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Capitolo 9

1. La diffusione dell’industria 
La rivoluzione industriale, che aveva avuto origine in Inghilterra,  influenzò anche gli altri stati
europei che presero come esempio l’esperienza e le innovazioni tecnologiche inglesi. Infatti gli altri
paesi dovevano reggere la concorrenza dei prodotti inglesi  immessi sul mercato in grande
quantità (grazie alle macchine) e a prezzi inferiori. 

Dopo l’Inghilterra, la rivoluzione industriale avviene nelle regioni europee situate a nord-
ovest (Belgio, Francia, Renania, Sassonia.). 
Queste regioni europee presentano condizioni molto simili a quelle dell’Inghilterra per quanto
riguarda: vie di comunicazione, disponibilità di capitali, risorse di carbone, esperienza nel settore
tessile e siderurgico. 

 Successivamente l’industrializzazione interessò la Germania centrale e nord-orientale,


parte dell’impero austro-ungarico  e, infine la Russia e l’Italia. 

Quanto più tardi avvenne l’industrializzazione negli altri paesi rispetto all’Inghilterra, tanto maggiori
furono le differenze col modello inglese. Il modello più simile a quello inglese fu il belga. 
 In Inghilterra l’industrializzazione era partita dal settore tessile ed era stata possibile grazie
ai capitali di imprenditori privati; inoltre, i beni di consumo prodotti erano stati immediatamente
destinati al mercato. 
Nelle altre regioni europee, invece, il settore principale del processo di industrializzazione fu
quello del carbone e del ferro e la produzione non si concentrò sui beni di consumo ma sulle
fonti energetiche (ferro-carbone) e i beni di investimento (banche e istituti di credito che
finanziavano le attività economiche). Questi settori (siderurgico- ferroviario) su cui si concentrò
l’industrializzazione degli altri paesi europei richiedevano, infatti, molti più capitali di quanto
potessero disporre gli imprenditori privati; quindi i capitali dovevano essere messi a disposizione
dallo stato (così avvenne in Russia e in Italia) o dalle banche (così avvenne in Germania).  

Il ruolo strategico delle ferrovie


Le ferrovie ebbero un ruolo importante nel processo di industrializzazione per i seguenti motivi: 
1. La costruzione di ferrovie richiedeva l’impiego di fonti energetiche (carbone e vapore)e di
materie prime (ferro) quindi incentivò il settore siderurgico; inoltre grazie alla rete ferroviaria le
merci venivano trasportate in tempi più brevi e a costi più bassi.
2. Le ferrovie contribuirono a unificare il mercato perché permettevano la circolazione delle
merci e quindi favorirono anche la crescita della domanda e della produzione.
3. Le ferrovie contribuirono a rinnovare la tecnologia nella produzione manifatturiera.

La banca di investimento e la banca mista

Tra il 1850 e il 1870 si assiste ad un a crescita economica in Belgio, Francia e Germania grazie a
un cambiamento che interessa il sistema bancario. 
Prima le banche fornivano prestiti a breve termine, dall’ottocento si afferma la banca di
investimento che garantisce prestiti a medio e lungo termine per investimenti industriali. 
In Germania si sviluppa la banca mista che offre crediti a breve termine ma offre anche
finanziamenti a lungo termine che favoriscono investimenti nell’industria. 

Commerci oro e moneta


L’aumento degli scambi commerciali porta a un aumento della circolazione di moneta favorita
anche dalle risorse di oro provenienti dai giacimenti scoperti in Canada;Australia e Sud Africa.
Iniziano a circolare anche  cambiali e titoli di credito. La stabilità monetaria (c’è stabilità se non c’è
una grossa variazione quando si cambia una valuta con un’altra estera, es. oggi ci sarebbe
stabilità economica se per esempio un euro corrispondesse a un dollaro), che favorisce gli scambi
commerciali, è basata su un sistema monetario in cui il valore della valuta (moneta) è agganciato
all’oro. 
L’affermazione del libero scambio
I governi europei favoriscono il libero scambio  riducendo il sistema del protezionismo ( con
questo sistema si privilegia la produzione nazionale e si frena l’importazione di merci estere
imponendo forti dazi).
In Inghilterra si abolisce la legge sul grano che imponeva forti dazi ai prodotti agricoli stranieri.  A
favore del libero mercato  e, quindi, dell’abolizione dei dazi sulle merci straniere, sono i
liberisti, che si ispirano appunto alla teoria liberista di Smith. 
I protezionisti non sono d’accordo ma prevale l’idea dei liberisti e si eliminano i dazi sul
grano e poi anche su altre merci. 

Inizialmente solo l’inghilterra è favorevole ell’eliminazione dei dazi e a promuovere il libero


mercato. La Germania, per esempio, per proteggere la propria produzione industriale dalla
concorrenza, attua il protezionismo. Presto, però, diversi paesi si rendono conto che la riduzione
dei dazi favorisce la crescita degli scambi e quindi dei commerci e, ovviamente, la crescita
economica. 
Pertanto, vengono firmati  trattati commerciali che annullano i dazi su molte merci. 
 
2. La società nell’Europa industriale

La modernizzazione europea
In Inghilterra, nelle regioni centro-occidentali d’ Europa e in Italia settentrionale,
l’industrializzazione rivoluzionò non solo la produzione ma anche la struttura sociale, lo stile di vita,
il modo di pensare, la cultura  della popolazione. Tutti questi aspetti, uniti a  cambiamenti
demografici e ad una mobilità territoriale, contribuirono alla modernizzazione di quei paesi che ne
furono coinvolti. 

Un nuovo ciclo demografico


Nell’Ottocento inizia una crescita demografica che non si arresterà mai fino ai giorni nostri.
Quest’aumento demografico è dovuto ad un tasso alto di natalità rispetto ad un basso tasso di
mortalità favorito da un miglioramento dell’alimentazione e delle condizioni igienico-sanitarie.
Inoltre l’industrializzazione ha garantito una quantità di risorse in abbondanza rispetto alla
popolazione. 

Dagli ordini alle classi

Nell’Ottocento aumenta la mobilità sociale cioè la possibilità di modificare la propria professione, il


reddito e le condizioni sociali. La società preindustriale era basata sugli ordini (norme giuridiche
stabilivano la posizione sociale).
Nella prima metà dell’Ottocento si inizia ad utilizzare il termine  “classe”per indicare insieme di
persone che svolgono lo stesso tipo di lavoro, ricoprono lo stesso ruolo sociale e condividono gli
stessi valori e stili di vita. La distinzione per classi sociali si basa su elementi economici e culturali
non giuridici perché la posizione di fronte alle legge è uguale per tutti.

Borghesi e proletari
Nell’Ottocento nascono due nuove classi sociali: la borghesia e il proletariato che operano
nell’industria; la borghesia investe capitali nell’industria per ottenere profitto, i proletari sono forza
lavoro dell’industria e il loro lavoro è ricompensato con un salario.

Le borghesie ottocentesche
Nell’ambito della borghesia dobbiamo fare distinzione fra alta borghesia (imprenditori
industriali e agricoli, banchieri, finanzieri),media borghesia (mercanti, commercianti) e piccola
borghesia (artigiani,  bottegai).  
La parte più dinamica e più importante per il processo di industrializzazione è la borghesia
capitalista che possiede terre e fabbriche e che investe i propri capitali per ricavare
profitto. 

Chi era il proletario?


Proletario è colui che ha solo la prole (figli) e  possiede solo la capacità di lavorare. Il proletario
lavora o nei campi (proletario agricolo) o come operaio in fabbrica (proletario industriale).
Nell’Ottocento diventano proletari ex artigiani costretti a chiudere bottega e a lavorare in fabbrica,
ex contadini, donne e bambini costretti anch’essi a lavorare in fabbrica. 
All’interno della fabbrica si crea una gerarchia che a seconda delle specializzazioni e delle funzioni
svolte determina anche una differenza di salario.  

3. Il movimento operaio e le sue organizzazioni

La condizione operaia
Gli operai  erano costretti a lavorare 14-15 ore al giorno in ambienti pericolosi e malsani, con salari
bassissimi e senza nessun tipo di tutela infatti: 
 il lavoro non era sicuro
 non era garantita la copertura economica (assicurazione o indennità) in caso di infortuni o
malattia
 non era garantita la pensione; solo alla fine dell’Ottocento le prime forme di pensione
vennero introdotte in Germania e Gran Bretagna. 

Prime forme di associazionismo operaio 

Mentre nella società contadina la comunità era costituita da famiglie patriarcali (composte da
nonni, genitori, figli e altri parenti) unite e solidali nei confronti di chi si trovava in difficoltà, l’operaio
si trovava  generalmente lontano dal contesto di origine e quindi gli mancava la solidarietà della
comunità di provenienza. Per questi motivi nascono le prime associazioni operaie: le società di
mutuo soccorso,i sindacati che hanno il compito di aiutare i lavoratori e le loro famiglie a
migliorare le condizioni di vita e di lavoro.

In Inghilterra tra fine Settecento e il 1810-15 nascono le prime forme di rivolta; una delle prime fu
quella del movimento chiamato luddismo* dal nome dell’operaio Ned Ludd che fu il promotore della
rivolta contro le macchine che rubavano il lavoro agli uomini.
Attraverso altre forme di protesta come scioperi e manifestazioni, gli operai rivendicano diritti come
quello di associazione che, come lo sciopero, era stato proibito dal Parlamento.  
Nel 1819 a Manchester l’esercito aggredisce una folla di lavoratori presenti a un comizio al campo
St. Peter (massacro di Peterloo).
Nascono i primi sindacati: le Trade Unions
Gli obiettivi delle prime lotte operaie erano: la riduzione delle ore di lavoro, l’aumento dei
salari ma anche il diritto di associazione, cioè il diritto di unirsi per difendere i propri
interessi. 
Il Parlamento inglese aveva proibito i sindacati sin dal 1799: l’associazione era dunque illegale, al
pari dello sciopero. Scioperare, ancora per buona parte dell’Ottocento, significava perdere il posto
di lavoro o addirittura finire in prigione. La lotta sindacale era dunque difficile e pericolosa anche
perché in quel momento, l’offerta di lavoro superava ampiamente la domanda: per ogni lavoratore
occupato in fabbrica ce n’erano dieci pronti a prenderne il posto.
Le prime lotte operaie ottennero il diritto di associazione, il diritto di sciopero, la riduzione
della giornata lavorativa a dodici e poi a dieci ore, la limitazione dello sfruttamento di donne
e bambini. 
Parliamo, però, delle società industriali più evolute: quella inglese, francese e belga; altrove, come
in Germania o in Italia, queste conquiste giunsero solo  alla fine dell’Ottocento o nel Novecento.  
La lotta organizzata degli operai rivendicava anche il riconoscimento di diritti politici. 
Il cartismo (movimento che si sviluppò in Gran Bretagna) rivendicava non solo migliori condizioni di
lavoro e provvedimenti di assistenza ai poveri, ma anche riforme politiche contenute nella Carta
del popolo ( da cui il movimento prese il nome). 
Si trattava di una petizione sottoscritta da oltre un milione di persone e presentata al parlamento
nel 1838. Le richieste erano:
 suffragio universale
 elezione annuale del parlamento
 segretezza del voto
 corresponsione ai parlamentari di uno stipendio per contrastarne la corruzione
 abolizione dei limiti di censo per i candidati
La petizione cartista fu respinta ma dimostrò che esisteva un vasto movimento operaio e
popolare deciso a prendere parte alla vita politica. 
   

*Luddismo: si sviluppò in Gran Bretagna all’inizio dell’Ottocento ( il nome deriva dal mitico capo
operaio Ned Ludd). I luddisti erano artigiani proletarizzati, quindi operai specializzati che vedevano
nel diffondersi delle macchine tessili una minaccia non solo alla loro professionalità, ma alla loro
stessa sopravvivenza. A macchina, infatti, permetteva agli imprenditori di assumere manodopera a
basso prezzo, specie donne e bambini, per svolgere operazioni che precedentemente
richiedevano abilità artigianali. La repressione del luddismo fu violentissima, tanto che si arrivò a
punire con la morte la distruzione di macchine:   

4. Il socialismo

Le lotte sindacali e operaie portarono alla formazione di movimenti politici che diedero vita
all’ideologia socialista che aveva l’obiettivo di costituire una società libera ed egualitaria. 

I socialisti pensavano che lo sfruttamento e la povertà fossero ineliminabili all’interno del sistema
capitalistico, fondato sulla proprietà privata.
Il socialismo criticava radicalmente il liberalismo sostenendo che l’esaltazione della libertà
dell’individuo e del mercato nasconde in realtà l’oppressione e lo sfruttamento della maggior parte
della società.
Secondo i socialisti dell’Ottocento  le garanzie e le libertà tanto esaltate dal liberalismo non sono
universali, ma di una ristretta minoranza che detiene il potere economico, politico e la cultura.
Dunque in una società divisa in classi il valore fondamentale non è la libertà ma la giustizia sociale.
A differenza dei democratici per cui era importante l’uguaglianza politica(uguaglianza formale) per i
socialisti oltre a questa si doveva realizzare l’uguaglianza sostanziale(condizioni e opportunità di
vita).
Il pensiero socialista dell’Ottocento è costituito da un insieme di idee culturali e politiche che
vanno: dall’illuminismo di Rousseau a l’utopismo settecentesco, al giacobinismo fino
all’umanitarismo cristiano.
            Vari pensatori:
Utopisti:

Fourier tentò di realizzare un nuovo modello di società basato su molte piccole comunità, di circa
1600 persone riunite in un’unica struttura, il falansterio, comunità di vita e di lavoro dove le
mansioni vengono svolte a turno, il reddito viene diviso  equamente e dove c’è la parità dei sessi;
Owen, imprenditore filantropo, riformatore e dirigente sindacale. Proprietario di una filanda ebbe
modo di constatare direttamente i devastanti effetti dello sviluppo industriale sui lavoratori:
abbrutimento fisico e psichico, alcolismo, ignoranza, criminalità, cui corrispondevano negli
imprenditori, l’avidità di guadagno e la sfrenata concorrenza. Per rimediare a questi danni per
Owen bisognava basare l’economia sulla cooperazione e non sulla concorrenza. Progettò
comunità agricolo-industriali autosufficienti, in cui i produttori si scambiassero direttamente le merci
al valore determinato dalla quantità di lavoro in esse contenuta.

Proudhon affermava che la “proprietà è un furto”, non proponeva l’abolizione della proprietà ma la
sua estensione a una pluralità di soggetti- artigiani, piccoli imprenditori, società cooperative- posti
in condizione di sviluppare con profitto la propria attività; in questo caso la proprietà ha un alto
valore sociale.

Il socialismo scientifico: Marx e la centralità della lotta di classe 

Dalla metà dell’Ottocento si iniziò a creare la distinzione tra socialismo e comunismo.


Il filone politico comunista traeva origine dal giacobinismo radicale.
I comunisti teorizzavano:
Blanqui la costruzione  di una società basata sulla proprietà comune della ricchezza, da attuarsi
per via rivoluzionaria;
Marx ed Engels elaborarono una critica della società capitalistica industriale e una teoria
rivoluzionaria (elementi che distinguono il pensiero comunista da quello socialista) su un’analisi
che voleva essere “scientifica”delle contraddizioni interne a tale società. 
Marx, nella sua analisi, parte dal divenire storico il cui motore è la lotta di classe, tra la classe che
detiene  il potere economico e quella che aspira a conquistarlo, fino ad arrivare alla conquista del
potere da parte della borghesia 
Secondo Marx, la borghesia ha svolto una grande funzione storica, perché ha costruito una
società più sviluppata e più ricca di quella feudale. Tuttavia, anche la società borghese è
destinata ad essere superata da una classe più evoluta e organizzata a causa di un conflitto
insanabile tra borghesia capitalistica, proprietaria dei mezzi di produzione, e la classe
operaia che possiede solo la forza lavoro. 
Il capitalista, infatti ottiene il suo profitto attraverso lo sfruttamento del lavoro operaio, in quanto il
lavoratore è retribuito meno rispetto a quanto produce; da qui nasce il plusvalore. Accade, dunque,
che la borghesia, la parte minoritaria della società, si arricchisce, ma l’altra maggioritaria, la classe
operaia, si impoverisce. Marx afferma che non solo l’operaio diventa sempre più povero, ma il suo
lavoro è sempre più alienato, consistendo nella ripetizione meccanica di operazioni alla macchina.
Per tali ragioni, Marx ritiene che, quanto più la produzione capitalistica si diffonderà, tanto più si
unificherà la classe operaia. 
Lo sbocco di tale conflitto sarà l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e
la realizzazione di una società senza classi in cui sarà eliminato lo sfruttamento dell’uomo
sull’uomo.
La discussione sulle teorie di Marx aprirà un dibattito nel corso dell’Ottocento generando
una divaricazione sempre più netta tra chi sosterrà un’interpretazione rivoluzionaria e chi
invece un’interpretazione riformista. 

 Socialismo anarchico: Bakunin

Michail Bakunin, socialista russo, elaborò la dottrina rivoluzionaria definita


anarchismo. Essa si fondava sul netto rifiuto di ogni principio di autorità e di organizzazione
statale presente e futura, in quanto, proprio nelle strutture statali accentratrici, individuava l’origine
di ogni oppressione e ingiustizia sociale. Egli contava sull'azione violenta basata sul terrorismo di
individui e gruppi per sovvertire l'ordine statale esistente.
La società, quindi, sarà libera quando avrà eliminato lo stato in ogni sua forma, compreso lo stato
di tipo proletario previsto da Marx.  

La prima internazionale

Il primo movimento organizzato che si rifaceva al socialismo fu l’Associzione Internazionale dei


lavoratori ( chiamata dagli storici Prima internazionale) costituita da Marx a Londra nel 1864 e
scioltasi dopo una decina d’anni di attività a causa dei contrasti tra i suoi membri, marxisti e
anarchici. 

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