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Prefazione: Ordines è un libro non lineare che nasce con lo scopo di leggere la modernità con una
parabola più ampia rispetto a quanto descritto nei libri di storia. Propone una analisi dei
macroprocessi che hanno portato l'installarsi della società moderna in termini di ordo, attraverso i
momenti chiave in cui si propongono le tendenze fondamentali della modernità,fino a diventare
egemoni, ordines, dapprima in luoghi considerati marginali e poi arrivando al suo centro. Si è
cercato di seguire questi spostamenti a volte anche minimi, che hanno saputo ridisegnare lo
scenario sociale.È un tentativo di lavoro di cogliere i rapporti tra la sfera economica,politica e
religiosa, cercando di capire in che modo sono stati prodotti diverse configurazioni di ordini. Si è
cercato di analizzare gli spazi, intesi come quelli urbani ed in che modo tendano ad un ordine
sociale. Inoltre, si è cercato di analizzare il continuo variare del rapporto tra le dimensioni spaziali
e giuridiche dell'intervento di governo del mutamento sociale proponendo alcuni momenti
cruciali come il terremoto di Lisbona del 1755 e la prima guerra mondiale.
Introduzione:Sembra davvero aver consegnato al mondo una straordinaria profezia, Stanley
Kubrick con il suo “2001, Odissea nello spazio”, in cui sembra annodarsi il passato che si muove in
un universo dove la violenza è onnipresente e il suo infelice e geometrico destino.Destino che ha
portato l'uomo dall'utilizzo di semplici strumenti grezzi ad assumere sempre piu' il controllo del
mondo fino a poi essere dominato dagli stessi strumenti,sempre piu' sofisticati,sempre più fuori
dal controllo. In quella profetica pellicola, sarà un computer intelligentissimo a prendere
definitivamente in mano il controllo del destino dell’uomo che ha sempre meno a che fare con il
peso della fatica di prodursi cibo e guadagnarsi la giornata. Questo si immaginava Kubrick nel 1968
(anno del film e data simbolo del 900) per il 2001; il primo anno successivo ad una fatidica soglia:
il 2000.
Tale soglia sembrava così carica di venature millenaristiche, che avrebbe perfino rischiato di
arrestare le macchine intelligenti al servizio dell’uomo attraverso il temuto millenium bug (rischio
di confusione da parte dei sistemi informatici molto vecchi, fra le due cifre finali dei secoli 1900 e
2000; poiché il computer non avrebbe saputo distinguere le differenze tra i dati attribuiti alle due
epoche. In realtà gli effetti del trapasso del millennio sono stati del tutto nulli). Mentre,
contemporaneamente, si inaugurava il pellegrinaggio dei fedeli per il giubileo della Chiesa cattolica
a Roma. In realtà il 2001 si rivelerà ancora più profetico, in quanto l’11 settembre ci è stato un
traumatico risveglio dal sogno di un mondo finalmente libero: un attacco epocale (torri gemelle)
per opera dei fondamentalisti,che si richiamano ad un mondo che sembrava non dover più essere
preso in considerazione, se non con una brusca inversione dello sguardo verso il passato. Ed ecco
tornare i toni apocalittici, di una rovina incombente di questo mondo estremamente fragile,
insicuro, fondato su un unico dio: il denaro. Un dio, che celebra la sua liturgia, il consumo, ma che
non promette alcuna eterna salvezza, che non conosce trascendenza né radici, che è interessato
solo all’immediato e che non ammette rotonde realtà, ma solo veloci e rettilinee strade sempre
sgombre, percorribili e potenzialmente infinite.Questo tempo sembra ad un bivio: ora consegnato
ad una fosca profezia di un futuro da eterna Odissea in uno spazio infinito; ora consegnato ad un
futuro da eterna Iliade, non però da trionfante guerriero, ma da tremante abitatore della città
assediata. Nel percorso che qui si offre, come ipotesi euristica, si cerca di delineare lo sfondo
generale di quello che si configura come una vera e propria alienazione del mondo. Si è cercato di
ricostruire alcuni dei momenti cruciali della configurazione della gerarchia tra quelli che si
definiscono “ordines” nella modernità; cioè si è passati attraverso il momento storico degli status a
quello in cui hanno assunto un grande peso gli ordines novi, poi divenuti caratteristici della
modernità e perciò definiti ordines moderni. Nel medioevo, gli ordines hanno trovato il primo
momento di pieno riconoscimento: in quanto espliciti vettori di quel predominio dell’economia di
mercato, che troverà sempre più spazio nel contesto sociale, fino ad allora, dominato dalla nobiltà
(cavalleria e clero) portando a compimento la trasformazione della società nei termini di
Ciò che unisce queste relazioni economiche è un paradigma gestionale e non epistemico: si tratta
di una attività, che non è vincolata ad un sistema di norme, né costituisce una scienza, ma implica
decisioni e disposizioni che fanno fronte a problemi ogni volta specifici, che riguardano l’ordine
funzionale (taxis) delle diverse parti dell’oikos.
Di particolare interesse, per la storia semantica del termine oikonomia, è il significato di eccezione,
che esso acquisisce a partire dal sesto/settimo secolo, specialmente nell’ambito del diritto
canonico della Chiesa bizantina. Qui il significato teologico di misteriosa prassi divina, intrapresa
per la salvezza del genere umano, si fonde con i concetti di aequitas ed epieikeia, provenienti dal
diritto romano ed evolve a significare la dispensa dall’applicazione troppo rigida dei canoni.
Congiungendo queste due dimensioni, possiamo parlare pienamente di economia, con il suo luogo
privilegiato che è il mercato, inteso come spazio neutro, in cui non vige la rigidità della norma, ma
il “lasciar fare”, il “lasciar essere”. Avviene così la trasformazione in etica universale di quella di un
ceto particolare, secondo quel processo di ipertrofia valoriale che discende dal successo, in un
luogo specifico della società, di uno stile di vita, che diventa polo di riferimento per gli altri gruppi.
Comincia a complicarsi quella che era la convivenza della pluralità degli ordini, con il
miglioramento delle condizioni di vita dei mercanti, che diventa un potente fattore di attrazione. Si
assiste ad una progressiva alienazione del mondo, nel senso di un processo continuo, che porta
alla riproduzione sempre più estesa di luoghi dove sono sospese le distinzioni. Questo processo va
di pari passo con la nascita dei processi produttivi, che troverà piena realizzazione nella cosiddetta
rivoluzione industriale.
Dal punto di vista giuridico porterà alla creazione di quello spazio neutro e deserto, che risponde al
nome di società e che si presenterà sempre più chiaramente come luogo dell’economico: cioè
spazio puro di governo, in cui sarà sempre più predominante l’atteggiamento pragmatico e dove la
macchina giuridica troverà il laboratorio ideale dove sperimentare i regimi, che diverranno, poi,
quelli democratici (fondati sull’atomismo della volontà e la logica contrattuale).Si è scelto il
terremoto di Lisbona del 1755 come esempio, in quanto sembra il momento in cui davvero il
potere politico- ormai difficilmente distinguibile dall’economico - prova ad essere pienamente
autonomo di fronte alle forze in difficoltà dell’ancien regime (re, Gesuiti, nobiltà) sempre più
svuotate di valore e titoli. Lisbona rappresenta anche il primo esperimento su larga scala, in
Europa, di una ridefinizione ingegneristica degli spazi cittadini: a capo della ricostruzione ci sono,
soprattutto, ingegneri militari, questo fatto sembra quasi sancire l’unione tra i due estremi della
politica e della guerra.La tecnica diventa sovrana, con la consapevolezza che non c’è più da
pensare ad un fine ultimo; la tecnica è l’ideologia del ceto economico, divenuto vettore dominante
della modernità. Le città diventano sempre più gabbie di vetro, cioè trasparenti al governo
(illuminazione, numeri civici, quartieri eccetera). Gli individui si trasformano in unità. Crescono gli
spazi, aumentano i mercati, le città, la popolazione.Finita l’ideologia nazionale, con la fine delle
E che significa “immagine”? Mondo è qui la denominazione dell’ente nella sua totalità. Il termine
non equivale a “cosmo” o a “natura”. Del mondo fa parte anche la storia. Questa denominazione
abbraccia anche il fondamento del mondo. Col termine “immagine” si intende in primo luogo la
riproduzione di qualcosa. Di conseguenza, l’immagine del mondo sarebbe, per così dire, una
pittura dell’ente nel suo insieme. Ma “immagine del mondo” significa il mondo stesso, l’ente nella
sua totalità. “Immagine” non significa qui qualcosa come imitazione, ma ciò che è implicito
nell’espressione: avere un’idea fissa (fissarsi) di qualcosa. Il che significa: la cosa sta così come noi
la vediamo. Avere un’idea (immagine) fissa di qualcosa significa:porre innanzi a sé l’ente stesso,
così come viene a costituirsi per noi e mantenerlo costantemente, così come è stato posto.
Immagine del mondo, significa, quindi, non una raffigurazione del mondo, ma il mondo concepito
come immagine. Ed è proprio il costituirsi del mondo a immagine quello che caratterizza il Mondo
Moderno. Mentre nel Medioevo il mondo era il frutto dell’azione creatrice di Dio, causa prima e
suprema. Il modello euclideo è stato il veicolo fondamentale per la costruzione di quella “seconda
realtà” (realtà virtuale), che si impone sempre di più come l’unica. In effetti, vi è un luogo topico
della finzione e dell’inganno, che mette in scena il dubbio circa il confine tra realtà e finzione,
inganno e verità, ed è il teatro. A teatro, però, l’inganno è dichiarato e lo spettatore si trova in una
condizione in cui osserva le vicende e le intenzioni dei personaggi, compresi gli imbrogli e le
tresche. Il realismo della rappresentazione sta proprio nel presentare tutti e due gli aspetti. In un
modo in cui l’apparenza si è separata dalla realtà, la realtà della finzione si basa sulla trasparenza
dell’inganno. Prima dell’età elisabettiana infatti, il teatro non era un teatro di illusioni, ma ambiva
piuttosto a rappresentazioni che esaltassero la realtà, spesso a scapito del realismo, per cui per
“Per i nostri scopi un vettore è una forza emessa, come una freccia, da un centro di energia in
una particolare direzione. Quando un sistema è libero di distribuire la sua energia nello spazio,
invia i suoi vettori allo stesso modo in tutte le direzioni che lo circondano, come i raggi che
emanano da una sorgente di luce. Il risultante schema simmetrico a emissione solare è il
prototipo della composizione centrica. In natura la sua più perfetta incarnazione è nella forma
sferica di stelle e pianeti, ma si può anche ritrovare nei fiocchi di neve e nei radiolari
microscopici”. Spesso proprio la città diventa il luogo centrale da cui emana una particolare
energia. Soprattutto le città che hanno un rapporto privilegiato con il sacro. Le città e i luoghi
santi diventano i centri fondamentali intorno ai quali è possibile orientarsi nel mondo e si
cercano nuovi centri intorno a cui fondare città nuove. La strutturazione dello spazio urbano
discende da questa visione di effusione di una energia particolare, che reca in sé l’eredità di un
rapporto con un potere altro, di cui gode questo centro anche simbolico, in cui è possibile
riconoscere la presenza di una forza invisibile ma che struttura il visibile. Si puo' parlare così di
nodi, di annodamento delle varie dimensioni che strutturano il reale in questi luoghi, nodi che
poi possono diventare simboli di centralità di uno spazio più grande, dalla piazza all’interno
della città alla città stessa all’interno della nazione. Possiamo vedere come questa nozione di
centralità abbia giocato anche nello spostamento del luogo topico della cultura cristiana, dal
giardino dell’Eden a Gerusalemme, luogo investito di particolare valore sia dalla precedente
cultura ebraica, dal cui alveo si svilupperà il cristianesimo, sia della successiva cultura islamica
che riproporrà la pratica di appropriazione e ri-semantizzazione della città santa,andando così
a completare il quadro che vede Gerusalemme come ombelico sacro delle tre tradizioni
monoteistiche. C'è chi ha definito la città come energia trasformata in cultura,in questa
prospettiva alcune città possono essere considerate come generatrici di intere civiltà, cioè
sembrano condensare in un solo luogo la cultura ed i valori di una civiltà,al punto che il loro
nome diventa sinonimo di quella cultura. Città del genere sono concrete espressioni di un
certo ordine morale, riproduzione dell'ordine cosmologico in termini di spazialità terrena,
riduzioni di quell'ordine a dimensioni accessibili all'uomo tramite la presa di coscienza umana
della realtà. LA loro caratteristica principale consiste nell'idea cosmo magica e nel simbolismo
che suggeriscono un simbolismo di corrispondenza tra cielo e terra. In quest'ottica la
manifestazione urbanistica si presenta in stretta relazione con l'ordine morale al quale rimanda
quasi anello di congiunzione tra cielo e terra,figura della potenza e dell'ordine divini, canale di
comunicazione tra di quella potenza e di quell'ordine con l'umanità. Qui siamo nel cuore della
problematica dell’ordo, dell’ordine, che determina proprio il posizionamento regolato dal
gruppo di fronte all’occhio del capo, centro e fulcro della società, che chiama o richiama
all’ordine tutti i membri della società. E' fondamentale sottolineare che l'ambito piu'
importante del concetto di ordo con cui i latini traducevano il greo taxis, è quello militare, ma
Come significato originale di ordo, gli etimologi hanno indicato la serie dei fili dell’ordito sul telaio
(trama e ordito), analogo al verbo ordiri. Fin dai passi più antichi ordo significa una fila diritta e
regolare, una serie di cose o di persone che stanno l’una accanto all’altra: di olivi nell’oliveto, di viti
in una vigna, di tegole sul tetto;oppure di soldati disposti per la battaglia - questo uso di ordo è
attestato fin da Plauto ed è analogo al greco tàxis; si dice ordines instruere, o ordines turbare,
solvere, o ordine egredi, o, per contro, ordines servare, conservare le linee assegnare, etc. Ma fin
da Lucrezio ordo è usato anche per le strutture o disposizioni, per esempio, la disposizione delle
particelle elementari di una materia, oppure le parti del corpo umano, oppure delle costellazioni.
In oltre, ordo indica una regolare successione temporale (di avvenimenti o di cariche ricoperte); o
ancora la retta successione delle singole parti di un discorso, delle parole nella proposizione e delle
proposizioni del periodo, ma anche della consequenzialità logica. Da Cicerone verrà utilizzato tale
termine anche per tradurre il termine platonico di tàxis, giungendo così a riproporre la
contrapposizione ordine/caos nei termini di ordine/disordine.Fin da Cicerone l'uso di ordo come
una concezione generale di uno stato ordinato delle cose che si oppone al disordine ed alla
confusione. Questo vale soprattutto per l'ordine divino nella natura e nel cosmo: Platone usava la
parola Taxis ,Cicerone traducendo il timeo platonico: Dio ha ricondotto l'ordine in cio' che era
disordinato.Cicerone ha coniato la parola inordinatum. Questa concezione astratta di ordo si trova,
dopo Cicerone, non solamente nel campo della natura e del cosmo, ma anche nell’organizzazione
e disciplina militare, nelle scienze, o nell’istituzione ed amministrazione di una fattoria. In
particolari contesti, al significato più generale di ordo si aggiungono sfumature semantiche, che ne
ampliano il concetto: l’aspetto del giusto, dell’equo, del dovuto o legale; soprattutto nell’ambito
religioso, tanto pagàno quanto, più tardi, cristiano; dove con ordo si indica il processo ritualmente
corretto di un’azione sacra; oppure nel linguaggio giuridico, dove la formula recte atque ordine o
ex ordine significa la legittimità di un’azione e la formula extra ordinem, l’illegalità. Accanto a
questi significati se ne viene a sviluppare un altro, che è quello fondamentale ai fini del nostro
discorso, quello di ordo come metodo, come principio, che prescrive o genera una struttura
ordinata. Questa accezione, anche essa già presente in Cicerone si trova, soprattutto, nel
linguaggio giuridico (ordo come prescrizione della legge o come volontà testamentaria) e nella
letteratura cristiana, in cui si sviluppano da una parte il significato “comando” (ordo Dei), dall’altra
parte il significato “regola” o “programma”, spesso nelle rubriche delle regole liturgiche o
monastiche (ordo monasterii). Di fronte a questo gruppo semantico, un gruppo di passi, dall’epoca
arcaica fino alla tarda latinità, dei quali troviamo un uso di ordo senz’altro conosciuto, per esempio
ordo senatorius, ordo equester, o semplicemente ordines, le classi (sociali o politiche) dello stato
romano. Qui ordo significa, non solo gli appartenenti ad una classe, ma anche, in senso astratto, la
posizione, il rango occupato da una persona nella scala sociale o anche nella gerarchia militare. I
cristiani adottano questo uso in riguardo alla loro società; gli ordines ecclesiastici sono cinque:
episcopi,presbyteri, diaconi, fideles, cathecumeni. Come spiegare questo uso? Non esiste una
risposta chiara, ma proviamo a fare un’ipotesi: il significato di gruppo, classe, collegio sembra
risalire più o meno alla distribuzione e collocazione sul campo Marzio del popolo romano nei giorni