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Età e Creatività

Convegno dell'International Association for Art and Psychology


Lucca , 6 ottobre 2012

Graffiti e pensieri: profili dell'adolescenza tra arte e psicoanalisi”


Roberto Boccalon

L'isola di Stromboli, vista da Panarea, appare in alcune foto un luogo del sogno, senza
tempo e senza drammi. Il profilo del vulcano, con un candido pennacchio di fumo, sembra innocuo
ed ispira simpatia. Alcuni acquerelli di un pescatore isolano, pittore dilettante, ci permettono di
vedere Stromboli da un punto di vista diverso, più vissuto. Riusciamo a scorgervi la memoria
dell’attracco difficile quando il mare è turbato; possiamo scoprire che l’isola, vissuta da vicino, si
presenta incandescente, pericolosa e al tempo stesso seducente. Aprire alla creatività la relazione,
educativa e terapeutica con l'adolescente significa, necessariamente, dialogare con componenti
vulcaniche, sul piano reale e fantasmatico. Un’immagine“da cartolina”, esente dal magma
pulsionale, che non segnala i profili dell’incertezza è però una mappa che allontana dalla materia
mentale dell’adolescenza, non può dare un senso agli interrogativi che essa solleva e non può
aprire la strada a risposte possibili ed adeguate.
Come possiamo disegnare una mappa delle potenzialità e dei limiti dei processi maturativi
nell’adolescenza? Come tracciare la rotta per una relazione d'aiuto, intra e inter generazionale,
capace di riconoscere i limiti, di valorizzare i potenziali creativi, di stimolare lo sviluppo di una
trama narrativa, di un dialogo attraverso livelli e mondi diversi? La traiettoria dell’espressività
umana, dalle caverne del paleolitico alle moderne metropoli, testimonia lo sforzo di rappresentare
l’esperienza, di lasciarne tracce, “graffiti”. Suoni, segni e gesti sono un alfabeto arcaico e
l'esperienza creativa è fin dall'inizio, o fin da nuovi inizi resi necessari dalle vicissitudini dello
sviluppo psichico, un dialogo possibile. S. Langer sottolinea il legame tra dimensione comunicativa
e dimensione estetica:” L'opera d’arte è un simbolo non discorsivo che riesce ad articolare ciò che
risulta ineffabile in termini verbali, essa esprime consapevolezza diretta, emozione, identità, la
matrice del mentale” (1). G. M. Edelman, premio Nobel per la medicina con i suoi studi sulle
neuroscienze, evidenzia come nello sviluppo umano il linguaggio verbale "arriva tardi". Il suo
ordine simbolico può essere un traguardo difficile, accidentato, incapace di contenere, in prima
istanza, l'urgenza, l'incandescenza o l'opacità dei vissuti. La mente umana si deve appoggiare, lungo
la strada, alle "metafore mute" della produzione estetica come a veri e propri oggetti di transizione
(2). L’età più ermetica e confusa della vita, l’adolescenza, può dischiudersi, mostrarsi e chiarirsi
attraverso l’opera artistica. Essa può rispecchiarsi in opere già eseguite da artisti ritrovando sé
stessa, oppure può continuare ad esprimersi direttamente attraverso i disegni, i colori degli
adolescenti stessi, che lasciano il ruolo di modelli e diventano pittori del proprio Sé.
E. Munch esprime una spiccata attitudine alla rappresentazione dei travagli psichici che
affliggono l'uomo e ad indagarne la dimensione segreta, con una profondità che prelude alla
scoperta psicanalitica dell'inconscio (3). Il dipinto la “Pubertà” è del 1894, e A. Paul, membro
della cerchia di amici berlinesi di Munch, ricorda l'opera durante l'esecuzione:“Sull' orlo del letto
sedeva una ragazza nuda. Non assomigliava a una santa, tuttavia vi era qualcosa di innocente,
riservato e schivo nel suo atteggiamento. Furono queste caratteristiche che spinsero Eduard a
ritrarla” (4). Attraverso il volto incerto e impaurito della ragazza, il pittore esprime il turbamento
di un'adolescente che vede cambiare il proprio corpo ed è animata da sentimenti contrastanti: da
una parte il rimpianto per la fanciullezza perduta, dall'altra l'angoscia per una maturità a cui non è
ancora pronta. E' finito il tempo giocoso dell'infanzia, nel quale tutto è possibile e il presagio di
morte sembra lontano: la pubertà è la porta principale per accedere alla maturità e alll'inevitabile
scorrere della vita. Proprio durante l'adolescenza infatti viene meno l'onnipotenza psichica che
caratterizzava il periodo infantile nel quale si era convinti di poter fare tutto. La parte da
coprotagonista del quadro la fa un'ombra ingigantita che invade lo spazio, in cui già aleggia un
senso di morte, ed è una minacciosa presenza estranea che incombe sul gracile corpo della
fanciulla. La fanciulla del quadro sembra racchiudere nello sguardo, nella posizione e
nell'espressione tutte le emozioni che le ragazze, a prescindere dall'epoca storica e dalla condizione
sociale, provano dopo aver scoperto di essere divenute fertili. Balthasar Kłossowski de Rola,
conosciuto come Balthus, è abilissimo nel rappresentare l'ambivalenza che è parte
dell'adolescenza. Egli scelse di rappresentare questo momento di passaggio proprio per la fragilità e
l'alone di mistero che che lo caratterizzava: “Vedo le adolescenti come un simbolo... L’adolescente
incarna l’avvenire, l’essere prima che si trasformi in bellezza perfetta. Una donna ha già trovato il
suo posto nel mondo, un’adolescente no. Il corpo di una donna è già completo. Il mistero è
svanito” (5). Nel dipinto “Therèse rêvant” del 1938, cogliere la fanciulla nel momento del
totale abbandono del sonno permette a Balthus di focalizzare con efficacia lo stato d'animo
mutevole della ragazza, di leggerne i sogni, di svelarne gli intimi segreti che aleggiano in tutta
l'atmosfera dell'opera e creano un sottofondo seducente e perturbante. Come vivevano le modelle le
sedute di posa e il fatto che qualcuno le ritraesse in un' età in cui la rappresentazione di sé, della
propria immagine è una tappa molto delicata? Provavano vergogna o imbarazzo? Non vedevano
l'ora di sottoporsi allo sguardo dell'affascinante artista? O forse erano totalmente indifferenti al loro
compito di modelle? Michelina, una modella di Balthus racconta quel periodo particolare della sua
vita:“Ho vissuto posando il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. All’epoca vivevo la cosa in
modo diverso, guardavo i disegni e vedevo quell’evoluzione quasi unicamente da un punto di vista
fisico. Il mio aspetto esteriore cambiava. A livello fisico non capivo bene cosa volesse
rappresentare. Ora guardo quei disegni con distacco e a volte non mi riconosco neppure. Credo
che siano momenti particolari, momenti che si vivono solo a quell’età” (6). Sorge spontaneo il
paragone tra queste fanciulle di inizio secolo e le ragazze del nostro terzo millennio, così
desiderose di rappresentazioni di se stesse: vogliono fotografarsi, in solitaria o con le proprie
amiche, pubblicare le loro foto su social networks e aspettare che qualche ragazzo le commenti,
magari con un bel complimento. Cambiano i tempi, ma il passaggio da bambino a persona adulta è
sempre irto e difficoltoso.
Alcuni acquerelli di J. Folon, riescono a rendere mirabilmente la complessità del “tratto
adolescenziale”(7). Un quadro che s’intitola "Qualcuno" sembra richiamare il percorso
d’identificazione-separazione, non ancora completato e gli interrogativi che lo accompagnano: si
può essere Se stessi , senza rischi di appiattimento e omologazione, all'interno di una folla? In un
quadro che s’intitola "Paura", un volto si staglia su uno sfondo deserto. Gli occhi ci trasmettono il
sentimento della paura. Se non si sta in mezzo alla massa, si rischia di sperimentare l'abbandono.
Questi due quadri fanno ripensare all'aforisma dei porcospini di Schopenhauer e al dilemma
strutturale della comunicazione umana. All'interno di una situazione di folla si può vivere
persecutoriamente la sensazione di essere punti, schiacciati; in una situazione in cui si è soli ci si
può sentire isolati, abbandonati. Tra i due poli del dilemma dei porcospini, tra il freddo
dell'isolamento e il dolore degli aculei, si colloca anche il percorso d’identificazione d’ogni
adolescente. Le parole di Calvino sembrano riecheggiare tale profilo di “insicurezza ontologica”:
” L’ora in cui le cose perdono la consistenza d’ ombra che le ha accompagnate nella notte e
riacquistano poco a poco i colori, ma intanto attraversano come un limbo incerto, appena sfiorate
e quasi alonate dalla luce: l’ora in cui meno si è sicuri dell’esistenza del mondo “ (8). Il quadro
"Pensieri", disegna i pensieri come missili ed offre una rappresentazione dei processi
d’identificazione molto incandescenti di quest'epoca della vita. Pensieri veloci come frecce che
entrano ed escono; sono difficili da guidare, ed è anche difficile farsi guidare da pensieri che
corrono così veloci. Ogni adolescente si trova con uno squilibrio tra le diverse velocità: la velocità
del corpo, la velocità della parola, la velocità dei pensieri che non riescono a suonare sempre sulla
stessa lunghezza d'onda. Gli adulti spesso non ricordano di quando erano adolescenti ed avevano
anch'essi la stessa tempesta dentro la testa. Un altro quadro, "Tutte le direzioni", mi ha colpito
perché esprime in modo molto efficace la difficoltà della scelta di una strada. La scelta di una strada
comporta necessariamente la rinuncia all'onnipotenza. Scegliere una strada vuol dire non poter
seguire contemporaneamente tutte le strade; questo è uno dei problemi cruciali che l'adolescente
deve trovare il modo di affrontare e risolvere. Un quadro intitolato "Dialogo" ci ricorda il
paradigma dell'incontro con l'altro da Sé. La parola dialogo implica, necessariamente, discontinuità
e distinzione. Se il corpo di questa parola (logos) ha a che fare con il flusso ed il contenuto della
comunicazione, il prefisso (dia) indica una distanza che separa i due poli della relazione. Se non c'è
“distanza focale” non c’è il rispecchiamento, non è possibile il dialogo e l’uno si può confondere
con l'altro.
L’essenza del “passaggio adolescenziale”non è colta e filtrata, in termini artistici, solo da
osservatori esterni. Gli adolescenti stessi, attraverso l’attività creativa, possono
rappresentarsi/esprimersi in modo più diretto e consapevole. Ci sono ricordi e sensazioni che non
possono essere verbalizzati e raccontati attraverso le parole, ma solo con l’ausilio delle arti; in un
periodo della vita così chiuso e segreto, esse possono aprire piccoli spiragli sul mondo interiore. I
laboratori di Arte Terapia realizzati all'interno di un contesto scolastico hanno offerto un’occasione
per dare forma estetica concreta ai vissuti e per riflettere-rispecchiarsi (9). Lo sviluppo di
potenziali creativi che attingono a dimensioni profonde e vitali si è confermato non solo
un'esperienza "culturale", ma anche una salutare assunzione di "anticorpi naturali" capaci di
contrastare un disagio che si fonda sulla chiusura e l'inaridimento. Fogli di carta e colori
diventavano schermo e specchio, per esprimere e riconoscere i profili più interni dell’identità.
Un’arte terapeuta aveva la funzione di sostenere ed accompagnare tale processo. Potevano così
prendere forma opere diverse da quelle della didattica più tradizionale e si potevano raccogliere ed
ascoltare le voci più interne. In un incontro si sono esplorati i confini del desiderio e della realtà.
Era stata proposto un lavoro individuale: "Rappresentate con un disegno da un lato quello che siete
e il luogo dove state e dall'altro come vorreste e dove desiderereste essere". La lettura delle
riflessioni degli allievi in margine alle proprie produzioni pittoriche è quanto mai interessante e ci
apre spiragli di conoscenza sul "pensare" adolescente. Un'allieva disegna una palla arancione ed
una stella gialla bordata di rosso e le commenta così:“La prima è una palla che sembra voglia
chiudersi sempre più in se stessa e nello stesso tempo uscire per liberarsi. Casualmente il disegno
si è rotto. Questo mi ha fatto pensare che forse la palla arancione aveva voglia di andarsene dal
cerchio. La stella cerca di rappresentare quello che vorrei essere, essa tenta d’essere luminosa ma
non vi riesce completamente perché anch'essa è circondata. Sembra quasi una stella senza volontà,
infatti tocca la palla e questo significa che non è ancora chiaro quello che vorrei essere. È difficile
spiegare ciò che vedo, ma è come se la stella fosse in fondo uno stare male della palla; un male con
le punte e quindi punge anche le persone intorno”. La stessa allieva rivedendo il suo disegno dopo
due anni lo commentava così: “Riguardo la foto del mio disegno e ciò che avevo scritto dopo molto
tempo, dopo che fortunatamente sono cambiate molte cose. Non mi piace rivedere questa foto
perché non ho dei bei ricordi e nello stesso tempo è un sollievo sentirmi così diversa da allora. Ma
devo ammettere che, anche se mi disturba tanto, qualcosa forse è rimasto che mi fa paura. Non fa
niente, in fondo il disegno mi piace”. Nello stesso laboratorio un'altra ragazza ha così commentato
la sua produzione:“ Il disegno come vorrei che fossi è dominato dal giallo, un colore caldo che non
sta mai fermo è allegro e vivace, ma nello stesso tempo nelle strisce e nei buchi blu scuro posso
rifugiarmi per riflettere. Nel disegno di sinistra, com'è in realtà, le grosse strisce d'azzurro diritte e
curve mi indicano quello che devo fare ma sono ancora presenti alcuni colori vivi come il giallo, il
verde e il rosso che danno un po' di brio e un po' di movimento. Pur essendo separati piuttosto
nettamente i due disegni sono quasi parte integrante l'uno dell'altro; si completano a vicenda. Ed è
così anche nella realtà, so molto bene dov'è il sogno, il desiderio e dove invece inizia la realtà”.
In un’altro incontro è stato proposto a coppie di allievi di rappresentare le traiettorie della
crescita, delineando: “Una storia in tre momenti” . Una coppia disegna un cucciolo verde, una
gabbia ed un cane che sembra scodinzolare in allegria. Così commenta il lavoro: ” I protagonisti di
questa storia, alcuni cani, sono prima accuditi e trattati bene, poi rinchiusi in un canile e, infine,
liberati. La storia rispecchia le sensazioni di un adolescente: dapprima il bambino è accudito, su di
lui sono riposte mille attenzioni e sta bene nell’ambiente in cui si trova, non ha problemi di alcun
tipo. Poi, diventa adolescente e si sente intrappolato, costretto entro limiti che non accetta, che non
gli sono consoni. Infine la libertà, dopo questo periodo di crisi e di costrizioni. Abbiamo avuto
esitazioni rispetto alla porta della gabbia: aperta o chiusa? Alla fine abbiamo deciso di farla
aperta, di lasciare la strada libera. In questo periodo il problema ci coinvolge molto: pensiamo
entrambe di avere quasi completamente superato lo stadio della gabbia, pur essendo soltanto
diciassettenni. Ma la libertà esiste veramente? Un’altra coppia disegna due bambini di color giallo,
su fondo blu, dal sapore vagamente primitivo; un cuneo, color bronzo, che sovrasta una testa rossa;
un uomo color giallo, in coppia con una figura di donna, tratteggiata a matita. Entrambi i profili
erano ben differenziati. Gli autori narrano così il loro "trittico":“ I due bambini, maschio e
femmina, rappresentano l'infanzia, sorridono perché sono felici, sono in un periodo abbastanza
tranquillo, sono sereni. L'alone giallo simboleggia la gioia, il sole che li illumina” ...”. Siamo
travolti da tante innumerevoli emozioni, siamo travolti da noi stessi, ne siamo in parte prigionieri.
Stiamo crescendo, è faticoso”...“ Ci stiamo abituando a noi stessi, al nostro corpo, al mondo
esterno. Le forti emozioni rallentano, il cuore batte più lentamente, siamo vicini ai rapidi pensieri
ma riusciamo a controllarli con meno fatica”. Il segno, l'immagine disegnata sembra offrire
dapprima uno schermo su cui è possibile proiettare in modo immediato i profili del proprio mondo
interno; in seguito la stessa immagine funziona da specchio che rende possibile un’interiorizzazione
consapevole di contenuti mentali anche incandescenti che possono così accedere al pensiero ed al
linguaggio.
In un altra occasione era stato proposto, come lavoro di gruppo: "Costruire una scatola che
vi rappresenti". Alla fine del lavoro un’allieva commentava così la sua esperienza: “Oggi mi sono
veramente divertita e ho potuto esprimere tutta la mia fantasia e creatività. Ho fatto una scatola
che mi rappresenta, è rettangolare ed ai bordi ha delle sbarre, un telefono, un pezzo di stoffa rossa,
un pezzo di carta stagnola come ad indicare uno specchio. All'interno si ritrova la carta stagnola e
un papero giallo morbido e piccolo. Vi è anche una scritta 'sale e pepe'. Ho unito la mia scatola
con quelle di Maria e Sonia mediante fili colorati, fili telefonici. C'è una grande strada che collega
le tre scatole. Essendo ormai diventate esperte della comunicazione infine abbiamo collegato il
nostro villaggio con gli altri villaggi. L'iniziativa è stata nostra senza che nessuno ci venisse
incontro. È un fatto strano che il nostro villaggio non aveva mura, è bello pensare ad un villaggio
senza mura, è un villaggio di mentalità aperta che sente il bisogno di comunicare con gli altri.
Sarebbe un peccato se non si potesse comunicare”. L'esperienza densa e gioiosa della messa in rete
di diversi linguaggi e dimensioni dell'intelligenza apre, così, la strada ad una rappresentazione più
ricca e decisa del bisogno, così umano, di comunità a livello dei villaggi interni ed esterni.
In prossimità dell'esame di maturità, in un seminario residenziale, l'intera classe si è
impegnata in un lavoro di gruppo che doveva rappresentare la sintesi di un'esperienza
quinquennale. Gli allievi si sono messi tutt'intorno ad un foglio di carta largo un metro e lungo oltre
dieci. In un girotondo di colori e di mani, attraverso l'integrazione e la condivisione di oggetti
parziali, concreti e simbolici, ha preso forma un' opera che presentava un' evidente, quanto
imprevista, direttrice evolutiva. Ad un estremo, infatti, c'era il massimo di frammentazione ed un
uso prevalente della tecnica del collage che via via lasciava il passo ad un uso sempre più deciso
del colore e a profili più articolati ed unitari. Il Cartellone, una volta portato in aula, appariva
come una “seconda lavagna”, a colori, non in bianco e nero come quella tradizionale, dove anche
l'intelligenza emotiva poteva trovare alimento e possibilità d'espressione. Un' allieva dà questa
descrizione del prodotto estetico e del processo che lo sottende:. "Un cartellone, questo è stato il
nostro prodotto; un cartellone che racchiude tutti i nostri ricordi desideri attese delusioni e novità
ma soprattutto un po’ della nostra vita un po’ degli anni vissuti assieme".…"Chi entrando in classe
vede appeso alla parete quello striscione, che per la varietà dei colori potrebbe sembrare un
manifesto pubblicitario, non immaginerà mai il lavoro che vi è dietro; vederlo appeso la in alto era
come vederci in uno specchio che rimandava la nostra immagine, la nostra storia". L'esperienza
dei laboratori, pur con tutta la complessità e la problematicità propria d’ogni percorso creativo e di
crescita, ha segnalato ed offerto agli adolescenti la possibilità di abitare spazi mentali inusuali nel
contesto scolastico e di riprendere in mano linguaggi dimenticati; ha offerto la possibilità di dare
forma estetica concreta a pensieri e vissuti e di poter così ri-flettere, rispecchiarsi su ciò che si è
prodotto. Ogni creazione quindi è un processo che avanza, passo dopo passo, attraverso una
sequenza ordinata in cui ogni azione creativa è seguita da una pausa per osservare e valutare.
Questa pausa sembra permettere il riconoscimento dell’esperienza creativa e la sua
interiorizzazione. Il riconoscimento di un valore positivo ad ogni trasformazione permette la
prosecuzione del processo. L’atto del vedere, lo sguardo e la sua elaborazione riflessiva, sostengono
lo sviluppo delle potenzialità umane all’interno di un processo creativo dove lo sguardo ha una
funzione ordinatrice e la capacità di articolare una sceneggiatura.
All’origine della vita psichica, secondo D. Winnicott , vi è per il lattante l’esperienza di
essere tenuto/sorretto e manipolato e poi quella di guardare il viso della madre e di vedervi se
stesso: “ Ciò che essa appare è in rapporto con ciò che essa scorge”. Il viso della madre è come
uno specchio e questo rispecchiamento:“ E’ l’inizio di uno scambio significativo con il mondo, un
processo a due vie, in cui l’arricchimento di sé si alterna con la scoperta di un significato nel
mondo delle cose viste” ( 10). Se la prima infanzia è lo spazio privilegiato della costruzione
dell'identità personale, l'adolescenza è certamente la fase della vita in cui l'effettiva consistenza di
tale ritratto è messa duramente alla prova. L'adolescenza è tempo di cambiamenti repentini,
biologici e psicologici, d'improvvise accelerazioni e di rapidi pensieri, d'ambivalenza tra la curiosità
e il gusto del rischio da un lato, e l'attrazione nostalgica per la dipendenza e i "paesaggi mentali"
dell'infanzia dall'altro. Anche l’adolescente può rischiare, come Narciso, di perdersi per la
mancanza di una “funzione” specchio affidabile. L'esperienza adolescenziale è anche una preziosa
opportunità per rivisitare, con uno sguardo diverso, aree primitive del proprio ritratto interno, per
favorirne un'integrazione consapevole (11)(12)(13)(14).
Per D. Meltzer la percezione e la produzione estetica non sono evento secondario,
modalità riparativa, ma evento primario della vita psichica; il conflitto estetico modella gli inizi
della nostra immaginazione e fantasia, come anche gli inizi dei disturbi della nostra vita mentale .
“La qualità evocativa del rapporto tra opera d’arte ed interprete, tra interprete e fruitore può
essere accostata al modello dell’intimità madre-bambino, al loro reciproco donarsi ed
interrogarsi, tanto che possiamo immaginare una madre che narra la bellezza del suo bambino ed
un bambino che s’interroga sulla bellezza della madre come prototipo dell’interazione infinita”
(15).
A. Di Benedetto sottolinea la necessità di sporgerci oltre la parola per recuperare alla
coscienza aree di “inconscio non rimosso”: Per offrire una speranza di vita anche alle parti più
nascoste ed inascoltate di sé, occorre metterle in condizione di esprimersi, prestando loro un
suono, e poi una lingua” (16). E. Canetti, premio nobel per la letteratura, precisa in modo
magistrale i termini del dialogo tra immagini e soggettività umana:“Quando ci sentiamo
sopraffatti dal fuggire dell’esperienza, ci rivolgiamo a un’immagine. Allora l’esperienza si ferma e
la guardiamo in faccia.”.. Forte si sente colui che trova le immagini di cui la sua esperienza ha
bisogno. Saranno molte, ma non possono essere troppe perché la loro funzione consiste proprio
nel tenere insieme la realtà che altrimenti si disperderebbe in mille rivoli. E neanche dovrebbe
essere un' unica immagine, che fa violenza a chi la possiede non lo abbandona e gli impedisce di
trasformarsi. Sono molte le immagini di cui abbiamo bisogno, se vogliamo una vita nostra , e se
le troviamo presto non troppo di noi andrà perduto” (17).
I linguaggi espressivi possono offrire uno “schermo” su cui proiettare in modo immediato i
profili, le “immagini” del mondo interno; possono funzionare da “specchio” rendendo possibile
l'interiorizzazione dei contenuti mentali, anche se “incandescenti” ed il loro accesso al pensiero ed
al linguaggio (18). M. Belfiore, pioniera delle terapie espressive in Italia, testimonia le potenzialità
della relazione con l'immagine, la ricchezza e delicatezza del “curare ad arte”:“L'immagine svolge
una parte fondamentale all'interno del processo creativo e terapeutico, permettendo all'immagine
stessa di aprirsi a nuove configurazioni secondo una continuità estetica che lega il gesto al
segno,lo sguardo alle parole,ogni immagine alle successive...Cogliere la struttura dell'immagine,il
suo messaggio profondo...dipende dalla soggettività di entrambe le parti in causa e riguarda
esperienza e comunicazione estetica...L'immagine è un universo sconosciuto da esplorare con la
curiosità dello straniero e la discrezione dell'ospite” (19).
Un quadro di Balthus ci offre l’immagine di un adulto-pittore e di una bambina-modella,
all’interno di un atelier. Colpisce la vivacità della bambina, che non assume un ruolo passivo, ma
sembra esplorare il mondo con il suo sguardo. Essa non è sola e abbandonata a se stessa, in tale
percorso, in nome di una malintesa accezione di libertà. Il pittore, di spalle, discreto è presente,
controlla la situazione e il significato degli spazi, regola, filtra la luce che entra all’interno (troppa
luce può accecare!), protegge e sostiene il percorso di conoscenza. Anche lo sviluppo psichico dell'
adolescente, in una prospettiva psicoanalitica, si fonda su un intreccio e un rimando di gesti e di
sguardi, che richiedono uno spazio/tempo adeguato, un idoneo atelier, una bottega d’arte, per
esprimersi in modo autenticamente creativo e vitale. Un “holding enviroment” creativo implica,
necessariamente, la co-presenza di un “maestro d'arte”, di una figura capace di testimoniare e
trasmettere curiosità e competenza, capace di collocarsi sullo sfondo per favorire al meglio lo
sviluppo e l'autonomia dell’Altro.

Bibliografia:

1) S. Langer: Filosofia in un a nuova chiave, linguaggio mito rito e arte, Armando, 1972
2) Edelman G. M.: Sulla materia della mente, Adelphi 1993
3) cit. Enciclopedia: I grandi pittori. La vita le opere la tecnica vol. 8, Istituto geografico De
Agostani, 1998
4) Bruno G., Ferrari S., Trabucco L.: Tra vita e arte: follia e morte in E. Munch, NICOMP L. E.,
2008
5) A. Vircondelet: Memories de Balthus,trad. ita. Fabrizio Ascari, Longanes & C., 2001
6) J. Clair (a cura di) : Balthus, Bompiani, 2001
7) J. Folon: Acquerelli, Marinella Pasquali (a cura di), Gafis, 1996
8) Calvino I. : Il cavaliere inesistente, Mondadori Milano, 1993
9) Boccalon R.: Graffiti, segni e gesti della crescita, Atti del Convegno internazionale
“L’Adolescenza della mente”, Medi@med Ed. 1998
10) Winnicott D.W.: Gioco e realtà, Armando, 1974
11) G. Pietropolli Charmet: Adolescenti istruzioni per l'uso, Fabbri Editori, 2005
12) P. Blos: L’adolescenza. Un’interpretazione psicoanalitica, Franco Angeli, 1971
13) F. Ladame: Gli eterni adolescenti, Salani editore, 2003
14) S. Ferrari (a cura di): Corpo Adolescente. Percorsi interdisciplinari tra arte e psicologia, Clueb,
2007
15) Meltzer D.: La comprensione della bellezza , Loescher 1981
16) Di Benedetto A.: Prima della parola l’ascolto psicoanalitico del non detto attraverso le forme
dell’arte, Franco Angeli, 2000
17) Canetti E.: Il frutto del Fuoco, Adelphi, 1994
18) Boccalon R:Imago e Psiche. Processi creativi e terapie espressive, PSICOART n.2-2011-12
19) Belfiore M., L.M. Colli (a cura di): Dall’Esprimere al Comunicare, Quaderni ATI n. 2,
Pitagora, 1998

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