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*Art. 24 Cost (comma 1) “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri
diritti ed interessi legittimi”.
La norma impone in via generale la necessità di una tutela giurisdizionale di fronte ad ogni situazione protetta: quindi
la tutela non può essere mai negata, tuttavia in alcuni casi questa si può dire subisca una “compressione”.
Compressione tutela giurisdizionale
1) Autodichia degli organi costituzionali→ cioè possibilità di farsi giustizia da sé. Si spiega sicuramente in base a ragioni
storiche, ma non vi è dubbio che questa abbia anche effetti negativi. Per ora tale principio è stato salvato dalla Corte
Costituzionale italiana (proprio con una recentissima sentenza) ma la partita si può dire rimanga “aperta”.
2) Arbitrato obbligatorio→ L’arbitrato è una forma non giurisdizionale di tutela dei diritti. Si ha quando gli interessati
decidono di devolvere la controversia ad un soggetto appunto privo di giurisdizione. Secondo la Corte Costituzionale
l’arbitrato è legittimo solo quando non obbligatorio: sarà valido però anche quel tipo di arbitrato previsto dalla legge
direttamente al quale le parti possono opporsi attraverso una cd. declinatoria.
3) Giurisdizione condizionata→ Si ha quando il legislatore prevede che le parti prima di rivolgersi al giudice debbano
svolgere una certa attività (è uno strumento di deflazione del contenzioso). Secondo la Corte Costituzionale è possibile
prevedere un’attività obbligatoria da svolgere prima di avere accesso alla giurisdizione solo laddove questo renda mag-
giormente funzionante l’attività giurisdizionale (ad esempio i tentativi di conciliazione sono sempre costituzionali, per-
ché se le parti si conciliano non vi è bisogno poi della tutela giurisdizionale).
4) Ricorsi amministrativi preventivi→ Esperibili contro provvedimenti della P.A. Secondo la Corte Costituzionale sono
ammessi solo laddove facoltativi.
Principio di effettività della tutela giurisdizionale
Si può quindi dire che l’art. 24 Cost. al comma 1 immetta nel nostro ordinamento il principio di effettività della tutela
giurisdizionale. Un principio che va in un certo senso collegato al secondo comma dello stesso articolo: l’effettività di
una tutela giurisdizionale a volte può rendere necessaria la compressione del diritto di difesa (si pensi al caso del prov-
vedimento cautelare, il convenuto non potrà essere avvisato senza rischiare di frustrare gli effetti che si vogliono rag-
giungere). Chiaro che la compressione del diritto di difesa dovrà seguire il principio del “minimo mezzo”. Inoltre:
- Il principio di effettività ha reso possibile la generalizzazione della tutela cautelare, strumento che prima si riteneva
sussistente solo laddove espressamente previsto dal legislatore.
- In ogni caso l’art. 24 garantisce il diritto di tutela giurisdizionale solo a quei diritti effettivamente esistenti e solo
questo rende possibile che siano poste a carico della parte soccombente alcune conseguenze sfavorevoli.
*Art. 24 Cost. (comma 2) “La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado
del procedimento”
Norma che rileva per ogni tipo di esperienza giurisdizionale di qualunque tipo e struttura e che è ribadita dall’art. 111
Cost. che stabilisce il principio del contraddittorio che assicura alle parti la possibilità di influire sulle decisioni del
giudice. Il principio del contraddittorio rappresenta anche un mezzo per il raggiungimento della verità che sarà quanto
più raggiungibile, quanto più aperto sarà il dialogo tra le parti.
Il principio del contraddittorio opera per quanto riguarda le questioni rilevabili d’ufficio che dunque devono essere
preventivamente sottoposte al contraddittorio delle parti, per le questioni rilevabili ad iniziativa di parte, il problema
neanche si pone perché la parte ne viene a conoscenza e può naturalmente replicare.
Forme di realizzazione del contraddittorio nelle differenti forme processuali
1. Processo di cognizione→ Serve a risolvere un’incertezza all’interno della quale vi è bilateralità perfetta delle parti
nella possibilità di incidere sulla decisione del giudice.
2. Processo di esecuzione→ Contraddittorio meramente eventuale in una prima fase, in quanto rimesso alla libertà
dell’esecutato la possibilità di utilizzo di strumenti volti ad accertare l’esistenza del diritto che consente l’esecuzione
forzata. Vi è invece contraddittorio pieno circa le modalità di esecuzione.
Contraddittorio in procedimenti speciali
1. Processi speciali a cognizione piena→ Non impediscono l’attuazione di principi costituzionali.
2. Processi Sommari→ Si tratta di processi che non si svolgono secondo le regole predeterminate dal legislatore e tale
sommarietà può in particolare atteggiarsi diversamente a seconda che si tratti di:
a) Esclusione di alcune questioni rilevanti dalla trattazione→ es. art. 35 CPC se l’eccezione di compensazione prevede
un’istruttoria complessa il giudice può rimandare la questione.
b) Limitazione nell’utilizzo dei mezzi di prova→ es. in materia fallimentare la prova del credito può essere data solo
mediante documenti.
c) Istruttoria atipica.
Allora la regola vuole che nei casi a) e b) la regola del contraddittorio crea la possibilità nelle parti di tornare al processo
a cognizione piena, mentre nel caso c) non vi è incompatibilità tra regola del contraddittorio e questa particolare forma
di processo.
*Art. 24 Cost. (comma 3) “Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti,
i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”
Non ci potrebbe diritto di difesa e di azione, nonché uguaglianza tra le parti senza tale previsione del legislatore costi-
tuente. In particolare, tale norma programmatica nel nostro ordinamento trova attuazione nel DPR 30 maggio 2002
n.115 che detta la seguente disciplina:
- Limite massimo di reddito
- Istanza da presentare all’albo degli avvocati dove ha sede il giudice competente sulla causa
- Spese della causa a carico dello Stato
- Autocertificazione del soggetto richiedente. Se la richiesta non trova accoglimento potrà rivolgersi al giudice di
merito.
*Principi sovranazionali
Cedu
L’art. 6 della Cedu rubricato come “diritto ad un equo processo” stabilisce alcuni principi in ambito processuale:
- Tutti hanno diritto alla tutela giurisdizionale
- Termine ragionevole del processo
- Tribunale indipendente, imparziale e precostituito
Nel caso in cui uno Stato non segua queste direttive c’è quindi la possibilità di ricorrere alla Corte di Strasburgo che
può rimuovere gli effetti della lesione ed eventualmente condannare lo Stato inadempiente al risarcimento dei danni
(Vedi storia della sig. Capuano).
Diritto UE
Immediatamente precettivo e prevalente rispetto al diritto interno grazie all’interpretazione dei giudici. In caso di dubbio
sull’interpretazione di una norma comunitaria lo strumento è quello del rinvio pregiudiziale: obbligatorio per le corti
supreme, facoltativo per gli altri giudici.
Art. 24
Art. 101 (Giustizia amministrata in nome del popolo)
Art. 102 (comma I e II, su giudici e sezioni specializzate)
Art. 111 comma II (durata non irragionevole)
Art. 111 comma VI (motivazione)
Art. 111 comma VII (Ricorso in cassazione)
CEDU (art. 6)
CAPITOLO 1: L’attività giurisdizionale
1. Il diritto processuale civile e la definizione dell’attività giurisdizionale:
criterio della funzione e criterio della struttura.
Il diritto processuale civile è quella branca della scienza giuridica che studia la disciplina del processo civile ed è con-
tenuta prevalentemente nel codice di procedura civile. Queste norme:
1) Descrivono comportamenti umani.
2) Disciplinano questi comportamenti umani, valutandoli in termini di doverosità, liceità e/o idoneità a produrre effetti
giuridici.
L’attività giurisdizionale può essere conosciuta sui piani della funzione e della struttura, si guarda cioè agli scopi, oltre
che alle modalità con le quali questi vengono perseguiti. Necessaria la presenza di un inscindibile nesso tra i due profili:
il legislatore sceglie quelle caratteristiche strutturali più idonee al perseguimento delle funzioni cui sono preposte le
norme. Questa correlazione ispira e qualifica tutti i comportamenti di quei soggetti coinvolti nel processo, da questo ne
deriva una coordinazione articolata e complessa tra aspetto funzionale e aspetto strutturale.
- Ciascuno dei comportamenti con la sua funzione contribuisce al conseguimento della più ampia funzione
dell’attività giurisdizionale.
- La struttura del singolo comportamento non è che un aspetto particolare della struttura generale dell’attività
giurisdizionale.
1 Alcuni autori hanno parlato di sostituzione della fonte del diritto sostanziale in relazione a questi casi: dalla norma
civilistica alla sentenza.
va inteso in un’accezione diversa da quella usata nell’attività di cognizione: imparzialità nel senso che l’attuazione
del diritto avviene in maniera obiettiva, cioè senza la presenza di altre finalità o interessi.
C) Attività cautelare→ La funzione dell’attività cautelare è quella di garantire la fruttuosità o l’effettività di una data
attività giurisdizionale: la sua presenza è dunque eventuale e sempre strumentale ad un’attività di cognizione o di
esecuzione forzata (o eventualmente di entrambe). Ad una mancata autonomia sul piano funzionale corrisponde una
mancata autonomia su quello strutturale: la struttura sarà infatti a seconda dei casi quella propria dell’attività
“protetta”. Più in particolare la struttura sarà:
- Assimilabile all’attività di cognizione→ quando ci sarà da individuare l’esigenza di una tutela.
- Assimilabile all’attività di esecuzione forzata→ quando ci sarà da attuare questa tutela
D) Giurisdizione volontaria (procedimenti in camera di consiglio)→ La funzione dell’attività di giurisdizione
volontaria non è quella di riconoscere, attuare o tutelare determinati diritti ma soltanto quella di attuare o realizzare
la fattispecie costitutiva:
i) di uno stato personale o familiare (es. adozione di persone maggiori che si attua con una sentenza del tribunale
in camera di consiglio),
ii) di un determinato potere (es. autorizzazione del giudice cautelare),
iii) della vicenda estintiva/costitutiva/modificativa di una persona giuridica,
iv) di altre situazioni simili.
Questa giurisdizione volontaria parrebbe assimilabile all’attività di cognizione costitutiva ma a ben vedere la tutela non
è di diritti ma di situazioni riconducibili più che altro ad interessi legittimi o comunque a situazioni più sfumate rispetto
ai diritti, si parla di attività funzionalmente e strutturalmente amministrativa svolta da un organo giurisdizionale. Dun-
que, anche da questo emergono quelle che sono:
-Principali similitudini rispetto alle altre attività→ imparzialità del giudice
-Principale distinzione→ Il provvedimento è modificabile/revocabile (questo si lega alla particolare forma delle situa-
zioni tutelate).
Secondo il Prof. Costantino la vera distinzione è che nella giurisdizione volontaria non vi è alcun conflitto.
Mentre i presupposti di validità del processo (intesi atecnicamente come presupposti in generale in quanto più
ricorrenti) saranno:
1. La competenza del giudice, cioè il suo effettivo potere di decidere quella controversia (quindi competenza e
giurisdizione).
2. La capacità processuale, cioè l’insieme dei poteri che consentono di compiere atti processuali. Secondo Mandrioli la
capacità o rappresentanza processuale si riconducono alla legittimazione processuale. *Vai a CAP. 10 di questi riassunti.
Tutto ciò va tenuto distinto dalle cd. condizioni dell’azione, che sono invece requisiti intrinseci della domanda, a diffe-
renza di quelli analizzati finora che invece, come abbiamo visto, devono, semplicemente, preesistere ad essa.
I presupposti processuali secondo Luiso
Luiso si discosta un po' da questa classificazione che adotta Mandrioli. Secondo lui è esatta la summa divisio presente
tra presupposti per una decisione (di rito o di merito) e condizioni di merito, cioè quelli che volgarmente sono detti
presupposti processuali. Però secondo lui in questa seconda categoria rientrano indistintamente:
1. Presupposti processuali attinenti all’organo giudicante (giurisdizione, competenza, regolare costituzione del giudice)
2. Presupposti processuali attinenti all’oggetto della controversia (La litispendenza, la cosa giudicata e fenomeni assi-
milabili, nonché gli altri eventuali impedimenti della decisione di merito come ad es. la convenzione di arbitrato).
3. Presupposti processuali attinenti alle parti (Capacità processuale, legittimazione, interesse ad agire, rappresentanza
tecnica, instaurazione ed integrità del contraddittorio)
2Questo nonostante alcuni autori collochino la domanda in un momento precedente all’azione, qualificandola come potere
preprocessuale.
B) Giurisdizione costitutiva necessaria→ l’allegazione riguarda l’affermazione del semplice fatto costitutivo del diritto
alla modificazione giuridica o diritto potestativo necessario
C) Giurisdizione costitutiva non necessaria→ fatti costitutivi e fatti lesivi di un diritto.
Se l’interesse manca il giudice si pronuncerà non nel merito ma per difetto di interesse. L’interesse può mancare in
relazione:
A) Al mezzo processuale→ In questi casi l’effetto chiesto è utile, ma la parte può ottenerlo per una via diversa da quella
giurisdizionale, di solito attraverso strumenti di diritto sostanziale.
B) Al risultato processuale→ Ad esempio, nel caso in cui si chieda una tutela di accertamento mero e manca la conte-
stazione o il vanto altrui.
A differenza del difetto di legittimazione ad agire, il difetto di interesse ad agire non blocca necessariamente in rito il
processo: la ratio di questo istituto è infatti di economia processuale. Dunque è ben possibile che in alcuni casi la man-
canza di interesse ad agire concluda il processo in rito, ma sarà possibile anche che si arrivi ad una pronuncia di merito.
3) Legittimazione ad agire: l’ipotetica accoglibilità viene in rilievo sul piano soggettivo, nel senso di doppia corrispon-
denza, cioè tra soggetto che propone e soggetto che nella domanda è affermato come titolare del diritto affermato e tra
colui contro il quale la domanda è proposta che deve essere lo stesso soggetto che ha posto in essere la violazione del
diritto. E’ chiaro che in caso di assenza di uno di questi requisiti il giudice non si pronuncerà sul merito ma pronuncerà
il difetto di azione per difetto di legittimazione. Questo requisito è frutto di una scelta di politica legislativa e trova
espressa menzione all’art. 81 CPC “fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel pro-
cesso in nome proprio un diritto altrui”. Da questa norma però si ricava anche quella che è la legittimazione straordinaria
o sostituzione processuale. In questi casi il legislatore sacrifica il potere spettante al soggetto titolare del diritto di deci-
dere liberamente e agire o meno in nome dell’interesse del terzo a far valere il diritto altrui.
*Legittimazione straordinaria o sostituzione processuale→ il legittimato straordinario o sostituto processuale è
colui che nei casi espressamente previsti dalla legge fa valere in nome proprio un diritto di cui non è titolare, ma
anzi di cui è titolare un altro soggetto (legittimato ordinario o sostituito processuale). Quindi si avrà:
A) Parte in senso formale e processuale: legittimato straordinario o sostituto processuale, perché è colui che compie
gli atti processuali, oltre ad essere destinatario degli atti da lui prodotti.
B) Parte in senso sostanziale: legittimato ordinario o sostituito processuale, perché è su di lui che avrà effetto la
sentenza di merito.
I motivi sulla base dei quali viene concessa la legittimazione straordinaria, sono principalmente:
A) Ragioni di opportunità→ es. azione surrogatoria ai sensi dell’art. 2900 cc.
B) Ragioni di natura sociale→ es. diritto di associazione ai sensi dell’art. 18 Cost; art. 140 bis Cod. del cons (azione
di classe a tutela dei diritti individuali omogenei dei consumatori ed utenti, che dal 19 aprile 2020 è sostituita
con gli art. 840 bis-840-sexdecies CPC diretti a fornire una azione di classe più generale e di qualsiasi natura).
Poiché la legittimazione ad agire è condizione dell’azione, chi dice che un soggetto è legittimato ad agire non dice
nulla di diverso da chi afferma che quel soggetto è titolare dell’azione.
Parte della dottrina ha criticato la nozione di legittimazione straordinaria, affermando che, il legittimato straordinario
in questi casi agirebbe per un suo interesse: questa constatazione però non basta, del resto l’oggetto del processo
resta un diritto altrui.
Legittimazione straordinaria e rappresentanza
Le due situazioni non vanno confuse: nella legittimazione straordinaria, il legittimato straordinario fa valere in nome
proprio un diritto altrui e sarà destinatario degli atti processuali compiuti. Il rappresentante invece no, facendo valere
un diritto altrui in nome altrui. Quindi:
Rappresentante: No effetti degli atti processuali; No effetti di merito
Legittimato straordinario: Si effetti degli atti processuali; No effetti di merito
Il difetto di legittimazione è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio ed è vizio insanabile, dunque comporta la chiusura
immediata del processo in rito.
14. L’azione come diritto ad un provvedimento sul merito. Autonomia e
astrattezza
Esistenza delle tre condizioni che abbiamo visto all’interno della domanda [diritto astratto sostanziale+ interesse ad
agire + legittimazione processuale]→ significa titolarità dell’azione da parte di colui che ha proposto la domanda.
L’azione è allora un diritto autonomo rispetto al diritto sostanziale che lo sottende che coinvolge in parte gli stessi
soggetti e in parte soggetti diversi: in ogni caso tale diritto avrà ad oggetto la prestazione non del titolare passivo del
diritto sostanziale ma di un soggetto diverso che è il giudice. Dobbiamo dire allora che:
L’azione è il diritto verso il giudice ad un provvedimento sul merito della domanda avanzata
Rapporto Azione – diritto sostanziale
(doppia tesi):
A) Azione in senso concreto→ diritto ad un provvedimento favorevole.
B) Azione in senso astratto→ diritto ad un provvedimento sul merito (si prescinde totalmente dall’esistenza del diritto
sostanziale).
Secondo il Mandrioli dal momento che se il diritto sostanziale è contenuto nella domanda, a prescindere dalla sua esi-
stenza concreta, il giudice dovrà pronunciarsi sul merito, allora diremo che l’esistenza del diritto di azione non può
dipendere dall’esistenza concreta di un certo diritto, ma dipenderà dalla semplice affermazione dell’esistenza di un
diritto sostanziale da tutelare.
L’azione è allora un diritto solo parzialmente astratto in quanto postula una forma di aggancio al diritto sostan-
ziale, in quanto il diritto sostanziale deve essere appunto allegato nella domanda. Ed in particolare è un diritto al
provvedimento sul merito, in quanto il provvedimento favorevole esiste solo nell’aspirazione di chi agisce.
In relazione al punto 1), cioè al dovere decisorio, come abbiamo visto il dovere di pronunciarsi c’è anche in caso di
domanda priva dei suoi elementi intrinseci, solo che in questo caso la pronuncia, questa sarà appunto “sul processo”.
Dunque:
A) Pronuncia sul processo→ la correlazione pronuncia-domanda riguarda soltanto il dato formale della domanda.
B) Pronuncia sul merito→ la correlazione pronuncia-domanda si basa sul dato sostanziale della domanda.
Il sillogismo del giudice
Il sillogismo del giudice si compone di due fasi:
1. Giudizio di diritto→ si ricava la volontà normativa e gli schemi astrattamente corrispondenti ai fatti costitutivi.
2. Giudizio di fatto→ riscontro che i fatti determinati come costitutivi si sono effettivamente verificati, oltre agli even-
tuali fatti lesivi.
Naturalmente tra i due giudizi si instaura una relazione di interdipendenza: il giudizio di fatto, nella ricerca degli ele-
menti, si concentra su quelli idonei a integrare i cd. fatti costitutivi che si ricavano sulla base del giudizio di diritto. Lo
stesso giudizio di diritto parte dai fatti.
Tuttavia, tale divisione non è priva di utilità pratica, sia in quanto idonea a esprimere l’essenza del diritto, sia perché a
questa distinzione fanno capo regole fondamentali.
18. La correlazione con la domanda e i confini del dovere decisorio del giudice.
Il dubbio di costituzionalità. Il principio della disponibilità dell’oggetto del
processo.
All’interno dell’analisi e della definizione del dovere decisorio del giudice che sorge ai sensi dell’art. 112 CPC occorre
innanzitutto dire che il giudice deve pronunciarsi sul diritto che è affermato, perché essendo tale dovere applicabile nei
confronti di chi lo richiede, allora anche il suo contenuto dovrà essere quantificato nei limiti della domanda fatta dallo
stesso soggetto. In particolare il giudice dovrà:
- Pronunciarsi su tutto l’ambito del diritto o dei diritti affermati→ altrimenti ci sarà omissione di pronuncia (parziale
o totale). Chiaro che per poter parlare di omissione di pronuncia vi dovrà essere assenza di risposta rispetto ad una
domanda autonomamente apprezzabile sul piano sostanziale.
- Pronunciarsi non oltre l’ambito del diritto o dei diritti affermati→ altrimenti si incorrerà nel cd. vizio di
ultrapetizione che chiaramente non sussiste laddove il giudice risponda ad una domanda che pur non essendo
formulata espressamente costituisce antecedente logico rispetto a quella che invece è espressa.
Ora passiamo ad analizzare il restante contenuto dell’art. 112 CPC.
Il giudice ha un dovere condizionato e determinato dalla domanda (2)
Il giudice potrà pronunciarsi cioè solo se ci sarà la domanda. Si parla in proposito di principio di disponibilità della
tutela giurisdizionale, in base al quale il titolare del diritto sostanziale è appunto libero di chiedere o di non chiedere tale
tutela del giudice. Del resto, la disponibilità della tutela giurisdizionale è l’altra faccia della medaglia rispetto alla di-
sponibilità del diritto sostanziale: non stupisce allora che nei casi in cui la tutela può essere chiesta dal PM, ci si trovi di
fronte proprio a diritti sostanziali indisponibili. In caso di spettanza del diritto di tutela giurisdizionale a soggetti diversi
rispetto a quello titolare del diritto sostanziale, parleremo semplicemente di un fenomeno di disponibilità allargata del
diritto con limitazione dell’esclusività di disposizione di tale diritto.
Art. 99 CPC “Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre la domanda al giudice competente”→ questa
norma in correlazione all’art. 112 CPC crea nel soggetto che propone la domanda, un cd. diritto al processo.
Il giudice deve decidere nei limiti della domanda (3)
Qui si introduce il principio della disponibilità dell’oggetto del processo che va a limitare e vincolare il giudice.
1. Tale vincolo si manifesta intanto col tipo di azione di cognizione esercitata (es. nel caso in cui al giudice sia richiesta
una sentenza di condanna ed emetta una sentenza di accertamento mero, allora si parlerà di vizio di parziale omissione
di pronuncia, mentre se accadesse il contrario parleremmo di vizio di ultrapetizione).
2. Il vincolo e la limitazione riguarda soltanto l’allegazione dei fatti costitutivi e/o lesivi→ nel senso che il giudice è
vincolato rispetto ai fatti che sono allegati nella domanda, non può cioè riferirsi a fatti diversi e/o ulteriori, resta il fatto
però che invece il giudice è libero di applicare le norme di diritto che ritiene adattabili al caso concreto, potendo quindi
discostarsi rispetto all’eventuale qualificazione giuridica fornitagli dall’attore. Questo principio lo ricaviamo sia pure
indirettamente, anche dall’art. 113 CPC dove si dice che “nel pronunciare sulla causa il giudice deve seguire le norme
sul diritto”. Così l’art. 113 impone il principio del “Iura novit curia” (“il giudice conosce le leggi”). La ricerca del
giudice è però limitata alle vere e proprie fonti di diritto oggettivo, contrassegnati dal duplice connotato della giuridicità
e della normatività, per questo risultano da questo campo esclusi:
- precetti aventi carattere normativo ma non giuridico (es. le regole della morale).
- regole giuridiche ma prive di carattere normativo (es. atti amministrativi o contratti)
E’ chiaro che per potersi concretizzare questo lavoro di ricerca dovrà essere preceduto dalla interpretazione, cioè da
quell’attività finalizzata a ricavare la concreta volontà legislativa e che nel nostro ordinamento consente al giudice di
discostarsi dalle altre pronunce (anche quelle al livello più alto). Il giudice potrà poi al termine dell’interpretazione
assoggettare la norma ai dettami del controllo di costituzionalità (sospendendo il giudizio) o eventualmente rimettere la
questione alla CGE qualora sorga una questione di diritto comunitario. Il giudice deve comunque indicare alle parti le
questioni rilevabili d’ufficio, per assicurare il pieno rispetto del contraddittorio.
Riassunto:
Fatti allegati nella domanda→ vincolano e limitano giudice che deve giudicare su tutti questi e solo su questi (iudex
secundum allegata judicare debet).
Ricerca norme→ giudice può discostarsi rispetto all’eventuale interpretazione prospettata dalle parti.
21. Impulso di parte e impulso d’ufficio. La funzione del P.M nell’ambito del
sistema ad impulso di parte
La contrapposizione tra sistema inquisitivo e sistema dispositivo a livello di prove potrebbe essere inserita in un contesto
più ampio e cioè in riferimento all’intero processo: in particolare il sistema inquisitivo potrebbe essere letto come un
momento particolare di un processo (o sistema processuale) caratterizzato in maniera generale dall’impulso d’ufficio e
il sistema dispositivo come momento particolare di un processo (o sistema processuale) caratterizzato in maniera gene-
rale dall’impulso di parte.
Nel nostro ordinamento la tecnica scelta è quella della disponibilità dell’oggetto del processo e quindi dell’impulso di
parte: questo tipo di situazione del resto è assolutamente necessaria in riferimento ai diritti sostanziali disponibili, nel
caso invece di diritti sostanziali indisponibili occorre in un certo senso adattare la loro particolare natura ad un sistema
comunque interamente basato sull’impulso o iniziativa di parte. Abbiamo quindi una situazione leggermente differente
per i diritti sostanziali disponibili e i diritti sostanziali indisponibili:
1. Diritti sostanziali disponibili→ sistema ad impulso di parte pieno.
2. Diritti sostanziali indisponibili→ viene prevista la figura del Pubblico Ministero, soggetto con poteri tecnicamente
analoghi a quelli che operano nel processo come parti e che sottrae ai soggetti titolari dei diritti sostanziali indisponibili
l’esclusiva su “come” ed eventualmente “se” far valere questi diritti in giudizio, si assiste quindi ad uno sganciamento
della proposizione della domanda giudiziale dalla titolarità del diritto sostanziale indisponibile. Chiaro in ogni caso è
che la ratio è di tutela degli interessi pubblici che sono connessi all’indisponibilità posseduta da quei diritti. Secondo
Allorio lo strumento del PM dal punto di vista della funzione può essere ricondotta alle finalità proprie di un processo
ad impulso d’ufficio, mentre dal punto di vista tecnico si inquadra invece interamente negli schemi del processo ad
impulso di parte.
25. c) La partecipazione attiva del convenuto, nei limiti della domanda dell’at-
tore, ma oltre i limiti dell’oggetto del processo determinato dall’attore.
L’eccezione
Abbiamo visto come il convenuto possa negare i fatti costitutivi dell’attore e allegare prove in senso contrario ad essi,
quello che ci si domanda ora è se possa allegare fatti diversi e ulteriori rispetto a quelli allegati dall’attore. La risposta è
affermativa: il convenuto potrà allegare quei fatti con portata estintiva, modificativa e impeditiva rispetto al diritto alle-
gato dall’attore.
Categorie di fatti
1) Fatti costitutivi (+)→ sono quei fatti in presenza dei quali nasce il diritto, cioè astrattamente idonei a configurare quel
diritto (es. la conclusione di un contratto di locazione per la nascita dei diritti del conduttore). Sono quelli allegati
dall’attore nella domanda per essere chiari.
2) Fatti estintivi (-)→ sono quei fatti in presenza dei quali viene meno un diritto (quindi ad esempio nel caso in cui un
soggetto adempie l’obbligazione del contratto, il diritto della controparte si estingue. Quindi nel caso in cui Tizio chiama
Caio in processo perché gli deve una somma di denaro, Caio potrà eccepire l’avvenuto pagamento.)
3) Fatti impeditivi (-)→ sono quei fatti che appunto impediscono la nascita del diritto (si pensi ad esempio ad una
condizione sospensiva che non si è mai avverata all’interno di un contratto).
4) Fatti modificativi (- +)→ quei fatti che modificano il diritto allegato (ad esempio nel caso in cui sono debitore di una
certa somma che ho già versato parzialmente).
Che questa possibilità da parte del convenuto di allegare fatti ulteriori vi è, lo ricaviamo implicitamente dall’art. 2697
CC che pone l’onere della prova a carico di chi allega i fatti, contrapponendo quindi l’allegazione dei fatti costitutivi
del diritto dall’allegazione dei fatti che rendono inefficace (o modificano) lo stesso.
“Eccepire” ed Eccezioni
L’art. 2697 cc un nome all’allegazione di fatti modificativi, estintivi e impeditivi, utilizzando il termine “Eccepire”.
L’eccezione può essere però:
A) Eccezione di rito→ si fa valere un vizio processuale.
B) Eccezione di merito→ quelle che emergono dall’art. 2697 CC. Quest’ultima categoria si divide poi a sua volta in
eccezioni di merito in senso improprio, cioè quelle volte semplicemente a negare i fatti costitutivi ed eccezioni di merito
in senso proprio, in riferimento a quelle che sono finalizzate ad ottenere una pronuncia negativa sulla domanda altrui
attraverso l’allegazione di fatti impeditivi, costitutivi o modificativi. Quest’ultima categoria è di rilevanza assoluta visto
che allarga l’oggetto del processo in riferimento cioè ai fatti che il giudice può e deve conoscere: c’è un’attenuazione
rispetto alla cd. esclusività dell’attore alla determinazione dell’oggetto del processo.
Pronuncia d’ufficio del giudice su eccezioni
Nella seconda parte dell’art. 112 CPC viene detto che “il giudice non può pronunciare d’ufficio su eccezioni, che pos-
sono essere proposte soltanto dalle parti”. Da questa disposizione si ricava la distinzione tra:
A) Eccezioni rilevabili d’ufficio→ purchè si tratti di fatti che risultino dagli atti di causa e non controversi o contestati.
B) Eccezioni proponibili soltanto dalle parti→ Il convenuto non è quindi del tutto privo di “una zona di esclusiva”.
Questa categoria di eccezioni sono dette “eccezioni di merito in senso stretto”. Si tratta di quei fatti impeditivi, modifi-
cativi o estintivi che producono questi loro effetti non automaticamente e cioè quando tali fatti potrebbero essere anche
alternativamente posti a fondamento di un’azione autonoma. E’ quindi un diritto sicuramente paragonabile al diritto
d’azione, seppur, secondo Mandrioli, limitato al rigetto della domanda e marginale, in quanto basata semplicemente su
quei fatti impeditivi, costitutivi o modificativi appartenenti alla disponibilità di chi resiste alla domanda.
La cd. controeccezione
L’efficacia dei fatti impeditivi, costitutivi o modificativi può essere a sua volta impedita, estinta o modificata da altri
fatti, si parla allora di “controeccezione”, come ad esempio l’interruzione della prescrizione (che secondo la giurispru-
denza può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del processo).
26-Bis La notificazione
Chiaramente l’atto introduttivo del processo deve essere portato a conoscenza della controparte e in particolare della
parte processuale (cioè ricordiamo di colui che può validamente compiere atti processuali) in ossequio al principio del
rispetto del contraddittorio. Lo strumento è appunto quello della notificazione. Ai sensi dell’art. 137 CPC la notifica-
zione quando non disposto diversamente è eseguita dall’ufficiale giudiziario su istanza di parte o su richiesta del PM o
del cancelliere. Dobbiamo innanzitutto chiederci, quale ufficiale giudiziario sia competente a ricevere la notificazione,
ebbene vi è una competenza concorrente: sarà competente sia l’ufficiale giudiziario che presta servizio nel luogo ove
quella causa sarà svolta sia quello (in questo caso solo per posta), sia quello del luogo in cui la notificazione dovrà essere
perfezionata. Il problema dell’ufficiale giudiziario incompetente è molto discusso, secondo alcuni si tratterebbe di una
nullità relativa e pertanto sanabile (Carratta), secondo la Cassazione del 2018 addirittura non sussisterebbe neanche un
vizio in senso proprio.
La l. 53/1994 consente all’avvocato, munito di procura ad litem, di eseguire la notificazione degli atti in materia civile
amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale (o PEC), chiaramente senza limiti territoriali a questa potestà
notificatoria.
Quanti atti
Servirà un atto detto “originale” che resterà presso il notificante e tanti atti quanti saranno i notificati: in caso di diver-
genza faranno fede gli atti spediti e non il cd (forse impropriamente) “originale”. Questo in ossequio al principio del
contraddittorio.
I termini
- Vale il momento in cui vi è atto di consegna per quanto riguarda il rispetto di termini per il notificante.
- Vale il momento di perfezionamento per quanto riguarda tutti gli altri effetti, in particolare quelli sul notificato.
Modalità di notificazione
A) Notificazione per posta→ regolata in una legge speciale.
A1) Se l’atto viene consegnato al destinatario o comunque al suo domicilio o in uno dei posti in cui può essere ricevuto
l’atto, la notificazione si considera effettuata dal momento in cui l’atto è consegnato.
A2) Se l’atto invece non è consegnato viene lasciato in giacenza presso l’ufficio postale e il destinatario viene avvisato
con una raccomandata. La notificazione si considera perfezionata col ritiro dell’atto o passati 10 giorni di giacenza
presso l’ufficio postale.
B) Notificazione a mani proprie→ Art. 138 CPC.
Quella che viene preferita dal legislatore visto che assicura il maggior grado di certezza previsto dall’ordinamento. In
sintesi l’ufficiale giudiziario certifica di aver consegnato brevi manu al destinatario direttamente, ovunque egli si trovi
all’interno della circoscrizione di competenza, l’atto. La notificazione vale anche laddove il destinatario si rifiuti di
ricevere l’atto.
C) Notificazione alla residenza o al domicilio→ Art. 139 CPC.
Al primo comma si vede come il legislatore preferisca la notificazione a mani proprie che è differente da questa perché
si concretizza attraverso quella che è una vera ricerca del notificante. Quindi laddove non sia possibile eseguire la noti-
ficazione ai sensi dell’art. 138 CPC, questa si può effettuare nel luogo dove il destinatario ha l’abitazione, l’ufficio o
esercita l’industria o il commercio. L’articolo 139 presenta quindi una serie di finzioni nelle quali l’atto consegnato a
soggetti diversi dal notificante producono comunque il perfezionamento legale della fattispecie, se infatti l’ufficiale
giudiziario non trova in quei luoghi elencati il destinatario vi sono diverse alternative, in ordine di preferibilità:
- Consegna a membro della famiglia (da intendersi in senso ampio), addetto o dipendente dell’impresa se trovati.
- Consegna al portiere o ad un vicino di casa se accetta
- Se infine non è possibile seguire nessuna delle modalità (cd. irreperibilità temporanea) sopra descritte l’art. 140
CPC impone di affiggere un avviso sulla porta dell’ufficio o della abitazione, portando l’atto alla segreteria del
Comune e mandando una raccomandata al destinatario avvertendolo del fatto che l’atto è depositato presso il
comune e li può ritirarlo. La notifica si perfeziona con il ricevimento della raccomandata o eventualmente decorsi
dieci giorni dalla spedizione.
D) Notificazione all’estero
i) L’ufficiale giudiziario si rivolge direttamente al suo collega all’estero che provvede alla notificazione (tra stati che
appartengono all’UE)
ii) Si applica altra convenzione presente fra l’Italia e lo Stato del caso se presente
iii) Si applica l’art. 142 CPC che però è molto poco garantista perché prevede una serie di attività che non assicurano la
ricezione: si cerca di salvaguardare almeno il diritto di azione. Chiaramente questa norma ha portata residuale e grava
sul notificante l’onere di dimostrare che non avrebbe potuto agire diversamente (Si prevede spedizione al destinatario
per mezzo della posta e consegna di altro atto al PM che lo trasmette al Min. degli affari esteri).
E) Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti→ Art. 143 CPC
Anche qui come per l’art. 142 CPC si fa prevalere il diritto di azione rispetto a quello di difesa visto che le modalità
descritte non assicurano assolutamente che il destinatario venga a conoscenza dell’atto. A differenza dell’art. 140 CPC
(Irreperibilità temporanea), qui si parla di irreperibilità oggettiva e non temporanea.
F) Notificazione per PEC→ possibilità subordinata alla presenza di un indirizzo di posta elettronica certificata dal pub-
blico registro da parte del destinatario.
Nullità e sanatoria
L’art. 160 CPC disciplina la nullità della notificazione dando rilevanza ad alcuni elementi come la persona cui deve
essere consegnata la copia, all’incertezza assoluta sulla persona cui è fatta e alla data. Si tratta di un vizio sanabile,
dunque il processo non deve chiudersi automaticamente con una pronuncia di rito. La sanatoria è possibile attraverso la
rinnovazione:
- Gli atti compiuti in ogni caso non divengono automaticamente efficaci (lo divengono se il convenuto li ratifica)
- Circa gli effetti della domanda invece c’è retroattività (ad esempio se la domanda andava proposta entro il 5 Febbraio
2020 e viene proposta attraverso notificazione invalida il 2 Febbraio che viene sanata l’8 Febbraio, la domanda
continua ad essere valida perché è come se si fosse proposta il 5).
Qualcuno in dottrina ha provato ad introdurre la categoria dell’inesistenza, che sussisterebbe laddove la notificazione
fosse effettuata a persona e luogo privi di qualsiasi relazione col notificato: in questo caso la sanatoria non sarebbe
possibile. Secondo la Cassazione del 2016 gli elementi essenziali a rendere possibile parlare di notificazione sarebbero
però la trasmissione dell’atto ad opera di un soggetto abilitato e la consegna dello stesso in uno dei modi previsti dall’or-
dinamento: fuori da questi casi, tutti gli altri vizi integrando la cd. nullità.
Esempio: Se l’atto è trasmesso da un commercialista c’è inesistenza.
28. Gli elementi individuatori delle azioni. A) Gli elementi soggettivi e i limiti
soggettivi del giudicato
Vediamo ora come si compie questa operazione di identificazione delle azioni. La regola generale vuole che affinchè vi
sia identità tra due azioni, devono essere identici tutti i loro elementi sia oggettivi che soggettivi. Voglio sapere qual è
l’ambito oggettivo e soggettivo entro il quale questo fenomeno, l’incontrovertibilità, produce direttamente gli effetti.
Gli elementi soggettivi sono i soggetti dell’azione cioè il soggetto attivo e il soggetto passivo che si individuano in
relazione al diritto sostanziale affermato. Nei casi in cui la legge consente di far valere diritti altrui in nome altrui
(rappresentanza) o in nome proprio (sostituzione processuale) si deve avere riguardo al soggetto che è affermato titolare
attivo o passivo del rapporto sostanziale.
Il problema dei limiti soggettivi del giudicato
L’art. 2909 CC è ancora una volta fondamentale, ma in questo caso nella parte in cui dice che la sentenza passata in
giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa. Gli eredi di cui parla il 2909 sono quei soggetti
che, a titolo universale subentrano nella situazione giuridica oggetto di accertamento da parte della sentenza passata in
giudicato e vi subentrano dopo che si è formato il giudicato. Non prende in considerazione l’art 2909 cc, l’ipotesi (che
vedremo in un secondo momento) in cui questo fenomeno (morte del de cuius e subentro dell’erede) dovesse accadere
quando il processo è in corso e cioè ancora non si è formato il giudicato. In termini generali, la categoria degli aventi
causa invece riguarda tutti coloro che a titolo particolare, per atto mortis causa o per atto tra vivi, subentrano nel diritto
E’ questa disposizione che in ogni caso inquadra il tema dei limiti soggettivi del giudicato e che ci permette di trarre
una serie di conclusioni:
1. La sentenza vale rispetto a tutti ma come sentenza tra le parti
2. Per “parti” si intendono anche le cd. parti sostanziali. Quindi, anche qui, mentre il giudicato processuale riguarda
anche la parte processuale, e quindi per lei si produrrà il solo giudicato processuale, il giudicato sostanziale va a prodursi
nella sfera giuridica del soggetto al quale appartiene il diritto oggetto del processo
3. In alcuni casi il giudicato si estende anche a soggetti che non furono parti e cioè nei casi di più soggetti legittimati ad
esperire un’azione che può essere però esercitata una sola volta (es. impugnazione delibera assembleare), i casi che si
trovano in rapporto di pregiudizialità-dipendenza rispetto al rapporto tra le parti, nei casi espressamente previsti dalla
legge.
CAPITOLO 8: La competenza
La competenza è definita come la ripartizione interna del potere appartenente a ciascun settore giurisdizionale.
I criteri d’individuazione della competenza sono:
1. In senso verticale materia e valore per individuare se è competente il giudice di pace o il tribunale.
2. In senso orizzontale (territoriale) per individuare quale dei più uffici giudiziari del tipo prescelto è competente.
Nel prossimo paragrafo procediamo all’analisi dei criteri verticali.
Materia Valore
Giudice di pace
(cause relative a):
- Apposizione ter- GIUDICE DI PACE: Beni mo-
mini, rispetto di- bili fino a 5000 euro; Danni da
stanze di circolazione veicoli e natanti TRIBUNALE: Tutto il
legge/reg./usi per il fino a 20.000 euro resto
piantamento di alberi
e siepi TRIBUNALE (cause relative a):
- Misura e modalità - Diritti onorifici
d'uso dei servizi di - Stato e capacità delle persone
condominio di case. - Querela di falso
-Immissioni che supe- - Esecuzione forzata
rino la normale tolle-
rabilità. - Valore non determinabile
-Interessi o accessori
da ritardato paga-
mento di prestazioni
previdenziali o assi-
stenziali
In queste ipotesi una delle parti può ricusare il giudice che non si è astenuto e avrebbe dovuto farlo. Il ricorso, sottoscritto
dalla parte o dal difensore, deve essere depositato in cancelleria due giorni prima dell’udienza, se al ricusante è noto il
nome dei giudici che sono chiamati a trattare o a decidere la causa, e prima dell’inizio della trattazione o discussione di
questa in caso contrario. La ricusazione sospende il processo ed è decisa dal presidente del tribunale se ricusato è un
giudice di pace o dal collegio negli altri casi. L’accoglimento produce la sostituzione del giudice ricusato e la nullità
degli atti da lui compiuti, in caso di mancato accoglimento è possibile una sanzione pecuniaria per la parte che aveva
chiesto la ricusazione. Il provvedimento sulla ricusazione è non impugnabile ai sensi dell’art. 53 CPC: secondo la Cas-
sazione il provvedimento che rigetta la ricusazione può essere impugnato però impugnando direttamente la sentenza
finale. Dunque meglio sarebbe dire che il provvedimento sulla ricusazione non è impugnabile autonomamente. In caso
di ricusazione, la sospensione non è ex lege ma ope iudicis: in caso di inammissibilità della richiesta di ricusazione il
processo non sarà sospeso.
In altre ipotesi il giudice può facoltativamente astenersi: cioè in tutte le altre ipotesi in cui esistano gravi ragioni di
convenienza. In questo caso però il giudice dovrà richiederlo al capo dell’ufficio che potrà anche rifiutare qualora ritenga
queste ragioni non sussistano.
In caso di vizio di rappresentanza, vi è sempre la possibilità di sanatoria. Il problema è che la sanatoria non opera
automaticamente rispetto agli atti compiuti precedentemente, occorrerà cioè la ratifica del rappresentante. Mentre per
quanto riguarda gli effetti della domanda la sanatoria ha effetto retroattivo.
Autorizzazione
L’autorizzazione non è un requisito cui è subordinato l’acquisto della qualità di parte: l’autorizzazione non incide quindi
sulle parti come destinatarie degli effetti ma solo sulla validità degli atti compiuti, ad esempio se il Comune è in giudizio
attraverso il sindaco che però è privo di un’autorizzazione:
- Il sindaco non potrà compiere atti processuali
- Il comune potrà essere destinatario degli effetti della sentenza
Logicamente da ciò ne deriva che in assenza di autorizzazione dell’attore la domanda diventerà invalida in maniera cd.
indiretta visto che ogni atto compiuto dal soggetto non autorizzato è sottoposto a questo regime, diversamente in assenza
di autorizzazione nel convenuto, si parlerà semplicemente di sua “contumacia”. In caso di difetto di autorizzazione poi
sanato, a differenza di quanto avviene per la rappresentanza, la sanatoria avrà un effetto automatico sugli atti compiuti
precedentemente che quindi divengono efficaci.
Funzione e poteri
Accogliendo la tesi di Luiso, per quanto riguarda la funzione che si cerca di realizzare, possiamo distinguere due casi:
A) Il caso in cui la sentenza non lo vincoli (cd. situazione sostanziale istantaneamente connessa)→ si cerca di far valere
anche sul terzo gli effetti del giudicato. Ricordiamo che in questo caso gli atti di disposizione processuale delle parti
principali non lo vincolano
B) Il caso in cui la sentenza già lo vincoli (cd. situazione sostanziale permanentemente connessa)→ si cerca di dare la
possibilità al terzo di difendere la posizione della parte principale e indirettamente anche la propria (l’esempio è sempre
quello del subconduttore). In questo caso gli atti dispositivi delle parti lo vincolano.
*In ogni caso per il terzo mai valgono le preclusioni maturate per le parti, in quanto l’udienza alla quale è chiamato in
causa è per lui l’udienza di prima comparizione.
CAP. 14: Altri mutamenti nella posizione delle
parti
52. L’estromissione
In alcuni casi si verifica un fenomeno che porta a una diminuzione dei soggetti intesi come parti processuali, cioè come
destinatari degli effetti degli atti processuali.
Cosa non è estromissione
- non si ha quindi estromissione se il minore diventa maggiorenne perché ciò che rileva è il destinatario degli effetti
degli atti processuali e quindi non avviene alcuna modificazione su questo piano.
- non si ha estromissione quando c’è allontanamento per ragioni di rito o di merito (nonostante molti addetti ai lavori
utilizzino per queste circostanze, volgarmente, questo termine)
Estromissione del garantito
Ricordiamo che il garantito nella garanzia formale può chiedere di essere difeso dal garante, in questo caso chiaramente
il primo soggetto sarà estromesso. Il garante sta in giudizio in nome proprio anche se non per difendere una propria
situazione sostanziale, quindi c’è sostituzione processuale: il mancato rispetto del contraddittorio è giustificato dal fatto
che è lo stesso soggetto titolare della situazione sostanziale a chiedere di uscire dal giudizio. Una cosa va sottolineata:
il garantito resta destinatario degli effetti della sentenza, non di quelli degli atti processuali, quindi ad esempio gli effetti
di rito della sentenza e la condanna alle spese non lo riguarderanno. Secondo l’art. 108 CPC l’estromissione ha luogo
qualora le altre parti non si oppongano (cioè poi la controparte originaria), una possibile eccezione potrebbe essere che
il garante non garantisce sufficientemente il pagamento delle spese.
Il provvedimento con il quale il giudice deciderà sarà sotto la forma di sentenza in caso di opposizione o altrimenti di
ordinanza.
Estromissione dell’obbligato
Questa situazione può verificarsi in caso di lite fra pretendenti, nella quale cioè è controversa non l’esistenza, bensì la
titolarità del diritto: in questo caso se il debitore obbligato dichiara di essere pronto ad eseguire la prestazione, il giudice
può ordinarne l’estromissione previo deposito della cosa o della somma dovuta. Peraltro attraverso il deposito il debitore
si mette al riparo anche dagli effetti della mora debendi. Questo tipo di situazione si verifica solitamente:
A) C’è un attore che allega il suo diritto di credito nei confronti del convenuto debitore, quest’ultimo chiama in causa il
terzo attraverso la tecnica dell’intervento su istanza di parte perché vuole assicurarsi che non debba adempiere due volte.
B) C’è un attore che allega il suo diritto di credito nei confronti del convenuto debitore, c’è intervento adesivo principale
di un terzo soggetto che dichiara di essere lui il titolare di quel diritto di credito.
La forma del provvedimento è analogamente alla garanzia quella della sentenza o dell’ordinanza. In ogni caso l’oggetto
del processo non si riduce solo alla titolarità attiva della prestazione, ma continua ad essere l’obbligo correlato a tale
situazione, cioè la posizione sostanziale dell’obbligato: solo in questo modo potrà su di lui valere come cosa giudicata
la sentenza finale di merito.
Art. 156 CPC “Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità
non è comminata dalla legge.
Può tuttavia essere pronunciata quando l'atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello
scopo.
La nullità non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”
La nullità formale prevista dal CPC è differente rispetto a quella di teoria generale sotto diversi profili:
1) Mentre in sede di teoria generale ogni divergenza tra fattispecie astratta e fattispecie concreta rende invalido l’atto,
qui troviamo una nullità possibile solo se espressamente prevista dalla legge oppure laddove tale divergenza renda ini-
doneo l’atto al conseguimento del suo scopo (si pensi all’atto di citazione che non mette il convenuto nelle condizioni
di difendersi).
2) I rapporti tra validità ed efficacia divergono rispetto a quanto avviene in sede di teoria generale. Le ipotesi da analiz-
zare sono quattro:
- Atto valido ed efficace (ipotesi fisiologica)→ nulla quaestio
- Atto valido ma inefficace → Chiaro che in questo caso l’invalidità deve essere temporanea sennò non ha senso. L’ipo-
tesi è quella della Vacatio legis.
- Atto invalido e inefficace→ In questo caso non è necessario esercitare un’azione di impugnativa entro un certo termine,
in quanto basta far constatare in ogni tempo e con ogni mezzo da parte di chiunque che gli effetti non si sono prodotti.
Nel diritto processuale questa categoria prende il nome di inesistenza.
- Atto invalido ed efficace → Questa combinazione deve prevede che l’atto possa si produrre i suoi effetti ma con la
possibilità di essere tolto di mezzo attraverso una impugnativa. Questa categoria nel diritto privato prende il nome di
annullabilità, mentre in quello processuale di nullità: è questa quindi la nullità formale ed a questo fenomeno si rivolge
l’art. 156 CPC che si riferisce appunto a vizi formali.
Art. 156 e il conseguimento dello scopo
Quindi l’art. 156 CPC prevede che la nullità si ha quando espressamente prevista dalla legge e quando l’atto è privo dei
requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo. Infine al terzo comma si dice anche che la nullità non possa
essere pronunciata nei casi previsti dal primo comma quando l’atto abbia raggiunto il suo scopo. L’art. 156 al terzo
comma rende possibile la sanazione di quei vizi previsti al primo comma. Ma cosa dobbiamo intendere per “raggiungi-
mento dello scopo”?
A) Produzione degli effetti giuridici→ Risposta errata perché priva di senso: quello che ci chiediamo è proprio se
quell’atto può produrre quel dato effetto giuridico.
B) Raggiungimento di un certo evento materiale la cui realizzazione quel requisito mancante doveva favorire→ risposta
esatta.
Esempio: L’atto di citazione può presentare tutti i requisiti formali e nonostante ciò essere inidoneo al raggiungimento
del suo scopo obiettivo e quindi essere nulla; L’atto di citazione allo stesso tempo può essere carente sul piano formale
e nullo ai sensi del 1’ comma ma valido in quanto “sanato” dal 3’ comma e cioè idoneo al conseguimento di quello
scopo obiettivo (quindi alla realizzazione di quel dato evento materiale).
Rilevazione della nullità (profilo dinamico)
Art. 157 CPC “Non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata di
ufficio.
Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità dell'atto per la mancanza del requisito
stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso.
La nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente.”
Lo strumento col quale si fa valere la nullità è detto eccezione di rito che non va confusa con l’eccezione di merito. Se
per le eccezioni di merito il giudice può rilevarle tutte d’ufficio eccetto che quelle espressamente riservate alle parti, per
le eccezioni di rito vale la regola opposta: solo nelle ipotesi espressamente previste il giudice potrà sollevare d’ufficio
l’eccezione di rito.
L’estensione
Art. 159 CPC “La nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti, né di quelli successivi che ne sono indi-
pendenti.
La nullità di una parte dell'atto non colpisce le altre parti che ne sono indipendenti.
Se il vizio impedisce un determinato effetto, l'atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali è idoneo.”
La nullità di un atto non comporta la nullità degli atti precedenti o di quelli successivi che sono indipendenti: questo del
resto è coerente alla definizione del processo come procedimento. In linea di massima si può dire che comunque la
nullità di un atto processuale incide sulla sentenza, rendendo anch’essa nulla. Regola valida e che subisce soltanto un
paio di eccezioni:
1) La prima in caso di riconoscimento da parte del giudice che l’atto è nulla e non ne tiene conto nella sentenza (ad
esempio un testimone non poteva deporre, non si considera la sua testimonianza ai fini della pronuncia).
2) La seconda quando l’atto nullo non è utilizzato dal giudice anche se il giudice non ne dichiari espressamente la nullità
(ad esempio un testimone non poteva deporre ma il giudice emette una pronuncia di rito per carenza di un presupposto
processuale).
Conversione in motivo di impugnazione
Art. 161 CPC “La nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per cassazione può essere fatta valere soltanto
nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione.
Questa disposizione non si applica quando la sentenza manca della sottoscrizione del giudice.”
La regola prevista al comma 1 è in realtà il riconoscimento processuale di una norma presente anche a livello sostanziale:
se la legge prevede determinati mezzi e modalità di impugnazione per determinati vizi, allora questi non potranno essere
dedotti in una sede diversa da quella prevista. Ad esempio: la nullità non sanata della notificazione della citazione
determina la nullità della sentenza, ma questa non può non essere fatta valere se non con gli ordinari mezzi di impugna-
zione.
Segue. Art. 161 CPC comma 2 (Inesistenza)
“Questa disposizione non si applica quando la sentenza manca della sottoscrizione del giudice”
Il principio dell’onere dell’impugnazione non si applica quando l’atto è inesistente, anziché semplicemente nullo. Quindi
la sentenza senza sottoscrizione può essere si impugnata ma anche senza impugnazione vi sono altri mezzi per far valere
il vizio. Affianco alla mancata sottoscrizione vi sono altre ipotesi di inesistenza della sentenza:
- Ipotesi concernenti il giudice→ es. sentenza emessa da un soggetto privo di potere giurisdizionale (come il sindaco)
o quando è prevista collegialità e questa non viene rispettata.
- Ipotesi concernenti provvedimento emesso verso una parte che era già inesistente (priva di capacità giuridica) al
momento della proposizione della domanda.
- Oggetto della decisione incerto o non individuabile→ Es. il giudice ha accertato il diritto di proprietà di Tizio su un
bene non identificabile.
- Sentenza priva dei requisiti minimi indispensabili per lo svolgimento della propria funzione→ Es. sentenza scritta
a mano con grafia incomprensibile. In questo caso il legislatore si limita a riconoscere una situazione nella quale
ontologicamente la sentenza sarebbe inutile.
Nullità extraformali: i vizi dei presupposti processuali
- Rilevabili normalmente d’ufficio salvo nei casi espressamente previsti (regola inversa rispetto a quella dei vizi
formali).
- Effetti della sanatoria: Si acquisisce la possibilità di pronunciare sul merito, gli atti di trattazione del merito compiuti
prima della sanatoria devono essere nuovamente compiuti salve le ipotesi di ratifica o di trattazione davanti a giudice
incompetente. Gli effetti sostanziali della domanda si sanano ex tunc o ex nunc a seconda dei casi.
58. Liquidazione
La liquidazione delle spese è effettuata d’ufficio e costituisce un capo della sentenza, se del caso impugnabile con i
normali mezzi di impugnazione.
Sanzione
Si prevede inoltre che il giudice possa condannare la parte soccombente anche al pagamento, a favore della parte vitto-
riosa, di una somma equitativamente determinata (oltre alle spese). I presupposti sono quelli della colpa lieve o grave e
del dolo e si segnala l’assenza di criteri di calcolo di essa. Questo ha portato la corte costituzionale a ritenere legittima
la norma ma a patto che la sanzione sia parametrata alle spese sopportate per la lite.
Altre regole
- Se vi sono più soccombenti, il giudice provvede alla liquidazione in proporzione al rispettivo interesse in causa e se
le parti hanno un interesse in comune può anche pronunciare condanna solidale.
- Le spese del processo esecutivo sono a carico di chi subisce l’esecuzione.
- Se nel corso del processo si verifica una causa che determina l’estinzione del processo e le parti non trovano un
accordo sulle spese, il giudice deve decidere le sorti delle spese sulla base di quello che sarebbe stato l’ipotetico
esito.
- Il giudice può devolvere le spese direttamente al difensore della parte laddove sia stato egli stesso ad anticipare le
spese della lite.
Danni
Lo svolgimento dell’attività processuale può produrre dei danni a carico della parte che abbia avuto ragione. La disci-
plina del risarcimento di questi danni si può quasi considerare anch’essa diretta conseguenza del protagonista principio
victus victoris: tuttavia vi sono delle differenze rispetto alla liquidazione delle spese, infatti in questo caso sarà richiesto
anche un elemento soggettivo, oltre a quello oggettivo della soccombenza. Le ipotesi sono due:
a) La parte soccombente abbia agito e resistito in processo con mala fede o colpa grave. Malafede, esistenza del danno
e soccombenza devono essere richiesti da chi chiede la condanna risarcitoria. Si ritiene vi possa essere una separazione
del giudizio sull’an da quello sul quantum.
b) La parte soccombente nel merito aveva trascritto una citazione, ottenuto un provvedimento cautelare, iscritta ipoteca
giudiziale o fatto ricorso all’esecuzione forzata.
La domanda per il risarcimento del danno sarà di competenza esclusiva dello stesso giudice di fronte al quale pende la
controversia che vedrà poi soccombente una parte. Essa non costituisce una domanda nuova ed è quindi proponibile la
prima volta anche in appello.