acustica
Anno XI • n° 12 dicembre 2021 € 6,00
artisti
Aronne Dell’Oro
Musica Muta
Oliver DiCicco
recensioni
Jacques Stotzem
Davide Peron
Bob Dylan
strumenti
Pusiol ‘La Serenissima’
Paul Reed Smith Angelus
Martin SC-13E
Goldwood Montana
Zucchero
Da Inacustico a Discover
CA2003
e
editoriale
gli zampognari
di RENO BRANDONI
R
icordo l’uomo con la zampogna. Si annunciava al spesso è marginale, perché la ‘visibilità’ ti avrebbe già ri-
citofono all’ora di pranzo. Noi, da qualche giorno, compensato…
avevamo già preparato il presepe. Per la precisione Per non parlare di club o generici locali, in cui il ru-
l’8 dicembre, perché le tradizioni erano tradizioni, e guai more sovrasta ogni musica e – alla fine della serata – in-
a non osservarle. vece di essere remunerato puoi anche cenare gratis… ma
Il musicista si presentava con il suo strumento il saba- con parsimonia.
to o la domenica prima di Natale. La scelta era di natura Anche in questo caso ci sono le giuste gradevoli ecce-
essenzialmente commerciale: in quei giorni avrebbe sicu- zioni. Ma parlo dello standard delle cose che vanno, che
ramente trovato i genitori, che con molta probabilità gli portano i musicisti quasi a vergognarsi di chiedere qual-
avrebbero elargito un generoso compenso. Mia sorella ed cosa per la propria arte.
io non vedevamo l’ora di poterlo ascoltare. Suonava gon- In questo Natale pieno di nostalgia, ma anche di cle-
fiando le guance alla Gillespie e riempiva di aria la pelle di menza, ho un solo desiderio, che ritorni l’uomo con la
pecora, che si dilatava fin quasi a scoppiare. Poi, con le dita zampogna. E che mia nipote, con gli occhi ancora pieni
sulle canne, modulava l’emissione del suono per renderlo d’innocenza, lo ascolti in silenzio. Perché il rispetto non è
melodioso. Intonava il suo repertorio natalizio e noi ra- una dote, ma un insegnamento.
gazzini lo guardavamo a bocca aperta, in religioso silenzio. Buon Natale e buon fingerpicking!
Alla fine dell’esibizione, papà gli chiedeva il bis e
gli metteva in mano delle banconote. Non so a quanto
ammontassero, ma credo fossero sufficienti a rendere
quell’ultimo brano ancor più appassionato. La storia si
ripeteva ogni anno, senza nessun invito e senza nessun
accordo, perché ognuno conosceva il suo ruolo e faceva la Una nuova veste grafica
sua parte. C’era un’eleganza, uno stile, un modus vivendi
che faceva sentire tutti fieri e orgogliosi. La musica era al
centro dell’attenzione, e il più umile dei musicisti veniva
trattato al pari di una celebrità.
C hitarra Acustica si rinnova. Da questo mese un
nuovo logo, delineato dalle prime due lettere del-
la parola ‘chitarra’ (ch) che sorprendentemente sem-
Io sono stato educato così, con questo senso del dove- brano formare spalle e manico, e una nuova visione di
re e del rispetto. Ma non ero l’unico, né ero un’eccezione. impaginazione, minimale e ariosa, accoglieranno tutti
Con i miei amici poggiavamo la puntina sul vinile e, i contenuti del magazine.
fin quando non raggiungeva l’ultima traccia, ascoltavamo Due i colori scelti: arancione e bianco. Due i con-
con attenzione, anche se alla fine il commento poteva es- cetti perseguiti: equilibrio e spazio. L’arancione è un
sere negativo. simbolo, la sintesi di tutte le sfumature cromatiche
Chi suonava era guardato con curiosità mista ad am- della tavola armonica della chitarra, il bianco è l’ele-
mirazione. E non c’erano gare di bravura, perché la musi- ganza, l’orizzonte pulito e confortante che mai stanca
ca non aveva campioni o record da battere, era musica: ac- gli occhi.
compagnava la tua prima carezza, un bacio appassionato, ‘Equilibrio’ e ‘spazio’ definiscono invece l’intento di
la tua prima intima avventura. Con la musica non eri mai far convivere parole e immagini dentro un’architettura
solo: non avevi l’imbarazzo del silenzio, perché il silenzio che cerca in tutti gli scenari la forma più opportuna, con
era riempito dalle note che eliminavano la necessità di forme geometriche essenziali, cosicché ogni elemento
dire qualcosa… venga collocato nel modo più armonioso possibile.
Ora non chiedetemi perché non amo più suonare In calce a tutti gli articoli, poi, tre delle sei chiavet-
in giro, nei pub, nei ristoranti, nei festival assemblati da te della chitarra ne fermano ogni volta e momentanea-
‘scambisti infedeli’, dove suoni se poi inviti; e se non hai mente il flusso, perché, come accade tra i brani durante
un tuo festival, sei fuori dai giochi. un’esecuzione, tra una storia e l’altra ci sia sempre il
Tolti pochi casi di amici genuini e sinceri, il resto si tempo di accordarsi con cura, di nuovo.
perde in ambigue contrattazioni, dove il tuo compenso Luca Francioso
e editoriale
› Dove sono andati gli zampognari di R. Brandoni 3
› Una nuova veste grafica di L. Francioso
b brevi
› Franco Cerri: ricordo di una piccola storia 6
d’Italia per chitarra sola di F. Brusco
› Dario... di bordo – 9 di D. Fornara 8
r recensioni
Handmade ( Jacques Stotzem) • Giulio Regondi 10
– Complete Music for Solo Guitar (Federica
Canta) • Passaggi (Davide Peron) • Bob Dylan –
Like a Rolling Stone – Interviste ( Jeff Burger, a
cura di)
c cover story
› Zucchero: da ‘Inacustico’ a ‘Discover’ di R. 16
Brandoni
chitarra
acustica
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b
brevi
Franco Cerri
Ricordo di una piccola storia di FRANCESCO BRUSCO
d’Italia per chitarra sola ph. Battista Lazzarini
S
e fosse il soggetto di una fiction, la vita di Franco
Cerri sarebbe di quelle che permettono alla narra-
zione di raccontare tutta la complessità della Storia
– quella con la famosa S maiuscola — pur relegandola
apparentemente in secondo piano.
Si comincerebbe senza dubbio con un flashback, che
dal multicromatico XXI secolo virerebbe ben presto al
bianco e nero, con una di quelle colonne sonore che ri-
suonano da una vecchia radio in bachelite.
Ritmi popolari e voci tenorili con abbondanza di vi-
brato. E altre voci, tragici latrati dai balconi, irrompono
tra le frequenze con volume progressivamente crescente.
Nei ritagli di palinsesto concessi all’intrattenimento, il
massimo cui si può ambire è qualche brano delle orche-
stre di Pippo Barzizza e Cinico Angelini.
Guai a chiamarlo jazz, seppur ‘all’italiana’, Guai a dire
che anche il figlio dell’uomo che ulula dal balcone si è
innamorato dei ritmi proibiti d’oltreoceano.
Nelle patetiche italianizzazioni di regime – quelle in
cui Louis Armstrong si trasforma in Luigi Braccioforte –
“Tiger Rag” diventa “Il ruggito della tigre”. Ruggente lo
è davvero, quel brano, per il giovane Franco, folgorato dal
timbro pastoso e dal fraseggio sincopato della chitarra.
Pur nella terribile ristrettezza di quei giorni, papà
Mario si vede costretto a cedere. Settantotto lire per una
chitarra. La custodia è un sacchetto di carta.
brevi
da «un semplice re minore settima». Tra macerie ancora com/biography3_01.html).
fumanti, riaprono gli spazi e i ritmi non più illegali risuo- È una storia un po’ dimenticata, ma è una storia vera.
nano nei circoli che tengono a battesimo la prima vera
leva jazz italiana. Ci sono Gianni Basso, Henghel Gualdi,
Piero Piccioni; ci sono Lelio Luttazzi e il giovane Piero
Angela. C’è anche Franco.
Tempo di castagne,
di gusci e di
custodie di DARIO FORNARA
www.dariofornara.com
A
rachidi, nocciole, noci, pinoli, pistacchi. Sono
solo alcune tra le più comuni varietà di frutta in
guscio che tutti, intolleranze permettendo, con-
siderano deliziose prelibatezze da gustare nei più svariati
modi.
Recensioni
recensioni
Jacques Stotzem
Handmade
Acoustic Music Records
Federica Canta
Giulio Regondi – Complete Music for Solo
Guitar
Da Vinci Classics
recensioni
interpretazione appassionata e rigorosa a un tempo, ne mette in risalto la scrittura di straordi-
naria ricchezza armonica e la sempre rinnovata cantabilità. Cantabilità: ecco una parola chiave
per la comprensione profonda di questo lavoro. E non per indulgere in
abusate assonanze col cognome della chitarrista (il riferimento sem-
mai è alla più nobile filiera del nomen omen) ma per sottolineare come
Interpretazioni non solo af- l’approccio di Federica Canta sia sempre sorretto da una cura e da una
fascinanti per gioco timbrico attenzione assolute per l’espressività, per i respiri, il fraseggio, gli accenti,
l’andamento tipici del canto. Il che rende le sue interpretazioni non solo
e pulsazione ritmica, ma an- affascinanti per gioco timbrico e pulsazione ritmica ma anche profon-
che profondamente ‘umane’. damente ‘umane’. E di umanità – declinata in questo caso al femminile
– il povero Regondi aveva proprio bisogno, come è peraltro sottolineato
con un felice guizzo freudiano nel testo di Francesco Biraghi presente
nel booklet. Egli ebbe infatti vita breve (50 anni), stretta tra un passato da enfant prodige, senza
mamma ma in compenso angariato dal solito padre/padrone/manager/sfruttatore, e un presen-
te difficile in cui non c’era più la guitaromanie, che spingeva gli appassionati dello strumento a
prendersi a chitarrate in testa, ma imperversava il gusto per il romanticismo dei Mendelssohn, dei
Liszt, degli Schumann, degli Chopin, insomma per il pianoforte: non fu un caso che Regondi a
un certo punto pensò di trovare pace tirandosi fuori e dedicandosi a uno strumento ‘vergine’ come
la concertina, sorta di fisarmonica.
Resta il fatto che da questo bambino dotatissimo ma infelice e da quest’uomo poco fortunato
e fragile scaturì pur sempre musica per chitarra, di qualità e di difficoltà notevoli, che Federica
Canta ci riporta in tutto il suo splendore in questo doppio CD, in cui già la qualità della regi-
strazione lascia ammirati: via gli odiati reverberi, la chitarra di Julian Gómez Ramirez (1932) è
restituita al suo purissimo suono originale.
Parlare diffusamente di tutti i brani presenti richiederebbe un intero numero di questa rivista:
ma, per il discorso del canto di cui si diceva, andatevi a sentire l’“Air Varié de l’opéra de Bellini I
Capuleti e i Montecchi” o il “Solo on Don Giovanni” (nel cui cuore troviamo tema e variazioni su
“Là ci darem la mano”); o la “Fête villageoise”, per la baldanza ritmica, o la “Rêverie”, che mi ha
riconciliato col tremolo, qui non effetto stucchevole ma veicolo consapevole di scavo, che l’inter-
prete usa egregiamente per rendere un romanticismo che non sa staccarsi dal classico; o l’“Intro-
duction et Caprice”, dove l’adesione dell’interprete allo spirito e al mondo dell’autore raggiunge
vette di emozione intensa e coinvolgente. Dell’integrale dei celebri “10 Studi”, che occupa quasi
interamente il secondo CD, diremo solo che – alla monumentalità dell’opera – Federica Canta
accosta uno stato di grazia e una ricerca tecnica ed espressiva che sottrae per sempre questi brani
al rischio della maniera, restituendo loro la dignità e la statura che li pone tra le maggiori opere
musicali dell’800, non solo chitarristico.
Ma c’è tanto altro – anche un “Feuillet d’album” recentemente ritrovato, sognante e pensoso
– e tutto è talmente sorprendente che, addentrandosi troppo, questa recensione rischia di trasfor-
marsi in uno spoiler: non c’è che da acquistare e ascoltare. Mi saprete dire.
Carlo de Nonno
Davide Peron
Passaggi
Soyuz (of Soviet Dischi)
mani / per poter santificare / questo pezzo di pane») e vino («per questa
vite da piantare / in questo campo da coltivare»), di rugiada e brina,
L'autenticità di un autore
pioggia e sole, luna e stelle (“Beate voi stelle, / beata la vostra pace / che sa restituire alla canzo-
che io, qua sotto, non conosco»). Disobbedienti, per comandamento di ne la sua qualità migliore.
coscienza, come chi, «figlio di nessuno», «si inginocchia solo al vero»,
perché «del potere non gli importa».
Ho sempre pensato – e ne sono sempre più convinto – che le canzo-
ni davvero belle siano quasi esclusivamente canzoni tristi. Per un fatto contingente: la felicità dura
assai poco. Di solito, meno del tempo necessario a scrivere una canzone. Sprecarla all’insegui-
mento di una melodia, sarebbe folle. Oltre che un oltraggio nei confronti di chi o cosa quel refolo
di felicità ci ha donato. Ebbene, Davide Peron fa eccezione. Le sue canzoni sono belle ma non
tristi. Forse per effetto della bellezza che lo circonda e lo accompagna nell’esplorare gli altopiani
dell’esistere. Il suo canto è preghiera. Illuminato da una fede che, come i gigli dei campi, non ha
bisogno di nient’altro a parte sé. Fede consapevole – come recita David Maria Turoldo, accompa-
gnando nel booklet lo strumentale “Senza nulla pensare” – del fatto che: «È grazia / essere amati,
e più ancora / lasciarsi amare; e scendere / al centro del cuore / tornare ad essere in pace».
Il cappello che Davide indossa in copertina – per evitare che i pensieri volino via e la sua
chitarra non abbia il tempo di appenderli ad asciugare sulle sue corde – noi possiamo levarcelo di
fronte all’autenticità di un autore che sa restituire alla canzone la sua qualità migliore: attingere al
dolore blues per allontanare le nubi dell’anima e illuminarla con voce di gospel.
Giuseppe Cesaro
Ritroviamo questi due estremi, con tutto quel che c’è in mezzo e molto altro, in un libro indi-
spensabile per gli ammiratori di Dylan ma non solo, Like a Rolling Stone, una raccolta di interviste
lungo cinquant’anni, a cura di Jeff Burger e tradotta da Camilla Pieretti per il Saggiatore. Sono
quasi seicento pagine di Dylan della più bell’acqua, e quando dico indispensabile non esagero:
perché abbraccia un arco temporale vastissimo, permettendo di mettere le parole di Dylan in pro-
spettiva e capire quindi quando scherza ma non troppo; perché tra gli intervistatori troviamo pesi
massimi del campo (Paul Zollo, Paul Gambaccini, Nat Hentoff, Jonatham Lethem…); perché
le interviste quando vanno bene restano il migliore strumento di studio dell’opera di un artista e
non solo (e gli anglosassoni sono maestri dell’oral history); e perché è davvero tanta, tanta roba:
informazioni a non finire a integrare quel che già si sa di Dylan (alla fine di ogni intervista, ci
recensioni
creativo che faranno la gioia di cantautori-chitarristi e non solo. C’è anche, tradotta da Alessan-
dro Carrera, The Nobel Lecture (ironicamente, elencatigli i premi e i riconoscimenti ricevuti, nel ’91
Dylan diceva: «Sì, ma non stiamo mica parlando di premi Nobel. Su, dai…»).
Di nuovo: un libro indispensabile, tradotto bene e in maniera efficace, con poche, pochissime
sviste (leggiamo «con un coro come “Ruben’s Train”», «penultimo coro» – chiaramente chorus in
inglese – invece di ‘ritornello’; «Quando ero ragazzo, avevo un CD intitolato Hank Snow Sings
Jimmie Rodgers»: difficile che Dylan ascoltasse compact disc da ragazzo) e qualche errore di stam-
pa a chissà chi imputabile (la collaborazione con Lanois in Love and Theft del 2001 citata in uno
stralcio di intervista del 27 settembre… 1981!).
C’è tutto il Dylan pensiero, espresso in maniera a volte piccata e veloce (ricorrono, come im-
maginabile, le domande sul folk e il passaggio alla musica elettrica, sul significato dei brani, sulle
canzoni politiche e non più tali, sul carattere – o non – di poesia dei suo testi e sul suo essere un
poeta) e altrove in maniera invece ragionata e precisa. Dylan si erge sempre più come una mon-
tagna, un mondo a sé. Non (solo) nel senso di essere ‘a parte’ – perché la sua individualità, i suoi
ritiri e la sua difesa del privato sono leggendari – ma proprio nel suo contenere un mondo: di
personaggi esibiti e maschere messe e dismesse, di stili musicali, di riferimenti musicali, letterari
e culturali di ogni tipo. Appare in fondo anche una persona – nonostante l’idea generale che se ne
ha – umile e tutt’altro che scontrosa: perché Dylan è il primo a rendere omaggio, onore e giustizia,
anche a distanza di decenni, a chi lo ha ispirato, aiutato, influenzato (e dice lui stesso a volte quel
che ha ‘rubacchiato’ e a chi) e a rispondere educatamente e compiutamente a chi fa le domande
giuste ponendosi nel modo giusto.
Prima ancora di leggere le interviste ho avuto la curiosità di andare a vedere l’indice analitico,
soprattutto per i nomi: ed è bello vedere citati nomi inattesi, che anche noi dovremmo riscoprire:
a caso, l’Incredible String Band e la cantante egiziana Umm Kulthum. Più si va avanti con la let-
tura, più ci si rende conto di come a dispetto di una semplicità ingannevole, e della nomea di sco-
piazzatore, Dylan fosse contraddistinto già agli inizi da un’ampiezza di letture e ascolti invidiabili,
per la capacità e il modo di coniugarli e metterli a frutto nel medium artistico scelto, la canzone
con accompagnamento di chitarra, riprendendoli e modificandoli anche a decenni di distanza.
Da un certo punto di vista – per il carattere e le tante risposte che hanno a che fare con le
persone, la società, la religione, la vita – Dylan ne esce fuori quasi come un Marco Aurelio sui
generis (e sicuramente è un autore che aveva letto, visto che aveva letto anche le Vite parallele di
Plutarco e che certi classici greci e latini, almeno in passato, hanno attecchito più all’estero che da
noi, specie nel Regno Unito e in America).
D’altra parte si compiace di apparire riduttivo nei confronti del suo lavoro («Ma chi è che dice
che è arte? Chi la chiama arte? Io no di certo […] I miei pezzi? No. Perché dovrebbero? Mica
sono appesi in un museo») e poi ricorre all’arte pittorica per parlarne (le «canzoni come quadri»
di Blood on the Tracks, le tonalità come colori), inquadra con efficacia il suo suono e come deve
essere per funzionare («Le moderne tecnologie di registrazione non mi hanno mai attirato. Il mio
sound è molto semplice, con un po’ di eco… la musica che faccio io si
basa proprio su parti non equalizzate», «I primi dischi erano tutti fanta-
stici. Avevano qualcosa di magico, perché la tecnologia non andava oltre
Un libro indispensabile per quello che poteva fare l’artista»); accoglie la lezione di Hendrix e della
gli ammiratori di Dylan ma sua versione di “All Along the Watchtower” («Credo che l’abbia miglio-
rata, con gli spazi che ha usato. Alla fine, anche io ho ripreso qualche
non solo. licenza artistica dalla sua versione, e continuo a farlo ancora oggi. […]
Quando la suoniamo dal vivo, ora, è più come l’avrebbe suonata lui»);
offre un bellissimo ricordo di Mike Bloomfield («anche allora, era in
grado di suonare meglio di chiunque altro […] era il miglior chitarrista mai sentito, sotto diversi
aspetti. Andava di flatpicking e fingerpicking e sembrava nato per suonare la chitarra») e parla ne-
gli stessi termini di Brian Jones; ripete fino allo sfinimento il rapporto col folk («Non canto solo
folk», 1962; « Ho bisogno di pensare a tutto come musica tradizionale […] Lo sanno tutti che
non sono un cantante folk», 1965; «Quella che tu chiami musica folk è sempre lì, a un livello base»,
decenni dopo); parla degli inizi sullo strumento («Mi ricordo che prendevo un paio di accordi dai
libri e poi me ne andavo in giro a osservare i musicisti per vedere come li suonavano. Non andavo
tanto a sentirli, quanto a vedere come facevano quello che facevano, avvicinandomi il più possibile
per vedere come muovevano le dita. […] Ascoltavo la gente che suonava fino ad arrivare a chie-
dermi: cosa posso ricavarne?»); parla del proprio lavoro in termini teatrali («Le mie canzoni sono
no che trasmetta le stesse sensazioni di una tragedia shakesperiana») e offre le sue considerazioni
sullo spettacolo dal vivo e la scaletta, mostrando un rispetto antico per chi ha pagato per andare a
vederlo e sentirlo («Io suono dal vivo. Devo suonare canzoni che dicano qualcosa alle persone per
cui sto suonando»); dice la sua su Internet, Napster, la modernità, su quello che avverrà («Mah,
in realtà non mi interessa sapere come verrò ricordato. […] Uno si preoccupa di essere ricordato
dai propri figli… e dai vicini»), mostrandosi sempre pratico e terra terra («Il mio talento musicale
è così limitato»); racconta che una volta andò a visitare la casa dove’era cresciuto Neil Young e la
sua stanza, per vedere dove aveva guardato fuori dalla finestra; elargisce le sue perle di saggezza
popolare («L’orgoglio è l’anticamera del fallimento»); trova sempre nuove metafore per parlare di
sé («Non mi definisco un poeta – sono un trapezista», definizione che casualmente mi fa ripensare
a un testo di Giorgio Melchiori sul manierismo nella letteratura inglese contemporanea, I funam-
boli, che uscì in inglese come The Tightrope Walkers) e parla ogni volta con accenti diversi (dice un
giornalista: «Mentre parliamo, mi accorgo che adotta cadenze diverse a seconda dell’interesse che
gli suscita l’argomento o di quanto è sicuro di quello che dice. A volte ha una parlata newyorkese,
quasi da nero, di strada; altre una blanda cadenza del Midwest; altre ancora la curiosa inflessione
strascicata del Sud»), come fa John McLaughlin. E ancora: si sofferma sull’origine della propria
scrittura («Ho dovuto scrivermi qualcosa da solo, perché nessun altro aveva ancora scritto quello
che avevo voglia di cantare», che è qualcosa di simile a quello che disse di sé il nostro Calvino);
inquadra con precisione il suo stile («Nel fare quello che faccio, qualunque cosa sia, mi occupo di
ritmo e di fraseggio. Ed è lì che tutto trova un suo equilibrio, nel ritmo e nel fraseggio […] Nei
concerti dal vivo sta tutto nel fraseggio, nelle dinamiche e nel ritmo») e in merito loda quello di
Bing Crosby e della cantante egiziana Umm Kulthum: «Canta una canzone, a volte anche per
quaranta minuti, e ripete la stessa frase mille volte, ma in modo diverso ogni volta. Non credo ci
siano dei cantanti occidentali in grado di fare lo stesso… a parte me, forse!»
Eccoci dunque ancora una volta spellbound, incantati dalla destrezza verbale e musicale di
questo Alias o Zelig che dir si voglia o, per usare le parole di Nat Hentoff, di questo «James Dean
in versione canora con armonie alla Holden Caulfield. Nel libro – di nuovo: consigliatissimo,
imperdibile e indispensabile – ci sono tante domande e tante risposte, tante testimonianze, tanti
minisaggi che ci permettono di imparare qualcosa di più su Dylan ma soprattutto sulla musica,
sul songwriting e sulla creatività in generale. E per chi non fosse ancora pienamente soddisfatto,
citiamo quel che disse di lui Sam Shepard: «Le ripercussioni della sua arte non sono una sua
responsabilità. Ricadono su di noi come domande ed è quello il posto che gli spetta».
Zucchero
Da Inacustico a
Discover
di RENO BRANDONI
ph. Daniele Barraco
N
on è difficile raccontare di Zucchero. Quando lo fine, dopo tante insistenze, me la comprò. Quella è stata
incontri, capisci che devi mettere da parte ogni la mia prima chitarra.
disagio che può derivarti dalla sua celebrità. Ti Però prima ancora di quello strumento – avevo sei
accomodi su una poltrona e inizi a chiedere. Le risposte o sette anni – convinsi mio zio, che era in pensione, a
non sono mai risposte, così come le domande non sem- farmene una lui. Lo zio era uno che si dilettava a fare
brano domande, ma frammenti di una disinvolta conver- modellismo. Per ammazzare il tempo faceva gli elicotteri,
sazione. Il tutto si svolge con familiarità, come se lo co- tutti di legno. Gli dissi un giorno che volevo una chitarra
noscessi da tempo. Basta poco per accendere la curiosità, e lui prese del compensato e la costruì. La volevo a forma
per lasciarsi andare in improvvisate riflessioni e divertenti di mandola, non classica. Non so perché, ma mi piaceva
aneddoti. Niente è costruito, tutto è fluido, e il taccuino quella forma. Al posto delle corde di nylon, quelle da chi-
degli appunti può ritornare nello zainetto insieme ad altri tarra classica, ci mise del filo da lenza per andare a pesca-
inutili formalismi. E poi, se fuori piove e pensi che poco re, che non suonava assolutamente. E poi la tastiera aveva
dopo sarai di nuovo per strada, allora vorresti ancor di i tasti messi a casaccio, che non erano intonati. Con quella
più che la narrazione non s’interrompesse mai e cerchi chitarra non ci facevo nulla, non conoscevo neanche gli
un pretesto, o semplicemente l’occasione, per una nuova accordi. Quando poi a undici anni i miei si trasferirono
battuta. Ti senti completamente a tuo agio, ma non è me- in Toscana, in Versilia, lì incontrai quello che poi diventò
rito tuo. È merito di chi ti ha accolto e ha raccontato di sé mio cognato. Era un ragazzo più grande di me, bravissi-
come si fa con un vecchio amico. Grazie Adelmo. mo a suonare la chitarra. Lui era un patito di Jimi Hen-
drix e di Santana. Suonava già in un complesso e aveva
una ‘semichitarra’ elettrica, anche quella senza marca.
L’intervista Grazie a lui cominciavo a vedere qualche accordo, e così
ho imparato a fare gli accordi di base, DO, RE, MI, FA, e
La nostra è una rivista dedicata alla chitarra acu- ho cominciato a dedicarmi più seriamente allo strumento.
stica, letta da persone ‘non sane’ che pensano esclusi- La chitarra che potevo permettermi a quel tempo era una
vamente, dalla mattina alla sera, a questo strumento. Eko acustica. Non era un granché, ma a quel tempo era
Poiché ho visto che usi tu stesso lo strumento che an- una chitarra molto popolare. Dopo passai a una dodici
ch’io amo di più, ecco la prima semplice domanda: la corde più moderna, che aveva già due potenziometri, uno
tua prima chitarra acustica? per il volume e uno per i toni.
La mia prima chitarra acustica era una no brand, non
aveva nessuna marca. Era appesa in un negozio di stru- Era sempre una Eko?
menti musicali a Reggio Emilia in piazza del Duomo, Sì, perché era sempre quella che costava di meno. Il
la Casa Musicale Del Rio. Io, da autodidatta, comincia- problema era che non avevo l’amplificatore e allora mi
vo a strimpellare e mi piaceva il colore di quella chitarra. insegnarono a usare una vecchia radio valvolare, di marca
Era un color ocra con delle sfumature nere, forse mar- Minerva. Inserendo il cavo jack mi faceva da amplifica-
rone scuro. Era una sottomarca, era sicuramente quella tore.
che costava meno. Chiesi a mio padre insistentemente di Poi, a un certo punto abbandonai la chitarra, perché
comprarmela. La vedevo sempre appesa lì, mentre andavo volevo assolutamente entrare in un gruppo, a quei tem-
verso scuola, e non potevo fare a meno di desiderarla. Alla pi si chiamavano complessi. Solo che in quel gruppo il
cover story
un sassofonista. Ecco perché abbandonai la chitarra e mi re le ho ricevute per suonarle e fare un po’ di pubblicità,
misi a imparare le scale su un sax tenore, con il solo scopo così ho accumulato una sessantina di chitarre tra Gibson,
di ‘passare l’audizione’. Fui ingaggiato come sassofonista, Fender, Gretsch… Ho anche qualcuna di quelle vecchie:
ma sapevo suonare solo quella scala: facevo il minimo! A ho addirittura una Vox fatta anche quella a mandola, è
quel tempo, nella regione versiliese era scoppiato il feno- quella che usavano i Rokes. Inoltre ho delle dodici corde
meno del blues, quindi si parlava di Otis Redding, Aretha acustiche, dalla Takamine alla Gibson: ne ho trovata una a
Franklin, Wilson Pickett. Per un po’ di tempo ho quindi Los Angeles anni fa, che uso ancora per il tour. Bellisima!
suonato il sassofono, eravamo stati finalmente ingaggiati
in un locale da ballo, prima ancora delle discoteche, e suo-
navamo il pomeriggio di domenica. Un giorno il cantante
non si presentò, perché aveva litigato con la fidanzata, era «Da autore ti dico che io sono
un certo Pippo. Rischiavamo di perdere l’ingaggio e di ancora alla vecchia maniera:
non poter suonare. Il più anziano della band chiese a tutti
noi chi si ricordava le parole e se la sentiva di cantare. Io
cioè una canzone per me deve
mi offrii di provarci, ma feci notare che non avrei potuto essere affascinante e avere una
suonare il sassofono. Mi dissero di fregarmene del sas- forza anche solo con piano e
sofono e di cantare per salvare la serata: da quel giorno
diventai il cantante della band! voce, o chitarra e voce.»
Questa è la ragione per cui avevo abbandonato la chi-
tarra, ma continuavo a suonarla, non ero un chitarrista
solista, ma me la cavavo con l’accompagnamento. Poi Anche la Guild che usi nel video “Follow You Fol-
sono passato all’elettrica, ce n’è ancora una che conservo, low Me” è molto bella.
era una marca strana, si chiamava Cobra: mi sembra che Sì, è una bella chitarra. Insomma ne ho accumulate
la producessero a Reggio Emilia o Modena, comunque un bel po’, alcune addirittura non le ho mai usate. C’è una
da quelle parti. Era quella più economica, però aveva una ditta tedesca che ha dei modelli stupendi, visivamente
bella forma, strana, con la paletta grossa e colori scintil- stupendi, però il suono mi dicono che non è molto buo-
lanti, come le chitarre di quell’epoca. Suonavo quella lì. no. Ho anche una chitarra baritona, che qui in Italia forse
Più avanti mi sono trovato una Fender Telecaster che è poco usata…
era a buon mercato: anche se era super usata, la presi, era
color verde ramarro e ce l’ho ancora. L’ho fatta portare Be’, ci sono molti appassionati…
a legno, è quella che uso ancora in tournée. Mi dicono Ma poi ho tutta la gamma: mandolino elettrico, uku-
tutti che è una chitarra fantastica, è del ’55. Anche il mio lele, cigar box. Ho delle resofoniche National…
chitarrista mi dice che ha un suono incredibile. Io non ci
ho fatto niente, non ho modificato il pickup né sostituito Nel periodo del lockdown, ti sei espresso molto in
alcunché: così era e così è. Uso ancora quella. acustico. Hai rappresentato la tua storia in modo diverso.
do dovuto rimandare per due volte un tour nel mondo di solo con la chitarra.
150 concerti, mi sono ritrovato a casa. Noi stavamo già Dovrebbe! Poi sai, è talmente cambiato tutto negli
facendo le prove generali quando è arrivato lo stop, quindi ultimi anni, che adesso non si sa più nulla… Però la can-
c’è stato un po’ di sbandamento. All’inizio ho pensato: che zone dovrebbe reggere anche solo chitarra e voce, o pia-
faccio? Bisogna che faccia il mio mestiere, quindi mi son no e voce. Se tu suoni le canzoni dei Beatles solo con la
messo lì con quella Gibson che ho trovato a Los Angeles chitarra, reggono anche da sole. Invece una canzone che
e anche con una Martin che mi ha regalato Eric Clapton, funziona adesso in radio, se la spogli dei suoni, degli ar-
che però non è la sua signature, ma la Paul Simon. rangiamenti e dei ritmi… magari è difficile che rimanga.
cover story
dalla musica di B.B. King ritornando alle radici di Ro- stare. Per esempio “Imagine” di John Lennon. Un conto
bert Johnson… è che una canzone mi piaccia, un conto è che io riesca a
Quella canzone io la conoscevo prima che Moby ne farne una versione dignitosa: almeno dignitosa, non dico
facesse la versione, diciamo, più famosa. meglio dell’originale. Quindi da 500 brani ho fatto presto
ad arrivare via via a 350, 250, 200…
Ma la versione originale, “Troube So Hard” [1937], Poi ho cercato di unire le mie due anime, che sono
è meravigliosa! ovviamente il mio amore verso l’afroamericano, ma an-
Sì, è di Vera Hall… che verso la grande melodia italiana. Noi, a iniziare dal-
la canzone napoletana, abbiamo delle melodie che sono
…e di Alan Lomax . indiscutibilmente fantastiche. Ecco perché ho preso per
Esatto, quella la conoscevo già… esempio un pezzo di Ennio Morricone, “Lost Boys Cal-
A questo disco in ogni caso ci ho lavorato non costan- ling”, che fa parte della colonna sonora de La leggenda
temente, ma erano già un paio d’anni che volevo farlo. Mi del pianista sull’oceano. Mi piaceva questa melodia proprio
dicevo: «Prima o poi voglio fare un disco di cover, cer- italiana, melodia pura. Poi mi piaceva anche il testo che
cando di far mie le canzoni.» Il brano di cui parli faceva aveva aggiunto Roger Waters, che è molto bello. Ed ecco
parte di una rosa di 500 brani, che poi ho scremato strada perché ho fatto anche “Fiore di maggio” di Fabio Conca-
facendo. Perché magari, anche se mi piaceva una canzone, to, che non mi risulta sia stato fatto da altri prima, e che
l’avevano già fatta in tantissimi. Quindi volevo evitare di comunque ha una bellissima melodia. O ancora “Con te
essere l’ennesimo che fa la stessa canzone. Poi ho ritenu- partirò”, che può sembrare un po’ strano, ma l’ho fatto for-
cover story
Bocelli all’inizio, quando non lo voleva nessuno, gli feci questa è diventata una canzone simbolo, più che una can-
sentire questa canzone. Però lui non era convinto, non vo- zone cristiana è una canzone simbolo di pace.
levo andare a Sanremo con questo brano, forse lo trovava
un po’ troppo poco… non so. Gli dissi che era un pazzo. C’è un’altra cosa che nel disco mi è piaciuta vera-
Cercai di convincerlo che era una melodia straordinaria mente tanto e secondo me è un gioiello blues: l’inizio
e – perché no – che anche il testo era bello. Infatti alla della seconda strofa di “Ho visto Nina volare”, che tu
fine lo convinsi ad andarci a Sanremo. Infatti poi questa avevi già fatto nel tributo di Genova.
canzone ha fatto il giro del mondo. Così ho pensato a Ti piace quando salgo di un’ottava? Per questo brano
come sarebbe venuta fuori se l’avessi cantata io, invece devo ringraziare Dori Ghezzi. Quando fecero a Genova
che lui con un’impostazione tenorile, senza quella pom- il tributo a Fabrizio De André mi chiese di partecipare.
posità della grande orchestra, un po’ più minimalista: è Le dissi che rispettavo De André, ma che io non c’entravo
stata un po’ questa la sfida. Ho detto: «Proviamo, vediamo molto musicalmente con lui. Lui era più uno chansonnier,
come viene.» L’ho cantata e mi è piaciuta. L’ho messa per non sapevo quale canzone avrei potuto fare. Lei mi disse
quello. che l’aveva già in mente, dovevo cantare “Ho visto Nina
Come avrai sentito poi ci sono “Motherless Child”, volare”. Non la conoscevo, devo essere sincero: l’ho sen-
“Old Town Road”, “Natural Blues”, “High Flyin’ Bird”, tita, e mi son fatto venire in testa qualche idea e l’ho ese-
una canzone che credo sia – almeno qui – sconosciuta. guita. Ho visto che era stata apprezzata. Quindi per non
È un brano di Richie Havens, che mi ha sempre affasci- rilavorare sulla stessa cosa, ho chiesto di inserire anche
nato. Ultimamente tendo ad ascoltare cose semplici: gli la voce di De André, ma non per fare quelle cose come i
arrangiamenti pomposi non mi affascinano più, mi piace duetti virtuali: era per fare un tributo a lui, un omaggio.
la musica quasi a cappella, come i vecchi spiritual… Ho scelto un momento che viene prima di quello che dici
tu, proprio per creare il pathos e ritornare con la mia voce
Cerchi l’essenza della musica. all’ottava alta.
Sto andando in quella direzione. Hai sentito come
ho fatto “Follow You Follow Me”, che è un altro amore:
infatti tra i miei grandi amori c’erano anche i Genesis, il
progressive. In quel brano ho fatto con la chitarra dodici «Ho lavorato senza pensare se
corde il riff principale.
i brani avrebbero funzionato in-
La cosa interessante di questo nuovo disco di cover sieme, se avrebbero funzionato
è che vai dai Genesis ad “Astro del ciel (Silent Night)”, in radio… Il mondo è talmente
apparentemente senza una logica. Invece la logica esi-
ste ed è la tua passione per la musica. Questa serie di
cambiato, che adesso le radio
cover indicano il tuo percorso d’artista. secondo me suonano sempre la
Sì, ho lavorato senza pensare se i brani avrebbero fun- stessa canzone!»
zionato insieme, se avrebbero funzionato in radio… Il
mondo è talmente cambiato, che adesso le radio secondo
me suonano sempre la stessa canzone!
Infatti c’ero rimasto un po’ male: quando ho sentito
Poi con queste masterizzazioni compresse… la voce di De André, ho temuto che tu non avresti rifat-
I suoni sono tutti uguali. Allora ho detto: «Boh, ne to quella parte. Invece la sorpresa è stata graditissima,
ho fatte tante, ho 66 anni, voglio fare le canzoni che ho perché veramente quella tua interpretazione immette
amato e che mi smuovono ancora delle cose!» “Silent Ni- secondo me lo spirito blues in De André, che è una cosa
ght” l’ho fatta a modo mio, cambiando le parole origina- strana, un accoppiamento abbastanza inusuale.
li, ovviamente chiedendo il permesso. Mi è stata chiesta Infatti, diciamo che era una sfida molto interessante…
espressamente. Perché tutti gli anni a Natale, già da qual-
che tempo, dall’America chiedono a un artista interna- Per tornare ancora al blues, mi è sembrata una bella
zionale di fare una versione di “Silent Night”. L’hanno idea quella di far cantare Mahmood su “Natural Blues”.
chiesto a tantissimi artisti, anche importanti, questa volta La sua voce africana ha prevalso sul suo stile arabeg-
l’hanno chiesto a me ed io ho risposto di sì. Però ho anche giante. In fondo il blues viene proprio da lì.
detto che avrei voluto metterla nel mio album: l’ho fatta La risposta è già nella tua domanda. Quando l’ho
acustica, ci ho messo ho messo un po’ di resofonica Na- ascoltato la prima volta al Sanremo Giovani con la can-
tional, per tutti è stata una sorpresa, ma è piaciuta. Adesso zone “Gioventù bruciata”, quella prima di “Soldi” che ha
hanno fatto un filmato bellissimo. Anche perché quella vinto al Festival di Sanremo, ho notato la sua grande pa-
canzone lì è stata scritta da un tedesco. dronanza vocale: tecnicamente lui veramente fa di quei
C’è stato un momento a Natale, durante la guerra del ghirigori, con delle note che sono anche difficili da pren-
’15-’18, in cui i tedeschi e gli inglesi si sono dati la mano, dere. E li fa in modo naturale.
il giorno di Natale hanno fermato il conflitto e i due ge- Io ho sempre pensato che lui fosse un cantante soul,
nerali si sono incontrati nel campo di battaglia e si sono per me lui ha quelle radici. Anche se fa un po’ l’arabeg-
dati la mano. giante ed è ‘moderno’, lui potrebbe veramente avere la
gorgheggi su e giù. riso sul personaggio, che è molto simpatico. Bono è più
Ora, da tempo la casa discografica mi chiedeva di fare vicino a noi italiani, è più casinista, gli piace stare lì con
qualcosa con un giovane. Sai, adesso va di moda che le una pinta di birra. Sting è molto più gentleman, ma dol-
case discografiche cerchino di accoppiare gli adult con- cissimo. Ho un buon rapporto con tutti, sarà perché non
temporary come me ad un cantante giovane, sperando mi vedono come antagonista. Perché tra di loro non è che
di avere qualche passaggio in radio in più. Io ho sempre siano tutti amiconi: sono gentlemen ma insomma: tra loro
detto di no, me ne hanno proposti tanti. Ma quando mi c’è del sano antagonismo. Io sono fuori, non sono un an-
hanno chiesto cosa pensavo di Mahmood, ho risposto che tagonista.
se c’era uno con cui avrei potuto fare qualcosa era proprio
lui. Però dovevamo confrontarci. Allora siamo andati in Non sei un pericolo.
studio. E devo dire che sono rimasto molto sorpreso dalla No, per niente, anzi… Ovviamente alla base c’è che a
bravura di questo ragazzo e dall’anima, dal soul che tira loro piace quello che faccio, e a me piace quello che fanno
fuori. Mi piace molto. La canzone l’ho fatta scegliere a loro.
lui: gli ho dato una ventina di possibilità, e lui ha scelto
“Natural Blues”. La domanda aveva anche un altro senso, un altro
risvolto. Com’è il rapporto tra musicisti americani e
inglesi, e musicisti italiani. C’è una differenza, c’è una
diversa mentalità?
«L’esempio che più rende No, io credo che loro abbiano molto rispetto per la
l’idea è quando sentii per musica italiana, ma intesa come musica classica. Il nostro
la prima volta “With a Little patrimonio per loro parte da lì. Mi ricorderò sempre che
il motivo con cui sono riuscito a convincere Bono a venire
Help From My Friends”, che al Pavarotti & Friends – per il quale mi sono occupato
io consideravo forse una del- delle dodici edizioni insieme a Luciano e Nicoletta – fu
che lui voleva confrontarsi con Luciano, perché suo padre
le canzoni dei Beatles che mi era un grande fan della musica lirica. Quindi partono tut-
piaceva di meno. Fatta da Joe ti da lì: per loro cantanti, il non plus ultra del canto, del
Cocker è diventata un’altra bel canto, è l’opera italiana. In quest’ottica ne ho trovati
tanti di musicisti, come anche Mark Knopfler, che adora
cosa, l’ha stravolta, è diven- quella musica e mi ha sempre detto che il suo sogno era
tata immensa, carismatica e fare un disco con Morricone. Quindi c’è un grande ri-
spetto per la nostra cultura musicale. Che piaccia o non
piena di epicità.» piaccia, comunque è per quel tipo di musica che siamo
molto rispettati.
Perfetta, strepitosa nel suo ruolo. Per concludere cito una tua frase: «Una cover per
Ma hai sentito i fraseggi che fa? Delicati ed eleganti, me ha senso se viene personalizzata fino al punto di
non invadenti. sembrare una mia canzone.»
Questo è l’intento, altrimenti per quale motivo devi
Purtroppo il tempo sta per finire. Potresti farmi un fare una cover, se lasci l’arrangiamento, il ritmo, il modo
accenno alle tue amicizie internazionali con cui ti trovi di cantare simili all’originale? Io allora prendo l’originale.
meglio, Sting, Bono…
Non c’è paragone, non ci sarà mai, non ci potrà mai es-
Ormai ci conosciamo da tantissimo tempo, ma non sere un confronto. Perché non ho fatto “A Whiter Shade
solo con loro due. Potrei dirti di Brian May, di Robert of Pale”, che rimane una delle canzoni che amo di più?
Plant, e ce ne sono altri con cui magari non ho mai col- Tra l’altro poi ho scoperto che era la canzone che anche
laborato, ma con i quali c’è un rispetto reciproco. La chi- John Lennon amava, combinazione! Ma io non ho pen-
mica funziona anche se andiamo a cena e basta. Lo stesso sato neanche per un attimo di farla. Dal vivo la suono
con Peter Gabriel: ci vediamo senza neanche pensare di perché mi piace. Ma un conto è farla dal vivo, un conto è
fare qualcosa insieme. farla su disco. Dalle mie parti dicono: «Meglio aver paura
Lo stesso con Michael Stipe: ho fatto una sua canzo- che toccarle!» Quindi, a far tua una canzone non sempre
ne nel disco, ho chiesto di poter fare la versione italiana, ci riesci, però io ci ho provato e penso in alcuni brani di
“Amore adesso (No Time for Love Like Now)”. Sting lo esserci riuscito. Forse in altri un po’ meno… Ma forse è
conosco molto prima di Bono: mi ha chiesto di fare il meglio dire così: se io avessi voluto tentare di fare un bel
padrino a sua figlia, e adesso che con il COVID ha preso disco mio, ci avrei messo la firma ad avere queste canzoni,
la residenza in Toscana, è sempre lì. Perché? Perché siamo da “Wicked Game” a “The Scientist”… Insomma ce ne
il paese più sicuro: ci siamo frequentati tantissimo l’anno sono tante.
scorso e anche quest’anno. Lo considero come uno di fa-
miglia ormai. Bono l’ho sentito una settimana fa, perché È un bell’approccio. Anche Chopin non sopportava
ha doppiato il personaggio di Clay Calloway nel cartone chi eseguiva le sue opere così come le aveva scritte, e
animato che si chiama Sing 2, mentre io l’ho doppiato voleva che ognuno mettesse qualcosa di suo.
cover story
L’esempio che più rende l’idea è quando sentii per la Hai ragione, pensa ad “All Along the Watchtower”
prima volta “With a Little Help From My Friends”, che suonata da Jimi Hendrix…
io consideravo forse una delle canzoni dei Beatles che mi [sorride] Non era un paragone con le mie… Io faccio
piaceva di meno. Fatta da Joe Cocker è diventata un’al- quel che posso.
tra cosa, l’ha stravolta, è diventata immensa, carismatica
e piena di epicità.
Aronne
Dell’Oro
La chitarra folk
blues e le tradizioni
mediterranee
di GABRIELE LONGO
ph. Riccardo Bostiancich
N
el corso della rassegna Madame Guitar a Tri- Festival d’Avignone dall’ensemble provenzale Azalaïs,
cesimo, che abbiamo raccontato in esteso nello con cui continua a condividere il palco negli anni a se-
scorso numero, ho avuto l’occasione di intervi- guire. Nel 2015 presenta una performance di canti tra-
stare alcuni artisti poco noti ai più, ma che si sono rivelati dizionali, danza e live electronics alla Oslo Concert Hall
una gradita sorpresa. È il caso per cominciare di Aronne con l’oboista norvegese Jan Wiese e la performer Johanna
Dell’Oro, che ho incontrato nella giornata di sabato 25 Zwaig. Nel 2019 è invitato a intervenire al convegno La
settembre, in una pausa tra la sua partecipazione al set chanson de langue d’oc contemporaine et l’Italie all’Universi-
mattutino di Val Bonetti in piazza e la propria esibizione tà di Aix-Marseille.
serale al teatro Garzoni. Vive in Liguria e collabora stabilmente con musicisti
di diverse nazionalità europee e dei generi più disparati,
dalla musica antica all’etnojazz, dal blues rurale alla mu-
Un po’ di storia sica classica indiana: tra questi, Peppe Frana, Christian
Zagaria, Jan Wiese, Virginia Nicoli, Val Bonetti, Marco
La musica di Aronne Dell’Oro affonda le sue radici Pandolfi, Vincent Magrini.
nelle campagne salentine, nelle millenarie tradizioni del A questa già ricca serie di esperienze dal vivo, Aron-
Mediterraneo e si fonde con la magia del cantautorato ne Dell’Oro ha affiancato un buon numero di CD: tutte
folk di Nick Drake e Tim Buckley. Queste le coordinate autoproduzioni, una scelta che gli ha permesso di fare in
principali per intercettare un artista a tutto tondo, che fa tutta calma i suoi ‘esperimenti mediterranei’, senza do-
della ricerca, dello studio e del reinventare il suo credo. ver rispondere a logiche di genere o di mercato. Sono del
Cantante, chitarrista acustico e arrangiatore, Aronne 2007 e 2008, rispettivamente Lu Nanniorcu e Amara terra
Dell’Oro inizia nel 1995 un percorso di studio e di ricerca mia, i primi due dischi di Aronne in cui comincia a lavo-
orientato a una sintesi originale tra le tradizioni musicali rare sui documenti sonori registrati sul campo da Alan
anglosassoni e quelle del Sud Italia e del Mediterraneo, Lomax e Diego Carpitella in Salento, alla ricerca di un
a cui affiancare un’intensa attività concertistica. Fonda la modo personale di rivisitarli e arrangiarli, che si intrecci
band Folkenublo e nel 1997 partecipa al tributo a Tim e con le sue esperienze precedenti legate soprattutto al folk
Jeff Buckley all’Iperspazio di Milano. Trasferitosi in Alto personalissimo e ‘magico’ di Tim Buckley e Nick Drake
Adige, diventa una presenza costante nella programma- sopra tutti. Su YouTube un esempio interessante del 2007
zione del circolo culturale Ost West Club Est Ovest a è il brano “Moroloja”.
Merano. Nel 2001, in seguito all’incontro con la band Nel 2010 autoproduce III, in cui inizia la collabora-
pugliese Radicanto, comincia un percorso di riscoperta e zione coi musicisti provenzali. Su YouTube “La fortuna”,
rivisitazione delle radici salentine di famiglia e della tra- “Rota/Alba”, “Filugnana antica”.
dizione partenopea. Predilige performance in solo o per Barcarola, del 2012, è il primo lavoro discografico in
piccoli ensemble: gli stessi Radicanto, nel 2011, lo invi- cui Dell’Oro si confronta con la canzone napoletana clas-
tano a Bari per un concerto solista al festival Di Voce in sica, soprattutto del XIX e inizio XX secolo, riarrangia-
Voce, in cartellone con Pino De Vittorio e Lucilla Ga- ta in chiave folk blues, sempre di più in fingerpicking.
leazzi. “Mierolo affurtunato”, un bell’esempio di questo reperto-
Dal 2006 amplia il raggio delle sue collaborazioni e rio, che però nel disco non è presente, è stato eseguito a
dei concerti per l’Europa: nel 2009 e 2010 è invitato al Madame Guitar in duo con la slide di Val Bonetti.
artisti
il chitarrista salentino torna maggiormente verso la Pu- mediterraneo, italiano.
glia e, in collaborazione con musicisti europei, crea a volte
delle jam band estemporanee di ispirazione folk-psiche- Molto interessante questo concetto di andate e ri-
delica: ascoltare in particolare il finale di “Lu ricciu”, sem- torni, di filtrare attraverso la propria cultura d’origine
pre su YouTube. quella che si va a visitare e conoscere, per poi fare il per-
Nel 2019 è la volta di Oxyacantha, ultimo disco in corso all’inverso arricchendosi nel frattempo di tutti
versione EP, più orientato verso la musica antica rivista questi elementi.
alla maniera di Aronne e, in assoluto, quello più fedele al Assolutamente sì. Io per esempio mi sono avvicinato
suono naturale, acustico della sua chitarra e della sua voce. al lavoro di ricerca e alle registrazioni sul campo di Alan
In digitale online (su Spotify, Apple Music ecc.) si Lomax dedicate al blues degli Stati Uniti. Per poi scopri-
trovano il citato Oxyacantha e i Mediterranean Recordings, re che a quindici chilometri dal paese della mia famiglia
che sono una raccolta restaurata nel suono di brani sele- d’origine in Salento – mia madre è della zona di Gallipoli
zionati dall’autore dagli album precedenti. – Lomax c’era stato, e aveva registrato delle voci, dei canti
Aronne Dell’Oro suona una chitarra che è stata co- tradizionali insieme a Diego Carpitella. Quindi, abituarsi
struita dal liutaio Renato Barone e che prima apparteneva al lavoro di Lomax, a un certo tipo di registrazioni più
all’ottimo roots bluesman Mauro Ferrarese, nei cui dischi ruvido, più originale, partendo dal Sud degli Stati Uniti,
ha cantato da ospite in un paio di occasioni. per poi scoprire che Lomax aveva bazzicato nelle terre
delle mie origini e che queste registrazioni sono custodite
negli archivi di musica folk degli Stati Uniti… Ecco, tutto
L’intervista questo era – ed è – un gioco di richiami molto affascinan-
te per me.
Aronne… un nome che mi suscita qualcosa di arcai-
co, di antico, che un po’ si rifà alla tua passione di anda-
re alle radici di un certo folklore. Ma lascio a te la parola
per introdurci nel tuo mondo artistico e di chitarrista. «Ecco, la chitarra ‘folk’, la chi-
Certo, grazie. Quello che hai sentito oggi in piazza tarra steel-string: quella che
e che sentirai stasera in teatro nasce dal tentativo di cat-
turare lo ‘spirito’ – e di operare una sintesi tra ‘folk’ ed
considero viene dalla tradizione
elementi antichi, arcaici – di tradizioni musicali che sono afroamericana degli Stati Uni-
in parte imparentate con quelle del bacino del Mediter- ti, ma non solo, e molto anche
raneo, in particolare quella italiana, e in parte con quelle
di oltreoceano. Lo spirito di come la musica africana è dagli anni ’60 e ’70, da ciò
arrivata negli Stati Uniti, si è trasformata ed è tornata in che hanno sviluppato i musicisti
Europa ispirando gli ascolti di tutta una generazione, che
poi se n’è rimpossessata; e sto parlando di quella ingle-
inglesi e scozzesi sulla chitarra.»
se negli anni ’60: una generazione di geni della chitarra
acustica, che prendevano il country blues e lo facevano
intrecciare con le arie, con le melodie più europee. Questo Questa è la tua cifra, con la quale ti piace muoverti.
è simile a quello che cerco di fare io, anche insieme con Cercando di addentrarci di più nell’argomento, come
Val Bonetti: prendere una chitarra che di base è folk blues procedi nel tuo lavoro di ricerca ed elaborazione? Pren-
di in considerazione brani già compiuti, che hanno le
caratteristiche cui hai accennato, e/o anche tue compo-
sizioni, poi li fondi tra di loro?
Diciamo che la nostra tradizione del Sud – non sempre,
ma in buona parte – può essere una tradizione di polifonia
vocale non accompagnata da strumenti. Per cui io posso
prendere una melodia tradizionalmente eseguita da voci
che accompagnavano il lavoro o altri momenti della gior-
nata, che non avevano nessun tipo di accompagnamento
strumentale e suggerivano determinati accordi, determi-
nate armonie. E posso allora inventare per questa melodia
un mio accompagnamento chitarristico originale, facilitato
dal fatto che mi posso muovere in un ambito che offre una
grande libertà. Questa è un’arte contadina, arcaica.
Poi c’è tutta una parte che in Italia è portentosa, ed è
quella per esempio della canzone napoletana o – ancor
prima – delle villanelle napoletane. E risalendo ancora
si può prendere in esame anche la musica medievale…
Ecco, io non riesco troppo a separare le cose, per cui con
la mia chitarra e la mia voce cerco di catturare il più pos-
un oceano di cose che non provo nemmeno a toccare: re. Quindi, partendo dalla sesta corda, abbiamo l’accorda-
in definitiva, alcune mi riguardano a livello di sensazio- tura di Re maggiore: Re La Re Fa# La Re; o l’accorda-
ne e personalmente sono quelle che cerco di trasformare, tura di Re minore: Re La Re Fa La Re. L’accordatura in
mentre tante altre le ascolto, le adoro, ma non provo asso- Re minore era quella utilizzata prevalentemente da Skip
lutamente a rimaneggiarle. James, era tipica del suo suono. Inoltre io ho iniziato a
usarla anche in ‘tonalità’ di La: molto interessante, perché
permette di modulare, di passare da La maggiore a La
minore facilmente.
«Quindi esiste già un blues me- Vorrei aggiungere qualcosa che è da prendere come
diterraneo chitarristico e per consiglio per l’ascolto e riguarda la musica rebetika della
Grecia: nel periodo tra le due guerre mondiali esisteva
me è bellissimo poter disporre questa musica, che si può definire il blues greco. Apparte-
di questi ascolti, perché mi aiu- neva a una classe sociale di reietti, associabile come spirito
tano a integrare quelle aree, e condizione sociale a molti bluesmen del Sud degli Stati
Uniti. Noi siamo abituati alla musica greca come musica
quelle melodie del nostro Sud del bouzouki e altri strumenti a corde similari, ma c’erano
che sono già molto orientali e dei chitarristi che facevano cose interessantissime. Oggi
c’è un chitarrista bravissimo, nonché cantante, Dimitris
arabeggianti.» Mystakidis, che riprende la musica greca di un secolo fa
di George Katsaros [1888-1997], un musicista che suo-
nava la musica rebetika con le sue ritmiche composte, i
Parliamo più specificamente dell’ambito che ri- suoi modi cromatici, arabeggianti, trasferiti sulla chitarra.
guarda il nostro amato strumento. Katzaros aveva suonato i primi anni in Grecia, poi è emi-
Sì, arriviamo alla chitarra. Ecco, la chitarra ‘folk’, la grato in America per tanti anni, dove ha suonato per le
chitarra steel-string: quella che considero viene dalla tra- comunità greche.
dizione afroamericana degli Stati Uniti, ma non solo, e Quindi esiste già un blues mediterraneo chitarristico
molto anche dagli anni ’60 e ’70, da ciò che hanno svi- e per me è bellissimo poter disporre di questi ascolti, per-
luppato i musicisti inglesi e scozzesi sulla chitarra; quella ché mi aiutano a integrare quelle aree, quelle melodie del
che è diventata la chitarra celtica, anche se quei musi- nostro Sud che sono già molto orientali e arabeggianti.
cisti a loro volta sentivano i bluesmen degli anni ’60 che Abbiamo già questi elementi nelle voci, ma non abbiamo
venivano in tour in Europa dall’America, come Big Bill un modo per accompagnarle sulla chitarra, almeno non
Broonzy, Sonny Terry e Brownie McGhee… Gli inglesi sulla chitarra ‘folk’. Dimitris, che utilizza una chitarra con
hanno cercato di far proprio quest’uso dello strumento, corde in metallo, e in una foto l’ho visto anche imbraccia-
un uso molto ritmico, anche se gentile, perché non molto re una Martin, aiuta a immaginare una chitarra folk blues
aggressivo; ma comunque molto ritmico come concezio- ma orientaleggiante, con questa direzione mediterranea
ne di fondo. Con quest’uso ostinato del pollice, del basso che può sposarsi alle nostre cose.
alternato o anche non alternato, ma che è un modo di far
‘camminare’ il pezzo. Alcuni dei miei favoriti partendo da Grazie Aronne di questa segnalazione e di averci
lì sono Skip James, Blind Willie McTell e poi, arrivando reso partecipi del tuo percorso di ricerca, aprendoci ad
in Inghilterra, Nick Drake, Bert Jansch, Martin Carthy, ambiti poco conosciuti per la chitarra acustica!
John Renbourn…
Musica Muta
Un duo strumentale
che canta
di GABRIELE LONGO
ph. Riccardo Bostiancich
S
iamo ancora a Tricesimo nella seconda giornata, rare melodia e accompagnamento meno come elementi
sabato 25 settembre, del festival Madame Guitar, e da tenere divisi, bensì tendendo a rimescolarli, a tenerli
ho appena finito di ascoltare il set di un duo chi- meno separati e netti rispetto ai nostri ruoli iniziali.
tarristico di grande impatto e musicalità: Musica Muta. M.R.: Certo, questa evoluzione è partita dalla com-
È formato da due giovani chitarristi perugini, Rachele posizione dei brani originali che fanno parte del nostro
Fogu e Michele Rosati, che con le loro chitarre acusti- primo CD, Musica Muta. Crescendo il nostro affiatamen-
che, due splendide Maton EBG808, sviluppano un sound to, sono cresciute anche le idee che ci sono venute e il
pieno, ricco di dinamiche, picchi, cambi di tempo, inser- modo di utilizzare le chitarre. Di conseguenza la barriera
ti, contrappunti, il tutto giocato sull’alternanza di ruolo netta, accompagnamento da una parte e solista dall’altra,
solista/accompagnatore, così da sviluppare una ricchezza si è andata via via assottigliando, per cui è stato piacevole
armonica e melodica di assoluto pregio. Il pubblico ha riuscire a integrarci ancora meglio. Spesso, anche se non
avvertito fin dal primo approccio queste peculiarità, tanto sempre, contaminiamo anche con qualche pedale, con
da non aver sentito minimamente la mancanza della voce qualche sonorità, qualche loop creato al momento, qual-
umana – e da qui la scelta del loro nome – anche in quei che percussione di piccoli fraseggi.
pezzi che propongono hit famose cantate e che, nella loro
versione, suonano e ‘cantano’ alla grande. Oggi mi sembra che abbiate suonato tutto dal vivo.
M.R.: Sì, sì, tutto dal vivo, giusto un po’ di riverbero.
artisti
un’idea musicale, la si sviscerava insieme cercando subito superato un momento di blocco, e in quel momento ab-
di farla ‘suonare’, per farcela piacere al nostro orecchio, al biamo provato un grande entusiasmo per la piega positiva
nostro modo di sentire; per cui ognuno si spendeva nel che stava prendendo il brano.
dare consigli e suggerimenti, magari a volte accettando
l’idea e altre volte rifiutandola. Ma sempre comunque in Michele e Rachele, ci parlate del vostro background
modo molto spontaneo e democratico… accademico, se c’è?
M.R.: Sì, c’è. Io sono il più grande d’età. Ho fatto un
percorso di studi classici al conservatorio di Perugia in
clarinetto, mentre la chitarra la portavo avanti per passio-
«Noi nasciamo come duo acu- ne. Per cui, corsi a Fiesole, corsi a Roma… Ma chitarra
stico che suona cover rivisitate, è sempre stato uno strumento che sentivo mio. Per una
per cui il nostro obiettivo all’i- differenza sostanziale: il clarinetto è uno strumento mo-
nofonico, mentre la chitarra è uno strumento polifonico,
nizio era quello di ‘togliere la e a me piace l’armonia. Questo quindi il mio percorso. Da
voce’: non avevamo bisogno lì anche il mio amore per l’insegnamento, tenendo stretto
però il mio essere musicista e chitarrista. Non abbando-
del cantante.» niamo la nave!
R.F.: Michele ed io ci siamo conosciuti a lezione, per-
ché io ero una sua allieva e lo sono stata per diversi anni.
Siete severi con voi stessi e con l’altro? Poi ho frequentato il conservatorio di Perugia e quest’an-
R.F. e M.R.: Sì, sì [ridendo entrambi], moltissimo! no concluderò il biennio superiore, dopo essermi laureata
R.F.: Facciamo prove molto lunghe, e verso la fine si in chitarra jazz. A proposito del mio solismo, devo dire
accendono un po’ gli animi, a volte l’energia nervosa si fa che esprimerlo su di un tappeto armonico come quello di
sentire! Michele mi rende molto tranquilla.
M.R.: Ma è normale. Non è un volersi male, assoluta- M.R.: Rachele ha il ‘talento’, poche volte capita. Tante
mente no, non è un condannare ciò che sta facendo l’altro. persone suonano e suonano benissimo. Però quando c’è
Significa cercare di dirsi: «Ma non mi capisci? Sembra quel qualcosa in più, che è una questione di sensibilità di
ovvio, no?» come s’intende la musica e di che tipo di approccio uno
ha, non ce ne sono tantissimi in giro. Bene, io ricordo la
È successo, invece, che l’altro abbia dato la scintilla prima volta in cui ho visto Rachele con la chitarra e l’ho
per sbloccare l’impasse in cui vi siete trovati? invitata a suonare qualcosa: nel giro di Sol o di Do che
M.R.: Sì, assolutamente. In “Tra”, che è il nostro pri- suonò, io capii subito che tipo di approccio lei aveva con
mo brano composto e il secondo nella tracklist del CD, la musica. E il seguito è stato tutto molto semplice per me.
Michele Rosati
M.R.: «Si sente la voce!» Si sente ma non c’è: per noi Dove avete suonato di recente?
è stato un grosso complimento quel riconoscimento del R.F.: Questa estate in provincia di Roma, all’aperto
nostro lavoro, che era riuscito a trasmettere con la sola a Carpineto Romano e a Tolfa. La prossima settimana
musica le vibrazioni che normalmente arrivano quando andremo a Blera, vicino a Viterbo.
c’è il cantante o la cantante. Sai, molte volte il cantante, il M.R.: A questo proposito ci fa piacere indicare il
cantautore arriva con la chitarra, s’accompagna bene, tut- nostro sito web, www.musicamuta.com, dove chi è inte-
to bello. Ma sembra che questa chitarra serva solo a soste- ressato troverà un po’ tutto di noi, compreso il video del
nere la voce, mentre la chitarra è uno strumento dalle sfu- primo brano del nostro CD Musica Muta, che s’intitola
mature ampissime: può sostenere, può diventare solista, “Il vuoto”.
può diventare percussione, può diventare tante cose. E a
noi piaceva svelare pian piano tutti questi aspetti. Consa- Bene, grazie a Rachele Fogu e Michele Rosati della
pevoli di non scoprire nulla di nuovo, dopo che tantissimi piacevole chiacchierata, e in bocca al lupo per la vostra
prima di noi l’hanno già fatto, però questo era il nostro carriera artistica!
obiettivo. Infatti a volte, come diceva prima Rachele, ci
chiedevano: «Ma chi canta di voi due?» Quando andiamo
Fiore &
Massarutto
Un duo old-time al
passo con i tempi
di GABRIELE LONGO
ph. Riccardo Bostiancich
A
ndrea Fiore & Gianni Massarutto formano da Bristol in Inghilterra e all’Asia Pacific Harmonica Festi-
vent’anni un sodalizio artistico che hanno chia- val di Taipei a Taiwan.
mato Old-Time Duo. Da tempo compiono una
ricerca sulle origini della musica americana, quella che Li ho incontrati prima della loro esibizione al teatro
andava sviluppandosi intorno alla seconda metà dell’800, Garzoni di Tricesimo nell’ambito della terza e ultima se-
quando il confine tra country, folk e blues non era anco- rata di Madame Guitar.
ra ben definito e tutto faceva parte di una musica che si
manifestava attraverso l’incontro di musicisti provenienti
un po’ da tutto il mondo. Il progetto del duo è proprio L’intervista
quello di recuperare sia le canzoni che nascevano in quel
periodo e che oggi fanno parte del repertorio dell’old-time Potete raccontarci com’è nato e come si è sviluppato
music, sia l’uso di strumenti poveri usati al tempo come il il vostro progetto artistico?
washboard, i cucchiai, le ossa. Andrea Fiore: Gianni ed io ci conosciamo da tantis-
simo tempo. Abbiamo cominciato entrambi con un per-
Andrea Fiore è il cantante e polistrumentista del duo. corso attorno alla musica del Mississippi, come fanno un
La lunga lista di strumenti che suona comprende la chi- po’ tutti all’inizio. E poi, forse perché io sono piuttosto
tarra, il mandolino, il banjo, l’ukulele, il flauto, la batte- eclettico, sono andato alla ricerca di altro. Sai, uno dopo
ria e gli strumenti poveri citati. Ha collaborato con varie un po’ si stufa di fare sempre le stesse cose. E così, con-
formazioni della zona di Pordenone: con l’associazione frontandoci, abbiamo deciso di andare a ritroso per capire
Takam ha inciso un CD dedicato alle percussioni etni- come si era formato questo incrocio di situazioni musica-
che, con il trio blues Yazoo il CD Blues&Roots, e con gli li, fino a comprendere la musica rock. Tutto per cercare di
Armonauti Juggin’ Along. fare chiarezza sugli stili che ci giravano intorno, cercando
Gianni Massarutto è armonicista e ha suonato con di non fermarci alle etichette costruite dai critici musicali.
diverse formazioni come Iatitaia Blues Band, Doctor Insomma, per tentare il recupero di una musica popolare
Love Band, Yazoo, Honky Tonk Trio. Ha partecipato ai autentica, non quella ‘accademica’ presentata da un artista
seminari di armonica a Trossingen in Germania e, in se- davanti al suo pubblico. Io faccio sempre questo esempio
guito, è stato chiamato come relatore sulle nuove tecniche durante i nostri workshop: presento le mie canzoni citan-
dell’armonica in tutta Italia. Ha collaborato con numerosi do il film Titanic di Cameron, quando il protagonista in-
artisti tra cui Tre Allegri Ragazzi Morti, Jimi Barbiani, vita la ragazza a scendere dalla prima alla terza classe del
Massimo De Mattia, Mauro Ottolini e Claudio Coja- transatlantico per festeggiare un matrimonio, mangiando,
niz. Nel 2014 ha partecipato insieme al chitarrista blues ballando e ascoltando musica popolare dal vivo. L’occa-
Marco Naffis all’International Blues Challenge a Mem- sione è il cibo, la festa, il matrimonio, e dopo c’è la musi-
phis, esperienza che gli ha dato la possibilità di registrare ca. Ecco, noi cerchiamo di recuperare quel tipo di musica
a Clarcksdale il primo CD del duo Naffis & Massarutto che rispecchia le varie fasi storiche di una nazione, di un
intitolato Tin Cup. Con il trio di armoniche degli Armo- popolo. Quindi strumenti poveri, i cucchiai, le ossa…
nauti ha partecipato a vari festival dell’armonica, a Pärnu E sì, perché a fine cena uno prendeva le ossa spolpate
in Estonia, a Helmond in Olanda, al Festival Avsenik di e cominciava a batterle tra di loro per tenere il tempo.
Begunje in Slovenia, al National Harmonica League di Questi strumenti poveri vengono chiamati crotali, sono
artisti
Possono essere due piccoli dischi di metallo sbattuti tra mi del ’900 avviene la prima importazione di armoniche
di loro, oppure cucchiai o appunto ossa. Sono strumenti dalla Germania in America. La Hohner, appunto di ori-
che risalgono alla preistoria, a dimostrazione che l’uomo gine tedesca, è una piccola fabbrica che rischiava di es-
ha insito il senso e il bisogno del ritmo, di fare ritmo con sere soppiantata da quelle più grandi esistenti in Austria
qualcosa che sia l’estensione delle mani. Ci sono testimo- e Germania stessa, ma ha trovato questo sbocco, questo
nianze dei crotali dall’Australia, dall’Egitto, dall’Irlan- mercato nuovo. E da lì un continente intero in cui dif-
da, per poi emigrare negli Stati Uniti. Lì, con tutto quel fondersi.
crocevia di etnie e religioni, sono nati i primi spettacoli
realizzati da bianchi con la faccia dipinta di nero, dove
la musica ha cominciato ad avere un ruolo importante Andrea Fiore
e dove i crotali di ossa hanno fatto la loro prima appari-
zione. Quegli spettacoli erano i cosiddetti minstrel show,
spettacoli fatti di sketch comici, danze e musica, dove i
neri venivano rappresentati in maniera molto caricatu-
rale. Benché fossero spettacoli dalle forti tinte razziste,
ciò nondimeno furono importanti perché stimolarono un
certo interesse dei bianchi nei confronti della cultura e
delle tradizioni afroamericane. La formazione tipica per
suonare nei minstrel show verso la metà dell’800 era con il
tamburino, il violino e il banjo. Non molto dopo, gli stessi
neri si sostituirono ai bianchi in questo tipo di spettacolo.
Ecco, la nostra ricerca si basa sostanzialmente a partire
dalla musica di questi spettacoli.
Molto interessante. E ditemi, la chitarra e l’armo- Un po’ quello che è successo con la Martin per le
nica come e quando si collocano in questo percorso a chitarre.
ritroso di cui mi state parlando? G.M.: Eh sì, esattamente.
A.M.: Perché la cultura musicale popolare che nasce
in America è diversa dalla nostra. Noi l’avevamo e l’ab-
Gianni Massarutto
biamo persa, a favore di quella cosiddetta ‘colta’.
G.M.: In America tutti suonano uno strumento, e an-
che più di uno strumento. Per cui è più facile che vengano
fuori tanti talenti.
disposta ad ascoltare in silenzio. E questo per noi è abba- armonicisti diatonici. Adesso il nostro livello si è elevato
stanza frustrante. Ci capita a volte di suonare nella natura, di molto, e ne ha tratto giovamento tutto il contesto mu-
in luoghi all’aperto nell’ambito di passeggiate naturalisti- sicale in cui opera l’armonica.
che, e lì allora troviamo la giusta disponibilità all’ascolto. E
naturalmente suoniamo nei festival come Madame Gui- Infatti, a questo proposito, devo dire che il vostro
tar. A noi piace anche poter spiegare quello che facciamo. interplay è veramente di alto livello, complimenti!
G.M.: Grazie, sai sono venticinque anni che ci fre-
quentiamo.
A.M.: Poi, essendo Gianni un solista, ha più occasioni
«Ci capita a volte di suonare di suonare in giro. Io, invece, sono più con l’idea del ricer-
catore, e sono affascinato per esempio dall’Orchestra di
nella natura, in luoghi all’a- Piazza Vittorio…
perto nell’ambito di passeg-
giate naturalistiche, e lì allora Fantastica!
A.M.: Sì, e io avrei anche il pallino di mettere su un’or-
troviamo la giusta disponibilità chestra multietnica; ma questa è un’altra storia. Per me
all’ascolto.» sarebbe un viaggio a ritroso. La musica che ho suonato
per tanti anni, dall’America sta tornando in Europa, in
Africa. A me piacerebbe sperimentare un ‘contromiscu-
glio’…
Vi spostate dal Friuli? G.M.: Il periodo storico che stiamo vivendo, con
G.M.: No, il nostro duo suona solo in zona. Però io l’attuale fenomeno delle migrazioni, è propenso a que-
ho suonato anche in America, in Europa, a Taiwan, in- ste contaminazioni, così come avvenne nel periodo
somma ho girato parecchio perché collaboro in diverse dell’old-time. Abbiamo una grande occasione da cogliere,
situazioni musicali. non dobbiamo perderla.
A.M.: Con un grande ostacolo, però: la globalizza-
Gianni, puoi parlarci delle diverse armoniche che zione ha ucciso tutto; le persone non conoscono più la
suoni? propria cultura. Ci domandiamo spesso: qual è la cultura
G.M.: Io suono le armoniche diatoniche, mentre quelle popolare attuale dei nostri Paesi? La parte colta è rimasta,
con il pulsante sono le armoniche cromatiche, che altro non ma quella popolare?
sono che due armoniche sovrapposte: tramite il tasto si apre
la porta verso l’armonica di sotto, e questo ti consente di suo- Capisco che ciò può rappresentare una difficoltà
nare tutti i semitoni e di fraseggiare in modo molto più ricco. in più, ma sono sicuro che la vostra esperienza pluri-
A.M.: Ma Gianni ha studiato l’armonica diatonica decennale, unita alla grande passione, vi porterà a ri-
per poterla suonare come la cromatica! mescolare le carte e a raggiungere una nuova musica
old-time al passo con i nostri tempi.
In effetti Gianni ha una destrezza notevole, fa sen-
tire molte sfumature melodiche e armoniche impensa-
bili a prima vista!
Oliver
DiCicco
Un fonico della
vecchia scuola
di DANIELE BAZZANI
www.danielebazzani.com
D
i chiara origine italiana, Oliver Di Cicco è un farlo da me, così pensai: «Be’, forse dovrei avere uno stu-
ingegnere del suono della vecchia scuola, quella dio mio», ma non avevo idea di cosa stavo facendo. Sul se-
totalmente analogica, e in particolare delle regi- rio, non avevo mai neanche visto il cavo di un microfono!
strazioni dal vivo. Dal suo studio, fra gli anni ’80 e ’90
sono passati un po’ tutti, da Michael Hedges a Bill Frisell, Di che anno parliamo?
dal nostro Beppe Gambetta a Henry Kaiser. Particolar- 1976. Tu forse neanche eri nato!
mente esperto di quello che viene definito recording in
place, cioè la registrazione talmente ben fatta che è prati- Lo ero, purtroppo!
camente il disco già finito, ha servito alcuni dei nomi più Quindi con due registratori Revox aggiunsi un po’ di
importanti del panorama jazzistico americano, musicisti soldi e completai il setup per essere in grado di lavorare.
che spesso registrano i loro dischi quasi come fossero dei Con quattro tracce potevo registrare la band che suona-
concerti. Con l’introduzione del digitale ha perso interes- va live e avere anche due tracce per le sovraincisioni. Le
se nel lavoro che faceva e ha dismesso lo studio. Ci rac- tracce diventarono sedici, rifeci lo studio diverse volte e
conta un po’ dei segreti appresi negli anni per registrare la lo resi idoneo a registrazioni di musica acustica. Comprai
chitarra acustica. attrezzatura investendo quello che guadagnavo e la cosa
si fece più seria. Avevo un banco Neve 8068, che è fanta-
stico, e uno Studer a ventiquattro tracce, dunque il meglio
L'intervista dell’analogico in quel momento.
Ciao Oliver, grazie di essere qui. Sappiamo che hai Quindi tutto prima dell’avvento del digitale.
origini italiane, ma l’intervista sarà in inglese, che ne Sì, quando il digitale è arrivato io sono uscito, per così
pensi? dire. Quando la gente arrivava in studio con gli Adat ho
È meglio così! capito che sarebbe cambiato tutto e ho perso interesse.
Durava da ventotto anni e avevo già dato molto, volevo
Vuoi dirci qualcosa della tua storia musicale? Hai fare altro: compongo musica sperimentale, ho costruito
dei crediti fantastici fra i tuoi dischi. una serie di strumenti inventati da me e ho fondato un
Non avevo idea che avrei avuto uno studio. Negli anni gruppo chiamato Mobius Operandi che li suonava, ma è
’70, al college, ero interessato alla musica elettronica e lì diventato difficile avere concerti e adesso faccio sculture
avevano un synth Moog. C’era un corso di musica elettro- di suono cinetiche, quindi ancora produco suoni ma non
nica che facevano in pochi e riuscii a entrare, così iniziai li registro, in effetti non ho più nulla per registrare.
a registrare il synth sui registratori a nastro, componendo
cose sperimentali. Hai al tuo attivo dischi di musicisti incredibili,
Per farla breve, quando mi spostai a San Francisco come Bill Frisell. Per esempio Quartet, che è uno dei
dalla East Coast, avevo due registratori a nastro e un pic- miei preferiti, è stato fatto da te. Molta della tua produ-
colo mixer, che avevo costruito utilizzando parti di altre zione è comunque acustica, anche se non solo chitarra.
macchine, con cui registravo la mia musica. Nel momento Sì, il lavoro spesso era quello di preparare tutto e regi-
in cui persi il lavoro conobbi dei ragazzi che dovevano strare direttamente: missando dal vivo, se i musicisti sono
registrare. Io avevo uno spazio dove provavo e vennero a così bravi in un giorno hai il disco finito. Quando devi re-
artisti
riesce a suonarla diventa un altro lavoro. Io ho fatto cose di prossimità e l’eccessivo build-up di frequenze basse, e
agli estremi, dal punk rock dei Dead Kennedys a Henry l’altro fra il dodicesimo tasto e l’attaccatura del manico,
Kaiser e Fred Frith che è jazz sperimentale. per prendere anche un po’ di suono delle dita. Quindi era-
Parte tutto dal musicista e dalla canzone: se entrambi no abbastanza vicini fra loro.
sono buoni, dico sempre, non devi poi fare molto! E un Poi avevo due diaframma largo, tipo Neumann U 87,
buono strumento, anche se devo dire che un grande mu- a circa tre metri da lui e l’uno dall’altro. Formavano un
sicista con uno strumento mediocre resta lui, ma non si triangolo e servivano a dare un po’ di respiro al suono e,
può dire il contrario. Quindi si parte dalla fonte, sempre. come ti dicevo prima, potevano andare al riverbero. Poi,
Il mio lavoro è cercare di catturarla nel modo più fedele spesso, erano posizionati all’estremo del fronte sonoro:
possibile e per fortuna avevo ottimi pre e bei microfoni. spingevamo molto il Left e Right per ingrandire il suo-
Quindi ho sempre cercato di non mettermi in mezzo, no. A volte, invece, usavamo quello che chiamano coinci-
di non dare uno stampo mio al suono: hai il musicista e dent pair o ‘X/Y’, due microfoni cioè che quasi si toccano,
il tuo lavoro, se lo fai bene, è quello di restare invisibile. ma sono angolati a quaranta gradi in direzione opposta
Se devi iniziare ad aggiungere troppe ciliegine sulla torta, (come a formare una ‘v’): ottieni comunque un’immagine
dopo ci sono solo quelle e non c’è la torta. Dunque la stereo, ma io di solito preferisco l’altro sistema.
chiave è avere la fonte giusta con buoni pre e microfoni
adatti, e hai tutto. So che il digitale ha fatto passi incredi- Hai anche missato il brano o solo registrato?
bili e molti lo usano, ma non ne so nulla. Ti dirò comun- Credo che lo abbiamo anche missato. Dovrei aver al-
que questo, che potrà interessare i lettori: ricorda sempre largato molto lo spettro sonoro già dai due microfoni vi-
che la catena di registrazione è forte quanto il suo punto cini, anche se non del tutto, e poi separato completamente
più debole. i due della stanza, per allargare più possibile lo spazio da-
Se hai un grande microfono e un preamplificatore che vanti a chi ascolta. Se c’era un pickup era sicuramente al
fa schifo, il suono sarà più verso la qualità del secondo che centro del mix, molto basso, per dare corpo e aggiungere
del primo. corpo e attacco al segnale: è quello che facevo molto spes-
so, credo sia andata proprio così.
Torniamo alla chitarra. Tu sei in qualche modo col- Però poi c’è il momento. Io avevo le mie tecniche, ma
legato a Aerial Boundaries di Michael Hedges, un disco non è detto che funzionassero sempre. Se chiedi a cinque
fondamentale che io chiamo il ‘Kind of Blue della chi- fonici diversi come si registra una cosa potrebbero darti
tarra acustica’. cinque risposte diverse e sarebbero tutte giuste. Per que-
Io in realtà ho registrato un solo brano. È stato ripreso sto posso suggerire di non aver paura: provate ogni cosa,
in quattro studi diversi. Steven Miller lo produsse e non anche la più strana, potreste scoprire qualcosa di diverso
ricordo moltissimo. Era trentotto anni fa, ora che ci pen- che suona bene.
so… Ricordo che Michael era un ragazzo fantastico e il Quello che so è che mi piaceva ottenere ‘il suono’ e
suo uso delle accordature aperte e del tapping era davvero poi metterlo su nastro, non registrarlo flat e poi equa-
innovativo per il tempo. Quello che ricordo di certo è che lizzare dopo: non funziona quasi mai, devi sapere a cosa
aveva un suono fantastico, qualsiasi cosa suonasse. stai puntando. Molti tecnici del suono lavorano al con-
Io, di solito, registravo l’acustica solista con due mi- trario, ma io ho sempre trovato che, se punti a qualcosa
crofoni a condensatore piuttosto vicini alla chitarra e due da subito, anche la musica cresce in maniera diversa e alla
più distanti per prendere il suono della stanza, missandoli fine dovevi solo mettere i faders tutti alla stessa altezza,
successivamente. Lui aveva un pickup interno, quindi ab- aggiungere un po’ di riverbero e il grosso del lavoro era
biamo sicuramente usato anche un suono diretto. Magari già stato tutto fatto. Era il modo in cui creavo quest’illu-
potevi usare i microfoni della stanza e mandarli al river- sione registrando: facevo quasi solo lavori di questo tipo,
bero, la diretta in un chorus o un effetto simile, ottenendo si chiama recording in place.
uno spettro molto ampio: puoi ottenere un suono davve-
ro grosso in quel modo. Dipende molto dall’artista e dal
produttore, da cosa hanno in mente.
Essere un tecnico di registrazione e far capo a un pro- «Se i musicisti sono bravi in un
duttore è come se nel cinema fai le riprese ma poi c’è il giorno hai il disco finito. Quan-
regista che ha una visione e decide. Fare il cinematographer do devi registrare cinquanta
è cercare di catturare quella visione. Se ci pensi il micro-
fono è come la lente di una cinepresa: sente i suoni diversi volte una parte perché il musici-
da come li sentiamo noi, allo stesso modo in cui una cine- sta non riesce a suonarla diven-
presa non vede le cose come le vediamo noi.
ta un altro lavoro.»
Ottima analogia! Ricordi che microfoni usasti?
Sì, credo fossero due Neumann KM 84 da vicino: era-
no stati modificati da Klaus Heyne e la sua compagnia E i pre usati erano quelli del banco Neve?
German Masterworks. I KM 84 sono microfoni bellis- Non avevo ancora la console Neve all’epoca. Quan-
simi: ne ho messo uno a circa quarantacinque centimetri do registrai Michael avevo una console Auditronics, fat-
dalla chitarra, fra il ponte e la parte larga della cassa, un ta negli USA, credo a Nashville: aveva un segnale molto
con quattro bande e due frequenze per banda. Non era stato suonato! Stai creando un’illusione ed è simile a ciò
molto ‘radicale’. che avviene in altre forme come il cinema o la fotografia:
stai solo cercando di riprodurre qualcosa che però non
Simile alla Trident? esiste più, quindi è un’illusione.
Simile, ma la Trident era più aggressiva e potevi fare E poi dipende da cosa stai creando. Se le registrazioni
molto di più con i controlli di tono. I Neve avevano molte durano un paio di mesi con molti musicisti diversi non
più frequenze e i preamp sui banchi Neve credo siano i c’è neanche un evento, se hai una jazz band dal vivo è
migliori in assoluto sulle console. Avevano dei grandi tra- tutto diverso, quello è il momento. Devi rendere giustizia
sformatori che davano questo suono unico, molto grosso a ogni strumento, riprenderli il meglio possibile, essere
e ricco di armoniche, e il segnale che passava aveva una sicuro che abbiano la giusta definizione e separazione per
banda che arrivava fino a 40 kHz, quindi molto aperta in poterli missare bene alla fine e fare in modo che si senta
alto e comunque molto ricca. Ecco perché costano così tutto.
tanto. So che molti ingegneri oggi hanno venduto tutto
e missano con un portatile, ma non so se ci siano plugin Oggi ognuno può avere un piccolo studio in casa e
che possono dare quel risultato. Certo che in registrazio- se ci pensi è molto simile a quello che facevi tu: devi
ne quello è un valore aggiunto incredibile. sistemare un microfono e suonare nel miglior modo
E ricorda che noi registravamo su nastro. Se il chitar- possibile. Che suggerimenti puoi dare a chi prova a fare
rista diceva che voleva rifare il solo, io gli dicevo: «Cer- da solo? Un microfono o due, per esempio?
to, ma cancelliamo il precedente», quindi ci pensava due Se sono due suggerisco che siano uguali. Io ho sem-
volte prima di rifarlo! Oggi ne fai quaranta e poi non sai pre preso microfoni a coppia. Se puoi averne solo uno
quale scegliere. Chi decide cosa tenere? Stai solo riman- e devi fare voce e chitarra suggerirei un condensatore a
dando la decisione, tanto vale farlo bene la prima volta! diaframma largo: puoi farci di tutto. Se ti serve solo per
A me è sempre piaciuto vivere il momento musicale. Se la chitarra allora una coppia di quelli a diaframma stretto
riascolti tutto dopo una settimana suona tutto diverso: sono eccellenti, ma se hai bisogno di farci altro sulla voce,
hai perso quell’attimo. Non credo che saprei lavorare così. ad esempio, non funzionano un granché.
Oggi credo che le schede audio vadano bene e ma-
gari, oltre a un buon microfono, un preamplificatore con
equalizzazione potrebbe aiutare a modellare il suono, se
«Oggi, con il digitale, ci vo- ne avessi bisogno.
gliono trenta secondi a fare
Piazzamento del microfono?
cose che a noi richiedevano Questo è uno dei veri cardini di tutto. Se hai un con-
una giornata. Il missaggio densatore cardioide devi sapere che se sei molto vicino alla
fonte l’effetto di prossimità aumenta le frequenze basse,
analogico era invece una quindi non puntare il microfono direttamente alla fonte
performance come quella di
chi suonava: se missavi bene
un brano una volta in tempo
reale non era detto che poi lo
potessi ripetere!»
artisti
vanti alla buca, dove c’è quasi solo rimbombo e poco suono.
L’altro fattore chiave è la stanza. Se una stanza è ‘mor-
ta’ non avrai rientri sul suono, ma il musicista potrebbe
non divertirsi poi troppo a suonare, quindi se nella stanza
ci sono molti punti ‘di rottura’, superfici riflettenti e altre
assorbenti, insomma se la stanza suona bene e in maniera
organica, se metti bene i microfoni dovresti sempre avere
un buon suono finale. Ci sono storie di grandi band che
hanno affittato grossi casali per fare i dischi e hanno spe-
rimentato di tutto, tipo: «Sentiamo come suona la chitar-
ra in bagno!» Cose così…
Crocodile
Rock, un libro
su musica e
animali
Intervista a Ezio
Guaitamacchi
di RENO BRANDONI
L
e storie sono fatte di tanti particolari e nessuno, de che uniscono il mondo della musica e il mondo degli
come Ezio Guaitamacchi, è in grado di coglierne animali – ci sono storie bellissime, curiose, interessanti,
le diverse sfaccettature e farci su un libro. L’argo- anche piene di contenuto. Tutto questo, come racconto
mento è sempre lo stesso: la musica. Ma cambia la pro- nell’introduzione al libro, mi ha fatto ritornare indietro di
spettiva, l’interrogativo che genera quel filo logico che quasi trent’anni, quando all’inizio degli anni ’90, insieme
permette all’idea di svilupparsi. Anche il più ingenuo det- a Greenpeace, avevo organizzato un festival a Milano che
taglio può diventare l’inizio di un percorso da svolgere e si chiamava “Musica e Natura” e che, in tempi non so-
analizzare. Il vestito di tutto questo non è un raffazzonato spetti, cercava di unire il mondo delle sette note a quello
contenitore di frammenti e idee, ma un elegante e orga- dell’ambiente, dell’ecologia, dell’animalismo. Quella ma-
nizzato involucro di carta patinata e di colori sfavillanti, nifestazione mi offrì la possibilità di entrare in contatto
che mette in dubbio la rivoluzione digitale: tanto bello con diversi ospiti italiani e internazionali, che portavano
è, da sfogliare e leggere. Così, capitolo dopo capitolo, il progetti volti a unire questi due mondi, da Paul Winter
viaggio non si ferma e ci riserva nuove sorprese. ad Andrea Centazzo e a Walter Maioli, il musicista e mu-
sicologo che ha curato la prima sezione del libro, che non
a caso ha voluto intitolare “Musica e Natura”.
L’intervista
In effetti nessuno ci pensa, ma una delle prime can-
Ciao Ezio, grazie alla tua prolificità editoriale or- zoni che s’imparano è “Nella vecchia fattoria”, che di
mai sei un habitué di queste pagine. Ed è sempre in- animali ne elenca in quantità. È un modo di avvicina-
teressante fare due chiacchiere con te. Sinceramente, re i bambini alla musica e può rappresentare la base di
ogni volta penso che tu ti sia superato: i tuoi titoli ac- questa conoscenza anche per le loro esperienze musi-
cattivanti annunciano contenuti ancora più affasci- cali future?
nanti. Sembra che originalità e ricerca siano alla base La storia di quel brano, che non sono in molti a sa-
della tua attività. Il tuo ultimo Crocodile Rock conferma pere, risale a parecchio tempo fa. Noi nel libro cerchia-
questa tesi: musica e animali, storie, aneddoti e curio- mo di spiegarlo. Si tratta di una canzone per bimbi, una
sità. Raccontaci della tua ultima pubblicazione: come è nursery rhyme come si definisce nel mondo anglosassone,
nata e come avete sviluppato il lavoro? Perché musica con un’origine non chiarissima, risalente secondo alcuni
e animali? al XVIII secolo. In Italia venne resa popolarissima dal
Il libro è nato da un’intuizione di Antonio Baccioc- Quartetto Cetra, che ne fece una versione meravigliosa,
chi, che firma come coautore: un paio di anni fa venne arrangiandola in modo geniale e facendo salti di tonalità,
da me a propormi un po’ di titoli, tra cui questa idea che di mezzo tono in mezzo tono per ogni strofa. Fu incisa
trovai subito curiosa e interessante. Il lavoro di ricerca, per la prima volta alla fine degli anni ’40 e diventò un
assemblaggio dei dati e di scrittura è durato quasi due superclassico. Certamente è una canzone che può affasci-
anni, durante i quali venivo invaso da informazioni che nare e attrarre l’immaginario dei bimbi, tuttavia piacque
mi mandava Antonio. Io ho semplicemente svolto il ruolo tantissimo anche agli adulti, tanto da venire utilizzata
del regista, cercando di selezionarle, ordinarle, mettendo- come sigla di un programma televisivo dedicato agli ani-
le in forma di storie e non soltanto di elenco di nomi, mali. Dal punto di vista della popolarità, essendo stata
fatti e situazioni, perché – dietro a tante di queste vicen- tradotta in ogni lingua e incisa anche da artisti insospet-
artisti
Presley, giusto per citarne alcuni, è un paradigma del rap- civiltà venivano inseriti all’interno della cassa i sonagli del
porto tra musica e mondo animale. Quanto poi una can- serpente per conferirgli un tono particolare. Non vanno
zone del genere faccia innamorare i bimbi della musica, poi dimenticati gli strumenti a percussione, come i tam-
o addirittura li porti verso l’argomento trattato nel libro, buri fatti in pelle, le cornamuse o le pive, la cui sacca era
è difficile sapere. Certamente, grazie all’alto numero di l’intestino di un animale. Restando su strumenti di questo
suoni onomatopeici, la canzone è molto buffa e si presta a tipo si possono citare i sonagli o le conchiglie. L’osso d’a-
essere ricantata o fatta imparare ai bimbi. Che sia prope- quila è uno strumento considerato sacro nella cultura degli
deutica ad altro lo speriamo, così come ci auguriamo che Indiani d’America. Ce n’è a bizzeffe, e si potrebbe scrivere
non sia totalmente tramontata nella memoria collettiva, un libro solo su questa materia: è uno degli aspetti che
perché fino a un po’ di anni fa la canzone la cantavamo a fanno parte e che vengono approfonditi nella maniera più
memoria, così come sapevamo recitare le formazioni delle divulgativa possibile nella prima sezione del libro.
nostre squadre del cuore.
È vero anche che molti strumenti sono costruiti «Dietro a tante di queste vicen-
con animali o parti di essi. Le corde della chitarra una
volta erano realizzate in budello animale. Gli incroci de che uniscono il mondo della
che sembravano forzati diventano sempre più concreti: musica e il mondo degli animali
puoi farmi altri esempi?
Ci sono innumerevoli esempi di strumenti musicali ci sono storie bellissime, curio-
derivati dal mondo animale, anche perché non scordiamo- se, interessanti, anche piene di
ci che – come viene spiegato nel libro – l’uomo ha impa- contenuto.»
rato non solo a suonare e cantare, ma anche a parlare mu-
tuando i suoni dal mondo animale, dai versi degli animali,
dal canto degli uccelli per quanto riguarda le melodie, dal
galoppo del cavallo o di altri animali che corrono in ma- Anche gli animali producono musica: ci sono vari
niera ritmata per introdurre il concetto del ritmo. È stato interventi di musicisti ricercatori che hanno approfon-
naturale che il mondo animale offrisse anche materiali dito e utilizzato l’argomento. Puoi raccontarci in sinte-
che, grazie alla fantasia dell’essere umano, potessero essere si il loro approccio?
trasformati in strumenti musicali. Sono state citate le cor- Questa credo che sia la parte più interessante, sugge-
de della chitarra, ma allo stesso modo possiamo ricordare stiva e forse meno conosciuta. Al festival “Musica e Na-
– restando nel campo degli strumenti a corde, che sono tura” ebbi l’occasione di incontrare non solo Walter Ma-
il focus principale della vostra rivista – la pelle del banjo ioli, ricercatore che ci ha aiutato nella realizzazione della
oppure il charango, la cui cassa è la corazza di un arma- prima parte del libro, uno dei massimi esperti al mondo
dillo, o banalmente anche l’archetto del violino, i cui ‘fili’ del rapporto tra musica e natura, ma anche Paul Winter,
sassofonista, compositore, musicista americano di straor-
dinaria sensibilità, uno dei primissimi – insieme a Stan
Getz – a unire il jazz alla musica brasiliana. Fu ispiratore
degli Oregon, infatti il suo Paul Winter Consort aveva
inizialmente al suo interno musicisti come Ralph Towner
o Paul McCandless. Nella seconda metà degli anni ’60 e
per tutti gli anni ’70 ha approfondito il rapporto tra musi-
ca e natura, dando vita alla sua etichetta musicale Living
Music: il tutto partì quando assistette a una conferenza di
un oceanologo, il dottor Roger Payne, che aveva registrato
i canti delle balene megattere e aveva deciso di registrarli
su un disco, Songs of the Humpback Whale, che fu un cla-
moroso successo di vendita prima ancora che una coscien-
za ambientalista prendesse piede. Il disco venne allegato
addirittura a un magazine americano, vendendo centinaia
di migliaia di copie, e un estratto di quel lavoro fu man-
dato nel Voyager, dunque spedito verso altre galassie, per
far capire come alcuni animali producano dei canti che
rappresentano uno schema melodico assimilabile a quello
prodotto dall’essere umano. Paul Winter utilizzò quelle
registrazioni, le filtrò per metterle in tonalità, e unì il suo
sax e altri strumenti per creare sinfonie. Fece lo stesso con
l’ululato dei lupi, con il barrito degli elefanti e diede ori-
gine a una vera e propria scuola di ‘sinfonie bestiali’, così
mi piace chiamarle, dove uomo e animali interagiscono
allo scopo di creare una musica bellissima. Ancora oggi,
Winter celebra una Missa Gaia in cui tutti gli animali en- sullo spelling sbagliato: basti pensare ai Monkees [invece
trano in chiesa sulle note di queste composizioni. di monkeys], gruppo semifasullo nato sulla scia di una se-
rie televisiva che ottenne un successo clamoroso, o agli
stessi Byrds, che avevano la ‘y’ al posto della ‘i’. I Beatles
fecero anche in questo caso ‘danni incredibili’, e fu la loro
popolarità a influenzare la nascita di moltissimi gruppi
che si ispiravano al mondo animale. Pochi lo fecero con
cognizione di causa, molti lo fecero come imitazione della
Beatlemania che in quegli anni imperava.
Davide
Pusiol e ‘La
Serenissima’
Una chitarra per
Venezia, una vera
opera d'arte
«C
oncepita e costruita con tecniche tradizionali dalla forma quadrilobata e il magistrale lavoro di Massi-
e arricchita da dettagli architettonici, storici mo Del Col, al quale sono stati commissionati i preziosi
ed artistici tipici di Venezia, ‘La Serenissima’ lavori di intarsio su paletta e tastiera, con la gondoeta al
è l’omaggio che ho voluto fare per celebrare i 1600 anni di dodicesimo tasto, nonché il bellissimo Leone sul fondo
Venezia. Si tratta di una chitarra acustica-archtop 15”, per e il ‘ferro di prua’ della gondola sull’attaccacorde. Davide
la cui realizzazione sono state necessarie più di trecento invece ha inserito centinaia di piccoli tasselli in abalone
ore di lavoro, legni pregiati come pioppo antico fiammato, attorno al body, a formare disegni di una bellezza unica,
ebano e acero, intarsi in madreperla (realizzati da Massi- cangianti a seconda della luce riflessa.
mo Del Col) a riprodurre le decorazioni di Palazzo Du- La chitarra è leggerissima, perfettamente bilanciata
cale e uno straordinario Leone di San Marco sul fondo. Il ed estremamente comoda da suonare. Il timbro è sor-
‘ferro’ della gondola intarsiato sull’ebano dell’attaccacorde prendentemente aperto, legnoso e tipicamente archtop
è un omaggio alla principale imbarcazione di Venezia, ma ma più frizzante, con un volume di emissione superiore
anche a mio nonno gondoliere. La liuteria è un’arte che alla media. Uno strumento inaspettatamente versatile e
si sta perdendo e, nel mio piccolo, il mio impegno ora è perfetto sia per il fingerstyle che per un uso più vigoroso
quello di riportarla a Venezia, magari aprendo in futuro con il plettro, con una voce evocativa in grado di regalare
una scuola internazionale di liuteria classica e moderna. a ogni singola nota o passaggio personalità e calore. La
Ho omaggiato la nascita di Venezia con quello che so dinamica è stupefacente: una archtop che suona sempli-
fare: una chitarra che rappresenta tutta la mia passione e cemente sfiorandola non è cosa da poco, ed è caratteristi-
che si chiama, ovviamente, ‘La Serenissima’.» ca solo degli strumenti di questo tipo di altissimo livello.
Ci si adatta in fretta a ‘La Serenissima’, mentre sembra
Questo è quanto scrive Davide Pusiol sul proprio sito piegarsi al tocco di chi la sta suonando, assecondandone lo
per presentare questa meravigliosa chitarra. ‘La Serenis- stile e restituendone ogni dettaglio e sfumatura esecutiva.
sima’ è un oggetto unico, una vera opera d’arte che si inte- Si diffonde un piacevole senso di equilibrio, che spinge il
gra perfettamente nel contesto dove è stata creata: la città musicista a percorrere nuovi sentieri creativi. Una chitarra
di Venezia. Il piccolo e suggestivo laboratorio di Davide sicuramente non per tutti, e non solo per il costo decisa-
Pusiol si trova infatti tra il Ponte di Rialto e Piazza San mente impegnativo: come ogni strumento ‘di razza’, riesce
Marco, proprio nel cuore della città. Lì sono andato in a esaltare sia pregi che difetti di chi la sta utilizzando; e
visita con grande piacere, per incontrarlo e provare perso- questo ci piace, rendendocela ancora più speciale.
nalmente lo strumento. Non nego che suonare ‘La Sere- Ciò detto, chiedo direttamente a Davide qualcosa di più
nissima’ in questo luogo mi ha regalato grandi emozioni: sulla sua chitarra e sulla sua attività, per poter condividere
da ‘impacciato’ piemontese DOC quale sono, la magia e con tutti voi il risultato di una piacevole intervista condotta
il fascino dell’ambiente mi hanno letteralmente investito, tra deliziosi ‘cicchetti’ veneziani e ottimo Prosecco!
quasi stordito.
Imbracciando la chitarra, poi, non si può non rimane-
re impressionati dalla bellezza del pioppo massello ma- L’intervista
rezzato utilizzato per realizzare la tavola e il fondo, rigo-
rosamente scolpiti a mano. Colpiscono la ricercatezza dei Ciao Davide, un vero piacere incontrarti in questo
dettagli estetici di richiamo gotico-bizantino, i soundport meraviglioso posto! Vuoi parlarci un po’ di te, di come è
strumenti
ad arrivare ad aprire questa tua bottega di liuteria nella Venezia, la città nella quale ho avuto la fortuna di nascere,
città dove sei nato e cresciuto, Venezia? e abitare per 61 anni. Avevo già fatto un’elettrica, a forma
Sarò breve… son cresciuto a pesce e Beatles. Ho suo- di ‘ferro’ di Gondola, e un’acustica con la scritta ‘Vene-
nato la prima chitarra a sei anni – e lì mi son fermato, zia’ intarsiata in madreperla sulla tastiera e una squisita
tecnicamente parlando –, era il ’66. Ho suonato in mil- gondola al XII tasto; prototipi, come tutte le chitarre che
le situazioni diverse, poi da professionista in alberghi e
ristoranti fino ai trent’anni, quando ho smesso di ma-
nomettere (in tutti i sensi) le mie chitarre e ho aperto «La liuteria è un’arte che si sta
un negozio in terraferma, dove potevo finalmente farlo
in maniera professionale. Il trasferimento in terraferma perdendo e, nel mio piccolo,
è stato dettato dal fatto che nei primi anni ’90 i prezzi il mio impegno ora è quello di
degli affitti a Venezia erano alle stelle, a causa del boom
del turismo di massa. Una bottega di chitarre sarebbe
riportarla a Venezia.»
stata un fallimento quasi certo: imperavano i negozi di
paccottiglia cinese, che potevano pagare cifre allucinanti
per le locazioni. Dieci anni di gran lavoro, comunque, tra faccio tra un custom order e l’altro. Ma lo scorso inverno,
importazione e compravendita di strumenti americani di blindato in casa, qualcosa mi ha spinto verso un salto di
alta qualità (erano gli anni del ‘boom’ del vintage) e ore qualità, un cambiamento importante, soprattutto nella
passate in laboratorio a ripararli. Nel 2000 ho cominciato costruzione delle archtop acustiche che amo fare.
a costruire le prime repliche dei ‘classici’, che ormai cono- «Le tue chitarre suonano bene, ma devi curare di più i
scevo molto bene: Tele, Strato, Les Paul, Jazz Bass… Poi dettagli e le finiture»: così un collega mi aveva ‘sistemato
il grande passo con le prime acustiche, inizialmente ‘000’ per le feste’ ad un Guitar Show. Vero. Dettagli. Finiture.
e J-200. Son stati dieci anni intensi: ne ho costruite una Bellezza. Venezia… E quel blocco di pioppo, pesantis-
cinquantina, molte sono negli Stati Uniti, ma anche qui simo [?], sporco, mi guardava da anni da un angolo del
da noi qualcuno suona una mia creatura… e con piacere, mio laboratorio nella ‘campagna’ veneziana. L’abbiamo
a quanto pare. L’amore per le archtop c’è sempre stato, tagliato a metà, e poi aperto in due pezzi ‘a libro’: uno
ma ho osato cimentarmi con la costruzione della prima spettacolo. Raramente avevo visto un pioppo così fiam-
solo sei anni fa, quando mi son sentito pronto per cotanta mato: vecchio, bellissimo, impegnativo, aperto a libro…
sfida. come Venezia, la sua storia e il suo Leone. Nella mente ho
sempre ‘Sinfonietta’, l’acustica-archtop 15” del maestro
Vuoi parlarmi di come è nato il progetto de ‘La Sere- Bob Benedetto, e ho deciso che quel pioppo sarebbe di-
nissima’, di come lo hai concepito e realizzato? Rimar- ventato la ‘chitarra tributo’ alla mia città, nonché un buon
rà, come tua abitudine, un ‘pezzo unico’ o potrà evol- auspicio alla realizzazione del sogno di aprire un piccolo
versi fino a diventare un tuo modello di riferimento? laboratorio in centro storico. Ed ecco che, nello scavare
‘La Serenissima’ è nata in un momento molto parti- la tavola armonica, intraprendo subito la soluzione più
colare, generata da una serie di coincidenze che mette- difficile per realizzare le catene, cioè quella di intagliar-
rebbero in dubbio anche un agnostico come me. Chiusi le direttamente dalla tavola; con una precisione che mi
in casa per tutto un inverno (2020-2021)… da impazzire: avrebbe richiesto un impegno molto maggiore che averle
fortunatamente il mio laboratorio in terraferma è sotto pretagliate e incollate. E poi le decorazioni: poche, sem-
casa e sono stati cinque mesi di intensissimo lavoro, che plici, ma d’impatto.
han fatto sì che arrivasse primavera senza che quasi me Come ogni dettaglio architettonico della ‘città d’ac-
qua’: una finestra ad arco gotico-bizantino, la quadriloba-
tura che ci sta sopra, il ‘ferro’ della gondola… e il Leone,
bellissimo, che comanda sui mari. Chiudo la cassa con
due splendide fasce anch’esse di pioppo (leggero) e instal-
lo un binding in ebano con la pazienza che non ho mai
avuto: piegare l’ebano è una dura prova. Poi, tra l’ebano e
il pioppo, 300 pezzetti di abalone, uno alla volta; altro che
ZipFlex… e pazienza. Intaglio due quadrilobature sulla
tavola, in alto, e una sulla spalla a mo’ di soundport, e le
bordo tutte e tre con un doppio filetto nero-bianco. Il
soundport sulla spalla è sormontato da un arco gotico in
palissandro brasiliano: esagero, però anche ai tempi della
Serenissima si esagerava in bellezza e ricchezza. E ascolto
la tavola, la passo con la rasiera, abbasso le controcurve
finché mi pare si muova bene: suona. Decido che la sound
box è carina, ma manca qualcosa… un Leone. Dove met-
terlo per evitare che diventi invadente? Sul fondo, che
è già bellissimo di suo? Sfoglio le immagini da Google,
Davide Pusiol nella sua 'Liuteria'
scelgo il mio preferito e giro il file al mio amico e mae-
madreperla bianca, gialla e nera, tagliati e perfettamente dei colleghi liutai ai quali ti ispiri e che segui con mag-
incastonati sul fondo curvato, Massimo realizza uno dei giore interesse?
suoi capolavori e lo piazza nella parte bassa del fondo. Ad oggi ho fatto veramente di tutto: elettriche, acusti-
Ed ora pensiamo al manico: decido per una scala 25.5”, che, hollow-body, bassi… Però mi piacerebbe restringere
abbastanza inusuale, ma nel dubbio che il pioppo non l’obiettivo alle archtop. Da quando ho aperto la ‘Liuteria’ a
rendesse abbastanza sulle basse mi è sembrata un buon Venezia, ho capito che questi ultimi trent’anni sono stati
compromesso. Inoltre il ponte viene a trovarsi un po’ più una scuola di versatilità che ora dà i suoi frutti: i clienti
basso e quindi più vicino al centro della tavola, boh… chiedono veramente di tutto, perfino un liuto elettrico…
Un sandwich di tre pezzi d’acero fiammato intervallati e io adoro le sfide. Tempo fa ho costruito un octave man-
da due listelli in noce è sempre una sicurezza: sagomo la dolin archtop per un cliente in Florida, ed un altro dovrò
paletta come una finestra di Palazzo Ducale, la ricopro spedirlo a Nashville… orgoglioso! Sicuramente la mia
davanti e dietro in ebano e Massimo ci intarsia la ‘P’ del ispirazione viene da Bob Benedetto: delle sue chitarre
mio cognome. Ci aggiungiamo un elegante filetto in ma- apprezzo il suono, ovviamente, la semplicità, l’eleganza e
dreperla, che continua su tutta la tastiera curvata a 12”, le misure, spesso contenute, pure le rifiniture.
ovviamente in ebano pure lei. Al XII tasto una gondola Le ‘Sinfonietta’, ‘Bravo’, ‘Bambino’ sono le mie fon-
col suo ‘pope’. Scelgo come sempre delle elegantissime ti d’ispirazione, spartane, leggere, super risonanti… Ma
meccaniche Schertler, pulite, semplici e affidabili; nere e viene anche dal magico Ken Parker, che cito: «L’archtop
con le palettine in ebano: perfette! Costruisco un tailpiece acustica è la forma più versatile di chitarra […] possono
in ebano, lo avvito sulla zocchetta in basso come ormai avere voci differenti, ma appartengono alla stessa famiglia
faccio regolarmente, e costruisco pure in ebano un ponte e personalizzano lo stile di chi le suona». Vedo e sento
regolabile, provvisorio. Uno fisso, definitivo, lo metterò anch’io una notevole differenza tra una archtop che nasce
quando la tavola si sarà assestata, tra almeno sei mesi. ‘acustica’ ed una dedicata esclusivamente al jazz. Con la
prima ci puoi suonare di tutto, avere comunque un suono
originale, amplificandola a tua scelta con pickup magne-
tici, piezo o meglio ancora un buon microfono; con la
«Lo scorso inverno, blindato seconda sei obbligato a usare un humbucker, e il suono
in casa, qualcosa mi ha spin- ‘naturale’ viene completamente appiattito, assimilato a un
unico sound.
to verso un salto di qualità,
un cambiamento importante, Quali sono i tuoi prossimi progetti? Ci sono altre
particolari chitarre sulle quali stai lavorando?
soprattutto nella costruzione Per quanto riguarda la bottega, ci sono già – a solo un
delle archtop acustiche che mese dall’apertura – quattro clienti interessati a costruire
amo fare.» il loro strumento personalizzato. Si tratta solo di definire
design e materiali… sarà un altro inverno di lavoro: bene!
Dal punto di vista della produzione personale, spero di
potermi ritagliare qualche ora per portare a termine una
Coda di rondine, centratura, colla e via. Spruzzo quattro archtop da 15” dedicata alla Pace, con legni di altissima
mani di fondo, carteggio tra una e l’altra. Do un legge- qualità come abete Val di Fiemme di primissima qualità,
ro amberburst che mi piace tanto, e comincio una serie olivo centenario, ebano e intarsi come sempre straordina-
infinita di mani di nitro trasparente, intervallate da 24 ri. Si chiamerà ‘Shalom’.
ore d’asciugatura e metri di carta grana 320. È marzo, ho
cominciato la chitarra in novembre, l’epicondilite deva- C’è qualcosa che vuoi aggiungere per i lettori di
stante – a forza di usare sgorbia e rasiera e carte vetrate Chitarra Acustica?
di ogni grana – guarirà solo a settembre. Mi rendo subito Certo, mi dai un’occasione incredibile: vorrei sensibi-
conto che l’oggetto suona bene, ed è sicuramente ambi- lizzare tutti i musicisti a farsi costruire i loro strumenti ‘su
zioso anche dal punto di vista estetico. misura’ dagli artigiani straordinari che abbiamo in Italia. I
A maggio facciamo delle foto straordinarie con l’ami- grandi marchi sono tutti industrializzati, privi di umanità:
co Maurizio Rossi in una Piazza San Marco deserta e in- strumenti tutti uguali, si comprano, si vendono… e ci si
quietante. A giugno la chitarra viene riconosciuta «idonea rimette sempre. Forse si spende qualcosa in più, ma la ‘vo-
a partecipare alle celebrazioni per il 1600° anniversario stra’ chitarra dev’essere come un abito cucito per voi da un
della Fondazione della Serenissima» dall’omonimo Co- sarto, e non vorrete mai più cambiarla. E contribuirete a
mitato ‘Venezia 1600’ voluto dal Comune. A settembre mantenere vivo un settore che tanto ha dato e può ancora
la presentiamo ai Giardini della Biennale sotto la regia di dare alla nostra Arte. Grandi nomi italiani hanno fatto
Maurizio Trevisan. E apro la ‘Liuteria’ in Calle del Mon- conoscere la liuteria in tutto il mondo. Nel mio piccolo,
do Novo: inutile dire che l’ho chiamata ‘La Serenissima’. vorrei contribuire a riportarla al ruolo che aveva, almeno
Coincidenze… a Venezia.
strumenti
Il Leone di San Marco sul fondo
Martin
SC-13E
Un modello dal
design rivoluzionario
e ricco di innovazioni
concettuali
di MARCO ALDEROTTI
marcoalderotti1966@gmail.com
P
resentata al NAMM 2020, la Martin SC-13E è da Eko e montato sulla serie MIA per molti anni, gra-
sicuramente il modello più particolare prodotto zie all’inventore e depositario del brevetto internazionale
dall’azienda, ricco di innovazioni concettuali e che Remo Serrangeli. In verità i due sistemi si assomigliano
si è imposto all’attenzione per il design rivoluzionario in per il risultato finale, ma le differenze esistono. In parti-
netto contrasto con i canoni costruttivi del brand. colare trovo un’idea geniale, e semplice come tipo di in-
tervento, la barra Shimmer estraibile e in diverse misure.
La SC-13E è infatti una chitarra acustica amplificata In ogni caso, in rete si trovano molti video che spiegano
il cui corpo asimmetrico offre un suono bilanciato e senza
preoccupazioni di feedback, con un comfort straordinario
e una grande sonorità in pieno stile Martin. Il rivoluzio-
nario cutaway, abbinato al nuovo sistema di giunzione del
manico Sure Align, fornisce un agevole accesso ai 20 tasti
disponibili, con una suonabilità paragonabile a una chi-
tarra elettrica.
Disegnata in America ma realizzata negli stabilimen-
ti messicani, la chitarra presenta una tavola armonica
in abete Sitka massello, con fasce e fondo in koa veneer
molto figurato, impiallacciato e con uno strato centrale
di mogano, che abbinato alla splendida finitura lucida
dà vita a un’estetica importante. Tastiera e ponte sono in
ebano, con i segnatasti a forma circolare più un inserto
speciale al XII tasto realizzato in madreperla blu, a ri-
prendere il motivo della rosetta attorno alla buca. Il ma-
nico in hardwood selezionato ha una sezione low profile
confortevole e rilassante nell’uso.
Una delle innovazioni principali sta infatti nell’as-
semblaggio del manico, con una giunzione manico-corpo
costituita da un blocco di metallo fermato da due grosse
viti a brugola, visibili nella parte posteriore del corpo. Ciò
permette, oltre che di smontare il manico in pochi mi-
nuti, di ottimizzare la action a nostro piacimento, grazie
a una barra chiamata Shimmer presente sotto il manico
e visibile all’interno della buca. Si tratta in pratica di uno
spessore appositamente realizzato in diverse misure, per
ottimizzare il setup a proprio piacimento migliorando in-
tonazione e suonabilità.
Ovviamente, nel nostro Paese, questo sistema ha im-
mediatamente ricordato il sistema FastLOK sviluppato
strumenti
zare il setup della chitarra.
Il progetto complessivo, a dispetto delle sperimenta- SCHEDA TECNICA
zioni messe in gioco sul piano costruttivo, promette co-
munque un timbro tradizionale, che si basa sulla classica
incatenatura X-bracing sia sul top che sul fondo, per una
maggiore stabilità e risonanza; questa caratteristica è ben
visibile internamente alla buca con i distintivi listelli in- › Tipo: chitarra acustica amplificata
crociati. Sia il capotasto che il traversino sono in Tusq › Costruzione: Messico
bianco, con una larghezza al capotasto di 44,45 mm. Il › Distribuzione: www.algameko.com
diapason misura 645 mm. La paletta, dal classico design
› Tavola armonica: abete Sitka massello
Martin, ospita sei meccaniche nichelate open gear, funzio-
nali e con una buona tenuta dell’accordatura. Sulla tavola › Fasce e fondo: koa veneer impiallacciato
armonica sono presenti il classico battipenna in finitura › Tastiera e ponte: ebano
nera e un semplice binding color crema misto a fili sottili › Capotasto e selletta: Tusq bianco
sempre in nero, a contornare la parte superiore del corpo. › Larghezza al capotasto: 44,45 mm
La chitarra è amplificata con il sistema Fishman MX- › Diapason: 645 mm
T. Dispone inoltre del secondo bottone per la tracolla ed
› Meccaniche: open gear nichelate
è corredata di una custodia semirigida soft shell, robusta e
decisamente bella a vedersi. › Elettronica: Fishman MX-T
› Prezzo: € 1679 (IVA inclusa)
Per l’azienda Martin non è stato semplice tuffarsi in
un progetto così unico e rischioso. Ma l’ingresso in cata-
logo della SC-13E ha suscitato molto interesse e curiosità
da parte del pubblico e dei tanti affezionati del marchio. Strumento gentilmente concesso per la prova da Niccolai
Una volta imbracciata la chitarra, sono rimasto im- Grandi Magazzini della Musica di Vicopisano (Pisa).
pressionato dalla grande comodità nel suonare, con un
bilanciamento direi perfetto sia da seduto che in piedi.
Strumming e fraseggi solistici si rivelano un divertimen-
to puro, con un manico scorrevole e rilassante che mi fa
sentire subito a mio agio e – ripeto – con un comfort
paragonabile a quello di una chitarra elettrica.
Come si può intuire dalla dicitura del modello, la SC-
13E è una 13 tasti fuori, per cui – grazie anche alla parti-
colare giunzione manico-corpo – arrivare agli ultimi tasti
è di una facilità assoluta.
Il volume da spenta è buono con un timbro degno
della casa, caldo, corposo e presente con un buon sustain
e una discreta dinamica. Usando il thumbpick ho ottenuto
buoni risultati sia su brani in pieno stile Chet Atkins che
su blues acustici.
Il sistema integrato di amplificazione, come detto, è
il semplice e funzionale Fishman MX-T, con i controlli
di volume e tono alla buca; inoltre, sempre dentro la buca
e nella parte inferiore, trova posto un comodo accorda-
tore cromatico da attivare al bisogno. Collegandosi a un
amplificatore specifico, il suono è articolato con tutte le
frequenze a portata di mano, molto naturali nella resa
e senza un minimo di vetrosità. L’asimmetria del corpo
sicuramente aiuta a suonare più forte rispetto a una chi-
tarra standard. Infatti, durante la mia prova, non ho avuto
alcun problema di feedback o di rientri particolari, con
un suono bello e molto vicino alla dimensione unplugged.
Non mi fa gridare al miracolo, ma è in linea con il pro-
getto e particolarmente adatto per accompagnamenti e
interventi solistici.
Takamine
PS3DC-NG
Chitarra versatile,
adatta a strumming e
cantautorato
di MARCO ALDEROTTI
marcoalderotti1966@gmail.com
I
n catalogo nella serie Pro Series Selected e nata dal- Appena estratta la chitarra dalla custodia, rimango
la stretta collaborazione tra la divisione acustica di piacevolmente colpito dall’eleganza e dalla bellezza che
Gold Music e i maestri liutai di Takamine Guitars, la questo modello di casa Takamine mi trasmette. L’ottima
PS3DC-NG è una chitarra acustica amplificata di livel- scelta dei materiali, abbinata allo shape tra i più apprezzati
lo assoluto, nella quale ogni minimo particolare è estre- in assoluto, ne fanno uno strumento ben riuscito e pro-
mamente curato, rappresentando al meglio l’idea di uno fessionale sotto ogni punto di vista. Già nelle prime note
strumento acustico nato per il live e per il musicista in trovo grande definizione e calore, con un leggero riverbe-
cerca di una chitarra affidabile e dalle grandi prestazioni. ro naturale a impreziosire il tutto.
Il volume c’è come pure il sustain, e considerando gli
Dalla forma dreadnought a spalla mancante, la chi- ottimi materiali usati, possiamo attenderci un ulteriore
tarra è costruita in Giappone utilizzando rigorosamente miglioramento timbrico con il tempo. Tra l’altro il setup
legni nobili, con tavola armonica in abete dalle ottime di fabbrica è supervisionato dai maestri liutai Takamine
venature e fasce e fondo in mogano. Con quest’ultimo in Giappone con un’ulteriore messa a punto in Gold Mu-
materiale è realizzato anche il manico, dalla sezione con- sic: infatti trovo ottimo il lavoro svolto, tranne una action
tenuta e rilassante, con un capotasto di 42,5 mm. Ponte e leggermente alta e da ritoccare con l’ausilio del proprio
tastiera sono in palissandro, con i 20 tasti posati, lucidati e liutaio di fiducia. Tengo però a precisare che questo non
rifiniti alla perfezione. Sempre sulla tastiera sono presenti è un punto a sfavore, ma una scelta costruttiva che per-
dei dot concentrici in legno, che a mio avviso si sposano metterà al futuro proprietario di cucirsi a sua misura la
elegantemente con l’estetica generale della chitarra. Ca- suonabilità dello strumento.
potasto e selletta sono in osso, con quest’ultima del tipo Detto questo, trovo la chitarra versatile, adatta prin-
split saddle, che prevede un traversino suddiviso in due cipalmente a strumming e cantautorato, ma interessante
parti a beneficio di una migliore intonazione. La palet- anche su fraseggi solistici e fingerstyle in generale. Il tim-
ta, dal tipico design della casa, è impiallacciata in moga- bro è pieno, con alti canterini e medie ben centrate, ma
no con alle sue estremità le 6 meccaniche Gotoh dorate in generale le frequenze sono tutte a portata di mano e
con rapporto 1:18, morbide, precise e con ottima tenuta molto musicali, con una dinamica più che soddisfacente.
dell’accordatura. Il sistema integrato di amplificazione, il CT4-DX, è
Come da tradizione, la cura nei dettagli è impressio- un preamplificatore a stato solido alimentato da 2 bat-
nante: dalla colorazione naturale in finitura lucida fino terie a 9 volt. Può lavorare in modalità mono e gestire
agli innesti dentro la buca, netti, precisi e senza alcun tipo il singolo pickup Palathetic, oppure – con l’aggiunta di
di sbavatura o colla in eccesso. Sul corpo è presente un una seconda sorgente –lavorare in modalità dual. Sfrut-
binding in ABS color avorio, misto a fili sottili in nero tando la modalità mono abbiamo a disposizione un equa-
a riprendere giustamente il motivo della rosetta attorno lizzatore a 4 bande, 2 filtri Notch che ci permettono di
alla buca. tagliare ben 2 frequenze fastidiose, Master Volume più
Aggiungo infine che la chitarra ha una scala di 644 accordatore cromatico a calibrazione variabile; quest’ul-
mm, è amplificata con il sistema proprietario CT4-DX, è timo può funzionare in modalità bypass, quindi essere
fornita a corredo di una custodia rigida ed è equipaggia- sempre leggibile anche quando stiamo suonando, oppure
ta di serie con un set di corde Dean Markley Blue Steel mandare in mute il segnale della chitarra. Aggiungendo
Acoustic .012-.054. una seconda sorgente, in modalità dual, i controlli ma-
strumenti
cui l’equalizzatore a 4 bande
in questo caso diventa un 2 SCHEDA TECNICA
bande con bassi e alti per il
pickup Palathetic, e bassi e
alti per la seconda sorgente.
I controlli Notch a loro volta
si separano in modo distinto › Tipo: chitarra acustica amplificata
per ogni sorgente, e un magi- › Formato: dreadnought con cutaway
co controllo blend ci permet- › Costruzione: Giappone
te di miscelare i due segnali.
› Distribuzione: www.gold-music.it
Internamente al preamp è
presente un mini interruttore › Tavola armonica: abete massello
da impostare in base al tipo › Fasce e fondo: mogano massello
di funzionamento da noi pre- › Tastiera e ponte: palissandro
scelto. Il preamp addirittura, › Manico: mogano
tramite 2 semplici linguette, › Capotasto e doppia selletta: osso
è estraibile in pochi attimi,
› Larghezza al capotasto: 42,5 mm
con la possibilità di fare velo-
cemente un upgrade dell’elet- › Scala: 644 mm
tronica scegliendo tra i tanti › Meccaniche: Gotoh dorate
sistemi offerti da Takamine. Sicuramente un’idea geniale, › Elettronica: CT4-DX con pickup Palathetic
che anche a distanza di anni ci permette di sostituire il › Prezzo: € 1479 (IVA inclusa)
preamplificatore della nostra beneamata seicorde con un
tipo più nuovo o con caratteristiche differenti.
In amplificazione e sfruttando il solo pickup Palathe-
tic, confermo le doti della chitarra in unplugged, anche se
acquistare separatamente, tra le varie opzioni offerte dal
bisogna prendere un po’ di confidenza con i vari controlli
brand giapponese.
a disposizione. Particolarmente indicata per accompa-
gnare la voce, la chitarra nasce per un intenso uso on the
Chitarra promossa a pieni voti e dal prezzo tutto
road. Qualsiasi regolazione io abbia effettuato, ho sempre
sommato giustificato dalla qualità offerta.
ottenuto dei suoni validi e naturali nella resa, conferman-
do il CT4-DX come un ottimo sistema dalla timbrica
Strumento gentilmente concesso per la prova da Niccolai
ampia e caratteristica. Chiaramente, per alcune tecniche
Grandi Magazzini della Musica di Vicopisano (Pisa).
applicate alla chitarra acustica moderna, trovo quasi in-
dispensabile poter disporre di una seconda sorgente da
Taylor
110ce Walnut
Una chitarra che riesce
a stupire con sonorità
convincenti e degne
della casa
di MARCO ALDEROTTI
marcoalderotti1966@gmail.com
D
al prezzo contenuto, ma dalle caratteristiche alta- mm, sono realizzati in Tusq bianco, soluzione che condi-
mente performanti, la Taylor 110ce Walnut è una vido pienamente per l’attacco pronunciato e l’ottima de-
chitarra acustica amplificata a spalla mancante, finizione. Il manico, dalla sezione contenuta e scorrevole
costruita negli stabilimenti messicani e che si impone nell’uso, è realizzato in sapele con una finitura tendente al
all’attenzione per l’eleganza e i buoni materiali utilizzati. satinato e ben applicata. La paletta, dalla forma ben rico-
noscibile in pieno stile Taylor, ospita 6 meccaniche cro-
Dalla forma dreadnought e appartenente alla serie mate pressofuse, dal funzionamento preciso e con buona
100 di casa Taylor, la 110ce Walnut presenta una tavo- tenuta dell’accordatura. Come da tradizione, e sempre
la armonica in abete sitka massello con fasce e fondo in sulla paletta, è presente il vano per la regolazione del truss
noce stratificato. Utilizzato prevalentemente su chitarre rod, accessibile sotto il coperchio in plastica, oltre al logo
di fascia media, il noce stratificato garantisce un’ottima della casa realizzato sempre in madreperla.
complessità tonale, brillantezza nella gamma alta e otti- La semplicità di costruzione è evidente in molti partico-
ma presenza nella gamma media. A quanto dicono i tec- lari, ma a mio modesto parere non è da considerarsi un pun-
nici Taylor, questo processo di stratificazione garantisce to a sfavore, bensì una scelta costruttiva consapevole, fun-
durata nel tempo e ottime prestazioni complessive, per zionale al progetto di un’ottima chitarra acustica dal prezzo
una soluzione conveniente e non troppo lontana dalla contenuto e accessibile ai più. Il binding attorno al corpo è
opzione all solid. Il ponte e la tastiera sono in ebano. Su realizzato in materiale plastico nero con un filo sottile bian-
quest’ultima i 20 tastini sono ben istallati, senza imper- co, a riprendere la rosetta attorno alla buca con un’estetica
fezioni di sorta, e sono presenti i classici dot a forma cir- sobria ma allo stesso tempo gradevole, che apprezzo non
colare in madreperla. La selletta e il capotasto, largo 43 essendo personalmente un amante di intarsi particolari o
strumenti
SCHEDA TECNICA
Goldwood
Montagna
(abete/
palisssandro)
Un piccolo miracolo,
visto il prezzo
di ZACK IL BIANCO
C
’è chi, per festeggiare il diciottesimo compleanno, La paletta, con una leggerissima rientranza a coda di
organizza strabilianti feste con amici, chi si con- rondine, risulta decisamente elegante con la scritta Gol-
cede un regalo decisamente fuori dall’ordinario, e dwood che luccica anch’essa, grazie all’abalone perfetta-
poi c’è Gold Music che, allo scoccare dei suoi diciotto mente in tinta con gli intarsi della tastiera. Se è vero che
anni di attività come importatore e distributore di stru- anche l’occhio vuole la sua parte, direi che l’impatto è de-
menti musicali, decide di regalarsi un’intera linea di chi- cisamente appagante.
tarre acustiche con marchio proprietario, dando vita alla
Goldwood. Il progetto, ambizioso, punta alla creazione
di strumenti di diversa fascia di prezzo, partendo dalla
serie Pianura, la più economica, seguita dalla serie Col-
lina con il top in legno massello, e sfocia infine nel 2020
nella serie Montagna, che è la prima all solid prodotta con
marchio Goldwood. Come è facile intuire, all’aumentare
dell’altitudine l’aria respirabile è migliore. Così anche le
Goldwood seguono questa evoluzione naturale, pur man-
tenendo, anche per questa top di gamma in oggetto, costi
decisamente competitivi sul mercato.
strumenti
perché nel nome stesso – ‘corazzata’ – c’è racchiusa l’es-
senza di ciò che mi piace trovare nel suono di una chitarra SCHEDA TECNICA
folk; ed è proprio questo l’esempio calzante.
Appena imbracciata, noto che il peso è generoso, ma
non eccessivo, e sopratutto non va a discapito di un buon
bilanciamento dello strumento. Comincio a scalare la
Montagna partendo piano, in punta di dita, sapendo qual › Tipo: chitarra acustica amplificata
è spesso il tallone d’Achille di molte ‘D’ non troppo per- › Formato: dreadnought
formanti, che nascono per suonare forte, ma sotto un cer- › Produzione: www.gold-music.it
to livello di pressione sembrano non suonare! Non è que-
› Diapason: 648 mm
sto il caso, anzi, la risposta è veloce, delicata ma precisa.
Noto subito una bella presenza di bassi avvolgenti ma de- › Tavola armonica: abete massello grado
finiti, quasi da mogano ‘palestrato’, perfettamente in linea AAA
con i cantini brillanti e le frequenze medie non troppo › Fasce e fondo: palissandro massello
pungenti. La sensazione sonora di suono equilibrato non › Manico: pezzo unico in mogano con finitura
cambia neanche azzardando un po’ di strumming, sempre satinata
con le dita: altro punto debole di molte dreadnought, la
› Tastiera e ponte: palissandro grado A
cui tensione rende spiacevole questa pratica e mi stupisce,
quindi, la morbidezza e il comfort con cui riesco a rit- › Paletta: rivestita in palissandro
mare senza l’uso del plettro e senza fastidio. Il manico in › Capotasto e selletta: osso
mogano satinato è davvero comodo, non troppo grande › Larghezza al capotasto: 43 mm
e scorrevole, un vanto per la casa di produzione, che può › Binding top: ABS/palissandro
fregiarsi con orgoglio del merito di essere l’unica ad aver › Binding fasce: acero/palissandro
inserito un manico in un pezzo unico in uno strumento
› Rosetta: palissandro/abalone
su questa fascia di prezzo.
Probabilmente è passando alle maniere forti, con › Intarsi tastiera: dot 4 mm in abalone
plettrate più decise, che la Montagna esprime tutto il suo › Pin: ebano
potenziale: oltre a un gran volume e all’ottimo sustain, la › Meccaniche: Grover cromate
cosa che maggiormente mi convince è proprio la voce: › Elettronica: Fishman Presys Blend (piezo +
quel tipo di suono che potremmo definire moderno, che microfono) con accordatore
richiama molte delle canzoni pop che amo ascoltare e
› Corde: D’Addario EJ16 .012-.053
suonare.
Un ulteriore sforzo è stato fatto da Goldwood per › Colore: natural
quanto riguarda il sistema di amplificazione integrato, › Finitura: lucida (cassa)
decisamente convincente grazie alle due sorgenti – piezo › Prezzo: € 1099
+ microfono – che è possibile miscelare ed equalizzare
facilmente tramite il dispositivo Fishman Presys Blend,
versione compatta, inserito nella fascia proprio sotto i no-
stri occhi. Il sistema è corredato di invertitore di fase, di
un comodo, efficace e ben visibile accordatore, e di un
notch filter per tagliare le frequenze indesiderate in caso
di feedback, che comunque tarda ad arrivare anche utiliz-
zando volumi importanti e senza ricorrere a nessun tappo
per la buca!
Paul Reed
Smith Angelus
Sunburst 2011
Un capolavoro curato
nei minimi dettagli, con
un suono dalla forte
personalità
di ZACK IL BIANCO
E
bbene sì, Paul Reed Smith fa anche chitarre acu-
stiche. Ma saranno all’altezza delle meravigliose
creature elettriche che lo hanno reso così celebre
in tutto il pianeta? È la domanda a cui cercherò di rispon-
dere in questo articolo, provando una rarità del 2011 che
ho avuto la fortuna di poter testare per più di un anno.
strumenti
SCHEDA TECNICA
B
en ritrovati amici lettori e studiosi di musica, in questo numero vorrei iniziare un percorso per codificare la ta-
stiera della chitarra attraverso gli accordi appartenenti alle sette famiglie. Per fare subito chiarezza, vediamo qui
sotto la formazione di ogni famiglia di accordo, partendo come esempio da una nota fondamentale sempre in C:
Cmaj7: C E G B
C7: C E G Bb
Cm7: C Eb G Bb
Cm7/b5: C Eb Gb Bb
C7dim: C Eb Gb Bbb
CmMaj7: C Eb G B
Cmaj7/#5: C E G# B
Questi sono i capisaldi degli accordi. Possiamo poi considerare tutto il resto come una ‘colorazione’ dell’accordo
attraverso le estensioni (2, 4, 6, 9, 11, 13) o attraverso le alterazioni (9b, 9#, 5b, 5#, 11#, 13b) L’esposizione delle voci
di un accordo può comportare diversi studi: rivolti, accordi a parti late o a parti strette, drop 2, tre voci per accordo e
davvero molto altro…
Ma da qualche parte bisogna pur cominciare per avere una codifica completa ed esaustiva, in grado di indicarci una
direzione che ci permetta di accompagnare qualsiasi brano ci troviamo ad affrontare.
Inoltre non di minore importanza, accanto all’esecuzione attraverso la lettura della progressione di accordi, è una
pratica tanto amata nell’esercizio della chitarra jazz, ovvero la ri-armonizzazione di un brano: in pratica si tratta di
rivedere la progressione di accordi secondo una certa idea, che permetterà di personalizzare il brano mantenendo la
stessa funzionalità armonica dell’originale.
Vediamo quindi, attraverso lo studio di quattro forme dell’accordo di Fmaj7 (scelto semplicemente perché la prima
forma rimane comodamente all’inizio della tastiera), come poter strutturare questo studio attraverso i tre rivolti che
possiamo ottenere.
Una specifica importante: secondo lo studio dell’armonia classica un accordo allo ‘stato fondamentale’ prevede, nella
stessa ottava: la nota più grave (la fondamentale), poi il terzo grado, successivamente il quinto grado e infine il settimo
grado. Questo però sulla chitarra, rispetto al pianoforte, è di rara praticità: esistono di fatto pochi accordi esposti allo
stato fondamentale. Quindi l’accordo di Fmaj7 sopracitato è preso semplicemente a pretesto per iniziare il lavoro di
codifica. Il tempo e l’esperienza che si accumulerà porteranno successivamente a una miglior comprensione delle mol-
teplici opportunità che ci offre la tastiera della chitarra.
Vediamo ora i primi quattro accordi esposti sul primo set di corde.
tecnica
Apprese queste quattro forme – e prendendo il tempo che serve, soprattutto per la III forma che risulta piuttosto
insidiosa – propongo uno studio interessante per praticare gli accordi e confermare la capacità concreta di utilizzarli
successivamente per accompagnare o ri-armonizzare un brano. Nella fattispecie propongo uno studio attraverso una
semplice progressione che tutti dovremmo conoscere, cioè il blues. Certo, risulterà una certa ‘improprietà’ armonica
praticare il blues con gli accordi di settima maggiore piuttosto che i consueti accordi di settima di dominante, ma siamo
consapevoli che la progressione è semplicemente un pretesto per praticare e quindi trasportare questi accordi a seconda
dei gradi che formano la progressione, in ogni posizione della tastiera.
Avremo quindi necessità di un Fmaj7 (I grado), di un Bbmaj7 (IV grado) e di un Cmaj7 (V grado), che potremo
quindi praticare in quattro aree di appartenenza. Cioè daremo sempre al primo grado la priorità, e dovremo quindi
trasportare gli altri due gradi per trovare le posizioni più vicine possibili al primo accordo, in modo da poter completare
la progressione.
Praticato questo primo studio, potremo poi successivamente trasportare la nota che troviamo al canto (prima corda)
sulla sesta corda, ottenendo così altre quattro posizioni. Per poi ripetere lo studio attraverso la progressione blues, che
ci permetterà di praticare e comprendere più approfonditamente la tastiera della chitarra.
I
n questo appuntamento vorrei parlare di metrica, partendo da un classico natalizio, “We Wish You a Merry Christ-
mas”, carola di origine inglese risalente al XVI secolo e che unisce in sé anche la celebrazione profana del Capo-
danno: speriamo quindi che sia di buon auspicio dopo questi due anni di pandemia!
Trovate un video tutorial molto semplice di questo brano sul mio canale YouTube “Simona Grasso” nella playlist
“Videolezioni & Canzoni”, oppure entrando nella pagina Facebook “Suono e canto” o ancora attraverso il QR Code
o il link a fine articolo.
Questa canzone si basa su una metrica di 3/4, in cui il tempo di battuta viene diviso in tre movimenti: quello che
comunemente viene definito ‘tempo di valzer’. Uno spartito ci dice fin da subito la metrica di un brano. Ma quando si
suona a orecchio, come facciamo a capire se siamo in 4/4, in 3/4 o in altro ancora?
La risposta potrebbe essere questa: basta ascoltare con attenzione gli accenti. Per ‘accento’ si intende una nota
suonata più forte rispetto alle altre, più marcata. Di base, infatti, le metriche dividono il tempo di battuta in un certo
numero di movimenti, che contengono degli accenti impliciti che si ripetono ciclicamente.
1 2 3
Come vedete sopra, all’inizio di ogni battuta il primo movimento è stato marcato con un simbolo che indica ‘accen-
to forte’ (>) per farlo suonare leggermente più forte rispetto agli altri. Suonando ripetutamente ognuna di queste battu-
te e confrontandole poi l’una con l’altra, potrete sentire che – a parità di ritmo – gli accenti fanno davvero la differenza.
Ad ogni movimento, poi, possono corrispondere due suddivisioni (tempi a suddivisione binaria) oppure tre suddi-
visioni (tempi a suddivisione ternaria), che andranno a generare nuove metriche:
1 2 3
4 5 6
Sopra vediamo che i tempi semplici (4/4, 3/4, 2/4) al loro interno presentano due suddivisioni, che possiamo con-
figurare con delle ‘duine’ di ottavi (un ottavo in battere e uno in levare).
Ma esistono delle metriche (12/8, 9/8, 6/8) in cui la suddivisione di ogni movimento si sviluppa su tre suddivisioni
anziché due: queste metriche ‘terzinate’ prendono il nome di tempi composti.
Nei tempi semplici le duine rappresentano la norma, mentre le terzine sono considerate come ‘figure irregolari’ e
vanno segnalate con un numero 3 sopra di esse. Al contrario, nei tempi composti, sono le duine a essere una sorta di
eccezione e su queste comparirà il numero 2.
tecnica
3 2
1 2
Ora non vorrei qualcuno pensasse che in generale sia sufficiente avere un quattro (4) al denominatore per avere un
tempo semplice, o un otto (8) per avere un tempo composto, perché così non è.
Esistono infatti metri composti in cui i tempi semplici vengono miscelati fra loro per ottenere ad esempio il 5/4 o il
7/4. O ancora esistono alcune metriche particolari come il 7/8, che al suo interno può avere suddivisioni miste, ovvero
sia binarie che ternarie.
Ma di questo argomento magari ne parliamo più avanti in un prossimo appuntamento.
RISORSE g
Video tutorial
fingerpicking.net/
suono-e-canto-34
1/1
Studio su un
arpeggio classico e
fingerpicking di GIOVANNI PALOMBO
www.giovannipalombo.com
S
ono felice di pubblicare su Chitarra Acustica una nuova rubrica, anticipazione di un probabile futuro libro. Il titolo
allude alla visione d’insieme che tento di realizzare nel mio approccio chitarristico, che cerca di dare unità a diversi
aspetti musicali.
Dunque un fingerstyle che esprime una certa trasversalità, caratteristica che penso mi appartenga. Credo che lo
studio di stili diversi possa dare luogo a una sintesi interessante e a un linguaggio ampio. Quindi gli esercizi e gli esempi
che propongo cercano di far muovere parallelamente l’esercizio esecutivo, la comprensione del quadro armonico che
lo sostiene e, quando possibile, l’applicazione della improvvisazione in solo, argomento che ho sviluppato nel libro
Improvvisazione fingerstyle (Fingerpicking.net/Curci, 2014).
Spero che gli argomenti che espongo risultino interessanti e stimolanti per una visione della chitarra acustica/
classica a tutto tondo.
In questo esercizio studiamo un arpeggio sviluppato in posizioni successive lungo il manico, attraverso due moduli
ripetitivi: il primo è un arpeggio classico, il tempo è di 3/4; il secondo è un’esecuzione fingerpicking sul tempo di 4/4
delle stesse posizioni, con piccole varianti. La conclusione è su alcune frasi che chiudono il ciclo fingerpicking.
Quando passiamo da uno dei due moduli all’altro, dobbiamo fare attenzione al cambio di tempo. I due diesis in
chiave alludono alla tonalità di D, ma in realtà non c’è quasi mai una risoluzione su questo accordo, mentre lo sviluppo
è in varie diteggiature di A7 e di Asus. Questo dà allo studio una dinamica in un certo senso ‘statica’, sostenuta dall’o-
stinato basso di A.
Riguardo alla mano destra, il pollice scandisce i bassi alternati della seconda parte in fingerpicking con continuità:
sempre su quinta e quarta corda, tranne nelle frasi finali. Ma anche nella prima parte classica il pollice suona tutti i
bassi: nel modulo proposto, su quinta e quarta corda.
tecnica
La notazione musicale e la tablatura ci forniranno la disposizione degli accordi del nostro esempio senza troppe
difficoltà.
Ma voglio ricordare alcuni elementi distintivi dei vari accordi e del nome che ne consegue. Senza entrare in troppi
particolari, soffermiamoci sull’accordo di dominante, cioè un accordo di settima, in questo caso A7. Esso è formato
dalla triade 1 - 3 - 5, cioè A - C# - E, e dalla 7a minore G. A7 è costruito sulla scala maggiore di D e tende a risolvere
sull’accordo di D.
Posso estendere un accordo di settima ai gradi superiori 9, 11, 13. Nel nostro caso A9, A11, A13, intendendo che
oltre alla triade e alla nota G, 7° grado che mantengo, aggiungo progressivamente le note che corrispondono a questi
gradi superiori, nel nostro caso 9 = B, 11 = D, 13 = F#.
tecnica
bilità sono veramente numerose, non posso riportarle qui.
Aggiungendo le note opportune, è facile capire che posso trovare posizioni diverse e originali, come accade nel no-
stro esercizio sull’arpeggio classico/fingerpicking. Nell’esempio che segue sono riportati gli accordi usati nell’esercizio.
Due parole anche sull’accordo sus: l’accordo sus (dall’inglese suspended) è un accordo ‘sospeso’, intendendo con
questo che il 3° grado presente nella triade (nel nostro caso C# per l’accordo di A) è sostituito da un altro grado, ti-
picamente il 4° (avrete spesso trovato la notazione Asus4). L’assenza del 3° grado impedisce di definire se l’accordo è
maggiore o minore, rendendolo appunto ‘sospeso’.
Nel nostro studio abbiamo un Asus9, e allora è la nota B – 9° grado dell’accordo di A – a ‘sospendere’ l’accordo.
Il sus conferisce all’accordo un senso di instabilità, ed esso tende tipicamente a risolvere sull’accordo completo, con il
3° grado: A7sus4 tende a risolvere su A7, oppure su A; Asus9 tende a risolvere su A9, oppure su A. Entrambi possono
comunque muovere anche verso altri accordi.
Nella prossima puntata aggiungeremo alcuni brevi esempi di pratica improvvisativa inerente a questo studio. Buona
pratica!
Giovanni Palombo
Riscaldamento e
indipendenza delle
dita di MICHELE LIDEO
www.michelelideo.it
C
ari amici, in questa rubrica dal titolo “Cordiario: il mio diario fra le corde”, vorrei condividere con voi alcuni
degli argomenti che costituiscono la vita di un musicista: un po’ come un ‘diario’ ad alta voce, in questo spazio
si parlerà di tecnica, esercizi, ma anche di curiosità e routine di studio.
Nei primi appuntamenti ci dedicheremo a un tema così importante nella vita di un chitarrista e, tuttavia, spessissi-
mo sottovalutato se non ignorato: sto parlando del riscaldamento.
Come amo spesso ripetere, noi musicisti siamo a tutti gli effetti degli atleti: includere nella nostra routine di stu-
dio una serie di esercizi di riscaldamento avrà come effetto positivo, non solo la corretta preparazione muscolare per
affrontare il repertorio e gli studi che stiamo praticando, ma, al contempo, l’opportunità di potenziare in modo mirato
le capacità delle nostre mani. Potenziamento, coordinazione, indipendenza, sono solo alcuni degli obiettivi che questi
esercizi si prefiggono.
Nel primo esercizio di oggi ci dedichiamo all’indipendenza delle dita della mano sinistra con un esercizio cromatico
a sedicesimi. Le regole dell’esercizio sono queste: durante tutto lo svolgimento il dito indice sulla terza corda rimane
fisso sulla tastiera. Il dito che suona il secondo sedicesimo di ogni tempo (sulla prima corda) rimane anch’esso in po-
sizione durante l’esecuzione dei restanti due sedicesimi del movimento. Le restanti due note (ultimi due sedicesimi
del movimento) vengono eseguite sollevando le rispettive dita dopo aver suonato la nota. In questo modo alleneremo
l’indipendenza di ogni singolo dito. In più, quando suoneremo gli ultimi due sedicesimi di ogni movimento, la mano
destra alternerà sulla seconda corda le dita (i, m) così da aggiungere un elemento di coordinazione fra le due mani.
° 4 #œ
#œ œ nœ
œ bœ #œ œ œ #œ
œ œ
& 4 #œ œ œ œ
i a i m
4
4 3 2 4
4
¢⁄
2 3 2 4 3 4 2 3
1 1 1 1
Prima di concludere vi consiglio inizialmente di eseguire l’esercizio molto lentamente a tempo libero, e poi con il
metronomo partendo da una velocità che vi consenta di proseguire lungo tutta la tastiera cromaticamente senza inter-
ruzioni. Come sempre, prestiamo molta attenzione nel riscaldamento: dobbiamo preparare i muscoli non danneggiarli!
Al primo segnale di stanchezza fate una pausa: sforzare
non serve a nulla, anzi.