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1 – 2021
1 Per approfondimenti sulle confraternite di flagellanti a Sansepolcro cfr. J. R.
di San Bartolomeo (Banker, Death, p. 244 nota 49; Scharf, Gli ospedali, p. 27; Czortek,
Eremo, p. 84). Scharf, Gli ospedali, p. 41 nota 22 riporta inoltre che un «Jacobus rector
hospitalis novi prope Burgum» è menzionato per la prima volta nel 1298 in un elenco
di censi riscossi dall’abate (Sansepolcro, Archivio Storico Diocesano [ASDS], Archivio
Vescovile [AV], Quaderni di Miscellanea Civile, I (1430-1575), 3, c. 8). Quando nel 1413
l’ospedale passò in gestione alla confraternita di Santa Croce, venne concesso alla con-
fraternita di San Bartolomeo il diritto di rientrarne in possesso (P. Farulli, Annali e
memorie dell’antica e nobile città di San Sepolcro, Foligno 1713, p. 33; L. Coleschi, Sto-
ria della città di Sansepolcro, Città di Castello 1886, p. 156; E. Agnoletti, Sansepolcro
nel periodo degli abati (1012-1521), Città di Castello 1976, p. 106; Agnoletti, Le memo-
rie, p. 58; Scharf, Gli ospedali, p. 41 nota 29; Czortek, La vita, p. 75; Casagrande, Con-
fraternite, p. 68). Nel 1453 la proprietà passò, infine, al Comune (Scharf, Gli ospedali,
p. 41 nota 29; Czortek, La vita, p. 75). Precedentemente si erano creati fraintendimenti
riguardanti l’ospedale di Santa Croce e quello del Fondaccio perché Farulli, Annali, p.
21 e F. G. Pignani, Compendio istorico di memorie fedelmente raccolte intorno alla origi-
ne, fondazione e proseguimento della città di San Sepolcro diviso in memorie, in Sansepol-
cro, Biblioteca Comunale “Dionisio Roberti” [BCS], Manoscritti, J.106 (ms. del 1758),
c. 133 datavano la fondazione di quest’ultimo al 1318 e Coleschi, Storia, p. 156 al 1348
(poi seguito da Agnoletti, Le memorie, p. 47). Per di più Pignani e Coleschi lo collo-
cavano – anziché nel borghetto di San Lorenzo – in Via Santa Croce (Pignani scrive «a
piè la strada detta delli Abbarbagliati», ovvero l’attuale Via Luca Pacioli), dov’era, in-
vece, situato l’ospedale di Santa Croce Vecchia (si veda infra nota 9).
9 Scharf, Gli ospedali, pp. 28, 41 nota 29; Czortek, Associazionismo, p. 47 nota 96;
Czortek, La vita, p. 75.
10 Sansepolcro, Archivio Storico Comunale [ASCS], serie XXXII, 159. Il mano-
scritto Ordini de la chompagnia della veraci santa Croci, un codice membranaceo di 53
carte, reca dipinto sul piatto anteriore della coperta lignea un Cristo Crocifisso tra la
Vergine e San Giovanni Evangelista e sul piatto posteriore il simbolo della confraterni-
ta, ovvero una croce nodosa verde in campo bianco. Il testo, reso parzialmente illeggi-
bile dall’umidità, è noto grazie a una copia realizzata nel 1726 (ASCS, XXXII, 176, Co-
pia delli Capitoli della Venerabile Compagnia di Santa Croce della Città di San Sepolcro,
trascritta da Banker, Death, pp. 210-234). Per l’analisi degli statuti cfr. BCS, M. Z. Mi-
liani, I disciplinati di Sansepolcro e “l’orazione delle quarant’ore”, tesi di laurea, Univer-
sità degli Studi di Perugia, Facoltà di Magistero, corso di laurea in materie letterarie,
A. A. 1967/1968, relatore A. Marchesi, pp. 51-105, 298-398.
11 M iliani, I disciplinati, p. 54.
e benestanti della comunità12. Nella visita pastorale del 1525 essa ri-
sulta infatti composta da «pluribus hominibus»13, così come in quel-
la apostolica del vescovo Angelo Peruzzi del 1583 si afferma che la
«societas [Sanctae Crucis] ipsa est satis numerosa»14. La relazione di
quest’ultima visita fornisce inoltre una descrizione dettagliata dell’or-
ganizzazione interna, ivi comprese le pratiche devozionali e le celebra-
zioni15, confermando la preminenza assunta in città dalla confraternita
nel corso del XVI secolo. Benché tra il Cinquecento e il Seicento i con-
fratelli si fossero distinti per numerose opere pie, tanto da essere ag-
gregati il 2 aprile 1616 all’Arciconfraternita del Santissimo Crocifisso
12 L’importanza assunta a quel tempo dalla confraternita di Santa Croce nella vita
cittadina è attestata da vari documenti cinquecenteschi, che testimoniano come le spe-
se del Comune, quando non potevano essere assolte interamente, venivano ripartite
tra le confraternite: la parte più ingente tra le due più grandi della città, ovvero quel-
le di San Bartolomeo e delle Laudi, il restante tra le confraternite della Misericordia,
di Santa Croce e di Sant’Antonio. Un primo documento attesta che nel 1531 i Magnifi-
ci Conservatori si riunirono per discutere della fabbrica di un nuovo convento dell’Or-
dine di San Francesco dell’Osservanza. Dato che Antonio di Anastasio Anastagi aveva
promesso a frate Marco Savelli di consegnare ai «frati Observantini» 10 fiorini, nell’oc-
casione venne deliberato che annualmente i priori della Fraternita di San Bartolomeo
pagassero la somma al procuratore dei frati, riscuotendo 3 fiorini dai priori delle Lau-
di, 1 e ½ dalla Compagnia di Santa Maria della Misericordia, 1 e ½ dalla Compagnia
di Santa Croce e 1 e ½ dalla Compagnia di Sant’Antonio (ASCS, serie II, 8, c. 79r). Nel
1532 è documentato poi che il comune impose a cinque confraternite una tassa da de-
stinare alla riparazione delle mura che circondano la città, per un totale di 70 fiorini: 30
alla Fraternita di San Bartolomeo, 20 alla Società delle Laudi, 10 alla Società di Santa
Maria della Misericordia, 6 alla Società di Santa Croce, 4 alla Società di Sant’Antonio
(ivi, c. 108r). Infine, è attestato che nel 1533 il Comune assegnò ai monaci camaldole-
si la chiesa di San Niccolò. Dato che il rettore di San Niccolò, don Benedetto Lazza-
ro, avrebbe perso la fonte del proprio sostentamento, gli venne mantenuta l’officiatura
della cappella rurale di San Lazzaro per avere un reddito, integrato non solo con la do-
nazione da parte dei priori della Fraternita di San Bartolomeo di una vigna confinan-
te con la piazza antistante la cappella, ma anche con un versamento da parte delle con-
fraternite: dall’agosto del 1533 la Fraternita di Santa Maria della Notte avrebbe dovuto
retribuire annualmente don Benedetto con 5 staia di grano, con altri 4 la Compagnia
di Santa Maria della Misericordia, 3 la Compagnia di Santa Croce e 2 la Compagnia di
Sant’Antonio (ivi, cc. 115v-116r). Si ringrazia don Andrea Czortek per queste segnala-
zioni. È possibile farsi un’idea sui possedimenti immobiliari della compagnia tra XV
e XVI secolo grazie a un estimo del XV secolo (ASCS, serie XXXII, 173, Estimo de’
beni di chiese, luoghi pii…, XIV-XV secc., cc. 99r-100r segnalato da Miliani, I discipli-
nati, pp. 94-95) e a quello del 1564 (Firenze, Archivio di Stato [ASF], Decime Grandu-
cali, 1564, cc. 81r-82v).
13 ASF, Notarile Antecosimiano, 16002, notaio Michelangiolo Palamedi, 1524, c.
15r (D. Franklin, New documents for Rosso Fiorentino in Sansepolcro, in «The Burlin-
gton Magazine», 131, 1989, pp. 817-827, in part. p. 817 nota 7).
14 ASDS, AV, Visita Apostolica, 1583, c. 93r (Visita Apostolica alle diocesi di Cortona
e Sansepolcro 1583 e Decreti Generali, a cura di S. Pieri – C. Volpi, Arezzo 2012, p. 325).
15 Ivi, cc. 82v-86v (P ieri – Volpi, Visita, pp. 318-321).
presso la chiesa di San Marcello a Roma16, negli anni ’20 del Settecen-
to la compagnia manifestava un certo «rilassamento nella vita religio-
sa e amministrativa»17: i confratelli partecipavano solo saltuariamen-
te alle processioni e alle riunioni e si curavano poco dell’accoglienza
dei poveri e dei pellegrini nel loro ospedale (in seguito soppresso tra il
1750 e il 1760)18. La confraternita venne infine soppressa il 16 novem-
bre 1779 e unita alla Compagnia di San Bartolomeo19.
La chiesa trecentesca
Nel XIV secolo la confraternita aveva sede nella chiesa di Santa Cro-
ce, ovvero l’attuale San Lorenzo, posta nella zona sud-occidentale della
città, in Via Santa Croce. L’unico resto che potrebbe essere riconduci-
bile a questo edificio20 è un portale lapideo (figg. 3a-c) riutilizzato nel-
Il capitello, databile tra fine XIII-inizio XIV secolo, potrebbe quindi eventualmente ap-
partenere agli edifici trecenteschi della confraternita.
21 Alla metà del Cinquecento, in seguito all’abbattimento dei borghetti, le clarisse
di Santa Chiara vennero trasferite nella chiesa di Sant’Agostino, che cambiò intitolazione
in Santa Chiara. Con le soppressioni governative del 1866 e la confisca dei beni da par-
te del Comune, alle religiose fu permesso temporaneamente di restare, finché nel 1907
venne ordinato loro di lasciare il monastero. Fu, quindi, deciso di costruirne uno nuovo
nell’area precedentemente occupata dalla chiesa e oratorio di Santa Croce, dove le Claris-
se si trasferirono nel 1912, portando con sé la nuova intitolazione all’edificio (Di Pietro
– Fanelli, La Valle, pp. 143-144; E. Agnoletti, Memorie religiose inedite di Sansepolcro,
Sansepolcro 1970, p. 17; E. Agnoletti, Piccole storie di Sansepolcro e altrove, Sansepol-
cro 1984, pp. 99-100; Pincelli, Monasteri, pp. 170-171; G. Guazzini, La chiesa degli Ago-
stiniani a Sansepolcro. Architettura e decorazioni tra tardo Medioevo e primo Rinascimento
(e un contesto per Piero della Francesca), Selci-Lama 2020, p. 2).
22 ASF, Notarile Antecosimiano, 16187, notaio Paolo di Ciuccio, 1362, cc. 130v-131r.
Si ringrazia don Andrea Czortek per questa segnalazione.
23 ASCS, serie XXXII, 176, cc. 206v-207r. Nello stesso anno anche Margherita del
fu Muccio Carsidoni dispone nel proprio testamento (29 agosto 1348) che vengano do-
nati 20 soldi «alla chiesa dei disciplinati della Società di Santa Croce» (ASF, Notarile
Antecosimiano, 6866, notaio Fedeli Angiolo di Fedele, 1348, c. 88r). Si ringrazia per que-
ste due segnalazioni don Andrea Czortek.
che il devastante terremoto del 1352, che colpì tutta l’Alta Valle del Te-
vere24, potesse aver reso necessari lavori strutturali.
Allo stato attuale degli studi non si hanno ulteriori informazioni
sull’assetto tre-quattrocentesco della chiesa di Santa Croce25.
Negli anni Venti del XVI secolo la confraternita avviò una campagna
di rinnovamento della propria chiesa26: il 20 febbraio 152327 due legna-
ioli borghesi uniti in società, Romano Alberti detto il Nero28 e Schiat-
to Angelo Schiatti29, vennero incaricati «ad decor[um] devotione[m] et
ornamentu[m] eccl[es]ie dicte Societat[is]», ricevendo la commissione
per un coro ligneo con stalli, balaustre e banchi, e per un tabernacolo
con ornamenti per l’altare maggiore, compreso il supporto della tavola,
con un’incorniciatura ornata da sculture, pilastri, colonne e architrave,
sul modello della tavola dell’altare maggiore della Cattedrale di Sanse-
24 In particolare le due scosse di maggiore intensità (IX della scala Mercalli) che
si verificarono tra il 25 dicembre 1352 e l’1 gennaio 1353, con epicentro Sansepolcro –
Città di Castello, causarono il crollo della cinta muraria e di numerosi edifici (M. A r-
caleni, Il terremoto in Alta Valle del Tevere, in «Pagine Altotiberine», 4, 1998, pp. 7-24,
in part. pp. 9-10 e 20-21). Sul violento terremoto avvenuto tra il 1352 e il 1353 cfr. M.
Villani, Cronica, con la continuazione di Filippo Villani, ed. critica a cura di G. Porta,
Parma 1995, I, pp. 382-384 [libro III, cap. LXVIII]; F. Bercordati, Cronaca di Borgo
San Sepolcro, ms. frammentario post 1577, in BCS, Manoscritti, J.103, cc. 27r-27v; A. Go-
racci, Breve istoria dell’origine e fondazione della città del Borgo di San Sepolcro (1636),
in Le vite d’uomini illustri fiorentini scritte da Filippo Villani, Firenze 1847, pp. 143-246,
in part. pp. 183-184; Farulli, Annali, p. 25; Coleschi, Storia, p. 132; M. Mazzalupi, Al-
tari, patronati, opere d’arte al tempo degli abati. Un saggio di topografia sacra, in A. Di
Lorenzo – C. Martelli – M. Mazzalupi, La Badia di Sansepolcro, Selci-Lama 2012, pp.
1-44, in part. pp. 4-5 nota 3; Guazzini, La chiesa, p. 12 nota 38.
25 Tracce precedenti ai lavori cinquecenteschi permangono invece nell’attiguo ex
monastero (mostre lapidee di porte, capitelli e peducci).
26 È probabile che il rinnovamento della chiesa sia avvenuto in seguito alla modi-
fica degli statuti del 1521 (Miliani, I disciplinati, p. 54).
27 ASCS, serie II, 7bis, cc. 371v-372r (Franklin, New documents, pp. 825-826; D.
Franklin, Rosso in Italy. The Italian career of Rosso Fiorentino, New Haven-London
1994, pp. 306-308).
28 Per un profilo critico-biografico di Romano Alberti detto il Nero (1502-1568)
cfr. C. Galassi, Arte e serialità nella bottega di Nero Alberti a Sansepolcro, in Sculture
da Vestire. Nero Alberti da Sansepolcro e la produzione di manichini lignei in una botte-
ga del Cinquecento. Catalogo della mostra (Umbertide 2005), a cura di C. Galassi, Mi-
lano 2005, pp. 15-104.
29 Per un profilo critico-biografico di Schiatto Angelo Schiatti cfr. Franklin, Ros-
so, p. 286 nota 32.
ra cfr. Franklin, New documents, pp. 817-827, in part. pp. 819, 826; Franklin, Rosso,
pp. 163-166, 308. Siccome nella delibera comunale del 22 luglio 1525 (ASCS, serie II,
7bis, cc. 371v-372r) è annotato che la pittura della tavola dell’altare maggiore, raffigu-
rante una Deposizione, era già stata allogata a un artista non menzionato e dalle parole
del Vasari (G. Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori nelle redazio-
ni del 1550 e 1568, a cura di R. Bettarini – P. Barocchi, IV, Firenze 1976, pp. 481-482) si
apprende che la confraternita di Santa Croce aveva commissionato una tavola a Raffa-
ellino del Colle, ne consegue che dovette essere proprio Raffaellino il primo a ricevere
tale commissione. L’aretino scrive poi che quest’ultimo decise di cedere la commissio-
ne al Rosso e che il vescovo (Leonardo Tornabuoni) per favorirlo avesse elargito «molte
comodità» alla confraternita, che si era risentita per l’incarico al Rosso, non concorda-
to. È pertanto presumibilmente per intercessione del vescovo che Raffaellino – che forse
aveva già realizzato la lunetta con il Padre Eterno e angeli (si veda infra nota 80) – dovet-
te cedere la commissione al Rosso. Per approfondimenti sull’opera cfr. A. M. Maetzke,
Rosso Fiorentino. Compianto sul Cristo deposto, in Giorgio Vasari. Principi, letterati e arti-
sti nelle carte di Giorgio Vasari. Catalogo della mostra (Arezzo 1981) a cura di A. M. Ma-
etzke, Firenze 1981, pp. 324-325 (con bibliografia precedente); C. Scailliérez, Rosso, le
Christ mort, Paris 2004, pp. 50-53; G. Badino, Rosso Fiorentino. Deposizione dalla Croce,
in Pontormo e Rosso: divergenti vie della “maniera”. Catalogo della mostra (Firenze 2014),
a cura di C. Falciani – A. Natali, Firenze 2014, pp. 284-285 (con bibliografia precedente).
37 Nella delibera comunale (ASCS, serie II, 7bis, cc. 371v-372r) si legge che la com-
pagnia chiese licenza affinché tale cappella potesse «uscire fora […] dal muro dela
ghiesa […] insino all’orto del conte Migliorati ivi posto» e il comune autorizzò la sua
costruzione «sopra la via contigua a decta ghiesa fra l’orto di conte Migliorati et decta
ghiesa». Siccome la chiesa confinava a Ovest con degli edifici della confraternita (si
veda infra paragrafo Il trasferimento delle monache di San Lorenzo e i rifacimenti di metà
Cinquecento) e a Est con degli orti, come documenta anche la planimetria del 1587 (si
veda fig. 6 e infra nota 54), ne consegue che la via menzionata, posta tra la chiesa e l’or-
to del Migliorati, si trovasse a Est della chiesa e quindi la cappella del Santissimo Cro-
cifisso dovesse essere posta sul lato sinistro della chiesa, in cornu Evangelii.
38 Berto Alberti registra nel proprio diario (Diario di Berto Alberti, ms. 267, Bi-
blioteca degli Uffizi, c. 6r [G. Degli Azzi, Gli Archivi della Storia d’Italia, s. II, IV, Roc-
ca San Casciano 1915, pp. 197-225, in part. pp. 199-200; La bottega dell’arte. I diari del-
la famiglia Alberti artisti del Rinascimento a Borgo Sansepolcro, a cura di D. Contin – S.
Gatta, Sansepolcro 2018, p. 95]) alla data del 7 gennaio 1548 che vi fu un incendio nel-
le stanze della Compagnia di Santa Croce riservate alla conservazione del legname (in
fondo a Via degli Abbarbagliati, ora Via Luca Pacioli) e che parte del legname brucia-
to era di sua proprietà (Agnoletti, Le memorie, p. 84).
39 Per approfondimenti sul cantiere delle fortificazioni di Sansepolcro cfr. D. Cin-
45
Lancisi, Storia, c. 141.
46
Coleschi, Storia, pp. 156, 178.
47 Scharf, Gli ospedali, pp. 28, 41 nota 29; Czortek, Associazionismo, p. 47 nota
96; Czortek, La vita religiosa, p. 75.
48 Di P ietro – Fanelli, La Valle, p. 144; Agnoletti, Viaggio, p. 199; Agnoletti, Le
memorie, p. 85; Franklin, New documents, p. 817; Pincelli, Monasteri, p. 207.
49 Lancisi, Storia, c. 137. Poiché Annibale Lancisi data l’abbattimento dei borghet-
ti al 1556, vari studiosi (Coleschi, Storia, p. 178; O. H. Giglioli, Sansepolcro, Firenze
1921, p. 21; I. R icci, Borgo Sansepolcro. Monografia storico-artistica, Sansepolcro 1932,
p. 49; Di Pietro – Fanelli, La Valle, p. 144; Agnoletti, Viaggio, p. 160; Agnoletti, Le
memorie, p. 86; Tafi, Immagine, p. 327; Maetzke, Arezzo, p. 140; L. Andreini, Sanse-
polcro. Guida alle chiese del centro storico, Sansepolcro 2004, p. 49) hanno interpreta-
to tale datazione come quella di costruzione della chiesa, che venne invece consacrata
già nel 1555 (si veda infra nota 51). Maetzke, Arezzo, p. 140 sostiene inoltre che in occa-
sione della ricostruzione della chiesa sarebbe stato rifatto il monastero, che in realtà fu
oggetto di modifiche solo a fine Cinquecento (si veda infra nota 74).
50 La prima menzione di un «altare monialium» nelle visite pastorali risale al 1568
(ASDS, AV, Visite Pastorali, 1568, c. 12v).
51 Berto Alberti (Diario, c. 8v [Degli A zzi, Gli Archivi, p. 200; Contin – Gatta,
La bottega, p. 98]) registra nel proprio diario alla data del 18 novembre 1555 che i suoi
due figli vennero cresimati dal vescovo di Città di Castello Alessandro Filodori, che si
trovava in città per consacrare la chiesa di Santa Croce. Agnoletti, I Vescovi, I, pp. 36-
39 riferisce inoltre che Alfonso Tornabuoni, vescovo di Sansepolcro dal 1546 al 1557,
fosse già indicato con l’appellativo “vecchio” nel 1549 in una nota dell’Alberti e che
per la cresima dei due figli dell’artista venne chiamato il vescovo Alessandro di Città di
Castello, già a Sansepolcro per la consacrazione di una non meglio identificata chiesa
(individuabile con Santa Croce grazie alle memorie dell’Alberti). Secondo lo studioso
il vescovo Tornabuoni non sarebbe stato quindi in grado di svolgere le sue funzioni e
per tale motivo delegò i propri compiti vescovili. A questo punto è lecito supporre che
la mancanza di documenti inerenti la consacrazione della chiesa sia dovuta proprio al
fatto che il vescovo di Sansepolcro avesse ridotto la propria attività in quegli anni per
motivi di salute e delegato ad altri i propri doveri. Si può quindi verosimilmente sup-
porre che la consacrazione sia avvenuta a lavori non terminati, cosa abbastanza comu-
ne fin dal Medioevo.
52 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1566, c. 20v. Nella visita si legge: «quam [la chiesa]
visitando adinvenit plena lignis, calce, sabia ac lapidibus propter novam fabricam quam
de presenti conficitur tam in dicta ecclesia quam etiam in novo hospitale quo constru-
itur suntibus dicte societatis [Sanctae Crucis]».
53 Ivi, Visita Apostolica, 1583, c. 82v (P ieri - Volpi, Visita, p. 319; Agnoletti, Viag-
gio, p. 196; Pincelli, Monasteri, p. 207). Nella visita pastorale del 1623 (ASDS, AV, Vi-
site Pastorali, 1623, c. 163r) sono inoltre documentate «duas portas», che già risultano
nella planimetria del 1587 (si veda infra nota 54 e fig. 6).
54 ASF, Capitani di Parte Guelfa, numeri neri, filza n. 756, n. 133 (Cinti, Le mura, p.
61; Pincelli, Monasteri, p. 171). Due planimetrie dell’area si trovano allegate a una sup-
plica delle monache di Santa Chiara del 1587, in cui chiedono al granduca Ferdinan-
do I la chiusura della strada delle Tre Madonne per allargare i confini dell’ex convento
agostiniano, divenuto di loro proprietà, perché inadatto alle loro esigenze.
55 Il coro, ben illuminato grazie a una grande finestra con affaccio sull’orto retro-
stante (ASDS, AV, Visite Pastorali, 1639, c. 3v), ospitava anche le sepolture delle mona-
che (ivi, 1593, c. 20r).
56 Nella visita pastorale del 1524 (ASF, Notarile Antecosimiano, 16002, notaio Mi-
chelangiolo Palamedi, 1524, c. 15v [Franklin, New documents, p. 817]) la chiesa di
Santa Croce è menzionata come «Ecclesia sive oratorium eiusdem confraternitatis».
57 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1568, c. 13r.
Ivi, 1583, c. 93r (Pieri – Volpi, Visita, p. 325; Agnoletti, Viaggio, p. 189).
58
Coleschi, Storia, pp. 171-172; R icci, Borgo, pp. 34-35; I. R icci, La compagnia del
59
Ss. Crocifisso e la chiesa di S. Rocco, Sansepolcro 1934, in part. pp. 11-12; Agnoletti,
Piccole, pp. 69-71; Tafi, Immagine, pp. 381-382, 385-386; C. R estaino, Tra Sansepolcro,
Sabbioneta e Napoli: un primo contributo su Alessandro Alberti dal Borgo, in «Bollettino
d’Arte», 95, 2010, 7, pp. 53-76, in part. pp. 63-65.
60 A lberti, Diario, cc. 24v, 27v, 28v, 31r, 34r (Degli A zzi, Gli Archivi, pp. 219-221,
223- 225; Contini - Gatta, La bottega, pp. 231-232, 237, 240, 246, 250). Per approfondi-
menti sulla famiglia Alberti cfr. A. Matteoli, Gli Alberti, Firenze 1983.
61 Si veda supra nota 54.
brerebbe indicare che era già in progetto la sua chiusura. Una planime-
tria del 161562 mostra infine il loggiato solamente in facciata alla chiesa
(fig. 11), attestando il tamponamento avvenuto.
Fino alla fine del Cinquecento le monache e i confratelli, che nel
frattempo avevano riottenuto l’ospedale di Santa Croce Vecchia63 e co-
struito dei nuovi tiratoi – avendo concesso alle Benedettine il luogo
dove si trovavano i tiratoi dell’Arte della Lana –, continuarono a con-
dividere gli spazi, e ciò ha generato spesso confusione riguardo all’i-
dentificazione della chiesa. Questa, nella documentazione coeva, veni-
va menzionata come «ecclesia Sancte Crucis» (1563)64, «ecclesia Sancte
Crucis Monialium Sancti Laurentii» (1568)65 e, solo nel 1583, «eccle-
siae Sancti Laurentii, sive Sanctae Crucis Monialium Cassinensium»66.
Che l’edificio continuasse ancora a essere identificato come apparte-
nente alla confraternita, ancora dopo decenni dal trasferimento delle
monache, lo testimonia anche la planimetria dell’area del 158767 (fig.
6), in cui vi è l’indicazione «S. ᛭», ovvero Santa Croce, per la chiesa, e
«Monache di S[an]to Lorenzo» per il monastero. Nella seconda plani-
metria del 158768 (fig. 10) la chiesa è invece identificata come «Chiesa
di Santa Croce, Monache di Santo Lorenzo».
La “convivenza” tra monache e confratelli rese ben presto evi-
dente l’inadeguatezza degli spazi e la necessità sia di effettuare nuo-
vi lavori di adeguamento sia di trasferire altrove la confraternita. Una
supplica del 17 maggio 157269 e una lettera del 13 giugno dello stes-
so anno70 indirizzate al granduca Cosimo I affermano che questa con-
62 ASF, Capitani di Parte Guelfa, numeri neri, filza n. 785, n. 212. La planimetria è
allegata a una supplica delle monache di San Lorenzo del 1615, in cui chiedono al gran-
duca Cosimo II il permesso di forare le fortificazioni per creare una fogna, in quanto il
loro monastero era situato nella parte «bassa» della città e s’inondavano continuamen-
te le cantine guastando le botti di vino.
63 Le visite pastorali documentano infatti che l’ospedale era gestito dai confratelli.
64 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1563, c. 8r. La chiesa, identificata come «Sancte Cru-
cis», viene definita «Ecclesiam Monialium nuncupatam Sancti Laurentii et Ecclesiam
sub titulo Sancte Crucis ordinis et conversationis [sic] Sancti Benedicti».
65 Ivi, 1568, c. 12v. La chiesa, identificata come «Sancte Crucis Monialium Sancti
Laurentii», viene definita «Ecclesiam Monialium Sancti Laurentii ordinis Sancti Be-
nedicti» e si specifica «ac quo ecclesia erecta ac constructa fuit sub titulo Sancte Cru-
cis pro homines confraternitatis eiusdem tituli».
66 Ivi, 1583, c. 82v (P ieri – Volpi, Visita, p. 318).
67 Si veda supra nota 54.
68 Ibidem.
69 ASDS, AV, Atti civili, V (1570-1574), 1572, cc. n.n.
70 Ibidem.
71 A ulteriore conferma della promiscuità degli spazi, nella visita pastorale del
1563 viene ordinato alla confraternita di cedere il granaio alle monache, poiché, es-
sendo attiguo al monastero, potrebbero generarsi scandali (ASDS, AV, Visite Pastora-
li, 1563, c. 86v).
72 Ivi, 1576, c. 8v.
73 Ivi, 1593, c. 19v.
74 Il 26 giugno del 1594 Berto Alberti «fece e consegnò il disegno e pianta del
Convento di S(an) Lorenzo, dei dormitorii, refettorio, e[t]c. ad Alessandro Folli pre-
sente Paolo Piconi» (M. Gualandi, Memorie originali italiane riguardanti le belle arti,
VI, Bologna 1845, p. 57; Coleschi, Storia, p. 250; Matteoli, Gli Alberti, p. 18; Cinti,
Le mura, p. 62 nota 8). Già nella visita pastorale del 1593 (ASDS, AV, Visite Pastorali,
1593, c. 20r) il vescovo aveva ordinato di costruire un nuovo dormitorio e di consulta-
re in merito Paolo Picconi e Berto Alberti.
75 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1599, c. 121r.
76 Si veda supra nota 62.
77 Come documentato dalle visite pastorali dal 1563 (ASDS, AV, Visite Pastorali,
1563, c. 8r) in poi.
78 Ivi, 1583, c. 83v-84r (P ieri – Volpi, Visita, p. 319). Ancora nel Seicento questo
«palco» veniva a costituirsi quale “coro superiore” (ivi, 1639, c. 4).
79 Ivi, 1584, c. 84r; ivi, 1697, c. 285v.
80 Raffaellino del Colle, lunetta con il Padre Eterno e angeli, 1527-1528 ca., olio su
tavola, 110x190 cm, Sansepolcro, chiesa di San Lorenzo. Per approfondimenti sull’ope-
ra cfr. Droghini, Lunetta con il Padre Eterno e angeli, in Raffaellino, p. 58.
81 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1568, c. 12v.
82 I due stemmi, tutt’ora visibili nei plinti del basamento, sono riconducibili alla
famiglia Franceschi.
83 La porzione di crata non murata, attualmente celata alla vista dal tabernacolo li-
gneo posto sull’altare, è documentata in una fotografia del 1997 (Archivio Fotografico
Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Siena, Grosseto
e Arezzo [d’ora in poi SABAP-SI], n. 77354, foto Bassilichi).
84 Franklin, New documents, pp. 817, 820 nota 19; Ffranklin, Rosso, p. 164.
85
Franklin, Rosso, p. 162.
86
ASDS, AV, Visita Apostolica, 1583, c. 83v (Pieri – Volpi, Visita, p. 319).
87 Franklin, Rosso, p. 162.
88 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1766, c. 115.
89 A titolo d’esempio cfr. ivi, 1623, c. 160v; 1629, c. 161r; 1703, c. 8v.
90 P ignani, Compendio, c. 123.
91 Orlandi, Delle città, p. 162. La Deposizione è menzionata sull’altare maggio-
re anche nella Nota delle pitture di eccellenti pittori esistenti nella città di Sansepolcro,
in Notizie istoriche diverse della Val Tiberina estratte da vari autori, ms. post 1793 – ante
1807, in ASDS, cc. n.n.
92 Cfr. E. Lunghi, La scultura lignea in Umbria nel XIII secolo, in L’Umbria nel
XIII secolo, a cura di E. Menestò, Spoleto 2011, pp. 299-331; E. Lunghi, Considerazioni
e ipotesi sulle sculture lignee nelle chiese dell’Umbria tra XII e XIII secolo, in Umbria e
Marche in età romanica, a cura di E. Neri Lusanna, Todi 2013, pp. 203-212.
93 Franklin, New documents, pp. 817, 820 nota 19; Franklin, Rosso, p. 164; R. P.
Ciardi – A. Mugnaini, Rosso Fiorentino. Catalogo completo, Firenze 1991, p. 124; Ca-
sciu, Rosso, p. 16; A ndreini, Sansepolcro, p. 49; A. Brilli – F. Chieli, Sansepolcro e i suoi
musei, Sansepolcro 2004, pp. 33-34; P. Climent-Deteil, Il Rosso Fiorentino, pittore della
maniera, Montpellier 2007, p. 71; E. Francalanci, Rosso Fiorentino. Deposizione dalla
Croce, in Il primato dei toscani nelle Vite del Vasari, catalogo della mostra (Arezzo 2011-
2012), a cura di P. Refice, Firenze 2011, p. 412.
94 Si veda supra nota 35.
95 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1599, c. 120v.
96 Ivi, 1601, cc. 554v-555r.
97 L’intitolazione dell’altare è deducibile dalla visita pastorale del 1623 (ASDS,
AV, Visite pastorali, 1623, c. 162r). Sotto l’altare, vicino alla porta laterale, a fine Sei-
cento sono inoltre documentate due sepolture di benefattori del monastero (Ivi, 1697,
c. 286v).
98 Ivi, 1623, c. 162r.
99 Ivi, 1686, c. 150v.
100 Ivi, 1703, c. 9r. Con il cambio di titolazione dell’altare da San Matteo a San Be-
nedetto, il dipinto del Mercati, descritto nel Seicento come raffigurante «San Matteo,
Benedetto e altri Santi», viene identificato dai cronisti locali sette-ottocenteschi con
«S(an) Benedetto con altri Santi» (Lancisi, Storia, c. 137) e «S[an] Benedetto et altri
Santi» (Nota delle pitture, cc. n.n.).
101 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1703, c. 9r.
102 Nota delle pitture, cc. n.n.; E. R epetti, Dizionario geografico fisico storico della
Toscana, IV, Firenze 1843, p. 124.
103 Sacchetti, Collana, p. 72; Coleschi, Storia, p. 179; Giglioli, Sansepolcro, p. 22;
R icci, Borgo, p. 49. Per un profilo critico-biografico di Vincenzo Chialli (1787-1840)
cfr. P. Spadini, Chialli, Vincenzo, in Dizionario Biografico degli Italiani (DBI), 24, Roma
1980, pp. 484-488 (con bibliogr. precedente).
104 In uno dei plinti del basamento è tutt’ora visibile l’iscrizione R[everendus]
D[ominus] Cesar[e] Melioratus Suis Sumptibus Fecit 1604.
105 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1601, c. 555v.
106 Ivi, 1623, c. 161v; ivi, 1649, c. 34r; ivi, 1697, c. 286r. Non essendoci pervenute vi-
site pastorali della chiesa di San Lorenzo tra il 1601 e il 1623, e in mancanza di ulteriore
documentazione, non è possibile al momento stabilire una data precisa per la collocazio-
ne dell’opera sull’altare. Poiché nella visita pastorale del 1629 [ivi, 1629, c. 161v] si parla
di «tabula secretos», il dipinto doveva verosimilmente rimanere celato alla vista dei fe-
deli (quindi coperto da un tendaggio), ed essere visibile solo in determinate occasioni.
107 Raffaello Schiaminossi, Annunciazione, olio su tela, 138x233 cm, Sansepolcro,
Curia Vescovile, depositi. Sebbene siano presenti alcune varianti, la composizione è ri-
conducibile all’incisione con medesimo soggetto dell’artista (R. Schiaminossi, Annun-
ciazione, 164x121 cm, Vienna [S. Buffa, The illustrated Bartsch, 38 formerly, volume 17,
part 5, Italian Artists of the Sixteenth Century, New York 1983, p. 76]). Per un profi-
lo critico-biografico di Raffaello Schiaminossi (1572-1622) cfr. A. Pezzo, Schiaminossi,
Raffaello, in DBI, 91, Roma 2018, voce online (con bibliogr. precedente).
108 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1697, c. 286v. Nella visita si legge infatti che Ventu-
ro Ventura era stato nominato successore di Cesare Migliorati.
109 Ivi, 1703 c. 8v. La mostra lapidea, tutt’ora esistente, è stata successivamente
adattata per creare una nicchia (verosimilmente per ospitare una scultura).
110 Nota delle pitture, cc. n.n.; G. M ancini, Istruzione storico-pittorica per visitare le
chiese e i palazzi di Città di Castello, II, Perugia 1832, p. 271; G. Sacchetti, Collana sto-
rica di Borgo Sansepolcro, Sansepolcro 1876, p. 72.
111 Coleschi, Storia, p. 179; SABAP-SI, filza M 34/46 Chiesa di San Lorenzo, sche-
da Carocci; Giglioli, Sansepolcro, p. 22; R icci, Borgo, p. 49; A. Giannotti, Documen-
ti per Raffaello Schiaminossi, in «Notizie da Palazzo Albani», 17/2, 1988, pp. 87-102, in
part. p. 89; C. Witcombe, Giovanni Battista Mercati: notizie sui dipinti e sulle incisioni,
in «Bollettino d’Arte », 77, 1992, 76, pp. 53-70, in part. p. 66 nota 16; Tafi, Immagine,
p. 33. Nel 1886 Coleschi, Storia, p. 179 afferma che il dipinto era già «in cattivo stato».
che è stato possibile reperire il dipinto nei depositi della curia vesco-
vile di Sansepolcro (fig. 13) e si propone qui una ricostruzione foto-
grafica dell’assetto complessivo dell’altare (fig. 14).
L’assetto cinquecentesco dell’altro altare posto in cornu Epistulae,
dedicato a San Lorenzo (fig. 7.C), rimane attualmente incerto: dalle vi-
site pastorali si deduce solamente che l’altare, dal 1583 di patronato del-
la famiglia Carsughi di Gricignano112, nel 1593 risultava decentemente
ornato113 e nel 1599 troppo piccolo («nimis parvum»)114. Dal 1623115,
tuttavia, è lì documentato il Martirio di San Lorenzo di Giovan Battista
Mercati116, tutt’ora in loco (fig. 15). Il dipinto, «adornato di stucco co-
lorito di giallo» a fine Seicento117 – e quindi posto all’interno di un’in-
corniciatura barocca in stucco –, a inizio Settecento fu inserito nella
macchina d’altare lignea tutt’ora esistente, come documenta l’iscrizione
posta nella predella: Francesca Maria e Alessandra Vittoria Dotti e Ma-
ria Maddalena Aggiunti ne finanziarono, nel 1702, la doratura118.
La chiesa si presenta oggi in una facies tardo-barocca finora gene-
ricamente datata al XVIII-XIX secolo119 (fig. 2). Il ritrovamento del
112
ASDS, AV, Miscellanea Benefiziali, capi rotti dal 1408 al 1820, IV, n. 18.
113
ASDS, AV, Visite pastorali, 1593, c. 19v.
114 Ivi, 1599, c. 136v.
115 Ivi, 1623, c. 162r.
116 Giovan Battista Mercati, Martirio di San Lorenzo, 1620 ca., olio su tela, 240x166
cm, Sansepolcro, Chiesa di San Lorenzo (L. Lanzi, Storia pittorica della Italia dal risor-
gimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII secolo, I, Bassano 1789, p. 262; Sac-
chetti, Collana, pp. 71-72; Coleschi, Storia, p. 179; R icci, Borgo, p. 49; Witcombe, Gio-
vanni, p. 59; A. Brilli, Sansepolcro. La città di Piero della Francesca, Milano 1997, p. 77;
Arezzo, p. 140; Tafi, Immagine, p. 331; Andreini, Sansepolcro, p. 49; Brilli – Chieli,
Sansepolcro, p. 32). Per un profilo critico-biografico di Giovanni Battista Mercati (1591-
1645 ca.) cfr. N. Mandarano, s.v. Mercati, Giovanni Battista, in DBI, 73, Roma 2009, pp.
603-605 (con bibliogr. precedente).
117 ASDS, AV, Visite pastorali, 1697, c. 286v.
118 R icci, Borgo, p. 49; Tafi, Immagine, p. 331. A. Giannotti, Giovanni Battista Mer-
cati, in «Notizie da Palazzo Albani», 20, 1991, 1/2, pp. 183-197, in part. p. 189 nota 35
propone di individuare il committente in un membro della famiglia Dotti o Aggiunti,
credendole patrone dell’altare alla data del 1702. Tuttavia l’altare continuò ad essere di
patronato della famiglia Carsughi anche nel Seicento e Settecento, come documentano
le visite pastorali (si veda a titolo d’esempio ASDS, AV, Visite pastorali, 1623 c. 162v; 1649
c. 34r; 1697, c. 287r; 1706 c. 349r; 1773 c. 289r) e il Registro di tutti gl’obblighi di messe del-
la diocesi di San Sepolcro (ASDS, AV, Parrocchie, s. Stato delle Parrocchie, busta 1, fasc. 2,
inizi del XIX sec., cc. n.n.): l’iscrizione specifica che Francesca Maria e Alessandra Vit-
toria Dotti e Maria Maddalena Aggiunti finanziarono solamente la doratura dell’altare.
119 Tali lavori erano stati finora genericamente datati al XVIII secolo (Giglioli,
Sansepolcro, p. 21; Tafi, Immagine, p. 331; Andreini, Sansepolcro, p. 49, R. Spinelli, La
decorazione a stucco ad Arezzo e nel territorio aretino, in Arte in Terra di Arezzo. Il Set-
tecento, a cura di I. Fornasari e R. Spinelli, Firenze 2007, pp. 27-54, in part. p. 54) o al
XIX (Maetzke, Rosso Fiorentino, p. 325; S. Casciu, Rosso Fiorentino. Deposizione dal-
la Croce in Dal Rosso a Santi di Tito. Guida alle opere, a cura di S. Casciu, Venezia 1994,
pp. 16-19, in part. p. 16; Arezzo, p. 141; Brilli – Chieli, Sansepolcro, p. 33).
120 ASF, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese, Conventi, n. 244 San
Lorenzo, Borgo Sansepolcro, monache benedettine, n. 3 Libro della Fabbrica di San Lo-
renzo l’anno 1795 e 96, cc. n.n.
121 Le numerose scosse che colpirono l’Alta Valle del Tevere il 30 settembre 1798,
con epicentro Selci e intensità X della scala Mercalli, causarono a Sansepolcro impor-
tanti danni agli edifici e chiese (A rcaleni, Il terremoto, pp. 9, 12).
122 Nota delle spese occorse per il risarcimento della chiesa e monastero di San Lorenzo di
città Sansepolcro incominciato il dì 24 ottobre 1795 al tempo di domina Maria Rosa Pichi abba-
dessa e Nota del lavoro occorso sopra la volta della chiesa principiato a dì 2 aprile 1796, cc. n.n.
123 L’«indoratore» Antonio Testerini, oltre ad aver dorato la mostra in stucco dell’al-
tare maggiore, venne pagato il 14 febbraio 1796 «per aver dipinto lo sportellino di dentro
della communione» (si veda supra nota 120). È probabile che sia esistita a Sansepolcro
una famiglia di doratori Testerini/Testarini operante nel Settecento poiché anche nei li-
bri dei conti della confraternita di Santa Croce risultano menzionati per dei lavori due
doratori aventi lo stesso cognome: Agostino Testerini fu pagato il 4 maggio 1736 per l’ar-
gentatura di dodici candelabri della chiesa di Santa Croce (ASCS, serie XXXII, 130, c.
16r) e l’11 gennaio 1738 per l’argentatura dei sei «candeglieri grandi» dell’altare maggio-
re (ivi, c. 36r); Pietro Testerini venne invece pagato il 6 maggio 1756 per la doratura del-
la gradinata dell’altare maggiore e degli altari laterali (ASCS, serie XXXII, 132, c. 24v)
e il 30 aprile 1766 per aver argentato la croce processionale della compagnia (ivi, c. 77v).
124 I due affreschi, creduti cinquecenteschi da Tafi, Immagine, p. 331, sono databi-
li al 1796 in quanto alla data del 10 dicembre 1796 è riportato il pagamento ad un non
meglio specificato pittore «per le figure fatte nelli due ovati di chiesa» e a un certo «Or-
tolani speziale» per la fornitura dei colori per i suddetti lavori.
Della nuova chiesa di Santa Croce, eretta dai confratelli tra fine
Cinquecento e inizio Seicento, si conosce ben poco. Il terremoto del
30 settembre 1789 distrusse, infatti, gran parte degli edifici della com-
pagnia127, come conferma un documento dell’ 8 maggio 1790128: la chie-
sa e l’oratorio della confraternita risultano crollati per il sisma e con-
seguentemente demoliti per sovrano decreto nell’ottobre dello stesso
anno (1789). A riprova dell’abbattimento dell’edificio vi sono anche
delle importanti testimonianze grafiche: in una planimetria della città
di fine XVIII secolo (post 1773 – ante 1789)129 (fig. 17) sono segnalate
sia la chiesa di San Lorenzo sia quella di Santa Croce; in un’altra plani-
metria di poco successiva (post 1789 – ante 1807)130 (fig. 18) risulta elo-
quentemente solo quella di San Lorenzo.
Benché ad oggi non vi sia più traccia della nuova sede della con-
fraternita e delle opere ivi contenute, grazie alle visite pastorali e ai li-
bri dei conti rinvenuti è possibile tuttavia trarre importanti informazio-
ni sulla sua configurazione e allestimento. La chiesa, «bene architectata
cum debita longitudinis et latitudinis proportione»131, era caratterizza-
ta da due accessi132, soffitto ligneo dipinto133, pavimento in laterizio134,
un oculo – verosimilmente in facciata135, un finestrone invetriato136 –
posto forse nell’abside –, tre altari e degli scranni lignei «intorno alla
chiesa»137.
138 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1623, c. 63v. Nella visita del 1629 (ivi, 1629, c. 104r)
viene segnalato che le pietre dell’architrave dell’altare maggiore (non consacrato [ivi,
c. 16r]), erano precariamente legate con funi e si sarebbe dovuto provvedere a stabiliz-
zarle con ferri e calce entro un mese per evitare l’interdizione dell’altare. Diversi paga-
menti documentano che l’altare maggiore era posto su un palco ligneo composto da tre
gradini: il 26 ottobre 1698 risulta un pagamento al pittore Paolo Renzotti per «haver
dipinti e inorpellati i tre gradini di legno che stanno sopra l’altare maggiore» (ASCS,
serie XXXII, 53, c. 125v), mentre il 6 maggio 1756 venne pagato il falegname Giovan-
ni Battista Mangoni per aver «accomodato» i gradini dell’altare maggiore e il doratore
Pietro Testarini per «aver dorato e colorito la gradinata del altar Maggiore e delli alta-
ri laterali» (ASCS, serie XXXII, 132, c. 24v).
139 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1623, c. 63v.
140 Ivi, 1629, c. 16r; 1635, c. 28r.
141 Ivi, 1629, c. 16r.
142 Si veda supra nota 35.
143 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1719, c. 262r. Nella visita del 1629 (ivi, 1629, c. 16v)
risulta non consacrato.
144 Ivi, 1635, c. 28r.
145 Ivi, 1639, c. 135v.
146 Ivi, 1649, c. 29v. La visita contiene inoltre il «Decretum Unionis Capellae San-
tissimi Crucifixi Diocesis Burgensis factae die 3 Maii 1649 ad favorem R[everendi]
D[omini] Archipresbiteri Cathedralis Ecclesiae S[ancti] Sepulcri» (cc. 30r-30v).
147 Filippo Sarinini il 25 novembre 1770 venne pagato per «avere accomodato il cro-
cifisso» (ASCS, serie XXXII, 132, c. 102v). Anche in questo caso, senza ulteriori informa-
zioni, non è possibile stabilire se si faccia riferimento o meno al «Cristo Crocifisso» vene-
rato dalla confraternita e posto, a quelle date, sull’altare del Santissimo Crocifisso.
148 ASCS, XXXII, 130, c. 45r.
149 Ivi, c. 71r.
150 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1649, c. 29v.
151 Già nella visita pastorale del 1629 (ivi, 1629, c. 17r) – in cui l’altare risulta scon-
sacrato –, essendo documentata alla parete di quest’altare solamente una croce lignea,
era stato ordinato di far dipingere entro un anno presso quest’ultima qualche immagi-
ne di santi, ad affresco o su tela (c. 58v).
152 Nella visita pastorale del 1666 (ivi, 1666, c. 10r) è riportato che l’immagine mi-
racolosa venne trasportata in loco due o tre anni prima.
153 Ivi, c. 10v.
154 Sono documentati dei pagamenti a Giuseppe Giustini e Carlo Magnano, il 15
gennaio e il 6 febbraio 1699, per la realizzazione di una cornice «dentro alla nicchia
della Santissima Vergine Madonna dei Conci» (ASCS, XXXII, 53, c. 127r), e a Gio-
vanni Ravagni, il 15 gennaio dello stesso anno, per la doratura della suddetta corni-
ce (ivi, c. 125v).
155 Nella visita pastorale del 1750 (ASDS, AV, Visite Pastorali, 1750, c. 116v) è ri-
portato che in tale circostanza venne scoperta la «divota immagine».
156 La festa della Madonna dei Conci, celebrata la seconda domenica di gennaio
(ivi, c. 117r), divenne in breve tempo tra le celebrazioni principali della confraternita, af-
fiancandosi a quella della Santa Croce del 3 maggio. Per tali occasioni sono documenta-
te spese per realizzare appositi ornamenti per la chiesa (si veda a titolo d’esempio ASCS,
serie XXXII, 132, c. 18v) e fuochi d’artificio (ivi, cc. 126r, 129v). Il 2 gennaio 1778 il re-
verendo Francesco Zanchi ottenne alla Curia romana «la grazia dell’indulgenza plena-
ria per la festa della Santissima Vergine detta de Conci e per la festa della Santissima
Croce» (ivi, c. 128v). Entrambe le feste annue cessarono nel 1789 (si veda supra nota 128).
157
Ivi, 130, cc. 16r, 17r, 117v.
158
Ivi, 132, c. 39r.
159 Ivi, c. 62v.
160 Lancisi, Storia, c. 142. Il manoscritto di Lancisi, di solito genericamente riferi-
to al XVIII secolo (L’Ascensione, p. 108; A. Giannotti, Gli Alberti di Sansepolcro e la
venustà perduta. Una riscoperta e una rilettura, in «Bollettino d’Arte», s. VI, 88, 2013,
125-126, pp. 1-18, in part. p. 16), è datato da Mazzalupi, Altari, p. 5 al 1789-1818, «ve-
rosimilmente più verso la prima data». Sebbene non sia noto se il testo sia stato redatto
in uno o più anni, si propone di datarlo proprio al 1789, più precisamente ante 30 set-
tembre 1789. L’erudito, utilizzando il tempo presente, descrive la Madonna dei Conci
dell’altare maggiore della chiesa di Santa Croce e ne menziona (c. 142) la grande vene-
razione di cui è oggetto – nonostante la soppressione della confraternita di Santa Cro-
ce avvenuta nel 1779 –, facendo quindi intendere come fosse ancora esistente all’epo-
ca. Essendo ora appurato (ASDS, AV, Decreti dell’Ordinario e Sua Curia, 6 [1789-1795],
n. 59) che la chiesa crollò il 30 settembre del 1789 a causa del terremoto e fu quindi ab-
battuta nell’ottobre dello stesso anno – eventi che Lancisi non menziona –, questa data
può considerarsi quale terminus ante quem per la datazione del manoscritto.
161 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1779, c. 7v.
162 ASCS, serie XXXII, 132, c. 62v.
163 Ibidem.
164 Il 15 maggio 1770 risulta infatti un pagamento a Pietro Testarini «per aver do-
rato la tribuna della santissima vergine detta de conci all’altar maggiore» (ivi, c. 99v).
165 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1766, c. 115r.
166 Nella visita pastorale del 1773 (ivi, 1773, c. 295r) è riferito che «in detta decor-
renza scoprirono la Miracolosa Vergine Maria detta de Conci».
167 L’oratorio presentava tre aperture – tre impannate – (ASCS, serie XXXII, 53,
cc. 7v, 66r, 80r, 150v; ivi, 63, cc. 29r, 61v; ivi, 130, c. 130v; ivi, 132, cc. 2v, 107r).
168 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1635, c. 28v; 1639, c. 136r.
169 Ivi, 1635, c. 28v. Nel Seicento la reliquia era custodita all’interno di un armadio
a muro con tre serrature (ibidem). Dato che nel 1629 (ivi, 1629, c. 104r) il vescovo ordinò
che nel luogo dov’erano preservate «le santissime reliquie» non fossero conservate «in
avvenire» altre cose non «parimenti sancte», si deduce che la confraternita possedesse
verosimilmente altre reliquie oltre al legno della Santa Croce. Nel 1698 il priore della
compagnia Bernardo «Carsuci» (Carsughi?) fece realizzare una croce reliquiario dora-
ta «per mettervi il legno della Santissima Croce» (ASCS, serie XXXII, 53, c. 121r) e nel
1758 è documentato l’acquisto di un reliquiario d’argento (ivi, 132, c. 34v).
170 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1629, c. 17v.
171 ASCS, serie XXXII, 132, c. 14v.
172 Si veda supra nota 18.
173 ASDS, AV, Visite Pastorali, 1635, c. 28v.
Fig. 3a – Sansepolcro, portale della Confraternita di Santa Croce, fase del XIV secolo.
Fig. 9 – Portale
d’ingresso
dell’oratorio della
confraternita
nell’ex monastero
di San Lorenzo.
Fig. 16 – Altare
maggiore della chiesa di
San Lorenzo (Archivio
Fotografico SABAP-SI, n.
77352).
Referenze fotografiche
2, 12-15: su autorizzazione dell’Ufficio Diocesano per i Beni Culturali e l’Arte Sacra,
Diocesi Arezzo, Cortona e Sansepolcro (14 rielaborazione grafica di E. Bonaiuti, 15
foto di E. Nocentini); 5, 7-8, 16: su autorizzazione della Soprintendenza Archeologia,
Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo (7-8 rielaborazione
grafica di E. Bonaiuti); 6, 10-11: su concessione del Ministero della Cultura /
Archivio di Stato di Firenze.