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La chiesa attuale sorge sulle fondamenta e in parte sull’alzato dell’originaria chiesa paleocristiana del V-VI
secolo, la quale fu interamente ricostruita in epoca romanica nei secoli X-XII, subì forti rimaneggiamenti
interni in età rinascimentale e barocca e la sua copertura fu sopraelevata con ricostruzione dei tetti nel
Settecento. In epoca napoleonica (1806) fu espropriata, sconsacrata e adibita ad altri usi. Gli arredi, statue
e quadri e gli altari furono trasferiti in san Zeno, divenuta la nuova parrocchia.
Come proprietà del demanio militare, fu usata come magazzino e stalla dall’esercito austriaco, poi
deposito di carri del genio militare italiano, l’incuria e l’abbandono diedero così l’avvio a un degrado
inarrestabile.
Nel Novecento la chiesa, ceduta al comune, divenne rifugio abusivo di senzatetto, magazzino, palestra e
infine cinematografo. Il tetto era in condizioni preoccupanti e la soprintendenza, fatto sgombrare l’edificio,
cominciò i restauri urgenti nel 1927. Nel dopoguerra ripresero urgentemente i lavori dopo l’improvviso
crollo del tetto che fu rifatto nel 1951, demolendo la sopraelevazione settecentesca e ripristinando la
facciata romanica. Finalmente nel 1985, grazie ai generosi finanziamenti della Banca Popolare di VR prese il
via un restauro radicale con criteri scientifici moderni, che riguardò sia le strutture architettoniche, sia le
statue e gli affreschi. Nel marzo del 1988, terminati i lavori, la chiesa fu restituita al culto.
Fase del Romanico “maturo” (XII secolo): facciata, abside. La statua gotica di san Procolo.
La facciata, modificata nel XII secolo, fu arricchita , sopra il portale, da un protiro pensile, con sottarco
affrescato. Il protiro pensile, non appoggiato a colonne, ma sostenuto da due mensoloni sporgenti dalla
muratura è una tipica soluzione del romanico veronese presente in santo Stefano, san Giovanni in Valle,
alla santissima Trinità e nella provincia.
Ai lati del protiro, all’altezza degli spioventi, furono aperte due bifore con colonnina di separazione a
stampella. Protiro e bifore sono inserite in muratura a corsi di pietra arenaria (tufo), mentre il resto della
facciata e i muri laterali sono in materiale misto, pietre di recupero e corsi di mattoni e ciottoli.
Il muro absidale fu ricostruito con l’alternanza di corsi di mattoni e arenaria tipica del romanico veronese
maturo (san Zeno I fase, santo Stefano e altre).
All’interno nella chiesa superiore il romanico fu cancellato dai rifacimenti rinascimentali e settecenteschi,
l’arco trionfale del presbiterio non è autentico, ricostruito nel 1927, l’unico romanico originale è l’arco
centrale di ingresso alla cripta.
Sul finire del Trecento in epoca tardogotica, fu collocata nel presbiterio la statua di san Procolo
benedicente, seduto in cattedra, molto espressiva nella sua austera, ma anche benevola, severità. La
statua è eccezionalmente firmata e datata 1392 da Giovanni di Rigino, scultore e notaio dei Signori
Scaligeri. Essa è molto simile alle più o meno coeve statue di san Pietro custodite in santo Stefano e sul
protiro laterale di san Pietro in Archivolto.
Verso la fine del Quattrocento fu realizzato sul fianco destro di san Procolo un porticato con colonne in
rosso veronese e murature in mattoni che formavano tre arcate, ora ridotte a una, essendo state murate
nel Settecento le altre due. Contemporaneamente furono effettuati restauri all’interno della chiesa, in
occasione dei quali nel 1492, furono riscoperte, nascoste sotto l’altare maggiore della cripta, tre sepolture
di quattro vescovi veronesi, i cui nomi, Euprepio, Cricino, Agapito (o Agabio) e Procolo erano incisi su
lamine di piombo. Prima fu trovata quella di Procolo, coperta da una lastra di marmo serpentino, definita
da Scipione Maffei “di bellissimo verde antico”, di probabile origine greca e recuperata da qualche edificio
romano, poi la sepoltura di Agapio (o Agabio) e infine quella doppia di Euprepio e Circino (o Cricino).
Un’ iscrizione forse del VI secolo, ora murata nell’abside della cripta, fu trovata su una pietra del sepolcro,
essa recita:
QUI IN FRETTA INVECCHIAI, ORMAI MI SARÀ DAVANTI UNA PIU LUNGA VITA E VIVRÒ A LUNGO IN ANNI
MIGLIORI. LE RELIQUIE DEL VESCOVO PROCOLO E DEI SANTI MARTIRI COSMA E DAMIANO ED ANCHE DEL
CONFESSORE MARTINO RIPOSERANNO IN PACE.
L’epigrafe sembra l’assemblaggio di due testi. Nel primo, trovato su una sepoltura, il defunto (Procolo ?)
parla in prima persona e confronta la sua vita terrena giunta rapidamente alla vecchiaia con il futuro di una
vita ben più lunga e felice nell’al di là. Il secondo testo è un inventario delle reliquie custodite nella primitiva
chiesa.
La scoperta non mancò di provocare un grande concorso della gente veronese, tanto che le reliquie dei
vescovi rimasero tre giorni esposte al popolo che ottenne, grazie all’intercessione dei santi Euprepio e
Procolo, miracolose guarigioni e la fine di una prolungata siccità.
Poi si pensò di dare loro degna collocazione, a tal fine furono scolpiti, in pietra tenera di Avesa da un
ignoto artista, due altari reliquiari completi di tre statue ciascuno, in uno è raffigurato san Giovanni Battista
tra Euprepio e Cricino, nell’altro san Giovanni Evangelista tra Procolo e Agapio. I due trittici reliquiari furono
collocati nella chiesa superiore a lato dell’altare maggiore.
Le reliquie di Cosma e Damiano e di altri santi rimasero invece nell’altare della cripta.
Seicento e Settecento
Nel 1620 fu aperta nel fianco sinistro del presbiterio una grande cappella dedicata alla Beata Vergine in cui
fu eretto un grandioso altare barocco, trasferito nel 1806 in san Zeno, dove ancora si trova, con la statua
della Pietà in pietra tenera. Un’altra cappellina fu aperta vicino all’entrata per accogliervi il fonte
battesimale. Queste cappelle laterali furono in seguito chiuse e abbattute.
Nella seconda metà del secolo, nel 1685 l’arciprete di allora decise a sue spese di alzare in forme
barocche l’arco trionfale davanti all’abside e conseguentemente elevare allo stesso livello il muro esterno
dell’abside stessa.
Nei primi anni del Settecento furono murate due arcate del portico per ricavare all’interno la sede della
compagnia del santissimo Sacramento, la quale fece costruire al famoso architetto Francesco Bibiena un
nuovo altare maggiore.
Nel 1739 furono sopraelevati il tetto e la facciata per portarli a un livello consono a quello del presbiterio
rialzato nel Seicento, con detrimento delle originarie proporzioni romaniche.
Ottocento
Il secolo iniziò con la soppressione napoleonica della parrocchia (1806) che fu trasferita a san Zeno, dopo la
soppressione dell’abbazia.
San Procolo fu quindi espropriata e passò al demanio militare e i suoi arredi e corredi, altari compresi,
furono trasferiti in san Zeno, dove sono rimasero per quasi due secoli, fino ai restauri del 1985-‘88.
La chiesa, usata anche come stalla da Francesi e Austriaci, dopo l’annessione del Veneto all’Italia del 1866,
diventò deposito del genio militare italiano che progettò di ampliare il portone di ingresso per fare entrare
agevolmente i suoi carri. Ma il progetto fu fortunatamente bocciato dal sindaco, sentita lla commissione del
Civico Ornato.
Il Novecento e i restauri
Interventi d’urgenza
La chiesa, ceduta al Comune, diventò inizialmente rifugio di senzatetto, poi magazzino-palestra degli allievi
della Guardia di Finanza e perfino cinematografo, finché nel 1927 il soprintendente Da Lisca ottenne dal
podestà lo sgombero dell’edificio e l’inizio dei lavori più urgenti. Mancavano, però, I fondi per i progettati
restauri sistematici, il podestà ritenne la chiesa inagibile anche come magazzino e la tolse a un falegname
che l’aveva in custodia. Poi subentrarono gli eventi bellici.
Nell’immediato dopoguerra il nuovo soprintendente Gazzola tornò a insistere con forza sull’urgenza di
intervenire, molto preoccupato per le condizioni del tetto, che come prevedibile di lì a poco, nel 1948 crollò
rovinando sul pavimento, con grave pericolo per la cripta sottostante, che fu puntellata e tale rimase fino
agli ultimi restauri. Il tetto fu rifatto nel 1951 eliminando la discutibile e troppo pesante sopraelevazione
settecentesca e riportando i muri e la facciata alle presumibili dimensioni romaniche.
Riapertura al culto
Il 23 marzo 1988 la chiesa, solennemente riconsacrata, alla presenza delle autorità cittadine, viene riaperta
al culto dal vescovo Giuseppe Amari.
Leonardo Venturini
Bibliografia
“La chiesa di San Procolo in Verona: un recupero e una restituzione”, A cura di P. Brugnoli, Verona 1988
Su Internet
L. Rossi, “La Vita Proculi nel dossier agiografico del vescovo veronese”, Hagiographica 20 (2013) 93-122,
www.mirabileweb.it
A. Buonopane, “Neophytus nelle iscrizioni latine di committenza cristiana”, Hormos – Ricerche di Storia
antica n. s. 9-2017, 8-28