1. La diffusione dell’industria
La rivoluzione industriale, che aveva avuto origine in Inghilterra, influenzò anche gli altri stati
europei che presero come esempio l’esperienza e le innovazioni tecnologiche inglesi. Infatti gli altri
paesi dovevano reggere la concorrenza dei prodotti inglesi immessi sul mercato in grande
quantità (grazie alle macchine) e a prezzi inferiori.
Dopo l’Inghilterra, la rivoluzione industriale avviene nelle regioni europee situate a nord-
ovest (Belgio, Francia, Renania, Sassonia.).
Queste regioni europee presentano condizioni molto simili a quelle dell’Inghilterra per quanto
riguarda: vie di comunicazione, disponibilità di capitali, risorse di carbone, esperienza nel settore
tessile e siderurgico.
Quanto più tardi avvenne l’industrializzazione negli altri paesi rispetto all’Inghilterra, tanto maggiori
furono le differenze col modello inglese. Il modello più simile a quello inglese fu il belga.
In Inghilterra l’industrializzazione era partita dal settore tessile ed era stata possibile grazie
ai capitali di imprenditori privati; inoltre, i beni di consumo prodotti erano stati immediatamente
destinati al mercato.
Nelle altre regioni europee, invece, il settore principale del processo di industrializzazione fu
quello del carbone e del ferro e la produzione non si concentrò sui beni di consumo ma sulle
fonti energetiche (ferro-carbone) e i beni di investimento (banche e istituti di credito che
finanziavano le attività economiche). Questi settori (siderurgico- ferroviario) su cui si concentrò
l’industrializzazione degli altri paesi europei richiedevano, infatti, molti più capitali di quanto
potessero disporre gli imprenditori privati; quindi i capitali dovevano essere messi a disposizione
dallo stato (così avvenne in Russia e in Italia) o dalle banche (così avvenne in Germania).
Tra il 1850 e il 1870 si assiste ad un a crescita economica in Belgio, Francia e Germania grazie a
un cambiamento che interessa il sistema bancario.
Prima le banche fornivano prestiti a breve termine, dall’ottocento si afferma la banca di
investimento che garantisce prestiti a medio e lungo termine per investimenti industriali.
In Germania si sviluppa la banca mista che offre crediti a breve termine ma offre anche
finanziamenti a lungo termine che favoriscono investimenti nell’industria.
La modernizzazione europea
In Inghilterra, nelle regioni centro-occidentali d’ Europa e in Italia settentrionale,
l’industrializzazione rivoluzionò non solo la produzione ma anche la struttura sociale, lo stile di vita,
il modo di pensare, la cultura della popolazione. Tutti questi aspetti, uniti a cambiamenti
demografici e ad una mobilità territoriale, contribuirono alla modernizzazione di quei paesi che ne
furono coinvolti.
Borghesi e proletari
Nell’Ottocento nascono due nuove classi sociali: la borghesia e il proletariato che operano
nell’industria; la borghesia investe capitali nell’industria per ottenere profitto, i proletari sono forza
lavoro dell’industria e il loro lavoro è ricompensato con un salario.
Le borghesie ottocentesche
Nell’ambito della borghesia dobbiamo fare distinzione fra alta borghesia (imprenditori
industriali e agricoli, banchieri, finanzieri),media borghesia (mercanti, commercianti) e piccola
borghesia (artigiani, bottegai).
La parte più dinamica e più importante per il processo di industrializzazione è la borghesia
capitalista che possiede terre e fabbriche e che investe i propri capitali per ricavare
profitto.
La condizione operaia
Gli operai erano costretti a lavorare 14-15 ore al giorno in ambienti pericolosi e malsani, con salari
bassissimi e senza nessun tipo di tutela infatti:
il lavoro non era sicuro
non era garantita la copertura economica (assicurazione o indennità) in caso di infortuni o
malattia
non era garantita la pensione; solo alla fine dell’Ottocento le prime forme di pensione
vennero introdotte in Germania e Gran Bretagna.
Mentre nella società contadina la comunità era costituita da famiglie patriarcali (composte da
nonni, genitori, figli e altri parenti) unite e solidali nei confronti di chi si trovava in difficoltà, l’operaio
si trovava generalmente lontano dal contesto di origine e quindi gli mancava la solidarietà della
comunità di provenienza. Per questi motivi nascono le prime associazioni operaie: le società di
mutuo soccorso,i sindacati che hanno il compito di aiutare i lavoratori e le loro famiglie a
migliorare le condizioni di vita e di lavoro.
In Inghilterra tra fine Settecento e il 1810-15 nascono le prime forme di rivolta; una delle prime fu
quella del movimento chiamato luddismo* dal nome dell’operaio Ned Ludd che fu il promotore della
rivolta contro le macchine che rubavano il lavoro agli uomini.
Attraverso altre forme di protesta come scioperi e manifestazioni, gli operai rivendicano diritti come
quello di associazione che, come lo sciopero, era stato proibito dal Parlamento.
Nel 1819 a Manchester l’esercito aggredisce una folla di lavoratori presenti a un comizio al campo
St. Peter (massacro di Peterloo).
Nascono i primi sindacati: le Trade Unions
Gli obiettivi delle prime lotte operaie erano: la riduzione delle ore di lavoro, l’aumento dei
salari ma anche il diritto di associazione, cioè il diritto di unirsi per difendere i propri
interessi.
Il Parlamento inglese aveva proibito i sindacati sin dal 1799: l’associazione era dunque illegale, al
pari dello sciopero. Scioperare, ancora per buona parte dell’Ottocento, significava perdere il posto
di lavoro o addirittura finire in prigione. La lotta sindacale era dunque difficile e pericolosa anche
perché in quel momento, l’offerta di lavoro superava ampiamente la domanda: per ogni lavoratore
occupato in fabbrica ce n’erano dieci pronti a prenderne il posto.
Le prime lotte operaie ottennero il diritto di associazione, il diritto di sciopero, la riduzione
della giornata lavorativa a dodici e poi a dieci ore, la limitazione dello sfruttamento di donne
e bambini.
Parliamo, però, delle società industriali più evolute: quella inglese, francese e belga; altrove, come
in Germania o in Italia, queste conquiste giunsero solo alla fine dell’Ottocento o nel Novecento.
La lotta organizzata degli operai rivendicava anche il riconoscimento di diritti politici.
Il cartismo (movimento che si sviluppò in Gran Bretagna) rivendicava non solo migliori condizioni di
lavoro e provvedimenti di assistenza ai poveri, ma anche riforme politiche contenute nella Carta
del popolo ( da cui il movimento prese il nome).
Si trattava di una petizione sottoscritta da oltre un milione di persone e presentata al parlamento
nel 1838. Le richieste erano:
suffragio universale
elezione annuale del parlamento
segretezza del voto
corresponsione ai parlamentari di uno stipendio per contrastarne la corruzione
abolizione dei limiti di censo per i candidati
La petizione cartista fu respinta ma dimostrò che esisteva un vasto movimento operaio e
popolare deciso a prendere parte alla vita politica.
*Luddismo: si sviluppò in Gran Bretagna all’inizio dell’Ottocento ( il nome deriva dal mitico capo
operaio Ned Ludd). I luddisti erano artigiani proletarizzati, quindi operai specializzati che vedevano
nel diffondersi delle macchine tessili una minaccia non solo alla loro professionalità, ma alla loro
stessa sopravvivenza. A macchina, infatti, permetteva agli imprenditori di assumere manodopera a
basso prezzo, specie donne e bambini, per svolgere operazioni che precedentemente
richiedevano abilità artigianali. La repressione del luddismo fu violentissima, tanto che si arrivò a
punire con la morte la distruzione di macchine:
4. Il socialismo
Le lotte sindacali e operaie portarono alla formazione di movimenti politici che diedero vita
all’ideologia socialista che aveva l’obiettivo di costituire una società libera ed egualitaria.
I socialisti pensavano che lo sfruttamento e la povertà fossero ineliminabili all’interno del sistema
capitalistico, fondato sulla proprietà privata.
Il socialismo criticava radicalmente il liberalismo sostenendo che l’esaltazione della libertà
dell’individuo e del mercato nasconde in realtà l’oppressione e lo sfruttamento della maggior parte
della società.
Secondo i socialisti dell’Ottocento le garanzie e le libertà tanto esaltate dal liberalismo non sono
universali, ma di una ristretta minoranza che detiene il potere economico, politico e la cultura.
Dunque in una società divisa in classi il valore fondamentale non è la libertà ma la giustizia sociale.
A differenza dei democratici per cui era importante l’uguaglianza politica(uguaglianza formale) per i
socialisti oltre a questa si doveva realizzare l’uguaglianza sostanziale(condizioni e opportunità di
vita).
Il pensiero socialista dell’Ottocento è costituito da un insieme di idee culturali e politiche che
vanno: dall’illuminismo di Rousseau a l’utopismo settecentesco, al giacobinismo fino
all’umanitarismo cristiano.
Vari pensatori:
Utopisti:
Fourier tentò di realizzare un nuovo modello di società basato su molte piccole comunità, di circa
1600 persone riunite in un’unica struttura, il falansterio, comunità di vita e di lavoro dove le
mansioni vengono svolte a turno, il reddito viene diviso equamente e dove c’è la parità dei sessi;
Owen, imprenditore filantropo, riformatore e dirigente sindacale. Proprietario di una filanda ebbe
modo di constatare direttamente i devastanti effetti dello sviluppo industriale sui lavoratori:
abbrutimento fisico e psichico, alcolismo, ignoranza, criminalità, cui corrispondevano negli
imprenditori, l’avidità di guadagno e la sfrenata concorrenza. Per rimediare a questi danni per
Owen bisognava basare l’economia sulla cooperazione e non sulla concorrenza. Progettò
comunità agricolo-industriali autosufficienti, in cui i produttori si scambiassero direttamente le merci
al valore determinato dalla quantità di lavoro in esse contenuta.
Proudhon affermava che la “proprietà è un furto”, non proponeva l’abolizione della proprietà ma la
sua estensione a una pluralità di soggetti- artigiani, piccoli imprenditori, società cooperative- posti
in condizione di sviluppare con profitto la propria attività; in questo caso la proprietà ha un alto
valore sociale.
La prima internazionale