Julius Alwin Franz Georg Andreas Ritter von Schlosser (Vienna, 23 settembre 1866–Vienna,
1º dicembre1938) è stato uno storico dell'arte austriaco, l'ultimo grande rappresentante della
gloriosa Scuola viennese di storia dell'arte, profondo conoscitore del Medioevo occidentale.
Motivo costante della ricerca di Julius Schlosser è stata l'importanza data alla conoscenza
delle fonti scritte: la ponderosa Kunstliteratur (La letteratura Aristica), pubblicata nel 1924
con il nome di Julius Schlosser Magnino in omaggio alle origini italiane della madre ed
espressione del suo amore per l'Italia, costituisce ancora oggi il manuale fondamentale sulle
fonti relative alle arti, dall'antichità all'Ottocento. È una rigorosa architettura, composta da
nove libri, che affonda le sue radici nel mondo classico, trattando delle fonti prevasariane,
l'età del manierismo e la Controriforma, la letteratura artistica locale, barocca e italiana
rinascimentale. Perno centrale è il quinto libro: parla di Giorgio Vasari, della sua opera, dei
suoi precedenti e della sua teoria storiografica. La Letteratura artistica è un vero e proprio
monumento di erudizione e di dottrina.
Un altro gruppo di scritti invece considera l’argomento dal punto di vista dell’impressione e
sono generalmente opere scritte da amatori e osservatori, persone esterne al mondo artistico.
Il più antico è Duride di Samo, vissuto nel IV secolo (di cui parla anche Plinio). Duride ha
un particolare interesse per la storia degli artisti, per gli aneddoti della loro biografia. Spesso
si riscontra un approccio quasi mitologico, come se Duride inventasse delle storielle che
prendono spunto dalle favole greche, per evidenziare il nesso tra la vita dell’artista e
l’interiorità della creazione. Duride influenzò molto in questo senso, tanto che alcune delle
sue invenzioni sono ormai parte della cultura di tutti noi, grazie agli scritti di Plinio.
L’unico esempio di questo gruppo di scritti che ci è pervenuto integro è la Naturalis Historia
di Plinio. In questa grandiosa enciclopedia, Plinio tenta di considerare tutta la natura in
rapporto alla cultura umana. L’arte quindi viene trattata da un punto di vista secondario,
come l’illustrazione del naturale per mezzo dell’artificiale.
Plinio è divenuto così la tomba di tutte le antiche conoscenze dell’arte. Egli ci ha
tramandato un quadro dello sviluppo dell’arte antica, se pur disordinato, in ogni modo
originale.
L’influenza della Naturalis Historia inizia con le vere e proprie appropriazioni del Ghilberti,
con l’editio princeps del 1469, con la traduzione in italiano del Landino 7 anni più tardi.
Un altro tipo di scritti sono quelli di carattere topografico, e anche qui ci è giunta una sola
opera: la Guida della Grecia di Pausania. Essa ebbe un’influenza molto minore rispetto agli
scritti di Vitruvio e Plinio. Contiene un considerevole substrato di conoscenze desunte da
ciceroni e sagrestani e dimostra un interesse storico-antiquario e artistico tipico del
viaggiatore, inoltre forte è il senso nazionale nella descrizione dei luoghi sacri della grecia.
Pausania ha gettato le basi per una letteratura popolare, destinata ai pellegrini credenti che si
contentano di vedere.
Accanto a questi aspetti (tecnico, storico, topografico) se ne riconosce un ultimo, del tutto
soggettivo, tipico dell’ambiente dei poeti, dei retori e dei giornalisti. Essi si servono
dell’opera d’arte come spunto di creazione letteraria. Si trovano così scritti abbastanza
descrittivi, come quelli di Luciano, Filostrate e Callistrato, ma anche epigrammi che
puntano maggiormente sull’impressione scaturita dall’opera d’arte, così che l’oggetto in se
sembra trasformarsi e non sparire.
GIOTTO (1266-1337)
Il Cennini, narrandoci della sua formazione presso Gaddi ci fornisce un completo e preciso
panorama delle botteghe d’arte del 300’. Sottolinea la sua discendenza diretta da Giotto e
sottolinea il fatto che il Maestro aveva insegnato all’arte a parlare il latino invece del greco
(medievale).
Tra quelle arti che devono la loro origine alla necessità dei primi uomini Cennini annovera
anche la sua: la pittura.
Cennini rielabora l’idea dantesca per cui la fantasia artistica (accompagnata ovviamente
all’abilità tecnica è necessaria per rappresentare come reale ciò che in effetto non è presente.
Per questo motivo la pittura merita di essere seconda solo alla scienza, accanto alla poesia e
prima di essa.
Il libro del Cennini sta al limite di due periodi: contiene elementi antico-medievali e
moderni. L’autore stesso mette in rilievo il lato moderno dello stile giottesco. Per la prima
volta nella teoria italiana dell’arte appare questo termine fondamentale:”moderno”. E’
notevole e innovativo il capitolo sulle proporzioni dell’uomo, di cui si parla solo ora per la
prima volta.
Molto medievale è invece l’esclusione della donna dalla teoria delle proporzioni, poiché
essa non possiede alcuna simmetria. La completa ignoranza dell’anatomia mostra che il
Cennini è un uomo del medio evo.
Il trattato è anche la prima testimonianza di una terminologia delle espressioni artistiche
sviluppatasi dalla pratica dei laboratori e già molto diffusa: per esempio il disegno è già
percepito come il fondamento dell’arte insieme al colorire.