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Vibrazioni

CAPITOLO 1

TEORIA DI BASE

1.1Generalità

Che cos’è una vibrazione? Una vibrazione è semplicemente un’oscillazione
meccanica di un corpo intorno alla sua posizione di equilibrio.
Per quanto riguarda i macchinari, ad esempio, le vibrazioni, sono il risultato
delle forze dinamiche generate internamente dalle parti in movimento e che
vengono trasmesse alle strutture collegate. Ne consegue che le vibrazioni
meccaniche sono caratteristiche degli stessi macchinari e sono funzioni degli
organi in movimento che le provocano in termini di ampiezza e
frequenza;molte volte si parla di firma dei macchinari in riguardo al tipo di
vibrazione che esso genera. Le vibrazioni generano l’usura dei componenti,
la fatica dei macchinari ed infine la rottura.
Tutti i corpi possiedono una massa ed una elasticità e sono, quindi, in grado
di vibrare; la maggior parte delle macchine e delle strutture possono vibrare
in svariati modi e il loro comportamento dinamico è uno degli aspetti che
deve essere preso in considerazione in fase di progetto.
Se una struttura meccanica flessibile è disturbata dalla sua posizione di
equilibrio, essa generalmente vibrerà in qualche modo. La natura precisa del
moto dipenderà dalla forma dello stimolo esterno e dalle proprietà fisiche
quali la massa, lo smorzamento, la rigidità e la loro distribuzione all’interno
del sistema. Per descrivere un moto di un sistema è necessario definire un
set di coordinate. Per registrare l’esatta risposta del sistema sarebbe
necessario il monitoraggio di ogni più piccola particella del sistema. Per
fortuna, nella maggioranza dei casi, è sufficiente selezionare un numero
rappresentativo di posizioni all’interno del sistema; questo processo è una
vera e propria discretizzazione. In più è possibile definire relazioni specifiche
tra i moti in differenti locazioni.
Allora il moto di un sistema può essere rappresentato da un numero
selezionato di coordinate indipendenti: questi sono chiamati “gradi di libertà
1
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di un sistema”. Per definizione, quindi, il numero di gradi di libertà di un


sistema è dato dal “numero di parametri indipendenti che sono necessari
perdescrivere il moto”.
In generale si dimostra che il numero di gradi di libertà sono richiesti nel
modellare un processo è in stretta relazione con le frequenze alle quali viene
studiato il comportamento vibrazionale. In generale, più elevata è la
frequenza, più complicato è il modo e quindi più gradi di libertà saranno
necessari per riprodurre ilo moto. Comunque, vi sono molti esempi a basse
frequenze nei quali può essere ridotto sensibilmente il grado di libertà di un
sistema. Ad esempio, un macchina “rigida” montata su una semplice
sospensione a molla può essere rappresentata da un sistema a 6 gradi di
libertà, corrispondenti a 3 traslazioni e 3 rotazioni relative ad un set di assi
cartesiani. Il problema può essere semplificato se questi moti sono
disaccoppiati in maniera tale che la macchina può muoversi
indipendentemente in ognuno dei 6 gradi di libertà; in questi casi il problema
può essere ridotto a quello di un sistema ad un grado di libertà.
In realtà non si incontrano facilmente dei sistemi ad un solo grado di
libertà;teoricamente qualsiasi oggetto dotato di elasticità può avere infiniti
gradi di libertà, cioè significa che può vibrare in infiniti modi diversi o
presentare infinite risonanze.
Un macchinario industriale è costituito da parti in movimento che, oltre a
generare vibrazioni loro caratteristiche, presentano anche delle risonanze
proprie e da strutture con altre risonanze ancora. Le vibrazioni generate
dalle parti in movimento si trasmettono quindi a tutte le parti strutturali e
vengono attenuate o amplificate in funzione della risposta di queste ultime, il
che significa che il livello di vibrazione misurato su di un macchinario non
dipendente solo dalla sorgente, ma anche dalle vie di propagazione
(struttura).
La curva caratteristica di risposta di un sistema a più gradi di libertà è dunque
una curva con un certo numero di picchi di ampiezza pari al numero di gradi
di libertà, o frequenze naturali del sistema: in tal caso si può affermare che il

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sistema presenta quel numero di risonanze.


Un tale sistema viene descritto fisicamente con un numero di masse, molle e
smorzatori pari al numero di gradi di libertà e l’equazione caratteristica dovrà
contenere quel determinato numero di parametri per essere completa e
rappresentativa, ad esempio, lo spostamento delle masse dalla loro
posizione di equilibrio.
Si può dimostrare che complicati problemi di vibrazione, che richiedono un
grande numero di gradi di libertà per descrivere il loro moto, possono essere
scomposti in una ridefinizione del sistema di coordinate tali che può sempre
essere applicato il semplice sistema ad un grado di libertà. Assumiamo, cioè,
che il sistema sia lineare e che valgano quindi le seguenti regole:
Non vi è alcuna distorsione di frequenza tra eccitazione e risposta del
sistema
Se l’eccitazione del sistema cambia, cambia proporzionalmente anche la
risposta
Vale il principio di sovrapposizione degli effetti ( la risposta risultante da
eccitazioni multiple può essere calcolata come la somma delle risposte alle
singole eccitazioni).
Le più importanti forme di eccitazione sono: impulsiva, armonica, random…

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1.2 SISTEMI AD 1 GRADO DI LIBERTA’

Corpi rigidi

Figura 1.1-Schematizzazione della struttura

In tal classe si possono schematizzare le componenti della struttura come


un’insieme di masse, molle ed elementi smorzanti. Si deve determinare il
modello matematico e scriverne le equazioni del moto, generalmente tale
modello è un compromesso tra le semplice schematizzazione che risulta
facile da analizzare ma poco accurata ed un modello più realistico quindi più
complicato e di difficile soluzione. Vengono così introdotte alcune ipotesi che
semplificano la trattazione matematica come, per esempio, considerare una
massa distribuita come una massa concentrata, considerare lineare il
comportamento di una molla non lineare, trascurare l’effetto dello
smorzamento, e cosi via.
Per descrivere il modello creato si devono ricavare le equazioni del moto, per
le quali ci sono diverso metodi ma il più usato è l’applicazione della legge di
Newton a tutte le masse del sistema: cioè la somma di tutte le forze che
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agiscono sulle masse del sistema sono uguali al prodotto delle medesime
masse per le relative accelerazioni, ricavando così un sistema di equazioni
differenziali che descrive il comportamento dinamico di una struttura. Dalla
risoluzione del suddetto sistema di equazioni si ottengono tutte le
informazioni che interessano, in particolare le frequenze naturali del modello
e i suoi modi di vibrazione.
Per vedere come si creano le equazioni del moto, consideriamo un semplice
sistema con massa, molla dove la massa è libera di muoversi lungo solo una
direzione, che in questo caso sarà l’asse x orizzontale. Innanzitutto il modello
deve avere un sistema riferimento con origine coincidente al punto di
equilibro statico. In tal caso serve solo una coordinata per descrivere la
posizione della massa per cui servirà una sola variabile: tale sistema si
chiamerà ad un solo grado di libertà.

k
x
m

Fig1.2-Sistema massa-molla

Una prima analisi del sistema porta a considerare la condizione che non ci
sono forze applicate alla massa, quindi se si sposta la massa dalla posizione
di equilibrio di una certa quantità, questa oscillerà costantemente nel tempo
intorno all’origine, si parlerà allora delle oscillazioni libere o naturali del
sistema, fondamentali per sapere come si comporta il sistema come nel caso
di eccitanti esterne che agiscono sulla massa o sulle fondazioni del
sistema,per cui si parlerà di oscillazioni forzate. Infatti consideriamo
l’equazione dell’equilibrio dinamico della massa nel caso senza
smorzamento:

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Vibrazioni

mx  kx  0 (1-1)
in cui la forza eccitante sarà uguale ed opposta alla forza della molla (k x).
Risolvendo questa equazione si otterrà
k k
x(t )  A sin t  B cos t (1-2)
m m
In cui il termine n è definito come frequenza angolare naturale

k
n  (1-3)
m
Si vede che il moto della massa è costituito da una oscillazione sinusoidale
con periodo
2
T (1-4)
n
E frequenza
1 n 1 k
fn    (1-5)
T 2 2 m
Per le costanti A e B si devono considerare le condizioni iniziali del sistema e
precisamente
B  x(0) : posizione all’istante iniziale del moto
x (0)
A :velocità all’istante iniziale riportata alla frequenza angolare naturale
n
del sistema.
Indicando con  la freccia statica dovuta al peso W con

  =W= mg si ha che la (1-5) diventa

1 n 1 k 1 g
fn    =
T 2 2 m 2 

La frequenza propria e’ allora funzione della frequenza statica  del sistema

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Usando g  9.8m / s 2 e  in metri, la relazione tra f n e  puo’ essere data

nelle due forme seguenti ( il simbolo Hz indica i cicli al secondo)


3.127
fn  Hz

187.6
fn  cicli / min

La figura . seguente ne riporta una rappresentazione logaritmica

Vediamo ora il sistema a un grado di libertà con smorzamento:

x
b m

Fig.1.3 Sistema massa-molla-smorzamento.

In questo caso l’equazione differenziale del moto diventa:

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Vibrazioni

mx  bx  kx  0 (1-6)

In tal caso la forma dell’equazione dipende dalla condizione che il


coefficiente di smorzamento sia uguale, maggiore o minore di un valore limite
detto “smorzamento critico” bcr: tale valore rappresenta una condizione in cui
la massa spostata dal suo equilibrio statico, questa continua ad oscillare con
frequenze costanti pari a quelle delle oscillazioni libere del sistema con
smorzamento. In generale si usa un valore adimensionale che è detto
“fattore di smorzamento”  che è dato dal rapporto dello smorzamento reale
rispetto allo smorzamento critico
b b
   (1-7)
bcr 2 k  m
Per cui tale fattore potrà essere maggio, minore o uguale all’unità. Con
 <1
si ottengono oscillazioni smorzate cioè ad ogni ciclo varia l’ampiezza
diminuendo; la soluzione sarà del tipo
b
 t
x(t )  C  e 2m
sin(d t   ) (1-8)

In cui C e  dipendono dalle condizioni iniziali al tempo t=0 e che sono


rispettivamente l’ampiezza e la fase delle oscillazioni. Si osserva che la
soluzione è il risultato della somma di due effetti: il primo riguarda lo
smorzamento, evidenziato dalla forma esponenziale che rappresenta una
funzione decrescente e che influisce sull’ampiezza, mentre la seconda parte
riguarda le oscillazioni fatte con la frequenza e la fase. La frequenza di
oscillazione, se presa come riferimento quella dello stesso sistema nel caso
delle oscillazioni libere, si ottiene che nel caso dello smorzamento si modifica
secondo la relazione:

d  n 1   2 (1-9)

 =1 (1-10)
nel caso di smorzamento critico, la soluzione dell’equazione del moto sarà
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b
 t
x(t )  ( A  Bt )  e 2m
(1-11)
In cui non compaiono i termini sinusoidali e infatti non è un sistema
fisicamente oscillante.
 >1 (1-12)
la soluzione matematica è data da:
b

  Aen 
t
 2 1t
x(t )  e 2m
 Be n  2 1t
(1-13)
 
Non si tratta di un moto oscillatorio: se il sistema viene spostato dalla
posizione di equilibrio, esso tende a ritornarvi gradualmente con un
movimento di tipo esponenziale e non oscillante. Ora vediamo un sistema
vibrante soggetto a una forzante esterna. Un caso semplice è considerare la
forza esterna avente ampiezza F0 e frequenza  .

F0 sin( t )
k

Fig1.4-Sistema massa-molla -eccitante sinusoidale

Come in precedenza, nel caso senza smorzamento si ottiene l’equazione


differenziale del moto

mx  kx  F0 sin(t ) (1-14)

La quale avrà la soluzione matematica del tipo


F0
x(t )  C sin(n t   )  k 2 sin t (1-15)

1 2
n

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k
Con i termini C e  determinati dalle condizioni iniziali ed n 
m
Si nota che la soluzione è costituita da due termini, il primo è ancora
l’oscillazione naturale libera del sistema e la seconda è la risposta vera e
propria alla forzante. Nelle condizioni iniziali tutti i sistemi hanno un certo
smorzamento, per cui ci sarà un transitorio iniziale la risposta si riduce a
termini trascurabili e, finché la forza esterna rimane applicata, rimane nel
sistema solo la risposta alla forzante, la quale costituisce una oscillazione
stazionaria alla frequenza della forzante:
F0
x(t )  k 2 sin t (1-16)

1 2
n

La forza che viene trasmessa al supporto fisso tramite la molla è


Ft  k  x (1-17)

Definendo un coefficiente di trasmissione T tale che


Ft  T  F (1-18)

Risulta che

1
T (1-19)
2
1 2
n
Questa espressione vale per tutte le frequenze tranne per la frequenza
naturale per cui la soluzione dell’equazione del moto diventa

F0
x(t )   t cos t (1-20)
2k
Esaminando le due soluzioni si osserva che la risposta per ω ≠ ωn è
un’oscillazione stazionaria con ampiezza A che risulta funzione della
frequenza secondo la legge:

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F0 1
A (1-21)
k 2
1 2
n
Cioè l’oscillazione stazionaria mantiene costante per tutto il tempo l’ampiezza
di risposta, per una data frequenza e una certa ampiezza F0 della forzante.
Si possono fare alcune osservazioni sulle risposte del sistema: lo sfasamento
della vibrazione della massa rispetto alla forzante è nullo per  <  n,

mentre vale  (180°) per  >  n . per  =  n si ottiene una vibrazione la


cui ampiezza aumenta indefinitamente nel tempo, raggiungendo
un’ampiezza infinitamente grande in un tempo infinito e lo sfasamento vale
 /2 .
Per evidenziare il comportamento vediamo i diagrammi di ampiezza relativa
alla forzante e sfasamento in funzione della frequenza relativa in cui si
evidenziano le considerazioni fatte prima.

5 3.1
3
2.9
2.8
2.7
2.6
4 2.5
2.4
2.3
2.2
2.1
2
3 1.9
1.8
1.7
 [ra d ]
F o /k

1.6
A

1.5
1.4
1.3
2
1.2
1.1
1
0.9
0.8
0.7
1 0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0 0

0 1 2 3 0 1 2 3
n n

Figura 1 5 curve di risposta e sfasamento

Implementiamo il sistema aggiungendo lo smorzamento, avvicinandosi così


sempre di più alla realtà il sistema in questione.
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Vibrazioni

k
F0 sin( t )

m
b

Fig.1.6 Sistema massa-molla-smorzamento-eccitante sinusoidale

L’equazione del moto sarà data dai seguenti termini

mx  bx  kx  F0 sin(t ) (1-22)

Analogamente al caso precedente si avrà la soluzione data da due termini,


uno definisce la fase transitoria e il secondo le fase stazionaria. In questo
caso vale la pena solo vedere il secondo termine, quello stazionario che
rappresenta una vibrazione stazionaria con frequenza  pari a quella della
forzante e con uno sfasamento non nullo dipendente dal fattore di
smorzamento. Per cui la risposta nella fase stazionaria si può scrivere come:

x(t )  A sin(t   ) (1-23)

Dove
1 F0
A (1-24)
 2   2  k
2 2

1  2    2 2 
  n   n 
E

2
n
tan( )  (1-25)
2
1 2
n

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Vibrazioni

A
Si può considerare il rapporto che esprime il rapporto tra l’ampiezza
F0
k
dell’oscillazione di risposta e lo spostamento che avrebbe la molla per
un’applicazione statica della forza F0.

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Vibrazioni

5
 =0

3
Fo/k
A

 =0.1

 =0.25

1
 =0.5

0 1 2 3
n
 =0
3.1
3  =0.1
2.9  =0.25
2.8
2.7  =0.5
2.6
2.5
2.4
2.3
2.2
2.1
2
1.9
1.8
1.7
 [ra d ]

1.6
1.5
1.4
1.3
1.2
1.1
1
0.9
0.8
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0

0 1 2 3
n

Figura 1.7 Curve di risposta e sfasamento in funzione dello


smorzamento

Per concludere il paragrafo dedicato ai corpi rigidi, vale la pena spendere


ancora due parole su un concetto che servirà come base teorica per capire
come si comportano le sorgenti sulle strutture e se necessario intervenire
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Vibrazioni

direttamente sulla causa che produce elevate vibrazioni sulle strutture. Si


accennato al coefficiente di trasmissione delle forze al supporto, quindi
vediamo come si può approfondire l’argomento nel caso di sistema a un
grado di libertà con smorzamento. La forza trasmessa al supporto risulta ora:
Ft  bx  kx (1-26)

E quindi
Ft
 T sin(t   ) (1-27)
F0
Dove

2
  
1   2 
 n 
T 2 2
(1-28)
 2    
1  2    2 
  n   n 
3
 
2  
tan    n  (1-29)
2
2   
1  2   2 
n   n 

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Vibrazioni

100
Trasmissibilità
0.01
0.05
0.1
0.2
0.5

10

Trasmissibilità T

0.1

0.1 1 10
n
 =0
180
170  =0.01

160  =0.05
150
 =0.1
140
130
120  =0.2
110
angolo di fase [°]

100
90  =0.5

80
70
60
50
40
30
20
10
0

0.1 1 10
n

Figura 1.8 curve di trasmissibilità e sfasamento

Si può osservare che la trasmissibilità della forza e del moto sono identiche
numericamente e la frazione dello smorzamento critico è segnata come  ;
vale anche per lo sfasamento nella trasmissione di una forza o di un moto in
cui dipende ancora dallo smorzamento.
Applicando tale teoria al campo navale si può osservare che lo smorzamento
attenua l’efficacia delle sospensioni con sempre maggiore influenza della
frequenza. La formula finale è valida alle basse frequenze dove sono valide

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Vibrazioni

le ipotesi di base e cioè massa sospesa rigida, rigidità supporti indipendenti


dalla frequenza, fondazioni rigide, etc.
Alle alte frequenze, da 100Hz in su, i risultati ottenuti in tale formula
prevedono trasmissibilità più basse di quelle effettivamente rilevate. Le
ipotesi iniziali non valgono più perché:

Le fondazioni possono avere loro frequenze naturali e quindi risonanze nel


campo acustico;

La rigidità dinamica dei supporti non è costante e si incrementa con


l’aumentare delle frequenze e tende a diventare direttamente proporzionale
ad esse al di sopra di 500Hz

A frequenze sufficientemente elevate, la massa e l’elasticità distribuita del


supporto danno a origine ad onde stazionarie all’interno del supporto stesso
che tendono a diminuire la trasmissibilità: si passa così al concetto di
mobilità.

Per ovviare ad alcuni limiti della trattazione dei corpi rigidi si può ricorrere a
tecniche e modelli più complicati come nel caso dei corpi elastici in cui
prevalgono metodi energetici di cui si farà un breve accenno nel seguente
paragrafo.

Corpi elastici

Come detto e visto precedentemente, molte volte non è possibile ricorre ad


una schematizzazione “rigida” del sistema: in questo caso masse ed
elasticità del sistema non possono essere “discretizzate” ma è necessario
considerare come parametri distribuiti. Tutte le strutture in realtà sono sistemi
a masse distribuite, per cui vi è un numero infinito di gradi di libertà poiché
ciascun elementino può essere considerato come una particella discreta
connessa con “molle” ad altri elementi adiacenti.

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Vibrazioni

Uno studio dinamico completo, in questo caso, può essere affrontato


ricorrendo ai metodi o dell’equazione d’onda o degli elementi finiti o della
funzione di trasferimento;vediamo che caratteristiche hanno.

Equazione d’onda: se la geometria della struttura è semplice e le sue


proprietà fisiche, densità ed elasticità, sono più o meno uniformi, è possibile
scrivere un’equazione differenziale alle derivate parziali nota come
“l’equazione dell’onda” che descrive completamente la dinamica del sistema.
Per strutture particolarmente semplici si è in grado di risolvere l’equazione
d’onda; se la struttura è complessa aumentano le difficoltà ad applicare
questo metodo ed assumono quindi importanza solo i modi di vibrare più
bassi e molte volte solo il fondamentale.

L’analisi deve essere quindi in grado di determinare le frequenze naturali


della struttura e le deformazioni caratteristiche dei suoi modi di vibrare.

Metodo agli elementi finiti: questo metodo consiste nel suddividere una
struttura, comunque complessa, in un insieme di strutture più piccole e
semplici di tipo elementare. Le equazioni del moto della struttura sono
dedotte dalle equazioni che descrivono il moto dei singoli elementi
considerati con l’aggiunta delle necessarie condizioni al contorno. Tali
equazioni rappresentano un bilanciamento delle forze in gioco e cioè quelle
inerziali, quelle dissipative, quelle elastiche e le forze applicate alla struttura.
Le equazioni sono della stessa forma di quelle usate per lo studio dei corpi
rigidi; in questo caso però i coefficienti della matrice della massa, rigidità e
smorzamento no necessariamente contengono i valori della massa, essi
vanno piuttosto considerati come coefficienti necessari a soddisfare il
bilanciamento delle forze tra i vari elementi finiti della struttura. Essendo in
numero consistente tali equazioni vanno risolte al computer e con i risultati è
possibile eseguire uno studio statico e dinamico delle deformazioni e
sollecitazioni di una struttura soggetta a carichi esterni; nel primo caso, le
equazioni del moto si riducono ad un bilanciamento tra le forze esterne
applicate e le relative forze elastiche interne. Con questo metodo è pertanto

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Vibrazioni

possibile esaminare in quale maniera variazioni nelle masse e nella rigidità


della struttura influenzeranno il comportamento dinamico della stessa nonché
eseguire uno studio sui modi di vibrare della struttura. Gli svantaggi più
evidenti del metodo degli elementi finiti sono la dipendenza esclusiva dal
computer, l’uso di migliaia di variabili, la perdita di tempo, la cattiva
approssimazione della struttura reale e soprattutto la difficoltà di simulare le
condizioni al contorno e l’impossibilità di raggiungere elevate frequenze.

Metodi sperimentali: per ovviare alle insufficienze dei metodi descritti, si


può agire direttamente sulla struttura reale per ricavare i modi di vibrare; si
può cioè eccitare la struttura al vero affinché siano ricavate le frequenze di
risonanza, gli smorzamenti e le deformazioni corrispondenti. Si può proceder
in due modi:

il primo è detto “modo normale”,

il secondo “metodo della funzione di trasferimento”.

Il primo consiste nell’eccitare i modi di vibrare della struttura uno alla volta,
questo viene in genere eseguito eccitando la struttura con diversi “shaker”
pilotati da segnali sinusoidali. Il secondo, più recente, consiste nell’eccitare
una struttura, ad esempio, con un segnale di tipo impulsivo a larga banda e
misurare la risposta del sistema mediante accelerometro. Questa operazione
va ripetuta molte volte mantenendo fissa l’eccitazione e spostando l’uscita
sulla struttura. Una singola funzione di trasferimento è ottenuta dividendo la
trasformata di Fourier della risposta del sistema con la trasformata di
ingresso. Sono evidenti i vantaggi di questi metodi sperimentali: è possibile
verificare al vero i modelli matematici definiti, sono di grande utilità nei
problemi connessi con la rumorosità, sono insostituibili quando è difficile
schematizzare con un modello matematico la struttura reale.

Inoltre, con il metodo della funzione di trasferimento abbiamo una specie di


risposta normalizzata che è indipendente dal tipo di segnale in ingresso
usato, cosicché basta “una martellata” per ottenere le funzioni di
trasferimento, con grande vantaggio di praticità e costi.
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Vibrazioni

Accenniamo ai problemi che si incontrano quando si eseguono misure di


vibrazioni su una struttura. Il primo è quello di misurare delle grandezze che
siano strettamente attinenti alla struttura in esame ed al problema che si
desidera investigare. A tale scopo molto spesso viene fatta un’analisi in
frequenza del segnale misurato, ricavando, con l’ausilio di un analizzatore di
Fourier, uno spettro di potenza. Tali grafici indicano quali sono le frequenze
dominanti da cui ricavare le necessarie informazioni per la risoluzione dei
problemi. I picchi delle risposte in queste misure sono dovuti ad una od
entrambe le seguenti cause:

-Alla grande quantità di energia applicata alla struttura tramite l’eccitazione


ad una o più frequenze (vibrazioni forzate)

-La presenza di risonanze nella struttura indotte anche da forze limitate.

Il secondo è quello di determinare quale delle due possibilità prima


menzionate è prevalente. Ciò si realizza misurando parecchie risposte in
frequenza della struttura (possibilmente variando la condizione di
funzionamento della struttura) per verificare se vi è qualche risonanza nel
campo di funzionamento della struttura della stessa.

20
Vibrazioni

CAPITOLO 2

ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA

2.1 Teoria Serie di Fourier


Prima di procedere nella trattazione riguardante le vibrazioni e l’acustica,
con particolare riferimento ai fenomeni che interessano le navi, e’ necessario
studiare i mezzi matematici che consentono una comprensione dei fenomeni
in oggetto. Il piu’ potente mezzo a riguardo e’ l’analisi in frequenza per la
quale dobbiamo introdurre il concetto di serie di Fourier.
Una serie di Fourier è una rappresentazione di una funzione periodica
mediante una somma di funzioni periodiche . Se consideriamo una funzione

f (t )  f (t  KT ) K  1,2,3... (2-1)

la rappresentazione mediante la serie di Fourier della f  x  è data da


f t   a o   a n cosnwt   bn sin nwt 
1
2 (2-2)
n 1

dove

2 
dx f  x  cosnwt 
T 
an  n  0,1,2. (2-3)

2 
dx f  x  sin nwt 
T 
bn  n  0,1,2. (2-4)

21
Vibrazioni

Le proprietà della serie di Fourier utili sul piano computazionale in senso lato
sono conseguenze delle proprietà di ortogonalità delle funzioni einx .
Molte volte la serie di Fourier di una funzione può essere scritta in modo
diverso:

a0 
f t     cn cosn t  n  (2-5)
2 n 1

In questo caso si ha:

 f t dt
a0 1 T

2 T 0

cn  an2  bn2  cn (2-6)


b
n  arctan n
an

Dalla (2-5) appare chiaro che una funzione periodica può essere
decomposta in un valore medio e in componenti sinusoidali discrete,
individualmente distinte, armonicamente collegate, le cui frequenze sono

multiple della frequenza fondamentale 1 .


T
L’ampiezza delle componenti e la fase sono date dalla (2-6).
Un diagramma di cn in funzione della frequenza si presenta, in generale,

come quello visibile in figura

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Vibrazioni

c1

c5

c2

a0
0
c3
2 c4

n
0  2 3 4 5

Figura 2.1: spettro del segnale

In pratica, per ottenere questo spettro, si utilizzano i cosiddetti “analizzatori di


spettro”.

PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE DEGLI EFFETTI

Consideriamo un sistema meccanico lineare eccitato con una forzante f1 t  .


Esso risponderà alla forzante con una risposta che sarà x1 t  . Se la forzante
diventa f 2 t  , allora la risposta sarà x2 t  . Se il sistema è eccitato con la
forzante a f1 t   b f 2 t  (dove a e b sono 2 costanti), allora la risposta sarà

a x1 t   b x2 t  .

CONCLUSIONI

Conseguenza fondamentale per le vibrazioni della serie di Fourier è la

23
Vibrazioni

seguente:
“ogni funzione periodica nel tempo può essere scomposta in somme di
funzioni del tipo seno e coseno, le cui frequenze sono multipli interi della
1
frequenza fondamentale f1  .
T

Quasi tutti i fenomeni di eccitazione a bordo delle navi hanno andamento


periodico ( e quindi si può applicare la serie di Fourier).
La vibrazione può essere vista come prodotto tra le forze interne e la mobilità
della struttura:

FORZE INTERNE × MOBILITA’ STRUTTURA = VIBRAZIONE

A bordo delle navi le vibrazioni sono causate da diversi fattori:


1. elica
2. motori diesel

24
Vibrazioni

3. riduttori
4. compressori
5. …

Esempio:
Prendiamo in considerazione un’elica a 4 pale che gira a 120 giri/min e
vediamo di valutare le eccitanti. Si ha che:
a. il moto è periodico
b. le eccitanti sono:
120/60 (giri/min)=2 Hz (numero giri/secondo)
2 Hz × 4 pale= 8 Hz
8×2=16
8×3=24
.
.
.

La risposta della struttura (vibrazione) deve avere le stesse componenti


spettrali (altrimenti siamo in presenza di risonanze).

2.2 TRASFORMATA DI FOURIER

La trasformata di Fourier è una delle più importanti in matematica, con


innumerevoli applicazioni nelle scienze (per esempio nella teoria dei segnali,
la trasformata di Fourier viene interpretata come rappresentazione di un
segnale in termini di frequenze e relative oscillazioni).
25
Vibrazioni

La serie di Fourier puo’ essere scritta in forma esponenziale:dalla (2-2),(2-3)


e (2-4) ricordando che:
1
sennwt  .(e jnwt  e  jnwt )
2j
1
cos nwt  .(e jnwt  e  jnwt )
2
la (2-2) puo’ essere riscritta come:
a0  a n  jbn jnwt a n  jbn  jnwt
f (t )   ( e  e ) (2-7)
2 n 1 2 2
oppure:
a0 
f (t )    ( n e jnwt    n e  jnwt ) avendo posto:
2 n 1
1
n  (a n  jbn )
2
1
 n  (a n  jbn )
2
a0
0 
2
Ricordando che , formalmente:
 


n 1
n e
 jnwt
 
n  1
n e jnwt

si arriva a :


f (t )    n e jnwt (2-8)


La (2-8) e’ la “FORMA ESPONENZIALE DELLA SERIE DI FOURIER”

T /2
1
Con  n  
T T / 2
f (t )e  jnwt dt

26
Vibrazioni

Questa forma dello sviluppo in serie di Fourier e’ piu’ conveniente delle altre
due per la sua compattezza e per la presenza degli esponenziali, di piu’
facile manipolazione.
Ovviamente , anche se matematicamente n puo’ prendere valori negativi,
nella pratica questo ci porterebbe ad usare frequenze …negative senza
alcun significato fisico.

Partendo dalla formula esponenziale della serie di Fourier


f t    n e jnt (2-9)
n  

T
2 2

 f t e
1 T T
con   e n   jnt
dt , per t appartenente all’intervallo  , .
T T T
2 2
2

Sostituendo otteniamo

T

e jnt 2
f t     f  e  jn d (2-10)
n   T T
2

Se  è una variabile reale che descrive tutta la retta

2
 n  n  n (2-11)
T

per cui

27
Vibrazioni

2
n  n 1  n    (2-12)
T

si ottiene

T
 2
f t    e n  f  e i n d
1 int
(2-13)
n   2 T
2

Se T   , allora n  r è infinitesima e si è indotti a considerare il limite


della funzione:

T
 2

 f  e
1
lim 
T  2
 eint  n
n  
 i n
d (2-14)
T
2

Questo limite esiste e può essere scritto come

 
d  f  e i d
1
e
i t

2 (2-15)
 

Quindi possiamo scrivere

 
f t    d  f  e d
1 i ( t  )

2 (2-16)
 

Se poniamo


F     f t e
 i t
dt (2-17)


28
Vibrazioni

otteniamo


f t    F  e
1 i t
d (2-18)
2 


Purche’

 f t  dt   .

L’equazione (2-17) è detta Trasformata di Fourier (ed è valida per qualsiasi


segnale).

Generalmente H (f) e’ una quantita’ complessa:

H ( f )  R( f )  jI ( f )  H ( f ) e j ( f )

con R ( f ) :parte reale di H ( f )


e I ( f ) :parte immaginaria di H ( f )

e H ( f ) =modulo di H ( f ) = R 2 ( f )  I 2 ( f )

 ( f ) =Angolo di fase

Passare dal dominio del tempo al dominio delle frequenze porta ad avere
molti vantaggi:
1. se prendiamo infatti una funzione periodica e la osserviamo
all’oscilloscopio o la registriamo su un registratore a carta, otteniamo

29
Vibrazioni

T
T

Come si può notare dalla figura, le informazioni che si possono ricavare sono
difficili da ottenere. Facendo l’analisi di Fourier nel dominio della frequenza,
otteniamo

f
f1 f2 f3

Come possiamo osservare le informazioni che ne ricaviamo sono più


semplici da ottenere (con l’ausilio degli analizzatori di spettro) e anche più
facili da comprendere.

2. per i registratori a carta esistono dei limiti di frequenza precisi: se un


fenomeno contiene medie ed elevate frequenze gli equipaggi mobili
dei pennini non seguono più il fenomeno. A questo punto occorre per
forza ricorrere agli analizzatori di spettro per capire il fenomeno.
Nel campo navale, mentre 20 anni fa anche le vibrazioni di scafo venivano
registrate sulla carta e nel dominio del tempo, al giorno d’oggi, nella pratica, il
“tempo” è stato mandato in pensione (con qualche eccezione).

30
Vibrazioni

Esempio:

Se si registrava nel dominio del tempo, le frequenze venivano dedotte


contando in numero dei picchi in un secondo

1 sec

f1  1 Hz
f 2  20 Hz
Ovviamente dopo bisognava determinare le ampiezze relative.

Dal punto di vista formale:


 se consideriamo una funzione periodica di periodo T , abbiamo uno
1 
spettro discontinuo con frequenza fondamentale f1   e con
T 2
1
componenti a frequenze n   n f1 e con ampiezze i valori già visti
T

31
Vibrazioni

2  21
3  31
A
A2

A1
A3


1 2 3

1

In figura lo spazio fra le componenti è 1 .


 Se T   , allora 1  f1   0 , per cui lo spettro è continuo e non più
discreto

Concludendo quindi possiamo dire che attraverso la trasformata di Fourier o


spettro di f t  si passa da una funzione di una variabile reale (il tempo) a
una funzione -in generale complessa- di una variabile reale (la frequenza).Di
converso, se F   è nota, si passa ala sua trasformata inversa di Fourier

f t  .

32
Vibrazioni

2.3 FUNZIONE DELTA

Calcolare la trasformata di Fourier (spettro) di un impulso rettangolare, come


quello riportato in figura

f t 

t
0 Tp

Fig.2.2 Impulso rettangolare

con A ampiezza e Tp durata.

L’impulso può essere descritto dalla funzione f t  , così definita

A 0  t  Tp

f t   
0
 diversamen te

Tp

G i   F  f t    Ae i t dt
0

G i  
A
i
  i T
1 e p 


2 A  T p  i T p 2
sin  e
 2 
 T 
sin  p 
2 A  T p   2
G i   sin    ATp
  2  T p
2

33
Vibrazioni

Introduciamo ora la funzione delta

Figura 2.3: funzione delta

34
Vibrazioni

Sia

1  
  t 
2 2

f t    (2-19)
0 
 t 
 2

L’area sottintesa dalla funzione è data dall’integrale


 2
dt  1 
A  f t dt  

     1
   (2-20)
 2

Se la base di f t  incomincia a diventare piccola (vedi figura) e


corrispondentemente ad aumentare in altezza così che l’area rimanga
unitaria, si ha

 t0

 t   lim f t    (2-21)
 0
0 t0

ma l’integrale della funzione rimane unitario:

  
   t dt  lim    1
 0 (2-22)

Si definisce quindi  t  come funzione delta. Essa può essere posizionata in


qualunque punto t0 e può avere qualsiasi area A ; in questo caso si utilizza

la notazione A  t  t0  . Si ha che

35
Vibrazioni

 t  t0

A  t  t0   
0 t  t0

t 0 

A t  t dt  A .
t0 
0

Quindi, se una funzione analitica qualunque xt  viene moltiplicata per una
funzione  t  t0  e integrata, il risultato è il valore di xt  a t  t 0 :

 xt  t  t dt  xt 



0 0 (2-23)

Calcoliamo a questo punto la trasformata di Fourier di  t  .


X  f     t  e i 2 f t dt  e 0  1 (2-24)


per tutti i valori di f , essendo 1 il valore che assume e  i 2 f t per t  0 .


Analogamente si dimostra che la trasformata inversa di Fourier è:


xt   1  e  i 2 f t df   t  (2-25)


36
Vibrazioni

2.4 FUNZIONI DI RISPOSTA

FUNZIONE DI RISPOSTA IMPULSIVA UNITARIA

Sia dato un sistema fisico (fisicamente realizzabile, a parametri costanti,


stabile e lineare) ad un ingresso e un’uscita:

x t  y t 

Fig.2.4 Insieme ad 1 ingresso/1 uscita

E’ di primaria importanza la risposta del sistema se eccitiamo il medesimo


con una funzione  t  .
Infatti se xt    t  è l’impulso unitario, la funzione di risposta impulsiva
unitaria sarà data da y t   ht  , dove t è il tempo misurato dall’istante in cui
la funzione  è applicata.
L’importanza della funzione di risposta impulsiva unitaria è data dal seguente
fatto: “per ciascun ingresso arbitrario xt  , la risposta del sistema y t  , è data
dall’integrale di convoluzione:


y t    h xt   d (2-26)


37
Vibrazioni

La risposta y t  , cioè, è data da una somma pesata, lineare su tutto il tempo


considerato dell’ingresso xt  .

PROPRIETA’ DI UN SISTEMA

Un sistema si dice
1. fisicamente realizzabile se un sistema non può rispondere prima che
l’ingresso sia stato applicato h   0 con   0
2. a parametri costanti se la funzione di risposta impulsiva unitaria non è
dipendente dal tempo in cui è applicato l’ingresso ht ,   h  per
   t   .
Se un sistema è a parametri costanti , ingressi stazionari produrranno
uscite stazionarie
3. stabile se ogni ingresso limitato produce un’uscita limitata. Questa
condizione è assicurata se

38
Vibrazioni

 f  d  


4. un sistema lineare è additivo e omogeneo:


ADDITIVO se a x1 corrisponde y1 ed a x2 corrisponde y2 , allora a
x1  x2 corrisponderà y1  y2 , cioè:
x1  y1
 x1  x2  y1  y2
x2  y 2

OMOGENEO se c x1  c y1 , con c costante arbitraria.


Questo vuol dire che h  non dipende dall’ingresso xt  e ciò implica

che vale sempre y t    h xt   d , per tutti gli ingressi xt  .
0

2.5 FUNZIONE DI RISPOSTA IN FREQUENZA

x t  y t 
 t  h t 

Fig.2.5 Funzione di risposta in frequenza

Chiamiamo funzione di risposta in frequenza la trasformata di Fourier della


funzione di risposta impulsiva unitaria


H  f    h e i 2 f  d (2-27)
0

39
Vibrazioni

Generalmente essa è una funzione complessa

H  f   H R  f   jH i  f  (2-28)

con H R parte reale H i e parte immaginaria, dove


H R  f    h  cos 2 f d
0


H i  f    h  sin 2 f d ,
0

oppure, in forma polare:

H  f   H  f  e  i  f  (2-29)

con

H  f   H R2  f   H i2  f  (2-30)

detto anche fattore di guadagno e

 H f 
  f   tan 1  i 
 H R  f 
(2-31)

detto fattore di fase.

40
Vibrazioni

2.6 SISTEMA AD UN GRADO DI LIBERTA’NEL DOMINO DELLA


FREQUENZA

Figura 2.6 : schema di un sistema a un grado di libertà

Dalla meccanica è noto che

F t   Fk t   Fc t   Fm  0 (2-32)

dove

Fk t   k y t  (2-33)

forza della molla, con k rigidità della molla o costante elastica [N/m],

41
Vibrazioni

Fc t   c y t  (2-34)

forza di smorzamento, con c lo smorzamento [Ns/m],

Fm   m yt  (2-35)

forza inerziale, con

d y t 
y t   velocità (2-36)
dt

d 2 y t 
yt   accelerazione (2-37)
dt 2

Sostituendo semplicemente, segue dunque che

m yt   c y t   k y t   F t  (2-38)

Abbiamo definito la funzione di risposta in frequenza come la trasformata di


Fourier dell’uscita quando all’ingresso è applicato un impulso unitario.
Facendo la trasformata di Fourier di entrambi i membri della (2-38) e tenendo
conto che

  j 2ft
Y  f    y t e dt  H  f  (2-39)
0

Y  f   j 2fH  f  (2-40)

42
Vibrazioni

Y f   2f  H  f  F t    t 
2
(2-41)

Si deve tenere conto che la trasformata di una forza impulsiva e’ l’unita’ e


che la (2-40) e la (2-41) sfruttano una proprieta’ della trasformata di Fourier
relativa alla derivata.
Otteniamo alla fine

 2f  m  j 2fc  k H  f   1
2
(2-42)


H  f   k  2f  m  j 2fc
2
1
(2-43)

Introducendo:

c 1 k
 fn  cc  2 km (2-44)
2 km 2 m

dove

  fattore di smorzamento, dimensionale, del sistema: descrive lo


smorzamento del sistema come una porzione dimensionale dello
smorzamento critico cc . Se la massa viene mossa dalla sua posizione

originale e rilasciata, cc è quel valore dello smorzamento per il quale la

massa ritornerà alla sua posizione neutrale senza ulteriori oscillazioni:per il


sistema in figura vale cc  2 km
43
Vibrazioni

1 k
fn  : è la frequenza naturale non smorzata del sistema. Se il sistema
2 m
non ha smorzamento e la massa viene spinta dalla sua posizione e rilasciata,
il sistema oscilla all’infinito a questa frequenza.
La (2-43) può essere così riscritta:

1
H f   2
k
1   f   j 2  f 
(2-45)
 fn   fn 

In termini di fattore di guadagno e di fase:

1
H f   k
2
  f 2    f  2 (2-46)
1   f    2  f 
  n     n 

 f 
 2  f  
  f   tg   n 2 
1
(2-47)
 f  
1   f n  

Si riportano i relativi grafici:

44
Vibrazioni

Figura2.7: Fattore di guadagno

Figura2.8: Fattore di fase

Facciamo alcune considerazioni rispettivamente sul fattore di guadagno e sul


fattore di fase, che si possono notare facilmente dai grafici appena visti:
a. il fattore di guadagno ha un picco a una frequenza minore di f n per

tutti i casi in cui   1 (=0.7). La frequenza alla quale si trova un


2
45
Vibrazioni

picco è la frequenza di risonanza del sistema. Si può vedere,


minimizzando il denominatore di H  f  , che la frequenza di risonanza

f r è uguale a

f r  f n 1  2 2 con  2  0.5

e che il valore di picco del fattore di guadagno alla frequenza di risonanza è


pari a

1
H  fr   k con  2  0.5
2 1   2

b. il fattore di fase varia da 0° (per frequenze minori di f n ) a 180° (per

frequenze maggiori di f n ): l’andamento dipende dallo smorzamento

 . Per tutti i valori di  , comunque, la fase vale sempre 90° per


f  fn .

I sistemi fisici hanno di solito smorzamenti   1 , molto piccoli; le


strutture meccaniche hanno di solito rapporti di smorzamento di
  0.05.

Se chiamiamo larghezza di banda a metà potenza


Br  f 2  f1
dove

H  f1   H  f 2   H  fr 
2 2 1 2

2
nel dominio della frequenza si dimostra che, se i rapporti di smorzamento
sono piccoli, allora

Br  2 f r , da cui si ricava  .

46
Vibrazioni

Infatti

 Br  f 2  f 1  

  1 (2-48)
   Q  2

con

Q: fattore di qualità, che e’ il valore massimo della velocità di vibrazione alla


risonanza; Q= (V)max

Fig.2.9 Fattore di qualita’

47
Vibrazioni

2.7 DETERMINAZIONE DEL FATTORE DI SMORZAMENTO: METODO


DEL DECREMENTO LOGARITMICO NEL DOMINIO DEL TEMPO

A differenza dei componenti massa e rigidezza, lo smorzamento non può


essere determinato mediante prove statiche. Il valore del fattore di
smorzamento può essere ricavato sperimentalmente misurando l’ampiezza
decrescente di oscillazioni successive.
Si consideri infatti l’oscillazione libera di un sistema con smorzamento
inferiore a quello critico   1 .
Presi due istanti di tempo corrispondenti a due massimi consecutivi, il
rapporto tra le ampiezze dell’oscillazione risulta:

xt1  x1 X 0e nt1 cos s t1   0 


 
xt 2  x2 X 0 e nt2 cos s t 2   0 

Ma t 2  t1  T , dove T è il periodo dell’oscillazione  T  2  di conseguenza


 s 

x1 e n t1
si ha:  n t1 T   enT .
x2 e
x1
Si definisce decremento logaritmico il logaritmo naturale del rapporto :
x2

x 
  ln 1   nT (2-49)
 x2 

Dalla definizione di pulsazione naturale del sistema smorzato si ha poi:

2 n 2
 
s 1 2 (2-50)

48
Vibrazioni

Per valori del fattore di smorzamento sufficientemente piccoli   0.4  , si


può porre con buona approssimazione:

  2 (2-51)

Se si considerano, anziché due oscillazioni successive, n oscillazioni


successive, si ottiene:

x1 x x x x
 1 2 3 ... n  e nnT
xn 1 x2 x3 x4 xn 1

 x 
il cui logaritmo naturale vale: ln 1   n nT  n
 xn 1 

1  x1 
In definitiva risulta:   ln .
n  xn 1 

x1
In conclusione, se si riesce a misurare in via sperimentale il rapporto è
xn 1
poi possibile risalire al valore del fattore di smorzamento  .

49
Vibrazioni

x0
x1

Concludendo possiamo dire che la differenza tra il sistema a un grado di


libertà studiato nel dominio del tempo e in quello della frequenza è la
seguente:

TEMPO:
I: F  F0 sin  t  1 sola frequenza

U: y t   A sin  t     all’uscita stessa frequenza d’ingresso, ma sfasata


A
Studiamo quindi
F0
k
FREQUENZA:
I: F t    t   tutte le frequenze (infatti ingresso=impulso 
trasformata=1)
U: y  f   trasformata dell’ampiezza del moto

Studiamo quindi H  f  .

Si ricordi che il sistema ha una sola frequenza di risonanza.

Nei sistemi reali quindi o eccito il sistema con una vibrodina pilotata da una
sinusoide a frequenza variabile o solo con una martellata (impulso).

50
Vibrazioni

NOTE SULLE FREQUENZE

Possiamo quindi affermare che ci sono 3 tipi di frequenze:


a. frequenza naturale non smorzata (undamped)

1 k  k 
fn   n  
2  
m  m 
b. frequenza naturale smorzata (damped)

 2 
fd  fn 1  2    k   c    1   2 
 d m  2m 
n

 

c. frequenza di risonanza del sistema

 (per lo spostamento) f r  f n 1  2 2

 (per la velocità) fr  fn

fn
 (per l’ accelerazione) fr 
1  2 2

Per piccoli valori di  le tre frequenze sono molto vicine.

51
Vibrazioni

2.8 TRASFORMATA DI LAPLACE

Il vantaggio principale della trasformata di Fourier è quello di essere


fisicamente realizzabile.
Ad esempio, l’onda di pressione acustica è convertita in suono dall’orecchio.
Lo spettro sonoro è la trasformata di Fourier dell’onda di pressione: noi, cioè,
udiamo la trasformata di Fourier. Il meccanismo dell’orecchio è un computer
che valuta la trasformata di Fourier per onde di pressione acustiche.
Questo fatto non è vero per la trasformata di Laplace, che è realizzabile
matematicamente, ma non fisicamente. Di contro ci sono alcune limitazioni
nelle applicazioni di questo metodo. Nel caso, infatti, della trasformata di
Fourier, in genere il calcolo non è semplice. E’ molto complesso ottenere
soluzioni in forma chiusa: per quel che riguarda la risposta totale di un
sistema che sia somma di tutte le componenti di risposta, raramente è
possibile trovare un’espresione semplice in forma chiusa.

Per queste ed altre ragioni, tra le quali citiamo il fatto che i moderni sistemi di
analisi strutturale, come l’analisi modale sperimentale, sfruttano le
trasformate di Laplace, si giustifica l’introduzione della trasformata di Laplace
che ora andiamo ad indagare.
Tralasciando tutta la rigorosa trattazione matematica, in questa sede ci
accontentiamo di dire che, introducendo la variabile complessa s , definita
come s    i , chiameremo trasformata di Laplace il seguente integrale

F s   L  f t    f t e  st dt

(2-52)
0

La trasformata di Laplace è dunque l’operazione funzionale (che vedremo


essere lineare) che fa corrispondere ad una funzione reale (o complessa)
f t  , definita sull’asse reale positivo, la funzione F s  .

52
Vibrazioni

Diremo, per contro, che se F s  è la trasformata di Laplace di f t  , f t  è a


sua volta la trasformata inversa di F s  e potremmo scrivere

f t   L -1 F s  
1   i
 F s e st ds (2-53)
2 i   i 

TRASFORMATA DI LAPLACE: SEGNALI ELEMENTARI

SEGNALE f t  F s 

Impulso unitario  t  1

Gradino unitario 1t  1


s

Rampa unitaria t1t  1


s2

Parabola unitaria t 2 1t 


2
1
s3

Esponenziale e at 1t  1
s  a 
sin t1t  
Sinusoide s 2
2 
Cosinusoide cos t1t  s
s 2
2 
t n e at 1t 
n!
Esponenziale+monomio s  a n1

TRASFORMATA DI LAPLACE: PROPRIETA’

 linearità: c1 f1 t   c2 f 2 t   c1F1 s   c2 F2 s 
2
esempio:  t   2 1t   F s   1 
s
 teorema della traslazione nel tempo: f t  a 1t  a   F s e  as
53
Vibrazioni

3e -2 s
esempio: 3 1t  2  F s  
s
 teorema della traslazione nella frequenza: e at f t   F s  a 

esempio: e at 1t   F s   , cost 1t   F s   2


1 s
sa s 2

 teorema della derivata nel tempo:


d
dt
f t   sF s   f 0   

esempio: sin t 1t   F s  
s  2
2

teorema della derivata nella frequenza: tf t    F s 


d

ds

esempio: t 1t   F s  
1
s2

F s 
t
 teorema dell’ integrale nel tempo:  f  d 
0
s

 teorema di convoluzione: si definisce convoluzione di due segnali


f t  e g t 
 
 f  g t    f  g t   d   g   f t   d  L f  g t   L f t Lg t   F s G s 
0 0

 teorema del valore finale: lim f t   lim sF s  (se esistono


t   s 0

entrambi)

 
f t   1  e t 1t   F s   
1 1
s s 1
esempio:
lim f t   lim sF s   1
t   s 0

 teorema del valore iniziale: lim f t   lim sF s 


t 0 s 

f t   1  t 1t   F s    2
1 1
esempio: s s
lim f t   lim sF s   1
t 0 s 

54
Vibrazioni

Concludendo, possiamo affermare che con Laplace introduciamo


l’informazione della fase e quindi la fase relativa dei punti.

APPLICAZIONI DELLA TRASFORMATA DI LAPLACE

Adesso studieremo il sistema massa- molla-smorzamento nel dominio di


Laplace e ne vedremo tutti i vantaggi : a questo proposito introdurremo la
funzione di trasferimento, puntualizzando già ora che, a rigore, non
misuriamo le funzioni di trasferimento sull’intero piano s, ma piuttosto i valori
che esse assumono sull’asse jw, cioè quelle che per definizione sono le
funzioni di risposta in frequenza .Le funzioni di trasferimento assumono
particolare importanza perché, per loro tramite, è possibile l’individuazione
dei parametri modali della struttura:frequenze, smorzamenti, modi di vibrare.
Le funzioni di trasferimento assumono una parte fondamentale nell’analisi
delle vibrazioni strutturali. Mentre, infatti, non sempre e’ possibile descrivere
il comportamento dinamico di una struttura in fase progettuale, è sempre
possibile la misura delle varie funzioni di risposta in frequenza.
Non tratteremo, per adesso, i sistemi ad n gradi di liberta’ : la relativa
trattazione porta, dopo diversi passaggi matematici, a studiare n equazioni
rappresentanti sistemi ad un grado di liberta’: sottolineamo che , tra le
assunzioni di partenza che vengono fatte, assumiamo che la struttura sia
lineare la cui dinamica puo’ essere rappresentata da un set di equazioni
differenziali del secondo ordine. Inoltre, viene fatta l’assunzione che la
struttura segua la legge di reciprocita’ di Maxwell. Il teorema di reciprocita’ di
Maxwell, in termini di misure delle risposte in frequenza, implica che se si
misura la funzione di risposta in frequenza tra i punti A e B eccitando la
struttura in A e misurando la risposta in B, la stessa funzione di trasferimento
sara’ misurata eccitando la misura in B e misurando la risposta in A.

55
Vibrazioni

2.9 SISTEMA AD UN GRADO DI LIBERTA’ NEL DOMINIO DI


LAPLACE

2.9.1. Teoria
La rappresentazione matematica generale di un sistema ad 1 grado di
libertà è rappresentato dall’equazione:

mx  cx  kx  f (t ) (2-54)

ed è rappresentato schematicamente dalla figura 6:

Figura 2.10

Ponendo f(t)=0 è possibile risolvere l’equazione omogenea:

mx  cx  kx  0 (2-55)

Dalla teoria delle equazioni differenziali , possiamo assumere la soluzione


x=est , dove s è una costante da determinare. Sostituendo nell’equazione
sopra si ottiene:

ms 2

 cs  k e st =0 (2-56)

Allora possiamo scrivere:

56
Vibrazioni

c k
s2  s 0 (2-57)
m m

L’equazione (2-57) rappresenta l’equazione caratteristica, dove le radici S1 e S2


sono:

2
c  c  k
s1, 2     
2m  2m  m

Allora la soluzione generale risulta essere:

x(t )  Ae s1t  Be s 2t

dove A e B sono costanti determinate dalle condizioni iniziali imposte dal


sistema a t=0.

2.9.2. Teoria nel dominio di Laplace

L’equazione (2-54) è la rappresentazione del sistema della figura 2-7 con


f(t)=0. Una equivalente equazione del moto può essere determinata nel
dominio S o di Laplace. Questa rappresentazione ha il notevole vantaggio di
convertire una equazione differenziale in un’ equazione algebrica. Si
dimostra questo, prendendo la trasformata di Laplace dell’equazione (2-54).

Si ricava così:

L[ mx  cx  kx  ]=
 
 m s 2 X ( s )  sX (0)  X (0)  csX ( S )  X (0)  kX ( s )
 
 ms 2  cs  k X ( s )  msX (o)  mX (0)  cX (0)
(2-58)

57
Vibrazioni

L[f (t)]=F(s)

Allora l’equazione (2-54) diventa:

ms 2

 cs  k X ( s )  F ( s )  ms  c  X (0)  mX (0) (2-59)

dove X(0) e X (0) sono gli spostamenti iniziali e le velocità al tempo t=0.
Se assumiamo che le condizioni iniziali siano uguale a zero, l’equazione
precedente diventa:

ms 2

 cs  k X ( s )  F ( s ) (2-60)

Poniamo B( s )  ms 2  cs  k . Allora l’equazione (2-60) diventa:

B( s) X (s)  F (s ) (2-61)

L’equazione (2-61) è una rappresentazione equivalente dell’equazione (2-54)


nel dominio di Laplace. Il dominio di Laplace (piano complesso S ) è in
realtà collegato alla frequenza. Pensiamo alle quantità nell’equazione (2-
61) come segue:

F(s) -rappresentazione nel dominio della

frequenza di f(t)

X(s) –rappresentazione nel dominio della

frequenza della risposta del sistema x(t)

Vediamo dall’equazione (2-61) che la risposta del sistema X(s) e’


direttamente connessa alla funzione ingresso F(s) attraverso la quantita’
B(s):se conosciamo la funzione eccitante F(s) e la sua risposta X(s),

58
Vibrazioni

possiamo ricavare B(s).

F ( s)
B( s) 
X (s)

Più frequentemente si vuole conoscere la risposta del sistema, cioè:

F (s)
X (s)  (2-62)
B( s)

P o n e n d o H(s) = 1/ B(s), l’equazione (62) diventa:

X ( s)  H ( s) F (s) (2-63)

La quantità H(s) è conosciuta come la funzione di trasferimento del sistema.


In altre parole una funzione di trasferimento rapporta la trasformata di
Laplace della funzione ingresso del sistema alla trasformata di Laplace
della sua risposta. Dall’ equazione (2-63) definiamo matematicamente la
funzione di trasferimento come:

X (s)
H ( s)  (2-64)
F ( s)

Tornando all’equazione(2-62), possiamo scrivere la funzione di trasferimento


come:

1 X ( s)
m 
c k F (s)
s2  s 
m m

assumendo che le condizioni iniziali siano nulle.

59
Vibrazioni

Il termine al denominatore e’ riferito all’equazione caratteristica del sistema;


le radici dell’equazione caratteristica sono:

2
c  c  k
s1, 2      (2-65)
2m  2m  m

2.9.3 Definizione dei termini

Smorzamento critico

Definiamo come smorzamento critico Cc lo smorzamento che riduce il

radicale dell’equazione caratteristica a zero.

Cc k
  wn
2m m

con

Cc=2mw„= smorzamento critico


w„= frequenza naturale non smorzata

Rapporto di smorzamento

Definiamo il rapporto di smorzamento  il rapporto fra l’attuale smorzamento


del sistema e lo smorzamento critico:

60
Vibrazioni

C
fattore di smorzamento  = .
Cc

Le radici dell’ equazione caratteristica (2-65) possono essere così scritte:


s1, 2  n     2  1  (2-66)

Fattore di risonanza Q

1
Q
2

2.9.4. Classificazione dei sistemi

I sistemi possono essere classificati secondo il loro rapporto di


smorzamento:
(a) sistemi sovrasmorzati
smorzamento  > 1
(b) sistemi smorzati criticamente
smorzamento  =1
(c) sistemi sottosmorzati
smorzamento  <1

I diagrammi di figura 2.11 illustrano la locazione delle radici dell’equazione


caratteristica nel piano S. Il diagramma del caso (a) mostra due radici reali
che giacciono sull’asse  : se lo smorzamento aumenta le radici si muovono
sull’asse. Per il caso (b) vi e’ solo una radice reale. Il caso (c) mostra due
61
Vibrazioni

radici complesse essendo una la complessa coniugata dell’altra: si ricorda


che se le radici sono a destra dell’asse reale, il sistema è instabile.

Figura 2.11: (a) sovrasmorzato, (b) criticamente smorzato,


(c)sottosmorzato

Restringiamo la nostra attenzione ai sistemi sottosmorzati, cioè quelli


caratterizzati da  <1. Per un sistema sottosmorzato, le radici
dell’equazione caratteristica possono essere così scritte:

s1, 2    wd i

con
 : fattore di smorzamento
wd : frequenza naturale smorzata

Usando l’equazione (2-66) possiamo collegare i parametri di sopra al


rapporto di smorzamento  e alla frequenza naturale non smorzata wn come

segue:

 
  ; wn 
wd2   2 

La funzione di trasferimento H(s) può essere così riscritta:

62
Vibrazioni

1/ m
H ( s) 

s  p  s  p *  (2-67)

dove

p è il polo della funzione di trasferimento ed è pari a     d i

p *     d i .

I poli di un sistema ad un singolo grado di libertà possono essere riportati nel


grafico successivo (piano S):

Figura 2.12

La figura 2.14 riporta in un grafico tridimensionale la parte reale

dell’equazione riportata in (2.67).Occorre ricordare che la variabile s e’ una

variabile complessa e , quindi, ha una parte reale e una immaginaria.; puo’

essere vista come una funzione di due variabili che rappresenta una

63
Vibrazioni

superficie.

2.9.5. Espansione in frazioni parziali

Introduciamo il concetto di residuo in termini di espansione in frazione


parziale della funzione di trasferimento.
L’equazione (2-67) può essere espressa in termini di frazioni parziali:

1/ m c1 c2
H ( s)   
 
s  p  s  p s  p  s  p *
*
  (2-68)

Definiamo come residui della funzione di trasferimento le costanti c1 e c 2 .


Più avanti dimostreremo che i residui di una funzione di trasferimento sono
direttamente connessi all’ampiezza della funzione di risposta dell’impulso.
Possiamo risolvere per le costanti c1 e c 2 (residui) moltiplicando entrambi i
membri dell’ equazione sopra per s  p e calcolando il risultato per s  p .
Allora :

1/ m  c ( s  p) 
 c1  2
s  p*  s p
 
s  p*   s p

1/ m
 c1
 p  p* 

Allora:

64
Vibrazioni

1/ m 1/ m
c1 =  A
   wd i      wd i  2wd i (2-69)

In maniera analoga:

1/ m
c2 =  A*
 2 wd i

Definiamo adesso una forma standard di espressione per una funzione di


1
trasferimento, evidenziando la costante fuori da A e A* .
2i
Allora:

R R*
H ( s)   (2-70)
2i s  p  2i ( s  p *)

dove

1 1/ m R 1/ m
A d
 R
2i w 2i wd

1  1/ m  R* 1/ m
A*  d
  R*  .
2i w 2i wd

In generale per un sistema ad n gradi di libertà il residuo R sarà una


quantità complessa. Ma, come dimostrato per un sistema ad un grado di
libertà, R è puramente reale. Allora:

1/ m
R  R* 
wd

65
Vibrazioni

2.9.6. Definizione della funzione di risposta in frequenza

La funzione di risposta di frequenza è la funzione di trasferimento calcolata


lungo l’asse delle frequenze jw. Si ricava :

R R*
H ( s)  H ( jw)  
s  jw 2i (iw  p) 2i (iw  p *)

R R*
H ( jw)  
2i (iw    wd i ) 2i (iw    wd i )

1 R R* 
H ( jw)     (2-71)
2  ( wd  w)  i ( wd  w)  i 

Dal punto di vista sperimentale, quando parliamo di misura della funzione di


trasferimento, stiamo parlando della misura della funzione di risposta in
frequenza che è la funzione di trasferimento calcolata lungo l’asse delle
frequenze jw .
Il valore della funzione di risposta in frequenza alla sua frequenza naturale
smorzata è:

1R R* 
H ( wd )     (2-72)
2 i  2 wd  i 

che può essere approssimata con:

R
H ( wd ) 
2i

66
Vibrazioni

Il secondo termine sulla destra della (2-72) tende a zero quando wd diventa

grande: in altre parole il contributo della parte negativa della funzione di


risposta in frequenza è trascurabile.
Molti sistemi ad un grado di libertà sono rappresentati da :

R
H ( jw) 
2i ( w  p)

Un altro modo di interpretare l’equazione (2-71) è che il valore della


funzione di trasferimento, per un sistema ad un grado di libertà, ad una
particolare frequenza  e’ una funzione del residuo, dello smorzamento e
della frequenza naturale smorzata.

2.9.7. Risposta all’impulso

La risposta all’impulso di un sistema ad un grado di libertà può essere


determinato dalle equazioni precedenti assumendo che le condizioni iniziali
siano zero e che F (s ) =1 per un impulso. Allora:

R R*
X (s)  
2i s  p  2i ( s  p*)

R pt R * p*t
x(t )  LX ( s ) 
1
e  e  h(t ) =risposta all’impulso
2i 2i

=
2i
 R
2i

e e  e  wd it  e t 2isen( wd t )
R t wd it

x(t )  Re t sen( wd t )  h(t )

67
Vibrazioni

Allora possiamo dedurre che il residuo R è l’ampiezza della risposta


impulsiva e che la parte reale del polo è la velocità di decadimento e la parte
immaginaria del polo è la frequenza di oscillazione.
Le figure 2.15 e 2.16 illustrano la risposta di frequenza e la risposta impulsiva
rispettivamente, per un sistema ad un solo grado di libertà.

Figura 2.13 Andamento dello smorzamento

68
Vibrazioni

Figura 2.14: parte reale di una funzione di trasferimento

69
Vibrazioni

Figura 2.15: risposta in frequenza di un sistema ad un grado di libertà

Figura 2.16: risposta all’impulso di un sistema ad un grado di libertà

70
Vibrazioni

CAPITOLO 3

VIBRAZIONI DI SCAFO

3.1 TIPI DI VIBRAZIONE DELLA TRAVE-NAVE

Si possono avere diversi tipi di vibrazione che interessano la nave:


 vibrazioni flessionali, sia sul piano verticale sia sul piano
orizzontale
 vibrazioni torsionali
 vibrazioni longitudinali
e le diverse combinazioni tra esse.
I modi fondamentali di vibrazione sono associati alle frequenze naturali più
basse. Come si può notare dalla figura ,nel caso delle vibrazioni flessionali è
il modo a 2 nodi, nel caso delle vibrazioni torsionali e longitudinali è il modo
a 1 nodo.

71
Vibrazioni

Figura 3.1: tipi di vibrazione della trave-nave

Le vibrazioni verticali sono considerate le più importanti. Le loro frequenze


naturali sono le più basse rispetto agli altri tipi di vibrazione. Inoltre si ha
risonanza con le frequenze del motore ai bassi regimi. Quando una nave è
soggetta a carichi permanenti o a forze e momenti periodici, possono sorgere
delle vibrazioni globali sulla carena.
L’intera nave può essere vista come una struttura flessibile sottoposta a
vibrazioni. I diversi tipi di vibrazione dipendono dalle diverse cause eccitanti,
dalle forme della nave e dalla parte di nave presa in considerazione. Le
ampiezze di vibrazione dipendono da forze e momenti ciclici, dalle relazioni
dinamiche tra le frequenze delle armoniche delle eccitanti e le frequenze
naturali, dal luogo dove è posto il motore, dalle condizioni di carico.
Per la sicurezza strutturale della nave e il comfort dei passeggeri e
del’equipaggio, ci sono dei limiti che non possono essere superati per
ampiezza, velocità ed accelerazioni delle vibrazioni sulla carena.
deve essere nulla in quanto il motore deve essere equilibrato.

72
Vibrazioni

3.2 Procedure di calcolo di previsione delle vibrazioni:metodo FEM


Per limitare le vibrazioni piu’ pericolose e’ necessario evitare le situazioni di
risonanza tra le sorgenti di eccitazione e le frequenze naturali delle strutture
di scafo della nave.
Questo obiettivo si puo’ perseguire per mezzo di idonei strumenti di calcolo
previsionale. In grado di descrivere con sufficiente accuratezza le geometrie
strutturali sia globali che locali e la distribuzione dei pesi strutturali e non
strutturali ( quali motori, impianti, arredamenti, carichi liquidi, etc.). Le
schematizzazioni con il metodo degli Elementi Finiti sono fatte in modo da
poter eseguire sia i calcoli statici che dinamici, con i minimi adattamenti ed
integrazioni necessari. I modelli agli elementi finiti che risultano al giorno
d’oggi hanno dimensioni compresi tra 10000 e 100000 nodi ,con un totale di
10^4 -10^5 gradi di liberta’.Gli aspetti caratteristici della procedura di calcolo
dinamico possono essere riassunti nei seguenti punti.
1)Vengono calcolati le frequenze e i modi naturali , nella banda di frequenza
di interesse, con la tecnica della condensazione.
La massa dell’acqua aggiunta alla struttura che partecipa alla vibrazione
dello scafo ,viene determinata con il metodo dell’acqua virtuale : il calcolo
considera l’effetto della massa di un fluido incomprimibile semi-infinito,
aderente alla superficie esterna bagnata dell’elemento finito dello scafo.
2) Per tutti i punti significativi della nave, con la procedura vista , si calcolano
gli spettri dell’ampiezza di vibrazione in funzione della frequenza ,imponendo
come forzanti le pressioni indotte dalle eliche di propulsione..Questi spettri
rappresentano la previsione delle vibrazioni locali nel campo di normale
utilizzo della nave.

L’energia trasmessa alla nave da un elica che ha, un elevato numero di


pale,; e’ senz’altro caratterizzata da pulsazioni di intensita’ inferiore di quelle
di un’elica con un numero inferiore di pale , con una frequenza di eccitazione
piu’ elevata, a parita’ di spinta e di giri dell’elica ; gli effetti meccanici di

73
Vibrazioni

questa energia sono ridotti in quanto essa trova valori piu’ elevati delle cause
dissipative , prima di tutto lo smorzamento strutturale.

Fig.3.2 Schematizzazione agli elementi finiti

Fig.3.3 Forze di eccitazioni dell’elica

Fig.3.4 –Smorzamento strutturale

74
Vibrazioni

Fig.3.5 Vibrazioni e pressioni indotte sulla volta di poppa

Fig.3.6 Spettri in frequenza delle vibrazioni calcolate

75
Vibrazioni

3.3 Vibrazioni della linea d’assi

Le forze eccitanti provenienti dall’elica e dal motore possono provocare


vibrazioni sulla linea d’assi. Le vibrazioni torsionali creano sforzi sulla linea
d’assi che si esplicano in rotture a fatica. Le vibrazioni longitudinali, se
associate a risonanza, si esplicano invece sulle strutture globali e locali della
nave. Il fenomeno del “whirling” invece incrementa il carico dinamico dei
cuscinetti a poppa e lungo tutta la linea d’assi.

Figura 3.7: vibrazioni torsionali, assiali ,whirling

76
Vibrazioni

CAPITOLO 4

SORGENTI DI VIBRAZIONI

Sulle navi le maggiori sorgenti di vibrazione sono :


a. ELICHE
b. MOTORI DIESEL A 2 TEMPI
c. ONDE DEL MARE
Sulle navi passeggeri , essendo i motori diesel a 4 tempi sospesi, non se ne
tiene conto (con qualche eccezione!)

Figura 4.1: maggiori cause di eccitazione a bordo di una nave

La figura illustra le maggiori cause di eccitazione a bordo di una nave. Come


si può notare l’elica è di gran lunga la più importante. In particolar modo le
pressioni ad impulso dovute alla cavitazione dovrebbero essere le più basse
possibile. I momenti esterni causati dal motore possono creare vibrazioni
quando la frequenza del momento del secondo ordine coincide con la
frequenza della trave nave. Le fluttuazioni delle forze di spinta dovute al

77
Vibrazioni

motore principale e all’elica possono essere la ragione dei più elevati livelli di
frequenza.

4.1 ELICHE

L’elica è la fonte primaria di vibrazioni e rumore a bordo delle navi. Questi


dipendono dalle condizioni di lavoro dell’elica: se l’elica non è adatta alle
caratteristiche della scia della nave, vi è il rischio che sorgono fastidiose
vibrazioni e rumore.

Figura 4.2: propagazione del rumore e delle vibrazioni strutturali

Le forze irradiate da rumore e vibrazioni dell’elica vengono trasmesse alla


carena in due modi: attraverso l’albero e i cuscinetti e come fluttuazioni di
pressione nell’acqua. In condizioni ideali queste forze sono ugualmente
pericolose. Un aumento delle forze sui cuscinetti e sull’albero porta-elica può

78
Vibrazioni

avvenire nel caso si abbia risonanza. Le fluttuazioni di pressione possono


venire amplificate anche da 3  10 volte durante la cavitazione.

L’elica solitamente viene posta dietro la poppa della nave. Se la velocità del
flusso viene misurata dove è posta l’elica, questa velocità sarà minore della
velocità della nave per effetto della scia. Questo significa che l’elica lavora in
un flusso disturbato dietro la carena. La scia non è distribuita in modo uguale
nell’area disco dell’elica (vedi figura), cioè l’elica è sottoposta a variazioni di
scia durante la rotazione.

Figura 4.3
Usualmente la scia e’ più disturbata quando la pala passa alla sommita’ del

circolo, sotto la volta di poppa .La forza sulla pala allora aumenta

velocemente e viene creata una distinta pulsazione di pressione.

Nella figura successiva (Fig.4.4), riportiamo l’andamento tipico , nel dominio


del tempo, di una pressione indotta sulla volta di poppa, da un’elica a quattro
pale. Nella successiva (Fig.4.5) si riporta uno spettro di vibrazione misurato
nella zona di poppa di una nave cruise.

79
Vibrazioni

Figura 4.4

Fig. 4.5 : Spettro di vibrazione misurato sulla zona di poppa di una


nave cruise

4.1.2 FORZE ECCITANTI DOVUTE ALL’ELICA

Le eliche eccitano la nave in modi differenti. L’eccitazione di bassa frequenza


sarà percepita come vibrazioni della nave mentre quella a frequenze più
elevate sara’ percepita come rumore all’interno della nave stessa.

80
Vibrazioni

Le forze indotte dall’elica sono solitamente distinte in due gruppi


fondamentali, in accordo con il modo con cui esse si trasmettono dall’elica
alla nave: forze sull’albero dell’elica e forze di superficie di carena.
1. forze e momenti idrodinamici trasferiti all’albero porta-elica
Il carico idrodinamico sulle pale dell’elica crea forze e momenti che
vengono trasferiti all’albero porta-elica (vedi figura 4.6)

Figura 4.6

Quando la distanza tra le pale è uguale, queste forze e momenti


possono essere espressi in serie di Fourier, con componenti che
dipendono da multipli della frequenza di passaggio delle pale. Le
frequenze d’eccitazione sono del tipo

n Z RPM
f  [Hz] (4.1)
60

dove

Z : numero di pale dell’elica


RPM : giri al minuto dell’elica (Revolution per Minute)
n : numero delle armoniche

81
Vibrazioni

le forze ed i momenti idrodinamici dipendono da:


 distribuzione di scia
 progetto dell’elica (skew, numero di pale)
 velocità della nave
 RPM dell’elica
In prima approssimazione possiamo dire che l’ampiezza di queste
forze e momenti dipendono dal quadrato del numero dei giri RPM 2
e dalla velocità della nave.
In generale si può affermare che le eliche con numero dispari di pale
inducono fluttuazioni di spinta minori, ma momenti flettenti maggiori
rispetto ad eliche con numero pari di pale. Inoltre si è visto che i
momenti flettenti tendono a decrescere con l’aumentare del numero di
pale.
Questo tipo di eccitazione consiste principalmente di componenti del
primo ordine della frequenza di pala e contribuisce alle vibrazioni della
nave ma non al rumore.

2. forze di superficie di carena


il campo di pressioni fluttuanti indotte dall’elica è dovuto
essenzialmente a:
 elica non cavitante: gli elementi da considerare sono : lo
spessore delle pale dell’elica e il carico idrodinamico
Questo campo di pressione contiene generalmente componenti di
prima armonica delle pale dell’elica. Il campo di pressione ruota
con le pale e questo fatto implica che è presente uno sfasamento
di fase delle pressioni sulla superficie di carena così che le
risultanti forze sulla nave saranno molto piccole e non importanti
per le vibrazioni
 crescita e collasso della cavitazione sulle pale dell’elica

82
Vibrazioni

Sarà fatta una distinzione tra la pressione generata da una


cavitazione “transiente” sulle pali dell’elica (a) e quelle generate da
“vortici cavitanti” (b)

(a) Questo tipo di campo di pressione e’ normalmente la


sorgente di eccitazione delle vibrazioni della nave. Il
campo di pressione contiene componenti multiple delle
armoniche di pala. Questo campo di pressione
contribuisce marginalmente al rumore all’interno della
nave.
(b) Il campo di pressione generato da vortici cavitanti
contiene uno spettro continuo di pressione ed e’
responsabile del rumore udibile a bordo proveniente
dalle eliche. I vortici creati dalle eliche a passo fisso
cosi’ come da quelle a passo variabile sono del tipo
“tip vortex “.I tip vortex e il campo di pressione
generato da loro aumentano gradualmente con i giri
RPM delle eliche. Comunque, per le eliche a passo
variabile i vortici sono generati a passo ridotto: allora il
rumore e le vibrazioni presenti nella zona di poppa
saranno più severi a velocità ridotta che non a velocità
elevata.
La fig.4.7 illustra il comportamento del campo di pressione generato da
eliche che eccitano vibrazioni e rumore

83
Vibrazioni

Fig.4.7 :Pressioni indotte da eliche misurate a diversi punti

Nel piano dell’elica il campo di pressione consiste principalmente nelle


componenti delle frequenze di pala generate dalla cavitazione
transiente sulle pale dell’elica. Spostandoci a poppa , le componenti
delle armoniche della pressione decrescono ma aumenta la
“broadband”(banda larga) delle pressioni. Questo fatto indica che il
campo di pressione a banda larga e’ generato dal collasso della
cavitazione tip-vortex.
L’ampiezza e la frequenza della pressione misurata dipende
largamente dalla posizione dei trasduttori posizionati sullo scafo
poiché essi sono “in campo prossimo”. Risulta , quindi, difficile
stabilire l’ampiezza dell’eccitazione basandosi sui pochi trasduttori
usati .In idro-acustica è comune descrivere sorgenti di rumore come
sorgenti puntuali equivalenti : questa operazione viene fatta anche con
le eliche. Il vantaggio di considerare l’elica come una sorgente idro-
acustica e’ che l’eccitazione dell’elica può essere valutata da sola
senza prendere in considerazione le “clearance” tra elica e scafo. Il

84
Vibrazioni

DNV ha sviluppato un metodo empirico- chiamato Tip Vortex Index-


per predire il campo di pressione a banda larga generata dalla
cavitazione “tip vortex” .

Campo di pressione generato da un’elica non cavitante

Esistono dei metodi che sono in grado di calcolare con accuratezza il


campo di pressione dovuto ad un’elica non cavitante. In questo caso
sono di particolare importanza:
- il numero delle pale
- lo spessore delle pale

Campo di pressione generato da un’elica cavitante(transiente)

In generale la pressione p può essere espressa come


p   (4.2)
t

dove

 : densità dell’acqua
 : velocità potenziale
t : tempo

Considerando una cavità di volume che copre un’area A e


rappresentato da una distribuzione sorgente/pozzo q , la pressione ad
una distanza r può essere scritta come:

  dA
p  q
4 t A r (4.3)

85
Vibrazioni

 
q  ux (4.4)
t x

dove

 : spessore della cavità


u x : componente della velocità lungo la corda

Considerando un volume cavitante sulla pala dell’elica si forma un


picco alto e stretto ; si può dimostrare che le equazioni vengono
semplificate nelle seguenti
 
(assumendo che  u x e r 2  A )
t x

  
4 r t A t
p dA (4.5)

   2V
t A t
dA  2 (4.6)
t

 1  2V
p
4 r  2t (4.7)

con V volume della cavitazione.

Ciò significa che quando la distanza di un punto del campo può


essere confrontata con l’estensione della cavitazione, il campo di
pressione indotto dalla transizione è proporzionale alla derivata
seconda del volume della cavità rispetto al tempo.
L’esperienza mostra che i parametri dell’elica che hanno particolare
influenza sugli impulsi di pressione sono:
 la distribuzione radiale del carico sulle pale

86
Vibrazioni

 la forma a skew delle pale dell’elica


 l’area della pala
Si nota che il numero delle pale non ha particolare influenza sugli
effetti della pressione. Inoltre c’è da aggiungere che più grande è la
superficie di carena esposta maggiori saranno le forze risultanti. Per i
calcoli sulla trave nave e sulle sovrastrutture, comunque, solo le forze
di eccitazione totali sulla superficie dello scafo sono importanti. In
questo caso il contributo degli impulsi di pressione non cavitante
possono essere trascurati. I motivi essenziali di questo fatto sono i
seguenti:
- La pressione di un’elica non cavitante (approssimativamente) è
proporzionale inversamente alla seconda potenza della distanza
dell’elica, in contrapposizione ad un’elica cavitante, in cui la
pressione diminuisce (sempre approssimativamente) in modo
inversamente proporzionale alla distanza.
 L’angolo di fase della pressione dovuta alla cavitazione è quasi
costante su buona parte dello scafo (p c ) , mentre l’angolo di fase

di una pressione di un’elica non cavitante sarà variabile lungo tutto


lo scafo (po)
Quindi la pressione derivante da un’elica non cavitante puo’
rappresentare una parte significativa della pressione totale quando
consideriamo l’area intorno all’apertura dell’elica. Di conseguenza,
quando consideriamo le forze integrate sulla poppa della nave, il
contributo di un’elica non cavitante e’ piccolo.
Si può vedere una distribuzione schematica della pressione sulla superficie
dello scafo, con entrambi i contributi dell’elica non cavitante e cavitante.

87
Vibrazioni

Figura 4.8

Il totale delle forze distribuite lungo lo scafo è descritto schematicamente


nella per le condizioni di pieno carico e zavorra.

Figura 4.9

88
Vibrazioni

Di norma viene eseguito il calcolo delle vibrazioni con il metodo FEM


applicando la prima o le prime due armoniche delle pressioni e –talvolta- le
forze dell’asse .In aggiunta alle componenti di vibrazioni delle prime due
armoniche, il DNV ha elaborato un metodo semi-empirico per calcolare la
vibrazione a larga banda eccitata dalla cavitazione “tip vortex”

4.1.3 NOTE SULLE FLUTTUAZIONI DI PRESSIONE


Consideriamo gli effetti, dovuti alle eliche, che contribuiscono alle fluttuazioni
di pressioni sullo scafo:
a)effetto spostamento delle pale dovuto al loro moto nell’acqua
b)effetto spinta sulle pale quando si muovono attraverso l’acqua
c) effetto della cavitazione sulle pale; questo effetto può essere decomposto
in:
(i) effetto spostamento comparabile con a)
(ii) effetto della crescita e dell’implosione delle bolle
Gli effetti a) ,b) e c(i) sono associati alla velocità di rotazione delle pale e
provocano un disturbo che viaggia lungo lo scafo. In campo prossimo le
pressioni risultanti sono caratterizzate da :
-decadimento che aumenta con la distanza dalle sezioni delle pale(
inversamente proporzionale al quadrato della distanza r) e da
-grandi differenze di fase in punti differenti
In contrasto con questi andamenti , le pressioni in campo prossimo derivanti
dall’effetto (ii) mostrano:
-un decadimento con l’aumentare della distanza r dalla cavitazione
(inversamente proporzionale a r) e
-piccole differenze di fase in punti differenti
In una posizione vicina all’elica , la prima categoria di contributi della
pressione può essere dello stesso ordine di grandezza del contributo dovuto
all’effetto (ii).Le caratteristiche di cui abbiamo parlato, però,causano forze di
eccitazioni più grandi a causa delle variazioni di volume che incidono piu’
degli altri effetti.
Questo e’ riportato schematicamente nella figura seguente :

89
Vibrazioni

Fig.4.10

La figura mostra una rappresentazione schematica delle fluttuazioni di


pressione e le forze risultanti dovute all’effetto spostamento e alle variazioni
di volume di cavita’, laddove , dall’alto in basso, possiamo distinguere:
a)ampiezza delle forze risultanti
b)distribuzione dei livelli istantanei di pressione a t=0
c)distribuzione degli angoli di fase
d)distribuzione delle ampiezze di pressione

90
Vibrazioni

Per valutare il rischio delle vibrazioni, è generalmente sufficiente tenere in


debito acconto solo le fluttuazioni di pressione indotte dalla cavitazione.

4.1.4 NOTE SULLA CAVITAZIONE

Alla pressione atmosferica l’acqua bolle ad una temperatura pari a 100°. Se


la pressione è minore di quella atmosferica, l’acqua bollirà ad una
temperatura inferiore. A pressioni sufficientemente basse , l’acqua bollirà alla
normale temperatura dell’ambiente. La cavitazione sorge quando la
pressione nel liquido attorno alle pale dell’elica e così bassa che il medesimo
incomincia a bollire. A questo punto si formano delle piccole bolle (pos.1) che
si uniscono sul dorso delle pale e creano una cavità di dimensioni variabili.

Figura 4.11

Esse diventano sempre più numerose durante il moto continuo delle pale. Le
bolle si riuniscono insieme a formare una bolla più grande o cavità(pos.3). La
cavitazione continua dalla pos. (1) alla pos. (4) : quindi la cavità collassa e
sparisce completamente al punto (5) dove la scia torna normale .
La pala di un’elica può essere vista come un profilo alare caratterizzato da
una pressione negativa sul dorso e una pressione positiva sulla faccia. Ogni
elica è progettata per lavorare in una scia indisturbata con un certo angolo
d’incidenza. Se le pale dell’elica operano in una scia diversa allora l’angolo di

91
Vibrazioni

incidenza varia bruscamente. Questo accade quando la pala attraversa


l’area superiore del circolo , sul dritto di poppa .Quando l’angolo di incidenza
è cambiato di tanto sia per la scia differente sia perche’ la pressione negativa
diventa sufficientemente grande ,accade che l’acqua inizia a bollire. Questo
accade quando la pressione negativa eccede il limite di cavitazione. Si
formano delle bolle o cavità attorno alle pale. Appena l’angolo ritorna nei suoi
valori normali queste bolle collassano ed implodono, creando il rumore
causato dalla cavitazione stessa.

Figura 4.12

La crescita ed il collasso delle bolle creano inoltre fluttuazioni di pressione


che si trasformano in vibrazioni sulla carena.
Se l’elica non è cavitante, la pressione risultante ha un andamento
approssimativamente sinusoidale.Le armoniche più alte, che come sappiamo
sono quelle che aumentano il rischio delle vibrazioni più severe, servono solo
per valutare se l’elica cavita.

92
Vibrazioni

La figura 4.13 mostra diversi tipi di cavitazione che possono caratterizzare


l’elica di una nave.

Figura 4.13: vari tipi di cavitazione

Nel caso ideale l’elica induce una pressione fluttuante p sulla volta di poppa
che è una funzione periodica del tempo t . La periodicità T corrisponde a
1
esima parte del giro dell’elica ( Z : numero delle pale). La frequenza
Z
1
fondamentale f 0 è uguale alla frequenza delle pale, cioè f 0  . Quindi il
T
segnale per un’elica non cavitante è sinusoidale. Per l’elica cavitante invece
il segnale risulta periodico complesso: a differenza del caso precedente le
ampiezze delle armoniche più alte diventano dello stesso ordine
dell’ampiezza della prima armonica.

93
Vibrazioni

Figura 4.14

Figura 4.15

Le tipiche variazioni di pressione sul bordo d’uscita delle pale –sulla faccia e
sul dorso- si possono vedere nelle seguenti figure. Quando l’aspirazione

94
Vibrazioni

sulle pale decresce fino a scendere sotto la pressione di vapore, cavità si


sviluppano lungo le pale; queste cavità crescono e collassano mentre la pala
passa attraverso i punti in cui la velocità nella regione poppiera è più bassa.

Figura 4.16

La crescita e il collasso delle cavità, in aggiunta all’effetto dello spessore


delle pale, inducono fluttuazioni di pressione e forze sulla carena.
In relazione all’elica come fonte principale di eccitazione, deve essere
valutato il risultato degli impulsi di pressione sulla carena.
La figura 4.17 dà un’indicazione all’importanza di tenere bassi gli impulsi di
pressione dell’elica riguardo al rischio di danni a fatica a poppa. La figura è
basata su rotture riportate a estrema poppa di 20 navi, dove gli impulsi di
pressione erano già stati misurati. Secondo queste ricerche il 60% delle navi
con una pressione dell’ordine di 10 kPa o una frequenza uguale alla
frequenza della pala, ha riportato danni a fatica. Un altro 20% delle navi con

95
Vibrazioni

pressione pari a 5 kPa mostra rotture simili. La massima pressione


consentita di 8 kPa della figura è da considerarsi indicativa.

Figura 4.17
Nella figura P = livello di rischio di danno (N.di navi con danni/N.totale di
navi)
Pz = Impulsi di pressione della frequenza di pala
PTOT  Impulsi di pressione totale
I suddetti impulsi di pressione a poppa sono causati dal campo di fluttuazione
di pressione indotto dalla caricazione idrodinamica e dallo spessore dell’elica
rotante e dalle non uniformità del campo di scia della nave.
Ciascuna rotazione di pala porta con sé un campo di pressione variabile
dovuto sia alla portanza e alle variazioni di portanza sulla sezione di
ciascuna pala sia agli effetti dello spostamento della massa liquida. Questo
campo di pressione ciclico dà origine a forze di eccitazione sullo scafo; in
ogni caso il loro effetto è piccolo quando le luci sono del 15% più grandi del
diametro e le pale sono esenti da cavitazione. Eccitazioni dominanti dell’elica
possono presentarsi infatti con la crescita e il collasso delle cavità sulle pale

96
Vibrazioni

dell’elica. L’importanza della cavitazione a questo riguardo si può vedere


nella Figura 4.18

Figura 4.18

Ci sono differenze significative tra il campo di pressione indotto da un’elica


cavitante e quello indotto da una cavitazione transitoria, entrambe riguardanti
il cambio dell’angolo di fase lungo lo scafo e il modo nel quale gli impulsi di
pressione diminuiscono con la distanza dall’elica. Questo può essere
importante per considerazioni su fenomeni a fatica dell’apice di pala

Dato il fatto che queste forze sono date fondamentalmente dalla cavitazione,
è importante conoscere i tipi di cavitazione che le causano. In praticano
esistono diversi tipi di cavitazione.

97
Vibrazioni

Dal punto di vista delle eccitazioni dello scafo, i seguenti tipi sono indicati
come i maggiori contributori:
 la cavitazione a lamina sulle pale
 la cavitazione di vortice all’apice
 la cavitazione a vortice tra carena ed elica
In generale, il fulcro del vortice non contribuisce significatamente alle
vibrazioni dello scafo a meno che non sia troppo forte ed ecciti il timone. La
faccia o il lato in pressione, anche se contribuiscono al rumore ad alta
frequenza, non contribuiscono significatamene alle eccitazioni della carena.
Eccetto le navi caratterizzate da basse segnature di rumore, la maggioranza
dei problemi di eccitazione di eliche cavitanti sono associati alla cavitazione
completamente sviluppata.
La formazione, la crescita e il collasso dei volumi di cavitazione provocano
violente pulsazioni di pressione (o piuttosto onde di shock) che eccitano lo
scafo. In questi istanti le forze sono massime. Questo, contrariamente a ciò
che capita nel caso di eliche non cavitanti, dove le forze che si esercitano
sono più piccole.
Le pulsazioni di pressione che interagiscono con la carena provocano
vibrazioni alla struttura della nave che generano un campo di pressione
reattivo. Il profilo della carena influisce sul caricamento dinamico e dunque
sul livello della risposta di una determinata struttura alla distribuzione delle
eccitazioni dovute all’elica.
I risultati ottenuti dalle esperienze effettuate sui modelli in scala o da
osservazioni a larga scala indicano che la cavitazione a metà corda, a
nuvola, a schiuma e a strisce e la cavitazione a lamina sulla faccia della pala
dell’elica sono i motivi principali dell’erosione dell’elica, mentre un’estesa
cavitazione a lamina sul dorso della pala (coprendo il 50% o più dell’intera
area della pala) è responsabile della spinta di rottura. All’interno del contesto
delle eccitazioni di carena indotte dalla cavitazione, la cavitazione a lamina e
a vortice hanno ottenuto maggior attenzione ed è stata data a loro la
responsabilità della maggior parte della pressione indotta. Questi due tipi di

98
Vibrazioni

cavitazione possono formarsi ciascuno sulle pale o fuori dalle pale dell’elica.
In generale, la cavitazione sulle pale è responsabile delle componenti di
frequenza della pala e della sua prima armonica, mentre la cavitazione fuori
dalla pala speso collassa in modo semi-casuale soprattutto provocando
pressioni ad armoniche superiori multiple della frequenza di pala.
In termini schematicamente molto schematici, le forze eccitanti sono date da:

FHULL  M
WA
p SBFnz pe i (t  ) dS
(4.8)

dove

FHULL : forza d’eccitazione di carena [N]

M p : mode profile [-]

SBF : solid boundary factor [-]


p : pressione [N/m2]
 : frequenza d’eccitazione [rad/s]
t : tempo [s]
 : angolo di fase [rad]
nz : versore normale in direzione verticale [-]
dS : area elementare [m2]
WA : superficie bagnata [m2]

Dunque, la forza d’eccitazione sulla carena, dovuta ad eliche cavitanti, può


essere ridotta attraverso:
 riducendo le pressioni di eccitazione sulla carena
 riducendo il solid boundary factor
 riducendo l’effettiva superficie bagnata sulla quale agisce il campo
di pressione
 adattando la distribuzione longitudinale della forza sul profilo della
carena.

99
Vibrazioni

Dalla comprensione delle cause primarie che influenzano il generarsi delle


forze di eccitazione della carena è possibile ridurre ll’ delle forze abbassando
il contributo di ciascuno degli elementi di base. Un modello per la
generazione di pressione della carena dovuta a cavità dinamiche (per
esempio variazioni di volume) è stato proposto da Huse nel 1975. Questo
modello suppone un sistema di N cavità di volume Vi (i=1,…,N) ciascuno ad
una distanza ai dalla carena. Rappresentando il volume con un punto di
sorgente ed utilizzando l’equazione di Bernuolli la pressione su un punto
della carena che si ottiene è

 N  1 Vi 
pcvv t   SBF  
t i 1  4ai t  (4.9)

dove

pcvv : pressione dovuta all’attività dinamica della cavità

 : coordinata della posizione angolare del disco-elica


 : densità dell’acqua.

Assumendo costante la rotazione dell’albero, n, la (4.9) si riduce a

 1 
 1  2Vi Vi  ai 
N
pcvv t   SBF n  
2
  (4.10)
i 1  ai t   2 
 

Supponendo che questo semplice modello sia valido si possono formulare


deduzioni concernenti le distribuzioni di Vi (con la posizione angolare) che
contribuiscono alle basse pressioni di eccitazione. Tali dati sono confermati
da esperimenti fisici e chimici. Comunque esistono relativamente pochi
risultati sulla formazione della cavitazione dati da stereogrammi ottenuti da
navi o modelli in scala. Controlli delle misurazioni e dati delle diverse

100
Vibrazioni

tipologie di cavità indicano che V  f  varia come si vede in Figura 4.19 e


i

Vi r  , con r coordinata radiale, varia come in Figura 4.20.

Figura 4.19

Figura 4.20

Alcune osservazioni su larga scala mostrano come il volume maggiore di


cavitazione sembra crescere e crollare come un nodo di cavitazione, il quale

101
Vibrazioni

è relativamente stazionario nello spazio. La Figura 4.21 illustra le variazioni


di volume associate a questo aspetto.

Figura 4.21

4.1.5 STIMA MASSIMA DEI LIVELLI DELLE PRESSIONI

1°CRITERIO:

Come limite superiore degli impulsi di pressione sulla superficie dello scafo
(poppa) sopra l’elica si prende il valore

 pmax  8500 N
m2

2°CRITERIO:

102
Vibrazioni

Il livello massimo raccomandato per frequenze di pala corrispondenti ad un


livello di velocità di vibrazione verticale di 4 mm/s RMS (corrispondente a 5.7

m/s picco ) per segnali stazionari è pari a

2
V  1.4 106 B  H 
pmax  0.884 A2   f   7 N
D   A Lf  m2

dove

T 
 A   A  volume di carena [m3]
T 
T immersione di progetto [m]
TA immersione poppiera [m]
D diametro dell’elica [m]
L lunghezza tra le perpendicolari [m]
B larghezza [m]
H altezza di costruzione [m]
f frequenza di pala dell’elica [Hz]

4.1.6 BATTIMENTI

Prima di misurare le vibrazioni di scafo,occorre verificare che le due eliche-


se siamo in presenza di una propulsione ciclica-, stiano ruotando alla stessa
velocita’, altrimenti viene innescato il fenomeno chiamato”battimento” che è
dovuto alla differenza delle velocita’ delle eliche medesime

Consideriamo 2 funzioni del tipo

103
Vibrazioni

x1  A cos  t
x 2  A cos   t

le quali descrivono 2 corpi aventi la stessa ampiezza, ma frequenze


leggermente diverse ( ad esempio 2 eliche, una a 140 giri/min e l’altra a 142
giri/min).
Abbiamo quindi che:

 x  x1  x2  A cos  t  A cos   t  Acos  t  cos   t 

Ma sappiamo che cos x  cos y  2 cos


1
x  y   cos 1 x  y  , quindi
2 2
otteniamo

            
x  A2 cos  t   t   t   cos
1
t   2 A cos t   cos   t
 2  2    2   2 

L’ampiezza risultante varia tra 0 e 2 A , secondo il termine


  
2 A cos t , mentre il moto generale di x è un’onda sinusoidale la
 2 

cui frequenza angolare è uguale a   .
2
 Siamo in presenza di battimenti. Quando l’ampiezza raggiunge un
massimo, si dice che avviene un battimento. La frequenza di
battimento, determinata da 2 massimi consecutivi è pari a

    
fb    [Hz]
2 2 2

104
Vibrazioni

x
2


2A

Figura 4.22

4.2 MOTORI DIESEL A 2 TEMPI

Figura 4.23: definizione di forze e momenti

105
Vibrazioni

Per un motore a 2 tempi, che ha frequenze di eccitazione basse, i limiti


vengono dati solo sulle ampiezze delle vibrazioni. Per motori medio-veloci a
4 tempi con frequenze più alte, i limiti vengono dati per velocità ed
accelerazioni.
Per minimizzare le vibrazioni si deve cercare di evitare la risonanza. Per
controllare le vibrazioni molti armatori utilizzano le tecniche agli elementi finiti
per le strutture e porgono particolare attenzione alla costruzione dell’elica.
Avendo il motore a 2 tempi frequenze naturali basse, esso risulta essere più
pericoloso per le vibrazioni. Le eccitanti del motore possono essere originate
da forze e momenti generate da forze d’inerzia cicliche di masse rotanti non
bilanciate. Una certa influenza è data anche dalla linea d’assi con le sue
vibrazioni assiali e torsionali. Le masse rotanti provocano forze cicliche del
primo e del secondo ordine per ogni cilindro. Vettorialmente la somma di
queste forze e’ zero nei motori con sequenze regolari di firing.
Le forze di massa libere generano dei momenti; questi principalmente sono
un momento verticale del primo ordine M 1V , un momento orizzontale del

primo ordine M 1H e un momento verticale del secondo ordine M 2V .

Per la maggior parte dei motori a 4, 5, 6 cilindri il momento verticale del


secondo ordine è particolarmente importante. Nei motori a 4 cilindri tutti i
momenti del primo ordine devono essere presi in considerazione.

106
Vibrazioni

Figura 4.24

Figura 4.25

107
Vibrazioni

Figura 4.26

Figura 4.27

108
Vibrazioni

Ciascuno di questi momenti eccita lo scafo quando la frequenza di


eccitazione armonica è vicina ad una frequenza di scafo o quando i momenti
liberi agiscono su un nodo di vibrazione ( vedi Figura.4.26).
Un metodo comune usato per ridurre sul motore le vibrazioni del secondo
ordine e’ quello di compensare il momento libero del secondo ordine con
opportuni pesi controrotanti alla velocità doppia del motore (vedi Figura
4.27)
Inoltre, se il nodo della vibrazione critica coincide con il lato finale del motore,
e’ sufficiente solo un su un lato solo del motore.

4.3 ONDE DEL MARE

I modi di vibrare a due nodi della nave sono solitamente eccitati dalle onde.

Figura 4.28

Le eccitazioni dovute alle onde si possono esplicare in due diversi modi.

109
Vibrazioni

Il primo è quello dovuto alla risonanza con le onde del mare, che crea forze
eccitanti lungo tutta la carena. Questo fenomeno è noto come “springing”. Il
secondo è quello del “bow slamming” e dell’impatto del fondo che in mare
mosso causano delle vibrazioni transitorie che nascono bruscamente e poi si
smorzano lentamente. Questo fenomeno e’ chiamato”whipping”. Solitamente
questi due tipi di vibrazione appaiono insieme ed è molto difficile separarli in
pratica.
Il fenomeno dello “springing” crea un momento flettente e quindi degli sforzi
longitudinali sul ponte e sul fondo. Questo momento flettente è molto più
grande nella zona della sezione maestra e alle basse frequenze viene
addizionato ai momenti flettenti causati dall’ inarcamento (hogging) o
dall’insellamento (sagging) della nave.
Il livello di vibrazione di “springing” dipende pesantemente dallo stato del
mare e dalle condizioni della nave. Le previsioni teoriche sono difficili,
soprattutto per le eccitazioni idrodinamiche e lo smorzamento. Basandosi su
misurazioni e altre esperienze comunque si può trarre qualche conclusione:
 lo “springing” aumenta con l’aumento del periodo naturale
 lo “springing” diminuisce con l’immersione della nave
 lo “springing” aumenta con la velocità della nave
 lo “springing” varia con l’angolo d’incontro delle onde, essendo più
significativo in mare di prua e più piccolo in mare di poppa
 lo “springing” aumenta con pendenze d’onda significative
Si può scrivere il valor medio della vibrazione di “springing” attraverso la
seguente formula:

H1
 
S 3

cos 2   A 1  Bv c 
2
2
T

dove

H 1 : altezza significativa d’onda


3

110
Vibrazioni

T : periodo medio dell’onda


 : angolo d’incontro
v : velocità della nave (in nodi)
c : esponente vicino a 2
A , B : costanti che dipendono dalla frequenza naturale, dalla geometria
della nave, dall’immersione e dallo smorzamento
Valori caratteristici per ottenere i valori degli RMS sulla sezione maestra sul
ponte e sul fondo di una nave cisterna sono:

N s2
A  17
mm 2 m
B  0.006 knots 2

Gli sforzi di “springing” appaiono come random, nelle componenti di rumore a


banda stretta nello spettro degli sforzi. La maggior ampiezza dello sforzo,
S max , prevista in una sequenza di N cicli, può essere stimata con la

seguente formula:

S max  S RMS 2 ln N

Navi non convenzionali che hanno un particolare lungo periodo naturale di


vibrazione come per esempio alcuni tipi di Great Lake Carriers hanno
bisogno certamente di una particolare considerazione rispetto allo
“springing”.
Nelle navi convenzionali non stati riscontrati gravi problemi con lo “springing”.
Gli sforzi che esso causa sono più pronunciati nelle grandi petroliere e si
deve tener conto, nelle stime delle forze longitudinali flettenti, di un 10%.
Inoltre, quando vibrazioni di “springing” estreme vengono osservate dai
comandanti, questi devono cercare di ridurre la velocità e variare la rotta.
Nelle navi più piccole le vibrazioni sono causate soprattutto dallo “slamming”

111
Vibrazioni

di prua. In questo caso, comunque, le forze localizzate a prora sono un


problema grande quanto le vibrazioni causate da “whipping”.

Figura 4.29

112
Vibrazioni

CAPITOLO 5
SMORZAMENTO DEI MATERIALI

NOTE SULLO SMORZAMENTO

F t 

k c

Prendiamo in considerazione una funzione del tipo

mx  cx  kx  F t  (5.1)

Se

F t   F0 sin  t

allora

xt   X sin  t   

dove

113
Vibrazioni


 
 1

k

 X  0 1  r  2r 
F 2 2 2  
 2

 (5.2)
tan   c
 k  m 2

con

X valore di picco dello spostamento [m]

 f
r  rapporto tra la frequenza eccitante e la frequenza naturale non
n f n
smorzata del sistema [-]

n
fn  frequenza naturale non smorzata [Hz]
2

k
dove n  [rad/s]
m

c
  rapporto di smorzamento o frazione di smorzamento critico (100  =
cc
percento dello smorzamento critico) [-]

dove cc è il coefficiente di smorzamento viscoso critico; è il più piccolo valore

di c per il quale la massa non eseguirà alcuna oscillazione se spostata dalla


sua posizione di equilibrio e rilasciata (in assenza di altre forze) [Ns/m]:
k
cc  2 m  2 km  2mn .
m
Infatti, dall’equazione (5.1), con F(t)=0, nel dominio del tempo, abbiamo la
soluzione xt   ce st ; quindi otteniamo

ms 2  cs  k  0

114
Vibrazioni

 c  c 2  4mk
2
c  c  k
s1, 2      
2m 2m  2m  m

2
 c  k k
Se  c    0 otteniamo cc  2m  2 km  2mn .
 2m  m m

 1
 1
 1

c
  FATTORE DI SMORZAMENTO
cc

Dall’equazione (5.2):

 a basse frequenze lo spostamento è controllato dalla molla, infatti

k F0
r 2  1   2   X  X STATICA
m k

 ad alte frequenze lo spostamento è controllato dalla massa, infatti

k F0 F0
r 2  1   2   X  X 2  A 
m m 2 m

115
Vibrazioni

 alla frequenza naturale non smorzata che è anche molto vicina alla
frequenza di risonanza del sistema smorzato per piccoli smorzamenti
(  2  1 ) si ha

  n e r 1

da cui

X ris k 1
Q (5.3)
F0 2

con X ris ampiezza dello spostamento per r  1 ed Q amplificazione alla

risonanza [-].

Dalla (5.3) otteniamo

F0 1 F 1c F 1 2 m n F0 m 2 F0
X ris    0 c  0   (5.4)
k 2 k 2c k 2 c k c c

essendo

n  
 k
 2 k  n  .
  m m

Lo smorzamento interessa la risposta alla risonanza.

X F0
Se adesso plottiamo  , otteniamo
X STATICO k

116
Vibrazioni

X
Q
X STATICO

1 
1 10 n

 X
 1  1
n X STATICO
 X k  n2
 1   
n X STATICO m 2  2
 X k 1 1
1   Q 
n X STATICO c n 2 

con  fattore di perdita.

MISURA DI  NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA

Se si plotta la (5.2), questa ha un massimo per r  1. Si può dimostrare che


2
X 2 prende metà del suo valore X ris ai cosiddetti punti a metà potenza (o

punti a -3 dB) che per piccoli smorzamenti corrispondono alle frequenze


1  n 1    e 2  n 1    .

117
Vibrazioni

Figura 5.1

  2  1  2 n

 f
Chiamiamo b    2
n fn


dove  si misura e è detta larghezza di banda a metà potenza.
n
Q
Sempre dalla (5.2), troviamo dove la funzione assume il valore (punti a
2
metà potenza):

Abbiamo, infatti:

118
Vibrazioni

1 Q 1
 
1  r   2 r 
2 2 2 2
2

r  r 2  4   1  8   0
4 2 2 2

r12  1  2 2  2 1   2 ; r22  1  2 2  2 1   2

Per piccoli valori di  si ha

r22  r12
 
4

2  1
Se si approssima n  si ha
2

22  12 2  1  2  1  1 2  1 


   
4 n 2  1 2 2 n

Siamo in grado, quindi, di misurare  .

SMORZAMENTO: RISPOSTA LIBERA DI UN SISTEMA AD UN GRADO DI


LIBERTA’

Studiamo la risposta di un sistema ad un grado di libertà, in assenza di una


forzante esterna; ponendoci nelle condizioni di sistema meccanico
sottocritico ( C  C c   1)
La risposta del sistema nel dominio del tempo è:

x(t )  X 0 e wnt cos( wd t   )

con w d  w n 1   2  wn

119
Vibrazioni

N 2
I massimi della funzione avvengono per t N  t 0  , con N positivo.
wn

Si ricava, calcolando il rapporto fra il valore massimo della funzione a t 0 e

quello a t N :

xt0   X 0e  n t 0
 2n 
  n  t 0  
xtn   X 0e   n 

xt0 
 e 2N
xt N 

xt0  1 xt 
ed infine   log  2N e quindi   log 0  2 .
xt N  N xt N 

1° METODO: occorre forzare il sistema  dominio della frequenza


2° METODO: oscillazioni libere del sistema  dominio del tempo

Introducendo il livello di vibrazione:

x2 x a
Lx  10 log10 2  20 log  20 log (5)
xrif xrif arif

con   costante.

Si definisce come velocità di decadimento di Lx in un’oscillazione libera:

dLx
t    8.69 n  54.6f n [dB/s] (6)
dt

Si definisce come tempo di riverbero T60 il tempo necessario alla vibrazione

di decrescere di 60 dB:

120
Vibrazioni

60 1.10  dB 
T60     s
t  f n  dB  (7)
 s 

CONSIDERAZIONI ENERGETICHE

Prendiamo in considerazione la figura seguente

F t 

F
m
x x

Fs  kx Fc  cx

Possiamo scrivere:

x  X sin  t    (8)

quindi

x  X cos t   

121
Vibrazioni

mx 2  mX 2 2 cos 2  t   
1 1
E cin  (9)
2 2

kx  kX  sin  t   
1 2 1 2 2 2
E pot  (10)
2 2

La forza  Cx che agisce attraverso uno spostamento dx dissipa una


quantità differenziale di energia pari a

Cxdx  Cx 2 dt

L’energia dissipata per ciclo è pari a

D   Fc dx

cioè

2
D   Cxdx  C  dx  c  x 2 dt  C  X 2 2 cos 2  t   dt   C X 2
dx dt
dt dt (11)
0

Per   n e mn2  k abbiamo perciò

EVIBRAZ  Ecin  E pot (12)

1
Ecin,max  m 2 X 2 (13)
2

1 2
E pot ,max  kX (14)
2

122
Vibrazioni

LTOTALE  2 Ecin ,max  2 E pot ,max  kX 2 (15)

Definiamo come capacità di smorzamento  il rapporto fra l’energia


dissipata per ciclo e l’energia potenziale massima:

D
 (16)
E pot ,max

quindi

 CX 2 2C
   4 r .
1 2 k
kX
2

Definiamo inoltre come fattore di perdita o dissipazione  il rapporto tra


D
l’energia dissipata per radiante e l’energia potenziale massima:
2

D
2   CX    C  2 r
2

E pot ,max 2 1 kX 2 k (17)
2

Se siamo in risonanza, cioè quando   n e mn2  k possiamo scrivere

 D
   2
2 2E pot ,max (18)

RELAZIONE FRA LE MISURE DI SMORZAMENTO IN RISONANZA

123
Vibrazioni

 è definito in termini di quantità d’energia, per cui può essere applicato a


qualsiasi meccanismo di smorzamento, non solo a quello viscoso:

 c 2.20 t  1
  2  2    b
2 cc f nT60 27.3 f n  Q (19)

dove

 fattore di perdita, [-]


 capacità di smorzamento, [-]

c coefficiente di smorzamento viscoso, N s  m




cc coefficiente di smorzamento critico, N s
m

 frazione dello smorzamento critico, [-]
f n frequenza naturale, [Hz]

T60 tempo di riverbero, [s]

t velocità di decadimento, dB  s
 decremento logaritmico, [-]
b larghezza di banda a metà potenza, [-]
a amplificazione alla risonanza, [-].

RIGIDITA’ COMPLESSA

Se al consueto sistema massa-molla-smorzamento applichiamo una forza


puramente sinusoidale del tipo

F t   F0e i t ; x  Xe i t (20)

arriviamo a

124
Vibrazioni

  m  i C  k X  F
2
0 (21)

Questa espressione è equivalente a

  m  k X  F
2
0 (22)

Se definiamo

k  k  ik1 con k1   C , (23)

ricordando che

D
 2   C  2 r ,
E pot ,max k

quindi

 C k1
  , (24)
k k

cioè il fattore di perdita che corrisponde a un coefficiente di smorzamento


viscoso costante è proporzionale alla frequenza.
Possiamo riscrivere infine

k  k 1  i  (25)

Allora per un’eccitazione puramente sinusoidale, l’uso di una molla con


un’appropriata rigidità complessa è equivalente all’uso di una molla elastica e
uno smorzatore:

125
Vibrazioni

RIGIDITA’ IMMAGINARIA  SMORZAMENTO


RIGIDITA’ COMPLESSA  RIGIDITA’ + SMORZAMENTO
E 
pot Ediss 

Per i materiali abbiamo perciò

E  Er  iEi  Er 1  i  (26)

con

E modulo complesso di Young (elasticità)


Er modulo di immagazzinamento
Ei modulo di perdita.

In analogia con la (23), in cui è il fattore di perdita di un sistema (dato dal


rapporto tra la rigidità immaginaria e la rigidità reale), si definisce come
fattore di perdita di un materiale  , il rapporto tra la parte immaginaria del
modulo elastico e la parte reale dello stesso:

Ei
 (27)
Er

η
Materials
Steel, Aluminium, Brass < 10 3
Cast Iron  10 2
Special Coopper - Manganese Alloys  3  10 2
Plastic (construction material)  10 2  10 1
Glass Fibre Reinforced Polyester  10 2
Plexiglas  2  10 2

126
Vibrazioni

Concrete  10 2
Glass  10 3  10 2

Tabella 1:

η
Type of structure
3  10 3 f  500 Hz
Metal structures composed of a small
number of thick-walled parts (e.g. ship hull) 10 3 f  1000 Hz
Metal structures composed of many thick or
10 2
a few thin-walled parts (e.g. engine, car)

Metal structures composed of many thin- 5  10 2 f  500 Hz


walled components (small and complex
machinery) 10 2 f  1000 Hz

Tabella 2:

NOTE

Il modulo di elasticità è dato dal rapporto tra sforzo e deformazione


E

Se il materiale è sottoposto a carico dinamico (vibrazioni) si creano delle


azioni interne di carattere viscoso proporzionali alla velocità di vibrazione; di
conseguenza si avrà una differenza di fase tra lo sforzo (  ) e la
deformazione (  ).
Definiamo di conseguenza

E 0  E '  iE ''  E 1  id 

127
Vibrazioni

E ''
con d  '  tan  .
E

In condizioni di risonanza si ha

1 f
   ,
Q f0

dove

f intervallo di frequenza intorno alla risonanza in cui il livello scende di 3 dB


(dimezzamento d’energia)
f 0 frequenza di risonanza

Se prendiamo in considerazione un pannello, siamo in presenza di un


sistema ad n gradi di liberta’: occorre una grande cura nell’applicare gli
stessi concetti di un sistema ad un grado di liberta’.Infatti , per le misure di
smorzamento:
- a bassa frequenza  utilizzazione del modello ad un grado di
libertà  eccitare sinusoidalmente il modo (vicino alla risonanza) e
applicare quanto visto (3 dB di meno o Vmax/2  calcolo della metà
banda  misura di  )
- ad alte frequenze si eccitano più modi contemporaneamente e la
risposta vicino ad un picco può essere influenzata dalla risposta ad
altri picchi: chiaramente, in questo caso, non possono essere usate
tecniche di larghezza di banda etc.
- misure dirette della dissipazione di calore sono difficili e richiedono
apparecchiature sofisticate
La misura più usata nella pratica :spegnere l’eccitazione a larga banda e
misurare il tempo di decadimento.
Infatti :

128
Vibrazioni

2.20
(smorzamento)=  =
fT60
con

f =frequenza centrale di eccitazione

T60 =tempo necessario alla vibrazione per decrescere di 60 dB (1000000

di volte l’energia di vibrazione)

129

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