Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Applegate
L'Altro
Animorphs #40 The Other © 2001
ISBN 88-04-49626-6
Capitolo
1
Ax era a "casa".
E aveva un ospite appollaiato su un ramo lì vicino.
Tobias!
Che cosa porta uno come te, a quest'ora, in un posto come questo?
Nulla di buono.
Allargai le ali e andai a posarmi sul terriccio erboso. Cominciai a
invertire la metamorfosi.
Quando mai c'è qualcosa di buono quando uno di noi si fa vivo in modo
così inaspettato? aggiunse.
Non risposi. Ultimamente Tobias era diventato uno specialista in materia
di domande retoriche.
Inoltre, al momento, ero del tutto sprovvisto di quello che Ax avrebbe
chiamato un "apparato boccale".
Avevo gli occhi, però. La TV di Ax era accesa. Ma non sulla stazione
che avevo appena visto.
Non appena mi si furono riformate le labbra, guardai Tobias negli occhi.
Poi Ax.
— Il nostro amico Ax è diventato una star — dissi vivacemente,
spazzolando via gli aghi di pino dai miei pantaloncini da ciclista e
sussultando mentre un sassolino aguzzo si conficcava in uno dei miei
teneri piedi umani.
Riferii loro ciò che avevo visto. Quando ebbi terminato ci fu il silenzio.
Fu Tobias a parlare per primo.
Allora, Ax? Il suo pensiero telepatico era brusco. Quasi ansioso. È
possibile?
Ax esitò. Voltò gli occhi peduncolati a guardare dietro le spalle, verso il
fitto dei boschi.
Tutto è possibile rispose.
Non era ciò che desideravo sentire.
Immagino che ci servirà una copia di quella puntata sospirò Tobias.
— Credi davvero? — dissi alzando gli occhi al cielo. — Okay. Sentite.
Non abbiamo tempo di aspettare una rimessa in onda, e neanche di
mandare un assegno all'emittente per comprare una copia del programma.
Tobias ci condusse nella radura che secondo lui era quasi certamente il
posto dove era stato ripreso l'Andalita.
Qualcosa nella pendenza del terreno e un albero di pino parzialmente
distrutto da un fulmine gli avevano fornito gli indizi necessari. Se Ax è il
nostro orologio personale, Tobias è il nostro personale cartografo e la
nostra guida nei boschi.
Forse avremmo dovuto cercare di metterci in contatto con gli altri,
prima. Aspettare fino al mattino. Ma non lo facemmo. Non prendemmo
nemmeno in considerazione l'idea di rimandare l'esplorazione. Visto che
stava per calare la notte mi trasformai in gufo, in modo da avere un'ottima
visione notturna. Poi ci lanciammo in quella che avrebbe dovuto essere
una semplice missione di ricognizione.
Sorvolammo in circolo la radura mentre Tobias, quello tra noi con la
maggior esperienza di volo, si tuffava il più vicino possibile a terra. Ero
teso a captare ogni movimento. Ogni singolo filo d'erba che si spostasse,
ogni coda di topo o di arvicola o di qualche altro animaletto che
scomparisse velocemente alla vista, ritirandosi per la notte.
Che cosa stiamo cercando, con esattezza? chiesi.
Ai miei occhi il mondo era illuminato con sorprendente chiarezza, e
tuttavia non riuscivo a scorgere nulla che potesse metterci in allarme.
Qualsiasi cosa fuori dal consueto rispose Tobias. Segni di lotta. Terra
smossa. Magari del sangue seccato.
Ma non c'era nulla. Se qualcuno, uomo o bestia che fosse, aveva lasciato
delle tracce là attorno in quegli ultimi giorni, erano state inghiottite dal
terriccio ancora umido per la pioggia della sera prima.
Non c'era nessun indizio di atti criminosi.
Dopo quasi venti minuti di inutile ricerca, proposi di tornare a casa. Di
dormire un po'. Di metterci in contatto con Jake e con gli altri.
Dovremmo invertire la metamorfosi suggerì Ax. Siamo sotto
metamorfosi da quasi novanta minuti.
Non sono uno che ama correre rischi non necessari. L'idea della
metamorfosi in un posto così buio e solitario non mi piaceva. Specialmente
senza avere gli altri attorno a guardarci le spalle. No davvero. L'idea non
Il principe di Ax, ovvero il mio amico Jake, non avrebbe fatto nessuna
visita a Gafinilan prima che io avessi compiuto un piccolo sopralluogo per
mio conto.
Ma non glielo avrei detto.
Ci incontrammo al centro commerciale. Ax era nella sua metamorfosi
umana. Prendemmo a passeggiare insieme, facendo una sosta qua e là,
dando l'impressione di una coppia di normalissimi ragazzi intenti a
gironzolare per negozi.
Jake era per conto suo. Curiosava in un negozio di articoli sportivi,
facendo finta di essere interessato a una cosa normale e priva di rischi
come le racchette da tennis.
Tobias era con Rachel. Lui aveva l'aria di essere leggermente impacciato
e fuori posto.
Alla fine arrivò anche Cassie, con addosso un paio di jeans stranamente
della sua taglia.
Ci trovammo, come per caso, nel settore gastronomico. Ax voleva
comprare una scatola di ciambelle alla cannella. Jake pensò che
un'aranciata non sarebbe stata una cattiva idea.
Ci radunammo attorno a un tavolino libero e mentre Ax si rimpinzava e
io fingevo di sfogliare le pagine di un fumetto che avevo tirato fuori dalla
tasca posteriore dei pantaloni, raccontammo agli altri ciò che era successo.
— Sai di esserti addossato un rischio enorme e, aggiungerei, anche
stupido, Marco — disse Jake mantenendo la voce bassa e l'espressione
normale.
— Sì, be'... abbiamo ottenuto ciò che volevamo — ribattei. — Siamo
entrati. E abbiamo avuto la conferma che Gafinilan è uno spaccone.
— Sì — annuì Ax. Anche se era difficile prenderlo sul serio, con tutta la
glassa attaccata al mento. — Il suo umore non sembra del tutto stabile. È
un chiacchierone. Ma è un giardiniere provetto. E si è procurato
un'impressionante copertura umana.
— Sì, fino agli asciugamani di carta decorata — borbottai, gettando il
fumetto sul tavolo. — Il posto è troppo perfetto.
Rachel si inserì' nella conversazione.
Non c'era tempo per provare la mia metamorfosi da ape prima della
"missione". Così passai qualche minuto su Internet, nella speranza di
trovare delle informazioni utili sulle capacità e le debolezze delle api.
Qualcosa che potesse aiutarmi a sapere cosa aspettarmi quando il cervello
dell'ape avesse fatto irruzione.
E appresi un aspetto della faccenda che mi fece sbiancare: le api, come
le formiche, sono insetti sociali. Non tanto quanto le formiche, ma anche
loro funzionano come una parte di un insieme più ampio. Non sono
individui. Assomigliano a delle macchine, nella loro dedizione alla
sopravvivenza della colonia. Devote al centocinquanta per cento
all'alveare.
La cosa non mi rese felice. Essere una formica era stata una tra le
esperienze più terrificanti della mia vita, peraltro già di per sé piuttosto
bizzarra.
Avevo perso me stesso, diventando una formica. E lo stesso era successo
a Jake e agli altri. Non avevamo più il senso di noi stessi. Della nostra
individualità. La maggior parte delle persone non possono neanche
immaginare che cosa sia perdere quella parte di sé. È cento volte più
sconvolgente del peggiore incubo.
Feci un profondo respiro. Avrei evitato l'alveare, se fosse stato possibile.
Guardai l'orologio. Il tempo vola quando si è così spaventati da rischiare
di farsela addosso.
Ci incontrammo al mattino, decisamente troppo di buon'ora. Rachel usò
la sua metamorfosi da aquila dalla testa bianca, io quella da falco
pescatore, e volammo fino alla casa di McClellan.
£ adesso? chiese.
Atterriamo e teniamo gli occhi aperti.
Lo facemmo. Prima che fossero passati tre minuti, vedemmo un'ape.
Era diretta verso la serra.
Perfetto. Forse non sarei stato costretto a visitare la colonia, dopotutto.
Che cosa sta facendo? domandò Rachel.
Non lo so. Vedi solo di fare attenzione.
Non fu molto facile. L'ape zigzagava attorno a casaccio. Su, poi giù. A
Schizzai su da terra.
Marco! Datti una calmata! Un suono rauco. Insignificante per un'ape.
Non devi andare nell'alveare!
Mi posai sul bordo della sezione scavata internamente dell'albero. Mi
trovai a faccia a faccia con un'ape guardiana, un'altra lavoratrice, come me.
Non avevo un odore che mi segnalasse come nemico. Perciò,
descrivendo circoli e circoli, prima da questa parte, poi da quell'altra, l'altra
ape mi sgambettò attorno sulle sue tre paia di zampe. Muovendo a scatti le
ali, la mia compagna mi indicò dove si trovava una nuova fonte di cibo per
l'alveare.
Tutto per l'alveare!
Sarei andato a raccogliere...
Marco! Che cosa stai facendo?
Che cosa... Finalmente il mio cervello si riscosse. Che cosa stavo
facendo?
Lasciai la mia compagna di alveare e mi levai in volo. Schizzai verso
Rachel, che era ancora appollaiata sull'albero vicino, nella sua
metamorfosi da aquila.
Che ti prende? sbottò. Non è che una stupida ape!
Scusa. Ma non sono certo che le api si possano definire stupide.
Bisogna avere una personalità e una capacità di giudizio per essere
stupidi, non credi? In modo da capire che cosa è intelligente e che cosa è
sciocco, non credi?
Immagino di sì concesse Rachel.
A ogni modo, non è neanche lontanamente orrendo come essere una
formica. Hai presente che le formiche sono programmate per essere
soltanto parte di un tutto? È un po' la stessa cosa, però le api non sono
altrettanto aggressive. È come se facessimo parte di una grande famiglia
di agricoltori. Tutti per uno e uno per tutti, mentre portiamo dentro il
raccolto, nutriamo la generazione successiva di api e rendiamo omaggio
alla regina.
Sì, va bene, Marco, vedi comunque di mantenere il controllo, okay?
Sì. Senti, ci sono due api che stanno volando fuori dall'alveare. Potrei
Capisco la spietatezza.
Capisco, forse meglio di tutti gli altri, cosa significhi non indulgere al
sentimentalismo. Essere freddi, persino. Vedere la fine nell'inizio e l'inizio
nella fine.
Non sto negando che Jake, per esempio, non prenda la sua parte di
decisioni difficili. Che quasi ogni giorno non sia costretto a scegliere tra
due possibilità apparentemente impossibili, ugualmente avvilenti. Che non
senta il dolore di questi momenti di crisi. Che troppo spesso dimostri una
cinquantina d'anni.
Tutto quello che voglio dire è che capisco, immediatamente e a un
qualche livello istintivo, lo stato di spietatezza che bisogna raggiungere, e
quasi in cui bisogna vivere, per essere in grado di prendere quelle decisioni
impossibili. Per vedere il modo giusto per arrivare al l'obiettivo giusto. Per
accettare di essere percepiti come crudeli e senza cuore.
Per vivere con la consapevolezza che la gente ha paura di avvicinarsi
troppo a gente come me, volendo chiudere gli occhi sulla mia capacità di
fare quello che deve essere fatto.
A dispetto del mio incredibile senso dell'umorismo, non sono sempre un
tipo divertente da avere attorno. E ci sono un sacco di motivi. Come vi
sentireste se doveste decidere se salvare ciò che è rimasto della vita di
vostra madre, oppure lasciare che Visser I, lo Yeerk, viva? Rischio
calcolato. Ancora non so a quale decisione mi condurrà questa riflessione
così tormentosa, ma dovrò riuscire a farlo. Dovrò riuscire a prendere una
decisione.
Così, a un qualche livello, sapevo cosa dovesse passare per il cervello di
Gafinilan. Come fosse arrivato a prendere l'impossibile decisione di fare
qualsiasi cosa pur di salvare la vita al suo amico. Anche se questo avesse
significato sacrificare la sua. Anche se avesse significato consegnare agli
Yeerk un altro Andalita, uno della sua gente.
Era una cosa decisamente spietata da fare. Ed ero abbastanza certo che
lo avrebbe fatto di nuovo, se avesse dovuto.
Lo rispettavo per questo.
Jake gli dissi privatamente. Faresti meglio a considerare il fatto che ci
— Aaahhh!
L'Hork-Bajir si lanciò in picchiata giù dal tetto del vagone.
Rachel! È la tua anima gemella!
Un Hork-Bajir solitario, che si avventava su noi sette menando fendenti
con le lame.
SBANG!
Andò a finire steso a terra non appena Gafinilan lo ebbe colpito con il
piatto della sua enorme lama caudale.
È privo di conoscenza disse l'Andalita. E credo che ci rimarrà per un
pezzo.
Accidenti.
Ehi, voi tutti! ci chiamò Jake. Non possiamo starcene qui impalati ad
attendere che arrivino gli altri. Appiattiamoci nell'ombra, portiamoci
avanti e circondiamo la radura.
Troppo tardi, amico riferì Tobias. Stanno mandando un'unità di Hork-
Bajir. Vi saranno addosso tra un minuto.
Okay, nuovo piano. Aspettiamo fino a quando non saranno molto vicini
replicò Jake. A quel punto li abbattiamo.
E che ne dici della prossima infornata? gridò Cassie.
Abbattiamo anche quelli. Dobbiamo continuare a spingerci più vicino
allo spiazzo.
E a Mertil disse con calma Gafinilan.
Attenti!
Fuori dall'oscurità, dieci Hork-Bajir stavano venendo alla carica. Troppo
tardi per nasconderci.
Uno mi venne dritto addosso. Mi chinai di colpo e gli picchiai
violentemente entrambi i pugni nel ventre.
Cadde a terra.
— Rrrooooooooooaaar!
Jake! Balzò avanti con una velocità e un'agilità straordinarie. L'impatto
dell'enorme mole della tigre siberiana buttò a terra altri due guerrieri yeerk.
FUAPP!
FUAPP!
Feci un volo di dieci metri a mezz'aria, colpii il suolo e rotolai per altri
cinque metri.
Alla fine mi fermai. E non in modo gradevole. Ero ammaccato ma vivo.
Ringraziai il cielo per il cranio del gorilla, così simile a un elmetto.
Il camion mi stava puntando! La sua sagoma si stagliava in lontananza.
Si sentiva puzzo di gomma bruciata.
Mi rimisi faticosamente in piedi.
Poi...
CRAAAAAASSSHHH!
Un vagone ferroviario! Andò a schiantarsi proprio contro il camion
lanciato a tutta velocità, fermandolo.
Sopra il rimbombo della collisione, si levò il barrito di trionfo di Rachel.
Grande, Rachel! esclamai, avanzando sulle nocche verso la carcassa.
Coinvolgere Mertil in uno scontro ferroviario.
Grazie per averti salvato la vita rispose. Di nuovo.
La cabina del camion era completamente schiacciata. Un relitto contorto
e accartocciato. Le due ruote anteriori erano sollevate dal suolo, sopra al
vagone ferroviario appiattito.
Lo sportello del guidatore era aperto. Non so come avesse fatto a
sopravvivere allo scontro. Ma ci era riuscito ed era stato abbastanza Yeerk
da filarsela.
Mertil! chiamai, portandomi a grandi passi sul retro del camion, adesso
nuovamente nell'oscurità totale, visto che i fanali erano stati distrutti. Stai
bene?
Sto come stavo prima.
Magnifico. Un altro Mister Filosofia.
Vediamo di aprirlo incalzò Rachel. Prima che il serbatoio scoppi, o
qualcosa del genere.
Strinsi le mie dita di gorilla attorno alla serratura dello sportello
posteriore del camion, tirando e strattonando con tutte le mie forze.
Nulla. Tesi ogni muscolo del petto e delle braccia in un nuovo tentativo.
Ancora nulla. Adesso la spalla mi andava letteralmente a fuoco.
Provo con la proboscide disse Rachel.
Avete presente quel vecchio gioco che si fa durante le feste, "Chi sono
questa volta?". Oppure i cartelloni dell'asilo, che rappresentano un dottore,
un barbiere, un panettiere? Le persone vengono identificate dal tipo di
abbigliamento che indossano durante il giorno. Da ciò che c'è in loro di
visibile, di evidente, di manifesto.
Perciò se hai perso un braccio, o se te ne vai in giro su una sedia a
rotelle, oppure se sei cieco, sei un handicappato. Magari sei anche un
poeta, o un intellettuale, un peccatore o un santo. Ma nella testa della gente
prima di tutto sei un handicappato.
E non c'è nemmeno molto che si possa fare in proposito.
Mia madre è (o era?) il corpo ospite di Visser I. Colui che diede inizio
all'invasione yeerk della Terra.
Tutti quanti, incluso mio padre e la sua nuova moglie, credono che sia
morta.
Forse lo è.
Forse no.
Forse potrebbe essere salvata.
Forse no.
Semplicemente non lo so, dopo l'ultima volta che ci siamo incontrati a
faccia a faccia. In un tunnel dei Taxxon all'interno dell'edificio principale
della vasca yeerk. Durante il suo processo davanti al Consiglio dei Tredici.
La maggior parte delle volte non faccio nemmeno finta di volerlo sapere.
Tuttavia, se si dovesse ripresentare l'occasione... Be'... aspetterò finché
questo non accadrà, per decidere.
A ogni modo, al momento per la gente sono "il ragazzo a cui è morta la
madre". Per i miei amici, sono "il ragazzo che parla troppo e che ha avuto
la madre rapita dagli alieni".
Non si riesce a venirne fuori.
Vecol, disturbato mentale, handicappato. Idiota, psicopatico, zoppo.
Si impara a conviverci.
Jake è il nostro responsabile capo.
Rachel è la bellissima guerrafondaia.
Cassie è l'abbraccia-alberi.
FINE