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04/03/2021
L’approccio delle preferenze razionali, complete, stabili e transitive, è un approccio normativo: ci dice come dovremmo
agire come consumatori se fossimo in grado di agire razionalmente. La realtà, tuttavia, può essere diversa, che cogliamo
sulla base di un approccio positivo. La distinzione tra approccio positivo e normativo è fondamentale. L’economia
comportamentale si colloca sul piano positivo perché si differenzia dall’approccio tradizionale per il tentativo di spiegare la
realtà, e non di formulare ipotesi astratte su come dovremmo agire se fossimo razionali. Quello che ci guida è una
razionalità in qualche misura limitata, non olimpica.
ECONOMIA NEOCLASSICA vs. ECONOMIA COMPORTAMENTALE
La ricerca in economia comportamentale ha dimostrato che le deviazioni dalla razionalità perfetta sono sistematiche e non
del tutto piccole e trascurabili. L’economia comportamentale cerca di dare risposta ad alcuni quesiti e questioni anche
molto diversi tra loro, come ad esempio “Perché se decidiamo di smettere di fumare o di metterci a dieta, spesso non ci
riusciamo?”. La parola chiave per comprendere l’economia comportamentale è la psicologia, la disciplina più vicina
all’economia comportamentale. Riferimento a Daniel Kahneman e Richard Thaler.
09/03/2021
Di solito, quando ci dicono di concentrarci su una cosa ce ne sono tante altre che sfuggono (esempio del video in cui viene
chiesto di contare i passaggi della squadra vestita in bianco e poi di fare caso all’orso che fa il moonwalk). Il tema è quello
dell’attenzione. La nostra attenzione è selettiva, la nostra capacità di attenzione è limitata. Se ci focalizziamo su una cosa,
rischiamo di perderne di vista altre. Le nostre capacità cognitive, in generale, sono limitate e quando parliamo di
razionalità, in particolare, ci riferiamo proprio alle capacità cognitive (es. capacità computazionale, attenzione). Tutto ciò ha
una serie di implicazioni importanti per il marketing perché si deve indirizzare il consumatore tenendo conto di tutto
questo.
Vedremo le distorsioni cognitive (bias) più importanti. Questi bias affondano le loro radici nella nostra psicologia e
vengono esibiti in modo sistematico anche se non ne siamo consapevoli. Il nostro comportamento ne è condizionato,
indipendentemente dalla consapevolezza individuale e questa sistematicità rende prevedibile il comportamento umano, una
buona notizia per gli studiosi di economia comportamentale. Noi siamo limitatamente razionali, ma prevedibilmente, il che
consente di studiare il fenomeno. Alcune scoperte della psicologia si possono integrare nella teoria economica. A parità di
tutto il resto, più sono realistiche le assunzioni sugli attori economici più forte sarà l’economia. Gli economisti dovrebbero
aspirare a fare assunzioni sugli esseri umani nel modo più psicologicamente realistico possibile (Rabin). Il concetto
fondamentale è proprio questo rapporto con la psicologia. L’economia comportamentale mira a gettare luce su quella
“scatola nera” (black box) che è il processo decisionale umano (human decision-making), con particolare riferimento
alle decisioni individuali di acquisto/consumo (nesso con la psicologia del consumo) e di investimento (es. finanza
comportamentale). Il processo decisionale e il modo in cui avvengono le decisioni sulla base dell’iter del processo di
decisione non interessavano all’economista neoclassico, l’enfasi non era posta sul percorso ma sul risultato, sull’obiettivo,
con un approccio consequenzialistico, per il quale di importanza fondamentale è il risultato e le preferenze rivelate
(rivelate dalla scelta del consumatore → teoria della scelta). Uno degli obiettivi dell’economia comportamentale, invece, è
quello di gettare luce sui processi. Come si può spiegare bene la realtà ignorando i processi, i meccanismi?
Perché gli economisti tradizionali, prima dell’economia comportamentale (1940-1980 circa), non hanno posto enfasi sulle
emozioni? Questo perché l’economia neoclassica ha posto le sue fondamenta sulla psicologia edonica, secondo la quale
gli uomini massimizzano il piacere e minimizzano la sofferenza. Secondo Bentham, infatti, i sentimenti umani connessi a
piacere e sofferenza governano il mondo, ma questi non sono direttamente osservabili. Di contro, si riteneva che le scelte
fossero qualcosa di osservabile, mentre le emozioni no. Pertanto, dopo il secondo dopoguerra gli economisti neoclassici si
rifanno soprattutto alla Teoria delle preferenze, sulla base dell’assunzione che le scelte riflettano le preferenze umane. Si
sapeva che le emozioni fossero rilevanti, ma non si sapeva come studiarle in maniera scientifica, mentre le scelte sono un
fenomeno oggettivo. Oggi abbiamo strumenti che ci consentono di misurare le emozioni umane. Si può trovare un
compromesso tra la preservazione della semplicità e della parsimonia e il rendere il quadro più complicato.
Gli studi di Simon sono stati fondamentali per lo studio dell’economia
comportamentale in un’era in cui non c’era ancora internet. In un mondo ricco
di informazioni, la ricchezza di informazione significa la scarsità di
qualcos’altro… si parla di allocazione efficiente dell’attenzione. Il rapporto
tra informazioni e le nostre capacità cognitive. La nostra capacità cognitiva, a
differenza delle informazioni, che sono illimitate, è fortemente limitata
(riferimento a “The Social Dilemma” – Serie TV Netflix). La capacità cognitiva va
gestita e resa efficiente. L’economia comportamentale è ancora basata sullo
studio di come le persone fanno scelte in condizioni di scarsità e sui risultati che queste scelte producono per la società -
che è la vera definizione di economia (Angner). Cos’è che è scarso oggi? Uno dei tanti elementi è il tempo. Il tempo oggi è
limitato, per varie ragioni nelle economie avanzate/del primo mondo e si ha relativamente poco tempo. Ancora le risorse
naturali. Cos’è abbondante? Le informazioni, le scelte e le opportunità. Paradossalmente, avere troppa scelta può
disorientare il consumatore perché si verifica un overload, un sovraccarico di opportunità, fenomeno che va in
contrapposizione con l’economia neoclassica, secondo la quale avere più opportunità e possibilità è meglio. Un altro tema
che si potrebbe porre sull’asse scarsità/abbondanza è quello dello status sociale e dei beni di lusso. Ci sono tanti beni alla
portata di tanti e la logica di posizionalità sociale pone un accento su questo tema perché si tende a mostrare qualcosa di
socialmente scarso agli altri. Questa forma di scarsità sociale passa attraverso mode ed è spesso molto forse, ma si
distingue dalla scarsità delle risorse naturali. Il poeta T.S. Eliot ci ricorda l’importanza della presa di decisione nella nostra
vita quotidiana:
Un filosofo che ha posto le basi per quella che è stata la svolta comportamentale in economia è stato Immanuel Kant,
che ha ribaltato l’approccio fino a quel momento esistente, passando da una centralità dell’oggetto di analisi (tipico
del pensiero filosofico classico fino a quel momento) ad una centralità del soggetto. Questa svolta è stata fondamentale
per la svolta successiva in ambito economico per quanto riguarda l’economia comportamentale. In psicologia una fase
fondamentale per gli sviluppi successivi anche per l’economia comportamentale consiste nella cosiddetta “rivoluzione
cognitivista” (anni 60-70) che mette al centro i processi cognitivi delle persone (percezione, attenzione, memoria) e
visione della mente come elaboratore di informazioni caratterizzato da capacità limitata di elaborazione.
Sempre Angner dice:
Noi consumatori tendiamo a non essere razionali in molti contesti: comprare più di quanto ci serve, non buttare vestiti che
non usiamo. Le aziende for profit sono molto interessate a comprendere la logica decisionale del consumatore. I temi
dell’economia comportamentale sono trasversali e si incrociano con ambiti di ricerca come la psicologia, la sociologia, le
neuroscienze, da cui la neuroeconomia, l’antropologia culturale, il diritto. Anche in alcune politiche governative entra in
gioco il concetto di nudging, che ha anche forti implicazioni per il marketing.
In economia si utilizza una metodologia di analisi di tipo induttivo, un processo di due fasi in cui la prima fase consiste nel
prendere le mosse dai risultati più robusti messi a disposizione dall’evidenza empirica e in particolare sperimentale. Nella
fase 2 si cerca di incorporare le principali caratteristiche comportamentali osservate nell’analisi teorica. Vi è quindi un
effetto di feedback dell’economia sperimentale sull’elaborazione teorica. Per quanto riguarda l’evidenza empirica, nei
primissimi studi ci si basava sulle risposte dei soggetti a scenari ipotetici. In economia comportamentale questo approccio è
stato abbandonato perché si ritiene abbia dei limiti a livello metodologico e in economia si è imposto un approccio basato
sull’economia sperimentale (experimental economics) sia per quanto riguarda gli esperimenti in laboratorio sia per gli
esperimenti sul campo (p. 8 libro). Economia comportamentale e sperimentale non sono sinonimi, ma sono concetti
molto vicini. L’economia comportamentale ad un certo punto si è avvalsa dell’economia sperimentale come strumento
fondamentale di analisi. L’economia sperimentale per comprenderla partiamo da quello che disse David Ogilvy:
Fondamentalmente quello che si risponde ad un questionario non tiene conto di ciò che guida il soggetto inconsciamente.
Le persone potrebbero non essere sincere o non sapere esattamente cosa vogliono. Si può incorrere nel c.d. social
desirability bias (es. di quando ci chiedono se siamo onesti e rispondiamo di si). Anche quando un eventuale questionario
è anonimo, tendiamo a dare una rappresentazione migliore e spesso falsata di noi stessi e questo è un bias.
C’è un problema di autocontrollo che dà luogo ad una incoerenza temporale (come per quanto riguarda la scelta di
smettere di fumare).
L’economia sperimentale come strumento complementare ai questionari per conoscere il comportamento delle persone.
L’economia sperimentale si può basare sui lab experiments (ambiente controllato per valutare le decisioni economiche in
contesti di interazione strategica). Pensiamo ad un’aula informatica con tanti computer separati tra loro come sede per i lab
experiments. Ci sono appositi software con cui disegnare l’esperimento, durante il quale si chiede la partecipazione dei soggetti
riguardo a decisioni economiche rilevanti riprodotte in laboratorio. Il limite dell’economia sperimentale è proprio la
simulazione di un acquisto che, tuttavia, è artificiale. Il grande vantaggio è la controllabilità, il controllo sulle scelte delle
persone e in particolare anche nei contesti di interazione strategica, nel senso che se la situazione è un gioco (come la teoria
dei giochi) e siamo in due ad interagire, ciascun giocatore sa che il payoff che porta a casa dipenderà dalle sue scelte e dalle
scelte dell’altro soggetto. È un gioco basato sull’interdipendenza, perché quello che il singolo giocatore guadagna dipende
da quello che fa, ma anche da quello che fa l’altro. Questa interdipendenza si può studiare in laboratorio. Un altro
vantaggio associato all’economia sperimentale è l’incentivazione monetaria, chi partecipa viene pagato (una somma piccola
ma commisurata al tempo dedicato) una somma fissa per il fatto di essersi presentato e poi una somma variabile legata al
comportamento adottato nell’esperimento. C’è incentivazione economica affinché le persone siano più concentrate e
motivate nelle scelte che compiono.
Una seconda caratteristica metodologica degli esperimenti economici è la mancanza di deception (a differenza degli
esperimenti psicologici) ovvero l’inganno. C’è deception quando lo sperimentatore nelle istruzioni sperimentali scrive
qualcosa di non vero per ingannare i partecipanti. In psicologia la deception è molto usata, mentre in economia questo è
un vero e proprio tabù e, dunque, le informazioni che vengono date sono veritiere, sia per ragioni etiche che per ragioni
metodologiche, per generare fiducia ed evitare di avere un problema di credibilità.
Si usano anche gli esperimenti sul campo (Field Experiments) ovvero una metodologia estremamente interessante e
solida, se fatta bene, perché coniuga i vantaggi dell’esperimento da laboratorio con i vantaggi di una ricerca classica a
stampo statistico-econometrico. Esistono anche le neuroscienze a servizio dell’economia comportamentale. Il tutto prende
il nome di neuroeconomia: l’idea è di utilizzare in economia metodi tipici delle neuroscienze allo scopo di capire come la
scatola nera che è il cervello umano prende decisioni in vari contesti socioeconomici (inclusi i contesti di interazione
strategica, p 9 libro). Il quesito è economico, ma lo strumento è neuroscientifico. Si possono anche studiare situazioni di
interazione strategica con strumenti neuroscientifici.
16/03/2021
Si può fare economia sperimentale anche al di fuori di una prospettiva di economia comportamentale, a conferma della
non equivalenza delle due categorie. La neuroeconomia si basa anche sulla conoscenza dei fondamenti neuronali delle
decisioni economiche. Il concetto di utilità è rimasto “incompreso” in economia. Per quanto riguarda il neuromarketing, vi
è un interesse specifico nei confronti del comportamento del consumatore. Creare focus group non è sufficiente, le risposte a
certi quesiti possono risultare inaffidabili, non è detto che le persone rispondano onestamente per via dei cosiddetti bias. Il
cervello, però, “non mente”. Se quando assaggio una bevanda una parte del cervello si attiva, questo è un aspetto oggettivo
che può essere studiato dagli scienziati.
Le neuroscienze consentono di spiegare le decisioni di acquisto e altri elementi che, se studiati solo a livello di esperimenti
empirici, darebbero risultati parziali. Bisogna abbracciare una visione “rivoluzionistica” dell’essere umano. L’uso corretto
della neuroeconomia è vederla come uno strumento che aiuta ad ottenere ulteriori “tessere” al mosaico complessivo.
L’economia comportamentale nasce e si sviluppa grazie ad un dialogo forte con la psicologia. A livello di metodologia
siamo in ambito più economico, di diverse dimensioni di innovatività:
1. Esperimenti di laboratorio
2. Esperimenti sul campo
3. Neuroeconomia
Sul piano dei metodi siamo in ambito economico, nonostante il forte dialogo con la psicologia. C’è una pluralità di
strumenti utilizzabili che vanno visti in un’ottica di complementarità.
DALLA RAZIONALITA’ OLIMPICA (o perfetta) ALLA RAZIONALITA’ LIMITATA
Perché le teorie finanziarie assumono che gli individui siano razionali. Come disse Ariely, gli esseri umani sono
“prevedibilmente irrazionali”. Vengono commessi errori in maniera sistematica e prevedibilmente irrazionali.
L’irrazionalità per la società e gli esseri umani non è una cosa buona a causa di una seria di bias che affondano le radici nei
tratti profondi della nostra personalità. Ci occupiamo del decision making in condizioni di certezza e affrontiamo il
tema del costo opportunità (o costo implicito), ovvero il valore di ciò a cui rinunciamo quando optiamo per una
determinata scelta. Dal punto di vista soggettivo, le persone tendono a non attribuire la giusta importanza al concetto di
costo opportunità e non consideriamo il valore di ciò a cui stiamo rinunciando. Nella vita si deve sempre valutare il costo
opportunità di ogni scelta che facciamo.
Non investo in un’opportunità finanziaria se c’è un investimento più proficuo e sono razionale. Esempio della calcolatrice
e della giacca → le persone si fanno condizionare (bias da distorsione) dai valori. L’economia neoclassica ci dice di
considerare il costo opportunità, l’economia comportamentale ci dice che le persone non tengono spesso conto del costo
opportunità. Esempio di Benji e Fede: costo del biglietto di Benji 100 e di Fede 50, ma quello di fede mi piace di più. 1/3
di chi ha effettuato la scelta ha scelto il concerto di Benji per effetto del bias denominato “fallacia dei costi
irrecuperabili” (anche detta “Fallacia del Concorde” [libro]: Francia e UK hanno continuato a finanziare il progetto del
celebre aereo pur non essendo sostenibile da un punto di vista finanziario). Uno dei due concerti “lo perdo” in ogni caso,
sono entrambi costi irrecuperabili (costi che sono irrimediabilmente persi nel momento in cui la decisione viene presa)
quindi dovrei farmi guidare esclusivamente dalle mie preferenze e scegliere Fede, anche se il costo del suo concerto è
inferiore. Per quanto io abbia speso una cifra elevata in passato, questa ormai costituisce un costo irrecuperabile. LIBRO: la
Fallacia dei Costi Irrecuperabili può dare inizio ad un circolo vizioso che prende il nome di “ escalation situation”: quando un progetto, che sia un
investimento in R&S o un matrimonio o qualsiasi altro, comincia ad andare male, la fallacia dei costi irrecuperabili può spingerci irrazionalmente a fare
ancora più investimenti in quel progetto. Dal momento in cui viene fatto l’extra investimento, le persone si ritrovano a dover sostenere un costo
irrecuperabile addirittura maggiore che è dunque ancora più difficile da ignorare, incoraggiando un ulteriore esborso di soldi). → in una eventuale
domanda d’esame citare l’esempio della Guerra del Vietnam, delle abitudini di lettura (il 38,1 % degli intervistati da Goodreads.com dichiara che
finirà il libro in ogni caso anche se lo detesta) o dell’aereo F-35 americano (ma meglio i primi due), o ancora il caso dei centri commerciali ubicati
lontano proprio per innestare nel consumatore l’idea che il viaggio in macchina sia un costo non recuperabile che viene perduto se al centro
commerciale il consumatore non effettua alcun acquisto. Una possibile soluzione sarebbe domandarsi, prima di intraprendere un progetto rischioso,
quanto sarebbe facile “abbandonare la nave” se le cose iniziassero ad andare male. Qualora non fosse facile sarebbe meglio non imbarcarsi in questo
genere di progetti dall’inizio.
Effetto esca (seconda pubblicità) → l’azienda che sta facendo la promozione non ha commesso un errore, ha voluto
concepire in questo modo gli abbonamenti. L’opzione 2 “print only” è un’esca, l’opzione 3 è l’opzione target “print + web
subscription”, quella che l’azienda punta a vendere. L’esca ha una funzione strumentale ed è stata inserita nella speranza che
più persone, rispetto al caso di assenza di esca, si spostino sull’opzione 3, così come effettivamente è accaduto una volta
che The Economist ha strutturato le sue offerte come si vede sopra. LIBRO: Perciò, sembra che l’aggiunta nel meno di un’opzione
che nessuna persona ragionevole sceglierebbe, finisca con il modificare le preferenze rispetto alle altre opzioni disponibili. Se fossimo perfettamente
razionali non dovremmo essere affetti dal decoy effect. Si ha una violazione dell’indipendenza dalle alternative rilevanti. Formalmente la teoria
implica una condizione che viene denominata “condizione di espansione”: Se x viene scelta da un menu {x, y}, assumendo che non siate
indifferenti tra x e y, allora non è possibile che scegliate y dal menu {x, y, z.}; la teoria non ammette un cambiamento delle preferenze come risultato
di un’espansione nel menu → l’aggiunta di un bene inferiore non dovrebbe cambiare la nostra decisione. Eppure, ci sono numerose prove del fatto
che i gusti delle persone cambiano quando il menu delle alternative si espande e si parla di ciò come di un caso di “Dipendenza dal menu delle
alternative” (alcune forme di questa dipendenza sono anche conosciute come “effetti di contesto” perché le scelte delle persone sembrano essere
influenzate dal contesto in cui quelle stesse decisioni vengono prese). Poiché la presenza di un’opzione dominata sembra aumentare l’appetibilità per il
consumatore dell’alternativa dominante, l’effetto esca (o decoy effect) viene talvolta conosciuto come “effetto attrazione”. Un altro effetto che ha
ricevuto molta attenzione, soprattutto nella letteratura sul marketing, è l’effetto compromesso: la tendenza a scegliere un’alternativa che rappresenti
una sorta di compromesso o via di mezzo all’interno del menu, fenomeno che può anche essere descritto come “avversione agli estremi”,
l’abitudine cioè ad evitare le posizioni più estreme per quanto concerne la dimensione rilevante della scelta.
23/03/2021
Secondo Kahneman esistono due sistemi: sistema 1 (intuizione) e sistema 2 (ragionamento). È anche per via del sistema
1 che siamo soggetti a bias e all’elaborazione di euristiche. Il tema dei costi, dei costi opportunità, del sunk cost bias,
dell’effetto framing si legano al sistema 1 perché i consumatori si fanno spesso condizionare dal sistema 1. Lavorare sul
framing significa dare salienza a quel bene o servizio venduto, a questa o quella informazione pubblicitaria e così via. Il
framing è importante per direzionare l’attenzione del consumatore in quanto risorsa scarsa. Un conto è il contenuto
dell’informazione, un altro conto è la salienza che do a questa o quella informazione.
SCOMMESSA 1: se esce testa vinci 100 euro, se esce croce perdi 100 €. La maggior parte di coloro che hanno risposto al
quiz ha rifiutato l’opportunità.
SCOMMESSA 2: se esce testa vinci 150 euro, se esce croce ne perdi 50. La maggior parte accetterebbe l’opportunità.
La differenza fondamentale tra i due casi è che nel primo l’entità della vincita e della perdita è la stessa. Nel secondo caso la
vincita è tre volte la perdita. In questi due esempi ci sono due bias: framing (effetto incorniciamento: come ti viene
presentata l’informazione) e loss aversion.
L’AVVERSIONE ALLE PERDITE (LOSS AVERSION)
Le persone tendono ad attribuire più importanza alle perdite che alle vincite. In base alla nostra “contabilità mentale” esiste
una asimmetria tra guadagni e perdite – l’intensità del dispiacere per la perdita del 500 euro è superiore all’intensità del
piacere per la vincita di 500 euro. Siamo psicologicamente sbilanciati sul versante delle perdite. Quando la vincita è
nettamente superiore alla perdita (caso della scommessa 2) le cose cambiano, pur restando dei soggetti loss averse. A parità
di importo non c’è simmetria, questo è il punto di fondo della loss aversion (che vedremo essere alla base anche di altri bias).
Se guardiamo la parte in rosso nel grafico precedente, questa funzione ci ricorda l’utilità del consumatore. In effetti, se
mettessimo sull’asse delle x la quantità di un bene e sull’asse delle y l’utilità, la funzione descriverebbe proprio l’utilità del
consumatore, una funzione concava. Il concetto che entra in gioco qui è quello di utilità marginale decrescente. Se
inizio ad avere troppe penne la mia utilità non aumenta più. Aumentando la quantità di quel bene la mia utilità, felicità e
soddisfazione aumentano sì, ma la derivata seconda è negativa e sarò sempre meno soddisfatta a seguito dell’incremento di
un’unità del bene in questione. La funzione di utilità neoclassica era un costrutto teorico, nel caso dell’economia
comportamentale si ragiona in termini positivi, descrittivi e induttivi: si vede come le persone decidono e poi si costruisce
una teoria. Una prima caratteristica di questa funzione è la presenza di guadagni e perdite. Sull’asse orizzontale ci sono
guadagni nella parte positiva e perdite nella parte negativa. L’origine rappresenta il punto di riferimento, lo status quo a
partire dal quale si valutano guadagni e perdite. L’utilità associata al guadagno e la disutilità associata alle perdite le misuro
sull’asse verticale, rispettivamente nella parte positiva e nella parte negativa. Notiamo che la pendenza è maggiore nella
funzione in blu rispetto alla funzione in rossa. La maggiore pendenza è dovuta all’avversione alle perdite perché le perdite
impattano maggiormente sul nostro valore soggettivo rispetto alle vincite in valore assoluto. A parità di ammontare (ad
esempio 500€) la disutilità della perdita è maggiore (120 circa) dell’utilità derivante dalla vincita di 500 euro (60 euro).
L’avversione alle perdite, come altri bias, si lega al sistema 1 e ha un fondamento emotivo. Naturalmente non siamo tutti
uguali e c’è eterogeneità rispetto ai bias. Anche se la loss aversion è un tratto profondo delle nostre personalità, che ci
caratterizza e fa parte della nostra natura ci sono delle differenze tra gli individui. Chi opera sui mercati finanziari è abituato
alla perdita in un certo senso e risulta meno avverso alle perdite e un minore condizionamento da questo bias rilevante e
profondo. Il nostro apparato percettivo è modulato per valutare i cambiamenti o le differenze piuttosto che per valutare le
dimensioni assolute (Kahneman e Tversky 1979). Siamo condizionati dai confronti e da quello che fanno gli altri. In
generale tutto questo fa parte di un apparato percettivo individuale strutturato per essere sensibile alle differenze.
PROSPECT THEORY
La funzione di valore vista prima ha un cuore nella teoria del prospetto e come ingrediente primario ha questa funzione di
valore soggettivo delle vincite e delle perdite valutato rispetto ad un punto di riferimento individuale ( reference point).
Si ha una dimostrazione empirica del fatto che, come nel caso dei tassisti newyorkesi, alcuni non agiscono in maniera
ottimale, bensì in maniera soddisfacente. La differenza sta nel fatto che, se i tassisti fossero razionali in senso classico, in
termini di ore lavorate nelle giornate di pioggia dovrebbero lavorare di più e nelle giornate soleggiate lavorare di meno.
Nella realtà accade l’opposto (esempio presente sul libro).
IMPLICAZIONI DELLA LOSS AVERSION
Perché sconti e promozioni attraggono tanti i consumatori? Perché i consumatori sono “avversi alle perdite” e quindi
apprezzano uno sconto sul prezzo che riduce il dolore della perdita: se la perdita dovuta al pagamento di un prezzo
provoca “dolore”, lo sconto si configura come un “analgesico”. La ragione psicologica di fondo ha a che vedere col fatto
che il dolore viene prodotto dalla perdita e pertanto si cerca di alleviare il dolore attraverso una riduzione del prezzo. Il
prezzo potrebbe essere una barriera all’acquisto, ma se questo viene ridotto nel consumatore si verifica una sorta di
“autoinganno” psicologico. La loss aversion è alla base dell’effetto dotazione e di tanti altri bias e implicazioni. Fino ad ora
abbiamo visto alcuni bias all’opera e i bias cognitivi hanno tipicamente a che vedere col sistema 1. Se torniamo
all’architettura della cognizione (sistema 1 e sistema 2) questa si ripresenterà per diversi concetti. Il fatto che siamo guidati
da un’architettura della cognizione di tipo duale, e non solo dal sistema 2 come prescritto dall’economia neoclassica, è
un’implicazione importante perché di fatto in molte nostre scelte siamo condizionati dai cosiddetti SIF
(supposedly/similar irrelevant factors [detto dal prof]). Questi elementi giocano un ruolo spesso rilevante, nonostante
siano apparentemente irrilevanti e non dovrebbero giocare alcun ruolo se le persone fossero razionali. L’avversione alle
perdite è un bias, ma ciò non vuol dire che debba necessariamente indurci in errore, è un nostro tratto caratteristico.
25/03/2021
EFFETTO DOTAZIONE (Endowment effect): partiamo da un esperimento classico, l’esperimento di Knetsch. Questo
studioso condusse un esperimento suddividendo il suo campione complessivo in tre gruppi:
Quando ci viene data una cosa siamo restii a cederla. Col terzo gruppo si rafforza il disegno del ricercatore. In questo
esperimento l’ipotesi è quella che viene intuito che le persone possano insegnare un valore intrinseco a ciò che possiedono
e che questo possa influenzare le proprie scelte, perché condizionati dalla propria dotazione. Il ricercatore ha pensato che
se vuole analizzare in modo adeguato devo scegliere dei beni oggettivamente equivalenti, con lo stesso prezzo di mercato
(non posso equiparare una matita e una Ferrari). Il gruppo 3 è quello che conferma l’assunzione che i due beni siano
oggettivamente paragonabili ed equamente ripartiti tra i membri. Nei primi due gruppi si verifica il cosiddetto “effetto
dotazione” (considera anche l’esempio della tazza di caffè con WTP e WTA sul libro), confermando la preferenza per il bene
che era stato loro attribuito come dotazione iniziale all’inizio dell’esperimento. È sufficiente dare una dotazione per
innescare nelle persone il c.d. “effetto proprietà”. LIBRO: Questo fenomeno è noto come effetto dotazione perché, al contrario di
quanto prescrive la teoria dell’utilità tradizionale, le preferenze delle persone sembrano dipendere proprio dalle disponibilità iniziali o da ciò che loro
possiedono. Poiché il modo in cui valutano diverse opzioni potrebbe dipendere da un punto di riferimento (reference point), vale a dire la loro
situazione iniziale in termini di possesso, fenomeni come questo sono spesso denominati “reference point phenomena”. Sia l’effetto dotazione che i
reference point phenomena sono tutti aspetti dell’effetto incorniciamento (framing effect), che si verifica allorché le preferenze vengono a dipendere da
come le opzioni vengono presentate. Inoltre, l’effetto dotazione e altri reference point phenomena sono spiegati come risultato della c.d. “avversione
alle perdite”, il fatto cioè che le persone detestano molto di più una perdita di quanto amano un guadagno dello stesso ammontare. In presenza di
avversione alle perdite WTA e WTP non coincidono. Quando esprimete la vostra willingness to accept, vi viene chiesto di immaginarvi di possedere
un certo bene e di dichiarare il prezzo al quale sareste disposti a disfarvene, il che significa che il prodotto sarà valutato dentro la cornice delle
perdite. Quando, invece, esprimete la vostra willingness to pay, vi viene chiesto di immaginarvi di non possedere un certo bene e di dichiarare il
prezzo che sareste disposti a pagare per acquistarlo, il che significa che, in questo caso, il prodotto sarà valutato dentro la cornice del guadagno. Dato
che le perdite fanno più male di quanto non faccia godere una vincita, è lecito aspettarsi che la WTA sia superiore alla WTP. Gli economisti
comportamentali catturano l’effetto dell’avversione alle perdite attraverso la funzione valore, che rappresenta come un soggetto valuta un
cambiamento. La funzione valore è una componente fondamentale della teoria del prospetto, una delle teorie più importanti dell’economia
comportamentale. Rispetto alla funzione di utilità che considera le disponibilità totali, la funzione valore: considera i cambiamenti rispetto a tali livelli;
la funzione valore mostra una modifica sostanziale a partire dal punto di riferimento (reference point), in questo caso le disponibilità correnti, di modo
che la curva è più ripida a sinistra dell’origine, la parte corrispondente alla perdita. L’avversione alle perdite si lega anche ai temi dei costi-opportunità
e dei costi irrecuperabili. Se si considerano i pagamenti in denaro come perdite e il costo opportunità come un guadagno mancato, l’avversione alle
perdite porta con sé il fatto che i pagamenti diretti pesano più dei costi opportunità. Sempre l’avversione alle perdite può spiegare anche come mai le
persone diano tanto peso ai costi non recuperabili. Poiché questi ultimi sono vissuti come una perdita, conteranno molto nel bilancio emotivo di una
persona, cosa che appunto può portare a dargli un peso eccessivo. Questo è un effetto piuttosto rilevante ed importante che non viene
previsto dall’approccio economico tradizionale, in quanto ci riferiamo ad uno status quo bias, ovvero una preferenza nel
mantenimento della dotazione iniziale (p.63). LIBRO: Lo status quo bias sembra contraddire anche le implicazioni del Teorema di Coase,
in base al quale in assenza di costi di transazione lo scambio di mercato porterà ad un’allocazione efficiente delle risorse. Ma dal momento in cui le
persone mostrano uno status quo bia, non raggiungeranno una situazione negoziale efficiente anche quando i costi di transazione sono pari a 0 .
Questi effetti devono essere letti come “effetti puri”. Questo non significa che non vi siano altri effetti all’opera.
Si crea una divergenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto di un bene. Il prezzo al quale sono disposto a vendere un
bene X e il prezzo che sarei disposto a pagare per un bene X che ancora non posseggo. Ci può essere un effetto legato al
valore affettivo. Questa divergenza è una rilevante implicazione economica dell’effetto dotazione. Nel corso di una
trattativa tra parti sociali, prima di arrivare all’accordo finale, si effettuano vari step e le persone faticano a tornare indietro
perché tendono a dare molto valore a ciò che hanno già e c’è una sorta di “resistenza alla concessione” e alla resistenza ai
salari, nello specifico. Ci sono anche implicazioni dell’effetto dotazione che riguardano più direttamente il marketing, in
particolare il fatto che dal punto di vista psicologico ci sia un effetto dotazione è una “buona notizia” per un’impresa
orientata al profitto che ha già fidelizzato il cliente. A quel punto, ceteris paribus, beneficerò dell’Endowment effect e il
consumatore darà ancora più valore a quel prodotto o servizio sia perché è già suo e proprio sia per via dell’effetto
dotazione, e sarà più difficile che mi abbandoni e passi alla concorrenza. Con questo non stiamo dicendo che quel cliente
non lascerà mai l’azienda, però dal punto di vista aziendale l’effetto dotazione ha un certo peso. Il caso dei primi mesi
gratuiti erogati, ad esempio, dalle aziende che si occupano di tv è associato all’effetto dotazione e alle relative implicazioni.
ASPIRATION TREADMILL (p.71): quando si parla di aspiration treadmill (tapis roulant) ci si riferisce al fatto che “ci
muoviamo pur restando fermi”, aspetto legato alle aspirazioni. Se diventiamo più ricchi “all’improvviso”, per effetto di
un’eredità o qualche shock positivo, siamo più felici. Quello che si nota è un aumento, concomitante allo shock positivo,
delle aspirazioni. L’aumento di ricchezza impatta positivamente sul livello di felicità, ma a causa delle accresciute
aspirazioni delle persone si parla anche di “paradosso della felicità” e i confronti con gli altri rischiano di essere un
problema per noi e influenzare la nostra felicità. LIBRO: L’Aspiration treadmill è il processo in base al quale un aumento di ricchezza si
traduce in un aumento delle aspirazioni. Ragion per cui l’aspiration treadmill viene chiamato in causa per spiegare il fatto che i rendimenti marginali
della felicità, derivanti dall’avere denaro, sono decrescenti.
LIBRO – ANCORAGGIO E AGGIUSTAMENTO: un processo cognitivo che può essere usato quando si formano dei giudizi e delle valutazioni.
Come suggerisce il nome, l’ancoraggio e aggiustamento è un processo in due step: in primis viene fatta una stima iniziale chiamata ancora e,
secondariamente, si aggiunta la risposta verso l’alto o verso il basso per arrivare ad un numero finale. Per cui un’interpretazione secondo la quale
seguiamo delle euristiche può aiutare a spiegare sia perché, a volte, formuliamo giudizi rapidi e perfettamente corretti, sia perché sovente prendiamo
decisioni completamente errate. L’ancoraggio e aggiustamento è una delle euristiche identificate nella classificazione prevalente. Come tutte le
euristiche è pensata per essere funzionale, ma allo stesso tempo per portare a distorsioni, date certe condizioni. L’evidenza empirica mostra come
l’aggiustamento si riveli spesso insufficiente e che la stima finale sarà in qualche modo funzione dell’ancora, che può essere del tutto arbitraria. Questo
comportamento è ovviamente irrazionale perché viola la procedura di invarianza, secondo la quale una preferenza dichiarata non dovrebbe variare in
funzione del metodo usato per rivelarla. Video Steve Jobs e Ipad: All’inizio S.J. parla delle caratteristiche tecniche dell’Ipad e
proietta un prezzo di 999 dollari per poi proiettare un prezzo dimezzato di 499 dollari. In questo modo ci ha ancorati e
così facendo il prezzo finale di 499 ci è sembrato basso. Ai prodotti Apple è associato anche un valore di status che viene
preservato, è uno status particolare perché ha un prezzo alto ma non è come comprare una Ferrari. La Apple cerca
comunque di mantenere la posizionalità dello status e garantire una sorta di posizionamento di massa. L’aspetto più
importante di questo video è l’ancoraggio. LIBRO: Tuttavia è bene anche non esagerare la suscettibilità delle persone alla distorsione
cognitiva dell’ancoraggio e aggiustamento. In realtà può essere che esse reagiscano ad un prezzo d’acquisto suggerito percependo il livello elevato
come un segnale di qualità del prodotto. In questo caso, il loro comportamento non ha nulla a che fare con l’euristica dell’ancoraggio e aggiustamento .
Quando dobbiamo stimare una quantità è facile ancorarci ad un numero che ci viene dato e aggiustare la nostra stima
personale sulla base di quel numero. Mentre Steve Jobs parla dell’Ipad dopo averne proiettato il prezzo, noi già ci
chiediamo quanto sarei disposta a pagarlo a partire dai 999 dollari proiettati da Jobs (600,700…) e appena finalmente il
prezzo effettivo è stato proiettato, questo è risultato sicuramente più basso di quello che ci aspettavamo e che saremmo
stati disposti a pagare. Quando parliamo di ancoraggio e aggiustamento ci riferiamo ad un processo che parte dal bias
dell’ancoraggio del quale siamo vittime perché ci facciamo influenzare dall’ancora in modo irrazionale e poi ci aggiustiamo,
un bias legato all’euristica. Un’euristica è una regola empirica o una scorciatoia mentale che può essere usata quando si
formula un giudizio. Le euristiche sono pensate per essere funzionali, nel senso che riducono il tempo e lo sforzo necessari
per risolvere i problemi decisionali di ogni giorno e producono risposte approssimativamente corrette in una grande varietà
di situazioni. In determinate circostanze, però, producono errori sistematici e prevedibili e può portare a distorsione
cognitive. Il Bias in sé è l’ancoraggio in quanto tale (anchoring bias), mentre il sistema 2 che ci spinge all’aggiustamento
tramite la razionalità si basa di più su un’euristica. Talvolta il prezzo finale può essere non troppo lontano dall’ancora o
comunque ancora troppo elevato se ci basiamo sulla nostra capacità economica effettiva e rischiamo di non aggiustare in
modo sufficiente e risentire dell’ancora. La cosa interessante da un lato e problematica dall’altro è che l’ancora può anche
essere un’informazione del tutto irrilevante. Nel caso dell’ipad non è del tutto irrilevante nonostante 999 non si capisca a
cosa è riferito si capisce che ha una sua certa razionalità, quindi non viene presentata come un’informazione rilevante e
questo incide sulla credibilità dell’informazione. Questo però incide anche quando le ancore siano del tutto irrilevanti, con
numeri a caso per ancorare le risposte inconsciamente senza avere una relazione effettiva con la realtà (esempio dell’albero
più alto del mondo). Il 999 non è un numero casuale, è basato sul parere di esperti. Uno dei fattori che spiega l’eterogeneità
nelle risposte delle persone è la capacità cognitiva delle persone stesse. L’effetto ancoraggio diminuisce all’aumentare della
capacità cognitiva delle persone.
30/03/2021
Nella parte iniziale del video si fa riferimento al fatto che spesso il consumatore non sa cosa acquistare e ha incertezza
cognitiva, al netto di altri problemi, e questo complica l’analisi dal punto di vista dello studioso che voglia comprendere i
processi di decision making. Per questo ci sono discipline che guardano direttamente alle scelte o ai cambiamenti
fisiologico, con ricerche di tipo neuro-scientifico e neuro-economico. Qui troviamo una tripartizione del cervello molto
importante in:
- The new brain (neocorteccia) → agisce lentamente ma in maniera intelligente e riesce a tenere conto dei diversi
archi temporali (passato, presente e futuro). C’è uno sforzo, effort da produrre attraverso l’utilizzo del sistema 2
- The middle brain (emotional)
- The reptilian brain (istintivo) → molto antico, con dei limiti
DIFETTI DELLA METODOLOGIA
NEUROECONOMICA
Di fatto, un rischio molto forte che si avverte, è che si tenda a
fornire delle interpretazioni semplicistiche. Il nostro cervello è un
neural network complesso e si deve fare attenzione a letture
semplicistiche dei risultati economici. Entriamo nel merito di alcuni
esperimenti neuro economici. Abbiamo introdotto il tema della
neuroeconomia e del neuromarketing e chiarito quali siano le
funzioni celebrali più rilevanti dal punto di vista economico. Dal
punto di vista neuroscientifico un argomento importante è il
rapporto (conflitto o armonia) tra emozioni e scelte economiche.
Questo quesito non poteva avere risposta nella scienza economica prima dell’avvento della neuroeconomia perché tutto
l’approccio era centrato sulla razionalità e non si poneva alcun focus sulle emozioni, non tanto perché queste non
condizionino l’agire umano, quanto più per una questione di approccio metodologico.
ESPERIMENTO 1: Un celebre esperimento neuro economico condotto alcuni anni fa ha a che vedere con uno scontro
tra titani in relazione alla notorietà del brand, ovvero lo scontro tra Pepsi e Coca Cola. Questo esperimento è uno dei più
citati e noti che ci consente di capire in che modo si procede nella conduzione di un esperimento neuro economico.
Questo è stato condotto da McClure et al. ed è basato sul neuro-imaging. Su un campione di 60 volontari (non molto
ampio, tipico della neuroeconomia) si è guardato l’impatto del brand sulle preferenze del consumatore. È stato effettuato
un blind test (un assaggio al buio di un bicchiere di Pepsi e uno di Coca Cola) senza che i volontari conoscessero la marca.
In un secondo momento i marchi sono stati scoperti. Al buio c’è stata una sostanziale indifferenza tra le due bevande, ma
quando i marchi sono stati resi noti si è registrata una netta preferenza per Coca Cola e nel caso di quest’ultimo si è vista
un’attivazione della corteccia celebrale e dell’ippocampo. Si è dedotto che Pepsi dà gratificazione, altrimenti al buio non ci
sarebbe stata quella sostanziale indifferenza rispetto a Coca Cola, ma Coca-Cola genera brand influence. Questa è
un’importante conferma neuroscientifica del brand come una delle leve importanti del marketing.
ESPERIMENTO 2: wine tasting, assaggio di vini differenti. In questo esperimento sono stati utilizzati cinque bicchieri di
vino, presentati ai volontari come contenenti altrettanti tipi di Cabernet Sauvignon. In questo caso è stata utilizzata la
deception (l’inganno dei partecipanti e manipolazione chiave dello sperimentatore, cosa solitamente non fatta in economia
sperimentale, ma in neuroeconomia è diverso e non c’è il tabù dell’uso della deception). Lo stesso vino una volta è stato
presentato al prezzo di 10€ e una volta al prezzo di 90€. Solo tre vini alla fine erano diversi, perché uno stesso vino è stato
presentato due volte con prezzi diversi. Questo ha costituito una manipolazione chiave per vedere se vi fosse un effetto
riconducibile al prezzo e non al puro apprezzamento del vino basato sull’assaggio in sé.
Un altro risultato della neuroeconomia è che, sulla base di studi sulla risonanza magnetica funzionale (fMRI), si è visto
come soggetti con lesioni all’amigdala effettuavano scelte non condizionate dall’avversione alle perdite, ma “razionali”,
ovvero frutto di un freddo calcolo di utilità. L’avversione alle perdite ha, quindi, quel fondamento emotivo associato al
sistema 1. È chiaro che nel breve periodo questo confligge con la definizione classica di razionalità. Nel lungo periodo,
tuttavia, non è detto che le emozioni siano qualcosa di negativo, che ci portino in errore o a fare scelte sbagliate.
Solitamente è importante vedere le emozioni come un campanello d’allarme automatico, inconscio, che in alcuni casi ci
salva. Le decisioni peggiori dal punto di vista del processo decisionale vengono prese non tanto quando le emozioni sono
assenti, quanto piuttosto quando sono del tutto travolgenti. Si è cercato di vedere cosa succedesse a livello neurologico di
fronte a prodotti finanziari rischiosi e quando si registrava una attivazione del centro della gratificazione/ricompensa
(nucleus accumbens) e tipicamente questo si associa appunto alla scelta azionaria rischiosa. Quando si è verificata
un’attivazione dell’insula, riconducibile ad una perdita, questo è stato associato alla scelta delle obbligazioni.
06/04/2021
www.lavoce.info Fino ad ora ci siamo occupati di giudizi e scelte in condizioni di certezza. Si parla di ragionevole certezza
e non di certezza in assoluto, perché non si ha mai una completa e piena certezza, perché l’imprevisto ci può sempre
essere. Nella vita di tutti i giorni siamo spesso chiamati a fare valutazioni e a prendere decisioni in condizioni che non sono
di certezza. La differenza tra rischio e incertezza. Sono sinonimi e intercambiabili o no? Una volta che usciamo dalla
certezza ci troviamo nel mondo di rischio e incertezza.
La parola chiave è la “probabilità”. Quando sono dentro uno scenario di
rischio ho delle probabilità associate ad eventi che posso calcolare.
L’incertezza può intendersi come una “non conoscenza” di tipo radicale. I
giochi d’azzardo non sono caratterizzati da incertezza, ma da rischio.
Concettualmente è uno scenario in cui ho probabilità oggettive associate, ad
esempio, al fatto che esca il colore rosso o nero, perché conosco a priori
quanti tasselli sono neri e quanti sono rossi. La prospettiva di una guerra, il
tasso di interesse in venti anni, sono tutti eventi ai quali non posso associare una probabilità, quindi siamo in un contesto
di incertezza. Vedendo i principali bias in condizioni di rischio e incertezza e degli ambiti applicativi rilevanti come quelli
della finanza e del gioco d’azzardo, tra loro diversi ma con alcune analogie per l’approccio dell’essere umano. Sappiamo
che l’essere umano è contraddistinto da una razionalità limitata, il filo conduttore per tutta la parte riguardante i bias e le
euristiche, parlando di irrazionalità prevedibile. Diventa cruciale far riferimento al concetto di probabilità. La teoria classica
della probabilità appare poco soddisfacente sul piano positivo (o descrittivo). Anche rispetto al tema della probabilità
diventa importante cercare di capire di cosa deve tenere conto una teoria adeguata dal punto di vista descrittivo.
CAP. 5
Se pensiamo all’ambito degli investimenti, si sa che la “regola d’oro” è quella relativa all’importanza e alla saggezza di
diversificare e non investire tutto il proprio denaro nelle azioni di una sola società. Tuttavia, investire in due o più prodotti
non è di per sé sinonimo di buona diversificazione perché occorre che gli asset siano il più possibile indipendenti e poco
correlati tra loro. Spesso le persone sottovalutano questo aspetto e rischiano lo stesso.
BIAS VALUTATIVI IN CONDIZIONI DI RISCHIO E INCERTEZZA
• FALLACIA DELLO SCOMMETTITORE o DEL GIOCATORE D’AZZARDO (Gambler’s Fallacy): LIBRO:
la fallacia dello scommettitore consiste nel ritenere che una deviazione dal comportamento medio verrà corretta nel brevissimo periodo. Le
persone che pensano di doversi aspettare un uragano o un incidente automobilistico, perché non ne hanno visto o fatto uno in tanti anni,
incorrono nella fallacia dello scommettitore. La fallacia dello scommettitore è a volte esplicitata in termini di rappresentatività. L’euristica
della rappresentatività* porta a pensare che la probabilità che un risultato derivi da un dato processo riferendoci al grado in cui quel
risultato è rappresentativo di quello stesso processo. Se il risultato è rappresentativo di un fenomeno, allora la probabilità che il primo derivi
dal secondo è considerata alta; se, viceversa, il risultato non è considerato rappresentativo, allora anche la probabilità è stimata bassa. È
un’anomalia associata tipicamente al comportamento del giocatore d’azzardo. Ci si attende che lo scommettitore
dalla razionalità limitata attui uno spostamento rapido verso la media: se esce 3 volte il rosso, ci si aspetta il nero
sulla roulette (p.117). È una fallacia perché è come se le persone soggettivamente e mentalmente si stessero
servendo non della Legge dei Grandi numeri ma della Legge dei Piccoli numeri.
• LEGGE DEI PICCOLI NUMERI: tendenza a fare inferenze mentalmente su piccoli campioni non
statisticamente significativi (p.119). LIBRO: le persone tendono ad esagerare il grado in cui piccoli campioni di osservazioni sono
rappresentativi della popolazione da cui provengono. Il colore non sarà necessariamente diverso, proprio perché sto
facendo inferenza sui piccoli campioni. Un conto è la probabilità oggettiva e un altro è il nostro rapporto con la
probabilità e le probabilità soggettive. L’economia comportamentale ha molto da dire riguardo a come le persone
percepiscono la probabilità.
*EURISTICA DELLA RAPPRESENTATIVITA’: legata al bias del Gambler’s fallacy, è una delle euristiche più
importanti. Le persone che pensano di doversi aspettare un uragano oppure un incidente automobilistico solo perché non
ne hanno visto o fatto uno in tanti anni, incorrono nella fallacia dello scommettitore. Le euristiche sono scorciatoie mentali
che tendiamo a percorrere inconsciamente.
IL PROBLEMA DI LINDA E LA FALLACIA DELLA CONGIUNZIONE
Nel problema di Linda (Cassiera di banca o Cassiera di banca + femminista) il punto centrale è che si deve parlare di quale
sia lo scenario più probabile tra i due. Chi sceglie la seconda opzione è soggetto alla fallacia della congiunzione che ha a
che vedere con l’euristica della rappresentatività → quella narrativa determinata ci fa sembrare più probabile lo scenario in
cui Linda è sia cassiera che femminista. La probabilità dello scenario 2 non potrà mai essere superiore alla probabilità che
Linda sia solo una cassiera di banca.
BIAS DELLA CONFERMA (Confirmation Bias, p. 129)
LIBRO: il bias della conferma è la tendenza a dare all’evidenza empirica a sostegno della tesi di cui si è convinti a priori un peso maggiore del
dovuto (i conservatori tendono a leggere quotidiani conservatori, i progressisti tendono a leggere giornali progressisti). Il bias della conferma può
anche aiutare a capire perché si fanno scommesse. Al giocatore d’azzardo vengono più facilmente in mente le volte in cui le previsioni sono andate a
buon fine piuttosto che quelle in cui sono andate male. Potremmo chiederci “Che tipo di prova ci farebbe cambiare idea?” Se non troviamo una
risposta probabilmente soffriamo del bias della conferma. Il tema degli stereotipi si lega al bias della conferma. In questo caso si tratta
del seguente tema: se due persone sono razionali e discutono di un determinato problema rilevante (ad esempio il
cambiamento climatico, l’aborto, l’efficacia di una determinata politica fiscale…), si assume che questi partano da punti di
vista differenti, ma venendo esposti alla stessa evidenza empirica sarebbe logico aspettarsi che queste due persone
finiscano per trovarsi, ex post, meno distanti di quanto non fossero inizialmente, con una posizione comune. Questo
avvicinamento di posizioni, tuttavia, non è detto che si verifichi, proprio per effetto proprio del bias della conferma, un
bias che ci porta ad attribuire all’evidenza empirica a sostegno delle tesi di cui si è convinti a priori un peso maggiore del
dovuto. Le mie “lenti” mi spingono a reputare questa evidenza una conferma della mia posizione. Esempio dello studio
relativo alla pena di morte: si è dimostrato che nel confronto tra un favorevole e un contrario che vengono esposti alla
stessa evidenza empirica, si tende a confermare le proprie pre-convinzioni, ricercando nel testo o nell’evidenza empirica le
parti che confermano la propria posizione. Il bias della conferma aiuta a spiegare perché gli stereotipi razzisti e sessisti
resistano nel tempo, ma anche la sicurezza dei giocatori d’azzardo e di certi investitori finanziari, nonché il successo delle
teorie del complotto. Tendiamo a cercare punti di vista simili ai nostri, piuttosto che cercare opinioni e punti di vista che
sfidino le nostre idee.
13/04/2021
Il dominio della “non certezza” si può suddividere in rischio e incertezza. In questo dominio incontriamo nuovi bias
cognitivi ed euristiche ulteriori rispetto a quelli visti in precedenza (euristica della rappresentatività, bias del giocatore di
azzardo, confirmation bias…).
OVERCONFIDENCE
LIBRO: quando si valutano certe affermazioni relative alla fiducia in certi eventi (affermazioni che dicono quanto siamo certi che determinate cose
accadranno), gli economisti comportamentali parlano di calibrazione. Siamo perfettamente calibrati se, nel lungo periodo, per tutte le affermazioni cui
è attribuita la stessa probabilità, la proporzione di affermazioni vere coincide con la probabilità che gli abbiamo assegnato. Se siete calibrati e valutate
che un certo evento abbia il 90% di probabilità di realizzarsi, significa che 9 volte su 10 avete ragione su quell’evento. Eppure, uno dei risultati che
trovano più conferme in letteratura è quello della tendenza delle persone ad esibire overconfidence: la certezza con cui le persone manifestano le proprie
convinzioni (esperti inclusi: fisici, dottori, agenti della CIA) tende ad essere superiore alla frequenza con cui quelle convinzioni si rivelano anche
corrette. L’overconfidence cresce con la fiducia nelle proprie convinzioni ed è massima quando questa è alta. L’overconfidence aumenta anche
con la complessità della valutazione in oggetto, più una valutazione costituisce una sfida e più ci si può aspettare overconfidence. La cosa
interessante è che l’overconfidence non sembra ridursi a mano a mano che esse diventano più consapevoli. Cosa si può fare per essere meno
overconfident e più calibrati? La ricerca mostra che informare le persone sul rischio di overconfidence non cambia granché in termini di calibrazione.
Tuttavia, quello che sembra funzionare è continuare ad effettuare previsioni e ricevere feedback certi e immediati, considerare le occasioni per cui si
può essere in errore. Inoltre, il bias della conferma ci spinge a sovrastimare l’evidenza a supporto delle nostre tesi e sottostimare quella in favore
dell’ipotesi in cui non crediamo, rendendoci ciechi di fronte ai nostri errori. Un fenomeno noto come hindsight bias (distorsione del “ve l’avevo
detto”) consiste nella tendenza di esagerare ex post la probabilità che un certo evento si verifichi, fatta da chi sa che quell’evento è già accaduto.
Collegamento tra overconfidence, competenza ed Fffetto Dunning-Kruger: le persone tendono a sovrastimare le proprie abilità (esempio della
guida). L’effetto Dunning-Kruger è una distorsione cognitiva a causa della quale individui poco esperti in un campo tendono a sopravvalutare le
proprie abilità autovalutandosi esperti a torto, mentre al contrario persone davvero competenti hanno la tendenza a sottostimare la propria reale
competenza. Come corollario di questa teoria, spesso gli incompetenti si dimostrano estremamente supponenti.→ Eccessiva fiducia in sé
stessi, situazione opposta rispetto alla underconfidence. Le persone tendono ad avere un eccesso di fiducia nelle loro capacità.
Quando c’è overconfidence si verifica un’asimmetria tale per cui se le cose vanno bene dipende dalla stessa persona e da
fattori interni, quando le cose vanno male dipende da fattori esterni e non imputabili al soggetto overconfident. Si parla,
appunto, di un eccesso di autostima, anche per i soggetti più esperti (medici, psicologi, agenti della CIA). Questo bias non
caratterizza soltanto persone non istruite, quindi all’aumentare del grado di istruzione non si riduce la forza del bias. Per
quanto riguarda le abilità di guida, possiamo dire che più del 90% delle persone solitamente afferma di essere più capace
del guidatore medio. L’Overconfidence aumenta all’aumentare dell’abilità cognitiva delle persone, in contrasto con quello che
avviene rispetto ad altri bias come l’ancoraggio. Quando c’è effetto ancoraggio, infatti, questo effetto diminuisce
all’aumentare della capacità cognitiva delle persone. POSSIBILE DOMANDA D’ESAME→correlazione tra i bias e le
abilità cognitive.
Le nostre emozioni hanno a che fare col sistema 1 e col tema della probabilità. Se ci poniamo in un’ottica descrittiva, ci
rendiamo conto che di fatto le persone non assegnano la probabilità agli eventi sulla base di un calcolo freddo e razionale,
ma si fanno condizionare dalle emozioni, anche nelle valutazioni di tipo probabilistico. Più le nostre emozioni saranno
positive più sarà elevata la probabilità che attribuiremo a conseguenze positive e
viceversa (euristica dell’affettività). Dobbiamo tenere conto delle decisioni attuate in
condizioni di rischio e incertezza. Dobbiamo considerare alcuni bias che giocano un
ruolo importante. Abbiamo già introdotto il “Dilemma della malattia asiatica”. La
presenza di Loss Aversion è stata riscontrata anche nelle scimmie e nei bambini di
nove anni. Sembra, quindi, rappresentare un tratto profondo della nostra struttura
mentale.
OPTIMISTIC BIAS (ILLUSIONE DI INVULNERABILITA’)
Tendenza di un individuo a ritenere di essere meno soggetto ad eventi avversi rispetto al resto della popolazione (“non
può succedere a me”). Questo porta, ad esempio, a spendere meno in assicurazioni, prestare meno attenzione a
comportamenti di riduzione del rischio (esempio del covid 19).
A partire dal reference point si valutano guadagni e perdite. La funzione di valore è al cuore della prospect theory e ne costituisce
l’elemento fondamentale. Abbiamo anticipato che la teoria del prospetto si basa anche su una seconda funzione molto
importante che va letta congiuntamente alla prima e riguarda il tema della probabilità. Anche nell’ambito della probabilità
degli eventi è fondamentale la distinzione tra piano descrittivo e normativo. La teoria classica della probabilità ci dice come
dovremmo agire se fossimo razionali, la teoria comportamentale dice come di fatto si comportano le persone. Se le
persone agissero come dovrebbero le due teorie sarebbero perfettamente allineate. Le due teorie sono incorporate in un
certo senso in questa funzione:
Sull’asse delle ascisse abbiamo la probabilità effettiva, sull’asse delle ordinate la probabilità percepita. La bisettrice
coincide col modo in cui gli individui si dovrebbero comportare ma, per varie ragioni legate a bias ed euristiche, probabilità
oggettiva e percepita non coincidono, anzi, solitamente sovrastimiamo eventi rari e sottostimiamo eventi probabili.
Tendiamo ad avere una funzione di probabilità (funzione di ponderazione → secondo ingrediente della teoria del
prospetto insieme alla funzione di valore).
GIOCO D’AZZARDO E LUDOPATIA
Le persone tendono a dedicare tanto tempo e denaro al gioco d’azzardo e alla ludopatia. Ci sono una serie di concause, una
di queste legate all’analfabetismo matematico, ma anche a fattori socioeconomici, a fattori psicologici che vedono il
contributo proprio dell’economia comportamentale. Cosa si intende per ludopatia:
C’è un vero e proprio conflitto tra sistema 1 e sistema 2. Una delle cause citate è l’analfabetismo matematico, un elemento
legato alla qualità del sistema formativo.
C’è una correlazione positiva, dunque, tra analfabetismo matematico e analfabetismo economico-finanziario e questo ha a
che fare anche col gioco d’azzardo. “Tassa volontaria” è un ossimoro, ma il gioco d’azzardo si può vedere come una tassa
volontaria di natura regressiva, motivo per cui chi è più povero gioca di più, perde e diventa ancora più povero. Di fatto, il
gioco di azzardo è un fattore che acuisce la disuguaglianza sociale.
L’House money effect (Effetto del denaro del banco) implica che siamo sensibili alla fonte del denaro, non solo al
quantum; la propensione al rischio del singolo è maggiore se il denaro da investire è denaro guadagnato dal gioco in
precedenza, anziché rappresentare, ad esempio, reddito da lavoro. Se fossimo razionali dovremmo guardare solo al
quantum. A parità di importo non abbiamo la stessa attitudine ad usare quella somma per il nostro “cervello economico”
dal punto di vista delle scelte effettive delle persone.
Le “Quasi vincite” (near miss): ad esempio, l’uscita del numero 9 alla roulette con il giocatore che aveva puntato sull’8; è
soltanto una perdita, ma per chi ha problemi col gioco d’azzardo viene vissuta come l’approssimazione di un successo e
perciò, paradossalmente, si trasforma in un incentivo a proseguire con le scommesse. Soggettivamente la quasi vincita
viene vissuta come una vincita, o meglio, come un’approssimazione del successo che spinge a proseguire con le
scommesse. È un meccanismo devastante perché una quasi vincita non è altro che una perdita.
Sean Parker ha dichiarato che FB dà vita ad un social-validation feedback
loop: c’è il bisogno di dare all’utente una “botta di dopamina” ogni
tanto, generata dal fatto che qualcuno abbia messo like o commentato
una foto. Qui entra in gioco tutti il discorso dell’accettazione sociale,
logica che, chi progetta il social, cerca di rispettare e tenere in
considerazione.
Il Condizionamento operante consiste nell’indurre le persone a
trascorrere più tempo sui social anche mediante ricompense, di
carattere monetario, nel caso del gioco d’azzardo, e sociale nel caso di
like o commenti sui social.
Perché si gioca così tanto? Si verifica un conflitto tra sistema 1 e sistema 2. L’architettura elaborata da Kahneman si può
applicare in diversi contesti e i due sistemi non devono necessariamente entrare in conflitto. Quando, tuttavia, si gioca per
un ammontare importante, il conflitto tra sistema 1 e 2 diventa determinante per comprendere perché le persone giocano
tanto. Il sistema 1 in questo caso anticipa il guadagno monetario e si attivano i centri della ricompensa, delle aree viscerali
del cervello ricche di innervazioni dopaminergiche che regolano il consumo di dolci, cocaina, auto di lusso e l’attività
sessuale. Il sistema 1 vede, dunque il guadagno monetario. Quello che non vede il sistema 1 è il parametro chiave che il
nostro cervello si rifiuta di vedere: la probabilità. Per ragionare sulla probabilità avrò bisogno del sistema 2, che agisce
lentamente. Dunque, col sistema 1 immediatamente e istintivamente vedo il guadagno, non vedo (a “causa” del sistema
due) il parametro fondamentale della probabilità (vedi Decreto Balduzzi foto sopra). In relazione al Decreto Balduzzi si
deve fare una differenza tra informazione e salienza dell’informazione. Non basta dire o scrivere l’informazione se al
mio cervello giungono per prime, ad esempio, le informazioni relative al jackpot (ad esempio la probabilità può essere
scritta, ma molto in piccolo o in un’area del sito che l’utente non visita).
15/04/2021
C’è una concomitanza di fattori, come abbiamo visto, che contribuiscono ad accentuare la ludopatia e il gioco d’azzardo.
Tra i fattori psicologici abbiamo visto l’House Money Effect, le “quasi vincite” e il Condizionamento operante e le “piccole
ricompense”. Ora ci occupiamo di Effetto Framing, Probability Neglect e la Fallacia dello scommettitore.
Il nostro cervello vede “volentieri” il guadagno atteso col sistema 1 in modo veloce e automatico ma non considera la
probabilità connessa all’ottenimento di quel guadagno. Per questa stima, infatti, serve il sistema 2. La difficoltà che
tendiamo ad avere come esseri umani è proprio quella di stimare la probabilità degli eventi e tendiamo a non fare
valutazioni accurate. Consapevoli del fatto che non esistono situazioni a rischio 0 questo può aiutarci. Quando si vuole fare
ragionare le persone sulle probabilità effettive associate a diversi eventi, si chiede loro di mettere in ordine crescente di
probabilità determinati eventi.
PROBABILITY NEGLECT: bias cognitivo, letteralmente significa trascurare la probabilità. Questo accade non solo
col gioco d’azzardo, ma in tante situazioni. Infatti, il cervello vede (sistema 1) il guadagno potenziale ma non vede (occorre
il sistema 2) la probabilità associata. Accade anche in situazioni in cui il prodotto mi fa provare forti emozioni positive, così
tanto da non considerare razionalmente la probabilità (ad esempio di essere in grado di sostenere la spesa associata al
prodotto stesso).
Un caso emblematico è quello dei mutui subprime del 2008. Le persone non sono state in grado di sostenere la spesa
associata ai mutui. Si è verificato un fenomeno complesso associato ad un bias cognitivo delle persone. Quando parliamo
di probability neglect questo si verifica anche quando proviamo sensazioni negative forti.
Sia eventi positivi che negativi possono provocare una sorta di “accecamento” nei confronti del tema centrale, ovvero la
probabilità con la quale questo o quell’evento si può verificare. Il P.N. è stato reso famoso da un esperimento di Hsee e
Rottenstreich (foto sopra). Il punto dell’esperimento è che, ovviamente, le due probabilità di subire l’evento negativo dello
shock elettrico sono molto diverse tra loro. Nel secondo gruppo si è offerto di più in termini di willingness to pay
(disponibilità a pagare), ma la differenza non è elevata. Questo perché c’è una sorta di rifiuto mentale alla valutazione della
probabilità associata a degli eventi in determinati contesti.
Tendiamo a fare inferenza su campioni piccoli e non statisticamente significativi. Vincere somme molto alte non solo è
statisticamente improbabile, perfino quando ci si riesce non di rado
emergono problemi piuttosto seri stando alle evidenze. Se guardiamo ad una
delle lotterie più famose al mondo, la Powerball statunitense, vediamo una
serie di storie sconvolgenti riportate in un libro. Alcune storie hanno avuto
un risvolto negativo e talvolta tragico, perché spesso le persone non riescono
a gestire questa enorme fortuna che arriva all’improvviso. Se non c’è una
certa abilità nella gestione del denaro possono verificarsi conseguenze
negative. Ci sono analogie anche con note parabole di campioni dello sport
(NBA). Un altro problema è associato ad un treadmill. Abbiamo parlato di
treadmill in relazione all’aspiration treadmill. Cosa succede nella mia vita anche
dopo aver guadagnato una fortuna? Si è visto che la felicità delle persone che
hanno avuto un aumento delle entrate mensili, in corrispondenza
dell’aumento di reddito si è visto anche un aumento della felicità. Poi si è assistito, tuttavia, ad una diminuzione del livello
di felicità. Da un lato aumentano le aspettative e la situazione a poco a poco sembra “normale” e si verifica un
“adattamento edonico” alla situazione. Come ci si adatta alle situazioni negative ci si adatta anche a quelle positive come
potrebbe essere una vincita alla lotteria. All’inizio la mia felicità, effettivamente, cresce, poi si inizia a dare per scontato
quello che si ha. Questo problema può essere associato anche alla ludopatia e al gioco d’azzardo.
“La lotteria è una tassa per coloro che non sono bravi in matematica”. Già nell’America del primo 900 c’era una certa
percezione del problema connesso al gioco d’azzardo e all’incapacità di calcolo matematico-statistico. Questa è una parte
del problema ma non tutto.
LA FINANZA COMPORTAMENTALE
Come sappiamo non esiste solo l’economia comportamentale, ma anche tante altre discipline dall’approccio behavioural. La
prospettiva comportamentale è, dunque, parecchio trasversale. Un ramo dell’economia e della finanza cerca di tenere
conto dei bias e delle euristiche degli investitori e dei risparmiatori. Anche coloro che agiscono a livello finanziario, in
modo professionistico e professionale e no, possono essere biased, con pericoli a livello psicologico legati alla razionalità
limitata.
Un conto è saper stimare la probabilità degli eventi che possono succedere
nella vita (di vincere al lotto, di essere colpiti dal virus, di prendere una
multa dalla polizia locale per un festino) e un altro conto è la nostra
propensione al rischio e quanto siamo disposti a rischiare. È qualcosa di
estremamente soggettivo che ci distingue gli uni dagli altri.
La propensione individuale al rischio (risk-taking) intanto necessita di una
distinzione tra l’attitudine al rischio in generale e l’attitudine al rischio in
uno specifico contesto di scelta (domain-specific risk attitude). Bisogna sempre
considerare il dominio al quale ci riferiamo. Questo è un problema che
riguarda tutti. Fatto 100 il mio patrimonio cosa faccio? Investo in borsa,
tengo i soldi su un conto corrente, etc. Ad ogni ipotesi è associato un rischio e devo fare delle scelte. Quello che spiega
queste differenze molto importanti che ci sono tra persona e persona anche all’interno della stessa società sono una serie di
variabili. La letteratura sulla risk attitude ha identificato numerose determinanti della propensione al rischio degli individui:
- Ricchezza +: correlazione positiva tra ricchezza e propensione al rischio
- Reddito +
- Livello di istruzione +
- Gruppo etnico di appartenenza, minoranza -: correlazione negativa tra questo e la propensione al rischio
finanziario
- Genere (donne) –
- Abilità cognitive +
- Grado di alfabetismo finanziario (la cd “Financial Literacy”) +
Queste determinanti aiutano a spiegare perché ci siano tante differenze tra le persone. Negli ultimi anni sono state
identificate anche altre determinanti come la storia personale e le esperienze delle persone. Quello che capita nella nostra
vita ci influenza anche a livello di decisioni finanziarie. Se assistiamo ad eventi negativi, in qualche modo la nostra vita
viene segnata e influenzata anche nelle decisioni economiche successive.
Esiste un “Equity Home Bias” ovvero la tendenza a preferire azioni del proprio paese, nelle proprie scelte di
investimento finanziario, da parte degli investitori individuali. Questo non per una scelta oculata, spirito patriottico o
conoscenze maggiori, ma perché si ha l’illusione di conoscere meglio queste realtà. Questo è diverso dall’Home bias in
trade, che riguarda invece l’analogo bias per il consumatore che tende a preferire i prodotti del proprio paese. Non si è
ancora compreso perché gli individui siano colpiti dall’Home bias e non riescano a scegliere razionalmente.
In ambito finanziario è rilevante l’House Money Effect: un bias generale delle persone, siamo sensibili alla fonte del
denaro non solo al quantum; la propensione al rischio del singolo è maggiore se il denaro da investire è denaro guadagnato
in precedenza, anziché rappresentare (ad es.) reddito da lavoro. Si tratta di un’ulteriore declinazione dell’Effetto Framing,
che avevamo già introdotto nell’ambito del gioco d’azzardo, che ha delle sue declinazioni e ramificazioni come il decoy effect
(effetto esca) e house money effect.
È importante fare riferimento alla cd “Information Aversion”: The Ostrich Effect (effetto struzzo). Qui c’è un grosso
gap concettuale tra economia neoclassica e comportamentale. Per la prima quando parliamo di informazioni si ritiene che
più informazioni sia una situazione migliore di quella in cui abbiamo meno informazioni. In realtà, la riflessione psicologica
e comportamentale dice che non sempre avere tante informazioni è associato ad un migliore benessere in determinati
contesti. In altri contesti tendiamo a “mettere la testa sotto la sabbia” quando le cose non vanno bene. Anche in ambito
finanziario è stato visto come, ad esempio, non controlliamo i nostri investimenti quando le borse crollano. Si ha dunque
avversione a certe informazioni unpleasant. Non è vero che le persone sono sempre attratte da maggiori informazioni, ma
queste cerchiamo di filtrarle in modi non tradizionali. Vedi file del prof sul comprendere le scelte del risparmiatore: il
contributo dell’economia comportamentale. LEGGI CASO MADOFF. Dal lato del risparmiatore è sempre importante
avere consapevolezza del bias e puntare ad una determinata educazione finanziaria.
IL PARADOSSO DELLA SCELTA
Un ulteriore fenomeno è noto, appunto, come paradosso della scelta o “choice paradox” identificato per primo dallo
studioso Barry Schwartz. L’idea fondamentale è che oggi noi disponiamo di ampie possibilità di scelta quando vogliamo
comprare dei prodotti, questo sia a livello di grande distribuzione, sia online. Una scelta molto più ampia rispetto al
passato. Questo a primo impatto potrebbe sembrare un bene. Avere molte opportunità di scelta e poter scegliere è
sicuramente una buona cosa, ma potrebbe esserci un problema legato alle troppe ed eccessive opzioni a disposizione.
Fondamentalmente il rischio, se ci chiediamo quale sia il risultato al quale possiamo arrivare a partire dalla nostra scelta, è
quello di essere confusi, inerti e paralizzati senza sapere cosa fare di fronte alle troppe opportunità per ragioni cognitive.
Avere più di una scelta è fondamentale, ma intuitivamente viene da pensare che ci sia una soglia critica oltre la quale “più è
sempre meglio” non è più vero e questo proprio perché le nostre capacità cognitive sono limitate. Il rischio è quello di
tendere a sentirsi disorientati al punto da arrivare ad una paralisi comportamentale. A livello di consumatore, se il
meccanismo “si inceppa” e non compra l’azienda non ha raggiunto il suo obiettivo, e non siamo in una situazione di
ottimo paretiano. C’è anche un costo legato all’eccesso di opportunità di scelta. Il rischio è stato definito come “sindrome
dell’Asino di Buridano” che, secondo la leggenda, morì perché, avendo di fronte due sacchi di fieno, non riuscì a decidere
su quale avventarsi per nutrirsi. Siamo in una situazione di overload informativo che ci spinge a prendere delle scorciatoie
tramite bias ed euristiche.
Esperimento delle marmellate: nel primo banco (24 marmellate) veniva attratta più gente ma acquistavano meno
persone e viceversa nel secondo banco, meno attrattivo ma con anche meno marmellate e in cui la scelta era più facile.
20/04/2021
Se parliamo di paradosso della scelta si parla di una dimensione distinta: non è detto che un elemento escluda l’altro. Il
paradosso della scelta ha a che vedere con l’aspetto della numerosità delle opzioni, ma se alla numerosità si accosta, ad
esempio, la personalizzazione delle scelte (esempio Netflix) questo non cambia il processo.
Se dobbiamo scegliere tra avere un aumento dello stipendio del 2% con inflazione al 4% o avere una riduzione dello
stipendio del 2% in un periodo in cui non c’è inflazione? Sul piano sostanziale o in termini reali non cambia niente perché
se anche ho un aumento di stipendio con l’inflazione al 4% è uguale ad una riduzione del 2% dello stipendio senza
inflazione. L’evidenza empirica a seguito di questo quesito mostra come spesso ci sia una preferenza quantitativamente
rilevante per l’ipotesi A. questo è un fenomeno di illusione monetaria. Se esco dall’indifferenza e opto per l’opzione A
sono vittima del Bias della Money Illusion, un bias relativo alla valutazione del valore reale di una transazione economica,
indotto da una valutazione erroneamente effettuata in termini nominali. Si assiste a illusione monetaria quando situazioni
oggettivamente identiche generano pattern comportamentali differenti a seconda che la situazione venga “incorniciata”
(framed) in termini nominali o in termini reali (Fehr e Tyran, 2004). La cornice nominale è più saliente, semplice e naturale
di quella espressa in termini reali. L’illusione monetaria come l’effetto decoy possono essere viste come più generali
declinazioni dell’effetto incorniciamento, che associamo al sistema 1.
VIDEO MARSHMELLOW TEST → è stato effettuato un test con i bambini, sfidandoli e chiedendo loro se preferissero
mangiare subito un marshmellow oppure non mangiarlo, aspettare e garantirgliene due in un secondo momento. Questo
bias ha a che vedere con la dimensione intertemporale. Se prendiamo dei bambini, per un bambino è difficile gestire il
conflitto interpersonale e il dilemma. Tante dinamiche continuano a sussistere in modo qualitativamente simile anche
quando si cresce, come mostra l’economia comportamentale. Il problema è la tentazione del piacere o della gratificazione
immediata. Già da bambini siamo attratti da ciò che ci dà piacere oggi. Questo ha a che vedere con le preferenze
intertemporali delle persone che si concretizza in un bias chiamato “ present bias preferences” (preferenze appiattite sul
presente) o più semplicemente “present bias”. Il presente ci attrae molto e facciamo molta fatica a rimandare a domani
qualcosa che oggi ci procura utilità o piacere. L’approccio neoclassico ipotizza che il fattore di sconto delle persone sia
indipendente da quando l’utilità viene valutata (ipotesi di coerenza temporale). In realtà l’evidenza empirica ci mostra che le
cose sono diverse in quanto, come esseri umani, siamo caratterizzati da una fortissima preferenza per la soddisfazione e la
“gratificazione immediata” e questo è alla base di problemi di autocontrollo. Siamo ancora nell’ambito di problemi e
conflitti intra-individuali e personali. Ci troviamo di fronte a conflitti che chiamano in causa l’autocontrollo. Il classico
esempio è quello dei fumatori ai quali viene proposto di smettere di fumare. Loro dicono “domani smetto di fumare”, ma
quando quel giorno arriva il vecchio domani diventa il nuovo oggi e in quel momento il fumatore soffre del Present Bias e
il gusto per la preferenza immediata. C’è dunque un conflitto e un problema puramente intra-personale che ha a che
vedere con la forte attrazione del presente. La novità è che in questi casi il conflitto è tra oggi e domani, tra il mio self
attuale e futuro, conflitto tra sistema 1 (che ci dà piacere oggi) e sistema 2 (domani devo smettere di fumare). Il tempo è
decisivo. Il sistema 1 riguarda l’oggi e il “domani” prima o poi arriverà e diventerà oggi e si avrà conflitto tra i due sistemi.
Questi problemi di autocontrollo li vediamo in vari contesti, come l’abitudine di andare in palestra (“Paying not to go to the
gym”). Gli studiosi hanno costruito un dataset contattando 3 grosse palestre negli Stati Uniti e hanno ottenuto dei dati sulle
scelte contrattuali degli iscritti e sulle presenze effettive delle persone. Il dataset complessivamente includeva 7752 persone.
Si è visto che le persone che scelgono un contratto con un costo mensile flat di oltre 70 dollari sono poi entrate in palestra
4.3 volte; ogni visita viene quindi pagata più di 17 dollari mentre una singola visita sarebbe costata 10 dollari usando un
pass di 10 visite. La spiegazione più accreditata individua una situazione di overconfidence about future self-control. Si verifica un
trade-off tra gratificazione immediata e costi di lungo periodo. Razionalmente so che non smettere di fumare può generare
effetti negativi nel lungo periodo sulla mia persona. Quando il conflitto/trade-off è tra i benefici di breve e i costi di lungo
periodo si parla, in particolar modo, di “impazienza”. Mi attrae fumare, le conseguenze le pagherò nel lungo periodo, ma
nel frattempo prevale la preferenza immediata.
Ci sono situazioni in cui il trade-off è tra costi di breve e benefici di lungo periodo. L’attività di oggi è sgradevole e
comporta un effort che non vorrei fare, a livello edonico e di piacere, ma senza la quale non avrei dei benefici rilevanti.
Questo è il caso dello studio. Situazione opposta rispetto a quella del fumo o del cibo, ma anche qui si pone un problema
legato alla presenza di un trade-off tra l’oggi e il domani. In questo caso si parla di procrastination e tendiamo a posticipare
ciò che oggi non ci piace, tendiamo a spostare in avanti e a rimandare i compiti gravosi. Se possiamo farlo, anche solo
inconsciamente, tendiamo a farlo. Siamo dei procrastinatori e siamo impazienti. La cosa interessante, come si può vedere
dal lavoro di Reuben, Sapienza e Zingales (2015), è che impazienza e tendenza a procrastinare sono due facce della stessa
medaglia: gli individui impazienti tendono anche a procrastinare maggiormente.
Present bias e self-control sono due termini correlati. Il present bias lo vediamo alla base di conflitti intra-personali che si
configurano come problemi di autocontrollo delle persone: mettersi a dieta, smettere di fumare, ridurre il tempo passato
davanti ai videogiochi e sui social, ridurre la frequenza con cui si controllano whatsapp e posta elettronica… la dimensione
temporale è decisiva nel conflitto tra sistema 1 e sistema 2. Il sistema 1 ha la tentazione di cedere al piacere di breve
periodo e si ha una preferenza per il presente. Allo stesso tempo la stessa persona si rende conto, tramite il sistema 2, si
rende conto che si dovrebbe orientare al futuro, essere paziente e attuare un orientamento di lungo periodo. Quando
misuriamo il present bias c’è molta eterogeneità tra le persone: alcune escono con difficoltà dal present bias e viceversa. Le
persone che riescono ad avere un maggior orientamento al futuro fumano meno, bevono meno alcolici, è meno probabile
che dichiarino di fare uso di droghe e hanno maggiore sensibilità sui temi dell’ambiente e sono maggiormente orientati al
lungo periodo e non cedono alle tentazioni del presente e al piacere edonico.
Se ci si riferisce al CRT (forse Cognitive Remediation Therapy) per vedere quanto le persone siano cognitivamente capaci,
si è visto che si ha una correlazione negativa tra punteggio al CRT e preferenza per il presente: più elevato è il punteggio
ottenuto al CRT meno si è affetti dal present bias. Una maggiore impazienza è associata ad abilità cognitive inferiori. Il
present bias si collega anche al fenomeno del risparmio. Dal punto di vista cognitivo-psicologico il problema è che faccio
fatica a risparmiare se ci sono molti beni/servizi che piacciono. Il consumo è qualcosa di gratificante e piacevole. Il
problema è che questo lascia meno spazio al risparmio, proprio perché il risparmio è ciò che non si consuma. Questo può
essere legato anche ad una carenza di educazione finanziaria (argomento lezione scorsa).
Il de-biasing letteralmente viene tradotto come “sradicare/eliminare/uscire dal bias”. Questo è qualcosa di impossibile
perché i bias affondano le radici nella nostra psicologia ed evoluzione. Non si può, dunque, sradicare un bias e smettere di
esserne condizionati. Lo spazio di azione c’è, ma il de-biasing non si deve intendere come un processo per eliminare un
bias quanto più un processo che mira a farsi condizionare meno dal bias stesso, imparare a gestirlo. È auspicabile che le
persone migliorino le loro capacità di gestione dei bias.
NUDGING
Prima di arrivare al concetto di nudging occorre chiarire innanzitutto che nello sviluppo della scienza economica, nel corso
del 900, sono state progressivamente superate diverse ipotesi:
- Concorrenza perfetta → la realtà non è caratterizzata da concorrenza perfetta; troviamo oligopoli; monopoli;
concorrenza monopolistica…
- Informazione perfetta → ci sono situazioni di asimmetria informativa tra gli attori chiave di un sistema
economico
- Razionalità perfetta → contributo decisivo dell’economia comportamentale
Diventa importante focalizzare l’attenzione sulla distinzione tra breve e lungo periodo vista introducendo il present bias, in
quanto nel processo di decision-making le persone tendono a guardare al benessere di breve periodo trascurando le
conseguenze delle proprie scelte sul proprio benessere di lungo periodo, sul piano individuale. Questo mette in crisi l’idea
di sovranità del consumatore, proprio in virtù del conflitto intrapersonale. L’economia comportamentale dice che noi
siamo fatti di sistema 1 e sistema 2 che a volte entrano in conflitto. Le scelte delle persone potrebbero essere dettate dal
sistema 1, potrebbero pentirsi delle loro scelte (il rimpianto consiste nel rendersi conto che col senno di poi avrei fatto
un’altra scelta). La razionalità del consumatore è stata sempre più messa in discussione dalla behavioural economics.
Anche la nostra forza di volontà è, dunque, limitata. Siamo in una situazione di bounded rationality e bounded willpower. Non
riusciamo a far prevalere la nostra forza di volontà e aspettare. Non sempre riusciamo a gestire i conflitti tra sistema 1 e
sistema 2. Ulisse, che si lega all’albero maestro per resistere al present bias delle sirene, ha attuato un’azione di self commitment,
rendendosi conto di poter cedere alla tentazione. Spesso le persone compiono scelte che non consentono loro di
perseguire i loro obiettivi di lungo periodo e non riescono ad essere coerenti. Le malattie legate a dipendenza da fumo e
alcolici spiegano una quota importante dei decessi degli USA. La dipendenza dal gioco d’azzardo in Italia sta assumendo
una dimensione sempre più preoccupante. Queste “malattie” vengono definite “lifestyle diseases”, malattie che non sono
capitate per caso ma sono associate alle scelte e allo stile di vita, un aspetto apparentemente paradossale. C’è molta
difficoltà ad orientarsi al lungo periodo e a gestire le scelte in ottica intertemporale. L’approccio economico tradizionale
non è in grado di affrontare questi problemi perché questo assume che le persone sappiano cosa è meglio per sé stesse e
sappiano agire sulla base di tale consapevolezza. Non c’è quindi spazio per interventi (eccetto che per le esternalità) e si
pone un focu su prezzi e/o informazioni come strumenti essenziali di policy.
PATERNALISMO
I genitori, tipicamente, vogliono il bene dei figli e cercano di fare scelte nell’interesse dei figli. Lo Stato paternalista è tale
nel senso che agisce come un padre verso i propri figli, cercando di effettuare scelte nell’interesse dei figli-cittadini. Il
paternalismo può assumere forme differenti:
Basti pensare all’istruzione obbligatoria. Le famiglie sono obbligate a far sì che i figli, fino ad una certa età, frequentino la
scuola (scuola dell’obbligo) e devono garantire che vi sia un quantum di istruzione. Un altro esempio è la vaccinazione,
soprattutto in questo periodo di Covid, o ancora il lockdown. La caratteristica fondamentale del paternalismo classico è
che questo agisce attraverso obblighi e divieti. Negli USA si dà molto peso alla libertà della scelta individuale, anche su
temi socialmente importanti come la salute, e poco spazio al paternalismo dello Stato. All’opposto del paternalismo
classico, soprattutto se si pensa al mito del Welfare State “dalla culla alla tomba” nell’ottica classica, si trova una visione
libertaria assoluta. Lo Stato si ritrae, il suo intervento è al minimo e si fa fare tutto agli individui, che si occuperanno del
loro benessere di breve/medio/lungo periodo. C’è, tuttavia, una terza possibilità piuttosto interessante, un suggerimento
dell’economia comportamentale:
Anche detto “paternalismo libertario”, il paternalismo asimmetrico viene suggerito dall’economia comportamentale. Il
paternalismo asimmetrico è comunque una forma di paternalismo, una situazione in cui lo Stato “vuole il bene dei figli” e
farsi carico dei loro bisogni, come nel paternalismo classico ma con forti differenze. Parte dal presupposto che i bias
esistono, ma che un de-biasing completo è impossibile. L’intuizione è stata quella di usare i bias a fin di bene e il fatto che
in aggregato le persone sono così sensibili ai bias siano aspetti da tenere in considerazione nelle politiche pubbliche e per
indirizzare i comportamenti in relazione al benessere delle persone nel lungo periodo. Potremmo ipotizzare che ci sia
rispetto ad ogni bias cognitivo una quota di persone che soffre molto di questi bias, mentre il resto è sostanzialmente
immune, poco condizionato: chiamiamo i primi “razionali” e i secondi “irrazionali”. L’asimmetria sta nel fatto che questo
approccio basato sul nudging vuole agire sugli irrazionali senza interferire con la libertà o l’autonomia di chi già, di suo, si
“comporta bene”, i razionali. È libertario proprio perché rispetta la libertà di scelta delle persone, senza proibire altre
opzioni. Se sono di fronte ad obblighi e divieti non sono in una situazione di nudge. Non è nudge la vaccinazione
obbligatoria, il lockdown, l’istruzione obbligatoria, ma neanche incentivi economici come il superbonus 110% etc.
Il nudge è sì un incentivo, ma non un incentivo economico. LIBRO: Il fatto che a volte prendiamo decisioni sub-ottimali potrebbe
suggerire che sarebbe meglio se le scelte di ciascuno fossero fatte da qualcun altro: un burocrate disinteressato, forse, o un dittatore illuminato o un
Leviatano. Ciò nonostante, nessun economista comportamentale propone la tirannia come soluzione. Il paternalismo libertario dice che è legittimo
aiutare le persone a fare delle scelte da sé, secondo il loro stesso giudizio, se è possibile farlo senza interferire con la loro libertà o autonomia.
L’approccio è denominato “paternalistico” perché si propone di far stare meglio le persone (come un padre che vuole il bene dei propri figli) e
“libertario” perché tenta di raggiungere l’obiettivo in un modo che rispetti la libertà e l’autonomia di ciascuno. Altri lo chiamano paternalismo
leggero o morbido, per distinguerlo da forme più decise di paternalismo. Il termine paternalismo asimmetrico viene a volte utilizzato per
sottolineare il fatto che gli interventi paternalistici impongono costi bassi o nulli agli individui perfettamente razionali e informati, mentre producono
grandi benefici per quelli che non lo sono affatto. Gli interventi pensati per produrre questo effetto sono chiamati nudge. Un nudge ha diverse
proprietà: ha lo scopo di aiutare le persone a prendere decisioni migliori da sé, più che fare delle scelte in loro vece; impone loro costi nulli o molto
bassi; non produce alcun effetto, o un effetto irrilevante, sulle scelte che sono già razionali e ben informate; l’effetto sulle scelte di chi non è già
razionale e bene informato è potenzialmente positivo, anche visto dalla sua stessa prospettiva.
Ci sono 6 tipi di politiche, diverse tra loro ma tutte aventi in comune l’essere
improntate sul paternalismo asimmetrico che si differenzia sia dal paternalismo
classico sia da una visione libertaria assoluta. Questo è un terreno intermedio,
desumibile anche dalla stessa espressione “paternalismo libertario”, apparentemente
un ossimoro, un approccio che cerca di contemperare entrambe le opzioni. Questo
si può, appunto, fare con le 6 politiche che vediamo a lato. I primi 4 tipi di politiche
sono presentati nel paper di Camerer e coautori del 2003 (“Regulation for
Conservatives”).
REGOLE DI DEFAULT
Sappiamo benissimo che le persone sono sensibili ai default e alle opzioni predefinite. L’abbiamo visto molto bene con il
lavoro sulle donazioni di organi dei vari paesi. Usare le opzioni di default è un primo esempio di politica orientata al
nudging e paternalismo libertario. Se pensiamo alla dichiarazione dei redditi precompilata in Italia, che prima non c’era,
questo è un esempio di regola di default, è una spinta a fare bene qualcosa che non si farebbe, altrimenti, correttamente. Lo
Stato spinge in una direzione di comportamento auspicabile. Si pensi ancora ad un piano di risparmio previdenziale di
default. Il default non è un’imposizione, lascia liberi ed è ovviamente modificabile. Siccome, tuttavia, le persone sono
sensibili al default orientiamo le stesse verso una scelta che possa portare loro benefici di lungo periodo. Le persone già
razionali non saranno disturbate dal default. Il target del default sono le persone irrazionali. Le opzioni di default sono un
esempio di pungolo che lo Stato può usare come approccio per orientare le scelte senza interferire con le libertà
individuali, un compromesso tra indirizzare e non ledere l’autonomia e la libertà. LIBRO: le opzioni di default sono quelle
opzioni che vengono selezionate nel caso in cui chi prende la decisione non lo fa in modo attivo. Finché le persone sono prone alla distorsione da
status quo, mostreranno la tendenza a rimanere ancorati all’opzione di default anche quando sarebbe semplicissimo fare un’altra scelta più attiva.
Facendo sì che un architetto della scelta decida scrupolosamente qual è l’opzione che è meglio indicare come quella di default, nell’interesse delle
persone, gli economisti comportamentali credono che più persone finiranno con il prendere la decisione migliore per loro.
27/04/2021
ESAME: modalità diverse per singoli insegnamenti, margine di scelta in base a cosa decide il docente. L’esame di
economia comportamentale sarà interamente online, no in presenza. Esame solo scritto, 1 ora. Domande a risposta
multipla, ogni schermata avrà una domanda con le varie risposte. Se sbagli vengono tolti dei punti. Si può correggere
fintanto che si resta su quella pagina. Navigazione sequenziale: una volta data la risposta definitiva non si può più tornare
indietro. Anche la domanda aperta e l’esercizio. Questo vale per tutti e quattro gli appelli dell’anno accademico (fino a
gennaio/febbraio 2022). Circa due settimane tra il primo e il secondo appello.
LEZIONE: Abbiamo introdotto il tema del paternalismo libertario o asimmetrico che differisce dal paternalismo classico
perché non c’è interferenza dei nudge con chi, già di suo, si comporta in modo ottimale. Questa forma di paternalismo è
imperniata sulla “spinta gentile”. Abbiamo anche visto sei politiche improntate sul paternalismo asimmetrico, policy
adottate dai politici anche perché spesso hanno costi contenuti e producono importanti benefici su larga scala, anche per
quanto riguarda l’aspetto etico-filosofico. Abbiamo diversi tipi di politiche accomunate dal fatto di essere improntate
proprio sul nudging.
PERIODI DI RAFFREDDAMENTO (cooling off period)
Anche qui ci si lega al conflitto interpersonale tra sistema 1 e 2. In quanto consumatori rischiamo di effettuare delle scelte
in situazioni “emotivamente calde” che possono rivelarsi disastrose e irreversibili nel lungo periodo (es. acquistare
un’automobile costosa perché ci ha regalato forti emozioni nei dieci minuti in cui l’abbiamo provata). In una scelta come il
suicidio si comprende l’entità dell’irreversibilità. Il tema è legato al fatto che fattori viscerali possono portare a degli atti
autodistruttivi e sunk cost particolarmente elevati e la radice del problema sta nel conflitto tra emozioni e razionalità.
Scegliere su basi emotive non è di per sé errato, l’importante è rispettare la libertà degli altri. Quando gli individui sono in
un hot state sovrastimano la durata della condizione di benessere vissuta nel breve, “Hot to cold empathy gap” (Loewenstein).
Una strada potrebbe essere un obbligo di ritardare la decisione o permesso di rivedere la stessa (reversibilità) come il diritto
di recesso. Questo può essere giustificato proprio nell’ottica del hot-to-cold empathy gap, per proteggere il consumatore, in
un’ottica paternalistica nei suoi confronti e per disincentivare il tentativo dei venditori di sfruttare l’emotività dei
consumatori. Tutto questo avviene attraverso una spinta gentile, un intervento di tipo asimmetrico. La policy è pensata per
proteggere gli irrazionali, senza inficiare il processo dei razionali. Un obbligo classico (es. lockdown) riguarda tutti, razionali e
irrazionali. LIBRO: i cooling-off period sono periodi di tempo che seguono una decisione e in cui chi ha fatto una scelta ha la facoltà di
modificarla. L’idea è che a volte una persona in uno stato emotivo “a caldo” possa prendere decisioni sub-ottimali. Gli economisti comportamentali
sostengono che questi periodi cooling off offrono alle persone l’opportunità di rivalutare le proprie decisioni “a freddo”, in modo tale da migliorarle .
Seed money: la campagna di donazione parte facendo vedere in quanti hanno già donato. Non si fa vedere che si parte da
0 proprio per far vedere che altri, prima di noi, hanno compiuto quella scelta. Questo può stimolare ulteriori
comportamenti virtuosi quali raccogliere denaro per una charity.
Pagamento delle tasse (tax compliance): in molti Paesi, tra cui l’Italia, c’è il serio problema dell’evasione fiscale e
vengono meno al proprio dovere da contribuente. Una via per affrontare seriamente il problema è proprio quella del social
nudging in maniera complementare ad altri elementi. Si può fare com’è stato fatto in UK, ovvero una comunicazione a
coloro che avevano debiti col fisco, mandando loro una lettera con un certo contenuto: “Nove persone su dieci nel Regno
Unito pagano le tasse in tempo. Tu sei nella ristretta minoranza delle persone che non hanno ancora pagato”. Qui non si
sta solo dicendo che non hanno ancora pagato, ma si informa la persona (fornendo dati veri) che questa fa parte di una
ristretta minoranza di quelli che non hanno ancora pagato. In questo esempio c’è anche effetto framing oltre a social nudge.
Altro esempio: i supermercati spesso evitano di diffondere informazioni sui furti subiti, perché se passa l’informazione che
rubare in quel determinato supermercato è facile questo potrebbe diffondere una falsa percezione di un comportamento
sbagliato e diffuso, rischiando così di aumentare la probabilità di nuovi furti. In questo caso si tratta dunque di “non” dire.
Mostra che molte persone si comportano bene, descrivi come le persone si comportano in un determinato contesto
affinché questo possa stimolare gli altri a fare lo stesso (se si tratta di comportamenti virtuosi).
Consumo di energia elettrica e di acqua nelle abitazioni private: per rendere le persone più virtuose e far sì che
abbiano bollette meno care posso utilizzare lo strumento dello sgravio fiscale, dell’incentivo economico (basti pensare al
superbonus). Puntare sul social nudging in questo ambito è stato molto efficace. In uno studio di Alcott è stato dimostrato
che fornire agli individui una stima dei consumi dei vicini di casa più efficiente è risultata una spinta gentile, un incentivo a
consumare di meno. Non sto fornendo un incentivo economico in senso stretto, ma sto fornendo salienza al tuo consumo
e a quello di case simili alle tue per mostrare che uno riesce a fare meglio di un altro (se ce la fanno i vicini posso farcela
anch’io) e questo porta l’altro a migliorare e adottare comportamenti virtuosi.
L’idea è di puntare sull’architettura della scelta (choice architecture) perché il contesto può essere determinante nell’indurre
scelte e comportamenti, anche se nell’ottica della spinta gentile. Non voglio vietare il consumo del junk food, perché
l’approccio è quello di una spinta gentile, facendo l’opposto rispetto ad un supermercato normale, ovvero, rendendo meno
saliente il cibo spazzatura (ad esempio, cerco di non posizionarlo a livello occhi).
L’iniziativa del BIT è mirata a fornire ai consumatori uno switch più rapido per passare da un operatore all’altro,
semplificare il loro processo decisionale, ridurre gli switching cost rendendo più semplice il confronto tra le offerte in
un’ottica di spinta gentile. In Italia siamo molto lontani da un modello di questo tipo. Un altro esempio è il programma
SMarT Plan (Save more Tomorrow): il programma è stato ideato da Benartzi e Thaler nel dominio delle scelte dei lavoratori a
fini previdenziali. In tanti paesi (in Italia particolarmente) le persone risparmiano poco per la pensione e non riescono a
mettere da parte sufficienti risorse per il periodo della pensione. Il problema di fondo è simile in molti paesi. Ci sarebbe
sicuramente bisogno di risparmiare a fini previdenziali e iniziare a farlo presto, anche quando si inizia a lavorare. Una delle
ragioni per cui non si fa è proprio il present bias, che porta a non dare salienza al futuro. L’intuizione degli studiosi è stata
quella di usare il nudging per spingere le persone a risparmiare per la pensione, evitando di imporre. Per usare i nudge in
questo ambito, hanno ipotizzato un programma che aiutasse quei lavoratori che avrebbero voluto risparmiare di più ma
che mancavano di forza di volontà per farlo. Allora sono stati usati simultaneamente tre bias che condizionano le scelte
delle persone:
- Present bias: si ragiona poco sul futuro
- Effetto default: la forza che hanno le opzioni di default sulle scelte
- Avversione alle perdite
Questi tre bias entrano simultaneamente per indurre a non risparmiare oggi (in virtù del present bias, perché il consumo è
piacevole ma il risparmio no) bensì a risparmiare di più domani. Innanzi tutto, è previsto che il lavoratore sia iscritto al
programma di default. Il default non è un obbligo (bensì un nudge, appunto), si può cambiare la scelta, ma innanzitutto il
lavoratore è dentro al programma. Funziona così: quando il lavoratore avrà un aumento di stipendio una parte dello scarto
verrà allocata a fini previdenziali. Questo tiene conto sia dell’avversione alle perdite che del present bias. Rinunciare ad un
guadagno in questo caso non viene vissuto come una perdita. Invitando i lavoratori ad iscriversi alcuni mesi prima degli
aumenti di stipendio, il piano si avvantaggia del fatto che per molti di noi le nostre decisioni sul futuro eccedono le nostre
implementazioni del presente. Ad esempio, per quanto riguarda la scelta di mettersi a dieta tra tre mesi molti si
dichiarerebbero d’accordo, ma se la sera stessa devono mangiare un dolce che li aggradi. Lo SMarT plan ha portato a
risultati straordinari nel giro di 28 mesi, spingendo milioni di lavoratori americani a migliorare la loro posizione
contributiva a fini previdenziali. LIBRO: Il programma Save More Tomorrow (SMarT) incentiva i lavoratori a risparmiare in vista della
pensione dando loro l’opportunità di destinare una parte dei loro futuri aumenti ad un fondo di risparmio. Poiché destinare una parte del futuro
aumento suona come un guadagno mancato, mentre versare denaro nel presente rappresenta una perdita, la teoria del prospetto ci dice che i lavoratori
troveranno più semplice risparmiare una parte dei loro futuri aumenti piuttosto che versare denaro che hanno già nel portafoglio. Il programma
SMarT è pensato proprio per stimolare i risparmi agendo su questo meccanismo.
Sul nudging c’è un dibattito aperto. Per Thaler molte critiche sono
basate su una non comprensione dell’approccio. La loro posizione
si basa sul rispetto della libertà di scelta degli individui, ma
l’obiezione sta nel fatto che in maniera subdola vengono
condizionate le scelte. In realtà, il nudging è come un navigatore,
possiamo rinunciarvi ma ci è utile. Il nudge deve essere
trasparente, le persone non devono sapere che c’è un nudge
all’opera. La trasparenza dovrebbe essere il termine chiave che
accordi tutti (o quasi). Certamente è possibile disegnare politiche
improntate al paternalismo leggero che spingano gentilmente le
persone, senza con questo ridurre la loro autonomia decisionale. L’ambito delle politiche pubbliche è una delle più
importanti applicazioni dell’economia comportamentale: molti governi, compresi quelli di USA (Obama) e UK (Cameron),
si sono mossi negli ultimi anni con decisione in questa direzione (Behavioural Insight Units). A Thaler è stato chiesto quali
siano i limiti di un approccio comportamentale adottato dai governi e disse che il nostro approccio basato sull’economia
comportamentale dovrebbe attrarre sia il partito democratico che il partito repubblicano. Anche la Banca Mondiale utilizza
un approccio basato sul nudging.
29/04/2021
Abbiamo detto che lavorare sull’architettura della scelta accade sempre con più maggiore frequenza anche in ambito delle
strategie di impresa, cercando di tenere conto del grado effettivo di razionalità del consumatore, i bias, nell’ottica di
condurre a determinate scelte di acquisto dei prodotti.
L’ambiente di scelta può condizionare in modo molto forte le scelte del consumatore.
Uno dei bias è lo Status quo bias. Quando abbiamo analizzato l’effetto default, abbiamo detto che, in quanto esseri
umani, tendiamo ad essere inerti e passivi e in quanto consumatori paghiamo per questa nostra inerzia se non riusciamo ad
uscire dalla nostra comfort zone apparente. Questo anche a causa dell’effetto dotazione.
Si sta sviluppando una vera e propria Subscription Economy, un’economia legata agli abbonamenti. Oggi ci sono strumenti e
app mirate a chiudere abbonamenti che rischiano di “intrappolarci” per anni. Questa asimmetria si spiega col fatto che si
cerca di tenere aggrappati a sé i consumatori anche con queste strategie. Se fossimo ultra-razionali non ci sarebbe spazio
per aziende di questo tipo.
Un altro bias molto sfruttato è quello della pressione della scarsità. Molte aziende fanno perno, affinché noi
completiamo un acquisto, sulla pressione della scarsità, spingendoci a credere che quel prodotto si stia esaurendo (pochi
posti liberi su un volo, l’offerta sui divani termina domenica…). È molto diffuso in comunicazione. Il desiderio di base ci
deve essere (devo desiderare il volo, un divano), quindi non si tratta solo della pressione della scarsità. C’è anche un
implicito riferimento al giudizio altrui, se è rimasto un solo prodotto percepiamo che questo stia andando a ruba. L’utilizzo
del timer negli acquisti, ad esempio, è particolarmente efficace come metodo di pressione sugli utenti.
Un bias molto utilizzato è il present bias. L’abbiamo già citato come bias legato alle nostre preferenze per il presente
rispetto a diversi contesti decisionali. Quando ho di fronte un piacere di breve periodo e un costo nel lungo periodo,
questo è un problema che si pone in diversi ambiti (tra cui quello previdenziale: tendo a non risparmiare oggi sia per
ragioni di liquidità sia per via della preferenza per il consumo attuale). Un fattore che conta nel present bias è il fattore
cognitivo in senso stretto. Se sono cognitivamente abile soffro meno del present bias → c’è una correlazione negativa tra
le due variabili. Un tema importante è il nostro personale rapporto con i sistemi di pagamento. I governi cercano di
contrastare l’uso del contante, anche con iniziative come il cashback, per incentivare le persone ad utilizzare sempre di più i
pagamenti elettronici e digitale, contrastando fenomeni come l’evasione fiscale.
Si è trovata una correlazione positiva statisticamente significativa tra present bias e livelli di debito: le persone che hanno
preferenze più schiacciate sul presente sono coloro che si indebitano più pesantemente con la loro carta di credito. C’è un
problema di “invisibilità del pagamento” o quantomeno una scarsa visibilità (ad esempio “Amazon Go”: gli store del
futuro sono senza cassa). Grazie alla digitalizzazione il momento del pagamento diventa sempre più invisibile, ma c’è.
Certe modalità, come la rateizzazione o il credito a consumo, sono anche economicamente razionali, ma dipende sempre
dalle risorse a nostra disposizione. Il rischio è accentuato dal fatto che ci sono aziende che sfruttano sempre di più tutto
questo. Anche aziende di lusso e agenzie di viaggio consentono, ad esempio, un pagamento dilazionato. Il problema
riguarda sempre il rapporto tra sistema 1 e 2, tra piacere e dolore. Pensiamo alla carta di credito o al pagamento a rate.
Questo crea una situazione in cui oggi inizio a godere del bene, la maggiore % del pagamento lo faccio domani. Questo ha
molto appeal per l’essere umano, oggi ho il pensiero del consumo e domani il dolore del pagamento, rimandando a domani
ciò che è unpleasant. Sono avverso al pagamento e il fatto di poterlo dilazionare rende più probabile la scelta, nonostante il
present bias e l’avversione alle perdite.
Tutto questo ci porta al tema più generale della felicità dei lavoratori. A livello di rapporto tra dipendenti e aziende, uno dei
temi più rilevanti è quello relativo alla felicità del dipendente. Da cosa dipende? L’economia classica direbbe che questa
dipende dallo stipendio, una dimensione sicuramente rilevante ma che fa parte delle cosiddette “Motivazioni estrinseche”,
ma è molto riduttivo vedere tutto in termini solo strumentali. In realtà, si è visto che è importante che le persone siano
anche intrinsecamente motivate e che amino quello che fanno. Tutto questo in una logica win-win perché lavoratori felici
sono anche più produttivi e questo va a beneficio dell’azienda.
Se il datore di lavoro fa prevalere diffidenza verso il lavoratore e una visione negativa, se il lavoratore viene concepito
come soggetto unicamente interessato allo stipendio, questa diffidenza può produrre conseguenze negative, perché a quel
punto il lavoratore potrebbe adottare comportamenti negativi proprio perché è stato diffidato. Questi sono i costi
nascosti del controllo, per cui se tu mi controlli mi stai mandando un messaggio negativo di controllo, di diffidenza.
Sempre più aziende, infatti, non hanno l’orario di lavoro in senso stretto, piuttosto si stabiliscono degli obiettivi da
raggiungere, quindi c’è un controllo di tipo indiretto. Anche la logica del raggiungimento degli obiettivi può essere
stressante. La diffidenza, però, rischia di aumentare la diffidenza in chi la subisce; la fiducia genera altra fiducia e spinge a
ripagare la stessa fiducia (trustfulness [aspettativa fiduciaria] e trustworthiness [rispondenza fiduciaria]). Essere trustworthy
significa essere degno di fiducia. Trustfulness letteralmente significa essere pieno di fiducia. Questo sì che può alimentare un
circolo virtuoso. In una società in cui c’è un alto capitale sociale la situazione è migliore e lo vedremo parlando di felicità.
Il condizionamento operante è tipico dei social, ma l’abbiamo già analizzato
parlando di gioco d’azzardo e ludopatia. Le piccole e frequenti ricompense sono
quegli elementi che agganciano i giocatori e fanno sì che continuino a giocare e vi
sia un rinforzo nella motivazione del singolo a continuare, stessa cosa per i social
con i like. Avremmo bisogno di porci delle regole, autocontrollarci anche in
termini di tempo e adottare delle strategie facendo in modo che il tempo trascorso
sui social non sia eccessivo. Un conto è la felicità che ci dà una scelta di consumo
e un conto è la scelta in sé. Ci sono aziende con un modello di business con una gratuità apparente e noi paghiamo
fornendo il nostro tempo e i nostri dati, tipico dei social.
L’ultima tecnica è quella dei peer effect. Si introduce il tema della cd social proof che si traduce letteralmente con “prova
sociale”, intendendo il condizionamento da quello che fanno gli altri → incentivo l’acquisto mostrandoti che altri prima di
te hanno già acquistato. La social proof non fa perno solo sulla quantità di consumatori raggiunti, ma introduce anche
elementi di qualità e autorevolezza dei pari con un sistema di recensioni ecc.
Nella realtà diversi bias vengono sfruttati in maniera simultanea nelle campagne pubblicitarie. Questo lo troviamo anche in
diverse campagne di Ogilvy, che ha fatto da partner ad aziende multinazionali italiane e nel mondo anche con un
approccio di economia comportamentale. Gli esperti di marketing per anni hanno applicato principi di economia
comportamentale senza saperlo, anche prima dell’evidenza empirica che, tuttavia, ha costituito una novità e contribuito ad
una maggiore consapevolezza sui bias (Rapporto McKinsey)
04/05/21
Iniziamo con la parte di teoria dei giochi comportamentale. Fino ad ora ci siamo occupati di giudizi e decisioni
individuali come se queste venissero prese in assenza di interazioni e dimensioni sociali. Nella realtà, le nostre decisioni
avvengono in contesti interattivi e le nostre scelte possono dipendere dalle scelte di altri enti. In questa fase serve la teoria
dei giochi, una teoria di carattere matematico per studiare le interazioni strategiche tra soggetti. Quando analizziamo la
teoria dei giochi tradizionale utilizziamo anche il termine “analitica”, quella di cui ci occuperemo inizialmente (cap. 10
Angner).
La teoria dei giochi non cooperativi si contrappone alla teoria dei giochi comportamentali. In quest’ultimo caso si è cercato
di rendere conto realisticamente di come le persone reagiscono nei contesti di interazione strategica in relazione anche alle
preferenze socialmente condizionate. I giochi di cui ci occupiamo sono solitamente non cooperativi. Questo vuol dire che
per i giocatori c’è un divieto a stringere tra loro accordi vincolanti (non binding agreements). I giocatori non possono
accordarsi e quindi non decidono cosa fare sulla base di un accordo proprio perché questo non è previsto. Dunque, se
decidono, decideranno induttivamente sulla base di una strategia che ha l’obiettivo di vincere sugli altri. Il giocatore in
questo contesto interattivo sarà guidato dalla razionalità e dalla massimizzazione dell’utilità. Ci occupiamo, in particolare,
dei giochi 2x2 one shot: due giocatori e due strategie a disposizione per ciascun giocatore, one shot significa che l’interazione
avviene una volta sola (situazioni non ripetute). Un equilibrio di Nash in un gioco 2x2 è una combinazione di scelte in
corrispondenza della quale ogni giocatore sta facendo la scelta ottima e migliore per sé stessa data la scelta altrui. Entrambi
stanno massimizzando l’utilità data la scelta dell’altro. In un gioco come quelli che costruiamo noi (strategie pure) posso
avere 3 situazioni:
- L’equilibrio di Nash può non esserci
- Un equilibrio di Nash
- 2 equilibri di Nash
Un’implicazione importante dell’equilibrio di Nash è che se sono in equilibrio non ho un incentivo unilaterale a deviare, a
spostarmi da lì, questo perché ciascuno già sta ottimizzando e facendo la scelta migliore data la scelta altrui.
C’è un ulteriore concetto affianco a quello di equilibrio di Nash che è quello di “strategia dominante”. Una strategia è
dominante quando è la strategia migliore indipendentemente dalle scelte dell’altro. Per essere dominante deve essere la
migliore, qualunque sia la scelta dell’avversario. Posso avere un equilibrio che non è solo di Nash, ma anche di strategia
dominante. Un equilibrio di strategie dominanti è anche un equilibrio di Nash, proprio perché il primo è un concetto più
esigente. Non vale il viceversa. Tutto questo riguarda l’apparato analitico della teoria dei giochi tradizionale. Un ulteriore
concetto è quello di efficienza paretiana: situazione in corrispondenza della quale non è possibile migliorare le cose per
un giocatore senza peggiorarle per l’altro. Un conto è l’equilibrio di Nash e un conto è la Pareto efficienza, non sono la
stessa cosa. Un equilibrio di Nash può essere Pareto-efficiente ma può anche non esserlo. Sono due nozioni distinte. Un
conto è la nozione di equilibrio e un conto è la nozione di efficienza. Il concetto di equilibrio si deve leggere in virtù del
fatto che i giochi sono non cooperativi, si converge in maniera spontanea verso l’equilibrio data la razionalità dei singoli. Il
concetto di equilibrio mi aiuta a prevedere dove il soggetto andrà a finire, non perché si è accordato con l’altro giocatore,
ma perché la sua razionalità economica lo guida. Il giudizio di efficienza, invece, può essere tale per cui quell’equilibrio è
buono (Pareto-efficiente) o meno. È il giudizio sull’equilibrio.
Il dilemma del prigioniero è una sorta di metafora sociale molto potente perché, nella sua semplicità, coglie molte
dinamiche sociali ancora oggi. Il punto fondamentale del gioco è che naturalmente abbiamo due giocatori, di riga e di
colonna, in una matrice 2x2 in un tempo solo (tempo 1) e non c’è interazione. Il giocatore A di riga ha due scelte:
cooperare o defezionare e anche il giocatore B. I valori numerici sono i payoff, partiamo dal presupposto che siano valori
monetari. La matrice ci sta dicendo che se A e B cooperano, A ottiene 2 euro e anche B. Il primo numero è il payoff del
giocatore di riga e il secondo è il payoff del giocatore di colonna (convenzione). I payoff monetari ci descrivono le
conseguenze monetarie dell’interazione, cosa accade a seconda di ciò che entrambi i giocatori fanno. In termini di equilibri
di Nash, in questo gioco possiamo dire che per individuare gli equilibri o l’equilibrio in modo certo, dobbiamo metterci nei
panni di uno dei due giocatori e dobbiamo individuare la combinazione di scelte in corrispondenza della quale ciascuno sta
ottimizzando, data la scelta altrui. Se sono A, posso dare per data la scelta di B di cooperare o di defezionare.
Concentriamoci sulla prima colonna: sono A e prendo per data la scelta di B di cooperare. Il giocatore A, in
corrispondenza di tale scelta di B, è incentivato a defezionare perché il payoff è più alto (3>2), proprio perché parliamo di
soggetti ottimizzanti. Facciamo la stessa cosa prendendo per data la scelta di B di defezionare, se sono A mi converrà
defezionare perché 1 è meglio di 0. Facciamo la stessa cosa mettendoci nei panni del giocatore B: se sono B, posto che A
cooperi, al giocatore B converrà defezionare perché 3 è maggiore di 2. Se A defeziona, anche a B converrà defezionare.
Ora nella tabella troviamo entrambi i payoff della cella di incrocio defezione-defezione: questo (1;1) è l’unico equilibrio di
Nash.
Nel dilemma del prigioniero c’è un solo equilibrio di Nash, in cui entrambi non cooperano. L’aspetto paradossale del gioco
è che sì, l’equilibrio è unico, però non costituisce la situazione migliore per entrambi i giocatori. Infatti, la scelta cooperare-
cooperare sarebbe la migliore e l’esito garantirebbe un payoff maggiore sia ad A che a B. Cooperare-cooperare è un esito
Pareto-efficiente, perché se passassi dall’equilibrio a questo esito, migliorerebbe la situazione per entrambi e non
peggiorerebbe per nessuno. 1;1 è Pareto-inefficiente. In un gioco ci può, dunque, essere un equilibrio di Nash che non è
Pareto-efficiente, questo è uno dei punti fondamentali del dilemma del prigioniero. Questo gioco viene visto come il
fallimento della razionalità classica, l’egoismo porta a non fare le scelte migliori.
Se ipotizziamo di essere nel punto (2;2), questa non è stabile perché entrambi hanno incentivo unilaterale a deviare. In (3;0)
e (0;3) vediamo l’idea di opportunismo individuale (free riding). Gli esempi, in questo caso sono molteplici. Il problema di
fondo è che la tentazione, in una situazione di razionalità individualistica, è opportunistica. Non tutti i giochi 2x2 sono
così, in alcuni casi può non esserci l’equilibrio, possono essercene due, o può essercene uno solo, che è anche Pareto-
efficiente.
ESEMPIO SENZA EQUILIBRIO DI NASH → farli come esercizi
Ci sono giochi in cui ci sono due equilibri di Nash, e questi si chiamano giochi di coordinamento. In termini di efficienza
paretiana confrontando questi due equilibri possiamo dire che 2;2 è meglio di 1;1 e in questo caso si dice che gli equilibri
sono ordinabili nel senso di Pareto (Pareto-rankable). Vediamo come possono accadere, dunque, diverse cose dal punto di
vista dell’efficienza paretiana. Ipotizziamo che due di noi vengano sorteggiati per giocare questo gioco:
Ad uno viene dato il ruolo di proponente e l’altro di decisore. Ci sono 100 euro sul tavolo che il decisore mette sul tavolo.
Chi è stato estratto come proponente deve fare un’offerta all’altro di una somma compresa tra 0 e 100 euro. Possiamo
offrire delle frazioni dei 100 euro all’altro sapendo che interagiamo con un’altra persona estratta a caso la quale dopo di
noi, una volta vista la nostra offerta x deve effettuare la scelta di decisore, accettando o rifiutando la nostra offerta. Se il
decisore accetta lui si porta la somma da noi offerta e noi prendiamo il residuo. Se rifiuta andiamo entrambi a casa senza
soldi. C’è una sequenzialità, ma non si contratta e non c’è una ripetizione del gioco. Entrambi tornano a casa con una
somma associata alle scelte.
Esercizio su moodle:
In questo caso sopra eravamo nei panni del proponente, ora mettiamoci nei panni del decisore. In questo caso ci
chiediamo qual è la somma minima che accetteremmo per non rifiutare:
Ipotizziamo ora che la situazione sia questa: ci sono altri 100 euro sul tavolo (non quelli di prima) e anche in questo caso
sono coinvolte due persone, con la differenza che uno è sempre il proponente, mentre l’altro è il beneficiario. Il
beneficiario non è un giocatore, è un essere umano che passivamente riceve una somma senza dover effettuare scelte.
In questo caso dobbiamo dire quanto offriremmo come proponente. Decidiamo la
somma X che daremmo al beneficiario, quella che resta a noi sarà (100-x). Quello che
è emerso è che, nel gioco di ultimatum, vediamo che 55 di noi hanno offerto 50, e
questa è la moda della distribuzione. Il punto è come ragionare sull’altra persona. Da
un lato ci si deve chiedere dei propri fini, se sono egoistici o meno. L’altro punto è
chiedersi se l’altro ragioni come me. Tutto dipende, quindi, non solo dai miei fini, ma
anche di quello che penso dell’altra persona. Anche se sono razionale in senso
classico, potrei non dare per scontato che l’altro lo sia e qui entriamo nel mondo della
teoria dei giochi comportamentale secondo la quale è vero che il ragionamento strategico è utile ma non c’è omogeneità
motivazionale. Il punto di fondo è che non c’è una risposta giusta e una sbagliata, tuttavia c’è un equilibrio di Nash del
gioco che troviamo ipotizzando che proponente e decisore siano egoisti ed entrambi pensano di esserlo. Entrambi
vogliono massimizzare la somma e il proponente pensa che il decisore lo sia, in questa ipotesi motivazionale l’equilibrio di
Nash sarebbe quella di offrire la somma più bassa possibile, ma non vuol dire che sia giusta in generale. In questo gioco,
tuttavia, la maggioranza ha dato 50 (la metà) all’altro. Se sono proponente e offro 50 ho una ragionevole certezza che
l’altro accetti e che anche io torni a casa con una somma pari a 50. Oppure posso dare 50 in senso di equità (“facciamo fifty
fifty”).
Nel caso del dictator game, si gioca attivamente solo il ruolo del proponente, poi c’è la figura del beneficiario. In questo caso,
la maggioranza ha offerto 0 o 5 e verosimilmente sono gli stessi che prima offrivano 50. Questo ci fa capire che il fatto di
dare 50 era dovuto ad una forma di auto-interesse strategico: anche se dentro di me vorrei darti poco, temo che se ti do
0 o 5 tu possa rifiutare e la mia soglia di sicurezza è pari a 50, per quanto riguarda i proponenti. Per quanto riguarda il
versante dei decisori, si è osservato che molti hanno messo come soglia ancora una volta 50 (o mi dai 50 come proponente
o non accetto). Chi sceglie una somma bassa concorda con gli assunti dell’economia neoclassica, cioè che anche una
somma piccola è meglio di niente. In letteratura c’è una soglia critica attorno al 30% tale per cui se mi offri meno del 30%
tendo a rifiutare (20-30 euro nel caso di questo gioco) perché le somme sono ritenute ingiuste. Dobbiamo entrare anche
nell’ambito della complessità motivazionale e dell’egoismo illuminato.
06/05/21
INTERVENTO OGILVY
LA RAZIONALITA’ LIMITATA DELLE SCELTE INDIVIDUALI: L’ESPERIENZA DI OGILVY
Ogilvy preserva ancora lo spirito del fondatore David Ogilvy, che in poco tempo si è imposto per le sue idee
rivoluzionarie. Questa a destra è una delle sue frasi più famose che fa già intravedere il tema dell’umanità. Altre frasi alla
base della Behavioural Economics “We sell or else” e:
“Make brands matter” è il loro mantra e rendere efficace la comunicazione è un obiettivo fondamentale, nel 2020 hanno
vinto premi sull’efficacia della comunicazione.
Ogilvy orbiter è la unit dedicata alla space economy. Proprio per questo slancio innovativo dell’azienda, nel 2015 hanno
lanciato Ogilvy Change, primo network strutturato di Behavioural economics in una strategia di comunicazione per coniugare
la creatività di Ogilvy con le basi scientifiche.
Da questa unione nasce Ogilvy Change, che oggi è cambiata ed è a tutti gli effetti parte di Ogilvy Consulting che si
occupa di consulenza strategica. Entrano nelle aziende con un approccio consulenziale e di trading con le tecniche
comportamentali.
Perché la Behavioural economics (BE) per il brand? È importante all’interno di un’agenzia di comunicazione, sia a livello
strategico che operativo perché è qualcosa di pervasivo, anche se vogliamo diventare marketing manager per comprendere
gli strumenti più efficaci. Motivi:
1. COME LE PERSONE SCELGONO → entra in gioco l’architettura delle scelte e questa è la prima domanda
che dobbiamo porci.
Siamo più portati a cambiare negozio per uno sconto da 10 euro su un prodotto da 30 piuttosto che uno sconto
da 10 su un prodotto da 200. Le decisioni legate all’irrazionalità delle persone nascono proprio da scelte
quotidiane. Il concetto stesso di brand introduce un elemento irrazionale, un concetto che mette in dubbio le
convinzioni della ricerca di mercato tradizionale. Se guardiamo due prodotti (Wolkswagen e Audi) che hanno dei
driver di acquisto molto diversi e differenze di costo e di prezzi, il valore intangibile del brand è irrazionale. Basti
anche pensare ad un prodotto come Redbull, a molti il gusto di tale prodotto non piace, è più piccola, più costosa,
quindi dal punto di vista razionale non dovrebbe avere driver di scelta, eppure è il competitor mondiale maggiore
di Coca Cola. Redbull è meno buona, più costosa e più piccola ma ha una serie di driver comportamentali e di nudge
che orientano la scelta. Il fatto di essere più piccola, ad esempio, trasmette l’idea di un potere più grande.
Pensiamo ancora ai driver di acquisto della pasta. Una promozione di 20-30 centesimi sulla pasta sposta le vendite,
elemento curioso se consideriamo che ogni giorno prendiamo caffè a 1 euro che a volte neanche ci piacciono.
Entrambi i prodotti fanno parte della cultura italiana con uno storytelling di eccellenza, ma per quanto riguarda la
pasta, pur usandola tutta la settimana, 20 centesimi valgono molto di più di un euro su una cosa semplice e
analoga come il caffè. L’economia comportamentale ci fornisce degli strumenti per codificare elementi intrinseci
del marketing e del retail. Anche il fatto che la posizione di un prodotto su uno scaffale sia un elemento rilevante ci
fa riflettere. È curioso vedere come nello scaffale dei latti in polvere vedremo un muro di packaging blu (colore
rassicurante), di conseguenza non c’è salienza. Plasmon riesce ad essere saliente e a lavorare sulla phisical availability
(essere presente davanti alle persone e farsi notare). Altri esempi di come i bias influenzino le nostre scelte
possiamo trovare supreme che lavora sul concetto di scarsità:
Pensiamo a come influenza la scelta il semplice media. Un famoso esempio è il dibattito tra Nixon e Kennedy. Chi
ha visto il dibattito in radio era dalla parte di Nixon, coloro che lo avevano ascoltato in TV erano dalla parte di
Kennedy. Un altro tema è il paradosso della scelta. Avere un’ampia gamma di alternative aumenta la desiderabilità,
ma ha un tasso di conversione più basso rispetto ad una situazione con poche scelte. Questa tendenza oggi
dipende dalle categorie (premium vs largo consumo), ma ciò che non cambia è che quando un mercato è in forte
evoluzione ci sono sempre più scelte e le persone attendono (esempio delle auto elettriche con la Prius) e tendono
ad aspettare il momento giusto (l’anno prossimo arriverà un modello migliore). Questo elemento
comportamentale deve essere conosciuto da chi produce, in questo caso, auto elettriche.
Un altro concetto fondamentale è quello della Loyalty, che spesso non viene approfondito adeguatamente. C’è
abitudine dietro la Loyalty? Questo succede con brand storici che fanno parte della cultura italiana e che non
mancano mai nelle case, però pensiamo anche a brand come Apple che crea un ecosistema di servizi che ti “tira
dentro” e che rende difficile uscire, anche questo può essere visto come Loyalty o come Repetition Bias.
Pensiamo ancora all’avversione alle perdite e ai costi di risposta a questo associati (ad esempio cambiare operatore
elettrico). La BE ci aiuta anche a capire cosa c’è dietro la loyalty e il successo dei brand e la relazione dei brand, le
meccaniche reali alla base dei temi e delle parole di marketing. Pensiamo a Dyson che da elettrodomestico diventa
oggetto di design, o ancora Nespresso che diventa un’esperienza premium proprio per il framing che metto attorno
al brand e diventa un’esperienza molto più ampia.
Un altro caso è Satispay (pagare con soddisfazione → già il nome è irrazionale) che riesce con la gamification a
rendere il pagamento un vero e proprio gioco, inserendo obiettivi, competizione o dando anche dei feedback sulla
propria attività che ci soddisfa e ci spinge ad usare i prodotti.
Strava è un’app da running che, a differenza di altre, ha meccanismi forti di Gamification che arrivano quasi a creare
una stretta community di persone attorno a questi elementi di competizione e gioco (fare percorsi che visti dal GPS
crea delle immagini come quella di un cane gigante che attraversa la strada).
Quindi, quando parliamo di esperienza possiamo anche fare riferimento allo Storytelling e a come il brand
interagisce. Il cuore e l’essenza del brand è proprio nel sistema 1 e i brand che riescono a lavorare sull’emozione
vedono crescere i profitti 2 volte più velocemente
Lavorare sulle emozioni e farlo su un’ampia audience con una grande reach, aiuta il brand a crescere nel lungo
periodo mentre attivazioni più tattiche ci aiutano nel periodo dell’attivazione (dunque nel breve periodo). In un
contesto di sovraccarico informativo, la mental availability diventa una scorciatoia e il brand che mi ha emozionato è
quello che vince sul lungo periodo. Questo è importante perché non è sempre così scontato che ci sia questa
consapevolezza dell’associazione tra crescita del business e lavoro sul sistema 1. Pensiamo alle campagne
leggendarie che lavorano molto in questo senso che richiamano il perché un’azienda esiste, le sue caratteristiche e i
processi e i valori che la rendono unica. Nella campagna “Think different” di Apple non si vede il prodotto, non ci
sono contenuti informativi sul prodotto, si vedono solo i grandi rivoluzionari in vari ambiti (Boxe, arte…).
Più siamo vicini all’acquisto, più tendiamo a prendere decisioni razionali, ma è importante comprendere il perché,
la ragione d’essere del brand perché questa lavora col sistema 1. C’è un tema in più fondamentale e ovvero che il
focus sul brand purpose oggi cambia un po’ ruolo. I brand hanno sempre fatto comunicazione emotiva e
comunicazione di responsabilità (siamo passati dallo storytelling allo storydoing – dal dire al fare e portare le
persone a fare le cose), basti pensare ad un brand come Patagonia che oltre a dire, dà anche gli strumenti alle
persone per attivarsi. L’azione del brand, oggi sempre di più considerato l’interesse crescente verso la sostenibilità,
si attiva ulteriormente e mira a innescare dei circoli virtuosi che inducano le persone ad attuare comportamenti
sostenibili.
È importante che le persone cambino i comportamenti in ottica sostenibile, ma le persone non si devono attivare
solo in modo razionale. Uno dei massimi esempi su come lavorare sull’irrazionalità è questa campagna che parte
da un problema serio della verdura e della frutta “brutta” che vengono lasciate sullo scaffale o nel frigo a marcire.
L’azienda dà con questa campagna una nuova cornice divertente e umanizzante alla frutta brutta che, in questo
modo, viene avvicinata alle persone anche in una logica di Gamification:
Nei primi due giorni di campagna sono state vendute 1.2
tonnellate in ogni punto vendite e le persone si recavano apposta
presso Intermarché per comprare la verdura brutta.
Un altro caso di partire dal purpose del brand per arrivare alle
persone è stato fatto da Ogilvy con Levissima, il brand delle vette
ghiacciate. La campagna andava a prendere il tema della scalata
quotidiana, gli obiettivi e le ambizioni quotidiane di ognuno per
aiutare le persone ad essere degli “Everyday climbers”.
Questo sopra è un esperimento su catene di supermercati che Ogilvy sta portando avanti con “A better Place”,
per spingere le persone ad acquistare più frutta e verdura. Nella media l’alimentazione degli italiani e soprattutto
dei giovani non è ottima e si vuole spingere a consumare frutta e verdura, anche per obiettivi di business. Wrap è
un’organizzazione non profit che si occupa di sostenibilità e non waste, con la quale Ogilvy sta collaborando per
rendere più importante l’informazione sulle date di scadenza e non sprecare il cibo. Ad esempio, mettere il giorno
di scadenza è più efficace rispetto al numero del mese, anche se questa è ancora una ricerca in corso.
Il vero problema è come essere rilevanti, che deriva da una serie di bias che le persone mettono in atto quando
acquistano. Coupon di Pepsi:
Questo elemento vintage riprende elementi ancora oggi efficaci: il free, la salienza con la quale è costruito questo
coupon. Oggi identifichiamo euristiche e bias codificati che entrano nel contesto del messy middle, elementi sui quali
fa tanta ricerca Google. È importante conoscere le euristiche di categoria. Nel campo della telefonia, i MegaPixel
sono un’informazione ricercata dalle persone, pertanto questa informazione si deve rendere visibile e accessibile.
Ancora l’Autority Bias o Social Proof → tendiamo a far coincidere la nostra opinione con quella di una persona
che riteniamo autorevole. Quando leggiamo le recensioni, c’è sia una deriva razionale che irrazionale, in
quest’ultimo caso perché istintivamente tendiamo a cliccare sui prodotti con più stelle.
Un’altra euristica è il Power of Now → dare qualcosa subito oggi è qualcosa di molto efficace e si collega al Power
of Free:
Un buono da 10 euro gratis è molto più desiderato di un buono da 20 euro al costo di 7euro. Anche se il secondo
è migliore il primo è più allettante. Buona parte del successo dei Nutella Biscuits è derivata dal fatto che non si
trovavano. Il tema della reciprocità è alla base dell’experience e del design dell’esperienza. Lo scambio e come
disegniamo le esperienze sulla base dello scambio sono elementi fondamentali. Un esempio classico di reciprocità
è Ikea, perché ancora prima di entrare Ikea ci regala le matitine, il metro.
Il contesto fisico e sociale e il modo in cui le persone hanno processato le informazioni durante la pandemia è qualcosa che
ha cambiato molto i luoghi di acquisto, le esperienze in store e anche su questo si è lavorato tramite la BE.
3. BE per la creatività, l’experience e la crescita: il marketing si affida molto alle ricerche di mercato, ma le
persone non fanno quello che dicono molto spesso. Dobbiamo fare attenzione ad affidarci troppo ai Big Data.
Non sempre ad ogni azione corrisponde un dato specifico:
Uscire da questa logica ci può aiutare. Oggi si tende a vedere la media come dato significativo, media degli
interessi e delle attitudini. Ma l’innovazione non è nella media, bensì negli estremi (esempio dell’invenzione del
sandwich nato da uno con una vita estrema che si scocciava ad alzarsi per mangiare).
IL VALORE DELL’INTANGIBILITA’: cereali shreddies, questo brand si trovava in crisi e hanno cambiato il
punto di vista sul prodotto ruotandolo di 45%. Stesso prodotto, nulla era cambiato, ma ha avuto un fortissimo
successo. È stato iniettato un valore puramente intangibile che di fatto ha innovato il prodotto. Spesso il
marketing indugia troppo sulla razionalità e sul dare un senso al tutto.
Le persone non sono razionali e non tutti possono innovare 10x ogni volta. Un treno, una cosa alla cassa non
potranno mai andare 10 volte più veloce, però si può spendere una frazione inferiore per rendere l’esperienza 10
volte migliore.
11/05/2021
Nel gioco visto precedentemente, la scelta di equilibrio migliore sarebbe stata quella della mutua cooperazione, ma
abbiamo visto come l’equilibrio di Nash sia 1;1 invece di 2;2, situazione in cui A e B non cooperano. Questi payoff, in
generale, vanno intesi in senso ordinale e non cardinale. Non ci interessa il valore numerico preciso, basti preservare il
ranking delle alternative perché quel gioco continui ad essere un dilemma del prigioniero. Con “superare” il dilemma del
prigioniero si intende individuare dei meccanismi per consentire a questa società di convergere verso la cooperazione.
All’esito non si giunge in virtù di un accordo, ma perché la razionalità dei soggetti li spinge in quella direzione.
Siccome delta è compreso tra 0 e 1, i fattori moltiplicativi sono sempre più piccoli perché oggi per me conta molto, domani
delta conterà meno. Più si va avanti nell’orizzonte temporale meno mi interesseranno i payoff. Il quesito diventa “è
possibile fare emergere la cooperazione quando il DP si ripete all’infinito?”. Qui diventa rilevante il concetto di strategia,
non più coincidente con quello più semplice di scelta, intesa come un piano completo d’azione che tenga conto di tutti i
possibili nodi decisionali, che mi prescriva come agire in ogni situazione, deve dirmi cosa fare all’inizio e in ogni periodo.
Tra queste infinite strategie, in particolare, ci interessa la c.d. “Grim Trigger Strategy” o
Strategia del Grilletto. Si inizia cooperando (giocare C), in un primo periodo le mosse sono
simultanee, il mio avversario farà qualcosa ma non so cosa, quindi coopero. Se l’avversario
gioca D, allora tu giochi D a tua volta per sempre, una volta osservata la defezione altrui.
Questa strategia dice, dunque, di giocare C all’inizio e D per tutti gli altri periodi. Se l’altro
gioca sempre C, al contrario, coopererai sempre. Se si coopera dall’inizio si coopererà per
sempre, se si defeziona, quasi come una sorta di “punizione” per la deviazione dalla
cooperazione, si defezionerà per sempre. Ci chiediamo se questa strategia possa far sì che le persone cooperino in questo
contesto.
Questo sopra è un DP dal punto di vista dei payoff monetari. Supponiamo che delta sia uguale per i due giocatori (stesso
fattore di sconto). Il giocatore 2 nel primo periodo prende il massimo, cominciando con la defezione in risposta alla
cooperazione del giocatore 1. Dopo il primo periodo ottiene meno. Se entrambi cooperiamo, invece, otteniamo 3 sulla
base degli assunti della game theory. Qui il 10 viene scomposto come 9+1, per vedere associare 1 al delta perché una
sequenza infinita di payoff dà come somma 1/1-delta, è un trucco algebrico. Intuitivamente, le due persone coopereranno
quando questo valore attuale Pc sarà superiore a Pd (il valore attuale della cooperazione è preferibile a quello della
defezione). Cooperare sempre è premiante quando Pc>Pd.
Quello che conta è il valore di delta, l’intuizione è che delta mi indichi il peso di oggi rispetto al domani. Intuitivamente è il
delta a fare la differenza, quanto peso attribuisco al futuro. Se delta è alto per me, il futuro conta molto e preferisco
prendere meno oggi per avere di più in futuro, scelta della mutua cooperazione (prendo 3 all’inizio, che è sì inferiore a 10,
ma prenderò 3 per sempre e non 1 come nel caso in cui il giocatore 1 coopera e io defeziono).
Non stiamo modificando le preferenze delle persone, stiamo ragionando in un orizzonte di self interest, ma si tratta di un
egoismo illuminato, strategico, che tiene conto della natura ripetuta del gioco arrivando alla consapevolezza che conviene
cooperare sin dall’inizio piuttosto che defezionare all’inizio (seppur prendendo un po’ di più nel periodo 1) e prendere
meno in futuro.
2) DP SIMULTANEO E PREFERENZE PRO SOCIALI
Tornando al caso one shot (contesti non ripetuto da ora in poi) vediamo altre vie di superamento del DP non basate
sulla ripetizione. Usciamo, tuttavia, dall’ipotesi di self interest e introduciamo la complessità motivazionale e
dall’ipotesi classica dell’homo oeconomicus.
Da questo momento non sarà più vero che la mia utilità coincide con il mio payoff monetario. Prima, essendo auto-
interessato, questi coincidevano. In particolare, diventa naturale pensare al cosiddetto altruismo. Essere altruista o essere
guidato da preferenze altruistiche in un gioco 2x2, significa che hai sempre una funzione obiettivo, comunque sei un
soggetto che massimizza l’utilità, quello che cambia è il contenuto dell’utilità stessa, perché non massimizzi il payoff
monetario ma massimizzi l’utilità, che è più sofisticato del puro payoff monetario. W si ritiene compreso tra 0 e 1. W
dentro la funzione di utilità ci comunica che se w=0 la prima componente si annulla e la seconda componente resta pi greco.
L’utilità, quindi, sarà uguale a pi greco e coinciderà con il mio payoff monetario (w=0 → EGOISMO→ la mia utilità
coincide col mio pagamento personale). Se w=1 si annulla la seconda componente e la mia utilità coinciderà col payoff
dell’altro (w=1 → ALTRUISMO→ la mia utilità coincide col pagamento dell’avversario). W si può interpretare come il
grado di altruismo che è nullo quando w= 0, può essere massimo quando w=1 e per me conta solo un’altra persona. Per
valori intermedi si avrà una certa dose di altruismo, di pro-socialità. Possiamo pensare che ci siano diversi tipi
motivazionali in relazione ai pesi che si attribuiscono.
Introdurre la complessità può portare a forme di antisocialità (caso dell’orientamento competitivo, ad esempio). Questo
secondo filone dell’economia comportamentale che stiamo vedendo è relativo alle social preferences. Il paradigma neoclassico
parte dall’ipotesi che siamo tutti razionali e auto interessati, quindi non viene contemplata la complessità motivazionale.
C’è una forma di antisocialità associata alla posizionalità, nel caso dell’atteggiamento competitivo (in questo caso si andrà
su valori negativi di w). 0,1 è per la pro-socialità, nel caso delle preferenze negative o antisociale l’intervallo si amplia e si
introducono anche valori negativi. Nella realtà la complessità motivazionale fa sì che si possano avere diverse situazioni e
ogni esito dell’interazione può essere raggiunto in base alla società e ai contesti. Casi estremi, w=0 e w=1. W=0 è la
situazione tradizionale standard del Dilemma del prigioniero.
Se i giocatori sono completamente altruisti con w=1, la mia utilità coincide col
payoff/pagamento dell’avversario. se sono massimamente altruista non ho più
3, ma zero. Se sono egoista accade il contrario (possiamo notarlo nel
ribaltamento che si verifica con i valori 0 e 3 nelle due situazioni). Quando
introduco la complessità motivazionale, distinguere tra payoff monetari e utilità
è indispensabile. Nella seconda situazione l’equilibrio di Nash diventa
“cooperare-cooperare”. Se sono il giocatore A e il giocatore B coopera, la mia
utilità è maggiore se coopero (2>0). Cooperare in questo caso non è solo una
best reply ma anche una strategia dominante. Abbiamo trovato che le cose si
ribaltano, nel senso che il nuovo equilibrio di Nash da un lato è cooperare-
cooperare, dall’altro questo equilibrio è anche una strategia dominante. Quindi nel caso di massimo altruismo abbiamo
un’ulteriore situazione di superamento del dilemma del prigioniero. Questa distinzione tra matrice dell’utilità e
matrice dei payoff monetari non solamente nel caso del gioco del dilemma del prigioniero. L’altruismo non si deve vedere,
dunque, solamente in relazione al dilemma del prigioniero ma anche in altri giochi e in altri casi, ha una valenza generale.
Il laboratorio è apparentemente un’aula computer con delle separazioni che consentono di isolare le postazioni per evitare
i contatti tra i partecipanti durante gli esperimenti. Posso disegnare un esperimento con un focus sulle decisioni individuali
o in contesti di interazione strategica. Grazie all’economia sperimentale posso testare anche le predizioni della teoria dei
giochi, partire dalle predizioni classiche e vedere cosa succede nella teoria (come nel caso dell’Ultimatum Game). Un’altra
caratteristica fondamentale dell’economia sperimentale è l’incentivazione monetaria e un’altra ancora è l’assenza di deception.
Nel caso degli esperimenti sul campo l’esperimento si svolge nella realtà e non in una situazione artificiale come in
laboratorio. Spesso le persone non sanno neanche di stare partecipando ad un esperimento e si possono cogliere i
comportamenti naturali.
Il ruolo delle emozioni e dei fattori emotivi conta molto in un contesto di donazioni e prosocialità. In seguito all’incendio
di Notre Dame nel 2019 sono stati raccolti 600 milioni di euro per il restauro in meno di 24 ore. In generale, c’è un ruolo
importante di eventi rilevanti (es. terremoti, incendi, uragani) che innescano un forte incentivo a donare.
Diventa importante la distinzione tra motivazioni intrinseche ed estrinseche. Nel primo caso è una situazione di altruismo
genuino ed empatia, per un senso di equità/giustizia (fairness). Nel caso delle motivazioni estrinseche, ci possono essere
benefici di carattere monetario (es. vantaggi fiscali) o psicologico (es. status sociale ottenuto grazie alla visibilità della
propria donazione → tipica del mondo anglosassone in cui la filantropia è un fenomeno particolarmente rilevante→
Harvard prende il nome da un donatore). Il ruolo dell’architettura della scelta e dei nudge diventano particolarmente
rilevanti anche in relazione alla propensione al donare. Nudge efficaci:
- Default: es. donazioni di organi
- Norme sociali/pressione sociale: es. fornendo informazioni sul numero di donazioni già ttenute da un
determinato progetto
- Visibilità/salienza della donazione: es. nome del donatore reso pubblico (rendere saliente la donazione).
Alcuni vogliono lasciare anonima la loro donazione, altri vogliono renderla saliente. Si parla dunque ancora di
framing e salienza
Un tema molto rilevante è quello dello spiazzamento motivazionale (motivation crowding out). Rischio che le motivazioni
intrinseche a donare vengano “spiazzate” da incentivi monetari, espressi in termini di punizione (incentivi negativi) o di
ricompensa (incentivi positivi). Il rapporto tra incentivi e motivazioni delle persone in un contesto motivazionale è più
complesso e il significato dell’incentivo è da comprendere attentamente. Gli esperimenti sul campo si basano sulla
randomizzazione, una via di mezzo tra gli esperimenti in laboratorio e le teorie, in un ambiente che cattura caratteristiche
importanti del mondo reale. Un vantaggio chiave degli esperimenti sul campo, rispetto a metodologie di ricerca empirica
tradizionali utilizzate in economia, risiede nella loro capacità di creare variazioni esogene nelle variabili di interesse,
consentendo così al ricercatore di stabilire relazioni di causalità anziché mere correlazioni. Ho un trade-off da bilanciare. Si
parla anche di esperimenti naturali quando faccio riferimento a degli avvenimenti storici al fine di comparare scenari ex ante
vs. ex post in una determinata area colpita dall’evento, o al fine di comparare i comportamenti post-evento in aree toccate
dall’evento rispetto ad aree non coinvolte nell’evento stesso. Si tenta di combinare diversi approcci che oggi vengono
considerati sempre più complementari tra loro.
ESPERIMENTO GNEEZY E RUSTICHINI (2000)
Supponete di dirigere un asilo nel quale accade che alcuni genitori arrivano sistematicamente in ritardo nel prelevare i
propri bambini. Com’è possibile ridurre il numero dei ritardatari? La soluzione classica sarebbe la previsione di una multa
per ogni giorno di ritardo oltre i 10 minuti. 10 centri sono stati coinvolti per un periodo di 20 settimane, ma la multa è stata
introdotta solo in 6 asili su 10, il resto era il gruppo di controllo (quelli ai quali non è stata applicata la regola della multa)
così da consentire il confronto.
Nelle prime settimane si è preso nota del numero dei ritardatari, la multa è stata introdotta alla quinta settimana fino alla
diciassettesima, per poi toglierla. Se prendiamo le prime settimane (grafico che confronta i due gruppi) notiamo che c’è
stato un trend interessante dalla quinta settimana in avanti: nel gruppo di controllo il numero di ritardatari è rimasto
costante, nell’altro gruppo all’introduzione della multa sono aumentati anche i ritardatari.
Nelle ultime settimane, quando non c’è più la multa, la differenza tra i due gruppi rimane ampia. Il risultato sembra essere
l’opposto di quanto si pensasse e cioè che la multa potesse fungere da deterrente ai ritardi, in realtà li ha fatti aumentare.
Fondamentalmente, la multa è stata percepita come il prezzo di un servizio, anziché un deterrente. Il genitore ha ragionato
così: “Mi stai dicendo che per il ritardo all’asilo si deve pagare un prezzo associato a servizio. Allora sono disposto a pagare
questo prezzo”. Come se si fosse trattato di un contratto mancato tra le parti, i genitori non hanno visto la multa come un
deterrente. Una multa può, dunque, anche essere percepita come un prezzo, come in questo caso. È come se “a new market
was born” in cui i genitori decidono di scambiare minuti di ritardo e denaro. Questo è importante anche in termini più
generali: è bene che gli incentivi siano sempre associati ad una comunicazione chiara del loro significato.
13/05/21
Parlare di social preferences significa parlare sempre delle preferenze dei singoli giocatori, ma con un contenuto di socialità e
preferenze non individualistiche. Le preferenze sociali costituiscono un filone di ricerca per il quale l’economia
comportamentale ha contribuito in modo rilevante, importante è stato il contributo di Thaler che ha ricevuto il Nobel nel
2017. Nel momento in cui introduco preferenze socialmente condizionate diventa importante la distinzione tra matrice dei
payoff monetari e matrice dell’utilità.
INEQUITY AVERSION
C’è l’idea che le persone siano interessate al guadagno materiale (approccio puramente neoclassico), ma si vede anche un
tentativo di ridurre le iniquità. A livello individuale l’idea classica è quella di dire che se un soggetto è inequity averse
possiamo ipotizzare che la sua funzione di utilità sia funzione di x, dove x sono i payoff monetari e in particolare sia fatta
come sopra (prima funzione Ui(x)). Xi è la componente tradizionale classica che dipende da quanto personalmente ottengo
in modo selfish; la novità è l’altra componente – alpha(xj-xi) che si interpreta così: se xj differisce da xi si ha un’idea della
misura di iniquità e -alpha che lo moltiplica è importante perché dice che globalmente per me conta positivamente xi, poi
però c’è una componente negativa di disutilità perché provo insoddisfazione e si verifica disutilità quando c’è iniquità,
perché se xj è molto maggiore di xi soffro molto, se xj=xi → non c’è iniquità→ la seconda parte si azzererebbe e ci sarebbe
solo la mia utilità coincidente con xi (caso classico). Xj e xi si suppone che siano tali per cui se xj>xi l’altro sta guadagnando
più di me e c’è una distanza in termini di payoff monetari che mi penalizza. La parte sotto cattura l’altra situazione, dove
xi>xj → xi sta meglio. CASO BETA: io sto meglio dell’altro. C’è un meno davanti quindi anche in questo caso, come nel
meno davanti all’alpha, globalmente la funzione mi comunica che il soggetto è sensibile alle disuguaglianze sia quando le
cose vanno meglio per lui e peggio per l’altro sia nell’altra situazione. Queste due parti della funzione complessiva che
riguarda il generico giocatore i-esimo, ci dicono che se ho un alpha e un beta positivo sono inequity averse in entrambi i casi
(?).
Ipotizzare che alpha sia superiore a beta significa supporre che non ci sia perfetta simmetria e che io non sia ugualmente
sensibile ai due tipi di disuguaglianza e supponiamo che ci sia una forma di self interest anche nel mio essere inequity averse.
C’è anche un self serving bias: se confronto le situazioni in cui sto meglio e sto peggio preferisco comunque la situazione in
cui sto meglio. Vediamo come applicare l’inequity aversion al dilemma del prigioniero, ricordando che un conto sono le
conseguenze monetarie e un conto sono le preferenze dei giocatori e le loro funzioni di utilità e ricordare che le preferenze
sociali valgono in generale, non solo nel caso del dilemma del prigioniero:
Questo è un dilemma del prigioniero classico con payoff monetari. Se ipotizziamo
che i giocatori siano inequity averse la matrice delle utilità (che diventa quella
rilevante) è quella nella tabella in basso. Abbiamo applicato ad ogni possibile esito
la funzione di inequity aversion appena introdotta. Se i giocatori ottengono la stessa
somma monetaria non cambia nulla in relazione all’inequity aversion, qualunque
siano gli alpha o i beta. Quando due persone guadagnano la stessa somma, un
giocatore inequity averse ha un’utilità uguale al giocatore mosso da self interest (?).
Quando io prendo 3 e un giocatore prende zero, questa si configura come
un’iniquità a me favorevole quindi usiamo Beta, la parte bassa della funzione. Il
gioco è simmetrico e speculare quindi non occorre fare calcoli per l’altro giocatore. Per trovare l’equilibrio o gli equilibri di
Nash in relazione a questa matrice dell’utilità, dobbiamo fare il ragionamento “alla Nash”: se siamo nella prima colonna e
sono il giocatore di riga quando mi conviene cooperare se l’altro coopera? Devo confrontare il 2 con 3-3beta, quindi
occorre che 2>3-3beta affinché io cooperi. Se il giocatore di colonna non coopera allora per cooperare 0-3alpha deve
essere maggiore di 1, cosa che non è possibile quindi non è mai vero che se l’altro non coopera io posso cooperare, perché
la mia best reply sarà sempre non cooperare. Se il giocatore di colonna coopera, il giocatore di riga coopera se e solo se beta
è maggiore di un terzo; se il giocatore di colonna non coopera, il giocatore di riga non coopererà mai. Nessuno dei due
giocatori ha una strategia che domina l’altra, ho un gioco di coordinamento con due equilibri ordinabili in senso paretiano.
Se attribuiamo un valore puntuale a Beta o Alpha, basta sostituire i valori e trovare quello che troviamo in questa matrice
(foto a destra, matrice sotto). La logica è la stessa vista nel caso dell’altruismo, ma il contenuto della funzione d’utilità
inequity aversion è diverso. L’inequity aversion è la seconda via di superamento del dilemma del prigioniero basata sulle
social preferences. Se introduciamo la fiducia nel dilemma del prigioniero?
Negli esperimenti si vede che una parte dei soggetti riesce a cogliere i vantaggi della fiducia perché vanno a finire nell’esito
(2,2) invece che in (1,1) che risulta essere l’esito Pareto-efficiente. L’aspettativa ha anche un valore normativo, l’effetto che
la norma ha su di me, una sorta di appello morale che avverto da parte dell’altro su di me. Rischio e costo sono insiti in
una relazione fiduciaria e si vede come una parte di soggetti riesce ad arrivare ad un esito di mutua cooperazione, pur in
assenza di accordi tra le parti (ipotesi che non viene mai rimossa). Questa è dunque una via di superamento del DP che
va in contrasto con le predizioni dell’economia neoclassica. La fiducia interpersonale diventa un meccanismo che si
configura come un’ulteriore via di superamento del DP. La fiducia è una variabile importante sia in contesti di micro-
interazioni sia in contesti di macro-interazioni. La fiducia è una risorsa importante per l’economia, anche se abbiamo i
contratti, che nella realtà non bastano. Il problema dei contratti è che questi sono tipicamente incompleti (fenomeno
dell’incompletezza contrattuale) e non posso contrattualizzare ogni cosa e prevedere ogni fattispecie che si possa verificare,
per questo la logica del contratto non basta. Anche se i contratti fossero completi, un secondo problema potrebbe essere
legato al fatto che le parti si recano dal giudice e si può anche perdere la causa. Sarebbe illusorio pensare che un’economia
di mercato possa funzionare solo tramite contratti e tribunali. In economia si vede come le economie migliori siano quelle
con una maggiore dotazione di fiducia (tipicamente nelle zone del Nord-Europa). Il capitale sociale è un capitale invisibile
ma particolarmente rilevante.
Un’ulteriore via di superamento del DP grazie alla reciprocità. Le persone razionalmente dovrebbero solo guardare ai
payoff monetari, quindi le etichette associate alle strategie non dovrebbe di per sé spostare la scelta. Stessa cosa per
l’etichetta sul gioco. Se lo chiamo DP o in un altro modo, questo è una pura etichetta e un puro frame che non dovrebbe
influenzarmi. A livello di behavioural game theory (BGT), si è visto come le etichette possano avere un ruolo molto
importante: le cose cambiano molto a seconda se lo stesso gioco una volta si presenta come community game o wall street game,
a parità di payoff o altre condizioni. Ci si aspetta infatti che, se siamo due giocatori reciprocanti, se il gioco viene
presentato come Community Game ci sarà più cooperazione e con un nudge c’è una spinta alla cooperazione (l’equilibrio
di Nash sarà cooperare-cooperare); se il gioco viene chiamato Wall Street Game c’è meno cooperazione (l’equilibrio di
Nash sarà defezionare-defezionare). Le etichette, in qualche modo, orientano e sono simili a delle ancore. Più
precisamente sono dei punti focali perché ci fanno focalizzare. Il concetto di focal point è importante e ha a che vedere con
la salienza e col framing. Le etichette influiscono sulle aspettative in un contesto di mosse simultanee. Sono un reciprocante
e un cooperatore condizionale, entra in gioco l’elemento motivazionale della reciprocità e delle aspettative.
I PARADOSSI DEL BENESSERE
Se guardiamo alla realtà economica dei paesi, da molto tempo si utilizza il PIL come indicatore classico di benessere. C’è
un’enfasi importante sul PIL a livello mediatico, accademico, politico. È stato introdotto il concetto di felicità.
18/05/2021
Abbiamo chiarito come la domanda (All things considered, how satisfied are you with your life as a whole these days?) miri a cogliere
una nozione di felicità soggettiva dichiarata. Non si deve interpretare in termini emotivi o di umore del momento, una
risposta filtrata cognitivamente. Il potenziale rispondente è chiamato ad utilizzare la dimensione cognitiva e a riflettere sulla
sua esistenza in senso globale. Alla luce di queste premesse, vediamo cosa sono i paradossi del benessere in senso stretto,
che sono delle scoperte empiriche. Il primo paradosso, il più importante e noto, lo vediamo in questa slide, dove si può
vedere l’andamento tra pil pro capite e felicità. I triangoli bianchi indicano l’andamento della happiness mentre i rombi
neri l’andamento del pil pro capite. In questi anni il pil pro capite negli stati uniti è cresciuto in modo importante, mentre la
felicità è rimasta molto stabile con poche oscillazioni nel mezzo. Possiamo dunque dire che non c’è una correlazione
positiva tra le due variabili, c’è un gap, una forbice. Quindi, questo è il primo paradosso della felicità perché non c’è
quella correlazione positiva tra il classico indicatore economico che è il pil pro capite e il nuovo indicatore del benessere
della felicità. Questo paradosso riguarda l’aspetto temporale e lo cogliamo nel tempo. Cosa sono i paradossi della felicità?
(Possibile domanda)
Il secondo grafico indica sempre l’andamento del pil pro capite e l’andamento della % dei very happy, coloro che si
dichiarano molto felici. Nei primi anni, chi si dichiara molto felice cresce fino al ’56, poi c’è addirittura un calo. Questo per
rafforzare l’idea di assenza di correlazione positiva tra le due variabili.
In questo caso viene fotografata la vita del singolo. Il messaggio è simile
a quello del grafico sugli USA. Il pil in questo caso cresce enormemente,
eppure l’indice di felicità non mostra un aumento stabile e, nel caso
specifico del Giappone, notiamo delle oscillazioni superiori, con un gap
ancora maggiore rispetto agli USA perché la crescita economica è stata
ancora più importante.
Adesso analizziamo un nuovo caso. Qui abbiamo le classi di reddito e la felicità media degli americani. Possiamo prendere
o la linea continua o quella tratteggiata, perché il messaggio è simile: la relazione tra le due variabili è sicuramente positiva
(la derivata prima è positiva e la funzione è crescente per cui al crescere del
reddito dichiarato cresce la felicità). La seconda osservazione da fare è che la
relazione è sì positiva, ma non si tratta di una funzione lineare e convessa, ma
concava. Per cui abbiamo una sorta di felicità marginale decrescente: la
felicità cresce al crescere del reddito, ma ad un tasso decrescente. Se
prendiamo un certo delta di reddito (es delta=10.000 dollari) e questo delta
passa da 0 a 10.000 la mia felicità aumenta molto (vedi il primo tratto delle
curve e l’elevata pendenza), però se passo da 60 a 70.000 dollari l’anno,
l’incremento associato alla felicità, invece, è molto piccolo. Questa della felicità
marginale decrescente è una scoperta empirica, a differenza del concetto del
tipico concetto microeconomico dell’utilità marginale decrescente che è un
costrutto teorico. Questo è il secondo paradosso della felicità. Questi paradossi li vediamo principalmente nei paesi ricchi
che hanno conosciuto una crescita economica. Se allarghiamo lo sguardo ad altri paesi del mondo, uscendo dal novero dei
paesi ricchi, la situazione si complica. Nei paesi ricchi deve essere successo qualcosa di qualitativamente importante che
potrebbe spiegare i paradossi della felicità. Diverse discipline hanno tentato di spiegare questi fenomeni. Sono stati
coinvolti dei professionisti per tentare di spiegare questi paradossi.
Ciò che dà status agli individui può spostarsi e cambiare nel tempo, ma quello che ci interessa è proprio la
centralità dei beni posizionali nelle economie di mercato, un fenomeno relativamente moderno (oggi un bene
posizionale potrebbe essere un viaggio nello spazio). La salienza di oggi è quella tipica di un’economia in cui, però,
sono centrali i bisogni identitari.
- CONSUMO ETICO: dobbiamo intenderlo in senso molto ampio perché è diverso dal consumo tradizionale.
Consumo etico significa dare peso e considerazione e variabili diverse dalle classiche variabili economiche. Oggi lo
riferiamo anche e soprattutto alla dimensione della sostenibilità nel consumare i prodotti. Non è dunque un
consumo tradizionale. Questa tipologia di consumo nasce nei paesi ricchi e i dati ce lo confermano, dove si vede
che la quota di consumo etico aumenta all’aumentare della ricchezza di un paese, come una sorta di bene di lusso,
un qualcosa che non ci si può permettere se ci si trova in un’economia di sopravvivenza:
Cosa c’entra tutto questo con i paradossi del benessere? All’interno di questo quarto filone sono state sviluppate due
spiegazioni di tipo sociale, che hanno a che vedere con la dimensione sociale e interpersonale.
- La prima è legata ad un treadmill → Satisfaction treadmill: quando cresce il reddito le aspirazioni delle persone
evolvono anch’esse, quindi tendo a paragonarmi agli altri, soprattutto se sono un soggetto posizionalista e guidato
da preferenze posizionali come quelle per i beni di lusso. Più sono posizionalista, più sono soggetto a questo
treadmill → per me conta solo il confronto con gli altri. Se il mio reddito raddoppia non sono più felice se
raddoppia anche quello del mio vicino, anche se le mie cose migliorano in termini assoluti. Sono inconsciamente,
di nuovo, su un tapis roulant, mi muovo ma sto fermo, se sono un posizionalista estremo. Questo fenomeno è
tanto più forte quanto più siamo condizionati dal reddito relativo. La priorità è “keeping up with the Joneses”, ovvero
si ha la prevalenza di una socialità strumentale (associata al consumo di beni posizionali, come i beni di lusso).
La felicità soggettiva, dunque, resta costante pur in presenza di miglioramenti del benessere materiale
- A livello sociale c’è anche una seconda spiegazione. La spiegazione è quella individuata da Putnam, un
politologo che ha osservato che se guardiamo agli ultimi decenni del 900 è vero che c’è stata molta crescita
economica, ma questa si è registrata facendo pagare un elevato prezzo alla società americana in termini di crescita
dell’individualismo, indebolendo le relazioni tra le persone (che sono diventate sempre più sole). Il prezzo è
stato pagato dalle relazioni tra le persone, pur essendoci stata crescita economica. C’è un declino nello stock di
capitale sociale e nella qualità della relazione. Questo viene attribuito anche alla diffusione della televisione,
qualcosa che ha inciso sulle dinamiche di crescente individualismo. Ha intitolato il suo libro “Bowling Alone”
(andare a giocare a Bowling da soli → negli Usa in quegli anni non è che sia calato il numero assoluto dei giocatori,
quanto più la composizione dei gruppi → sempre più gente andava a giocare a bowling da soli.). Le relazioni
genuine portano benessere e felicità, il problema è che se la crescita economica porta a indebolire la relazione
questo è un ulteriore canale.
Quello che in letteratura si sta cercando di fare è di cercare dei nuovi indicatori di qualità della vita e felicità (discorso
Robert Kennedy sul PIL). Il GPI (Genuine progress indicator) è un indicatore calcolato negli USA che parte dal pil includendo
alcune cose che nel pil non ci sono ed escludendone altre. Si include, in particolare, il lavoro domestico e il volontariato
che, pur non avendo un prezzo di mercato, non significa che non abbiano valore per uno stato. Esclude altri elementi
come i fondi destinati alla lotta contro il crimine e i disastri ambientali. Con i correttori del PIL appena citati riesco ad
individuare un indicatore più realistico in termini di felicità:
Che cos’è l’Economia Comportamentale (Behavioral Economics)?
Behavioral economics: per definire questo aggettivo è necessario dar risposta a queste due domande:
(1) Che cosa significa ‘Economia’? (2) Che cosa significa ‘Comportamentale’?
1)Definizioni di ‘Economia’
Non è semplice dare una definizione di economia, ed è possibile affermare che ancora oggi non ce ne sia una precisa. Esistono più
definizioni, la più classica è di
Lionel Robbins (1932): “Economics is a science which studies human behaviour as a relationship between ends and scarce means which have alternative
uses”.
Avrebbe a che vedere con un rapporto mezzi-fini. Quindi centrano gli obiettivi, gli strumenti e i mezzi con i quali perseguo quei
determinanti obiettivi sapendo che i mezzi, le risorse sono scarsi. Il termine chiave è la scarsità. L’economia è stata anche definita
come la scienza per eccellenza della scarsità che si occupa delle risorse quando queste sono difficilmente reperibili. Se siamo in un
contesto di abbondanza le cose sono diverse. Quando c’è scarsità di mezzi, e si potrebbe utilizzarli in maniera alternativa per il
raggiungimento di quelli obiettivi, allora entra in gioco l’economia.
DEF: L’economia/ scienza come disciplina, è quindi una scienza sociale che studia come gli attori economici (individui, imprese, Stati)
effettuano decisioni che riguardano l’allocazione razionale di risorse scarse aventi usi potenzialmente alternativi.
Partendo da Robbins possiamo chiarire che siamo nell’ambito di una scienza sociale che ha a che vedere con il comportamento di
attori individuali in vesti di consumatori, risparmiatori, ecc., ma anche di entità come Stati, Istituzioni, imprese, come ad esempio l’EU,
la banca europea... Dunque non sono solo persone a prendere decisioni riguardo l’allocazione delle risorse. Si tratta sempre di una
classificazione della definizione del sostantivo e non dell’aggettivo per questo è importante classificarla come scienza sociale senza
entrare nel merito dell’aggettivo, ciò implica che l’oggetto di studio dell’economia ha a che vedere direttamente con la libertà degli
individui. Elemento chiave da considerare perché la libertà dei singoli pone sfide agli economisti.
Da un lato è un elemento estremamente interessante, dall’altro molto problematico sul piano della metodologia da adottare quando ci
si avvicina alla scienza economica intesa come scienza sociale. Concetto importante da chiarire prima di dar definizione di economia
comportamentale. Questo come detto in precedenza pone dei problemi per l’economista: perché se io economista so di avere a che fare con
una disciplina che si occupa dei comportamenti di molte (milioni) di persone, istituzioni, governi, è chiaro che, spiegare e prevedere le interazioni che milioni di
soggetti possono assumere, diventa molto complicato. Tutto è fortemente complicato.
⚫ L’economia come scienza sociale: libertà di scelta dell’agente economico e difficoltà esplicative e previsionali per
l’economista.
-(1) Positiva (‘economia politica’) della scienza economica: una teoria descrittiva o positiva indica come le persone prendono una
decisione nella realtà. In termini fattuali: sto descrivendo ciò che succede dal punto di vista, in questo caso economico, quali scelte
stanno avvenendo (es. livello di consumi in un dato pase in quel momento, andamento inflazione o occupazione);
-(2) Normativa (‘politica economica’) della scienza economica: è una teoria che descrive come le persone dovrebbero prendere
decisioni (Angner, capitolo 1, p. 3): il termine chiave è appunto: DOVREBBERO. Questa teoria, per così dire, “fornisce” il DOVER
essere, Questa definizione, quasi filosofica, diventa davvero importante in economia perché:
Un conto è descrivere come fattualmente un qualcosa sta accadendo in un determinato mercato piuttosto che in un altro, un altro è
avere una teoria che chiarisca come si DOVREBBE agire Normativamente.
->QUINDI la (2) Normativa attiene alle scelte che dovrebbero essere prese (per esempio dallo Stato) nel perseguimento di determinati obiettivi.
Si tratta di una distinzione importante per comprendere l’economia comportamentale e quindi quale sia la portata delle conclusioni e
dei risultati raggiunti negli ultimi decenni in senno all’economia comportamentale.
1
1.2. Economia Neoclassica ed Economia Comportamentale
Sempre facendo riferimento al pensiero di Angner, per molto tempo in economia ha prevalso la tradizione nota come
economia neoclassica, associata alla teoria della scelta razionale, l’economia razionale (p. 5):
“Gli economisti neoclassici non partono dall’assunto che tutti gli individui agiscano razionalmente in ogni situazione, ma insistono sul fatto che le
deviazioni dalla razionalità perfetta siano così piccole o non sistematiche da poter essere trascurate”.
Partendo dalla visione economica tradizionale, ci si avvicina a quella razionale. Fino a poco tempo fa il paradigma di riferimento è
stato quello neoclassico associato a quello della teoria razionale. Dove per approccio affiancato alla razionalità ci chiarisce
Angner: non è che gli economisti neoclassici partissero dall’idea che tutti agiscono razionalmente sempre, ma certamente c’era
una forte insistenza che se si osservavano deviazioni della razionalità perfetta queste erano piccole, non sistematiche e quindi
trascurabili. Dal punto di vista dell’approccio neoclassico c’è stato quindi un orientamento di questo tipo riguardo la scelta degli
individui. L’approccio Behaviuor dell’economia comportamentale in realtà è diverso. Ma prima di definire economia comportamentale è
importante chiarire i quesiti e temi di ricerca in base ai quali si è visto negli ultimi anni come l’economia comportamentale ha
dato un contributo importante.
Sono tutti quesiti che aiutano a capire la direzione presa negli ultimi anni per rispondere e dare una definizione di economia
comportamentale.
Tornando al piano metodologico e quindi al raffronto tra economia neoclassica, nostro naturale benchmark, ed economia
comportamentale (che per differenza stiamo introducendo), In economia quello che tradizionalmente ha prevalso è un approccio:
-Problema di questo approccio: se le ipotesi non sono fondate in termini empirici (presentano un problema in termini di plausibilità
empirica), come è possibile che la deduzione e la predizione (che segue l’allora) che ne conseguono siano di aiuto in termini empirici,
ovvero in termini di spiegazione e previsione dei fenomeni economici reali? Si tratta di un grosso nodo metodologico, in economia
con troppa disinvoltura si è adottato questo approccio. Ma il punto è: le persone ragionano davvero in quel modo? Ci sono studi a supporto di
questa congettura?
Il problema della plausibilità empirica di questa ipotesi non è di poco conto. Tutto questo in relazione al tema di razionalità
umana, ha molto a che vedere con ciò che è l’Economia Comportamentale, infatti->
L’Economia Comportamentale è un programma di ricerca interdisciplinare, nuovo che ha come obiettivo di fondo quello di “aumentare
il potere esplicativo e predittivo della teoria economica arricchendola di fondamenta plausibili da un punto di vista
psicologico, dove “plausibili da un punto di vista psicologico” significa al passo con le più moderne teorie della psicologia” (p.
5).PUNTO CHIAVE, nasce e si sviluppa sulla base di un dialogo molto stretto tra economia e psicologia, quindi il campo
di ricerca fondamentale che nasce dal dialogo serrato tra le due discipline è l’implicazione della psicologia. Il contributo di quest’ultima
riguarda la costruzione delle ipotesi il “se”. La svolta è stata quella di dotare l’economia di ipotesi plausibili psicologicamente, che
quindi affondando le radici nella psicologia. Il ricorso a questa disciplina è stato determinante per l’economia comportamentale al fine
2
di diventare mean-stream per questo approccio, nonostante ci fosse un paradigma neoclassico che era assolutamente dominante e
basato su atteggiamenti di carattere deduttivo. Il punto di fondo a livello metodologico si dovrebbe riuscire a mettere in campo una
teoria economica più realistica grazie al legale con la psicologia umana.
C’è sempre maggiore integrazione tra economia e psicologia grazie all’economia comportamentale, infatti in USA a lungo, sono stati
utilizzati i due termini per definire l’economia comportamentale (behaviour economics).
• Essa sta ottenendo importanti riconoscimenti (Premio Nobel per l’Economia a Daniel Kahneman nel 2002 e a Richard Thaler nel
2017; John Bates Clark Medal a Matthew Rabin)
• “Il fondamento dell’economia politica (la n.1 teoria positiva/descrittiva) e, in generale, di ogni scienza sociale, è evidentemente la psicologia. Potrebbe venire il
giorno in cui saremo in grado di dedurre le leggi della scienza sociale dai principi della psicologia” Vilfredo Pareto (1906, citato in Misbehaving di
R. Thaler).
È interessante come già ad inizi ‘900 uno studioso, importante per lo sviluppo del pensiero economico, diede questo contributo.
• Gli economisti comportamentali (a differenza dei neoclassici) “Rigettano l’idea che le persone si comportino prevalentemente come dovrebbero. Essi
ritengono che le deviazioni dalla razionalità perfetta siano sufficientemente ampie e sistematiche, e dunque abbastanza prevedibili, da garantire lo sviluppo di
nuove teorie descrittive della decisione”(Angner, p. 5).
• “L’economia comportamentale, a differenza delle teorie dei grandi pensatori del passato, getta luce sulla natura umana – su come è veramente e non su come
dovrebbe essere” (p. 10) quindi l’economia si pone su un piano positivo e descrittivo(1) e NON NORMATIVO(2), e quindi questo viene
fatto nella convinzione, tornando alla prima delle due citazioni di Angner (I cap. del testo) che, evidentemente l’economista
comportamentale non pensa che le deviazioni della razionalità perfetta delle persone siano trascurabili e non sistematiche, al contrario, si
ritiene che siano ampie, sistematiche quindi PREVEDIBILI.->Quando c’è sistematicità di un comportamento ci si rende conto che è possibile lavorare in
chiave PREVISIONALE, per un economista, avendo una base importante per farlo.
Lezione 2 12/03/2020
• “As it now stands, some important psychological findings seem tractable and parsimonious enough that we should begin the process of integrating
them into economics” (Rabin, 1998 tra i principali fondatori dell’approccio comportamentale dell’economia, quella che possiamo
definire “behaviour revolte”): alcune acquisizioni scoperte dalla ricerca psicologica sembrano sufficientemente trattabili e parsimoniose,
tali da poter essere incorporate nei modelli economici. Questo fa capire come l’economia comportamentale sia sempre una scienza
economica, ossia un approccio economico al comportamento umano, che si avvale della strumentazione tipica dell’economia sia dal
punto di vista teorico della formalizzazione, che da quello empirico. Non è infatti psicologia in senso stretto. La svolta è
nell’arricchimento degli strumenti tipici di elementi nuovi, propri della psicologia. Rabin dice questo, ce la possiamo fare c’è un
elemento di continuità, utilizzare strumenti teorici ed empirici dell’economia, ma la svolta metodologica è data dagli strumenti della
psicologia che veste e fornisce di realismo gli studi economici.
• “Ceteris paribus, the more realistic our assumptions about economic actors, the better our economics. Hence, economists should aspire to
make our assumptions about humans as psychologically realistic as possible” (Rabin, 2002): a parità di tutto il resto più si riesce a
costruire, adottare e dotarsi di ipotesi realistiche sugli attori economici (tutti), migliore sarà la scienza economica che si riuscirà ad
elaborare. Quindi gli economisti dovrebbero aspirare a rendere le ipotesi sugli esseri umani il più possibile realistiche in senso
psicologico.
• L’economia comportamentale mira a gettare luce su quella “scatola nera” (black box) che è il processo decisionale umano (human
decision-making), con particolare riferimento alle decisioni individuali di acquisto/consumo (nesso con la psicologia del consumo) e di
investimento (finanza comportamentale, si parla da tempo di questo, si pensi alla financial behaviour, sottoinsieme della vasta disciplina
bheaviour consumers); la novità metodologica è anche quella di osservare i processi decisionali (acquisto consumo, investimento) e
quindi in maniera inevitabile, quasi fisiologica, si dialoga con altre discipline.
• “Nell’era dell’informazione tendenzialmente illimitata, l’essere umano è spesso spaesato, in quanto la sua capacità cognitiva non è affatto illimitata” (punto
chiave sul quale non riflettiamo mai a sufficienza: si consideri che ad oggi ogni smartphone dispone di innumerveoli tecnologie e funzioni non utilizzate e
conosciute proprio a causa del limite della nostra capacità), (H. Simon). Simon non è esponente della economia comportamentale ma
certamente è padre fondatore, pro cursore degli anteseniani. Una sua intuizione fortissima negli anni 60-70 secondo lo studioso
dobbiamo considerare il fatto che sebbene sia vero che oggi, nell’era dell’informazione tendenzialmente illimitata, si dispone sempre
più di maggiori informazioni, (questa tendenza la si osservava già a suo tempo), è importante considerare che la capacità cognitiva
dell’essere umano non è assolutamente illimitata.
• Il poeta T.S. Eliot ci ricorda l’importanza della presa di decisione nella nostra vita quotidiana: l’economia comportamentale ha molto
a che vedere con il decison-making e grazie ad Eliot si riesce ad entrare meglio nell’argomento:
“Ogni momento è decisivo come un altro. Solo quando ci voltiamo a guardare il passato noi facciamo una scelta e decidiamo che il momento fu quello. Ma il
momento cruciale è sempre qui e ora. Anche adesso.”
Questa riflessione rende l’idea di come nella nostra vita prendiamo decisioni constatemene. Possiamo vedere le nostre giornate come
un flusso di decisioni che assumiamo, chiaramente ognuna con una portata in termini di importanza differente. Riguardo alcune di
queste decisioni, non siamo neanche consapevoli esattamente di adottarle e ciò ci fa comprendere come il livello delle decisioni sia
molto importante e rispetto al quale diventa davvero rilevante capire cosa vi è alla base delle stesse e quali sono gli elementi che le
guidano. Come già annunciato uno spazio è occupato dalla coscienza della decisone stessa.
L’economia comportamentale studia il ruolo di razionalità, emozioni e valori all’interno dei processi decisionali individuali.
Riflessione importante degli ultimi 10 anni in merito a questo è stata espressa dall’israeliano psicologo Daniel Kahneman:
2.1) I Nobel dell’Economia Comportamentale
-The Nobel Committee said: “Kahneman had integrated “insights from psychological research into economic science, ... thereby laying the foundation for a
new field of research” by demonstrating “how human decisions may systematically depart from those predicted by standard economic theory”:
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Il comitato dell’Accademia Reale di Svezia che ha assegnato il Nobel a Kahneman affermò che il premio gli fu riconosciuto
soprattutto per la capacità di integrare le sue scoperte attinenti alla psicologia con la scienza economica. In questo modo, ha gettato le
basi per l’edificazione di un nuovo campo di ricerca. Dimostrando inoltre, come le decisioni umane possano allontanarsi
sistematicamente da quanto predetto dalla teoria economia tradizionale, classica, standard. Quindi, trattasi di elemento fondamentale il
focus è: come le decisioni umane e il loro distanziarsi, essere divergenti rispetto a quanto predetto dalla teoria economica neoclassica, in
maniera sistematica, apportate all’economia comportamentale per tutta la teoria economica, al mean stream, entrare nel core della scienza
economica e il fatto che quest’approccio abbia ottenuto dei Nobel è dimostrazione chiara della centralità dell’approccio bheaviour
nella scienza economica.
“Inside Out” film in parte criticato che mette in risalto il ruolo delle così dette 5 emozioni primarie e come queste spesso hanno, anche
in modo inconsapevole, la capacità di influenzare le nostre decisioni.
Altro premio Nobel nell’ambito dell’economia comportamentale è del 2017, assegnato a Richard H. Thaler: -The Royal Swedish
Academy of Sciences has decided to award the Nobel Prize 2017 to Richard H. Thaler "for his contributions to behavioural economics”
-Richard H. Thaler “has incorporated psychologically realistic assumptions into analyses of economic decision-making.By exploring the consequences of
limited rationality, social preferences, and lack of self-control, he has shown how these human traits systematically affect individual decisions as well as market
outcomes” ->
L’ idea è che anche Thaler ha contribuito in maniera decisiva allo sviluppo di questo approccio comportamentale grazie all’inclusione
di ipotesi di tipo psicologico dentro una analisi economica in senso stretto, occupandosi principalmente di razionalità limitata,
preferenze sociali e perdita dell’autocontrollo.
4
2. Non buttare per molto tempo dei vestiti che abbiamo nell’armadio ma non usiamo da tanto tempo (o addirittura non abbiamo mai
utilizzato).Si tratta con il senno di poi di un atteggiamento non del tutto razionale se poi quei vestiti non sono mai stati utilizzati. Si tratta di scelte
economiche con implicazioni economiche, motivate probabilmente da un qualcosa di fondo che implica la partecipazione della psicologia, perché hanno a che
vedere con la nostra razionalità.
Le aziende for-profit (lato dell’offerta) sono interessate a comprendere la logica decisionale del consumatore, i criteri sottostanti.
Molto importante per le nostre tracce virtuali, impronte che lasciamo su internet, i nostri dati che come si sa pone dei problemi etici
anche in termini di privacy. Ci sono social che vivono di dati e pubblicità si tratta di modelli di business che si reggono su dimensioni
assenti nell’economia del passato. Tutto questo si lega, è importante capire come le persone scelgono anche nell’ottica di comprendere
perché le aziende facciano certe scelte, piuttosto che altre, perché vendono on-line ecc..
⚫ Ambito di ricerca fortemente interdisciplinare perché nasce e si sviluppa anche storicamente, grazie ad un dialogo forte e
sistematico con varie discipline:
1. Psicologia;
2. Sociologia: nell’ottica di evidenziare differenze culturali;
3. Neuroscienze: non a caso si è sviluppata la neuroeconomics che nasce tra la saldatura tra neuroscienza ed economia-> “Neuroeconomia”;
4. Antropologia Culturale;
5. Diritto: analisi economica del diritto effettuata in chiave comportamentale, non a caso si parla di behaviour law an economics;
Quindi dalle le interazioni tra economia e le discipline sopracitate ne derivano delle implicazioni:
a. Nascita di sotto-discipline, (a causa dell’implicazione dei concetti della razionalità) come: Finanza Comportamentale; Economia
Industriale Comportamentale; Analisi Economica del Diritto;
b. Importanti implicazioni a vari livelli (e.g. decisore pubblico-> decisioni che riguardano la collettività) e, in particolare, per il
marketing, diventa razionale per un’azienda tenere conto di come i consumatori effettuano decisioni e come reagire a questo.
•Mellon
Center for Behavioral Decision Research, Carnegie
University (Pittsburgh) l University of East Anglia (Norwich) l University of Nottingham l University of Berkeley l Harvard
University l New York University l University of Zurich
Oltre la dimensione accademica:
➢ Politiche pubbliche che si basano sull’economia comportamentale in US e UK (con Obama e Cameron che hanno investito
molto in economia comportamentale a livello concreto, creando degli staff delle unità, in alcuni casi dipendenti, in altri trattasi di entità
autonome dal governo, che si avvalgono di contributi di ricercatori accademici ma che agiscono nell’ottica di attuare politiche
pubbliche basate sul Nudging): Behavioral Insights Units.
➢ Libri sul tema che hanno avuto una vasta eco a livello mediatico: Prevedibilmente Irrazionale di Ariely; Nudge. La Spinta Gentile
di Sunstein e Thaler; Misbehaving: the Making of Behavioral Economics di Thaler. Testi che hanno avuto grande risonanza mediatica.
⚫ L’economia comportamentale si avvale di un metodo di analisi induttivo che consta di 2 fasi, ovvero
Fase 1: prende le mosse dai risultati più robusti messi a disposizione dall’evidenza empirica e, in particolare, sperimentale e (partire
dai dati, dalla evidenza empirica); non c’è solo l’economia sperimentale come base. Elemento di rottura rispetto all’approccio
neoclassico, consta proprio nel partire dalla raccolta dei dati piuttosto che dalle evidenze teoriche.
Fase 2: successivamente cerca di incorporare le principali caratteristiche comportamentali osservate nell’analisi teorica, nella frame-
work.
⇒ vi è quindi un effetto di feedback dell’economia sperimentale più in generale dell’evidenza empirica sull’elaborazione teorica.
In questo modo partendo da ciò che i dati mi suggeriscono, li incorporo alla mia teoria e solo a quel punto dovrebbe essere molto più
fondata sul realismo e avere più potere previsionale ed esplicativo date le regolarità osservate.
-Fase 1: Evidenza empirica: Raccolta, accumulazione su cui poi costruire la mia teoria
A) I primi studi, anni fa, si basavano sulle risposte di determinati soggetti a scelte ipotetiche (p. 8). Venivano posti scenari, quesiti e
si chiedeva alle persone di dar risposta tramite questionario per esempio
5
B) Negli ultimi decenni: ricorso all’Economia Sperimentale, ovvero sia nel senso di ricordo ad esperimenti di laboratorio ed
esperimenti sul campo (p. 8.) che cosa si intende per economia sperimentale che è uno strumento Principe, chiave di cui si
avvalgono gli economisti comportamentali?
C) Per capire il motivo del ricorso sistematico all’approccio sperimentale, viene in aiuto questa affermazione del famoso creativo e
pubblicitario britannico David Ogilvy, il quale evidenziò la difficoltà dell’uso di uno strumento come il QUESTIONARIO,
L’INTERVISTA, IL FOCUS GROUP disse: «Il problema delle ricerche di marketing è che le persone non si rendono conto delle proprie
emozioni, non dicono quello che pensano e non fanno quello che dicono» (citato in Saletti A., Neuromarketing e Scienze Cognitive). Una frase
molto forte: spesso come esseri umani non ci rendiamo conto di come le emozioni influenzino le nostre scelte, non diciamo
quello che pensiamo e non facciamo quello che vogliamo. Ciò implica che gli strumenti di ricerca sopracitati non sempre
forniscono dati veritieri, in quanto giocano una serie elementi capaci di influenzare lo svolgimento del “test”. Vi è un principio
infatti secondo il quale quando una persona svolge un’intervista, o risponde ad un questionario, tende a voler fare bella figura
nei confronti dell’intervistatore o di chi ha somministrato il questionario, per cui inconsciamente si tende a voler dare
un’immagine di sè migliore di quanto non dica la realtà stessa -> questo distorce la realtà, costituisce un BIAS, un elemento
distorsivo. Di tutto questo occorre tener conto. Pro e contro di ogni strumento. Chiaramente pone un problema per un
ricercatore: se ci sono dei meccanismi inconsci, riesco con il questionario a captare? No!
Lezione 3 17/03/2020
(2.5) Tipologie di esperimenti
-Esperimenti di Laboratorio (Laboratory Experiments) e Esperimenti sul Campo (Field Experiments)
-Negli Esperimenti sul Campo, sono una via di mezzo tra l’esperimento di laboratorio e il lavoro empirico condotto sul campo con
altri strumenti. Trattasi comunque di un esperimento condotto però al di fuori del Lab. -> “i ricercatori assegnano casualmente i
soggetti al gruppo di test e al gruppo di controllo, e poi cercano di osservare se il comportamento degli individui nei due gruppi
differisce in qualche modo” (come chiarisce Angner p. 8). Tipicamente interesse è osservare l’andamento di una determinata variabile
assente nel gruppo di controllo e presente nel gruppo trattato (test) per verificare come gli individui si sono comportati in questa
condizione. Controllo: non vi è alcun
Vantaggio: controllare e guardare comportamenti a scelte effettivi di soggetti ad un contesto NATURALE e non artificiale. Per cui vi
è una maggiore attendibilità dei feedback.
Trade-off tra le due metodologie che all’interno della ricerca empirica a livello internazionale, stanno assumendo sempre più
importanza.
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(2.7) Che cos’è la Neuroeconomia?
Anche qui nel termine si trova la chiave di traduzione, è stato coniato negli ultimi anni che nasce dalla fusione tra neuroscienza ed
economia.
⚫ Utilizzo in economia di risultati e metodi propri delle neuroscienze, (es. fMRI e TMS) al fine di capire come quella ‘scatola
nera’ – black box- che è il cervello umano prende decisioni in vari contesti socio-economici (inclusi contesti di interazione strategica) –
p. 9 L’idea è stata l’intuizione in seno all’economia comportamentale perché nasce al suo interno: perché non unire le forze con i neuro
scienziati? Le neuroscienze mettono a disposizione strumenti e risultati davvero importanti per spiegare cosa avviene nel cervello umano
per spiegare il perché di certe decisioni, azioni, comportamenti. L’idea di fondo è stata quella di capire che cosa avviene a livello celebrare
quando le persone compiono decisioni economicamente rilevanti. Cioè quando ad esempio, scelgono di comprare un prodotto, o un
bene piuttosto che un altro. Cosa succede come reazione quando vedono il prezzo di un prodotto o ancora, quando vedono il fattore
prezzo associato al prodotto rispetto a quando quel prodotto non ha prezzo. Si tratta di esempi attinenti ad esperimenti svolti soprattutto
in ambito alimentare.
Quindi focus è stato quello di adoperare strumenti/studi delle neuroscienze come la Risonanza magnetica funzionale, o la stimolazione
magnetica trans cranica per capire cosa sta avvenendo nei momenti di scelta, in quelli antecedenti ed immediatamente successivi.
⚫ Focus: aspetti fisiologici e variabili somatiche che influiscono sulla presa di decisione (decision making) e sulla gratificazione.
Perché ci sono circuiti neuronali legati all’area celebrare della ricompensa e come si vedrà in seguito, sono aspetti associati anche al
classico concetto economico di utilità: l’idea è che cerebralmente posso misurare quanta utilità sta derivando da quella scelta.
⚫ La chiave per spiegare il comportamento umano viene identificata nei corrispondenti processi neuronali e fisiologici
(Camerer et al., 2005)
⚫ Spesso affidarsi a questionari o creare ‘focus groups’ non è sufficiente e ogni anno si assiste a numerosi ‘fallimenti del
marketing’ (marketing failures). La ragione di ciò spesso risiede nella natura in buona misura inconscia di molti processi decisionali dei
consumatori. Se io come consumatore anche quando voglio essere sincero, se non sono pienamente consapevole di ciò che mi guida, dei
dirvers alla base delle mie scelte, come posso comunicarli attraverso la tecnica del questionario se è quello il modo in cui viene
“interrogato”? E’ chiaro che il metodo da questo punto di vista ha dei limiti, legati appunto indirettamente all’ importanza che ha la
dimensione inconscia della consapevolezza alla base delle nostre scelte. Con le neuroscienze si cerca di sopperire questo problema perché
si indaga sul cervello umano, sulle aree sollecitate a prescindere dalla risposta che poi viene effettivamente data dall’individuo, perché
appunto la tecnica osserva in maniera diretta cosa avviene a livello celebrare. l’Obiettivo: spiegare le decisioni di acquisto
(‘neuroshopping’).
⚫ Problemi: ampio dibattito sui risvolti etici (manipolazione delle scelte, violazione della privacy); rischio di abbracciare una
visione riduzionistica dell’essere umano (ridotto a ciò che può essere analizzato in termini neuro scientifici).
->Ci sono sicuramente dei vantaggi legati a questa metodologia perché in qualche modo “bypassa” la veridicità, l ’attendibilità delle
dichiarazioni individuali per come è concepita. Ma allo stesso tempo ci sono problemi molto seri. Se le aziende investono molto in
neuroscienze, avvalendosi del supporto di agenzie specializzate, il rischio è che si arrivi ad una vera e propria manipolazione delle scelte e
che questo approccio, sia particolarmente invasivo tale da creare dubbi riguardo l’eticità della metodologia.
->Altro rischio è che si abbracci una visione riduzionistica degli individui: rischia cioè di essere ridotto a quello che può essere analizzato
in termini neuro. Che a quel punto l’essere umano venga riduzionisticamente (in termini antropologici ed etici) identificato con le proprie
reazioni celebrali. Qualcuno ha parlato di “neuromania”: il voler spiegare tutto attraverso questa disciplina.
(2.8) Metodologia
dell’Economia Comportamentale
Da un punto di vista empirico quindi, è possibile affermare che globalmente la metodologia behavioural si avvale di tre strumenti:
1.Esperimenti di Laboratorio (laboratory experiments)
2. Esperimenti sul Campo (field experiments)
3.Neuroeconomia (neuroeconomics)
->Guardando questi come COMPLEMENTARI gli uni rispetto agli altri. Ognuno presenta limiti, opposizioni, vantaggi e svantaggi. Per questo è importante
vederli come complementi e non come sostituti.
“L’uso di più metodi per generare evidenza solleva alcuni interessanti problemi metodologici. Ciò è particolarmente vero quando
l’evidenza empirica che deriva da diverse tecniche d’analisi punta in direzioni diverse. A volte, tuttavia, questa evidenza va nella stessa
direzione e produce risultati identici e, quando ciò accade, gli economisti comportamentali hanno più fiducia nelle loro conclusioni” (p.
9)
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“Razionalità Olimpica? Siamo più simili a Spock o a Charlie Brown?”
• Il protagonista di gran parte dei modelli economici che hanno fallito in questi anni è Spock, il vulcaniano dalle orecchie a
punta di Star Trek, un calcolatore infallibile capace di computare costi e benefici di ogni decisione. Ma quante persone ultra razionali e
impermeabili alle emozioni conoscete sul pianeta Terra?” In questa prima riflessione c’è il tema delle emozioni e della razionalità
limitata.
Sempre Motterlini insieme a Guala, cerca di dar risposta ad una serie di quesiti per approcciarsi al discorso della Razionalità Limitata:
• “Gli esseri umani non sono razionali, allora perché le teorie finanziarie assumono che lo siano?” (“Crazy Money”, Science, 12 dicembre
2008)
• Perché così tante persone negli Stati Uniti hanno acceso mutui che non sarebbero state in grado di pagare? Riferimenti ai fenomeni alla
base della bolla economica che ci fù nel 2007/08 in USA e poi in tutto il mondo.
• Perché le migliori menti di Wall Street hanno continuato a ignorare gli avvertimenti circa la bolla immobiliare?
Motterlini e Guala, Introduzione al libro “Mente, Mercati, Decisioni”
3.1Razionalità Limitata
Quelli esposti, sono quesiti importanti che invitano a ragionare sul tema della razionalità umana anche in economia e finanza: è evidente
che spesso le persone non riesco nei fatti ad essere razionali come dovrebbero e come vorrebbero. Tutto questo va compreso, Il punto
chiave è come evidenziato da Dan Ariely è che:
• Gli esseri umani sono “prevedibilmente irrazionali” (predictably irrational, Dan Ariely) in quanto commettono errori
sistematici nella percezione/giudizio e nelle scelte presa di decisione.
-> Ariely sostiene che ci sono forti deviazione della razionalità olimpica a cui assistiamo in tanti contesti nelle scelte economiche e
finanziarie. Queste deviazioni ritiene lo studioso, non sono episodiche ma sistematiche e questo rende gli individui prevedibilmente
irrazionali. C’è quindi una sorta di regolarità nel nostro agire in modo non razionale. Ci sono appunto delle distorsioni molti forti che ci
confondono sia nella fase valutativa che nel decision making, ossia nella presa di decisioni.
→Bias(distorsioni) valutativi e decisionali
Sono stati ampliamente documentati negli ultimi 20-25 anni dalla ricerca empirica, grazie all’economia comportamentale disponiamo
quindi oggi di una evidenza empirica robusta, soprattutto per convergenza di strumenti diversi che hanno permesso di giungere a delle
conclusioni (metodologie dell’economia comportamentale). Queste bias sono proprio driver delle nostre scelte, fattori di condizionamento
che inconsciamente ci guidano nelle decisioni che assumiamo. Sono estremamente rilevanti perché ci portano a fare una determinata scelta
piuttosto che un'altra. Il fatto che affondino radice nella nostra psiche fa sì che siano facilmente individuabili e prevedibili. Studiando la
materia si potrebbe imparare a conoscere meglio la nostra psicologia quando assumiamo determinati atteggiamenti.
Altri Esempi
• I tassisti di New York (p. 45)
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• Meglio lavarsi la biancheria/stirare da soli o farlo fare a qualcuno a pagamento? Questione in termini di costo opportunità.
• Scelte pubbliche/riforme politiche.
• Campagne pubblicitarie.
(3 )2. Fallacia dei Costi Irrecuperabili (cap.3 Decision Making in condizioni di certezza)
La spiegazione psicologica più accreditata, spesso, ha a che vedere con il concetto di waste adversion.
Il punto di fondo è che spesso sosteniamo dei costi che sono per così dire irrecuperabili, “affondati”: che ormai abbiamo sostenuto e
quindi tecnicamente definibili “sunk cost”, irrecuperabili in senso stretto. Sebbene siano questi irrecuperabili, l’essere umano è nei loro
riguardi, sensibile: perché soggettivamente siamo avversi allo spreco, dal punto di vista psicologico.
La fallacia dunque è un ulteriore Bias riconducibile alla dimensione dei costi individuali.
Se un costo è già stato sostenuto, è ragionevole affermare che non ci si dovrebbe far condizionare da questo nella valutazione sul da
farsi. Ad esempio, nel nostro Paese, c’è stato un dibattito pubblico molto importante riguardante la TAV: il realizzare o meno treni ad
alta velocità sulla linea Torinoo-Lyon, creando così notevoli danni ambientali. Allo stesso tempo, questa linea ferroviaria fornirebbe
grandi vantaggi in termini di collegamenti europei, si tratta di argomenti portati avanti da chi era a favore della realizzazione dell’opera.
È rilevante perché quel dibattito ha entrato il tema dei sunk cost: uno degli argomenti utilizzati da parte di chi difendeva la bontà
dell’opera, era proprio quello dell’investimento. Si era già ad uno stato di quasi completamento, erano stati investiti tanti capitali, fatti i
lavori. Per cui chi ne era a favore, considerava quei costi, quei lavori in fase di avanzamento, quale elemento “incentivante” il
completamento della stessa. Di per sè trattasi di un atteggiamento irrazionale, in quanto la spesa, gli investimenti sono già stati
sostenuti. È per tanto, un elemento che non dovrebbe essere considerato nella valutazione del da farsi da qui in avanti, rappresentando
una spesa che è già stata sostenuta. Non ci si dovrebbe far influenzare da questo aspetto.
• Spiegazione psicologica più accreditata della fallacia del costo irrecuperabile (Arkes e Blumer, 1985): waste aversion (‘aversione allo
spreco’)
• Spesso anche i politici o le imprese usano questo tipo di argomenti per convincere l’opinione pubblica e procedere nella realizzazione
di un’opera pubblica già iniziata.
• La “Fallacia dei Costi Irrecuperabili” è nota anche come “Fallacia del Concorde” (p. 49)
Esempi di Fallacia dei Costi Irrecuperabili:
• Il ripostiglio di casa è spesso pieno di cose che non vengono usate ma che sembra anti-economico buttare via. Nel prendere tali
decisioni, dovremmo considerare i costi sommersi, in riferimento a vecchie attrezzature sportive, libri vecchi mai letti, CD musicali mai
ascoltati o film DVD che sappiamo che non rivedremo più in futuro. Abbiamo dimostrato di non utilizzare mai quel bene è evidente
che dovremmo privarcene in qualche modo e usare quello spazio alternativamente. Non è razionale conservarli.
• Abitudini di lettura; Frigorifero; Selezione per un corso di laurea (p. 50).
• Il caso F-35. Il Dipartimento della Difesa Americano (DOD): “Il DOD è così coinvolto nel progetto F-35, sia in termini di tecnologie
sia di costi (400 miliardi di dollari per 2400 aerei) che non ha altra scelta se non di continuare a credere nel programma” (p. 51).
-> Questo argomento è di per sé viziato dal bias dei costi irrecuperabili, fallacia dei costi irrecuperabili. Non tiene conto della natura
sommersa, irrecuperabile di quel tipo di costi
• Come vendere pneumatici se si ha studiato l’economia comportamentale (pp. 52-53)
Altro Esempio: Treni ad alta velocità. Linea Los Angeles-San Francisco, 2011. Richard White, docente di storia a Stanford dichiarò:
“Quello che sperano i fautori di quest’opera è che per la ferrovia essa rappresenterà quel che il Vietnam è stato per la politica estera: un
qualcosa per cui, una volta dentro, non puoi più uscire” (p. 53). Anche qui l’argomento è lo stesso.
I primi due bias riguardano quindi il decision making in situa di certezza: la sottovalutazione del costo opportunità e il sunk cost bias.
Lezione 4 19/03/2020
Quesito “Il concerto” relativo al caso Benji e Fede.
I cantanti Benji & Fede presto non canteranno più insieme, perché hanno deciso di sciogliersi. Supponete di aver acquistato per 100 euro un biglietto per
un concerto di Benji. Parecchie settimane dopo acquistate per 50 euro un biglietto per un concerto di Fede. Ritenete che il concerto di Fede sarà più bello del
concerto di Benji. Mentre mettete il biglietto che avete appena comprato nel portafoglio vi accorgete che i due biglietti sono per lo stesso giorno!
E’ troppo tardi per vendere uno dei due biglietti o farvi rimborsare e non potete regalare il biglietto in quanto si tratta di un biglietto nominativo: dovete
utilizzare o l’uno o l’altro.
Quale biglietto utilizzate?
La minoranza, poco meno di 1/3 si è orientato su Benji. Ricordiamo che siamo nell’ambito del capitolo 3 sul decison-making in
condizioni di certezza.
In questo caso il decision-making è individuale, c’è un problema di allocazione per così dire “del tempo” per quella serata.
Il punto chiave è che la scelta razionale, fatte tutte le ipotesi (considerando inoltre che, nel quesito, viene detto che l’individuo sa di
preferire fede a benji. Cioè le preferenze individuali sono già espresse), ricadrebbe su FEDE. Infatti il 75% circa degli intervistati si è
orientata in questo modo.
Ma il quesito nasconde un BIAS. Fondamentalmente, la trappola cognitiva in cui è caduto quasi il 30% è il BIAS del sunk cost, o
fallacia dei costi irrecuperabili: fondamentalmente i costi che si sono sostenuti per acquistare i biglietti dei due concerti –bisogna
ragionare in modo congiunto- sono irrecuperabili, sono già stati sostenuti. Questa situazione è spiacevole, chiaramente. Siccome si deve
fare una scelta però è importante che questa sia il più razionale possibile. Ma ci domandiamo: “l’economia comportamentale non si basa sui
concetti di razionalità limitata?” Certo, ma questo in un’ottica positiva-descrittiva cioè guardando a come, noi esseri umani scegliamo e ci comportiamo, dando
appunto prova di razionalità limitata, ossia non piena. Però l’ideale normativo della razionalità piena, perfetta, olimpica, resta. Tutti vorremmo liberarci dei
BIAS ed essere meno vittime delle nostre fallacee. È chiaro che in questo senso l’economia comportamentale può aiutare, aiutare anche nel processo decisionale
al fine di rendere più razionali le scelte.
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I Bias che si stanno trattando sono fondati nelle nostre radici, non ci può essere una eliminazione totale dei BIAS, importante è gestirli
al meglio e contrastare la distorsione/tentazione che la distorsione farebbe valere. In questo caso, nel caso del quesito “Il concerto”
molti sono riusciti a scegliere razionalmente (<75%).
È bene dire che il fattore tempo collegato alla velocità di risposta, qui gioca un ruolo importante. Diversi risultati sicuramente si
sarebbero registrati, se il quesito fosse stato somministrato in aula, senza lasciare quindi tempo agli studenti di pensare in modo
razionale. Il fattore tempo, quindi, riveste un ruolo importante: se è poco, in genere, cresce il tasso di errore, il numero di coloro che si
fanno condizionare dal bias durante la scelta. Ha anche vedere con il modello dualistico della cognizione, sulla architettura della
cognizione.
Ma perché circa il 28% ha dichiarato di partecipare al concerto di Benji sebbene l’ipotesi fondamentale fosse la consapevolezza di
preferire fede? Perché fondamentalmente molte persone pensano “ho speso di più per il concerto di Benji, quindi preferisco andare al
suo concerto che mi è costato 100 anziché 50”. Chi ragiona in questo modo commette un errore cognitivo: SUNK COST BIAS o
FALLACIA DEI COSTI IRRECUPERABILI. Il ragionamento corretto è quello di chi conclude decidendo fede perché,
complessivamente sono stati spesi 150€ e sono irrecuperabili, un costo già sostenuto, affondato, per tanto, razionalmente non ci si
dovrebbe far guidare da quella somma di costi sostenuta o dal costo specifico associato ad un evento piuttosto che un altro. Ma si
dovrebbe adottare un atteggiamento “foward looking”: guardare al futuro, quindi posso scegliere, da cosa mi faccio guidare?
Le mie preferenze→partecipo al concerto di fede. Non si dovrebbe, razionalmente, preferire Benji solo perché il biglietto del suo
concerto è venuto a costare di più. Sono costi già sostenuti, entrambi e in quanto tali, irrecuperabili. Naturalmente, se i costi fossero
recuperabili, tipo rimborso, rivendita, è chiaro che lo scenario cambierebbe. È umano, psicologicamente plausibile che molte persone si facciano
condizionare dai costi sostenuti.
Una considerazione è che, conta la waiste adversion: la spiegazione psicologica più accreditata che ci può aiutare a comprendere
perché un numero, anche in questo caso, non trascurabile, si orienti verso una scelta condizionata dal costo sostenuto in passato,
(sunk). Aversione allo spreco: ci sembra di sprecare il nostro denaro se andassimo da fede e non benji. È una razionalizzazione ex-
post che ci fa capire come, umanamente non sia così sorprendete andare in quella direzione. Resta salvo il fatto che nel senso della
razionalità in senso stretto, staremmo commettendo un errore. Perché non saremmo foward looking e ci faremmo guidare dal passato e
non dal presente e futuro come dovremmo fare invece razionalmente nell’assumere decisioni che implicano anche l’allocazione del
nostro tempo.
(3) 3. Effetto esca: Decoy Effect (cap.3 Decision Making in condizioni di certezza)
Questa slide rappresenta una pubblicità reale, dell’autorevole giornale inglese Economist di qualche anno fa. Si tratta di una pubblicità
che, come scrisse Aryeli, “la prima volta che ho visto una pubblicità di questo tipo ho pensato ci fosse un errore, poi riflettendoci ho capito non si trattava
di un errore di chi la pubblicità l’aveva concepita”: riguardava le subscriptions all’economist, quindi agli abbonamenti, e alla possibilità.
Le opzioni di abbonamento presentate al lettore erano 3:
1. Abbonamento annuale esclusivamente online, dagli art. 97 in poi, per 59$;
2. Abbonamento annuale esclusivamente cartaceo, per 125$;
3. Abbonamento sia al cartaceo che al web, per 125$ (comprende l’abbonamento annuale che da accesso all’edizione cartacea e online
sempre dal 97 in avanti).
Quello che lascia perplessi, quando si osservano le 3 opzioni di questo tipo, è innanzi
tutto l’opzione 2: perché chiede 125 dollari per offrire esclusivamente l’abbonamento
cartaceo, ed è sorprendente se messo in relazione all’ opzione 3 che include il cartaceo
così come l’online per la stessa cifra. Per la stessa cifra sta offrendo di avere oltre che il
cartaceo anche il web, perché non si dovrebbe preferire la 3 alla 2? Come è stato chiarito,
dal punto di vista dell’offerta, ossia dell’Economist, quello che vuole realmente
“piazzare” “vendere” è la formula n*3.
Si potrebbe dire che il mio target come azienda è la print-web subscription, l’opzione “print only” è la così detta ESCA, il termine
chiave è proprio questo: effetto esca (Decoy Effect)→inserisco tra le mie opzioni un prodotto che in realtà non è esattamente il mio
target di vendita (paradossalmente si può dire, qualcosa che io voglia vendere) ma voglio usarlo come esca, utilizzare quella opzione
strumentalmente: le esce spesso contano. Hanno una capacità forte di influenzare le scelte e quindi rendere più probabile il piazzare il
proprio target e quindi avere più successo nel vendere il vero prodotto target. raggiungere quindi il vero obiettivo di vendere. È più
probabile rispetto alla situazione nella quale non vi fosse, non fosse messa a disposizione dell’utente quella esca stessa. In assenza di
esca riuscirei meno di vendere il mio target.
Non è così scontato, è spiegabile. Ma è qualcosa che dal punto di vista neoclassico delle scelte l’esca non dovrebbe avere un ruolo,
teoricamente. E quindi non dovrebbe influenzare le scelte di un individuo.
Ma i dati dimostrano il contrario, ossia che la presenza dell’ultima opzione ha un ruolo. Viene definito anche effetto attrazione, si nota
come, in relazione al concetto di sunk cost bias, vediamo una chiara divaricazione nella predizione tra il comportamento che mi
aspetterei sulla base dell’approccio neoclassico e il comportamento che invece posso comprendere e commentare sulla base
dell’economia comportamentale. Nel senso che appunto, razionalmente dovremmo agire in un certo modo. In questo caso il BIAS è
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l’effetto esca, che sposta le scelte, di fatto influisce su di esse e questo è spiegabile in termini di economia comportamentale. Non è
invece spiegabile sulla base dell’approccio neoclassico che rivelerebbe una incapacità dell’esca di influenzare le scelte. Perché
abbracciando l’ipotesi di razionalità perfetta si dovrebbe “essere impermeabili” a questi bias.
Altro esempio, utile alla comprensione. Fatto grazie a studi effettuati in passato. Quando messo difronte alla scelta tra un buon tosta
pane per 20$ ed un tostapane con caratteristiche migliori per 30$→:
→Si è visto in passato come molti soggetti sperimentali optavano per il tostapane più economico. Quando le possibilità erano solo
l’opzione 1. (il menù prevede 20, 30 dollari)
→Successivamente nello stesso esperimento, quando veniva modificato il menù delle alternative aggiungendo un tostapane
marginalmente superiore, inserendo quest’ultimo nel set di scelte del soggetto sperimentale, e questa alternativa aveva un costo
associato di 50$, vi è uno switch delle persone verso il tostapane “di mezzo” da 30$. (il menù comprende: 20, 30, 50 dollari). Si è
verificato uno spostamento delle scelte verso il tostapane che in precedente era il migliore.
Questo switch, questo spostamento, viola l’assioma di indipendenza dalle alternative irrilevanti: se nel confronto io preferisco il
tostapane da 20, successivamente io stesso non dovrei modificare le mie scelte e quindi preferire quello da 30, solo perché nel set delle
alternative è stato inserito il tostapane da 50. Il tostapane da 50 dovrebbe essere un’alternativa da cui non mi farei condizionare, in
realtà il condizionamento c’è. Empiricamente viene dimostrato.
Tutto questo lo si può vedere nella figura in basso in termini grafici, confrontando la parte A con la parte B della figura.
-Grafico A in cui si vede la situazione decisionale prima dell’introduzione dell’esca.
-Grafico B si osserva cosa accade quando l’esca viene introdotta.
Nelle figure sostanzialmente vengono rappresentate le preferenze del consumatore dell’utente potenziale, che vengono descritte, come
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offrire un prodotto esca, la cui presenza è funzionale ad orientare i consumatori verso il target in misura maggiore di quanto non accadrebbe in assenza di
esso.
Tutto questo presuppone un approccio da parte delle aziende al rapporto con il consumatore e quindi una visione che non è quella
neoclassica: se le imprese ragionassero in linea con i dettami dell’approccio neoclassico, che i consumatori sono pienamente razionali,
allora penserebbero anche che gli individui non si facciano condizionare dall’esca stessa, perché questa dovrebbe essere influente,
irrilevante, neutra come presenza. Per questa ragione allora, non dovrebbero “investire” per così dire anche nella comunicazione
pubblicitaria. Se invece si sceglie quella direzione è perché si ritiene, evidentemente, che una parte non trascurabile di consumatori sia
condizionabile dall’esca. In questo senso si tratta di strategie di marketing che tengono conto dei processi decisionali effettivi di quella
dimensione POSITIVA su cui l’economia comportamentale si concentra e fornisce un contributo rilevante come si sta osservando.
Per altro un ulteriore risultato interessante della letteratura è che sono sensibili all’effetto esca non soltanto le persone “comuni” o
“poco istruite”, in realtà:
• Anche specialisti come i medici sono sensibili all’Effetto Esca, oltre che ad altri bias cognitivi per altro: si è visto infatti che
anche i medici “cadono nel tranello” e scelgono l’opzione target più frequentemente se è presente l’opzione rappresentata
dall’esca. Quando invece non ci si dovrfebbe far condizionare.
• Esempio: quando devono scegliere tra due terapie (A e B) o tra tre terapie (A, B e C), la presenza di C può cambiare le loro
preferenze relativamente ad A vs B (dati relativi a scelta di cura per malattie come depressione e sinusite). L’esca non dovrebbe
modificare rispetto al target, la scelta. Si è notato in realtà come ci sia una “menù dependence”.
Questo risulta particolarmente rilevante se si considerano le conseguenze di questi effetti, in quanto ricadono direttamente sulla
salute delle persone. Quando è un medico a dover fare una scelta, per definizione c’è di mezzo la salute dei pazienti. È
naturalmente un elemento critico da considerare, si è visto che più in generale che, tanto gli specialisti come i medici, che le
persone competenti nel loro campo come i giudici, siano condizionati dai BIAS in quanto esseri umani. Come detto, sono radicati
nell’essere umano: la psicologia può prendere il sopravvento sulla razionalità pinea, ideale. L’effetto delle trappole cognitive c’è
anche con gli specialisti.
➔ A livello visivo, percettivo, siamo ingannati. Questi sono tutti esempi di “ruolo del contesto” (da un punto di vista visivo),
sono gli effetti framing: il contesto di presentazione, ovvero il modo di ‘incorniciare’ una situazione, influenza significativamente la percezione soggettiva
della situazione stessa (p. 63).
In un certo senso si può dire essere uno dei BIAS più importanti perché avendo valenza generale, si può dire essere alla base di tutti gli
altri bias. Lo traduciamo come “effetto cornice” o “effetto incrociamento”. Fattori di contesto che spesso ci influenzano pur
riguardando semplicemente il contesto stesso, il modo in cui viene incorniciata una situazione, questo influenza spesso anche in
maniera molto forte, la percezione inconscia che possiamo avere della situazione stessa.
Negli esempi in alto, si tratta di illusione ottica che riguardano la percezione a livello strettamente visivo, sono trappole ottiche. C’è in
ogni caso, qualcosa che ci distorce, ed è il contesto, che in questo caso sono rappresentati dagli elementi marginali nelle figure a
disorientare. Come si vedrà in seguito, cognitivamente avviene qualcosa di analogo. Così come esistono le trappole e le illusioni ottiche,
allo stesso modo vi sono trappole o illusioni cognitive, per cui molto spesso il contesto, cioè il framing, influenza molto nelle scelte
economiche di risparmio, di acquisto, di investimento. Il framing gioca un ruolo importante e ci condiziona significativamente nelle
nostre scelte. Incide in maniera potente sulle percezioni degli esseri umani e questo porta a delle implicazioni estremamente importanti
soprattutto per il marketing.
La forza degli effetti framing è alla base del successo di molte strategie di marketing che vertono sul come io presento un
prodotto e su che cosa intendo per prodotto.
Quali sono i confini: le esperienze nel suo complesso? Il bene associato al contesto che presento? O è soltanto il prodotto stesso?
Come sappiamo la risposta è la prima, ma qui troviamo un fondamento psicologico importante e tutto questo sarà poi collegato al
tema della architettura cognitiva del modello dualistico decisionale, sviluppato dagli economisti comportamentali che ha una grande
capacità esplicativa in molti contesti.
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E’ un modello generale che aiuta anche a collocare nella giusta cornice bias ulteriori che verranno analizzati in seguito, come i
PRESENT BIAS.
Lezione 5 24/03/2020
Quello delle illusioni ottiche è un punto essenziale perché ci interessa sul piano cognitivo, poiché le illusioni in quest’ultimo ambito
presentano analogie con le illusioni visive. In molti contesti reali tendiamo a farci influenzare da quello che è il contesto di presentazione, il framing.
Solo nel momento in cui abbiamo modo di ragionare con più calma e ponderazione ci rendiamo conto della situazione e riusciamo a fornire una risposta corretta
e razionale.
Perché si parla di Sistema 1 e Sistema 2? Perché come già anticipato sono due componenti alla base della così detta
“ARCHITTETTURA COGNITIVA (O DELLA COGNIZIONE)” elaborata dal premio Nobel Daniel Kahneman.
• Successivamente, se ragioniamo con più calma, ci rendiamo conto della situazione e riusciamo a dare la risposta giusta, razionale
(Sistema 2)
Il problema è che non sempre siamo nelle condizioni, per esempio per ragioni di tempo, di far prevalere alla base di una nostra scelta, il
sistema 2 al sistema 1.
Non è detto che questo avvenga, In generale non è detto che tra i due sistemi ci sia armonia. In diverse situazioni infatti, vi è conflitto.
Il sistema 1 ci porterebbe da una parte, il sistema 2 da un’altra, dando così origine a situazioni di conflitto intrapersonale: il conflitto si
sviluppa al nostro interno e a seconda del prevalere di uno o dell’altro sistema vi sarà una scelta differente. È come se dentro di noi convivessero due componenti
molto diverse tra di loro come un Homer Simpson e uno Spock.
Per aggiungere una caratteristica al sistema1, si può dire essere decisamente Automatico, non controllato, emotivo. Il ruolo delle
emozioni alla base delle nostre scelte quando queste hanno un ruolo importante ha a che vedere con il sistema 1. Il sistema 2 è
piuttosto riflessivo.
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Per fare un esempio, quando utilizziamo la nostra lingua madre inneschiamo il sistema 1: automatico, spontaneo, naturale. Se invece
decidessimo di imparare una nuova lingua, nel momento in cui si comincia a parlare si innesca il sistema 2 proprio perché
rappresentativo di quella parte non automatica, ma riflessiva basata sul pensiero, lo studio ecc., azionare quella leva.
Tutto questo ha alla base una teoria del sistema duale così detta “Dual System Therory”. Come è possibile osservare nello schema, ci
sono ulteriori caratteristiche che aiutano a chiarire la distinzione tra i due sistemi. È inoltre ben sviluppata nel testo del premio Nobel.
Quindi l’architettura cognitiva ponendoci su un piano normativo, positivo, così come fa l’economia comportamentale sul piano della
descrizione di come noi siamo fatti, ci suggerisce esattamente questo: vorremmo semmai normativamente essere un unicum fatto di
razionalità, di unitarietà, in realtà l’economia comportamentale lo smentisce, perché pensa che se vogliamo, descrittivamente, elaborare
una visione psicologicamente realistica di come gli esseri umani in carne ed ossa sono fatti, nelle loro percezioni, nelle loro prese di
decisioni, non possiamo che ricorrere al modello dualistico, ad un modello della cognizione basata sulla dualità del Sistema 1 e Sistema 2.
In questo modello c’è ovviamente spazio per la razionalità, ma allo stesso tempo c’è spazio per il Sistema 1.
Come descritto in precedenza c’è conflitto spesso tra i due sistemi, e in molti casi il BIAS di cui ci stiamo occupando hanno a che vedere
con il sistema 1. Ci porterebbero in errore, è compito del sistema 2 gestirli, correggerci, fare scelte non influenzate dal BIAS ma corrette.
Ci sono anche situazioni in cui tra i due sistemi vi è armonia: il sistema 1 in molte situazioni ci aiuta, e lo ha fatto anche evolutivamente.
Considerando la “paura”, è stato dimostrato da molti studiosi come l’avere paura abbia aiutato gli esseri umani in situazioni di pericolo, a
sopravvivere e quindi salvarsi. Perché questa fungendo da campanello d’allarme ha consentito di agire impulsivamente portando risvolti
positivi in molte circostanze. Come si vedrà in seguito, la PAURA si lega ad uno dei più fondamentali BIAS dell’economia
comportamentale: loss adversion.
Un altro esempio di rapporto armonico tra i sistemi e quindi assenza di conflitto, o quasi supporto, si ha quando si pensa a noi stessi quando
guidiamo: se ci domandassero se siamo in grado di rispettare le distanze di sicurezza durante la guida, ognuno di noi risponderebbe di
essere in grado di rispettare la distanza di sicurezza. Ma se ci chiedessero la formula che consente di calcolare la corretta distanza di
sicurezza, molti di noi non se la ricorderebbero, sebbene sia una formula pratica e semplice: bisogna tener conto della velocità di guida e
dividerla per 10 e moltiplicarla per 3, per ottenere la distanza da mantenere indicativamente tra veicoli. Nessuno di noi fa questo calcolo,
ma non significa che non stiamo rispettando la distanza di sicurezza e guidando con prudenza: vuol dire che stiamo usando il sistema 1,
cioè ci si affida all’esperienza, al buon senso.
Stiamo dunque mantenendo una distanza simile a quella che suggerirebbe il calcolo, pur senza far il calcolo stesso in maniera sistematica.
È anche un bene non fare il calcolo perché, per quanto semplice sia, implica un impiego di tempo e concentrazione che durante la guida
è bene rivolgere alla guida stessa. Quindi questo rappresenta un caso di armonia tra le due componenti base della cognizione secondo
appunto il modello centrale dell’economia comportamentale di Kahneman che stiamo analizzando. Questo è molto generale ma sono
numerosi e interessano molto i casi di conflitto.
I BIAS individuali tipicamente vengono associati al sistema 1 e ci porterebbero in errore rispetto alla razionalità associata invece al
sistema 2. Per entrare meglio in questa idea e capire cosa si intende quado si parla di conflitto tra i sistemi, è possibile analizzare un
quesito:
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Le risposte possibili sono 5€, o 10€. Se fossimo chiamati a rispondere a questo quiz in pochi secondi, molti direbbero 10€. Molti quando
vedono questo quesito per la prima volta e viene chiesto di rispondere rapidamente, quindi c’è time pression, tanti dicono 10€. Il punto
è che in realtà la risposta corretta è 5€ perché i due prezzi corretti sono 105 e 5. Se si somma 105 e 5 ottengo 110€. 105 e 5 sono i due
prezzi la cui differenza è 100€. Se si risponde 10€, non vengono soddisfatti entrambi i vincoli per così dire. È vero che 100€+10€ è 110€,
ma la differenza tra i due prezzi è 90€, non 100€, quindi non avrei soddisfatto il vincolo.