Si ipotizzi che quanto detto sopra possa succedere con costi marginali costanti (i costi marginali in
questi settori di monopolio naturale sono irrisori), cioè che la domanda incrocia prima la curva dei
costi medi e poi la curva dei costi marginali: problemi di conciliare efficienza produttiva ed
efficienza allocativa!
Costi totali = costi fissi F + costi variabili (con costi marginali costanti)
c*Y
La curva dei costi medi AC ha una parte costante (c) e una parte (F/Y) che è decrescente al
crescere della quantità prodotta; quindi, > Y allora < F, e viceversa.
I costi fissi sostenuti si distribuiscono fra la quantità che viene prodotta: più si riesce a produrre,
più si riesce ad ammortizzare/distribuire i costi fissi, diminuendo in questo modo i costi medi (che
saranno comunque maggiori ai costi marginali).
Monopolio naturale in C:
RM=CMa, quando il monopolista naturale massimizza i profitti (perdita di benessere)
2
Monopolio naturale in B: P= CMe, al monopolista naturale viene permesso di ottenere
profitti nulli. Non è in perdita, ma B non è un ottimo allocativo
(perdita di benessere minore).
P= CMe; il Regolatore sceglie di permettere al monopolista
naturale (privato o pubblico) di coprire i costi ed avere profitto
nullo (non ci sono perdite come in A quindi per il monopolista è
sostenibile), ma B non è un ottimo allocativo (c’è una piccola
perdita di benessere; comunque, minore all’esito in C!).
Nessuna delle tre soluzioni è perfetta: una è troppo a vantaggio
del monopolista, una troppo contro il monopolista, l’ultima cerca
una via di mezzo.
In sintesi:
Il monopolio naturale è un esempio classico di fallimento del mercato.
Definizione: un’industria ha natura di monopolio naturale se un particolare bene o servizio è
prodotto al minimo costo quando è prodotto da una singola azienda
A prima vista le caratteristiche di un’industria che presenta condizioni di monopolio naturale sono
quelle di avere curva di costo medio e di costo marginale di lungo periodo decrescenti, che
denotano la presenza di economie di scala (rendimenti di scala crescenti).
Queste condizioni si realizzano quando gli investimenti fissi sono talmente elevati da non poter
essere saturati dalla domanda di mercato.
3
Questione economia di scala
Concetto “costo sub-additivo”: esistono le condizioni di monopolio naturale quando il C(q) è
inferiore alla somma di C(q1)+ C(q2)… Cioè quando il costo di produrre tutto da un’unica azienda
è inferiore al costo di produrre separatamente le parti (q prodotta da tante diverse aziende):
K
dato q i
q allora C q C q1 C q 2 .... C q n
i 1
Tre esempi
1
Esempio n. 1 - Sharkey (1982): C q1 , q2 q1 q2 q1q2 3
In questo caso: raddoppiando le quantità prodotte, i costi più che raddoppiano!!! Non ci sono
economie di scala.
8 è maggiore di 5,48 quindi ci sono economi di scopo perché produrre congiuntamente 4 costa
meno.
1. Non intervento
Se il potere monopolistico non è considerevole (esempio americano sono le televisioni via cavo),
una possibilità da considerare è quella non intervenire.
Possono essere tollerati dei gradi di inefficienza dei monopoli locali poiché il costo dell’intervento
sarebbe maggiore ai benefici.
2. Soluzioni ideali
A. Prezzi lineari
Alternativa 1: P=CM
Prezzo linearmente uguale al costo marginale, per cui la spesa per i consumatori sarebbe
proporzionale alla quantità acquistata:
5
Vantaggi:
0• efficienza allocativa
D
1• c’è una perdita perchè il prezzo è inferiore al costo medio:
perdita (area blu) quando prezzi=costi marginali
2• la perdita può teoricamente essere coperta con un P
Costi Medi
sussidio
Costi Marginali
finanziato con tassa lump-sum (non distorsiva) Q
Problemi
3• se la perdita è coperta da un sussidio, c’è un indebolimento degli incentivi al controllo dei
costi (la copertura della perdita non incentiva)
4• ci sono effetti redistributivi a svantaggio di chi non consuma il bene (i costi sono a carico
di tutti, i benefici vanno però solo a chi usufruisce del bene/servizio)
5• è politicamente difficile sussidiare un monopolio naturale se questo è in mani private
Alternativa 2: P = CMe
Se si ritiene importante la copertura dei costi, allora il prezzo deve essere uguale al costo medio
con conseguente perdita di benessere; problema di come distribuire i costi fissi.
Problemi:
2• nel caso che l’ammontare consumato sia molto dissimile tra consumatori, alcuni
potrebbero essere estromessi dal mercato (componente fissa uguale indipendente al consumo:
chi consuma molto non si lamenta, chi consuma poco non sarebbe d’accordo di pagare una quota
fissa per un consumo variabile minimo; problema perché servizi sono essenziali ma consumatori
potrebbero non riuscire a pagare)
3• per far fronte a questo problema è possibile ricorrere a tariffe discriminatorie, a meno che
non siano illegali
4• è necessario usare tariffe minime che non estromettono nessuno
6
2) Tariffa a molte parti
- tariffe declinanti (declining-block tariffs) che riflettono bene anche il fatto che il costo marginale è
declinante (economie di scala), per cui paga di meno chi più consuma
- la tariffa declinante può essere vista come un meccanismo di autoselezione dei consumatori: per
evitare il rischio di esclusione
3) Ramsey pricing
Recuperare la perdita del monopolista con la minima perdita di benessere dei consumatori (prezzi
inversamente proporzionali all’elasticità della domanda).
Copertura della perdita (costi fissi) con la minima perdita di benessere:
- Soluzione 1: P=AC
X: famiglie, Y: imprese
X
P P = 100 - Q
x x
Y P = 60 – 0.5Q
y y
C D J
36,13
3 C = 1800 + 20X + 20Y
H MC Profitto = Q P +Q P - 1800 - 20Q - 20Q
20
E F K x x y y x y
X=-0.25=(-1*(20/80)), Y=-0.5=(-2*(20/80))
P X
40
J
30
M
20 H MC
K
60 80 Q
3. Soluzioni istituzionali (cosa si fa nella realtà per evitare di trovarsi nella in C; queste
soluzioni vengono combinate fra di loro)
0• Impresa pubblica
7
1• Regolamentazione economica
2• Franchise bidding (asta competitiva per la concessione)
IMPRESA PUBBLICA
Le imprese pubbliche (intervento pubblico nell’economia tramite le imprese pubbliche) non sono
usate solo nel caso di monopoli naturali, ma anche per:
• Abolizione della proprietà privata: tutte le forme di produzione nei paesi comunisti (nei
Paesi dove sono prevalse certe ideologie, volontà di sostituire la proprietà privata con
forme di proprietà pubblica; esempi attuali sono Cuba e Cina)
• Promozione dello sviluppo economico (imprese pubbliche storicamente usate per la
promozione dello sviluppo economico): per esempio IRI (Istituto per la ricostruzione
industriale, 1933-2002) in Italia (chimica, cantieri navali, siderurgia, agricoltura, industria,
banca, ecc.); idea che in assenza di investimenti privati, impresa pubblica sia la soluzione
• Fornitura di beni pubblici (ospedali, difesa, istruzione); per la loro natura di beni pubblici
(non rivalità-non escludibilità): imprese private non ne offrirebbero abbastanza
• Partecipazione e controllo pubblico in aziende strategiche (auto, chimica, siderurgia, armi,
aerospaziale, meccanica); intervento pubblico con quote volte a finanziare e/o codirigere
• Monopolio naturale nazionale e locale (energia elettrica, gas, servizi idrici, gestione di porti,
aeroporti, ecc.)
Secondo Richard Abel Musgrave, il ruolo dello Stato nell’economia è estremamente importante
ed è distinto in tre funzioni:
- stabilizzazione (risposta dello Stato alla crisi: intervento anticiclico con emissione di
risorse…)
- distribuzione (equità tra i cittadini; redistribuzione della ricchezza per assetto sociale
equilibrato: spostare risorse)
- allocazione (fornitura di beni pubblici e correzione delle esternalità)
aggiunta di Danielis
- produzione: produzione diretta di beni pubblici, produzione diretta o indiretta di beni in
settori di monopolio naturale e finanziamento della ricerca e sviluppo
9
Riguardo all’importanza dell’impiego pubblico, alcuni anni fa, in Italia, dopo un periodo in cui si
parlava di vendita delle imprese pubbliche, sono riemerse tra gli economisti delle idee a sostegno
del ruolo delle imprese pubbliche.
Mariana Mazzucato nel suo libro “The entrpeneurial state” afferma che “L’impresa privata è
considerata da tutti una forza innovativa, mentre lo Stato è bollato come una forza inerziale,
troppo grosso e pesante per fungere da motore dinamico. Lo scopo del libro che avete tra le mani
è smontare questo mito.” Quindi, vuole argomentare che lo Stato ha un ruolo positivo. E continua:
“Chi è l’imprenditore più audace, l’innovatore più prolifico? Chi finanzia la ricerca che produce le
tecnologie più rivoluzionarie? Qual è il motore dinamico di settori come la green economy, le
telecomunicazioni, le nanotecnologie, la farmaceutica? Lo Stato. È lo Stato, nelle economie più
avanzate, a farsi carico del rischio d’investimento iniziale all’origine delle nuove tecnologie. È lo
Stato, attraverso fondi decentralizzati, a finanziare ampiamente lo sviluppo di nuovi prodotti fino
alla commercializzazione.” E ancora: “è lo Stato il creatore di tecnologie rivoluzionarie come quelle
che rendono l’iPhone così ‘smart’: internet, touch screen e gps. Ed è lo Stato a giocare il ruolo più
importante nel finanziare la rivoluzione verde delle energie alternative.
Ma se lo Stato è il maggior innovatore, perché allora tutti i profitti provenienti da un rischio
collettivo finiscono ai privati? Lo Stato come finanziatore di last resort (ultima istanza)
dell’innovazione: maggior propensione al rischio, orizzonte temporale più lungo”
Un altro intervento a favore del ruolo pubblico nell’economia lo fa Ha-Joon Chang; egli sottolinea
che “Gli azionisti rischiano in modo molto limitato. Le aziende sono in mano ai manager, da
quando sono state introdotte e si sono diffuse le SRL rischiano di più i fornitori e i lavoratori”.
Impresa pubblica è una soluzione utile ed efficiente per la gestione dei monopoli naturali?
Principali motivazioni a favore:
1. Necessità di ingenti investimenti infrastrutturali in settori strategici con una durata in vita
lunga e a redditività molto lenta (esternalità produttive; energia, strade, gas, telefonia,
acqua…)
2. Infrastrutture a rete con interconnessioni (esternalità di rete; rischio di una sottoproduzione
e quindi c’è bisogno di una soglia critica molto elevata)
3. Obbligo di servizio pubblico (servizio universale anche se non economico; settori che
producono beni e servizi di base)
4. Monopolio privato inaccettabile (impresa pubblica è un’alternativa)
Conseguentemente l’impresa pubblica è stata la forma più usata, anche nel caso di investimenti
inizialmente privati (ferrovie, produzione elettrica, ecc; in alcuni settori i privati hanno provato ad
investire ma poi è intervenuto lo Stato perché privati non avevano più risorse o non garantivano un
livello di servizio adeguato)
La discussione sul ruolo dello Stato è un tema sempre molto dibattuto ed attuale; un esempio
attuale e importante è l’infrastruttura della fibra ottica che è fondamentale per le
telecomunicazioni.
Fibra ottica
Nel 2015 è stata approvata dal governo italiano la “Strategia Italiana per la Banda Ultralarga”
(necessaria ma che Telecom non aveva risorse). Questo intervento ha stabilito che entro la fine di
quest’anno il 100% della popolazione dovrà essere coperta da servizi internet con velocità di
almeno 30 Mbps e l’85% da servizi da almeno 100 Mbps.
Il capofila di questo progetto è Infratel Italia S.p.a. (società in-house del Ministero dello Sviluppo
Economico – Mise) che si è posta come obiettivo quello di ridurre il “digital divide”, ovvero il divario
tecnologico, nelle aree a fallimento di mercato denominate “aree bianche”.
Le tre gare bandite da Infratel per raggiungere questo obiettivo sono state vinte da OpenFiber,
una joint venture tra Enel e Cassa Depositi e Prestiti (CdP).
10
OpenFiber non è un fornitore di servizi Internet, ma è un operatore wholesale, ovvero vende la
propria rete all’ingrosso agli operatori internet, sia locali che nazionali.
Problema: aree ricche e aree povere di domanda; discussione sul ruolo che deve avere operatore
privatore e operatore pubblico. (non si è ancora trovata una soluzione)
• X-inefficient point
11
Modello principale-agente (o Modello d'agenzia) è definita da Michael Jensen e William H.
Meckling come "un contratto in base al quale una o più persone (principale) obbliga un'altra
persona (agente) a ricoprire per suo conto una data mansione, che implica una delega di
potere all'agente". Tale definizione è molto generale, e comprende qualsiasi relazione tra due
individui, in cui uno dei due delega parte del proprio potere all'altro. Il contratto di agenzia, però,
presenta alcuni rischi, dovuti al comportamento opportunistico delle parti, che tendono a
massimizzare la propria utilità (tale comportamento opportunistico non è eliminabile, può essere
tuttavia limitato). Vi possono essere due tipi di opportunismo:
• Selezione avversa (opportunismo ex ante): L'agente fornirà al principale delle
informazioni erronee o incomplete sulle proprie capacità e competenze per farsi
assumere. (contratti assicurativi: nascondere malattie, difetti)
• Azzardo morale (opportunismo ex post): È costituito dal comportamento scorretto
che l'agente mette in atto in presenza di asimmetrie informative e per via
dell'incompletezza del contratto (specie nel caso in cui non sia verificabile se le parti
hanno effettivamente adempiuto in modo corretto agli obblighi del contratto)
(contratti assicurativi: svolgere attività rischiose dopo aver sottoscritto un contratto)
Sono inoltre presenti delle asimmetrie informative a favore dell'agente, in quanto esso è
sicuramente a conoscenza di un maggior numero di informazioni rispetto al principale sul ruolo da
svolgere, e può sfruttare queste asimmetrie informative tenendo comportamenti opportunistici.
Impresa privata
• il proprietario vuole massimizzare i profitti, per cui per ricomporre il conflitto proprietario
(azionisti)-manager, fa dipendere la retribuzione del manager dai profitti dell’azienda
(attraverso premi e partecipazioni azionarie)
– il problema non è completamente risolto perché il manager riceve una parte dei
profitti. La retribuzione dei manager può essere enormemente più elevato di quella
degli altri lavoratori
• c’è un incentivo implicito nel mercato del lavoro in quanto la redditività dell’azienda
aumenta la reputazione del manager e quindi il suo reddito futuro
• ulteriormente, il manager è soggetto al rischio di licenziamento, in modo diretto o tramite il
mercato dei capitali (l’acquisizione dell’azienda e la sostituzione del management)
Impresa pubblica
Non esiste una simile struttura di incentivi perché:
12
• il benessere sociale è più difficile da misurare del profitto
• è quasi assente il rischio di licenziamento indiretto tramite il mercato dei capitali, data la
non trasferibilità della proprietà
• il prezzo e la quantità e qualità dei servizi potrebbero rappresentare indicatori di
performance in alternativa al profitto, ma questi possono essere usati strumentalmente dai
managers per massimizzare la loro popolarità
• le inefficienza dei manager ed il loro desiderio di massimizzare la popolarità e minimizzare i
conflitti si possono tradurre facilmente in generose concessioni salariali ed eccesso di
investimento
• le imprese pubbliche sono inoltre caratterizzate da frequenti sussidi incrociati
Nel confronto tra impresa privata e pubblica la teoria economica predice quindi che le imprese
pubbliche:
• adotteranno prezzi più bassi
• praticheranno una minore discriminazione dei prezzi
• guadagneranno minori profitti
• saranno meno efficienti
• useranno più capitale e lavoro
Conclusioni
• La gestione del monopolio naturale tramite l’impresa pubblica presenta dunque sia aspetti
positivi sia aspetti problematici
• Nelle fasi iniziali dello sviluppo economico, in assenza di capitali privati, l’impresa pubblica
è la soluzione più praticabile.
• Successivamente, in presenza di un mercato di capitali e tramite la costituzione delle
autorità di settore, si cerca di privatizzare\liberalizzare i settori in monopolio naturale
scorporando il settore (unbundling) e introducendo quanti più meccanismi concorrenziali
possibili.
• Le autorità di regolazione sorvegliano i monopolisti pubblici, misti o privati
Riguardo alla valutazione dell’investimento base (RB) si sa esserci incertezza (difficoltà nella
valutazione!). I metodi di valutazione possibili sono:
- valore storico
- valore di riproduzione del vecchio investimento
- valore di sostituzione con nuova tecnologia
- valore di borsa
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Ma come incentivare il monopolista naturale a contenere i prezzi? (problema) Si devono introdurre
degli elementi di incentivazione.
Se l’AdR autorizza prezzi (rate level) che uguagliano i ricavi ai costi, il monopolista regolato
chiuderà il bilancio in pareggio o con un profitto normale (che remunera l’investimento).
Incentivo accidentale: solo se, come spesso avviene, c’è un disallineamento temporale tra
variazione dei costi e adeguamento dei prezzi, se i costi effettivi si abbassano rispetto usati per
definire i prezzi fissati, l’azienda guadagna.
- si tratta di un incentivo di natura accidentale (disallineamento temporale tra prezzi e
costi)
- un ulteriore incentivo potrebbe derivare dalla pratica di non compensare alcune
spese o aumenti di costi.
Mancano però incentivi a migliorare l’efficienza (x-efficiency) perché i prezzi perché ogni
variazione dei costi, sia positiva che negativa, si riflette in aumenti\riduzioni dei prezzi.
C’è il rischio che si verifichi Effetto Averch-Johnson, ovvero che i monopolisti tendano ad investire
in modo eccessivo.
Prima soluzione all’incentivo: piano sliding scale
L’idea è di utilizzare nella fissazione del livello dei prezzi la seguente formula:
ra = rt + h(r* - rt)
dove: ra = redditività risultante (actual), rt = redditività al tempo t, r* = redditività obiettivo
• se h=1, ra=r* : i prezzi sono fissati in modo da garantire in ogni caso all’azienda la redditività
obiettivo, nessun incentivo (cost-plus)
• se h=0, ra=rt : i guadagni di efficienza sono completamente a vantaggio dell’azienda, così
come eventuali perdite, incentivo massimo (fixed-price)
• se h=1/2 i rischi ed i guadagni del monopolista naturale sono condivisi dalla società,
incentivo parziale e condivisione dei rischi! (sliding scale)
Permette di condividere i rischi e la remunerazione tra il monopolista e la società (i consumatori)
Esempio
ra = rt + h(r* - rt)
dove, ra = redditività risultante (actual), rt = redditività al tempo t, r* = redditività obiettivo
16
Sussidi incrociati
Per determinare se c’è sussidio incrociato si usa il criterio del costo medio isolato (stand-alone
average cost method), cioè del costo medio per produrre solo uno dei beni.
Per X
• Prezzo di Ramsey (per QX=70) = 30; stand-alone ACx =700/70 + 20 = 30; (R=SA) non c'è
sussidio incrociato Prezzo FDC (per QX=68.5) = 31,5; stand-alone AC x =700/68,5 + 20 =
30,2; (FDC>SA) c'è sussidio incrociato
Per Y
• Prezzo di Ramsey (per Qy=70) = 25; stand-alone ACy =600/70 + 20 = 28,5; (R<SA) non c'è
sussidio incrociato
• Prezzo FDC (per Qy=72,8) = 23,6; stand-alone ACy =600/72,8 + 20 = 28,2; (FDC<SA) non
c'è sussidio incrociato
Esempi:
• Se il prezzo dell’elettricità è lo stesso ma produrre e distribuire l’elettricità costa di più
in città che in montagna (ipotesi: la produzione avviene in un bacino idroelettrico
localizzato in montagna), la montagna sussidia la città
• Se il biglietto del bus è uguale indipendentemente dalla lunghezza del percorso, chi
percorre in bus 1 km sussidia chi percorre 5 km.
IV. Vantaggi e svantaggi delle aste competitive (franchise bidding) come soluzione al
monopolio naturale. Tenete conto del problema della qualità, della durata, della
variabilità della domanda e dei costi, dell’opportunismo e del vantaggio
dell’incumbent.
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Su un’industria presenta caratteristiche di monopolio naturale c'è il rischio che il prezzo sia
eccessivamente alto, In questo contesto, invece della regolamentazione dei prezzi, Demsetz
propose nel 1968 di usare un meccanismo d'asta per ottenere la concessione (franchise bidding)
• La licenza è concessa a chi si impegnerà a fornire il servizio al prezzo minore (selezione
all’ingresso dei concorrenti)
• Se la competizione è sufficiente il prezzo tenderà ad eguagliare i costi medi
• Lo Stato (non gestisce il servizio ma) svolge la funzione di banditore d'asta invece che di
regolatore
• Alla concorrenza nel mercato (replicare infrastrutture non è conveniente) si sostituisce la
concorrenza per il mercato (selezione all’ingresso del mercato)
Le gare hanno dimensione europeo; ad esempio, nel 2019, Trenitalia si è aggiudicata una gara in
Spagna per la fornitura di treni ad alta velocità sulle principali linee spagnole.
Competizione al momento dell’asta (meccanismo)
Esempio
18
• asta inglese: vince chi offre il prezzo più alto
• asta inglese modificata: vince la licenza chi offre il servizio al prezzo più basso
P4
A C4
P3
A A C3
P2
A C2
P1 B
A C 1
D
Q
F ig . 1 3 .2
Supponiamo di avere quattro aziende diverse con quattro funzioni di costo diverse; azienda 4 ha
la funzione di costo maggiore. Il meccanismo d’asta chiede alle aziende, quale di loro si impegna
a offrire il prezzo minore: si indica una base d’asta e si ascoltano le proposte, vince quella che
propone il prezzo minore. In questo caso, azienda 1 può offrire il prezzo minore.
Idealmente, ci si aspetta che all’asta partecipi un numero consistente di competitori e che quindi
vinca il migliore; potrebbe però anche esserci un solo partecipante.
P 0
A C
M C
0 Q 0 Q * Q
F ig . 1 1 .8
Quando si sceglie il vincitore si va a valutare sia l’aspetto economico sia l’aspetto tecnico;
vediamo ora i problemi delle aste.
II. predefinire nel contratto le regole di adeguamento ai cambiamenti imprevedibili dei costi e
della domanda
Conclusioni
Si è visto che con le aste (franchise bidding), lo Stato svolge la funzione di bandire d’asta invece
che di regolare. Alla concorrenza nel mercato si sostituisce la concorrenza per il mercato.
Il ruolo dello Stato è più importante di quanto appaia (non solo arbitro ma anche regolatore perché
vi sono diverse problematiche) a prima vista a causa:
• delle incertezze legate alla qualità
• della variabilità nel tempo dei costi e della domanda futura
• della necessità di considerevoli investimenti iniziali che impongono concessioni di durata
non breve
• dell’opportunismo del vincitore
• del probabile vantaggio della azienda che già fornisce il servizio (avendo ricevuto la
concessione) rispetto alle altre
Il vantaggio teorico del franchise bidding rispetto ad altre forme di regolamentazione tende
pertanto a scemare. Il franchise bidding tende ad assomigliare alla regolamentazione. Le
differenze sono di grado e non di natura.
21
9.868 già di proprietà statale). Nel 1906 la rete statale raggiunse i 13.075 km, di cui 1.917 a
doppio binario.
Molte altre linee preesistenti, di interesse locale, rimasero tuttavia attive sulla base di concessioni:
sono quelle comunemente chiamate “ferrovie concesse”, che oggi, in maggioranza trasferite alle
Regioni, costituiscono le cosiddette reti regionali, cioè le infrastrutture ferroviarie non in capo a
RFI.
Nel 1922 con l’avvento del fascismo e in presenza di una grave situazione economico-finanziaria,
all’Ente fu imposto un commissario in sostituzione del consiglio di amministrazione e due anni
dopo fu messo a capo dell’Ente il Ministro delle comunicazioni.
Fu avviata una politica di taglio del personale, che passò da 241.000 a 138.000 unità fra il 1922 e
il 1939.
La costruzione di nuove reti fu affidata al ministero dei lavori pubblici. Nel 1939 la rete aveva
raggiunto i 22.800 km (di cui oltre 5.000 elettrificati; si inizia a passare dal carbone all’elettrico). La
Seconda guerra mondiale danneggiò notevolmente il sistema ferroviario (nel giugno 1945 il 40 per
cento della rete e gran parte del materiale rotabile erano danneggiati), ma il recupero fu rapido.
Nel 1949 la rete ferroviaria in funzione aveva raggiunto i 21.369 km e rimase sostanzialmente
invariata (domanda debole) fino all’inizio degli anni Sessanta (boom economico: investimenti
nell’alta velocità, AV).
Negli ultimi 40 anni del XX secolo si sviluppano alcuni servizi di punta per i viaggiatori a lungo
raggio, alcune reti soprattutto in ambito urbano e suburbano e viene avviata l’alta velocità (AV)
(Direttissima Firenze-Roma, iniziata nel 1970 e conclusa nel 1992).
A partire dagli anni ‘50 viene avviata, in misura crescente con la scelta politica di privilegiare le
infrastrutture stradali, e in particolare nel 1985 con il decreto Signorile, la dismissione di alcune
linee e l’abbandono di altre in seguito alla realizzazione di varianti di tracciato, per circa 2.550 km
per quelle di pertinenza FS e 3.150 km per le ex-linee in concessione.
I recenti progetti di ampliamento della rete hanno riguardato, a livello nazionale, l’Alta Velocità,
avviata nel 1994 e che affianca la linea storica, cui si aggiungono il programma di riqualificazione
di 13 grandi stazioni e la riqualificazione e il potenziamento di alcune tratte.
Raramente sono state sperimentate forme di finanziamento innovative rispetto ai tradizionali
contributi dello Stato. Nel caso dell’AV, l’obiettivo iniziale di un project finance con 60 per cento di
capitale privato non è stato conseguito. L’investimento non risultava infatti sufficientemente
profittevole per gli investitori privati e risultava pertanto una forma mascherata di finanziamento
pubblico.
Negli anni recenti, si è implementata la rete dell’Alta Velocità: grazie a tecnologie moderne, AV in
alcune tratte è diventata competitiva rispetto al trasporto stradale e aereo (velocità e comodità).
COVID: diminuzione uso mezzi di trasporto in generale.
Un caso interessante riguarda il Trentino-Alto Adige, dove l’Autostrada del Brennero accantona
parte dei proventi da pedaggi in un fondo destinato al rinnovo dell’infrastruttura ferroviaria; l’utilizzo
del fondo dovrebbe avvenire attraverso una partecipazione della stessa Autostrada del Brennero
Spa alla società che costruirà e/o gestirà il nuovo tunnel ferroviario del Brennero.
C. Contratto di servizio
• Uno strumento complementare alle gare è il contratto di servizio (CS): in presenza di
asimmetrie informative, definisce meccanismi di incentivo affinché il gestore offra la
quantità e gli standard richiesti del servizio.
• Se lo stesso gestore ha oneri di servizio su alcune tratte ma non su altre (potenzialmente
remunerative), l’ente locale contraente può consentire all’impresa ferroviaria l’utilizzo di
sussidi incrociati fra i due tipi di servizio; tuttavia, ciò non dovrebbe essere ammesso
qualora sulle tratte remunerative il gestore sia in concorrenza con altre imprese.
24
Gli incumbent (nazionali) ancora controllano il mercato (ad eccezione del Regno Unito e in misura
minore nelle merci).
Trasporto delle merci, in Italia, 50% Trenitalia; meno integrato.
In Italia il recepimento della normativa europea è a uno stadio formalmente più avanzato rispetto
ad altri paesi europei
• Separazione contabile: RFI e Trenitalia
• Alta velocità: nuovo entrante Italo - Nuovo Trasporto Viaggiatori (NTV)
• Trasporto merci: molti entranti (Rail Traction Company, ..)
• Gare per il trasporto regionale: numero limitato
• mantenimento dei “servizi essenziali”. Gli Stati possono erogare una compensazione
corrispondente che non costituisce aiuto di stato.
Gruppo Ferrovie dello Stato Italia spa (1905-): insieme di controllate divise in diverse tipologie
(trasporto, infrastruttura, servizi immobiliari, altri servizi).
25
Trasporto:
- TrainOse S.A., fondata nel 2005, dal 2017 è al 100% del Gruppo FS Italiane. La società di
trasporto ferroviario passeggeri e merci ha sede ad Atene, Grecia. All'inizio del 2021 la
compagnia ha acquistato da Trenitalia 5 ETR 470 destinati all'esercizio tra Atene e
Salonicco a partire dal 25 marzo 2021[12]. Nel giugno 2021 dopo l'arrivo dei primi ETR 470
in Grecia, la società ha cambiato nome in Hellenic Train, tagliando così tutti i collegamenti,
anche simbolici, con la vecchia holding OSE[13].
- Netinera Deutschland, Oltre 3.600 dipendenti, una flotta di circa 346 treni e 682 bus. Il
Gruppo FS, in partnership con Cube Infrastructure, il 25 febbraio 2011, ha perfezionato
l’acquisto da Deutsche Bahn della proprietà di Arriva Deutschland, oggi NETINERA
Deutschland, e dell’articolato gruppo societario facente capo a quest’ultima. Con questa
acquisizione, il nostro Gruppo consolida e sviluppa la sua presenza sul mercato
internazionale, dotandosi di una import
- Busitalia Sita Nord è la società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane che si occupa di
trasporto persone con autobus, oltre ad altre modalità di trasporto. ante base operativa in
Germania - dove già opera con TX Logistik nel trasporto merci e nella logistica, anche nel
settore del trasporto passeggeri. L’offerta di trasporto del gruppo Busitalia copre
attualmente circa 100 milioni di bus km annui, 2,7 milioni di treni km* e 41mila miglia
nautiche, con circa 2300 autobus, 46 treni, 18 tram e 7 motonavi. I dipendenti sono oltre
4000.
Infrastruttura
- Anas è la società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane che si occupa di infrastrutture
stradali. Da quasi un secolo costruisce le strade che connettono ogni località del Paese, le
gestisce e le mantiene efficienti nel corso del tempo. La società è protagonista nel mondo
della progettazione, della costruzione e della manutenzione stradale e tra i leader
riconosciuti a livello internazionale. Gestisce la rete viaria di interesse nazionale, con
oltre 26mila km di strade statali, autostrade e raccordi autostradali.
Metro5 S.p.A. è la società concessionaria per la progettazione, costruzione e gestione della Linea.
Costituita in data 5 giugno 2006, ai sensi dell’art. 37 quinques della Legge 109/94. Metro 5 S.p.A.,
quale Società di progetto, è subentrata a tutti gli effetti all’A.T.I. aggiudicataria.
La nuova Linea M5 è la prima grande infrastruttura di trasporto urbano in Italia realizzata in project
financing, strumento che permette la partecipazione finanziaria di privati.
Oltre il 40% dell’opera è stato finanziato con il contributo di Metro 5 S.p.A che ha curato la
progettazione, la costruzione e curerà la gestione fino al 2040 attraverso i suoi soci.
Metro5 è costituita da: Alstom Ferroviaria S.p.A., Astaldi S.p.A., ATM S.p.A., Ferrovie dello Stato
Italiane S.p.A., Hitachi Rail S.p.A. E Hitachi Rail STSS.p.A.
Gruppo Ferrovie dello Stato italiano (monopolista si è esteso anche in altre aree e anche
all’Estero)
È una delle più grandi realtà industriali del Paese. Dal sito del Gruppo:
«Partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze dal 1992, la Capogruppo
Ferrovie dello Stato Italiane SpA controlla le società operative nei quattro settori della filiera,
trasporto, infrastruttura, servizi immobiliari e altri servizi.
Leader nel trasporto passeggeri su ferro, con l’88% di quota di mercato, e in quello delle merci su
ferro, con il 7%, il Gruppo FS Italiane conta oltre 81mila dipendenti, oltre 10mila treni ogni giorno
(circa 8mila in Italia e oltre 2mila all’estero), circa 750 milioni di passeggeri su ferro (600 in Italia,
150 all’estero), 300 milioni di passeggeri su gomma e 50 milioni di tonnellate di merci all’anno. Il
26
network ferroviario gestito da Rete Ferroviaria Italiana è di oltre 16.700 km di rete, di cui più di
1.400 km di binari dedicati ai servizi alta velocità.
Il Gruppo FS Italiane mira a diventare l’impresa di sistema, al servizio dei pendolari e dei
passeggeri dei treni alta velocità, implementando la sua offerta di servizi di mobilità e di logistica
integrati e sostenibili.»
Italo: offre servizio di diverse rotte; inizialmente problemi di concorrenza ma ora esito di questa
concorrenza è stato positivo.
Trasporto merci
27
Trasporto regionale
Decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (decreto Burlando): trasferimento alle Regioni, entro
il 1° gennaio 2000 delle competenze di programmazione, amministrazione e controllo e delle
risorse finanziarie relative al trasporto ferroviario locale dei passeggeri. Scelta del gestore
mediante gare entro il 2003.
L’applicazione è graduale e incerta, con un ripetuto ricorso a proroghe e a regimi transitori.
Introduzione di un Contratto di Servizio con il gestore di durata non superiore a 9 anni (modificata
in 6 anni rinnovabili di altri 6), che preveda compensazioni economiche per Obblighi di Servizio
Pubblico
Nel novembre 2010 è stato avviato un nuovo servizio fra Torino e Milano da parte di Arenaways,
società a capitale privato con vocazione nel trasporto a scala regionale.
Una delle difficoltà più importanti incontrate dalle Regioni nell’avviare le gare è stata quella del
reperimento del materiale rotabile, che Trenitalia non ha loro trasferito, nonostante fosse stato
acquistato con contributi statali e regionali.
Non è stata invece presa in considerazione la possibilità di trasferire il materiale rotabile a
separate rolling stock companies che poi potevano offrirlo in leasing alle imprese ferroviarie (come
nel caso inglese).
Solo il materiale delle ferrovie regionali (ex concesse) è di norma di proprietà del demanio della
Regione. Alcune ROSCOs europee sono attive anche in Italia, ma prevalentemente nel noleggio
di locomotive per i servizi merci «liberalizzati».
28
L’Autorità, dopo un congruo periodo di osservazione, analizza l’efficienza dei diversi gradi di
separazione tra l’impresa che gestisce l’infrastruttura e l’impresa ferroviaria, anche in relazione
alle esperienze degli altri Stati membri dell’UE e all’esigenza di tutelare l’utenza pendolare (art. 37
decreto-legge n. 1/2012)»
In Italia:
Conclusione
Nonostante siano chiaramente presenti condizioni di monopolio naturale (economie di scale e di
scopo legate all’infrastruttura, al materiale rotabile ed al servizio), la regolazione tenta di stimolare
l’efficienza del concessionario monopolista (ex-pubblico) e di introdurre, laddove possibile,
elementi di concorrenza nel mercato (separazione tra infrastruttura e servizio) o per il mercato
(gare per i servizi regionali). La qualità del servizio e gli obblighi di servizio pubblico sono
assicurati tramite Contratti di Servizio. Il finanziamento all’infrastruttura è assicurato tramite sussidi
pubblici.
L’industria elettrica è scomponibile in quattro fasi (Enel era incaricata di tutte le quattro
fasi; era un settore verticalmente integrato: vantaggi e svantaggi):
Produzione
Trasmissione e dispacciamento
Distribuzione
Vendita
Enel aveva in gestione tutti queste fonti primarie e quindi si occupava in modo esclusivo.
Produzione
7• Conversione in energia elettrica di una
particolare forma di energia
8• L’assetto organizzativo tradizionale:
monopolio a causa delle:
0– economie di scala che si realizzano a
livello di impianto (sunk cost)
1– economie da integrazione verticale con
tutti i segmenti della trasmissione e distribuzione (evitare costi di transazione e di coordinamento
in risposta ai continui cambiamenti delle condizioni di domanda e offerta, bilanciare la fornitura e il
consumo di energia in modo continuo ed in ogni punto della rete)
- Distribuzione: il collegamento tra reti ad alta tensione nazionali e reti a medio bassa
tensione che si estendono a livello locale, raggiungendo i consumatori. (gestione medio-
bassa tensione)
Queste due fasi, strettamente interconnesse, sono casi tipici di monopolio naturale, in quanto si
basano sulla gestione di un network, che indipendentemente dalla dimensione dell’area
geografica interessata non è mai conveniente duplicare.
Essa era in mano a monopolisti locali; ad enti pubblici locali che si occupavano di gestirne la
vendita. Essi compravano da Enel e poi distribuivano energia elettrica; utenti finali non avevano
possibilità di scelta perché c’era solo l’ente locale.
Trasmissione e dispacciamento
Distribuzione
Vendita
Fase della produzione: fonti non rinnovabili; dal 1992, uso del petrolio per produrre energia
elettrica quasi completamento sostituito dal gas naturale (metano) sia per motivi economici
(aumento del prezzo del petrolio) sia per motivi ambientali (effetto gas serra, produzione di CO2).
Inoltre, si è fatta strada la produzione di energia elettrica con fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico,
idroelettrico, biomasse, geotermico; maggior numero di investitori che producono in diversi modi
l’energia elettrica). In UE il 34% dell’energia elettrica proviene da fonti rinnovabili, che stanno
superando quelle fossili.
.
Germania ha un tasso di crescita di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili molto
elevato! (fonte eolica quella che è cresciuta maggiormente)
In sintesi
13• Nonostante che la scala minima efficiente
vari in modo sostanziale in base alla tecnologia di produzione impiegata, l’introduzione in anni
recenti delle centrali termoelettriche a ciclo combinato, un’innovazione tecnologica che ha
permesso di produrre energia elettrica ad una scala ridotta (competizione!)
14• Le produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili è per sua natura dispersa in molti impianti isolati (parchi solari o eolici): impianti "ad
isola" o impianti "connessi in rete«, tanto che si parla di «produzione distribuita».
15• Conclusione: Le economie di scala
appaiono sufficientemente contenute rispetto alle dimensioni del mercato per permettere la
presenza di più operatori nel segmento della produzione
Problema ancora aperto: integrazione tra fonti non rinnovabili e fonti rinnovabili (probelma della
variabilità delle fonti rinnovabili)
Permangono problemi riguardo "l'aleatorietà" (o "intermittenza"), "non programmabilità«, «scarsa
prevedibilità» di molte delle fonti di energia rinnovabile (in particolare solare fotovoltaico ed eolico),
che impongono un ripensamento globale delle reti elettriche e la necessità di costruire grandi
infrastrutture per lo stoccaggio dell'energia, come ad esempio bacini idroelettrici di pompaggio o la
costruzione (con materiali rari o inquinanti) di accumulatori elettrochimici.
Secondo i sostenitori delle energie rinnovabili, l'integrazione o mix di più fonti rinnovabili in un
unico sistema di produzione energetico alternativo, supportato da una rete elettrica di tipo smart
grid, è possibile e sarebbe in grado di garantire una transizione energetica da fonti fossili a fonti
rinnovabili. I recenti obiettivi europei sono molto ambiziosi (70% al 2050).
Fase distribuzione e vendita: non sono state riscontrate significative economie di scala o di scopo
nel segmento della vendita.
Prescrizioni della teoria economica per realizzare la riforma del settore elettrico
33
1. la separazione (unbundling) dell’incumbent verticalmente integrato in diverse società di
generazione, trasmissione, distribuzione e retail.
Principi ispiratori
separazione, societaria e proprietaria a seconda dei casi, di ciascuna di queste fasi
0– generazione (produzione) di energia
elettrica;
1– distribuzione di energia elettrica e la
vendita ai clienti vincolati;
2– la vendita ai clienti idonei;
3– l'esercizio dei diritti di proprietà della rete
di trasmissione elettrica;
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4– la dismissione delle centrali
elettronucleari italiane
Ciascuna fase viene opportunamente regolamentata in modo da ottenere le migliori
condizioni capaci di garantire l'effettiva realizzazione dell'apertura del mercato al fine di
garantire l'ingresso di capitali privati e una concorrenza tra molteplici operatori con il fine
ultimo di avere delle tariffe più basse rispetto ad una situazione di tipo monopolistica.
Istituzione di particolari soggetti a carattere pubblico che hanno il compito di ottimizzare il
funzionamento del mercato.
Enel S.p.A. (originariamente acronimo di Ente nazionale per l'energia elettrica) è una
multinazionale dell’energia e uno dei principali operatori integrati globali nei settori dell'energia
elettrica e gas. Istituita come ente pubblico a fine 1962, si è trasformata nel 1992 in società per
azioni e nel 1999, in seguito alla liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica in Italia,
privatizzata. Lo Stato italiano, tramite il Ministero dell'economia e delle finanze, rimane comunque
il principale azionista col 23,6% del capitale sociale, al 1º aprile 2016.
Enel è la 84ª azienda al mondo per fatturato.
… e a livello globale il gruppo Enel, attraverso le sue controllate, svolge le seguenti attività:
5• produzione, distribuzione e rivendita di
energia elettrica e gas nella penisola iberica, in America Latina e in Marocco, tramite Enel
Iberoamérica e le controllate Endesa ed Enersis e in Russia attraverso la controllata Enel Russia
6• produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili (Nord America, Sud America, Africa, Europa e Asia) tramite Enel Green Power
International,
7• opera nel settore del gas ed è presente
nel Nord Africa, in Algeria e in Egitto.
8• svolge attività finanziarie di raccolta fondi
sui mercati, impiegandoli in operazioni di investimento attraverso le controllate Enel Investments,
Enel Finance International ed International Endesa
36
Il Gestore dei Mercati Energetici (GME): gestisce domanda-offerta tra produttori e distributori
dell’energia elettrica. (vedi poi come fa)
E’ la società responsabile in Italia dell'organizzazione e della gestione del mercato elettrico, oltre
che di assicurare la gestione economica di un'adeguata disponibilità della riserva di potenza. È di
proprietà del Ministero dell’Economia e delle finanze.
Al GME è inoltre affidata l’organizzazione delle sedi di contrattazione dei certificati verdi, dei titoli
di efficienza energetica ("certificati bianchi") e delle Unità di Emissione (emission trading).
Il Decreto ha permesso che la vendita di energia elettrica si realizzi attraverso due modalità:
2• Contratti bilaterali, realizzati direttamente
tra il venditore e il compratore;
3• Contrattazione nella Borsa Elettrica,
realizzati tra il venditore e il compratore attraverso una piattaforma telematica;
I venditori sono o società elettriche che producono l'energia che vendono o società di trading che
pur non avendo capacità di generazione rivendono energia che comprano da altri operatori o che
importano dall'estero. I compratori sono tutti quelli che possono accedere al libero mercato.
Certificato verde (attestazione che certifica il fatto che non hai emesso CO2)
16• Al fine di favorire l'utilizzo di fonti
rinnovabili nella generazione elettrica il Decreto introduce l'obbligo per produttori e importatori di
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energia elettrica da fonti non rinnovabili di immettere ogni anno in rete una percentuale di tale
energia pari al 2% dell'energia prodotta o importata nell'anno precedente per la parte eccedente i
100 GWh. Tale valore percentuale è suscettibile di un incremento annuale pari allo 0,35%. In
questo modo quei produttori e importatori di energia elettrica che non abbiano venduto la
percentuale imposta di energia proveniente da fonti rinnovabili saranno obbligati a soddisfare
questo obbligo comprando i certificati verdi che vengono riconosciuti dal GSE ai produttori di
energia elettrica da fonti rinnovabili.
17• Si tratta di titoli negoziabili, il cui utilizzo è
diffuso in molti Stati come ad esempio nei Paesi Bassi, Svezia, UK e alcuni stati USA.
18• corrisponde ad una certa quantità di
emissioni di CO2: se un impianto produce energia emettendo meno CO2 di quanto avrebbe fatto
un impianto alimentato con fonti fossili perché "da fonti rinnovabili", il gestore ottiene dei certificati
verdi che può rivendere (a prezzi di mercato) a industrie o attività che sono obbligate a produrre
una quota di energia mediante fonti rinnovabili ma non lo fanno autonomamente.
La promozione della concorrenza per i clienti finali: maggior tutela, mercato libero e
salvaguardia
19• Ad oggi tutti i clienti possono attivare le
utenze:
2– con il mercato tutelato, pagando la luce
ed il gas al prezzo regolamentato dall'Autorità;
3– con il mercato libero, confrontando le
tariffe e scegliendo il prezzo più conveniente.
20• Da gennaio 2022 ci sarà l'abolizione delle
tariffe elettriche e del gas del servizio di maggior tutela, ovvero avverrà il completo passaggio al
mercato libero dell'energia. In altre parole, i clienti in maggior tutela non potranno più pagare la
luce ed il gas al prezzo del tutelato, ma dovranno scegliere un fornitore del libero mercato. Cosa
succede ai clienti che non provvedono in autonomia al cambio fornitore per uscire dal regime di
tutela?
4– Nuovo slittamento al 2023 per la fine
della Maggior Tutela. Il primo gennaio 2023 sarà la data ufficiale per l'abolizione del mercato
tutelato per l'energia elettrica ed il gas per tutti i clienti, siano essi imprese o famiglie.
21• Una volta superata la scadenza del primo
gennaio 2022 i clienti residenziali non ancora passati al mercato libero rimarranno tecnicamente
senza fornitore, ma nella pratica non sarà così. Infatti, in questo caso la legge prevede il
passaggio automatico al servizio di salvaguardia. Tale servizio è erogato dall’esercente la
salvaguardia, ovvero un fornitore scelto tramite una gara organizzata dall'Acquirente Unico (la
società garante della fornitura di energia elettrica ai piccoli consumatori).
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Quali sono i principali risultati della deregolamentazione?
22• In termini di prezzo (documentate)
5– I prezzi per i consumatori domestici:
come ormai da anni, i prezzi dell’energia elettrica per i consumatori domestici italiani si
confermano inferiori ai prezzi mediamente praticati nell’UE e nell’Area Euro per le prime due classi
di consumo; i prezzi per le restanti classi di consumo sono invece superiori. Va considerato,
tuttavia, che il 97% degli italiani si colloca nelle prime tre classi di consumo. (tratto dalla relazione
annuale di ARERA 2018)
6– I prezzi per le industrie: come ormai da
anni, i prezzi dell’energia elettrica in Italia per i consumatori industriali si confermano superiori a
quelli dell’Area euro per tutte le classi di consumo.
7– La struttura dei prezzi:
approvvigionamento è la componente maggiore, seguono A3 rinnovabili (componente energie
rinnovabili), costi di rete e di misura, imposte e altri oneri generali.
23• In termini di investimenti e qualità del
servizio (non documentate)
Conclusione
Questo settore aveva le caratteristiche e quindi è stato gestito come monopolio naturale; lo è stato
nelle fasi di costruzione del settore fino agli ’90 poi si è dato spazio ai mercati sia per ragioni
tecnologiche sia per ragioni di efficienza.
È un chiaro esempio di politica industriale, ovvero di come l’intervento pubblico coordina e
gestisce il passaggio da un’organizzazione di mercato verticalmente integrata ad una in cui sono
presenti, dove possibile, aree di concorrenza. È necessario:
6• l’unbundling;
7• la riduzione del peso dell’incumbent;
8• il coordinamento delle fasi;
9• l’organizzazione della domanda (clienti
idonei e vincolati);
10• la creazione di un mercato dell’energia
elettrica;
11• la regolamentazione tramite un’Autorità
autonoma e competente per impedire sia l’abuso di posizione dominante sia la creazione di
ostacoli all’accesso alla rete (prezzi di accesso non giustificati);
12• garantire continuità agli investimenti alla
rete ed al suo ammodernamento;
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13• guidare il passaggio da fonti non
rinnovabili a fonti rinnovabili.
Proposta tariffa a tre da imputare al costo di energia elettrica (imposta colpisce il consumo): chi
più consuma, più paga. Altra alternativa proposta, da imputare alla tariffa generale: su tutti.
Gas naturale
0• È un gas prodotto dalla decomposizione
anaerobica di materiale organico.
1• In natura si trova comunemente allo stato
fossile, insieme al petrolio, al carbone o da solo in giacimenti di gas naturale. Viene però anche
prodotto dai processi di decomposizione correnti, nelle paludi, nelle discariche, durante la
digestione negli animali e in altri processi naturali. Viene liberato nell'atmosfera anche dall'attività
vulcanica.
2• Il principale componente è il metano
(CH4), la più piccola e leggera fra le molecole degli idrocarburi. Normalmente contiene anche
idrocarburi gassosi più pesanti come etano (CH3CH3), propano (CH3CH2CH3) e butano
(CH3CH2CH2CH3), nonché, in piccole quantità, pentano.
40
3• La combustione di gas naturale genera,
anche se in misura minore rispetto agli altri combustibili fossili, gas serra che contribuiscono al
surriscaldamento del pianeta.
4• L' estrazione di gas (ma anche di
petrolio) porta a una diminuzione della pressione nella riserva sotterranea. Ciò può portare ad una
subsidenza del terreno che può danneggiare l'ecosistema, i corsi d' acqua, la rete idrica e fognaria
e causare cedimenti nelle fondamenta degli edifici.
5• Gli inquinanti principali sono: anidride
carbonica, monossido di carbonio, ozono, ossidi di azoto. Sono assenti: particolato, ossidi di zolfo,
idrocarburi incombusti (tra cui benzene); gas naturale più pulito rispetto al petrolio
6• Negli ultimi anni c’è stata un'impennata
nell'uso di gas naturale, conseguente alla richiesta di fonti alternative al petrolio; processo di
sostituzione in tutti i Paesi, non solo in Italia.
La produzione di gas naturale ha avuto una progressione molto rapida in tutte le aree del Mondo;
la distribuzione non è però uniforme: quasi coincidono i Paesi con petrolio con Paesi con gas
naturale (Russia, Iran, Qatar, Stati Uniti).
Massima disponibilità in Europa la ha la Russia; quasi tutti i Paesi Europei sono dipendenti:
necessari metanodotti.
Anche in Europa ci sono delle zone ma sono molto abitate quindi non si procede con l’estrazione.
Offerta e domanda: uso del gas naturale dipende dall’uso durante le stagioni e dalla produzione
economica i prezzi sono molto variabili
Produzione
Consiste in una serie di attività necessarie a rendere il gas disponibile per l’immissione in rete:
l’esplorazione, la trivellazione, l’estrazione e la raccolta.
Il gas naturale, come gli altri idrocarburi, è presente nel sottosuolo terrestre e marino tra strati di
roccia porosa, coperti da una roccia impermeabile che ne impedisce la migrazione e permette
l’accumulazione degli stessi in un giacimento. L’attività esplorativa si basa su studi geologici ed è
finalizzata all’individuazione dei giacimenti ed alla potenzialità degli stessi ai fini commerciali. Se lo
sfruttamento del giacimento risulta conveniente, si procede all’estrazione (coltivazione) ed al
trattamento per ottenere un prodotto omogeneo e facilmente trasportabile. Il gas naturale
proveniente da pozzi diversi viene successivamente raccolto nel luogo in cui è immesso nel
gasdotto
Ita ha un po’ di gas naturale: in riduzione; parte estratta da mare e l’altra da terra. Comunque
minima rispetto al fabbisogno.
42
13• Vengono utilizzate anche navi per il
trasporto di gas naturale liquefatto, definite metaniere, ma hanno costi più alti e problemi di
sicurezza.
43
Gas Naturale Liquefatto (alternativa al gasdotto)
ll gas naturale liquefatto (GNL o LNG, dall'inglese liquefied natural gas) si ottiene sottoponendo il
gas naturale (GN), dopo opportuni trattamenti di depurazione e disidratazione, a successive fasi di
raffreddamento e condensazione.
La tecnologia della liquefazione, che permette di ridurre il volume specifico del gas di circa 600
volte rispetto alle condizioni standard, consente a costi competitivi lo stoccaggio ed il trasporto di
notevoli quantità di energia in spazi considerevolmente ridotti.
Il trasporto del GNL a grande distanza dal luogo di produzione avviene via mare per mezzo di navi
metaniere, in cui il GNL rimane quasi interamente in fase liquida a pressione quasi atmosferica
(max. 0,25 bar) e a temperature criogeniche (circa -160 °C).
Rigassificazione: uso del gas come GNL o si riporta allo stato di gas e immetterlo nei gasdotti;
questione sulla costruzione di nuovi rigassificatori (due tipi: a terra o offshore).
Dipendenza energetica
0• Rispetto a un indice di dipendenza
complessivo del 58% al 2018, l’UE risulta dipendente, a riguardo del gas, per l’83,2%. Più alta,
tuttavia, è la dipendenza UE per l’import di petrolio (94,6%).
1• Il 40,4% delle importazioni europee di
gas naturale proviene dalla Russia. Seguono Norvegia (18,1%), Algeria (11,8%) e Qatar (4,6%).
2• Il tema della dipendenza energetica è
significativo per l’Italia, che presenta l’indice di dipendenza dall’import più elevato tra i maggiori
Paesi europei ed è seconda per volume di importazioni nette di materie energetiche (122 Mtoe, di
cui 55,3 Mtoe di gas naturale e 51,6 Mtoe di petrolio), dopo la Germania e pressoché alla pari con
la Francia. Tra il 2000 e il 2018, inoltre, le importazioni italiane di gas naturale sono aumentate del
18%.
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Utilizzi Ita
Stoccaggio (differenza tra energia elettrica e gas naturale); stock risolve problema della
variabilità della domanda ed ha anche importanza strategica perché si compra quanto
costa
La domanda di gas naturale, presenta caratteristiche di variabilità (stagionale, giornaliera ed
oraria) soprattutto per quanto riguarda l’utenza domestica.
Lo stoccaggio permette di accumulare gas, al fine di bilanciare i consumi e la produzione in ogni
periodo (stoccaggio di modulazione), coprire il rischio di interruzione degli approvvigionamenti
legati alla sospensione della produzione nazionale, ai rapporti sociopolitici con l’importatore ed a
problemi tecnici della rete di trasporto (stoccaggio strategico) ed ottimizzare la coltivazione di
giacimenti di gas naturale nel territorio Italiano (stoccaggio minerario).
Lo stoccaggio sotterraneo di gas naturale è un processo industriale che consente di iniettare gas,
durante il periodo primavera-estate, in un sistema roccioso poroso in grado di garantirne
l’accumulo e di erogarlo per soddisfare una richiesta invernale in termini di portata oraria e
giornaliera. Il metodo di stoccaggio sotterraneo più diffuso utilizza giacimenti esauriti ed è ritenuto
più idoneo al livello tecnico e commerciale.
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Lo stoccaggio in gasdotti, effettuato variando la pressione all’interno delle condotte, e lo
stoccaggio di GNL vengono utilizzati per fronteggiare la variazione giornaliera della domanda.
Trasporto
La rete di trasporto si suddivide in "primaria" (o dorsale), relativa la trasporto di gas direttamente
dai luoghi di produzione od importazione, e "secondaria" comprendente l'insieme delle condotte
(adduttori secondari) che collegano la rete primaria e raggiungono i centri di consumo. La rete
primaria italiana di metanodotti ha una lunghezza di circa 30.000 km ed è presente in maniera
estesa su tutto il territorio nazionale ad esclusione della Sardegna. La rete della Snam
rappresenta il 96% della rete primaria nazionale. Altri operatori sono presenti con reti locali, in
particolare nelle regioni adriatiche (Marche, Abruzzo e Molise).
Distribuzione e dispacciamento
la fase della distribuzione consiste nel trasporto di gas naturale attraverso reti di gasdotti locali per
la consegna agli utenti finali e si distingue in distribuzione primaria e secondaria. La prima
permette la consegna diretta alle utenze industriali, termoelettriche ed alle aziende di
distribuzione, la seconda permette la consegna del gas da parte delle aziende di distribuzione alle
utenze civili, alle piccole imprese industriali ed artigiane ed al terziario.
Il coordinamento tra le attività di produzione, trasporto, stoccaggio e distribuzione è svolto dal
dispacciamento, la cui funzione principale è quella di assicurare che il gas venga fornito ai
consumatori senza interruzioni e nel rispetto dei termini contrattuali. Il dispacciamento deve
programmare, su base giornaliera, l’esercizio della rete gasdotti e determinare le condizioni di
funzionamento dei relativi impianti. La programmazione dell’esercizio è legata a tecniche
previsionali sulla domanda di gas da parte dell’utenza.
46
3• Nella fase dell’approvvigionamento la
capogruppo ENI deteneva il 92% dei contratti di importazione: soddisfava il 95% della domanda.
4• La produzione nazionale era assorbita
dall’Agip per circa il 90%, la restante parte da piccoli produttori tra cui Edison S.p.A.
5• La controllata Snam possedeva il 96%
della rete nazionale di gasdotti per il trasporto ad alta pressione; è proprietaria del terminale di
rigassificazione di Panigaglia (SP) era l’unico operatore ad avere accesso ai siti di stoccaggio
interamente posseduti da ENI e trasportava, per conto di Enel, il 96% sul totale del gas
movimentato. Il restante 4% era suddiviso, limitatamente ad alcune aree del centrosud del Paese,
tra Edison S.p.A., Sgm S.p.A. controllata dalla prima al 71%.
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Liberalizzazione in Italia
Decreto legislativo 24 maggio 2000, n. 164 “Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme
comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio
1999, n. 144” (di seguito: decreto legislativo n. 164/00, «decreto Letta»).
25• la separazione societaria
26• l’accesso regolato a tutte le infrastrutture
di sistema
27• il riconoscimento della libertà di scelta del
fornitore per tutti i clienti a decorrere dall’1 gennaio 2003
28• l’imposizione di tetti massimi per le
importazioni e le vendite sul mercato finale da parte di un singolo operatore settore
* Clausola inclusa nei contratti di acquisto di gas naturale, in base alla quale l'acquirente è tenuto
a corrispondere comunque, interamente o parzialmente, il prezzo di una quantità minima di gas
prevista dal contratto, anche nell'eventualità che non ritiri tale gas.
Saturazione della rete (rete è limitata quindi tende a saturarsi; non tutti operatori trovano
spazio); problematica: incumbent tende a usare interamente la rete
L’analisi ha indicato l’indispensabilità, e l’urgenza, della realizzazione di nuove opere
infrastrutturali nell’approvvigionamento di gas naturale. In tal senso, l’ingresso a medio termine
(2007-2008) nella fase nell’approvvigionamento di operatori stranieri di grandi dimensioni e in
grado di attivare nuove fonti di gas: Exxon Mobil e Qatar Petroleum (GNL rigassificato presso il
terminale di Rovigo) e British Gas (GNL rigassificato presso il terminale di Brindisi) è un elemento
che favorisce gli sviluppi auspicati.
L’ingresso di nuovi operatori può essere consentito nell’immediato anche da misure di capacity
release e di potenziamenti dei gasdotti internazionali da parte di Eni. Tali infrastrutture possono
essere rinforzate in tempi brevi e con costi ridotti, mettendone a disposizione le capacità
addizionali a soggetti diversi, e consentendo un approvvigionamento indipendente di gas da parte
di traders in grado di contrattare direttamente con i fornitori esteri.
Stoccaggio
Negli anni che hanno preceduto la liberalizzazione, lo stoccaggio di gas naturale in giacimento
costituiva uno strumento per ottimizzare i flussi di gas nell’ambito di un sistema verticalmente
integrato e con offerta monopolistica ai consumatori finali.
Con la rottura dell’integrazione verticale e con l’introduzione della possibilità di concorrenza nella
vendita di gas, l’accesso alle infrastrutture di stoccaggio svolge un’indispensabile funzione
strategica. Esso infatti, da un lato permette ai venditori di modulare l’offerta di gas, per far fronte
alla rigidità del profilo delle importazioni e alla forte variabilità che caratterizza la domanda nel
mercato civile; dall’altro, con lo sviluppo del mercato, assolve anche ad altre potenziali funzioni
come, ad esempio, la possibilità di mantenere gas in stoccaggio a fini speculativi (parking).
Prima del decreto Letta solo il titolare di una concessione di coltivazione aveva facoltà di
richiedere anche una concessione di stoccaggio. Attualmente i titolari di concessioni di stoccaggio
devono assicurare e fornire i servizi di stoccaggio minerario, strategico e di modulazione agli utenti
che ne facciano richiesta, qualora tecnicamente ed economicamente realizzabili, sulla base di
tariffe e regole di accesso stabilite dall’ARERA.
Attualmente il principale operatore è Stogit SpA (gruppo SNAM)
Il problema è che i contratti sono di lunga durata; il 28% ancora attivi oltre 20 anni alla fine.
Distribuzione e vendita
Eni ha ancora una quota molto rilevante nella distribuzione nel mercato all’ingrosso (in termini di
volume); esso vende poi in maniera indipendente o ad altri operatori, che a loro volta vendono.
Italgas ha gran parte della distribuzione del gas; faceva parte del gruppo ENI. Si occupa di gran
parte della distribuzione, seguita da altri operatori.
Borsa del gas (come borsa elettrica, anche qui quotazione dei prezzi dai diversi punti di
entrata)
Creata con il decreto legge 31 gennaio 2007. stabilisce:
35• per i titolari di concessioni di coltivazione
di gas naturale, l’obbligo di cedere le aliquote di gas prodotto in Italia dovute allo Stato;
36• per gli importatori, l’obbligo di offrire una
quota del gas importato presso il mercato regolamentato delle capacità.
51
Abbiamo anche operatori piccolissimi e chi sono i principali operatori?
52
Effetti della liberalizzazione
37• Sui prezzi (documentato)
2020: i prezzi del gas naturale per i consumatori domestici italiani so o stati più alti della media dei
prezzi dell’Area Euro per tutte le classi di consumo.
Per le imprese industriali, negli ultimi anni, quella appartenemìnti alle tre classi a maggior
consumo di gas hanno beneficiato di prezzi più vantaggiosi rispetto a quelli medi dell’Area Euro.
Tuttavia, tendenzialmente in riduzione almeno fino al 2018: per i grandi utenti, i prezzi inferiori
all’Area Euro.
Conclusioni
Il settore ha diverse caratteristiche tipiche del monopolio naturale legate a:
5• L’infrastruttura (rete di gasdotti, miniere di
stoccaggio).
6• La scala della produzione favorevole alla
coltivazione dei giacimenti da parte di unica impresa.
7• Le necessità gestionali di coordinamento
tra le fasi della filiera ed il dispacciamento.
8• Le caratteristiche economiche dei
contratti di approvvigionamento. (contratti di lungo periodo; incumbent controlla ancora il settore)
Usi in competizione dell’acqua: maggiore è per uso irriguo e per la produzione energetico
(idroelettrica), segue uso domestico, per uso produttivo e per allevamento.
Problema non riguarda tanto alla mancanza dell’acqua stessa ma alla mancanza dei mezzi
economici per infrastrutture: reti di questo settore molto importanti.
Infrastrutture all’Ente pubblico e gestione del servizio idrico integrato a un affidatario (società
pubblica, società mista, società privata); per affidare la gestione a una società privata o mista, si fa
una gara (aste e concessioni).
Parlamento allora ha deciso, dopo il referendum, di rafforzare il ruolo dell’ARERA nella gestione di
questo settore.
REGOLAZIONE AFFIDATA AD ARERA
Affidamento ad all’AEEGSI (ora ARERA) del monitoraggio e regolazioine del servizio idrico
integrato.
2• Con il decreto legge 201/11 e Dpcm 20 luglio 2012 sono state attribuite all'Autorità per
l'energia elettrica e il gas "le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici" in
precedenza affidate all'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua.
Queste funzioni fanno riferimento a diversi aspetti del Servizio Idrico Integrato:
3• verifica dei piani d'ambito;
4• definizione dei costi ammissibili e dei criteri per la determinazione delle tariffe a copertura
di questi costi;
5• predisposizione delle convenzioni tipo per l'affidamento del servizio;
6• definizione i livelli minimi di qualità dei servizi per gli aspetti tecnici, contrattuali e per gli
standard di servizio;
Dal 2012, ARERA ha prima di tutto avviato il monitoraggio annuale del servizio idrico integrato per
capire la situazione. Ogni anno redige questa relazione.
57
Perdite idriche: indicazione di quanta acqua viene persa nei sistemi idrici integrati; si misurano in
maniera precisa perché si vede quanta acqua viene immessa nell’infrastruttura e quanta acqua
viene misurata al consumo (pagata). In Italia sono elevate!
Altro indicatore sono le interruzioni del servizio: problema al sud e alle isole.
Indicatore qualità dell’acqua: ci sono miglioramenti.
Servizio di fognatura: altra criticità del sud.
Servizio di depurazione: problema del Centro.
Problemi aperti
7• Difficoltà della governance multilivello
8• Parcellizazione delle gestioni
9• Ritardi nell’adeguamento dei sistemi di fognatura e depurazione
10• Necessità di fare ulteriormente crescere gli investimenti
11• Aumentare la scala e rafforzare gli enti gestori
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Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nell’ambito degli obiettivi di economia circolare e
transizione verde ha posto l’attenzione sul necessario rafforzamento della governance e della
gestione del settore.
L’Italia è tra i paesi che investe di meno in impianti di raccolta e trattamento delle acque reflue!!!!
59
2• Necessità di crescita degli investimenti
A fronte delle criticità registrate in termini di assetto infrastrutturale i gestori idrici, anche sotto la
spinta della Regolazione, hanno reagito dando un impulso agli investimenti realizzati, che dal
2012 registrano una crescita costante, dopo anni di instabilità, attestandosi nel 2019 ad un valore
pro capite di 46€/ab (+17% rispetto al 2017). Sebbene il trend degli investimenti risulti crescente, il
valore nazionale appare ancora lontano dalla media europea a circa 90 €/ab.
60
Due utili strumenti:
14• Il meccanismo incentivante di ARERA
15• Il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza
61
Per l’Italia i fondi assegnati nel PNRR alla componente 4 – Tutela del territorio e della risorsa
idrica, ricompresa all’interno della Missione 2 – Rivoluzione verde e transizione ecologica, sono
pari a 4,38 Mld €, 2% del totale ammontare di risorse previste per il Recovery Plan.
Conclusioni
17• Il servizio idrico integrato è un bene pubblico essenziale e ha le caratteristiche del
monopolio naturale
18• Rispetto agli altri settori, nei servizi idrici la gestione del monopolio è stata mantenuta a
livello locale (comunale, provinciale, regionale)
19• Evidenti problemi e disomogeneità nei costi, tariffe, perdite, qualità, investimenti
20• Azienda pubblica, azienda mista o concessione a privati tramite gara per la gestione di
servizi idrici?
21• Importante ruolo del regolatore per stimolare l’efficienza e l’investimento
Anche in questo settore usate le tre modalità di intervento pubblico nel monopolio naturale.
15.12
IX. Come sta andando l’economia italiana in termini di PIL, PIL pro-capite,
competitività, produttività, costo unitario del lavoro, capacità esportativa? Di quali
problemi soffre? Qual è il suo modello di specializzazione? Qual è la sua
performance innovativa e da cosa dipende? Quali sono i problemi strutturali del
sistema produttivo italiano?
IL QUADRO ECONOMICO ED INDUSTRIALE
Interrogativi:
• Come sta andando l’economia italiana?
• Qual è il modello di specializzazione
• Quali sono i suoi punti di forza e debolezza?
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X. L’Italia è specializzata in alcuni dei settori: il mobile, la chimica fine e di specialità
e la meccanica strumentale. Descrivete le caratteristiche dei settori ed i loro punti
di forza e di debolezza.
16.12
ALCUNI SETTORI DI SPECIALIZZAZIONE (analisi di alcuni settori di specializzazione in
Italia: caratteristiche, fattori di successo, criticità e prospettive future); quota di export
rilevante
Il legno-arredamento
La chimica fine e di specialità
La meccanica strumentale
L'organizzazione del processo produttivo all'interno dei distretti industriali registra un'elevata
scomposizione tra imprese differenti, ciascuna delle quali può conseguire i vantaggi della
specializzazione (efficienze ed economie di scala). Contestualmente, la fitta rete di relazioni
interimpresa garantisce al processo l'adattabilità, in termini di volumi (elasticità) e di
differenziazione di prodotto (flessibilità), necessaria per adeguare rapidamente l'offerta alle
variazioni della domanda.
I rapporti tra imprese sono improntati alla cooperazione tra soggetti che operano a livelli differenti
del sistema produttivo e alla concorrenza fra quelli che svolgono la medesima attività. Ciò da un
lato favorisce il coordinamento, dall'altro conferisce al sistema un elevato dinamismo.
Il successo del modello produttivo dei distretti industriali è concordemente ascritto a due principali
fattori di sviluppo.
- Anzitutto, il forte ancoraggio socio-culturale ad un territorio circoscritto favorisce una rapida
circolazione delle idee e una facile interazione tra gli individui, che condividono una "cultura
distrettuale". Questa non si basa solo sulla condivisione delle conoscenze tecnico-produttive,
veicolate anche mediante specifici canali di formazione, ma include anche la cultura
imprenditoriale e l'identificazione nei valori e negli interessi del distretto.
63
- Un secondo fattore di sviluppo è l'esistenza di un approccio sistemico nelle relazioni
interimpresa secondo la logica della specializzazione flessibile. La natura reticolare delle
strutture organizzative distrettuali deriva spesso non da precisi schemi progettuali guidati da
un'impresa leader, ma come risposta spontanea al contesto competitivo; è così assicurata la
possibilità di sostituire un'impresa con altre che siano in grado di svolgere la medesima attività
lungo il processo produttivo. Contestualmente, si registra una notevole stabilità dei rapporti,
spesso basati su relazioni di mutua fiducia, in grado di favorire la ricerca di forme di
coordinamento che possano accrescere l'efficienza complessiva del distretto.
IL SETTORE DEL LEGNO ARREDAMENTO (quota maggiore sono aziende di piccole dimensioni
a carattere familiare)
L’industria del mobile è uno degli elementi portanti del Made in Italy e detiene posizioni di
leadership in quasi tutti i segmenti di mercato. Il contributo positivo del mobile alla bilancia
commerciale riflette la capacità delle imprese italiane di conquistare quote di mercato all’estero e
di soddisfare buona parte della domanda interna.
Negli ultimi vent’anni si è accresciuta costantemente l’internazionalizzazione commerciale
dell’industria del mobile: la propensione all’export delle imprese mobiliere italiane è passata dal
17% del 1980 al 34% nel 2006. Questa crescita è stata elevata per i mobili da camera e soggiorno
e per i mobili imbottiti, mentre in altri comparti - cucine e mobili per ufficio - è stata frenata anche
dalle specifiche caratteristiche dei prodotti e della distribuzione (si pensi all’importanza delle
produzioni su misura).
Negli ultimi anni emerge come le imprese italiane, pur mantenendo posizioni di leadership,
abbiano subito una graduale erosione delle proprie quote di mercato.
Andamento consumi in Italia: domanda interna calante; ogni tanto qualcuno cambia/arreda e poi ci
sono competitor forti come IKEA.
All’Estero: imports in crescita e anche l’export! Quindi, fatturato export in crescita; espansione più
importante fuori Europa.
64
Dopo una lunga crisi, negli ultimi tre anni il settore del Legno e Mobili sta registrando una fase di
ripresa. Nel 2017 la produzione sale del 5,1%, in accelerazione rispetto al +2,3% del 2016. Va
segnalato che nel confronto europeo l’Italia è il secondo produttore di Legno e Mobili dell’UE a 28.
Sul piano della produzione sono evidenti gli effetti della lunga e profonda crisi: nel 2017 il livello
della produzione in Italia rimane del 36,5% inferiore ai livelli del 2007. In positivo anche
il fatturato che nel 2017 sale del 4,2%, rafforzando il +2,8% dell’anno precedente.
Secondo il rapporto CSIL, in Italia, nel 2019, il settore del mobile ha registrato una stabilità delle
vendite sia sul mercato interno sia sui mercati esteri determinando una crescita nulla del fatturato
65
totale del settore a prezzi costanti. Il contesto macroeconomico italiano non ha aiutato le aziende
del settore.
La presenza del bonus mobili (sovvenzione agli acquisiti) ha favorito la tenuta dei consumi interni;
ma l’incertezza legata alle prospettive future continua a limitare l’ammontare effettivo degli acquisti
di mobili e anche le intenzioni future di acquisto.
Sul fronte delle vendite sui mercati esteri delle imprese italiane del settore, il 2019 ha mostrato un
rallentamento della crescita. Nel dettaglio, le vendite sui mercati UE stanno mostrando un ritmo di
marcia leggermente più sostenuto rispetto a quelle sui mercati Extra-UE grazie soprattutto alle
buone performance sul mercato francese e svizzero.
Problematica: molta chimica di base si è sposta verso altri Paesi (dumping), a causa dei vincoli
ambientali molto stringenti.
L’Europa è esportatore di chimica fine e di specialità; non lo è più di chimica base. La chimica di
base che si fa in Europa soddisfa la domanda interna; per la chimica di base l’elemento critico è il
costo delle materie prime e dell’energia.
Tra i fattori penalizzanti per la competitività europea, un elemento critico è rappresentato
dal costo dell’energia e delle materie prime. Per effetto della rivoluzione dello shale gas,
produrre etilene in Europa (dove si utilizza prevalentemente come materia prima la virgin
naphta, un derivato del petrolio) è diventato più costoso non solo rispetto al Medio Oriente,
ma anche agli Stati Uniti. L’etilene è il più diffuso “building block” dell’industria chimica
66
mondiale ed è un elemento fondamentale per molti materiali quali plastica, detergenti e
vernici.
Nel 2019 la produzione chimica mondiale, che realizza un valore pari a 3.3000 miliardi euro- è
cresciuta del 2%, un ritmo sottotono e in significativo rallentamento rispetto all’anno precedente
(+2,8%). La chimica mondiale risente dell’indebolimento del ciclo industriale, delle particolari
difficoltà del settore auto e delle tensioni commerciali, che coinvolgono non solo USA e Cina ma
anche l’UE. Per la chimica europea il 2019 segna il secondo anno consecutivo di contrazione della
produzione (-1,2% dopo il -0,4% dell’anno precedente). Se nel 2018 il calo era stato considerato, in parte
rilevante, connesso a fattori contingenti (secca del fiume Reno e conseguenti problemi logistici in
Germania), nel corso del 2019 è diventato evidente che l’Europa è alle prese con una recessione
industriale, sebbene di moderata entità. La debolezza della chimica si è via via estesa alla gran parte dei
Paesi guidata, in particolare, dalla Germania (primo produttore europeo, in calo del 3,1%). La chimica è un
settore di specializzazione strategico per l’industria europea. Impiega 1,2 milioni di addetti altamente
qualificati e, nell’ultimo anno, ha realizzato un valore della produzione pari a circa 550 miliardi di euro,
confermandosi quale quarto settore industriale europeo e secondo produttore chimico mondiale con una
quota pari al 17%.
L’Italia continua ad avere una quota importante a livello europeo: terzo produttore di chimica in
Europa.
In Italia l’industria chimica vede la presenza equilibrata di tre tipologie di attori:
- piccole-medie imprese che hanno un ruolo rilevante in tutta la chimica europea
- medio-grandi gruppi nazionali
- imprese a capitale estero
Nella chimica è presente un nucleo non ristretto di gruppi a controllo nazionale dotati della massa
critica per affrontare le sfide tecnologiche e del mercato globale. Insieme alle maggiori realtà della
chimica di base, figurano medio-grandi gruppi fortemente specializzati e spesso leader nel loro
segmento a livello mondiale o europeo.
L’Italia, inoltre, è ben posizionata nella chimica da biomasse, dove sono presenti imprese
tecnologicamente all’avanguardia. Sul territorio nazionale si stanno realizzando tra i più rilevanti
investimenti a livello mondiale in questo ambito e sono presenti impianti flagship, cioè i primi al
mondo per determinate tecnologie.
Quasi tutti i maggiori gruppi chimici a controllo nazionale hanno realizzato investimenti produttivi
all’Estero, non con finalità di delocalizzazione ma per rafforzare la propria posizione nel mercato
globale, alimentando così, in un circuito virtuoso, anche l’export, la produzione e l’occupazione sul
territorio italiano.
Anche le imprese a capitale estero rappresentano una risorsa importante per l’industria chimica in
Italia. La loro attività crea valore sul territorio in quanto producono e fanno ricerca. In diversi casi
l’Italia ospita un vero e proprio centro di eccellenza, che rappresenta il punto di riferimento del
gruppo a livrllo mondiale per la R&S in determinate aree della chimica o per specifiche produzioni.
Pur essendo fortemente integrata a livello europeo, l’industria chimica, in Italia, presenta alcune
caratteristiche peculiari. Mantiente nella chimica di base una presenza significativa e stratefica,
anche per forti legami di filiera, ma vede un ruolo di particolare rilevanza della chimica fine (i
principi attivi farmaceutici rappresentano un’eccellenza mondiale) e specialistica che rappresenza
il 59% della produione, ben 15% in più della media europea. Si tratta dei settori in cui prevale la
chimica delle formulazioni, ossia la vendita di miscele e prodotti chimici caratterizzati da
67
determinate prestazioni, Negli ultimi 10 anni le imprese di chimica delle specialità hanno sapiuto
costruire un saldo commerciale attivo per ben 3,8 miliardi e triplicato rispetto al precrisi.
La fase attuale, così come gli anni a venire, si caratterizza per i profondi mutamenti dello scenario
politico, sociale, tecnologico e competitivo. Per l’industria chimica la sfida principale risiede
nel promuovere lo sviluppo sostenibile e l’economia circolare. In questo ambito, la chimica
riveste un ruolo strategico in quanto fornisce input essenziali a numerose filiere e possiede le
competenze tecnologiche relative alla gestione delle sostanze e alla trasformazione della materia.
Le sue innovazioni, sempre più orientate alla sostenibilità ambientale, trovano impiego in tutta
l’industria manifatturiera, l’edilizia e l’agricoltura, configurando il settore come una vera e propria
infrastruttura tecnologica.
Per affrontare con successo la trasformazione digitale, l’industria chimica può contare, già oggi, su
una forza lavoro altamente qualificata: basti pensare che il 19% degli addetti è laureato (una
quota quasi doppia della media manifatturiera) e oltre il 42% degli operai è specializzato.
Inoltre, il settore investe fortemente nella formazione che coinvolge, ogni anno, il 42% dei
dipendenti a fronte di una media industriale pari al 26%. Anche i modelli organizzativi sono
avanzati e si basano su coinvolgimento e partecipazione come strumenti per prevenire e superare
possibili conflitti relativi all’impatto sulle risorse umane delle scelte organizzative.
Caratteristiche settoriali
«un settore sicuramente meno attraente del sistema moda dal punto di vista mediatico, ma anche
di più difficile inquadramento all’interno della letteratura economica dominante per l’essere da un
lato un settore di specializzazione (e non tradizionale) a tecnologia medio-alta e dall’altra non
avere una precisa connotazione distrettuale anzi ponendosi nei confronti di questo sistema in una
posizione ancillare (le macchine a servizio del distretto) se non apertamente contrastante.»
Limiti:
- La dimensione di impresa: molte e molto piccole: 1/3 di quelle tedesche
Il limite dimensionale delle imprese della meccanica italiana non impedisce alle aziende
italiane di raggiungere risultati uguali o superiori ai concorrenti europei: il fatturato per
addetto per l’Italia (242 mila euro) e tra i più alti nell’Ue, superiore a quello della Germania
(227 mila euro) e ben oltre la media europea
70
In Italia si parla da tempo di Industria 4.0: dopo la rivoluzione della meccanica, dell’elettricità e
dell’informatica, la nuova rivoluzione industriale riguarda la“fabbrica intelligente”, i“sistemi cyber-
fisici” o l’Internet delle cose”, ossia lo sviluppo di sistemi tecnologici in grado di scambiarsi
informazioni e interagire con l’ambiente esterno. Nella nuova Industria 4.0 si passerà dalla
produzione centralizzata e quella decentralizzata, i macchinari comunicheranno tra loro per
ottimizzare i processi e migliorare i prodotti, le tecnologie informatiche semplificheranno i flussi tra
reparti e funzioni e agevoleranno il lavoro del management, anche nei rapporti con fornitori e
distributori.
Gli imprenditori – il 70% secondo l’indagine Staufen – sanno che il passaggio a Industria 4.0 e
essenziale per crescere e per competere a livello internazionale, eppure molti ancora esitano
nell’apportare cambiamenti concreti all’interno della propria azienda. Le aree più interessate a
questa nuova ondata di innovazione saranno la produzione, la logistica, la gestione del
magazzino, le vendite e l’assistenza post-vendita, con miglioramenti attesi sul piano dell’efficienza.
Ma produrre apparecchiature elettriche non e lo stesso che produrre macchinari per il packaging o
attrezzature per la lavorazione della plastica: competere in un settore con produzioni in serie, alti
volumi e standardizzazione ha delle dinamiche profondamente diverse rispetto a competere in un
settore con produzioni su commessa, bassi volumi e alta personalizzazione, come tipicamente
avviene per molte imprese della meccanica. In un contesto di questo tipo, la qualità del prodotto e
del servizio offerto, più che i tempi di produzione e i costi contenuti, e cruciale per restare sul
mercato.
Dall’indagine SACE sopracitata emerge che le nostre aziende, rispetto alle concorrenti tedesche,
si distinguono proprio per l’alto grado di personalizzazione del prodotto (80,1%), per l’elevato
contenuto tecnologico dei macchinari (57,3%) e per tutte quelle componenti “sartoriali”che
distinguono la manifattura italiana anche in altri settori. Eppure questo non basta a fregiare l’intero
settore di un brand distintivo a livello Paese, come già avviene nella moda e nell’agroalimentare.
Infatti, ben il 44,2% delle aziende interpellate percepisce il brand dei macchinari Made in Italy
come inferiore al brand Made in Germany, a fronte di un magro 17,2% che lo considera superiore
Insieme alle politiche di prezzo, i nostri imprenditori ritengono, infatti, che la forza del brand sia la
caratteristica distintiva dell’offerta dei concorrenti tedeschi rispetto a quella nazionale. E evidente
che, per fare progressi in questo ambito, le imprese italiane devono muoversi con più decisione
verso una maggior valorizzazione del marchio italiano, investendo non solo in automazione,
innovazione ed efficienza produttiva, ma anche in iniziative di marketing, di comunicazione e
distributive adeguate e pervasive.
Diventare smarter e una strada che va intrapresa e percorsa con convinzione e passa attraverso
l’offerta di prodotti innovativi e di altissima qualità, il rafforzamento delle collaborazioni lungo la
filiera e la preparazione delle proprie persone al nuovo paradigma. Certo, rispetto alla Germania,
che ha avviato il programma “Industrie 4.0” già nel 2013, coinvolgendo governo, aziende e istituti
di ricerca, siamo in ritardo. Occorre un Sistema Paese forte, che metta in atto una politica
industriale mirata, promuova incentivi alla formazione delle figure professionali, sostenga la ricerca
e aggiusti il sistema finanziario alle esigenze delle nuove smart factory. Per ora, alcuni comparti
(ceramica, plastica, imballaggio) più di altri stanno facendo i primi passi con la propria bussola e,
in generale, il settore si sta muovendo verso Industria 4.0 un po’ alla rinfusa; ma se c’e qualcosa
che le nostre aziende della meccanica strumentale hanno capito prima dei concorrenti tedeschi e
che, nelle parole dello scienziato americano Jonathan Schattke, “la necessita e la madre delle
invenzioni, e vero, ma il padre e la creatività, e la conoscenza e la levatrice”.
17.12
Un tentativo di sintesi
72
Perché la politiche industriale?
Il punto di vista neoclassico è che i mercati sono efficienti per cui non c’è bisogno dell’intervento
pubblico nè per alterare l’allocazione delle risorse nè per scegliere le tecniche di produzione. E
anche se non lo fossero, non è molto probabile che l’intervento pubblico migliori il funzionamento
del sistema economico, anzi rischia di creare monopoli e rendite di posizione (fallimento del
governo).
Le crisi economiche (tra cui la recente del 2008-09) ed i fallimenti del mercato hanno reso il punto
di vista liberista (Washington Consensus) più debole e riproposto il tema delle politiche industriali.
Con quali giustificazioni?
74
Perché la politica industriale dopo la crisi del 2008-09?
Da Warwick, K. (2013), “Beyond Industrial Policy: Emerging Issues and New Trends”, OECD
Science, Technology and Industry Policy Papers, No. 2, OECD Publishing, Paris.
1. Introduction
Following the economic and financial crisis of 2008-09, policy makers are looking for new sources
of economic growth and employment creation. Some countries are concerned that their economic
growth trajectory has not been sufficiently balanced, with some sectors declining excessively and
others taking too strong a role in overall economic growth. In other countries, there are concerns
that manufacturing production has declined too much, and that knowledge and capabilities have
been irreversibly lost. And in some cases, there is a call for industrial policies to strengthen
specific sectors, technologies or areas of economic activity, such as advanced manufacturing,
knowledge-intensive business services or the ‘green’ economy, with the aim of fostering new
sources of economic growth.
The increased interest in ‘industrial policies’, broadly defined, comes at a time when global value
chains have become more complex and more important, and when competition from emerging
economies is growing, even in activities and markets that were, until recently, considered the core
strengths of OECD countries.
At the same time, many governments still face serious budget constraints following the economic
crisis, and are seeking more effective and often more selective and low-cost policy interventions
that can help strengthen their economy. Establishing priorities in areas where government action
can make a difference is therefore of growing policy interest, and is evident, for example, in the
debate in the European Union on ‘smart specialisation’. But how and where to act remains a
difficult question and the historical experience with targeted interventions and industrial policies is
mixed at best.
76
Alcune possibili classificazioni
42• Politiche industriali (manifattura e servizi) vs. politiche economiche (monetarie, creditizie,
fiscali, lavoro)
43• Politiche industriali orizzontali (che influenzano tutti i settori e tutte le imprese, come i
programmi di R&S, la formazione, la legislazione ambientale) vs. politiche industriali verticali o
selettive (mirate a specifici settori, filiere o cluster). Quelle selettive possono essere applicate ai
sistemi locali, ai settori o alle tecnologie per recuperare o guadagnare competitività.
44• Politiche industriali a livello europeo, nazionale o regionale
77
QUALI POLITICHE INDUSTRIALI?
45• Promozione della concorrenza (intese, concentrazioni, abuso di posizione dominante)
46• Regolamentazione dei monopoli naturali (liberalizzazioni, aste,…) – costo dell’energia
elettrica, dei trasporti, delle telecomunicazioni
47• Contributi alla produzione ed in conto capitale, agevolazioni fiscali e aiuti di stato
1. R&S (fallimento del mercato)
2. Investimenti infrastrutturali (nei settori in monopolio naturale)
3. Aree depresse
48• Politiche per l’innovazione: non solo di processo (riduzione dei costi) ma soprattutto di
prodotto e di tipo commerciale
49• Politiche per la formazione del capitale umano
La legge 488/92 nasce dopo la conclusione dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno, con lo
scopo di sostenere lo sviluppo economico nelle aree depresse del Paese tramite la concessione
ed erogazione di agevolazioni in favore delle attività produttive.
Lo strumento di incentivazione della legge 488 è il contributo a fondo perduto a fronte di
programmi di investimento pluriennali volti “alla realizzazione di nuove attività produttive ovvero
all’incremento della capacità produttiva e dell’occupazione, all’aumento della produttività, al
miglioramento delle condizioni ecologiche legate ai processi produttivi, all’aggiornamento
tecnologico, al rinnovo, alla riorganizzazione, alla diversificazione della produzione, alla modifica
dei cicli produttivi, alla ripresa dell’attività, al cambiamento della localizzazione degli impianti di
unità produttive esistenti” (art. 3).
Destinatarie delle agevolazioni sono le imprese dei settori manifatturiero, commerciale, turistico e
dei servizi, situate nelle aree del Mezzogiorno in ritardo di sviluppo (aree Obiettivo 1), nelle aree
del Centro-Nord a declino industriale (aree Obiettivo 2), nelle zone del Centro-Nord rurali
svantaggiate (aree Obiettivo 5b) e in tutte le altre aree depresse ammesse agli aiuti di
competenza regionale.
78
Dal 1996 al 2003 sono stati pubblicati 13 distinti bandi, di cui 6 riguardanti le imprese del settore
manifatturiero. Con questi 13 bandi sono state concesse agevolazioni per 17 miliardi di euro (circa
il 30% del totale degli aiuti alle imprese), di cui l’88% destinati ad imprese situate nel Mezzogiorno.
I progetti approvati sono stati circa 31.000, di cui due terzi al Sud. A causa delle selettività della
procedura di ammissione, meno del 50% delle richieste di finanziamento presentate sono state
approvate.
Contiene infatti un raro esempio di esplicita clausola valutativa, sotto forma di un esplicito
mandato assegnato allo stesso Ministero dell’Industria a svolgere attività di “valutazione
dell’efficacia degli interventi rispetto allo sviluppo economico delle aree interessate”
- Patti territoriali
Il Patto territoriale è uno strumento per lo sviluppo locale avviato operativamente in Italia nel 1998,
che integra interventi di incentivazione al capitale per compensare gli svantaggi localizzativi del
territorio e interventi di contesto (infrastrutture materiali e immateriali) per rimuovere
strutturalmente tali svantaggi.
Due sono i principali obiettivi del patto territoriale: 1) promuovere la cooperazione fra soggetti
pubblici e privati di un dato territorio affinché disegnino e realizzino progetti di miglioramento del
contesto locale; 2) favorire attraverso tali progetti e attraverso la concentrazione territoriale e
tematica un volume di investimenti privati capace di produrre esternalità, ossia vantaggi anche per
altre imprese e per nuovi investimenti.
- Il credito di imposta
0• Il credito d’imposta introdotto con la Legge no. 388 del 2000 ha rappresentato il principale
intervento di sostegno agli investimenti nelle aree in ritardo di sviluppo; da quando è stato
introdotto e sino al 2005, sono state così finanziate 200.340 imprese per un totale di 5,7 miliardi di
euro.
1• Il credito d’imposta riduce il costo dell’investimento senza alterarne il rendimento. Nel
caso della Legge 388, il bonus fiscale può essere portato in detrazione a qualsiasi tipo di
pagamento da effettuare alla Pubblica Amministrazione; il programma quindi non è circoscritto alle
sole imprese che presentano un utile d’esercizio. Gli incentivi hanno riguardato soltanto imprese
operanti in determinate aree, situate principalmente nelle regioni meridionali, con percentuali di
sgravi differenziate per regione.
2• Gli investimenti delle imprese che hanno fatto ricorso al credito d’imposta sono stati
confrontati sia con quelli delle imprese localizzate in aree agevolate che hanno scelto di non
utilizzare gli sgravi, sia con gli investimenti delle imprese localizzate in aree non agevolate, che
non potevano quindi usare gli incentivi. In media, gli investimenti delle imprese che hanno scelto di
beneficiare della detrazione sono risultati superiori a quelli di imprese, con caratteristiche simili,
appartenenti ai due gruppi di controllo.
3• Il credito d’imposta sembra quindi essersi positivamente riflesso sulla crescita degli
investimenti, consentendo l’attivazione di iniziative che in assenza di agevolazione non sarebbero
80
state avviate. Inoltre, l’effetto sull’accumulazione non pare che possa essere ricondotto a
fenomeni di sostituzione intertemporale, oppure che abbia prodotto distorsioni sull’efficienza e la
redditività delle imprese sussidiate.
4• Per quanto riguarda il controllo dei flussi di spesa da parte dell’amministrazione erogante,
tuttavia, il credito d’imposta presenta significative limitazioni. In particolare, a causa
dell’automaticità di erogazione del beneficio e della mancanza di filtri autorizzativi, è difficile per
l’amministrazione prevedere il numero di imprese che faranno ricorso agli sgravi e le dimensioni
complessive degli sgravi stessi.
5• Nell’esperienza concreta di attuazione della Legge 388, dopo meno di due anni
dall’avvio dell’iniziativa, le allocazioni di bilancio per il credito d’imposta vennero drasticamente
diminuite per far fronte ai vincoli di finanza pubblica; contestualmente fu introdotto un criterio di
approvazione ex-ante delle richieste di agevolazione, basato su un meccanismo di precedenza
temporale delle richieste.
Conclusioni su «Contributi alla produzione ed in conto capitale, agevolazioni fiscali e aiuti di stato”
- Principalmente destinate alle aree territoriali in ritardo di sviluppo (agevolazioni fiscali, patti
territoriali): orizzontali
- Ma anche Smart Specialisation Strategy (S3): verticali
- Efficacia: parziale, dubbia
- Scarsità di fondi
- Discontinue
Sviluppo Precompetitivo: E' la concretizzazione dei risultati della ricerca industriali in un piano,
progetto o disegno per prodotti, processi produttivi o servizi nuovi, modificati o migliorati, siano
essi destinati alla vendita o all'utilizzazione, compresa la creazione di un primo prototipo non
idoneo ai fini commerciali.
24• La crescita della produttività del lavoro in Italia è stata nell’ultimo decennio tra le più
basse dell’UE, particolarmente nel settore manifatturiero. Tra le possibili cause di questa
deludente performance, spicca il basso investimento in ricerca e sviluppo (R&S). Nel 2006, l’Italia
ha investito in R&S solo l’1,14 per cento del PIL, un valore ben al di sotto della media europea
(1,77) e degli obiettivi del trattato di Lisbona. Mentre il contributo pubblico alla spesa in R&S risulta
in linea con quello degli altri paesi europei, quello privato risulta particolarmente basso. Ciò
potrebbe discendere, in parte, dalla frammentazione del sistema produttivo italiano, in cui oltre il
99 per cento delle imprese attive ha meno di 250 dipendenti.
25• La letteratura teorica ed empirica mostra che la relazione tra innovazione e dimensione di
impresa è positiva. L’attività innovativa delle piccole e medie imprese (PMI), sia essa radicale o
incrementale, si differenzia da quella delle grandi imprese per il limitato ricorso alla spesa in R&S.
26• Utilizzando i dati provenienti da tre indagini successive sulle imprese manifatturiere
italiane condotte da Unicredit che si riferiscono al periodo 1995-2003, il lavoro esamina come e in
quali condizioni si svolga l’attività innovativa nelle imprese con meno di 250 addetti. Viene stimato
un modello che coglie i legami tra innovazione, investimenti in R&S, dimensione d’impresa e
produttività, la cui formulazione risulta particolarmente adatta per le PMI in quanto si basa su un
modello comportamentale che permette di ricostruire lo sforzo innovativo anche delle imprese che
non hanno, o non hanno riportato, spese in R&S.
- Dai risultati emerge che l’intensità di R&S (misurata come spesa in R&S per addetto) risulta
più elevata nelle imprese più esposte alla concorrenza internazionale; tale effetto è più forte
nei settori high-tech, nei quali lo sforzo innovativo è di norma doppio rispetto a quello dei
settori low tech.
- La dimensione d’impresa, l’intensità di R&S e gli investimenti materiali aumentano la
probabilità di ottenere innovazioni, ma è la spesa in R&S ad avere l’impatto maggiore:
raddoppiandone il valore, la probabilità di realizzare innovazioni aumenta del 20 per cento
per quelle di processo, del 25 per cento per quelle di prodotto.
- Come atteso, l’attività innovativa, soprattutto di processo, ha un effetto positivo sulla
produttività del lavoro. L’innovazione di prodotto risulta più rilevante per le imprese dei
settori high-tech; in questi ultimi, le imprese con più di 15 anni risultano significativamente
meno produttive rispetto a quelle più giovani.
Industria 2015
Industria 2015 è il nome sintetico del Disegno di legge per la competitività ed il rilancio della
politica industriale, approvato il 22 settembre del 2006 dal Governo Prodi II.
Il Disegno di legge mira a riportare al centro dell'attenzione i temi dell'impresa, che esso intende
come il luogo dove la tradizione e l'innovazione si incontrano, si crea nuova ricchezza, si
valorizzano le singole competenze, i giovani trovano il loro sbocco professionale. Inoltre, nella
comune presenza di personale italiano e immigrato, Industria 2015 vede il tempo trascorso
all'interno dell'impresa come un'occasione privilegiata per la pacifica integrazione di culture
diverse.
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Nell'attuazione degli interventi previsti, il Ministero dello sviluppo economico è assistito dall'Istituto
per la Promozione Industriale (IPI), sua agenzia tecnica.
Gli strumenti sui quali ruota l'azione di Industria 2015 sono: i Progetti di innovazione industriale
(PII), le Reti d’impresa, la Finanza innovativa.
Ogni PII è individuato in base alle linee strategiche di Industria 2015, seguendo il criterio di un
palese impatto macroeconomico di livello nazionale, e deve possedere le seguenti caratteristiche:
27• focalizzazione sugli obiettivi di avanzamento tecnologico definiti nelle linee strategiche;
28• ricaduta industriale in termini di nuovi processi, prodotti o servizi;
29• integrazione di strumenti di aiuto alle imprese, azioni di contesto, misure di
regolamentazione e semplificazione amministrativa;
12• coinvolgimento di grandi imprese, PMI, centri di ricerca;
13• sinergia dei soggetti pubblici responsabili delle azioni a sostegno, e particolarmente delle
Regioni che possono anche intervenire nelle operazioni di finanziamento;
14• attenzione allo sviluppo delle imprese giovanili.
I primi cinque PII individuati hanno per oggetto i seguenti temi: Efficienza energetica, Mobilità
sostenibile, Nuove tecnologie per la vita, Nuove tecnologie per il made in Italy, Tecnologie
innovative per i Beni culturali.
Le Reti d'impresa costituiscono un'alternativa per quelle aziende che vogliono aumentare la loro
forza senza doversi necessariamente unire in una fusione o ricadere sotto il controllo di un unico
soggetto.
Finanza innovativa. Con Industria 2015 nascono due nuovi fondi pubblici per realizzare gli obiettivi
di innovazione industriale e sostenere lo sviluppo del sistema produttivo italiano: il Fondo per la
competitività e lo sviluppo, il Fondo per la finanza d'impresa.
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La valutazione delle politiche
- Avendo invece a disposizione risorse assai limitate per le politiche industriali va in tutti modi
evitato di usarle in modo inefficiente. Ciò richede un’adeguato processo di valutazione che
esplichi tutte e tre le fasi del processo: quella ex-ante, in-itinere ed ex-post, così come
adeguatamente prescritto dall’Unità di valutazione degli investimenti pubblici (UVAL) che opera
presso il Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica del Ministero dello Sviluppo
Economico.
- La valutazione è anche prevista dai Fondi Strutturali europei
- La fase di valutazione ex-ante prevede: la descrizione dei problemi, l’analisi dei bisogni,
l’analisi della logica o della teoria del programma, lo studio di fattibilità e l’aiuto alla decisione.
- La fase di valutazione in itinere prevede: l’analisi dell’implementazione, la valutazione del
processo, ed il monitoraggio del programma.
- La fase di valutazione ex post prevede: la valutazione degli esiti, l’analisi costi- benefici,
l’analisi costi-efficacia. Questo tipo di valutazione è la più difficile e la meno applicata, anche a
livello europeo.
- Le regioni italiane hanno in passato scarsamente applicato questi principi alle loro politiche
industriali e quindi mancano adeguati elementi (dati, informazioni, pubblicazioni) che oggi
sarebbe utili per poter adeguatamente intervenire ad arrestare il declino industriale.
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- La gestione delle politiche selettive è stata spesso approssimativa (Industria
2015)
- Mancano di continuità temporale
- I finanziamenti risentono della crisi economica
- La valutazione ex-post dell’efficacia delle misure è carente
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