobre 1977 Pelé concluse la sua carriera disputando un'amichevole tra
Cosmos e Santos, le sue due squadre. La partita fu disputata in un Giants Stadium
tutto esaurito e fu trasmessa dalle televisioni di 38 Paesi di tutto il mondo.[58]
Il brasiliano giocò il primo tempo con i Cosmos e il secondo con il Santos.[59] Il
match fu vinto dalla squadra statunitense: a segnare furono Reynaldo per l'1-0 del
Santos e Pelé su punizione nella prima metà della gara e Mifflin, che
all'intervallo aveva preso il posto dello stesso Pelé nelle file dei Cosmos, per il
2-1 finale. Durante l'intervallo i Cosmos ritirarono la maglia numero 10 di
Pelé[60][61] e alla fine della partita O Rei, impugnando una bandiera del Brasile
nella mano destra e una degli Stati Uniti in quella sinistra, fu caricato sulle
spalle dai compagni di squadra e portato in trionfo fuori dal campo.[38] Dopo il
suo ritiro J.B. Pinheiro, ambasciatore brasiliano presso l'ONU, dichiarò:[58][62]
«Pelé ha giocato a calcio per ventidue anni e durante quel periodo ha promosso
l'amicizia e la fraternità mondiali più di qualunque ambasciatore»
Pelé si ritirò dal mondo del calcio dopo aver realizzato 1.281 gol,[22][23] che gli
valsero il titolo di più grande goleador della storia del calcio. Arthur
Friedenreich, secondo alcune fonti, forse anche per un errore di trascrizione,
avrebbe segnato ancora di più: ben 1.329 reti dal 1909 al 1935,[63] ma a differenza
di O Rei non esistono statistiche ufficiali per confermarlo e quindi per la FIFA il
primato spetta a Pelé.[21]
Nazionale
Pelé debuttò nella Nazionale brasiliana il 7 luglio 1957, tre mesi prima del suo
17º compleanno, contro gli storici rivali dell'Argentina che in quell'occasione
sconfissero il Brasile per 2-1. L'unica rete dei verdeoro fu messa a segno proprio
da Pelé.[64]
Mondiale 1958
Pelé (a destra) e il portiere della Svezia, Kalle Svensson, durante la finale del
Mondiale 1958
Pelé fu convocato dal CT verdeoro Feola per i Mondiali 1958 svoltisi in Svezia.[65]
Pelé disputò la prima partita ai Mondiali contro l'URSS nella fase a gironi. Era il
più giovane del torneo e il più giovane ad avere mai giocato una partita della fase
finale della Coppa del Mondo.[66][67] Realizzò il primo gol ai Mondiali contro il
Galles