Sei sulla pagina 1di 67

Guido del Giudice

GIORDANO BRUNO
IL PROFETA DELL’UNIVERSO INFINITO

WWW.GIORDANOBRUNO.COM
INTRODUZIONE
Il Profeta
Giordano Bruno era un pensatore geniale in anticipo sui tempi, E’ il gioco dimensionale nel tempo e nello spazio sempre presen-
al punto da ritenersi uno di quei “Mercuri” inviati sulla terra in te in Bruno, è la vicissitudine universale: "..si la mutazione è vera, io
periodi stabiliti, ispirati da una visione profetica dell’umanità e che son ne la notte aspetto il giorno, e quei che son nel giorno, aspettano la
dell’universo. Come tutti gli esseri di tal fatta egli è stato e sarà notte: tutto quel ch'è, o è cqua o llà, o vicino o lungi, o adesso o poi, o presto
sempre odiato da quegli uomini meschini, invidiosi di tutto ciò o tardi." (Candelaio). Si pone spesso l’accento sul fatto che le sue
che non arrivano a capire, chiusi come sono nel loro ottuso “parti- idee riposavano soltanto su intuizioni, magari geniali ma non ac-
culare” che temono di veder svanire al cospetto dell’immenso. Era cettabili dall’emergente spirito scientifico per la mancanza di qua-
un uomo che conosceva il proprio valore e rispettava quello degli lunque “matematizzazione”. Ma è proprio qui la grandezza di
altri, quello vero però, non quello stabilito dalle consuetudini e Bruno, ciò che fa di Lui un vero e proprio profeta, il fascino della
dalle convenienze. Era un uomo che diceva pane al pane e vino sua complessa personalità, del culto della magia naturale, della
al vino. Era un uomo che amava la vita in tutti i suoi aspetti e mnemotecnica, tutte attività evocatrici e precorritrici di moderni
che in tutte le sue manifestazioni riconosceva l’espressione della sviluppi. E quando, nel settembre del 1599, messo alle strette dal-
divinità. Ed era, questo è certo, il nemico implacabile e convinto le intimazioni del Santo Uffizio, che bene aveva intuito le deva-
di tutti “quegli uomini stolti e ignobilissimi che non riconoscono nobiltà se stanti implicazioni della sua filosofia, prese la decisione di non
non dove splende l'oro, tintinna l'argento, e il favore di persone loro simili tri- abiurare i capisaldi della sua filosofia, il suo spirito non era quel-
pudia e applaude” ( Oratio Valedictoria). Furono questi gli ideali che lo di un martire, ma di un pensatore illuminato e coerente fino
perseguì per tutta la vita, fino all’estrema conseguenza del rogo allo stremo. La sua esperienza terrena ci dà una direzione, un
di Campo de’ Fiori. Quel triste epilogo sarà stato pure inevitabi- metodo, un insegnamento che al di là delle contraddizioni, delle
le, per come andavano le cose a quel tempo, ma rimane ugual- distorsioni o delle oscurità della sua opera, sono una inestimabile
mente un monito affinché una simile infamia non si ripeta mai eredità che il Nolano ha lasciato a tutti gli uomini di libero pen-
più. L’intuizione sovvertitrice dell’infinità dell’universo nasceva siero. Il lettore contemporaneo trova in lui lo stimolo a illumina-
in lui dalla conoscenza delle antiche dottrine ermetica, egizia, re senza posa questa realtà che, pur essendo umbra profunda, può
greca, che contenevano già in embrione i principi generatori del- essere conosciuta da ognuno, con l’applicazione e lo studio, e su-
la concezione infinitista. Ma egli infonde in tutto ciò il suo ine- perata attraverso uno sforzo “eroico” capace di rivelarci il divino
guagliabile ardore intellettuale e, allorquando "la luce di Coperni- che è in noi. Purificato dalle scorie di dispute teologiche che po-
co" viene a dare sostegno alle sue idee, ecco spalancarsi davanti co gli interessavano, egli aspetta ancor oggi di essere letto, giudi-
ai piedi del piccolo frate domenicano l’immensità di Dio, del- cato e capito per la sua filosofia, la sua visione della natura e del
l’Universo, di Dio nell’Universo di cui noi siamo l’ombra, il nega- cosmo, al di là di ogni strumentalizzazione. E’ in quest’ottica che
tivo che solo attraverso un processo di "inversione intellettuale" cercherò di raccontarvi l’esperienza terrena di questo gigante del
può arrivare a contemplare l’immagine positiva del Tutto. pensiero.

2
O P E R E D I G I O R DA N O B RU N O

1582 ARTIFICIUM PERORANDI


CANDELAIO LAMPAS TRIGINTA STATUARUM
DE UMBRIS IDEARUM 1588
CANTUS CIRCAEUS ORATIO VALEDICTORIA
DE COMPENDIOSA ARCHITECTURA ET COMPLEMENTO ARTIS LULLI CAMORACENSIS ACROTISMUS SEU RATIONES ARTICULORUM PHYSICO-
RUM ADVERSOS PERIPATETICOS
1583
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA ADVERSUS HUIUS TEMPESTATIS MATHE-
ARS REMINISCENDI,TRIGINTA SIGILLI ET TRIGINTA SIGILLORUM EPLICA-
MATICOS ATQUE PHILOSOPHOS
TIO
DE SPECIERUM SCRUTINIO
1584
LIBRI PHYSICORUM ARISTOTELIS EXPLANATI
LA CENA DE LE CENERI
1589
DE LA CAUSA PRINCIPIO ET UNO
DE MAGIA
DE L'INFINITO UNIVERSO E MONDI
THESES DE MAGIA
SPACCIO DE LA BESTIA TRIONFANTE
DE MAGIA MATHEMATICA
1585
MEDICINA LULLIANA
DE GL'HEROICI FURORI
DE RERUM PRINCIPIIS ET ELEMENTIS ET CAUSIS
CABALA DEL CAVALLO PEGASEO CON L'AGGIUNTA DELL'ASINO CILLENICO
DE IMAGINUM.SIGNORUM ET IDEARUM COMPOSITIONE
1586
ORATIO CONSOLATORIA
FIGURATIO ARISTOTELICI PHYSICI AUDITUS
1591
MORDENTIUS, DE MORDENTII CIRCINO
DE INNUMERABILIBUS, IMMENSO ET INFIGURABILI
IDIOTA TRIUMPHANS, DE SOMNII INTERPRETATIONE
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA
CENTUM ET VIGINTI ARTICULI DE NATURA ET MUNDO ADVERSUS PERIPA-
TETICOS DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA
1587 DE VINCULIS IN GENERE
DE LAMPADE COMBINATORIA LULLIANA PRAELECTIONES GEOMETRICAE. ARS DEFORMATIONUM
ANIMADVERSIONES CIRCA LAMPADEM LULLIANAM 1595 SUMMA TERMINORUM METAPHYSICORUM
DE PROGRESSU ET LAMPADE VENATORIA LOGICORUM

3
Capitolo 1

“NATO SOTTO PIÙ BENIGNO CIELO”


“ NATO S OT TO P I Ù B E N I G N O C I E L O ”

il Nolano

✦ Nola, con la sua tradizione di indomabili guerrieri, dalla cui


stirpe discendeva tuo padre, è patria degna di un Mercurio.
✦ E’ una terra dagli umori forti e in questo mi sento, anche nei
miei difetti, suo figlio genuino, orgoglioso di essere nato sotto
Nola nel XVI sec. quel benigno cielo. Non potrei mai dimenticare i dolci pendii
del Monte Cicala, ove giovinetto mi avventuravo tra l’edera e i
rami d’olivo, del cornio, dell’alloro, del mirto e del rosmarino.
Giordano Bruno nacque, nei primi mesi del 1548 a Sentivo la natura animare e informare tutto con un potente di-
Nola, nella contrada di S. Giovanni del Ciesco, alle namismo che da dentro il seme o radice manda ed esplica i germogli; da
pendici del monte Cicala, da una famiglia non certo dentro i germogli caccia i rami, da dentro i rami le formate branche, da
agiata. La madre, Fraulisa Savolino, apparteneva ad dentro queste spiega le gemme; da dentro forma, figura, intesse, come di
una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Il padre nervi le fronde, i fiori, i frutti. Avvertivo la presenza di Dio, natura
Giovanni era un soldato di professione, fedele al re di infinita, in tutte le cose per cui non c’è bisogno di cercarlo al-
Spagna, in onore del quale impose al figlio il nome di trove ché l’abbiamo appresso, anzi di dentro, più che noi medesmi sia-
battesimo del principe ereditario, Filippo. Del luogo mo dentro a noi. Così tutto si anima, tutto si risponde, dalle cose
natio, la gloriosa Nola, che aveva respinto Annibale e grandi alle vilissime minuzzarie, dall’albero al fiore al filo d’er-
accolto l’ultimo respiro di Augusto, aveva ereditato la ba tutto, quantunque minimo, è sotto infinitamente grande providenza,
fierezza e lo spirito combattivo e, anche quando perché le cose grandi sono composte de le picciole e le picciole de le piccio-
l’abbandonerà a 14 anni per andare a studiare a Napoli, lissime. E’ il complicato che si esplica, Dio che si fa natura, la
Filippo Bruno rimarrà per sempre il “Nolano”. luce che si fa ombra e viceversa.

5
✦ Nel suggestivo scenario di Cicala le esperienze e le letture
giovanili stimolavano la tua fantasia, alimentando una voca-
zione innata all’intuizione cosmica, alla proiezione delle fa-
coltà immaginative e conoscitive al di là delle forme e delle
apparenze.
✦ Quante volte seduto sotto gli spalti del castello, all’ombra
di un castagno ho ammirato di lassù quell’indimenticabile
tramonto tingere di rosso il cielo, facendo risaltare sullo
sfondo dell’ampia pianura, la sagoma nera del Vesuvio. I
raggi del sole, infilandosi nelle feritoie, tra le rovine, proiet-
tavano sulle mura fantastiche immagini animate. Contem-
plando quello spettacolo sentivo che non ero solo in quel-
l’istante, avvertivo le innumerevoli presenze che popolano
l’immensità dell’universo e le magiche corrispondenze degli
elementi, perché anche noi siamo cielo per coloro che sono cielo per
noi. In questo come negli altri infiniti mondi, lo spirito fluttua
da una ad altra materia, regolato dalle stesse leggi, pervaso dal-
lo stesso principio vitale.

Il volto di Giordano Bruno

6
“ NATO S OT TO P I Ù B E N I G N O C I E L O ”

Gli anni della formazione

S. Domenico Maggiore

✦ Bisogna dire in verità che il tuo carattere fastidito, restio e bizzar-


ro non ti attirava troppe simpatie. Nell’infanzia Nolana e an-
A Napoli frequentò gli studi superiori e seguì le lezioni cor più a Napoli, in un periodo in cui la comunità monacale
private e pubbliche di dialettica, logica e mnemotecnica di di S. Domenico Maggiore si trovava all’apice di una degenera-
Teofilo da Vairano, Giovan Vincenzo Colle detto il Sar- zione estrema dei costumi, trovava sfogo nel gusto della be-
nese e Mattia Aquario. Nel giugno del 1565, ad un’età stemmia, dello scherzo volgare, in quella procax fescennina iocatio
abbastanza tarda per questo tipo di scelta, decise di intra- che confluirà tutta nel Candelaio e che emerge dalle invettive
prendere la carriera ecclesiastica ed entrò, col nome di contenute qua e là nelle tue opere o riferite dai testimoni del
Giordano, nell’ordine dei predicatori nel convento di S. processo e dai compagni di cella.
Domenico Maggiore. In seminario la sua cella era adia- ✦ Quando arrivai qui divorato dalla mia sete di sapere, rimasi
cente a quella che era stata di S. Tommaso d’Aquino. affascinato da questa grande religione che riusciva ad imporre
Fra Giordano si segnalò subito per l’acuto ingegno e la la sua forza spirituale e la sua organizzazione.
particolare abilità nell’arte della memoria, ma anche per ✦ Eppure erano tempi burrascosi per l’Ordine domenicano: lot-
l’insofferenza alle rigorose regole dell’ordine religioso e te interne, indisciplina, vizi, delitti, punizioni caratterizzavano
l’insaziabile curiosità intellettuale. Dopo circa un anno la vita monacale. L’abito era per molti solo un pretesto per as-
era già accusato di disprezzare il culto di Maria e dei sicurarsi asilo e protezione di abitudini dissolute o licenziose.
Santi, incorrendo nelle prime censure disciplinari.

7
✦ Le nature bestiali si riconoscono, anche se portano una ve- le alle varie religioni e misi lasciava coltivare e diffondere le
ste da religioso. Ma è rimasta da allora in me l’impressione mie idee filosofiche.
di questa Chiesa forte e ben organizzata che, soprattutto do- ✦ Devi ammettere che la tua insofferenza alla regola mal si
po aver conosciuto le altre nel corso della mia peregrinatio, adattava alla vita monacale. La diplomazia non era certo il
rimarrà in fondo, la migliore, l’unica in possesso di un cari- tuo forte.
sma e di un apparato in grado di comporre sotto un’unica
guida le differenze religiose. Nonostante il viver delli religiosi ✦ Una volta, in uno dei rari momenti di svago che a S. Do-
non fosse più conforme a quello degli apostoli, la Chiesa aveva an- menico erano concessi ai novizi, giocavamo col libro delle
cora potere e influenza tali da realizzare il progetto irenisti- sorti. Si apriva a caso una pagina e vi si leggeva il proprio
co di una pace ideologica tra i popoli. Bastava abbandona- destino. A me toccò un verso dell’Ariosto: D’ogni legge nemico
re quel dogmatismo intransigente, lasciare che dei proble- e d’ogni fede.
mi teologici e filosofici si occupasse una casta sacerdotale
illuminata, mentre il clero ritornasse a predicare il messag-
gio evangelico per tenere i popoli nella pace e nella concor-
dia, in un’operosa tranquillità senza occuparsi di dispute
dottrinali, che creano soltanto odi e divisioni.
✦ Questo intendevi quando al processo affermasti di parlare
da filosofo, non da teologo?
✦ Non mi interessava discutere di una divinità che non pos-
siamo veramente conoscere, se non come ombra, vestigio.
La mia sete di conoscenza, la costruzione della mia filosofia
sono passate, in quegli anni, attraverso lo studio di molti au-
tori, eretici e non : ho letto Erasmo ma ho ammirato l’Aqui-
nate, mi sono interessato all’eresia di Ario ed ho amato il
divino Cusano. La religione non è mai stato il mio proble-
ma principale e mi sono adattato a tutte le chiese ove ho
cercato asilo. cattolico o protestante, calvinista o luterano,
il concetto di Chiesa si giustificava per me soltanto in un ot-
tica di pace, di concordia tra le genti: mi bastava poter con-
tinuare a coltivare le mie idee filosofiche. Per questo resiste-
vo fintantoché ci si accontentava della mia adesione forma-

8
“ NATO S OT TO P I Ù B E N I G N O C I E L O ”

Fra’ Giordano

✦ Dei numerosi conventi che visitasti in quegli anni, fu l’unico


che ricordasti al processo.
✦ E’ uno dei pochi luoghi dove sono stato sereno: lì ritrovai per
l’ultima volta il caldo abbraccio della mia terra natia.
✦ Quando arrivasti, arrampicandoti a dorso di mulo per quegli
impervi tornanti, che impressione ti fece quel piccolo monaste-
ro di padri predicatori addossato al colle di Gerione, con in ci-
ma le rovine della fortezza?
✦ Non credevo ai miei occhi: sembrava un incantesimo! Era im-
pressionante la somiglianza di Gerione e Cicala: due gocce
Nonostante le prime censure per qualche incauta d’acqua, due fratelli gemelli. Mi sembrava di essere tornato a
esternazione, grazie alle eccezionali doti d’ingegno, casa. Chi avrebbe mai detto che in quel posto sperduto, avrei
Bruno percorse rapidamente i vari gradi della carriera avuto l’impressione di rivedere il paesaggio natio, che tanto mi
ecclesiastica: suddiacono nel 1570, diacono l’anno era mancato, in quegli anni trascorsi a S. Domenico?
successivo. Nel 1572 fu ordinato sacerdote, celebrando la
sua prima messa nella chiesa del convento di S. ✦ La cella che ti era stata assegnata nel piccolo noviziato si affac-
Bartolomeo in Campagna, cittadina a 40 miglia da ciava su uno stretto sentiero, pietroso e impervio, che si inerpi-
Napoli. cava su per il colle, fino alla fortezza.
✦ Percorrendolo ricordavo spesso, con commozione, mia madre
Fraulisa, quando con i lunghi capelli a treccia raccolti sulla nu-
ca, camminava leggera al mio fianco, tenendomi per mano.

9
La rivedevo salire tra gli alti castagni, calpestando i ricci, ✦ Un giorno, mentre sedevo nella piccola guardiola di pie-
affondando le bianche caviglie in un letto crepitante di fo- tra, vicino alla porta del ponte levatoio, immerso nella lettu-
glie morte. Ansimante per la fatica e l’emozione, arrivavo ra dell’amato Tommaso, mi parve di sentirne la voce: “Re-
sulla vetta, in quello che doveva essere stato un cortile, cir- sta tra noi, fratello Giordano, resta nella tua chiesa. Non da-
condato da muraglie e torrioni diroccati. Sembrava proprio re ascolto al demone della conoscenza, resisti alle tentazio-
di trovarsi in cima al Cicala, tra i ruderi del castello. Qui ni dell’eresia. Umilia il tuo orgoglio. Fai penitenza per que-
però, la pianura luminosa, era più lontana, oltre la stretta sti tuoi peccati di presunzione e rinuncia all’insano proget-
gola, come se Gerione fuggisse, portandomi in groppa, per to di propagandare le tue folli teorie. Le tue grandi doti di
addentrarsi nell’oscurità della valle, presagio di un allonta- ingegno ti promettono un glorioso futuro, la possibilità di
namento, di un distacco, verso un esilio senza ritorno. raggiungere le più alte cariche ecclesiastiche. La Chiesa ti
✦ Verso Nord, oltre i neri rilievi del monte Romanella e del proteggerà e ricompenserà i tuoi meriti con una vita di agia-
Ripalta, ti attendeva l’ignoto. Fu l’ultima occasione che ave- tezza e di gloria”. Quelle parole, ascoltate in ginocchio, col
sti di contemplare il mondo dall’alto, con distacco. In segui- volto tra le mani, in segno di reverenza per il divino Aqui-
to sballottato dagli eventi, da un luogo all’altro, non potrai nate, non fecero che rafforzare i miei propositi. Non era
più farlo, se non con la fantasia, fino al giorno in cui vedrai quel genere di onori che mi interessava. Sentivo dentro di
il tuo corpo bruciare lontano, mentre la tua anima ascende- me, potente, la certezza di essere nel giusto, di non poter
rà con il fumo in paradiso. rinunciare a seguire la strada della verità, anche se essa mi
avrebbe portato alla rovina. Ancora una volta ero in preda
✦ Vedevo sotto di me la chiesetta col piccolo campanile, do- all’ebbrezza dell’infinito. Mi levai in piedi, allargando le
ve avevo appena celebrato l’eucarestia e come sempre mi braccia sotto l’ampio mantello bianco e abbracciai con lo
affascinava il gioco delle proporzioni, la sensazione della re- sguardo per l’ultima volta quello spettacolo. Addio Cicala!
latività del tutto. Sentivo ancora in bocca il sapore del vino Addio Gerione! Addio a questa pace, alle tranquille giorna-
e del pane sacrificali, ma non era sazia la mia voglia di con- te di studio e di contemplazione. La mia missione di Mercu-
tatto col divino. Una profonda insoddisfazione mi assaliva rio mi aspetta: sono pronto ad affrontare il mio destino di
al confronto delle corrispondenze universali che provavo umiliazione e di morte.
lassù, al cospetto dell’immenso.
✦ Quel freddo inverno di solitudine e di riflessione, fu dun-
que decisivo per le tue decisioni future ?

10
“ NATO S OT TO P I Ù B E N I G N O C I E L O ”

La fuga

Nel 1575 divenne dottore in abbandonando l’abito ecclesia-


teologia ma, contemporanea- stico.
mente allo studio profondo e Ebbe inizio così un’incredibile
ammirato dell’opera di S. peregrinatio: quasi diecimila chi-
E’ l’alba. Una carrozza con le insegne papali è in attesa sul Tommaso, non rinunciava a lometri, che lo porteranno a
sagrato della Chiesa di S. Domenico Maggiore a Napoli. Un leggere gli scritti di Erasmo da visitare le principali corti ed
frate, piccolo ma elegante nella candida tonaca dell’ordine dome- Rotterdam. Alcune incaute af-
nicano, esce dal cancello del convento e vi sale, abbandonandosi accademie europee. Nell’arco
fermazioni in favore delle dot- di due anni (1577-1578) sog-
ancora assonnato sul sedile di velluto. Quel frate è Giordano trine eretiche di Ario determi-
Bruno da Nola. Papa Pio V, cui è giunta voce della straordina- giornò a Noli, a Savona, a To-
narono l’apertura di un proces- rino, a Venezia e a Padova, do-
ria abilità del giovane rappresentante della grande tradizione
domenicana nella memoria artificiale, vuole vederlo all’opera. A so locale a suo carico, nel cor- ve si mantenne impartendo le-
Roma Bruno reciterà a memoria, in ebraico, il salmo “Funda- so del quale emersero anche zioni in varie discipline (geo-
menta”, dalla prima parola all’ultima e all’inverso. Sarà la pri- accuse di dubbi circa il dogma metria, astronomia, mnemo-
ma di numerose esibizioni che nel corso della sua vita concederà trinitario. Recatosi a Roma, tecnica, filosofia).
a papi, imperatori, autorità accademiche ed ecclesiastiche, con per difendersi dalle accuse di-
l’irridente spavalderia del genio incompreso. Ma la Chiesa non nanzi a Sisto Lucca, procurato- Dopo brevi soste a Bergamo e
tarderà a scoprire che la prodigiosa memoria di quell’uomo è so- re dell’ordine, venne avvisato a Brescia, alla fine del 1578 si
lo la manifestazione esteriore di una straordinaria capacità di che nella sua cella erano stati diresse verso Lione, poi Cham-
intuizione, di una inarrestabile brama di sapere e comunicare, e bery e di lì a Ginevra, la capi-
trovati i libri proibiti di Era-
dovrà fare i conti con il suo pensiero corrosivo e ribelle. tale del calvinismo. Qui venne
smo. Vedendo aggravarsi la
sua posizione, fuggì da Roma, accolto da Gian Galeazzo Ca-

11
racciolo marchese di Vico, esule dall’Italia e fondatore della e ugonotti lo spinse a cambiare aria, ma influì probabilmente
locale comunità evangelica. sulla decisione la convinzione di essere pronto per palcosceni-
Dopo una esperienza di "correttore di prime stampe" presso ci più prestigiosi.
una tipografia, Bruno aderì formalmente al calvinismo e fu
immatricolato come docente nella locale università (maggio
1579). Già nell’agosto però, avendo pubblicato un libretto in
cui evidenziava ben venti errori commessi, nel corso di una
sola lezione, dal titolare della cattedra di filosofia Antoine De
la Faye, fu da questi denunciato per diffamazione. Arrestato e
processato, gli fu comminata la “deffence de la cène”, il divie-
to di partecipare all’Eucarestia, che di fatto equivaleva a una
scomunica. Per ottenere il perdono, Bruno dovette ammette-
re la sua colpevolezza e lasciare Ginevra. La sua irrequietez-
za e l’intolleranza ai dogmi gli faranno stabilire un ineguaglia-
to record di scomuniche: alla cattolica e alla calvinista, si ag-
giungeranno in seguito l’anglicana a Londra e la luterana ad
Helmstedt.
Tappa successiva: Tolosa, baluardo dell’ortodossia cattolica
nella Francia meridionale, dove ottenne il dottorato e fu am-
messo ad insegnare per circa due anni nella locale università,
commentando il De anima di Aristotele. Pressoché insuperabi-
le nelle dispute accademiche, si guadagnò prestissimo la sti-
ma e l’ammirazione dei colleghi, che evidentemente non ri- Giovanni Calvino
cambiava. Quando l’illustre professore Francisco Sanchez gli
dedicò, con parole cariche di ammirazione, il proprio Quod
nihil scitur, il commento vergato da Bruno sul frontespizio del
libro fu spietato: “Fa meraviglia che quest’asino possa chiamarsi dotto-
re”! Nel 1581 la recrudescenza delle lotte religiose tra cattolici

12
Capitolo 2

ALLA CORTE DEL RE DI FRANCIA


A L L A C O RT E D E L R E D I F R A N C I A

Memoria non è solo ricordare...

✦ “La tua abilità nell’arte della memoria è famosa in tutta Euro-


pa. Ce ne dai un saggio, Giordano?”.
✦ “Mi prendi anche tu per un giullare, per un saltimbanco? E’
dai tempi del noviziato a S. Domenico Maggiore che Papi, re-
gnanti e semplici studenti vogliono assistere alle mie esibizio-
Giunto a Parigi, iniziò per Bruno un periodo di fulgida
fortuna. Venne ammesso a tenere un corso in trenta lezioni sugli ni, chiedendomi di svelar loro i miei segreti. Essi vedono nella
attributi divini in Tommaso d'Aquino,in qualità di "lettore mnemotecnica soltanto uno strumento in grado di aumentare
straordinario". A differenza di Tolosa, infatti, a Parigi quelli il loro potere, per riuscire a vincolare altri esseri umani. Non
"ordinari" erano tenuti a frequentare la messa, cosa a lui capiscono che i sigilli, le statue, sono solo immagini-specchio
interdetta in quanto scomunicato. L’eco delle eccezionali doti
messe in mostra dal piccolo frate italiano arrivò ad Enrico III, della realtà. Esse sono in grado di dirigere attraverso le nostre
sovrano dotato di profonda cultura nonché ottimo oratore, che facoltà gli influssi astrali che agiscono sull’universo, stabilendo
volle subito incontrare quel mirabolante mago della memoria. una connessione diretta tra quest’ombra profonda e la luce del-
Bruno gli dedicò allora un testo straordinario: il De umbris la divinità. Mnemosyne è la mia dea! E’ a lei che mi rivolgo,
idearum. La riconoscenza e l’ammirazione del Re furono per rimuovere il velo dell’apparenza e arrivare a fondermi con
immediate, al punto da nominarlo lecteur royaux nella più
prestigiosa università del tempo. Un pulpito da cui Bruno l’anima del mondo! Memoria non è soltanto ricordare, ma ac-
cominciò subito a diffondere le sue idee rivoluzionarie, incurante quisire conoscenze sempre nuove. Perché, se la mia mente è
dell’ostracismo dei pedanti della Sorbona, scandalizzati da divina, allora, con l’aiuto della memoria, io posso arrivare a
teorie che smantellavano, punto per punto, gli intoccabili dogmi comprendere l’organizzazione dell’universo!”.
aristotelici.

14
M E M O R I A N O N E ’ S O L O R I C O R DA R E …

Le immagini “agentes”

Alle immagini, evocatrici di bra profunda, ma a cui fatalmen-


concetti ideali universali egli te, come una fiamma, tendia-
affida il fondamentale ruolo di mo e da cui dipendiamo in un
trait d’union con il mondo ideale ciclico alternarsi di ascenso e de-
di ispirazione neoplatonica. Sta- scenso, quel processo per cui gli
tue, lettere, ruote, segni zodia- spiriti pervengono alla contem-
cali si associano, rimandandosi plazione del divino principio e
l’un l’altro, svelando corrispon- le anime si incarnano, mutan-
denze e coincidenze, ombre e do e assumendo il controllo
luci, similitudini e differenze, della materia e delle forme.
che regolano la ruota del tem- Astri, numeri, figure, rinviano
po e il ciclo della vicissitudine. tutti alle forze elementari della
La loro sequenzialità e comple- natura, operanti in una mate-
Bruno è un grande sensitivo: immerso nell’Universo, è con- mentarietà costituisce l’essenza ria che ha la stessa dignità del-
vinto di poter abbattere la barriera tra umano e divino, unificante dell’universo e della la forma. Bruno avverte tutto
pur rimanendo questa conoscenza soltanto “umbratile”.
vita-materia infinita. ciò e cerca di esprimerlo utiliz-
L’ Ars memoriae rappresenta per lui un mezzo per andare
Quelle immagini che ognuno zando con disinvoltura tutti gli
oltre l’umanità, alla ricerca del vero e dell’inesprimibile,
per stabilire vincoli, per arrivare alle intuizioni universali di noi può formarsi autonoma- strumenti che il suo tempo rie-
partendo dalla natura delle cose; una tecnica per raggiun- mente, una volta vivificate dal- sce ad offrirgli: la magia natu-
gere, avvalendosi di corrispondenze naturali, astrologiche e le emozioni, ci connettono au- rale, l’astrologia, la matemati-
verbali, una consapevolezza superiore. tomaticamente alla sfera delle ca e, appunto, l’arte della me-
idee di cui siamo ombra, um- moria.

15
Egli non si accontenta però degli artifici dei grandi mnemoni- nella natura e di riprodurre i mandala naturali che si esprimo-
sti del passato, ma elabora, sperimenta, trasforma. Perfeziona e no nei fiori, nelle piante, nel moto degli astri e dei pianeti, nelle
modifica le ruote mnemoniche di Raimondo Lullo, ideandone manifestazioni della natura, che attraverso l’introiezione dello
di nuove, in cui alle parole sono associate immagini, come quel- schema permettano di cogliere intuitivamente le similitudini in
le da lui elaborate nel De umbris idearum, che sfruttando la sfera esso contenute. Ogni casella della ruota mnemonica viene così
emozionale (sesso, paura, etc.) e la simbologia delle divinità mi- associata a un’immagine e questa, a sua volta, ad un astro. E’ il
tologiche, si imprimano nella memoria, aiutando a ricordare. caso delle tre figure fondamentali della sua geometria che egli
Dalle allegorie dello Spaccio agli emblemi dei Furori, fino ai con- ci presenta nel De Minimo, con i titoli di ATRIO DI APOLLO,
cetti-statue della impressionante Lampas triginta statuarum, l’asso- MINERVA E VENERE, che rappresentano mitologicamente
ciazione parola-immagine si trasforma da semplice tecnica di il suo credo filosofico: la Trinità ermetica di Mente, Intelletto e
memoria in meccanismo di pensiero, che consente di elaborare Amore.
e confrontare i concetti per giungere a nuove verità. L’idea è
quella di creare una macchina mnemonica, una specie di com-
puter creativo, che riesca a pensare da sé.
Se da un lato l’ars memoriae costituisce per Bruno uno strumen-
to proto scientifico, dall’altro essa si ricollega alle credenze sul-
le influenze astrali, comunemente accettate nel Rinascimento.
Gli astri sono “grandi animali”, in quanto dotati di “anima”, e
pertanto sono in grado di vincolare altre “anime”. Ai pronosti-
ci astrali credevano re e imperatori, Papi officiavano riti astrolo-
gici nelle loro cappelle private, filosofi come Tommaso Campa-
nella e astronomi come Tycho Brahe compilavano pronostici e
predizioni. Come nei mandala indiani, Bruno tenta di cogliere

16
M E M O R I A N O N E ’ S O L O R I C O R DA R E . . .

I Mandala di Giordano Bruno

Rivelando una sorprendente affinità con le correnti del pensiero


orientale, Bruno identifica, all’interno delle strutture naturali, par-
ticolari figure e sigilli, che determinano le forme delle cose. Que-
ste figurazioni esprimono lo stesso tentativo dei mandala indiani
di cogliere le geometrie naturali e di riprodurle attraverso diagram-
mi che, attivati dall’impulso intellettivo infuso in essi durante la lo-
ro formulazione e realizzazione, stabiliscano un contatto con le
strutture essenziali, soprasensibili della realtà.
“Noi, indagando i numeri della natura, abbiamo rivolto la La parola “mandala” in sanscrito significa “cerchio” , ma anche
nostra attenzione alle figure naturali, per mezzo delle quali “centro”. Ascoltiamo Bruno:
l’ottima madre, configurando tutte le cose, distingue le rispet- “ Come il centro si esplica in un ampio cerchio, così uno spirito ordinatore, dopo
tive virtù e proprietà; dipinge, scolpisce, intesse, nelle loro su- essersi esplicato negli aggregati atomici, coordina il tutto, fino a che, trascorso il
perfici i rispettivi nomi. La natura esprime attraverso i nume- tempo ed infranto lo stame della vita, si ricomprime nel centro e nuovamente si
ri delle membra e delle fibre di tutte le cose la loro stessa espande nello spazio infinito: tale evento viene solitamente identificato con la mor-
struttura. Essa mostra in queste stesse immagini la bellez- te; poiché ci spingiamo verso una luce sconosciuta, a pochi è concesso l’avvertire
za, l’eccellenza, i privilegi, di cui è dotata oppure i loro con- quanto questa nostra vita significhi in realtà morte e questa morte significhi assur-
trari. Essa stessa pone nelle forme delle cose le leggi, i modi gere a nuova vita: non tutti riescono a prescindere dalla corporeità e precipitano,
nell’agire e nel patire evidenzia le vicissitudini. Nell’impri- trascinati dal proprio peso, in un profondo baratro, privo della luce divina.” (De
mere tali sigilli, quell’ottima genitrice rende chiara l’autorità triplici minimo)
di un Dio che tutto governa...” (De monade).

17
mandala è dunque un mezzo, un canale per ritrovare l’unità a
Questo concetto di partire dal molteplice. Al tempo stesso, capire le proprietà delle
emanazione del tut- cose, e il loro significato nell’ordine del mondo vuol dire anche
to da una sorgente imparare ad agire su di esse attraverso la magia naturale.
divina e del ritorno
della molteplicità
nell’Uno, Bruno lo
rappresenta con i
suoi disegni costitui-
ti da cerchi concen-
trici e complicati
quadrati, immagini
che diventano “co-
smogrammi” cioè
proiezioni geometri-
che della formula dell’universo. Contemplando questo cosmo-
gramma, l’individuo si identifica con le forze arcane che opera-
no nell’universo, in cui rapporti numerici e figure geometriche
scandiscono la trama interna della realtà e si impadronisce del-
le strutture che regolano la natura, fino ad arrivare a realizzare
in se stesso la coincidenza di macrocosmo e microcosmo. Que-
sto impulso verso l’unità, nelle filosofie orientali, è capace di
condurre all’illuminazione colui che contempla l’immagine. Il

18
Capitolo 3

IL SOGGIORNO INGLESE
IL SOGGIORNO INGLESE

Dalla Sorbona ad Oxford

Il soggiorno inglese, nell’accogliente e protettiva dimora dell’am-


basciatore, gli consentì di comporre opere importanti. Pubblicò,
in unico volume, Ars reminiscendi, Explicatio triginta sigillorum e Sigillus
sigillorum e subito dopo portò a termine la maggior parte delle ope-
re italiane: la Cena de le ceneri, il De la causa, principio et uno, il De infi-
nito, universo et mondi e lo Spaccio della bestia trionfante. Nell’anno se-
guente, sempre a Londra, diede alle stampe la Cabala del cavallo pe-
gaseo e il Degl’heroici furori. Quest'ultima opera, al pari dello Spaccio,
Michel de Castelnau è dedicata a sir Philip Sidney, nipote del favorito della Regina Ro-
bert Dudley conte di Leicester, con il quale strinse un rapporto di
stima e di amicizia e che lo introdusse nelle grazie di Elisabetta
Tudor. Bruno manifesta nella Cena, a chiare lettere, entusiasmo e
stima per la sovrana: “Non hai qua materia di parlar di quel nume de la
Dopo circa un anno e mezzo, agli inizi della primavera terra, di quella singolare e rarissima Dama, che da questo freddo cielo, vicino
del 1583, Bruno lascia Parigi per raggiungere, “con a l’artico parallelo, a tutto il terrestre globo rende sì chiaro lume: Elizabetta
lettere dell’istesso re”, la residenza londinese dico, che per titolo e dignità regia non è inferiore a qualsivoglia re, che sii nel
dell’ambasciatore Michel de Castelnau. Anche questo mondo”. Pur se priva di precisi riscontri, estremamente suggestiva è
trasferimento, come quello di Tolosa, venne da lui l’ipotesi di un incontro del filosofo con William Shakespeare. Indu-
spiegato agli inquisitori veneti con i tumulti che bitabili influenze sono rintracciabili in alcune sue opere e, addirit-
sconvolgevano la capitale. tura, in Pene d’amor perdute, nel personaggio di Berowne è ben rico-
noscibile il filosofo Nolano.

20
Nel mirino dell’insaziabile ambizione di Bruno finì natural- l’ospite. Da questo fatto nacque il dialogo La cena de le ceneri che
mente Oxford: troppo ghiotta l’occasione di affermare l’infini- contiene acute e non sempre diplomatiche osservazioni sulla
tà dell’universo nella roccaforte della pedanteria accademica! realtà inglese contemporanea, attenuate poi, anche per la rea-
Venuto a contatto con la famosa università oxoniana, sospinto zione di alcuni che si sentivano ingiustamente coinvolti in tali
dall’irruenza del suo carattere, durante una disputa mise in dif- giudizi, nel successivo De la causa, principio et uno. Nei due dialo-
ficoltà, senza troppi riguardi, uno stimato docente, John Un- ghi italiani, Bruno contrasta la cosmologia geocentrica di stam-
derhill, che sarebbe poi diventato Vescovo di Oxford, destando po aristotelico-tolemaico, ma supera anche le concezioni di Co-
naturalmente lo sdegno di una parte dei suoi colleghi che non pernico, integrandole con la speculazione del "divino Cusano".
mancarono di manifestare alla prima occasione la loro animosi- Sulla scia della filosofia cusaniana, infatti, il Nolano immagina
tà. Ottenuto, dopo alcuni mesi, l’incarico di tenere una serie di un cosmo animato, infinito, immutabile, all'interno del quale si
conferenze in latino sulla cosmologia, difese tra l'altro le teorie agitano infiniti mondi simili al nostro.
di Niccolò Copernico sul movimento della terra. Tanto ardire
gli costò l’allontanamento anche da Oxford. La mnemotecni-
ca, gli consentiva di citare tanto fedelmente i suoi maestri, che
fu accusato di aver plagiato il De vita coelitus comparanda di Marsi-
lio Ficino e costretto a interrompere le lezioni. Ma al di là dei
risentimenti personali, confliggevano con la temperie culturale
e religiosa inglese del tempo alcune idee di fondo di Bruno,
quali appunto la sua cosmologia ed il suo antiaristotelismo.
L’episodio del giorno delle ceneri del 1584 è significativo: Bru-
no era stato invitato a cena nella residenza del nobile inglese
Sir Fulke Greville ad esporre le sue idee sull’universo. Due dot-
tori di Oxford presenti, anziché opporre argomento ad argo-
mento, provocarono un acceso diverbio ed usarono espressioni
che Bruno ritenne offensive tanto da indurlo a licenziarsi dal-

21
IL SOGGIORNO INGLESE

La Cena de le Ceneri

Se la terra ruotasse, diceva Aristotele, essa si sposterebbe duran-


te il tempo di caduta, per cui il punto dove la pietra cade dovreb-
Immagine dalla “Cena de le Ceneri” be spostarsi nella direzione opposta al movimento della terra.
Bruno fu il primo a confutare questo argomento nel terzo dialo-
go della Cena de le Ceneri: “Se alcuno che è dentro la nave, gitta per
dritto una pietra, quella per la medesima linea ritornarà a basso, muovasi
Anche nel campo della fisica Bruno ha lasciato il segno: quantosivoglia la nave, pur che non faccia degl’inchini.”. In altre parole,
è il caso del celebre esperimento della nave per spiegare la imbarcazione albero e pietra formano quello che in seguito sa-
relatività del movimento. L’osservazione che una pietra rebbe stato chiamato “sistema meccanico”. “Della qual diversità
lasciata cadere dall’alto di un albero o di una torre cade non possiamo apportar altra ragione, eccetto che le cose, che hanno fissione o
verticalmente era considerata dalla fisica aristotelica una simili appartenenze nella nave, si muoveno con quella”. (Bruno -Teofilo).
delle prove più evidenti dell’immobilità della terra. “Con la terra dunque si muoveno tutte le cose che si trovano in terra”. L’ar-
gomento dei sostenitori della fissità della Terra è quindi privo di
fondamento. Mostrando come non si possa valutare il moto di
un corpo in assoluto, ma solamente in maniera relativa, Bruno
apre la strada al lavoro di Galileo, che gli farà eco nel Dialogo
sopra i due massimi sistemi del mondo: “E di tutta questa corrispon-
denza d’effetti ne è cagione l’esser il moto della nave comune a tutte le cose
contenute in essa, ed all’aria ancora”. (Galileo - Salviati)

22
14 Febbraio 1584, giorno delle ceneri. Un barcone scricchio- BRUNO.“Grandissimo astronomo! Ha l’enorme merito di
lante scivola sul Tamigi in una serata nuvolosa. A bordo, ol- aver conferito dignità e credibilità alle tesi degli antichi ma,
tre a due vecchi e scorbutici barcaioli, ci sono Giordano Bru- più studioso de la matematica che de la natura, neanch’egli è
no e i suoi due amici, messer Giovanni Florio e maestro Mat- riuscito a liberarsi completamente dalle vane chimere dei vol-
teo Gwynn, venuti a prenderlo per accompagnarlo alla resi- gari filosofi, fino ad abbattere le muraglie delle prime, ottave,
denza di sir Fulke Greville. Questi ha invitato il filosofo a ce- none, decime e altre sfere per affermare l’infinità dell’univer-
na, per sentirlo disputare sulle sue teorie eliocentriche ed infi- so. Quell’infinità che io, fin da ragazzo, avevo imparato a con-
nitiste. Bruno è a prora e volge lo sguardo verso un cielo livi- templare nella mia amata terra natia.”
do, in cui si staglia una candida luna.
BRUNO. “La luna mia, per mia continua pena, mai sempre
è ferma ed è mai sempre piena. Mi è sempre piaciuto in sera-
te come questa contemplarla e immaginare di essere lassù.
Magari potrei trovarvi, finalmente, un po’ di pace: fuggire
l’università che mi dispiace, il volgo ch’odio, la moltitudine
che non mi contenta”.
GWYNN. “Suvvia, sta di buon animo Giordano! Stasera ti
aspetta una gran bella disputa! Anch’io muoio dalla voglia di
sentirti difendere contro i pedanti di Oxonia la teoria eliocen-
trica di messer Copernico, su cui hai innalzato la tua Nova filo-
sofia”.
BRUNO. “Io non vedo né per gli occhi di Tolomeo, né per
quelli di Copernico! Sono grato a questi grandi ingegni, co-
me a tanti altri sapienti che già in passato si erano accorti del
moto della terra. Lo affermavano i pitagorici: Niceta Siracu-
sano, Ecfanto, Filolao. Platone ne parla nel Timeo, lo lascia-
va intendere cautamente il divino Niccolò Cusano. Ma è toc-
cato a me, come Tiresia, cieco ma divinamente ispirato, pene-
trare il significato delle loro osservazioni, leggervi ciò che essi
stessi non hanno saputo cogliere”.
GWYNN. “Pensavo che almeno su Copernico non avessi
niente da obiettare!”

23
Capitolo 4

INFINITI MONDI
INFINITI MONDI

Prigionieri delle Stelle fisse

La credenza in una volta cele- al proprio asse portandosi die-


ste materiale che delimitasse il tro le stelle. Era questo il cielo
mondo come un guscio di noce delle stelle fisse, così chiamato
si perde nella notte dei tempi, perché l’occhio le percepisce a
L’idea di universo infinito era già nota ai filosofi greci. Il ma bisogna attendere nel IV distanza fissa l’una dall’altra.
pitagorico Archita di Taranto, verso il 430, si chiedeva: secolo a.c. Aristotele e il suo La sua rotazione spiegava l’ap-
“Se io mi trovassi al limite estremo del cielo, sulla sfera trattato De coelo, per una com- parente moto notturno attorno
delle stelle fisse, mi sarebbe possibile tendere al di fuori piuta esposizione di una teoria, al polo celeste delle stelle, che
una mano o un bastone?”. L’ipotesi della rotazione della in grado di spiegare nel modo si troverebbero tutte ad eguale
più preciso possibile il moto ap- distanza dalla terra. Secondo
terra su se stessa in 24 ore era stata già avanzata da
parente delle stelle rispetto ai Aristotele la sfera delle stelle fis-
Eraclito nel VI secolo a.C. Nel quarto secolo a.C. Iceta
corpi celesti. Lo Stagirita rite- se non era composta dai quat-
di Siracusa predicava che “Tutto nell’universo è neva impensabile l’ipotesi di tro elementi (terra acqua aria
immobile, tranne la Terra”. Essa si muove in circolo un mondo infinito, come imma- fuoco) che si pensava allora co-
intorno al proprio asse, mentre Venere e Mercurio girano ginavano gran parte degli anti- stituissero il mondo, ma da una
intorno al Sole (come sosterrà molto più tardi, ai tempi chi filosofi. La sua visione geo- quinta essenza che lui chiama
di Bruno, il danese Tycho Brahe). Nel suo grande poema centrica prevedeva che il no- etere. Nella sua fisica, infatti,
latino, De rerum natura, Lucrezio considerò l’universo stro piccolo globo terrestre fos- egli distingue una regione cen-
illimitato e si spinse ad ipotizzare una pluralità di se immobile al centro dell’uni- trale o mondo sub-lunare (sotto
mondi obbedienti alla medesime leggi fisiche e abitati da verso e la periferia del mondo, l’orbita della luna) che è il mon-
altri esseri pensanti. come un’immensa sfera, giras- do dove le cose nascono, si evol-
se senza fine in 24 ore intorno vono e muoiono, vale a dire il

25
mondo terrestre. E una regione che la circonda, il mondo so- Il “Divino Aquinate”, come lo chiama il Nolano, realizzò, nel-
pra-lunare, dove si situano, con le loro sfere eteree, Luna Sole la Summa Theologica, una vera e propria cristianizzazione dell’ar-
e pianeti: corpi immutabili, cioè giammai affetti da alcun cam- chitettura dell’universo descritta nel De coelo. Il mondo è unico
biamento. Astri non creati, eterni e perfetti, animati da un tipo e ben limitato, serrato nella sfera delle stelle fisse. Egli aderisce
di movimento considerato anch’esso perfetto: il moto circolare all’idea avanzata dai filosofi greci di una quintessenza: i corpi
uniforme. Per spiegare questi moti di rotazione e la loro perfe- celesti sono di natura diversa dai quattro elementi e sono incor-
zione, Aristotele avanza l’ipotesi che essi siano dovuti all’inter- ruttibili per natura. Allo stesso tempo egli reinterpreta in senso
vento di intelligenze motrici, i cui spiriti sarebbero a loro volta cristiano la metafisica del Primo Motore, identificandolo bene
messi in movimento da un Primo Motore a cui da il nome di o male nel Dio creatore della Rivelazione e assimila agli angeli
Dio. La cosmologia e la fisica di Aristotele sconfinano così nel- le intelligenze che spingono i pianeti sulle loro orbite o sfere.
la metafisica. Malgrado le critiche avanzate da differenti scuo- Nel 1323, mezzo secolo dopo la sua morte, Tommaso d’Aqui-
le filosofiche dell’antichità, la cosmologia di Aristotele alla fine
si impose. Tutti gli astronomi greci posteriori, ed in particolare
Tolomeo nel II sec. della nostra era, ripresero i concetti genera-
li proposti da Aristotele. I dibattiti tra gli astronomi aristotelici
puri e i partigiani di Tolomeo vertevano soltanto su punti mi-
nori, quali il numero delle sfere (otto, nove o di più), la distanza
che separava la terra dalle stelle fisse e più ancora il moto esat-
to dei pianeti all’interno delle sfere. Durante i primi secoli del
Medio Evo, l’Occidente dimenticò quasi totalmente Aristotele.
La cosmologia dell’occidente cristiano si fondava essenzialmen-
te sui versi biblici della creazione del mondo che faceva della
volta celeste un firmamento, cioè una volta solida (da firmus, fer-
mo) dove sono fissate le stelle. All’inizio del XIII secolo, quan-
do cominciarono a circolare le prime traduzioni latine degli
scritti perduti di Aristotele, la Chiesa, così come prima di lei i
teologi musulmani, si accorse che il trattato De coelo, pur ricono-
scendo un Dio Primo motore, ignorava l’idea della creazione
del mondo e dell’immortalità dell’anima. Pertanto, nel 1210, le
S. Tommaso d’Aquino tra Aristotele e Platone
autorità religiose interdissero la lettura di Aristotele. Si deve a
colui che Bruno riconosceva come uno dei suoi maestri, il do-
menicano Tommaso d’Aquino, la soluzione di questa crisi.

26
no viene canonizzato e la sua filosofia, il tomismo, diviene la Copernico, infatti, per spiegare il movimento apparente delle
dottrina ufficiale della Chiesa. Il pensiero aristotelico, diventa stelle nel cielo notturno, ricorre alla sfera delle stelle fisse che
la sola filosofia insegnata nelle università d’Europa, irrigidendo- però è costretto ad immobilizzare, come un gigantesco guscio
si insieme alla filosofia scolastica medievale. Aristotele viene ri- dalle dimensioni immense (da immensus, impossibile da misura-
tenuto come infallibile e nelle numerose branche del sapere re), che circonda la terra in rotazione. Inizialmente la teoria co-
l’aristotelismo s’impone pressoché senza avversari. Nessuno pernicana fu relegata al rango di semplice ipotesi, comoda for-
osa più contestare che delle sfere celesti concentriche ruotino se per i calcoli, ma per nulla corrispondente alla struttura reale
instancabilmente intorno alla terra. La sfera delle stelle fisse, del mondo. Essa non andava oltre un tentativo di ridefinire le
questo strano oggetto che nessun umano ha mai visto, acquista posizioni e i moti dei pianeti all’interno del nostro sistema sola-
lo stato di un’entità celeste la cui realtà non può essere messa re, nella visione unificata di un universo di dimensioni infinite.
in dubbio! Il rivolgimento culturale del Rinascimento non pote- E’ sorprendente la scarsa eco che ebbe l’opera di Copernico,
va ignorare questo aristotelismo integralista. Il recupero dei pi- non solo alla sua apparizione ma nel corso dei decenni che se-
tagorici,di Platone, degli stoici, l’intensificazione della ricerca guirono. Bisognò attendere ventitre anni perché il De revolutioni-
della verità nei campi più disparati, dalla medicina alla fisica, bus avesse una seconda edizione. All’inizio dell’anno 1580, qua-
alle matematiche, contagia tutti i campi del sapere, ma le uni- si 40 anni dopo la pubblicazione dell’opera, nel momento in
versità, sulle quali nel XVI secolo il controllo religioso era pres- cui Giordano Bruno formula le sue rivoluzionarie teorie, il
soché totale, rappresentano una fortezza inattaccabile. Lungo mondo scientifico in generale continuava così a professare con-
tutto il XVI secolo (e anche oltre) lo schema cosmologico me- cezioni immutate nell’essenza da circa venti secoli.
dievale rimane quello universalmente accettato e Tommaso Se non fu il primo a sostenere e diffondere la teoria coperni-
d’Aquino uno degli autori più stampati dell’epoca. E’ la pubbli- cana, Giordano Bruno fu certamente il primo a trarne con
cazione, nel 1543, del libro di Copernico De revolutionibus orbis coraggio e determinazione le conseguenze anche più estre-
celestis a segnare la data della rottura. La Terra, scacciata dal me, e pericolose per il tempo in cui viveva, affermando che il
centro del mondo, gira infine su se stessa. Attorno al Sole, mondo non è per niente finito, cioè chiuso da una sfera che
ormai immobilizzato al centro del sistema, girano gli “orbi cele- lo circonda da ogni parte, come gli stessi Copernico e Keple-
sti”, che portano i pianeti, tra cui il nostro, situato ora tra Vene- ro continuavano a sostenere. Quando nel 1584 scrive la Cena
re e Marte. La Terra è un pianeta come gli altri: questo è in so- de le Ceneri, il suo primo dialogo in lingua italiana, Bruno ha
stanza il messaggio, che oggi sembra banale, ma fu una prodi- già maturato l’idea che ci troviamo sulla superficie di un glo-
giosa novità per i contemporanei di Copernico. Tuttavia il bo lanciato, come gli altri pianeti, in una incessante rotazione
mondo di Copernico non è esattamente l’universo che noi co- intorno al Sole. E’ giunto perciò il momento di abbandonare
nosciamo oggi. Da una parte egli mantiene un centro, dove per sempre la indifendibile dottrina della centralità della Ter-
Dio, per illuminare il mondo, ha sistemato il Sole come su un ra. La cosmologia bruniana fa uso di fonti che risalgono a filo-
trono reale, dall’altra parte conserva un limite esterno. Anche

27
sofi dell’antichità, come Aristarco di Samo (che già nel III se-
colo a.C. aveva sostenuto la teoria eliocentrica, per cui la ter-
ra ed i pianeti girano su orbite circolari intorno al sole immo-
bile), Pitagora e Lucrezio, ed è intimamente connessa alla sua
metafisica. Nel terzo costituto del processo veneto egli
dichiara:“Io tengo un infinito universo, cioè effetto della infinita divina
potentia, perché io stimavo cosa indegna della divina bontà e potentia che,
possendo produr oltra questo mondo un altro ed altri infiniti, producesse un
mondo finito. Si che io ho dichiarato infiniti mondi particolari simili a que-
sto della Terra, la quale con Pittagora intendo uno astro, simile alla quale
è la Luna, altri pianeti ed altre stelle, le quali sono infinite; e che tutti que-
sti corpi sono mondi e senza numero, li quali costituiscono poi la universali-
tà infinita in uno spazio infinito; e questo se chiama universo infinito, nel
quale sono mondi innumerabili. Di sorte che è doppia sorte de infinitudine
de grandezza dell’universo e de moltitudine de mondi, onde indirettamente
s’intende essere ripugnata la verità secondo la fede”.
La sfera delle stelle fisse suscita solamente il suo sarcasmo: “Co-
me possiamo continuare a credere che le stelle sono incorporate in una cupo-
la, come se fossero attaccate a questa tribuna e superficie celeste con qual-
che buona colla o inchiodate da solidi chiodi?”.

I sistemi astronomici:
a) Tolemaico
b) Copernicano
c) Tychonico

28
INFINITI MONDI

Mago o scienziato?

Il cratere Giordano Bruno Sia pur lodata per la sua auda- viene considerato “stregone-
cia, la filosofia bruniana suscita sco” il suo interesse per magia
altrettanto di frequente l’accu- ed ermetismo. Non si tiene con-
sa di precarietà per l’approssi- to che gli scritti ermetici ebbe-
Era la domenica che precede la festa di San Giovanni Battista, mazione delle sue teorie mate- ro una parte importante nella
nell’estate del 1178. Cinque monaci della cattedrale di matiche, l’avversione alla trigo- ripresa dell’idea del moto della
Canterbury a Londra, terminate le preghiere serali, prima di nometria, i riferimenti al terra e furono studiati con estre-
ritirarsi nelle loro celle, si fermarono in silenzio a guardare la pitagorismo e ai presocratici, ma cura perfino dal grande
luna. D’un tratto videro il bordo superiore dell’astro incrinarsi e nonché all’atomismo di Epicu- Newton, per il quale ”I moti che
dallo spacco scaturire un’immensa fiammata. I frati corsero ro e Lucrezio, infarciti per giun- i pianeti hanno ora non poterono sor-
allarmati a riferire l’avvenimento allo storico di Canterbury,
fratello Gervasio, che lo riportò fedelmente nelle sue ta di contaminazioni magiche gere soltanto da una causa naturale
“Chronica”. Prodigi come quello erano ritenuti portatori di ed ermetiche. Pur riconoscen- ma furono impressi da un essere intel-
disgrazie, perché soltanto il diavolo poteva permettersi di do che la sua monadologia ligente”, che egli identificava
sconvolgere l’immobile imperturbabilità degli astri. I recenti voli scorre nel solco tracciato da con la volontà di Dio. In un pe-
spaziali hanno confermato fisicamente il resoconto lasciato nel Niccolò Cusano, che magia e riodo come il Rinascimento in
XII secolo dal monaco di Canterbury, rilevando che, astrologia erano universalmen- cui la Terra e, di conseguenza,
effettivamente, la Luna ha una leggera oscillazione, come se te coltivate da tutti i più grandi l’uomo erano il centro dell’uni-
fosse stata colpita meno di mille anni fa da un asteroide. pensatori rinascimentali, da Pi- verso, pensare che esistessero
Esattamente nella regione descritta da frà Gervasio, in quella co a Ficino, da Della Porta a altre galassie, abitate per giun-
sera di giugno, esso lasciò sulla superficie lunare un enorme
cratere che gli astronomi hanno voluto intitolare al profeta Campanella, nel tentativo di ta da altri esseri, non era nem-
dell’infinità dell’universo. confutare o almeno ridimensio- meno fantascienza, ma pura
nare la grandezza del Nolano, follia. Ciò che più affascina di

29
Bruno è la coerenza nello sviluppare le proprie idee senza do il Nolano si lasciò attirare a Padova dalla cattedra di mate-
preoccuparsi delle conseguenze. Nulla di strano che venisse matica, lasciata vacante dal siciliano Giuseppe Moleti, e che sa-
considerato un visionario o, peggio, un ciarlatano dai boriosi rà assegnata al Pisano. Questo avvenimento finì per spingerlo
pedanti del suo tempo. Tycho Brahe, con feroce disprezzo, ri- definitivamente verso la mortale trappola che lo attendeva a
cambiò la sua ammirazione chiamandolo Nullanus. George Ab- Venezia. E' notorio l'estremo attaccamento al successo monda-
bot, futuro arcivescovo di Canterbury, deprecò il fatto che “quel- no da parte di Gali-
l’omiciattolo italiano ave- leo. La paternità del
va tentato di far stare in compasso geometri-
piedi l’opinione di Coper- co, come quella dello
nico per cui la terra gira stesso cannocchiale,
e i cieli stanno fermi; gli furono contestate.
mentre in verità era piut- Del resto, le leggi del-
tosto la sua testa che gira- l’ottica che ne spiega-
va, e il suo cervello che no tecnicamente il
non stava fermo”. Nono- funzionamento sono
stante ciò, le idee del dovute a Keplero, che
Nolano influivano di- Giovan Battista Della Porta le analizzò nella sua
Tycho Brahe rettamente o indiret- Diottrica del 1611, rico-
tamente sulla “nuova noscendo a sua volta
scienza”. William Gil- il debito nei confronti
bert, contemporaneo del De refractione di Giovan Battista Della Porta. Se è certamen-
di Bruno, esponendo le sue idee sul magnetismo, nel De mundo, te avventato avvicinare Bruno allo sperimentalismo matematiz-
fa largo uso delle teorie cosmologiche esposte dal filosofo nola- zante di Galileo, non bisogna neanche cadere nell’intolleranza
no nel De immenso. Galileo mostra una buona conoscenza dei opposta di cancellarne il contributo alle idee scientifiche, sia
testi bruniani, anche se si guarda bene dal farne menzione. Ke- pur presentato nei termini di una profezia ancora solo vaga-
plero, pur esprimendo il suo sconcerto per l’universo infinito mente compresa e non ben definita. Bruno non era un astrono-
preconizzato da Bruno, rimprovera così lo scienziato pisano: mo, nell’accezione odierna del termine, la sua visione cosmolo-
"Non avrai, Galileo mio, gelosia della lode che devesi a coloro che tanto gica deriva in gran parte dalle sue conoscenze umanistiche.
tempo prima di te predissero ciò che ora hai contemplato co' tuoi propri oc- Ciononostante egli elaborò su un binario parallelo a quello dei
chi ? La gloria tua é che emendi la dottrina che un nostro conoscente, Ed- suoi contemporanei “scienziati”, quella concezione del mondo
mondo Bruce, tolse a prestito da Bruno". Le strade di Bruno e Gali- sorta dalla rivoluzione scientifica: quella di un universo infini-
leo camminarono ben distinte ma alfine si incrociarono, quan- to, senza centro né principi gerarchici. Per interpretarne la

30
grandezza è necessario un cambio di prospettiva fondamenta- n’è più di una. Alexandre Koyré, nel suo fondamentale Dal mon-
le: dal punto di vista di Bruno, è la pratica scientifica che va do chiuso all’universo infinito, così si esprime sul filosofo: “Giordano
considerata in funzione della sua teoria dell’universo infinito e Bruno, mi spiace dirlo, (...) come scienziato è mediocre, non capisce la ma-
non viceversa. Il procedimento bruniano è coerente con una tematica (...) la concezione bruniana del mondo è vitalistica e magica (...)
visione essenzialmente intuitiva e profetica della realtà fenome- Bruno non è affatto uno spirito moderno. Tuttavia, la sua concezione è tan-
nica, che gli consente di preconizzare, senza nessuna dimostra- to possente e profetica, tanto sensata e poetica, che non possiamo che ammi-
zione “scientifica”, teorie che saranno poi confermate successi- rarla, insieme con il suo Autore. Ed essa ha influenzato così profondamente
vamente dai progressi della scienza moderna. Questa imposta- - almeno nei suoi tratti formali - la scienza e la filosofia moderne, che non
zione è del resto da lui coscientemente dichiarata e perseguita possiamo non assegnare a Bruno un posto importantissimo nella storia del-
fin dalle prime osservazioni sul natio monte Cicala, attraverso lo spirito umano”. Di lui insomma, possiamo dire tutto ma non
la mitologicizzazione del suo destino “mercuriale”. Non sarà che non fosse un pensatore di straordinaria forza mentale.
un caso se egli esporrà la summa della propria filosofia, in for- L’ammirazione non corrisposta per Tycho Brahe, come pure
ma di poema e non di trattato scientifico. La “Nolana filosofia” l’imbarazzante entusiasmo per il compasso differenziale di Fa-
è un effetto non-scientifico della rivoluzione scientifica, ma non brizio Mordente, rivelano la sua preoccupazione di ottenere
per questo di secondo piano, in quanto si propone di trasforma- misurazioni esatte, e la conseguente necessità di sviluppare nuo-
re il rapporto dell’uomo con il mondo. Del resto, l’irrazionale vi strumenti di osservazione. Il De triplici minimo et mensura si fo-
ha avuto e continua ad avere la sua parte nello sviluppo delle calizza proprio su questo concetto della misurazione, in partico-
idee scientifiche e la lare in riferimento alle particelle minime, o atomi, che si trova-
scienza moderna si è no alla base dei corpi sensibili e, sorprendentemente, Bruno sol-
rivelata in molti casi leva questioni molto
molto più illusoria, di vive oggi nell’ambito
quella del Cinquecen- della matematica e
to e del Seicento. Se si della fisica quantisti-
contesta a Bruno di ca. La consapevolez-
non conoscere quello za dell’umbratilità
che Galileo definisce, del reale gli faceva
nel famoso brano del sentire, ogni volta
Saggiatore, il linguaggio che cercava di adden-
Johannes Kepler matematico in cui è trarsi “sperimental-
scritto il grande libro mente” nei problemi
dell’universo, eppure matematici e geome- Nikolaus Kopernik
egli è riuscito a capirne o intuirne tanti meccanismi, è evidente trici, la relatività di
che di lingue che esprimono il funzionamento dell’universo ve questo metodo, evi-

31
denziando la consapevolezza dei problemi legati, come osserva
Hilary Gatti, a “teorie atomistiche e cosmologiche basate su en-
tità di dimensioni minime e massime tali da escludere per defi-
nizione le capacità percettive e intellettive della mente uma-
na”. Questi suoi dubbi anticipano sorprendentemente i proble-
mi che ancora oggi agitano la fisica quantistica, e mi riferisco
in particolare al principio di indeterminazione di Heisenberg,
il quale mise in rilievo, secondo Harold J. Morowitz, che “le
leggi della natura non avevano più a che fare con le particelle
elementari, bensì con la conoscenza che noi abbiamo di queste
particelle, cioè con il contenuto della nostra mente”. Per Bruno
la matematica e la geometria sono metodi di valutazione appli- Dichiarazione di Giordano Bruno agli inquisitori del 21 dicembre 1599
cati ad una realtà fenomenica che è soltanto “ombra”, e non “Non devo né voglio pentirmi, non ho di che pentirmi né ho materia di cui pentirmi,
alla sua vera essenza. Non essendo pertanto possibile contem- e non so di che cosa mi debba pentire”.
plare ciò che sta dietro l’anima mundi, soltanto la mitologia, a li-
vello intuitivo-profetico, può penetrare i motivi profondi che
regolano il comportamento dell’universo. Bruno aveva compre-
so, per ispirazione “mercuriale”, attraverso una comunicazione
diretta con la natura, l’esistenza di principi fondamentali quali
la coincidenza degli opposti, il ciclo della vicissitudine e il con-
cetto di umbra divinitatis, che costituiscono i pilastri di tutta la
sua speculazione filosofica, ivi compreso l’intero apparato mate-
matico e astronomico ad essa collegato. L’essersi rifiutato di
abiurare, a differenza del pisano, quelle teorie cosmologiche,
che aveva difeso strenuamente ai più alti livelli della cultura eu-
ropea, in un periodo in cui si esitava ancora a pronunciare il Abiura di Galileo Galilei
Letta il 22 giugno 1633
nome di Copernico, costituisce, nella storia della scienza, già “...sono stato giudicato veementemente sospetto d'eresia, cioè d'aver tenuto e creduto
un notevole merito. Bertolt Brecht fa così concludere il suo Ga- che il Sole sia centro del mondo e imobile e che la Terra non sia centro e si muova.
lileo: “Non credo che la pratica della scienza possa andar disgiunta dal Pertanto...volendo io levar dalla mente delle Eminenze V.re e d'ogni fedel con cuor
coraggio. [....] Se gli uomini di scienza non reagiscono all’intimidazione sincero e fede non fìnta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie.
dei potenti e si limitano ad accumulare il sapere, la scienza può rimanere
fiaccata per sempre. [....] Ho tradito la mia professione.”.

32
Capitolo 5

PARIGI ADDIO !
PA R I G I A D D I O !

L’affaire Mordente

Una sera Corbinelli lo invitò alla presentazione di una recente


scoperta del geometra salernitano Fabrizio Mordente: il compas-
so proporzionale a otto punte. Su invito dell’inventore, che non
conosceva il latino, Bruno ne realizzò la traduzione nella lingua
dei dotti, accompagnandola con due dialoghi esplicativi. In essi,
pur riconoscendogli la paternità dell’invenzione, anzi elevando
al cielo le capacità come geometra di Fabrizio, ne metteva in mo-
Il compasso di Mordente stra anche l’incapacità di capirne appieno le effettive potenziali-
tà. Bruno esaltava, in particolare, le applicazioni dello strumen-
to che avvalorano le sue tesi filosofiche sul limite fisico della divi-
sibilità. Sentendosi sminuito al ruolo di semplice "meccanico",
Ai primi di novembre del 1585 Giordano Bruno fece il Mordente si affrettò a comprare tutte le copie disponibili dei
ritorno a Parigi, in seguito al richiamo in patria dialoghi e le distrusse. Bruno rinfocolò la polemica pubblicando
dell’ambasciatore. La situazione era radicalmente un altro dialogo dal titolo e dal tono sarcastico Idiota trium-
cambiata. La caduta in disgrazia di Michel de phans seu de Mordentio inter geometras deo, in cui ridicolizza
Castelnau e le vicissitudini politiche di Enrico III, Fabrizio, assimilandolo a quegli esseri, quasi sempre privi di
impegnato a contrastare l’invadenza della Lega cattolica qualsiasi valore intellettuale, scelti dalla divinità per manifestar-
sostenuta dalla Spagna, non gli garantivano più la si. La conclusione della vicenda fu che il matematico si rivolse al
protezione di un tempo. Cercò allora il sostegno dei suo protettore, il duca di Guisa, schiumando rabbia e chiedendo
cosiddetti “italiennes”, intellettuali filo-navarrini, che vendetta nei confronti del Nolano, schierato invece con i politi-
facevano capo a Jacopo Corbinelli, nelle grazie della qués fedeli ad Enrico III. Non dovette attendere molto il verificar-
si di un avvenimento che determinò l’addio del Nolano a Parigi.
regina madre Caterina de’ Medici.

34
PA R I G I A D D I O !

La disputa di Cambrai

Prima di abbandonare definitivamente Parigi, Bruno pensò di


lasciare un altro indelebile ricordo di sé e delle proprie tesi nel-
l’ambiente accademico. Aveva due opzioni: la lezione di conge-
do (che utilizzerà più tardi a Wittenberg) e la disputa. Scelse que-
st’ultima e, con il suo consueto gusto per la teatralità, decise di
interpretare il ruolo di “presidente” del consesso, lasciando al bril-
lante e fedele allievo Jean Hennequin il compito di esporre le tesi
fortemente antiaristoteliche contenute nell’opuscolo Centum et vigin-
ti articuli de natura et mundo adversos peripateticos, che aveva fatto stam-
pare per l’occasione. Fu un invito a nozze per i suoi avversari, che
organizzarono un agguato in piena regola. Al termine del discor-
so del giovane Hennequin, il Nolano invitò alla discussione
chiunque volesse intervenire. Siccome non si faceva avanti nessu-
Il 28 maggio 1586, mercoledì della settimana di no, egli salì sul podio e parlò a lungo contro il mondo finito di
Pentecoste, il Nolano invitò i lettori reali e tutti gli altri a Aristotele. Prese allora la parola un giovane avvocato, Rodolfo
sentirlo declamare nel Collegio di Cambrai contro Callier, il quale provocò il Nolano con ingiurie, chiamandolo
parecchi errori di Aristotele. Le tesi che si proponeva di “Giordano Bruto”, e propose in maniera confusa alcune argo-
esporre nell’occasione saranno pubblicate due anni dopo, mentazioni in difesa di Aristotele, aizzando la folla degli studen-
a Wittenberg, col titolo di Camoeracensis Acrotismus. ti. Non essendo data al Nolano facoltà di rispondere, la cosa finì
in tumulto. Il povero filosofo strattonato e minacciato dagli stu-
denti dovette promettere di tornare l’indomani per rispondere
alle contestazioni. Capita l’antifona, ovviamente non si fece più
vedere e si affrettò a lasciare Parigi.

35
Capitolo 6

ASINI E PEDANTI
A S I N I E P E DA N T I

“Achademico di nulla achademia”

Bruno fu alla continua ricerca di una cattedra d’insegnamento. pellarsi, nelle sue opere, ai principi della tolleranza e della liber-
Probabilmente, se fosse rimasto nel grembo della Chiesa cattoli- tas philosophandi che costituiscono i pilastri dell’intera sua specu-
ca, avrebbe scalato le più alte gerarchie ecclesiastiche. Non è lazione. Egli vedeva al di là delle favole nelle quali era stato
tuttavia un paradosso affermare che le sue disavventure, stretta- educato. Ne capiva la vacuità ma non gli importava. Predicas-
mente legate ad un carattere fiero e ribelle, influirono positiva- sero pure ciò che volevano, tanto, come aveva imparato a sue
mente sullo sviluppo del suo pensiero in quanto lo sottrassero spese, una religione, una chiesa vale un’altra. Per lo stesso moti-
agli inevitabili condizionamenti del potere religioso e di quello vo, pur essendo pronto a dissimulare per motivi di opportuni-
accademico, che ne avrebbero fatalmente limitato la portata tà, sui punti costitutivi della sua filosofia non era disposto a
rivoluzionaria. Anzi gli ostacoli e i pregiudizi che dovette af- transigere nemmeno di fronte alla morte, pur sapendo che nes-
frontare ne stimolarono ancor più l’indomabile orgoglio e lo sun Dio gli avrebbe mai chiesto conto di eventuali bugie. Il
spirito d’indipendenza. Nel prologo del Candelaio Bruno si defi- pensiero di Bruno è profondamente anti-religioso, anti-cristia-
nisce: “achademico di nulla achademia”. Per lui i parrucconi che no, anti-riformato, anti-aristotelico. Bruno insomma è "anti":
sentenziavano dall’alto dei pulpiti universitari erano soltanto ma non solo per il suo spirito ribelle, per il carattere orgoglioso
dei “pedanti”. Ciò che non sopportava di loro era la consuetudo e polemico. Non si scambino gli effetti con le cause. Bruno è
credendi, l’abitudine a credere tipica degli aristotelici che si ap- "anti" per smania di libertà di pensiero, per insofferenza a qual-
piattivano passivamente sulle posizioni del loro maestro. Le tra- siasi imposizione dogmatica. Perché la "nova filosofia" può af-
versie che il Nolano dovette affrontare nel corso della sua lun- fermarsi solo se si sgombra il campo dalle superstizioni e dai
ga peregrinatio sono legate essenzialmente alla persecuzione di falsi principi. Egli ha una visione aristocratica della sapienza,
cui fu vittima da parte delle varie chiese da un lato e del mon- in sintonia con i culti iniziatici egizi ed ermetici, che erano ca-
do accademico dall’altro. Ciò si riflette nel quasi ossessivo ap- ratterizzati da una netta separazione tra esoterico ed essoteri-

37
co. La ricerca e la scoperta del vero sono prerogativa del sa- te rivisitati, di esprimere i tuoi concetti al di fuori e spesso
piente e il consenso del volgo non depone assolutamente per la contro la cultura del tempo. Hai sviluppato le loro teorie
verità di un’idea. Che non riuscissero a capirlo gli dava un sen- in una direzione che non si erano nemmeno sognati di con-
so di frustrazione e di sconfitta, più per l’ottusità dei suoi inter- cepire o non avevano avuto il coraggio di intraprendere, an-
locutori che per i propri insuccessi. Per questo motivo chiederà dando oltre laddove ognuno di loro si era arrestato dinanzi
fino all’ultimo istante di parlare personalmente col Papa: era alle convenzioni e alle difficoltà. In effetti, tutto quello che
convinto che Clemente VIII condividesse quest’idea della ti rinfacciano, non fa che aumentare la tua grandezza, ep-
“doppia verità”. Di una verità di fede che mantenesse “il volgo pure si è continuato per secoli a scambiare premeditatamen-
rozzo e infame” in una tranquilla operosità (e qui c’è tanto Ma- te le fonti con i contenuti, le suggestioni con la sostanza del
chiavelli), e di una verità esoterica che tenesse conto della ma- tuo pensiero.
gia naturale, della nuova cosmologia, dell’animismo universale. ✦ Io mi sono sempre confrontato sia con i miei modelli, con i
miei maestri, che con coloro che avversavo, a cominciare
dallo stesso Aristotele. La mia coerenza è dimostrata dalla
✦ Cosa vorresti dire ai tuoi nemici, a coloro che durante la conoscenza che ne avevo e che mi dava il diritto di criticar-
tua esistenza ti hanno osteggiato, dandoti del pazzo, accu- lo. Così per questo mio desiderio di verificare , di trovare
sandoti di plagio, di essere un pensatore poco originale ? riscontri, ho cercato conferma alle mie intuizioni, alle teo-
✦ Trovatemi uno solo di loro che fosse un pensatore davvero rie che venivo elaborando, nella dottrina dei filosofi e degli
originale. Queste accuse non dimostrano altro che il livore uomini di scienza, che ho conosciuto e studiato. Le mie
di questi pedanti nei confronti di chi ha portato nella storia grandi doti mnemotecniche mi consentivano di confronta-
del pensiero un atteggiamento nuovo e lo ha fatto con con- re e assimilare tutte le idee che potessero aiutarmi a sostene-
vinzione e spirito di indipendenza. Ognuno di noi ha biso- re e sviluppare la mia dottrina.
gno di confrontare le proprie idee. La diversità, la comuni- ✦ Ad Oxford, i pedanti ne approfittarono per accusarti di co-
cazione sono i valori fondamentali della vera cultura. piare le opere di Ficino perché, durante le tue lezioni, ne
✦ Hai accolto nel tuo sistema filosofico, cogliendole d’intui- citavi a memoria interi brani.
to, le idee di molti grandi pensatori: da Anassagora a Lu- ✦ Miseri grammatici che non osavano staccarsi di una virgo-
crezio, da Cusano a Erasmo. Ma, solo, hai saputo unificar- la dalle parole di Aristotele, ebbero il coraggio di accusare
le, armonizzarle, in un unico potentissimo pensiero, attra- me di plagio! Matematici e astronomi, servi di corte, inca-
verso tentativi, a volte anche confusi, perché continuamen- paci di liberarsi delle loro stelle fisse, delle false muraglie

38
che da soli si erano costruiti, e che, secoli dopo la mia mor- ✦ Ti sei fatto paladino dell’eliocentrismo, abbattendo ogni
te vedevano ancora la terra immobile al centro dell’univer- limite, ad Oxford, nel cuore della cultura ufficiale del tem-
so, si arrogarono il diritto di trattare con disprezzo il mio po, dove le teorie di Copernico erano considerate tutt’al
pensiero e di darmi del mago, dello stregone! Dicevano che più un bizzarro esperimento. Hai annunciato la necessità
era la mia testa che girava, non la terra, perché temevano di una renovatio mundi in un epoca di feroci lotte religiose e
le vertigini che il mio pensiero gli provocava. civili, non teorizzandolo dalla remota torre d’avorio del sa-
✦ Tycho Brahe , il grande astronomo dell’epoca, da te am- piente solitario, ma recandoti personalmente presso le cor-
mirato e decantato al punto da dedicargli con entusiasmo ti, nel covo di luterani, calvinisti, protestanti e infine cattoli-
una copia del tuo Acrotismus, ti chiamò sprezzantemente ci con l’intento vano di arrivare a discuterne direttamente
“Nullanus”. col Papa. Un dinamismo veramente eccezionale il tuo, se
consideriamo i mezzi dell’epoca.
✦ Io ho sempre riconosciuto e magnificato nelle mie opere,
a volte anche con un entusiasmo esagerato, i meriti e il valo- ✦ Non basta trastullarsi con le proprie idee, come vani sogna-
re delle conquiste di pensiero. Così avrei voluto e vorrei an- tori, appartati con i propri studi. Il filosofo ha il dovere di
cora oggi, che si riconoscessero le mie ! Costui aveva a di- sfidare, armato solo delle proprie idee, l’odio dei pedanti e
sposizione gli strumenti più sofisticati dell’epoca, un’intera il disprezzo del volgo presso il quale tanto val dire filosofo
isola era stata attrezzata per le sue osservazioni. Perlustrava quanto un saltimbanco, ciarlatano buon per servir da spa-
i cieli, vide e studiò il moto delle comete, elaborò molte feli- ventapasseri in campagna. Mi sarebbe piaciuto fermarmi,
ci teorie. Pensai: avrà pur intuito le possibilità che schiudo- avere una cattedra fissa e tranquilla, da cui poter insegnare
no queste sue scoperte. Nulla! Come gli altri. Persistevano e diffondere il mio pensiero. Non me l’hanno mai permes-
nella loro stupida, presuntuosa visione del mondo, incapaci so. A Londra in casa dell’ambasciatore di Francia de Castel-
di sentire, privi del coraggio e dell’intuizione per andare ol- nau, protetto e riverito, stimato da menti eccellenti e dalla
tre e dell’umiltà per ascoltare. Al filosofo non compete for- stessa regina Elisabetta, ho provato quanto siano dolci e fe-
mulare teoremi o calcoli matematici.. Io sono quello che, conde per lo studioso la tranquillità e la sicurezza, e in quel
senza bisogno di osservatori astronomici ed esperimenti, ha periodo ho prodotto opere importanti. Ma è durato poco,
infranto la sfera delle stelle fisse per solcare impavido l’infi- anche lì: il destino errante mi incalzava. Meglio così ! Ma-
nito, scoprendo verità che fino ad allora nessuno era stato gari sarei diventato anch’io un pedante! La mia vicissitudi-
capace di intuire. ne era questa: vagare per l’Europa, affermando idee che a
quei tempi, in quei posti, in quei modi suonavano come
una provocazione, una sfida.

39
✦ E’ la sorte, Giordano, di tutti i grandi inattuali, gli uomini
in anticipo sui loro tempi. Considerando le reazioni a certe
tue affermazioni mi nasceva sempre dentro una domanda:
davvero costui ha affermato queste cose nella seconda metà
del XVI secolo ? Se, ancora secoli dopo la tua morte, gli in-
tellettuali parlavano di te come un demonio per aver detto
verità riconosciute, oggi, perfino dalla scienza moderna, c’è
da meravigliarsi semmai che non ti abbiano dato fuoco pri-
ma! Non so se sia stata follia o eroismo, ma solo una perso-
nalità indomita, caparbia, insofferente al dogma come la
tua avrebbe potuto dar voce a quel tempo a tali intuizioni .
✦ Mi davano del pazzo, ma, come insegna il dotto Erasmo,
gli uomini sono tutti un po’ pazzi. Il saggio ne è consapevo-
le e si tiene ancorato alla realtà, accettandola con ironia; i
pedanti, il volgo non se ne rendono conto e diventano per-
sonaggi da commedia, ridicoli nella loro supponenza e ceci-
tà. Cosa se non la follia spinge i grammatici accigliati e alti-
tonanti dalle loro cattedre, a sentirsi così importanti, o i teo-
logi con le loro finissime sottigliezze, e la testa rimpinzata
di mille ridicole cianfrusaglie, a ritenersi i depositari della
verità?
✦ Mentre il fanatismo delle guerre di religione, degli scismi,
insanguinavano l’Europa , non era ancor più folle pretende-
re che le tue idee venissero accettate nei centri della pedan-
teria e dell’intolleranza religiosa?
✦ Forse si, ma sapessi che soddisfazione vederli vacillare di-
nanzi alla forza e alla suggestione della verità, dibattersi co-
me pulcini nella stoppa per difendere i propri errori!

40
Capitolo 7

IN TERRA D’ERETICI
IN TERRA D’ERETICI

La casa della sapienza


A Wittenberg il Nolano visse un periodo inconsuetamente felice,
durante il quale avrà la possibilità di concepire le sue opere magi-
che e di gettare le basi dei grandi poemi francofortesi. Dopo circa
due anni, per il prevalere della fazione calvinista su quella lutera-
na che lo appoggiava, egli si congedò con una Oratio valedictoria,
nella quale ringraziò l’università per averlo accolto senza pregiudi-
zi religiosi. L’orazione contiene un caloroso elogio di Lutero, per
il suo coraggio nell’opporsi allo strapotere della Chiesa di Roma,
che ha grande valore come difesa della libertà religiosa. Nonostan-
te avesse in altre opere (specialmente Cabala e Spaccio) ferocemente
L’Accademia di Wittenberg criticato la dottrina dei luterani, furono proprio questi a trattarlo
con più ospitalità e considerazione. A Wittenberg lasciò dietro di
sé uno stuolo di fedeli e
riconoscenti discepoli,
per tentare la carta Pra-
ga, alla corte dell’impera-
Di nuovo ramingo per l’Europa, Bruno approdò nel tore Rodolfo II, cui dedi-
giugno del 1586 a Wittemberg, in Germania, nella cui cò gli Articuli adversos mat-
università si immatricolò come “doctor italus”. Grazie hematicos, ricevendone sol-
all’aiuto dell’illustre giurista Alberico Gentili, venne tanto una ricompensa
ammesso ad insegnare, dapprima pubblicamente e poi una tantum di trecento tal-
privatamente una lezione dell’Organon di Aristotele. leri. Il Nolano non si tro-
vò per nulla a suo agio
nell’atmosfera astrologi-
co-alchemica allora pre- Luther
dominante nella corte di

42
Rodolfo II, che era diventata il paradiso di ciarlatani e sedicenti maghi del calibro di John Dee ed Edward Kelley. Bruno aveva già in-
contrato Dee in Inghilterra, nel giugno del 1583, quando era stato ad Oxford al seguito del conte Laski ed aveva affrontato la famosa
disputa con i pedanti oxoniensi. Dee si trovava allora nella sua tenuta di Mortlake e fu il co-
mune amico Philip Sidney ad organizzare l'incontro. Ora le loro strade si incrociarono di
nuovo, ma gli bastò poco per rendersi conto che il ruolo di mago di corte non faceva per lui.
Bruno non ha mai avuto particolare simpatia per l’alchimia, cui si riferisce nei suoi scritti sol-
tanto con intenti parodistici. A cominciare da una delle sue prime opere, Il Candelaio, in cui
l’alchimista Bonifacio rappresenta il prototipo del credulone, ignorante e presuntuoso, che
viene regolarmente raggirato e sbeffeggiato dai furfanti del volgo napoletano, così efficace-
mente descritti nella commedia. Del resto non ci sa-
rebbe stato nulla di strano se egli si fosse occupato
di alchimia: era la chimica del tempo, praticata un
po’ da tutti, umanisti, astronomi, papi. Perfino San
Rodolfo II Tommaso aveva mostrato un tale interesse per la
“Grande Opera”, da comporre un paio di trattati
alchemici. Addirittura una leggenda medievale so-
steneva che egli avesse ricevuto, tramite il suo mae-
stro Alessandro Magno, il secretum secretorum, la pietra filosofale, che sarebbe stata scoperta da
un altro Padre della Chiesa: S. Domenico! Quando si rese conto che non era la matematica
che interessava al sovrano, ma proprio la ricerca della pietra filosofale, il Nolano preferì cam-
biare aria. A Tubinga gli andò ancora peggio: questa volta gli accordarono un’elemosina di John Dee
appena quattro fiorini, purché sloggiasse alla svelta. Verso la fine del 1588 arrivò ad
Helmstedt, dove trascorse un anno e mezzo circa, confortato dalla presenza del suo allievo
prediletto di Wittemberg, Hieronimus Besler, che lo aiutò nella stesura di una serie di opere
di argomento magico ed esoterico comprendente il De Magia, Theses de magia e Magia matematica e l’abbozzo del De rerum principiis et ele-
mentis et causis e della Medicina lulliana, tutti raccolti nel codice, intitolato ad Abraham Norov, che lo ritrovò a Parigi presso un antiqua-
rio. Ma, nonostante la protezione del Duca Heinrich Julius di Braunschweig, in seguito all’ennesima scomunica, inflittagli stavolta
dal pastore luterano Heinrich Boethius, per motivi non ben chiariti e che Bruno sostiene fossero di natura privata, fu costretto a la-
sciare anche Helmstedt. Fece quindi rotta su Francoforte, con l’obiettivo di curare la pubblicazione della summa del suo pensiero: i tre
poemi latini (De triplice minimo, De monade e De immenso). Il 2 giugno 1590 Bruno giunse a Francoforte dove chiese ma non ottenne il
permesso di soggiornare presso Andreas Wechel, lo stampatore delle sue opere, per cui rimase precariamente ospitato nel convento
dei carmelitani. Il soggiorno fu interrotto da un periodo di sei mesi in Svizzera, prima a Zurigo e poi ospite del patrizio Heinrich
Hainzel nel suo castello di Elgg, dove tenne lezione ad un gruppo di alchimisti paracelsiani e proto-rosacrociani.

43
IN TERRA D’ERETICI

L’incontro con i Rosacroce

Cosa avevano in comune Bruno ed Egli, a parte la Summa ter-


minorum metaphysicorum, che il Nolano gli dettò? Egli era un
Raphael Egli acceso sostenitore di Paracelso, ai cui insegnamenti si ispirava la
sua alchimia. Bruno nell’Oratio Valedictoria declamata nel 1588,
quando abbandonò l’Università di Wittenberg, aveva tessuto un
Il personaggio cardine della vicenda relativa ai contatti elogio della “casa della sapienza” tedesca contenente un solenne
tra Bruno e i Rosacroce è il telogo zurighese Raphael encomio di Paracelso, definito “medico fino al miracolo”. Le
Egli. Personaggio, discusso e discutibile, si occupò di simpatie paracelsiane costituiscono, dunque, uno dei principali
teologia, di poesia, di alchimia e molto altro ancora. Nel punti di contatto tra Bruno e l’ambiente rosacrociano. Inoltre,
periodo successivo a quello in cui accolse Giordano Bruno molte delle posizioni della confraternita di Elgg, sia quelle politi-
ad Elgg, nel castello del suo mecenate Heinrich Hainzel, che, legate ad un progetto irenistico di pace universale, sia quel-
proprio a causa della sua passione per l’alchimia, fu le di ascendenza ermetica in termini di micro e macrocosmo,
protagonista di un clamoroso crack finanziario. Costretto erano in larga parte condivise dal filosofo. Emergono tuttavia al-
a fuggire da Zurigo e a riparare alla corte del Langravio
cune notevoli differenze. Il Nolano si riconosceva fino ad un cer-
Maurizio di Hesse dove gli fu assegnata una cattedra di
teologia, in realtà continuò ad occuparsi di alchimia per to punto nei presupposti naturalistici alla base delle teorie di Pa-
tutta la vita. Ma Egli fu, soprattutto, un fervente racelso. Inoltre, s’irrigidiva di fronte all’uso “magico” dell’alchi-
Rosacroce, uno dei primi a diffondere i famosi manifesti, mia, come aveva dimostrato a Praga, nei confronti di John Dee
la “Fama” e la “Confessio fraternitatis”, e, molto e della sua Monas Hyeroglifica. Bruno rimane saldamente ancora-
probabilmente, l’autore della “Consideratio brevis”, to ai canoni classici della prisca theologia e alla sapienza orientale
pubblicata nel 1616, l’anno successivo a quello del dei Magi di tipo caldaico-egizio, molto lontane dal cristianesimo
secondo manifesto. millenaristico di stampo rosacrociano.

44
E R M E T I S M O E M AG I A

Macrocosmo e microcosmo

La ritmica successione per cui stituisce una replica in piccolo


l’uomo cerca di ascendere alla del macrocosmo, nella quale la
divinità e la divinità discende divinità si riflette nella sua crea-
al mondo naturale è un concet- zione, l’Uomo. Macrocosmo e
to strutturale trascendentale, Microcosmo sono dunque costi-
che nella filosofia bruniana si tuiti da una sola materia forma-
identifica nel ciclico alternarsi ta da due principi contrappo-
di “ascenso” e “descenso”. sti: la Luce Infinita e le Tene-
bre Oscure. I principi opposti
La Tavola Smeraldina, attribuita a Ermete Trismegisto L’intuizione principale di que-
Luce e Tenebre avevano, nella
recitava: “Così sopra, così sotto. Risalire dalla terra al sta teoria, che ebbe nel Medioe-
tradizione ermetico-alchemica,
cielo e dal cielo ridiscendere in terra”. L’antica vo e nel Rinascimento una
corrispondenza di macrocosmo e microcosmo, per cui il significato dello Zolfo e del
grandissima fortuna, assimila
infinitamente grande e infinitamente piccolo vengono a Mercurio, del Giorno e della
al Macrocosmo l’immagine del-
coincidere, è comune alla tradizione orientale e a quella Notte, del Sole e della Luna,
l’Universo, del Mondo, del lo-
filosofica presocratica, e percorre ininterrotta la storia del del Maschile e del Femminile.
cus in cui risiede Dio, la Luce
pensiero umano. Bruno vi fa riferimento nel “De Creatrice propagantesi in ogni
Monade”: “Uno è il centro del Microcosmo, unico è il direzione, capace di dissolvere
cuore da cui gli spiriti vitali si diffondono per tutto le tenebre e di fornire il princi-
quanto l’animale, in cui è infisso e radicato l’albero
pio attivo generatore di tutte le
universale della vita e ad esso gli stessi spiriti vitali
rifluiscono per conservarsi”. cose. Il Microcosmo, invece, co-

45
E R M E T I S M O E M AG I A

La Magia naturale

La parola chiave dell’esoterismo bruniano è “magia naturale”. Questa distinzione gli consente di discriminare nettamente le
E’ questa l’unica magia in cui Bruno credeva: ricercare i “princì- pertinenze del fidele teologo e del vero filosofo, e di controbattere la
pi dettati a gran voce dalla natura”, come afferma nella dedica a En- tendenza cristiana ad annullare l’esperienza umana in un dolo-
rico III del Camoeracensis Acrotismus. Nel De magia egli distin- roso cammino di sopportazione, in attesa di un aldilà che per
gue i vari tipi di magia e prende nettamente le distanze da oc- loro stessa definizione è inconoscibile. Il sistema filosofico bru-
cultismo e necromanzia. Egli sceglie chiaramente il terzo tipo niano costituisce il più poderoso tentativo possibile per un intel-
che definisce magia naturale, che consiste nel mettersi in sinto- letto allevato nel grembo della Chiesa cattolica, ed ancora im-
nia con i meccanismi che animano questa realtà e che regola- merso in essa, di affermare il primato della ragione, relegando
no, in identico modo, il funzionamento di tutte le cose, dalle mi- la divinità in un oltre-mondo inattingibile e, pertanto, ininfluen-
nuzzarie all'uomo, ai pensieri e al ciclo storico degli accadimen- te su una realtà che ne è soltanto l’ombra. Nella sua peregrinatio
ti. Sulla loro conoscenza si fonda anche l’arte del vincolare, in per chiese e atenei, sia fisicamente, sia attraverso gli excursus im-
quanto, perché un vincolo possa stabilirsi, il vincolato deve ave- maginari nei territori dell’ermetismo e dell’Oriente, e le consul-
re gli stessi requisiti del vincolante. Come si può vedere, si trat- tazioni con i filosofi dell’antichità, Bruno ricercò le strutture tra-
ta di conoscenze e operazioni che non configurano certo l’evi- scendentali del pensiero e della religione. E in tutti rinvenne il
denza di un esoterismo di tipo occultistico. comune afflato monista, l’ordinamento vicissitudinale di una
L’aver ridato dignità divina alla materia, pur nella distinzione realtà basata sulla coincidenza dei contrari, tra i quali predomi-
di ombra e luce, esclude una interpretazione di stampo ateisti- na la coppia minimo-massimo, minuzzaria-infinito, ingredienti
co, che dalla inconoscibilità e indefinibilità del divino faccia de- inseparabili di quella “alchimia naturale” che pervade magica-
rivare la sua inesistenza. Siamo ombra dunque, ma all’interno mente il senso delle cose a Oriente come a Occidente, come in
di quest’ombra siamo vivi e attivi, in quanto materia e spirito, Krishna così in Cristo, in Buddha come in Pitagora, a Roma
pur se umbratili, sono ambedue estrinsecazioni della divinità. come in Egitto. Giordano Bruno è nato con un talento, una vir-

46
tù particolare, un fiuto speciale per la ricerca e il riconoscimen- ✦ Vi trovai corrispondenze con la mia istintiva visione del
to di questi ingredienti fondamentali della composizione del mondo e del divino . Mi diede la coscienza della possibilità
reale. La sua vita e la sua opera sono un continuo ricercarne i dell’uomo, incapace nella sua vita di contemplare se non
geni nel DNA delle diverse filosofie e teologie, con le quali, di- l’ombra della divinità, di poter arrivare ad “indiarsi” . “Ren-
rettamente o indirettamente, venga a contatto. In ciò è davvero di grande te stesso fino a divenire senza misura, liberandoti da ogni
un homo novus, aperto, tollerante, curioso, avido di conoscere e corpo, recitava il Corpus Hermeticum; elevati al di sopra di ogni tem-
confrontarsi senza pregiudizi né limitazioni di nessun tipo, po, divieni l’eternità: allora comprenderai Dio”.
pronto a riconoscere i propri errori e ad evidenziare quelli de- ✦ Queste parole sembravano anticipare la tendenza rinasci-
gli altri, a riformulare le proprie teorie e di nuovo a diffonderle mentale dello spirito ad elevarsi, in uno sforzo “verticale”
per verificarle, metterle alla prova, generosamente, senza inibi- di porsi in contatto con Dio. Dalla consapevolezza della di-
zioni o censure di alcun genere. gnità dell’uomo, che pensatori come Pico della Mirandola
✦ La dottrina ermetica ebbe una profonda influenza sul tuo e Marsilio Ficino avevano affermato, nasceva uno straordi-
pensiero. nario anelito ad arrivare alla divinità, incanalandone lo spi-
rito attraverso gli astri, le statue, i talismani. L’uomo aveva
preso coscienza delle proprie possibilità e vede aprirsi da-
vanti a sé campi sterminati di speculazione e di indagine,
ma non riusciva ancora a sottrarsi alla visione di un univer-
so finito di cui la terra era il centro e al bisogno rassicuran-
te di avere degli intermediari con il mondo ultraterreno.

✦ L’unico tramite di cui io avvertivo la necessità era quello


dei mezzi per comunicare queste idee nuove e lo cercai con-
tinuamente in quello che poteva offrirmi l’epoca in cui vive-
vo. La mia ammirazione per la tradizione egizia nasceva
proprio dalla ricerca di una lingua originaria “divina”, che
attraverso i geroglifici, fosse comprensibile a tutti.
✦ Del resto la magia faceva allora parte del patrimonio di co-
Ermete Trismegisto noscenze del filosofo. Le dottrine magiche, ermetiche, a

47
quei tempi, erano diffusissime negli ambienti culturali, ed
erano apprezzate da re e imperatori. Perfino i papi ne era-
no stati attratti, se Papa Borgia si intratteneva con Campa-
nella in sedute magiche e faceva affrescare sale vaticane
con immagini planetarie ermetiche, che si ritenevano in
grado di influenzare l’umore e la salute. Nell’atmosfera del-
l’epoca, in un ambiente culturale permeato di ermetismo e
di magia, è comprensibile che ti sentissi profeta o mago co-
me Cristo e Mosè !
✦ Magia per me è sempre stata quella naturale. Le stregone-
rie, le pietre filosofali le lascio a Cencio e Bonifacio, i perso-
naggi del mio Candelaio. La vera magia è quella che scatu-
risce da noi stessi, dalla natura che è in noi e che può essere
catturata, perfezionata con tecniche per vincolare, “dirige-
re” il flusso divino attraverso le proprie facoltà.

48
Capitolo 8

IL SAPIENTE E IL FURIOSO
IL SAPIENTE E IL FURIOSO

Tra Oriente e Occidente

L’ esaltazione del concezione orientale del mondo, era già presente nella tradizio-
valore della natu- ne presocratica. Furono gli insegnamenti di Niccolò Cusano a
ra e della mate- farne uno dei fondamenti della Nolana filosofia, insieme al con-
ria nelle sue va- cetto della separazione tra un Dio immanente e un Dio inattin-
rie forme mette gibile (il “Dio nascosto”), che costituisce il presupposto di quel-
in collegamento, la “dotta ignoranza” che in Bruno assume i contorni più tor-
Bruno ad una mentati dell’umbra divinitatis. Come nel caso di Copernico,
tradizione sapien- Bruno abbatté le cautele di cui il cardinale tedesco era riuscito
ziale che propo- ad ammantare le sue teorie, affermando apertamente l’imma-
ne suggestioni ti- nentismo divino.
picamente orien-
Come i bramini e i buddisti Zen, Bruno cerca di accordare il
tali. Esse agirono
singolo con l’assoluto. La divinità non va quindi cercata “fuor
sul Nolano attra-
del infinito mondo e le infinite cose, ma dentro questo et in quelle”. La filo-
verso i filosofi
sofia nella sua massima espressione, si concretizza proprio in
pre-socratici, in
questa ricerca dell’Uno, in questa contemplazione della divini-
particolare Par-
tà nella Natura ( Natura est Deus in rebus), in questo sforzo di co-
menide, Pitagora ed Eraclito. Gli stessi influssi gli arrivarono
gliere l’invisibile nel visibile, l’unità nella molteplicità. Le tradi-
per il tramite di altri due personaggi a lui ben noti, Apollonio
zioni orientali si riferiscono costantemente ad una realtà ulti-
di Tiana e Ermete Trismegisto, attraverso i quali Bruno poté
ma, indivisibile, che si manifesta in tutte le cose e della quale
attingere alla sapienza egizia e a quella ermetica. La teoria del-
tutte le cose sono parte. Essa è chiamata Brahman nell’Indui-
la coincidenza degli opposti, che stava alle radici stesse della
smo, Dharmakaya nel Buddismo, Tao nel Taoismo: “Ciò che

50
l’animo percepisce come essenza assoluta è l’unicità della totalità di tutte le e potenza di tutto, et è tutta in tutto: onde al fine (dato che sieno innumera-
cose, il grande tutto che tutto comprende”. Raggiungere la consapevo- bili individui) ogni cosa è uno; et il conoscere questa unità è il scopo e ter-
lezza che tutti gli opposti sono polari, e quindi costituiscono mine di tutte le filosofie e contemplazioni naturali: lasciando ne’ sua termi-
un’unità è considerato nelle tradizioni spirituali dell’Oriente ni la più alta contemplazione, che ascende sopra la natura, la quale a chi
una delle più alte mete dell’uomo. Questa non è mai un’identi- non crede, è impossibile e nulla”. (De la Causa).
tà statica, ma sempre un’interazione dinamica tra due estremi
come nel simbolismo cinese dei poli archetipici yin e yang. Alle
dottrine pitagoriche risale la teoria che i contrari non solo non
vanno concepiti come irriducibili e assolutamente separati, ma
vanno intesi invece come trasformantisi l’uno nell’altro e tali
da realizzare una perfetta armonia. Le lunghe ricorrenti sfilze
di contrari che incontriamo negli scritti di Bruno, testimoniano
la sua concezione della realtà come coincidentia oppositorum, la ne-
cessità di andare oltre il samsara magmatico dell’apparenza per
recuperare nell’unità degli opposti, la sostanziale unità del tut-
to: “Profonda magia è saper trarre il contrario dopo aver trovato il punto
de l’unione”. Solo nel cosmo infinito le gerarchie si sgretolano; il
massimo e il minimo, come tutti i contrari, convergono in un
solo essere, la molteplicità si contrae nella divina unità: “possete
quindi montar al concetto, non dico del summo et ottimo principio, escluso
dalla nostra considerazione, ma de l’anima del mondo, come è atto di tutto

51
IL SAPIENTE E IL FURIOSO

Fisiognomica e metempsicosi

Se tutto ha un andamento ciclico, che si regge sull’ antinomia


dei contrari, lo stesso vale anche per le “anime”, per cui attraver-
so la metempsicosi quello che facciamo in questa vita si riverbe-
ra nella successiva. La concezione dell’anima presiedente a diver-
se forme e composti, sicut nauta in navi, come nocchiero in una na-
ve, è per Bruno il fondamento della mutazione. Lo spirito si con-
giunge all’uno o all’altro corpo per virtù di fato o provvidenza,
Solo gli uomini veri, quelli dotati di anime davvero ordine o fortuna, e viene ad esplicare ingegno e capacità adegua-
umane, possono arrivare a contemplare la verità! O te alla complessione e agli attributi di quel corpo. Come dunque
benefica Circe, aiutami a smascherare lo stupido volgo, gli artigli conferiscono all’anima che ha assunto la forma del ra-
che sotto sembianze umane, nasconde anime bestiali! Per gno la sua specificità, così è la mano, il mirabile strumento nel
quale motivo, se pochissimi animi di uomini sono stati quale Bruno individua la specificità dell’essere uomo, che gli con-
plasmati, tanti corpi sono stati modellati in forma di ferisce quella potenza e quella superiorità su tutti gli altri esseri.
uomini? La vera filosofia non fa distinzioni d’abito, Bruno aggancia questo concetto alla fisiognomica del suo conter-
condizione o stato sociale ma, se studio, contemplazione e raneo Giovan Battista Della Porta, che rappresenta una sorta di
pratica di virtù non li eleva, vedete? Hanno nei tratti del vincolo tra le sembianze e i caratteri. Nei tratti del volto e nella
viso, volto, voci, gesti, affetti ed inclinazioni, già scritta complessione dei corpi si avverte già il karma dell’individuo che
la loro passata o futura mutazione: alcuni asinini…., condizionerà la prossima mutazione. “Come nell’umana specie veggia-
altri porcini….., aquilini….., bovini”. mo de molti in viso, volto, voci, gesti, affetti ed inclinazioni, altri cavallini,
altri porcini, asinini, aquilini, bovini; cossì è da credere che in essi sia un

52
principio vitale per cui, riscontra tra i tratti dell’aspetto e il comportamento degli esse-
in potenza di prossima ri umani ben si concilia con la convinzione che l’anima si por-
passata o di prossima fu- ti appresso nel ciclo delle sue mutazioni il retaggio, positivo o
tura mutazion di corpo, negativo, della sua precedente incarnazione. Perciò essa con-
sono stati o son per esser ferisce alla materia che va ad informare le caratteristiche del-
porci, cavalli, asini, aqui- la specie, sulla scorta delle inclinazioni maturate nella sua vi-
le o altro che mostrano”. ta passata. La scala degli affetti umani ha infatti gradi tanto
Rispetto alle innume- diversi e numerosi quanto le diverse vite che l’anima prende
revoli specie di esseri in diversi corpi, e l’anima particolare compie i due progressi
animati che la terra ha prodotto, pochi tuttavia hanno assun- d’ascenso e descenso in base al fato, alla cura che ha di se stessa,
to forma umana e pochissimi sono veri uomini, degni di aspi- e alla propria inclinazione al bene. Rispetto al precedente
rare all’augusta natura degli dei. Per il Nolano gli uomini comportamento durante la permanenza nel corpo, nelle suc-
non sono affatto uguali, come una distorta iconografia del cessive incarnazioni alcune anime s’incarnano in comuni esse-
martire del libero pensiero ha cercato di far credere; non tutti ri umani, altre in eroi, altre ancora assumono forme degra-
i corpi umani sono animati da anime veramente umane. La danti. L’eventuale punizione viene scontata dall’anima imme-
conoscenza del vero è aperta a tutti senza distinzioni di ceto diatamente, perché l’alta giustizia che governa tutte le cose
sociale, di casta o di sangue (Bruno stesso ne è la prova); vi è stabilisce che “non dovrà aspettarsi il governo ed administrazione di
però da tener conto della nobiltà dello spirito, in relazione al- meglior stanza, quando si sarà mal guidata nel reggimento di un’altra”.
la fase del suo ciclo vicissitudinale. Il valore individuale, sen- Per aver vissuto, ad
za pregiudizi di alcun tipo, dipende dalla qualità dell’anima esempio, in modo
che opera in quel corpo e in ogni caso “per abito di continenza, cavallino o porcino,
de studii, di contemplazione ed altre virtudi” è sempre possibile ele- le sarà assegnato
vare il proprio livello di conoscenza, fino alla contemplazione “un carcere conveniente
del divino. Anzi è proprio in ciò che si sostanzia la suprema- a tale delitto”: un cor-
zia dell’uomo: nella capacità di andare oltre l’umanità, “sem- po con organi e
pre oltre quel che possiede”, vincendo quell’istinto animale di at- strumenti propri di
taccamento alla propria specie, per cui “il porco non vuol morire tali specie. Così,
per non esser porco, il cavallo massime paventa di scavallare. Giove som- per il fato della mu-
mamente teme di non esser Giove”. La corrispondenza che Bruno tazione, verrà incor-

53
rendo eternamente in altre peggiori o migliori specie di vita e
di fortuna, in base al migliore o peggior comportamento tenu-
to nella precedente condizione e sorte. Non v’è chi non veda
la sorprendente affinità con la dottrina buddista della reincar-
nazione che, al pari dell’induismo, interpreta la vita dell’uo-
mo sulla terra come una migrazione da un’esistenza all’altra.
Ogni essere vivente è ridotto ad una catena di fenomeni pas-
seggeri in continuo mutamento e successione. Il corpo, la vi-
ta, i piaceri, i dolori, sono in qualche modo effetti del karma,
per cui quanto si è seminato nelle vite anteriori si raccoglie
nelle vite posteriori.

54
IL SAPIENTE E IL FURIOSO

Eroico Furore

Bruno affida il tentativo di abbattere il limite tra assoluto e co-


municato all’esperienza dell’eroico furore. Esso rappresenta un
vero e proprio salto di livello energetico, che consente di rompe-
re il ciclo delle rinascite, come nella tradizione orientale, con un
atto straordinario, che lui chiama il “disquarto di sé”. La parabola
Tiziano Vecellio, “La morte di Atteone” del furioso è una parabola, essenzialmente autobiografica, del
cammino verso la conoscenza. Bruno descrive nel furioso se stes-
Il mito di Diana e Atteone rappresenta per Bruno la so come colui che cerca la divinità, non confidando che essa ti
sintesi perfetta della sua gnoseologia. Al culmine della pervada come l’asina di Balaam, ma ricercandola con studio e
sua ricerca, nel “De gli eroici furori”, egli esclama: applicazione. “Atteone – è Bruno che parla – significa l’intelletto inten-
“Questa è la Diana, quello uno che è l’istesso ente, quello to alla caccia della divina sapienza, all’apprension della beltà divina”. “Ra-
ente che è l’istesso vero, quello vero che è la natura rissimi dico son gli Atteoni alli quali sia dato dal destino di posser contem-
comprensibile, in cui influisce il sole et il splendor della plar la Diana ignuda”. Atteone rappresenta, dunque, il filosofo alla
natura superiore secondo che la unità è destinta nella ricerca della “Diana ignuda”, che altro non è che la Natura rive-
generata e generante, o producente e prodotta.” Così egli lata nella sua vera essenza. Una volta giunto, attraverso la com-
esprime la duplice presenza di una divinità inattingibile e prensione della polarità dei contrari e della ciclicità e della um-
ineffabile e di una divinità che si manifesta, invece, nella bratilità del reale, al limitare della selva oltre la quale poter con-
Natura come ombra e che è l’unica che l’uomo può, in templare l’Anfitrite, al Nolano non rimaneva altro che affronta-
virtù di studio e applicazione, arrivare a contemplare.
re l’esperienza finale, quella del disquarto. Il rogo cui andò incon-
Sul piano concettuale, la fede in questo duplice aspetto, di
immanenza e trascendenza del principio divino si tro l’impavido filosofo non segnò dunque la fine del martire del
avvicina al Brahman-Atman della sapienza indiana. libero pensiero, bensì la sublimazione del furioso eroico.

55
Capitolo 9

IL PROCESSO E IL ROGO
I L P RO C E S S O E I L RO G O

L’arresto

Il “Mercurio in terra”, finì così in una buia cella, dalla quale non
uscirà più. In verità, a Venezia le cose sembrarono mettersi in
modo abbastanza favorevole a Bruno, che si era difeso sostenendo
Venezia, Palazzo Mocenigo di aver formulato ipotesi filosofiche e non teologiche, e che, per
quanto riguardava le cose di fede, si rimetteva pienamente alla
dottrina della Chiesa. Vennero inoltre a sostenerlo testimonianze
favorevoli, o per lo meno non ostili, da parte di illustri esponenti
Nella primavera del 1591 Bruno tornò a Francoforte do- del patriziato veneto. Proprio quando Bruno pensava di potersela
ve venne raggiunto da due lettere del nobile veneziano Gio- cavare, rinnegando gli eccessi verbali commessi e promettendo di
vanni Mocenigo, che lo invitava a Venezia per insegnargli tenere a freno il suo ingegno, arrivò l’avocazione del processo da
l’arte della memoria. Attirato in Italia dalla doppia uto- parte del Santo Uffizio Romano, che non aveva mai cessato di te-
pia di contendere a Galileo la cattedra di matematica a nerlo d’occhio. Venezia abbozzò una resistenza, in nome della pro-
pria autonomia legislativa, ma infine, considerando che l’inquisito
Padova e di ottenere il perdono dal Papa vincolandolo al-
non era cittadino veneziano e che il processo era iniziato prima
le sue idee, il filosofo accettò l’invito-trappola del patrizio
del suo arrivo nella città lagunare (ci si riferiva ai fatti del 1575),
veneto, che gli sarà fatale. Questo tristo personaggio, delu- cedette alle richieste del Vaticano e, nel febbraio del 1593, il gran
so per non aver ricevuto gli insegnamenti magici che si peregrinare del Nolano terminò in una cella del nuovo palazzo
aspettava, lo fece rinchiudere dai servi e lo consegnò agli del S. Uffizio, fatto costruire da Pio V in Borgo, nei pressi di S. Pie-
sgherri dell’Inquisizione. tro.

57
I L P RO C E S S O E I L RO G O

Filosofo, non teologo

✦ Il 16 settembre del 1599 ti furono presentate otto proposizio-


ni “sicuramente eretiche” da abiurare. Il 21 dicembre rispon-
desti che non dovevi né volevi pentirti: cosa successe? Che ti
Ippolito Beccaria passò per la testa in quel breve lasso di tempo?
✦ Il processo romano fu un lungo tentativo di compromesso, di
scambiare l’abiura delle mie critiche “teologiche” con la difesa
Bruno tenne testa per sette lunghi anni ai suoi accusatori, del nucleo “filosofico” del mio pensiero. Io sarei stato anche
tra i quali si distinse l’inflessibile Generale dell’ordine disposto ad abiurare, come del resto avevo già fatto a Venezia.
domenicano Ippolito Beccaria, con una tattica fatta di Non avrei avuto problemi a liberarmi della zavorra delle affer-
parziali ammissioni e orgogliose rivendicazioni. Fu però mazioni blasfeme, presenti in alcune mie opere o le bestemmie
l’ingresso nel collegio giudicante del cardinale Roberto riferite da Mocenigo e dai miei compagni di cella, dette in mo-
Bellarmino nel 1597, ad imprimere al processo una menti di ebbrezza o di sconforto. Questo glielo concedevo:
brusca accelerazione. La difesa del Nolano, incentrata cercavo di non cadere nel loro tranello. Che Cristo fosse un tri-
sulla distinzione della verità filosofica da quella sto, un profeta o un mago, che l’avessero impiccato o crocefis-
teologica, vacillò. Messo di fronte all’obbligo di abiurare so mi importava poco. Non era questa la sostanza del mio pen-
otto proposizioni ritenute eretiche, si disse disponibile per siero, quello che avevo predicato e annunciato in giro per l’Eu-
quelle di natura teologica ma, di fronte alle verità ropa. Lo sapevano bene e giocavano con me come il gatto col
filosofiche, che rappresentavano l’essenza del suo pensiero, topo. Cercavano di fiaccare la mia resistenza alternando tortu-
si irrigidì e gridò di non aver nulla di cui pentirsi. re e segni di clemenza, offerte di comprensione e richieste di
sottomissione e pentimento. Ma ciò che volevano era una com-
pleta, autentica rinuncia a tutte le mie idee.

58
✦ Si illudevano di poter imprigionare anche la tua straordina- tempo e lo spazio il mio messaggio, come la più perfetta
ria immaginazione tra le adamantine muraglie delle loro sfe- magia che ad un uomo possa riuscire.
re celesti. ✦ Hai sempre sentito incombere su di te un destino fatale, ri-
✦ Non pensare che in sette anni di galera io abbia occupato suonare nelle tue orecchie la profezia ermetica: “.. ancora sa-
tutto il tempo ad ela- rà definita pena capitale a colui che s’applicarà alla religion de la
borare le mie strate- mente”. E’ un amore-odio per la vita, quasi il timore di le-
gie difensive. Il mio garsi troppo ad essa, nel presentimento della mutazione:
corpo era prigionie- una malinconia lacerante, sopportata e riscattata soltanto
ro ma la mia mente dalla consapevolezza della missione di Mercurio inviato dal
continuava impavi- cielo sulla terra per soccorrere i mortali nella loro fatica e
da a solcare con l’a- ignoranza: “Questo, come cittadino e domestico del mondo, figlio del
li l’immensità dello padre Sole e de la Terra madre, perché ama troppo il mondo, veggiamo
spazio. Mi sono illu- come debba essere odiato, biasimato, perseguitato e spinto da quello.
so di potergli tener Ma in questo mentre non stia ocioso, né mal occupato su l’aspettar de
testa, ma quando è la sua morte, della sua transmigrazione, del suo cangiamento”.
sceso in campo il lo- ✦ Nova filosofia è consapevolezza della vicissitudine umana,
Roberto Bellarmino ro campione, il car- è gioia nel sentirsi immersi nella divinità della natura, è un
dinale Bellarmino, pizzico di furore eroico per giungere a contemplarla; è as-
ho capito che il ma- senza di rassegnazione, perché tutto muta e alla notte segue
stino non avrebbe più mollato la presa. Mi sono reso conto immancabilmente il giorno, è assenza di esaltazione perché
che lì dentro era venuta definitivamente meno la possibilità avviene il contrario; è pienezza di vita, d’animo e intelletto,
di farsi ascoltare: la censura non mi lasciava più la possibili- è fiducia nelle capacità fisiche e intellettuali di un uomo ve-
tà di scrivere, né la parola aveva più senso, senza un udito- ro, “animato” non bestiale, è assenza di coercizioni, di bar-
rio. Capivo che mi rimaneva un ultimo grande strumento riere alla conoscenza, sete di infinito. Per tutto questo non
di comunicazione, che potevo ormai esprimermi in un solo potevo abiurare. Quando mi resi conto che era a questo
modo, con le mie scelte, la testimonianza delle mie ultime che miravano, all’essenza del mio pensiero, per il quale mi
azioni, sperando che almeno queste avrebbero vinto l’oblio ero battuto, in giro per il mondo, per tutta la vita, capii che
del tempo e l’accanimento dei miei persecutori. Legato a il ciclo della mia vicissitudine era ad una svolta. Ora basta!
testa in giù, con le articolazioni straziate, il mio corpo dive- Non ho nulla di cui pentirmi! Solo Clemente VIII in perso-
niva un simbolo magico sulla ruota della memoria, e la na avrebbe potuto comprendere, e forse accettare l’esisten-
morte mi appariva come la sublimazione estrema del mio
pensiero, l’estremo tentativo di trasmettere attraverso il

59
za di questa “doppia verità”, filosofica e teologica, ma non sun corpo perisce: vi è solo un continuo variare di combina-
volle ascoltarmi, fino all’ultimo. zioni. Come il serpente non sarebbe altro che uomo se dal
✦ E così emisero la loro sentenza. suo corpo gemmassero le braccia e la testa e le gambe, così
io sentivo già dal mio corpo gemmare nuove forme e il mio
✦ La mia l’avevo già pronunciata sette anni prima dinanzi intelletto congiungersi al divino in un attimo di furioso di-
agli inquisitori Veneziani: “Io tengo un infinito universo, cioè effet- squarto finale. Come nel mito di Atteone, quando si accor-
to della infinita, divina potentia, perché io stimavo cosa indegna della sero che ero arrivato a contemplare la verità, i veltri dell’in-
divina bontà e potentia, che, possendo produr oltra questo mondo un tolleranza e dell’ottusità si avventarono su di me per sbra-
altro et altri infiniti, producesse un mondo finito”. E’ questa la sen- narmi.
tenza di cui avevano paura, più di quanto non temessi io la
loro. ✦ Uccidendoti, però, ti hanno permesso di sublimare la tua
filosofia oltre i limiti imposti dal corpo, dalle coercizioni.
✦ Non avevi dunque nessuna paura di morire ?
✦ Trismegisto aveva detto: “Immagina di essere ugualmente
✦ La morte non è altro che un dissolversi di legami, perciò il in ogni luogo, nella terra , nel mare, nel cielo, immagina di
saggio non deve temerla. L’unica vera morte è non pensare non essere ancora nato, di essere nel ventre di tua madre,
più, se il tuo pensiero viene annullato, cancellato come han- di essere giovane, vecchio, di essere morto, di essere quello
no cercato di fare col mio. Ciò non significa che non mi di- che sarai dopo la morte. Se tu comprendi insieme tutte que-
spiacesse spezzare quel vincolo d’amore che esiste tra l’ani- ste cose, potrai comprendere Dio”. Legato nudo a quel pa-
ma e il corpo, perché se pur aspettiamo altra vita o modo di esse- lo in quella fresca mattina di febbraio, riuscivo finalmente a
re noi, non sarà quella nostra, come di chi siamo al presente, perciò volare con lo spirito da un luogo all’altro in un istante, co-
che questa, senza sperar giammai ritorno, eternamente passa. me se non dovessi più viaggiare per trovarmi a Parigi alla
✦“Piacevol compagnietto, epicuro per la vita”, così ti descrisse il tuo corte di Enrico III o a Londra al cospetto della Diva Elisa-
amico Jacopo Corbinelli. Ti piaceva bere un bicchiere in betta o a Wittenberg, a Helmstedt, a Napoli, a Nola, o sul
compagnia e hai sempre ritenuto il peccato di carne legge- più lontano dei corpi celesti oltre i confini dello stesso uni-
ro e veniale, perché è cosa naturale e grandissimo merito verso, ma fossi già lì.
osservare il comandamento di Dio.
✦ E’ vero, ho amato con tutta la forza del cuore, con tutto
l’impeto di cui è capace un uomo del sud: amori intensi co-
me le mie emozioni. Ma, da filosofo, non potevo dimentica-
re che ogni cosa si muta, nulla s’annichila, e nel ciclo della
vicissitudine una è l’anima immortale, eterna che vive e si
compiace di informarsi in ogni cosa. Nessuno spirito e nes-

60
I L P RO C E S S O E I L RO G O

Campo de’ fiori


Il 20 gennaio 1600 Clemente VIII, considerando ormai provate
le accuse e rifiutando la richiesta di ulteriore tortura avanzata dai
cardinali, ordina che l’imputato, "eretico impenitente, pertinace e
ostinato", sia consegnato al braccio secolare. Ciò significa, nono-
stante la presenza nella sentenza della solita ipocrita formula che
invoca la clemenza del Governatore di Roma, la morte per rogo.
L’8 febbraio la sentenza viene letta nella casa del cardinale Ma-
druzzo in piazza Navona. "Dicemo, pronunziamo, sentenziamo e dichia-
riamo te fra Giordano Bruno predetto essere eretico impenitente, pertinace et
ostinato, et perciò essere incorso in tutte le censure ecclesiastiche et pene dalli
sacri canoni, leggi et constituzioni, così generali come particolari, a tali ereti-
ci confessi, impenitenti, pertinaci ed ostinati imposte”.
Oggi, al centro della piazza Campo de’ Fiori, si erge il Le ultime parole del condanna-
monumento che, tre secoli dopo il rogo, fu innalzato in to, prima che gli impongano
la mordacchia per inchiodar-
nome della libertà di pensiero. Il palco per l’esecuzione
gli la lingua, sono sprezzanti:
era stato eretto in fondo alla piazza, all’angolo con via “Avete più paura voi nel pronuncia-
dei Balestrari, dal lato opposto alla residenza re questa sentenza, che io nell’ascol-
dell’ambasciatore di Francia. Aveva preteso lui che le tarla!” Giovedì 17 febbraio
esecuzioni avvenissero a quell’ora: di quell’uomo, che 1600, legato nudo a un palo
qualche anno prima il suo re aveva ammirato e protetto, in piazza Campo de’ fiori il fi-
adesso disdegnava anche di sentire il puzzo delle carni losofo degli infiniti mondi vie-
arroventate. ne bruciato vivo.

61
BIBLIOGRAFIA

BERTI, Domenico. Vita di Giordano Bruno da Nola, Firenze-Torino-Mi- Opere di Giordano Bruno
lano, Paravia e comp. 1868
del GIUDICE, Guido. WWW. Giordano Bruno, Napoli, Marotta e Ca- Opera latine conscripta, publicis sumptibus edita, recensebat F. Fiorenti-
fiero 2001 no [V. Imbriani, C.M. Tallarigo, F. Tocco, H. Vitelli], Neapoli, Mora-
del GIUDICE, Guido. La coincidenza degli opposti. Giordano Bruno tra no [Florentiae, Le Monnier], 1879-1891, 3 voll. in 8 parti (rist. ana-
Oriente e Occidente, Roma, Di Renzo 2005 statica: Stuttgart - Bad Cannstatt, 1961-1962)
del GIUDICE, Guido. Io dirò la verità. Intervista a Giordano Bruno, Ro- Candelaio. A cura di Gianmario Ricchezza, Milano, Excelsior 1881,
ma, Di Renzo 2012 2008
FIRPO, Luigi. Il processo di Giordano Bruno, Roma, Salerno 1993 Due Orazioni. Oratio Valedictoria - Oratio Consolatoria, a cura di G. del
GATTI, Hilary. Giordano Bruno e la scienza del Rinascimento, Milano, Giudice, Roma, Di Renzo, 2006
Raffaello Cortina 2001 La disputa di Cambrai. Camoeracensis Acrotismus, a cura di G. del Giudice,
KOYRE', Alexandre. Dal mondo chiuso all'universo infinito, Feltrinelli Roma, Di Renzo, 2008
1970 Il Dio dei Geometri. Quattro dialoghi. a cura di G. del Giudice, Roma, Di
SALVESTRINI, Virgilio. Bibliografia di Giordano Bruno 1582-1950, 2ª Renzo, 2009
ed. postuma a cura di L. Firpo, Firenze, Sansoni 1958 Somma dei termini metafisici con il saggio Bruno in Svizzera tra alchimisti e Ro-
SPAMPANATO, Vincenzo. Vita di Giordano Bruno con documenti editi e sacroce, a cura di G. del Giudice, Roma, Di Renzo, 2010
inediti, Messina, Principato 1921 Opere latine, a cura di C. Monti, Torino, UTET 1980
YEATS, Frances A. Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Bari, Laterza De Umbris idearum, a cura di Claudio D’Antonio, Di Renzo, Roma
1969 2004

62
L’AUTORE
Guido del Giudice si è imposto negli ultimi anni come uno
dei più profondi conoscitori della vita e dell’opera di Giordano
Bruno. Ha dedicato al filosofo Nolano decenni di studi
profondi e appassionati, ripercorrendo l’itinerario della sua
peregrinatio, visitando tutti i luoghi in cui egli soggiornò, alla
ricerca di tracce e informazioni inedite. Ciò gli ha consentito,
tra l’altro, di rinvenire su un esemplare del Camoeracensis
Acrotismus, conservato nella Biblioteca del Klementinum a
Praga, una inedita firma autografa del filosofo. Ha identificato,
inoltre, nella Oratio Valedictoria, una citazione dal Gargantua et
Ha pubblicato:
Pantagruel, che consente di annoverare Francois Rabelais tra le
✦ WWW. Giordano Bruno, 2001
fonti privilegiate di Bruno. Le sue ricerche in Svizzera, per la
realizzazione della prima traduzione italiana della Summa ✦ La coincidenza degli opposti. Giordano Bruno tra Oriente e Occidente,
terminorum metaphysicorum, gli hanno permesso di illuminare nei 2005
dettagli un periodo finora sconosciuto della vita del filosofo, ✦ Due Orazioni. Oratio Valedictoria – Oratio Consolatoria, 2006.
provando gli importanti rapporti da lui intrattenuti con il ✦ La disputa di Cambrai. Camoeracensis Acrotismus, 2008
movimento dei Rosacroce. Nel 2008 ha vinto la prima ✦ Il Dio dei Geometri. Quattro dialoghi. 2009
edizione del Premio Internazionale Giordano Bruno con il
libro La disputa di Cambrai. Dal 1998 è il curatore del sito ✦ Somma dei termini metafisici con il saggio Bruno in Svizzera tra alchimisti
e Rosacroce, 2010
internet www.giordanobruno.com, diventato un punto di
riferimento per appassionati e studiosi di tutto il mondo. ✦ Io dirò la verità. Intervista a Giordano Bruno, 2012.

64
Per ulteriori approfondimenti:

www.giordanobruno.com
www.giordanobruno.info
www.iodirolaverita.it

Canale Youtube

© Guido del Giudice 2013

Riproduzione consentita esclusivamente per uso didattico ed educativo


Vietato l’utilizzo per scopi commerciali

65
Questo libro è disponibile anche in formato ebook multimediale
per IPAD e MAC

66

Potrebbero piacerti anche