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SOCIETÀ DELL’ANCIEN REGIME

Con l’espressione ancien regime si indica il sistema politico esistente in Francia prima della
Rivoluzione del 1789. Tale termine fu coniato proprio dai rivoluzionari, in riferimento alla società
francese che avevano deciso di smantellare.
Il termine, che abbraccia la società del periodo fra il 1300 e il 1800, fu esteso a tutta Europa, ed è
divenuta sinonimo di società tradizionale, preindustriale, antecedente quindi a tutti i fenomeni di
modernizzazione economica e politica determinati dalla rivoluzione industriale e dalla Rivoluzione
francese.

La società presentava delle caratteristiche peculiari da zona a zona, ma è possibile individuare delle
qualità comuni della società in tutta Europa.
La prima è la stabilità demografica: si intenda quando la popolazione si mantiene costante senza
eccessivi incrementi e decrementi. connesso alla presenza di forti risorse economiche ed agrarie; ai
momenti di grande incremento, seguivano sempre catastrofi come guerre ed epidemie, non
premettendo uno sbalzo della curva demografica.
Il ciclo demografico tradizionale era basato sul legame tra l’aumento naturale della popolazione e la
progressiva diminuzione delle risorse pro capite: di fronte alla crescita della domanda, l’agricoltura
non riusciva ad aumentare la produttività. Di conseguenza si registrava un impoverimento della
dieta alimentare, che diminuiva la resistenza degli organismi ai virus e ai batteri, rendendoli più
vulnerabili alle malattie.
Una lucida descrizione di questo rapporto tra risorse e popolazione fu offerta nel 1798 da Thomas
Robert Malthus; secondo la sua teoria, sarebbe stato necessario frenare l’incremento naturale della
popolazione per permettere alle risorse di svilupparsi adeguatamente.

La stazionarietà della curva demografia negli anni della società dell’ancien regime, si deve anche al
fenomeno sociale del matrimonio tardivo, diventato consuetudine.
Le popolazioni si erano adattate nel corso di secoli alle difficoltà alimentari e ambientali con una
sorta di codice di autoregolamentazione: non ci si sposava senza la concreta possibilità di un lavoro
e la presenza di risorse concrete come la casa e/o una terra. Il matrimonio era generalmente ritardato
alla seconda metà dei 20 anni, riducendo lo specchio di età fertile della donna ed andando, in questo
modo, a diminuire la natalità.
La prospettiva di vita non era elevata, circa 60 anni, e molti giovani aspettano di ereditare la
proprietà di famiglia prima di sposarsi. Il più delle famiglie dell’Europa centrale viveva in
condizioni di miseria, fame e malattie, come vaiolo, tifo e dissenteria; solo le famiglie abbienti
potevano permettersi una prole numerosa. La famiglia, in questo periodo mononucleare, lo era per
esigenza.
Le pratiche di controllo delle nascite non esistevano e, poiché non si possedevano i mezzi per
sostenere la crescita del neonato, i bambini venivano abbandonati o dati alle famiglie ricche che
necessitavano manodopera.

La società di ancien regime era una società fondamentalmente agricola. Non solo l’agricoltura era
la principale attività economica, ma la maggioranza della popolazione era formata da contadini, di
cui tutta la famiglia si dedicava sempre al lavoro nei campi, tranne in occasione delle feste ufficiali,
circa 90.
Sul discorso sull’agricoltura bisognare fare riferimento a un forte dualismo, negli strati più bassi
della società l’agricoltura consentiva il sostentamento ma non l’arricchimento; per gli strati
superiori della società, costituiti da proprietari terrieri, prevalentemente nobili ma anche borghesi, la
terra era la principale fonte di ricchezza e di ascesa sociale.

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All’epoca, le nazioni europee, cercarono di rendere i terreni commerciabili. La critica sottolinea che
sui terreni continuavano ad esserci ancora istituzioni di tipo feudale, maggiori nelle zone interne.
Precedentemente rispetto alla rivoluzione industriale si parla di produzione artigianale e
manifatturiera; la produzione non avviene in larga scala ma è collegata alle esigenze di
un’economia limitata.
; quello che oggi si potrebbe definire come imprenditore, comprava il prodotto finito dall’artigiano,
riconoscendogli un compenso o la possibilità di gestire prodotti della sua produzione. La bottega, a
conduzione familiare, che era piccola e collegata all’abitazione, si affacciava su un cortile dove ci si
intratteneva; il lavoro era basato sulla creatività senza limiti sulle libertà in campo lavorativo.
Nelle città l’organizzazione del lavoro artigianale era regolata dalle corporazioni di mestiere, alle
quali si accedeva dopo un lungo apprendistato. Le corporazioni imponevano norme estremamente
rigide e, con il passare del tempo, si erano chiuse a ogni innovazione, limitando la creatività del
singolo. Tra ‘500 e ‘600 era diventato più conveniente spostare le attività produttive nelle
campagne, dove molte famiglie erano in grado di avviare un’industria rurale domestica.

Questo fu completamente superato nel ‘700, grazie alla rivoluzione industriale. I grandi stabilimenti
e le grandi industrie si concentrarono nelle grandi città, determinando uno svuotamento assoluto
delle campagne, dando vita al concetto di urbanizzazione che, unito al concetto di prima industria,
diede il via al problema della classe operaria, che aveva, nel giro di poco, cambiato i propri costumi.

Nel periodo dell’antico regime ci furono grandi città come Napoli, Milano, Roma e Venezia.
Abitava in città circa 1/100 della popolazione, concentrata maggiormente nei villaggi.
La vita non era lussuosa o movimentata, ma era periferica. I villaggi vivevano in una dimensione di
isolamento: le informazioni non arrivavano, le distanze erano accentuate, i mercati non erano chiusi,
il commercio di ordine locale. I trasporti avvenivano a piedi, in tempi lunghissimi, e nella maggior
parte dei casi a cavallo.

Le città erano centri con negozi, tribunali, gente elegante, ma vi erano problemi quotidiani di
approvvigionamento idrico, illuminazione e servizi nelle case. Rappresentavano quindi
un’attrazione in cui era difficile vivere, soprattutto per i poveri.

Nella società preindustriale, una percentuale elevata, fra il 20% e il 40%, era costituita da poveri,
termine generico che indicava non so dimenticanti, i vagabondi e senza lavoro, ma anche quanti
nelle campagne non riuscivano sempre a raggiungere livelli minimi di sussistenza.
I poveri costituiscono un problema per la società dell’ancien regime, una società suddivisa in ceti,
stratificata in base all’appartenenza per nascita e caratterizzata da una sostanziale staticità e da una
strutturale diseguaglianza politica. L’ascesa sociale, registrata nei settori investiti dallo sviluppo, era
accompagnata da una nuova ricchezza personale o familiare.

La condizione del povero era largamente accettata dalla tradizione cristiana medievale, di cui la
verità era uno dei principi costitutivi, tanto da vedere l’immagine del povero come “vicario di
Cristo”.
Alle soglie dell’età moderna, la beneficenza rientravano i compiti non solo delle istituzioni
ecclesiastiche, ma anche delle amministrazioni cittadine. La trasformazione sociale e l’arrivo della
classe borghese, estranea sia ai nobili che al clero, che lavorava e gestiva il guadagno, pose i poveri
in posizione diversa; il povero venne indicato come fonte di disordine sociale, che rischiava di
vanificare la politica di approvvigionamento dei generi di prima necessità.
I poveri vennero obbligati ad impiegare le loro energie in attività lavorative, con la minaccia di
punizioni e morte, addirittura in caso contrario in alcune grandi città nacquero anche dei centri di
reclusione.

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La società dell’antico regime è divisa in classi rigide: clero, nobiltà e società del terzo stato.
Ciascuno di questi ceti non era omogeneo: accanto all’alta nobiltà sono presenti piccola nobiltà e
basso clero, vicine per stile di vita alla società del terzo stato.
Le prime due classi sono privilegiate, poiché esentate dal pagamento delle tasse e giudicate da
tribunali speciali.
La vita della classe nobiliare non era semplice a livello economico: impossibilitati nello svolgere
mansioni lavorative, vivevano delle rendite provenienti dalle terre e dalle proprietà. Passavano la
loro vita a organizzare eventi mondani che, il più delle volte, richiedevano ingenti risorse
economiche, feste che potevano durare anche giornate intere, alternando banchetti, battute di caccia
e balli, dunque capiamo come
La vita della nobiltà era molto lontana da quella della gente comune.
All’interno del terzo stato vi era la borghesia, che assume un ruolo fondamentale nell’aspetto
economico e commerciale dell’epoca.

Se si analizzano i primi anni ‘40 del ‘600, ci si rende conto che questo primo periodo è
contrassegnato, quasi in tutta Europa, da una serie di movimenti di protesta e piccole ribellioni:
moti del ’48, moti dei cosacchi, rivoluzione civile inglese, rivolte in Portogallo e Catalogna.
Il periodo di crisi locale rispecchiava un periodo di crisi nell’Europa nella quale si combatteva la
guerra dei Trent’anni.
Tale conflitto, a causa della sua durata, aveva obbligato i paesi europei a creare e mantenere eserciti
capaci, forti, efficienti e permanenti, ad imporre tasse altissime e costretto molti a sacrifici non solo
economici ma anche umani.
Tutti gli stati di questo periodo chiedevano cambiamento, ridimensionato sociale e tutela dei propri
diritti, migliorando le proprie condizioni di vita, gravate dall’imposizione fiscale.

LUIGI XIV
Alla fine della guerra dei Trent’anni, la Francia ha in Europa il predominio rispetto alla corona
spagnola.

La Francia del ‘600 è il simbolo storico dell’assolutismo, governata da Luigi XIV, re sole, per 54
anni, fino ai 77 anni., per così tanto tempo perché
Diventa re all’età di 5 anni, nel 1643, a causa della morte prematura del padre e quindi troppo
piccolo per reggere e viene sostenuto nella reggenza da sua madre, Anna d’Austria, e il cardinale
Mazzarino, che era sceso in scena in Francia attraverso le due guerre civili della Fronda.
Questo periodo di forte tensione, rimane scolpito nella sua mente, tanto da spingerlo, nel futuro, ad
abbandonare la corte, invasa dalla folla che chiedeva la testa della regina e del primo ministro.

Con la fine della guerra con la Spagna, siglata dalla pace dei Pirenei del 1659, fu costretto ad un
matrimonio diplomatico con la figlia del sovrano iberico. Questa donna ebbe nella sua vita un ruolo
del tutto marginale, occupando un posto di spettatore nei confronti della vita amorosa del sovrano.
Le cronache dell’epoca raccontano che le sue amanti vivevano a corte, accanto alla moglie, e
avevano un’influenza sulle decisioni del sovrano.

Luigi XIV frequentava, già da prima della costruzione effettiva, la reggia di Versailles, come luogo
di incontro per le sue amanti.
La costruzione di Versailles durò circa 30 anni, risentendo dei vari desideri del sovrano Il progetto
nasce dalla volontà di integrare la costruzione originaria, voluta dal padre come residenza di caccia,
al suo progetto di una corte grandiosa. La zona intorno a Versailles era paludosa, caratterizzata da
un clima umido e con molte zanzare malariche.
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. Prima dell’edificazione della reggia la corte reale era al Louvre.
Parte distintiva sono i giardini della reggia, che diventano emblema del prestigio francese, tanto
che la reggia di Caserta è stata realizzata in maniera simile

L’edificazione della reggia costrinse operai a lavorare giornate intere, senza turnazione, con il solo
obiettivo di completare il progetto al più presto; per lo stesso motivo, venne proposto di trasferire
truppe dell’esercito regio, che potessero contribuire all’edificazione della struttura.
Gli operai non vennero tutelati adeguatamente, costretti a lavorare in condizioni strenue, senza
tutela alcuna della propria incolumità. Si registrarono, in questo periodo, numerose morti sul lavoro.
Le famiglie di tali operai, vennero risarcite con somme esigue. Tutto ciò contribuì
all’allontanamento della figura del sovrano dal popolo.

Luigi XIV assume il potere effettiva nel 1661, alla morte del primo ministro, il cardinale
Mazzarino. Si definisce come re sole, rivelando la grande considerazione che ha di sé stesso e del
ruolo che ricopre. Con un significato duplice: riteneva che la monarchia fosse per diritto divino e
che l’azione del sovrano fosse quello di illuminarlo e guidarlo
Questa contraddizione di fondò, non contribuì ad aumentare il consenso pubblico nei suoi confronti;
la critica racconta che durante il suo corteo funebre, la gente festeggiò.

La politica egocentrica del sovrano si realizzò tramite i sacrifici della popolazione: nobiltà e clero,
esentati dal pagamento delle tasse, non contribuivano economicamente al mantenimento dello stato,
che, di conseguenza, ricadeva sulle spalle del terzo stato.
Gli obbiettivi principali del sovrano erano due: contenere il desiderio di rivalsa sociale del popolo e
cercare di imporre allo stato un nuovo assetto economico.
Jean-Baptiste Colbert, ministro dell’economia, si occupò principalmente di accrescere la ricchezza
del paese, incoraggiandone lo sviluppo industriale e coloniale.
Per quanto riguarda il fisco statale, tramite l’introduzione di libri contabili, riuscì a controllare ed
amministrare nel migliore dei modi, entrate ed uscite della Francia.
Si occupò di controllare l’autenticità nobiliare, censendo i nobili e scoprendo coloro i quali si
fingevano tali solo per essere esentati dal pagamento delle imposte.
Colbert fu mediatore delle spese folli del sovrano, ritenute da molti come sconsiderate.
Per accrescere il prestigio economico francese, impose il protezionismo: si tratta di una politica
economica che prevedeva l’incremento delle esportazioni, collegato allo sviluppo delle attività
commerciali e al perfezionamento della qualità dei prodotti destinati all’esportazione,
aumentandone il prezzo. Venne ridotta ai minimi storici l’importazione, tramite delle tasse
doganali.
Il protezionismo di Colbert, passato alla storia come Colbertismo, si basava sulla convinzione che il
prestigio del paese fosse basato sul denaro presente nelle casse statali. E quindi è una politica
economica prevedeva l’incremento delle esportazioni, aumentandone il prezzo. Venne ridotta ai
minimi storici l’importazione, tramite delle tasse doganali. anche perché la mente di Luigi
quattordicesimo tutto doveva essere specchio del sovrano e venne quindi anche curato l'apparato
artistico culturale e moltissimi artisti vennero accolti alla corte. lo scopo principale era la privazione
del potere nobiltà per i fatti era pari a zero la nobiltà non ebbe nessun potere politico, la maggior
parte di loro si erano trasferito nella reggia ridotti al puro rango di cortigiani.
Per Luigi erano presenti rigidi protocolli che regolavano la vita dei nobili, la cui importanza si
esprimeva tramite la vicinanza al sovrano. La vita di corte era caratterizzata dalla volontà di
sopraffare gli altri e assumere ruoli di prestigio.

In quest’ansia di prestigio, Luigi rinnova l’esercito, rendendolo permanente, e rispondendo anche ad


una volontà espansionistica.

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L’attività militare era considerato un privilegio Si trattava, di conseguenza, in maggioranza, di figli
non primogeniti di nobili., urgevano numero di soldati, e quindi furono inseriti anche borghesi
senza fini di avanzamento sociale
Per far fronte ad una logica difensiva, il ministro della guerra provvide alla costruzione di linee di
fortificazione.

Luigi XIV cercò di imporre il suo assolutismo anche nei confronti della chiesa, opponendosi
all’influenza che il pontefice esercitava nei confronti dei sovrani europei.
Prevalse in Francia il gallicanesimo, come risposta alla necessità di indipendenza della chiesa
francese dalla supremazia papale.
Tale volontà assolutista si manifestò anche nei confronti dei giansenisti e degli ugonotti.

INGHILTERRA
1600 Le rivolte degli anni ’40 del non risparmiarono l’Inghilterra, dominata dalla dinastia Stuart.
Il sovrano, Carlo, cercò di realizzare una monarchia di stampo assolutistico, che mosse le proteste di
numerosi puritani, ovvero protestanti che contestavano l’autorità della chiesa anglicana
rivendicando organizzazioni semplici e con rappresentanti eletti dai fedeli stessi.
La loro protesta fu fondamentale nella realizzazione, da parte del sovrano, della necessità della
libertà di coscienza. Nonostante ciò, molte comunità di puritani abbondonarono l’Inghilterra.

La transizione verso una monarchia di stampo assolutistica, fu contrastata anche dall’azione politica
del Parlamento: tramite la presentazione della petizione di diritti, invocando il rispetto della Magna
Carta Libertatum, documento del 1215 in cui si sancivano i diritti fondamentali del cittadino (non si
poteva essere condannati senza giusto potere e le tasse dovevano essere approvate dal parlamento),
venne fortemente minata l’autorità e l’autonomia del re.
Contemporaneamente, anche i ceti produttivi e commerciali, contestarono l’autorità del sovrano,
chiedendo partecipazione attiva nella gestione diretta dello Stato.

Il sovrano non fu in grado di corrispondere alle richieste avanzate, nonostante le numerose crisi e le
condizioni di tensione in cui versava lo stato, e, nel 1642, scoppiò una guerra civile che vide da un
lato il sovrano, appoggiato dalla chiesa anglicana, e dall’altra parte il parlamento, sostenuto dalla
borghesia commerciale.
Il conflitto, dopo numerosi scontri, si concluse nel 1649 con la vittoria delle truppe parlamentari
guidate da Cromwell.
La prima importante decisione fu la proclamazione della repubblica, avvenuta nel 1649. Ciò
decretò, inevitabilmente, la morte del sovrano, che venne condannato alla decapitazione.

Il periodo repubblicano inglese non fu un molto sereno. Le forze intere furono contrastate dalla
presenza di estremisti che richiedevano il suffragio universale maschile e l’abbattimento della
proprietà privata; sostanzialmente richieste socialiste, se viste in chiave moderna.
Per evitare che gli estremismi potessero sovvertire l’ordine costituito, si affidò il potere al lord
protettore, individuato sempre nella figura di Oliver Cromwell, che diede alla repubblica una svolta
dittatoriale.

Alla morte di Cromwell, venne restaurata la monarchia; il nuovo sovrano fu Carlo II. Il suo regno
venne accettato dal popolo con grande benevolenza e fu un periodo relativamente tranquillo, in cui
il popolo si riprese dalla passata dittatura.
La situazione cambiò con Giacomo II; egli cercò di ripristinare il cattolicesimo, sostituendolo alla
chiesa anglicana, di confessione luterana. Le preoccupazioni del parlamento non tardarono ad
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arrivare: un re cattolico, avrebbe indebolito il loro potere, ricostituendo un legame con la chiesa di
Roma e con il papa, la quale autorità non era riconosciuta dagli anglicani.

Il popolo, unito al parlamento, prese la decisione di consegnare la corona inglese a Guglielmo


d’Orange, dando vita ad una rivoluzione avvenuta senza spargimenti di sangue. Tale rivoluzione
passò alla storia come rivoluzione gloriosa.
I cittadini e il parlamento sottoposero al nuovo sovrano la direzione dei diritti, che prese poi il nome
di carta dei diritti, dando inizio al sistema politico della monarchia costituzionale, che sancì la
limitazione del potere del sovrano e la garanzia dei diritti fondamentali dei cittadini.
Dal punto di vista culturale, la monarchia costituzionale e assoluta, vennero teorizzate da Hobbes e
Locke.

Anna Stuart fu l’ultima esponente del casato. Alla sua morte, la corona passò nelle mani degli
Hannover.

RUSSIA
Rispetto alle grandi monarchie nazionali europee, la Russia aveva sempre mantenuto un
atteggiamento piuttosto conservatore, dovuto anche alla politica zarista, assoluta, che relegò a lungo
il paese in una condizione di inferiorità culturale.

Nel 1600, grazie all’entrata nella scena politica di Pietro, soprannominato poi il grande, inizia un
processo di modernizzazione della Russia. Pietro aveva frequentato a lungo un quartiere di Mosca,
in cui soggiornavano personaggi di spicco europei; grazie al confronto e al dialogo con loro, il
sovrano venne a conoscenza delle differenze sostanziali tra la cultura russa e quella europea,
realizzando anche quanto il suo paese fosse arretrato.

Decise di compiere un viaggio per l’Europa, di istruzione e conoscenza, innalzando la propria


cultura e maturando competenze in diversi ambiti.
Promosse, una volta tornato, un piano di modernizzazione, in cui il primo punto era ridurre il potere
della chiesa e della nobiltà. Sciolse quindi la duma, ovvero la rappresentanza dei nobili, e formò il
parlamento; cercò di sottoporre la chiesa ortodosso ad una revisione laica continua, tramite un santo
sinodo, costituito da laici ed ecclesiastici.

Pietro il grande realizzò anche l’importanza di avere degli sbocchi sul mar nero e sul mar baltico.
Fece erigere una reggia a Pietroburgo, sul modello di Versailles e il paese iniziò così il proprio
cambiamento.

Sconfiggere un sistema politico così potente e radicato non fu affatto facile. Per molto tempo in
Russia continuò la convivenza fra un sistema aristocratico forte e contadini che vivono in
condizioni di assoluta miseria. Manca nella società una borghesia imprenditoriale, mai formatasi nel
corso della storia della Russia, a causa dei cambiamenti sempre imposti dall’alto e mai partiti
spontaneamente da parte del popolo. Mancò la presenza di coscienza da parte della borghesia.

PRUSSIA
In questo stesso periodo si affaccia sul panorama europeo la Prussia. Federigo Guglielmo, chiamato
re sergente, cercò di realizzare una politica centralista, all’interno della quale il sovrano avesse il
pieno comando e la nobiltà inserita nell’apparato statale.

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Non si occupò solamente del potenziamento dell’esercito, ma portò la disciplina militare in ogni
forma di vita dello stato; ordine, imposizione ed autorità diventarono caratteristiche peculiari della
Prussia.

GUERRE ESPANSIONISTICHE FRANCESI


Se si prende in considerazione il periodo dal 1660 e il 1763, esso è ricchissimo di guerre che
coinvolgono tutte le potenze europee.
Le guerre, prima di questo periodo, erano guerre di natura religiosa, che avevano come obiettivo di
sconfiggere la fede avversa alla propria ma, con la fine della guerra dei trent’anni, e la pace di
Vestfalia del 1648, si mise fine al fanatismo religioso.
Le guerre successive furono guerre espansionistiche territoriali, nate dalla volontà dei singoli paesi
europei di allargare i propri confini in Europa e nel mondo coloniale.

Luigi XIV cercò di allargare i propri confini, approfittando della debolezza di Spagna, Inghilterra ed
Austria. L’Inghilterra, fino allo scoppio e alla risoluzione della rivoluzione gloriosa, fu impegnata a
risolvere gravi situazioni interne e l’Austria fu costretta a fronteggiare la minaccia dell’impero
Ottomano, che quasi occupò Vienna.
Approfittando di questa situazione complessa, portò avanti due guerre, la guerra di devoluzione e la
guerra d’Olanda.
La prima guerra lo portò alla rivendicazione dei Paesi Bassi, secondo il diritto di devoluzione, che
attribuiva il trono al primo genito. I Paesi Bassi erano territorio spagnolo ed egli aveva sposato la
figlia del re spagnolo.
La guerra d’Olanda provocò una grandissima rivolta da parte della popolazione locale, che finì per
allagare il proprio territorio pur di non far passare i francesi; ottenne lo stesso la vittoria con la pace
di Ratisbona e occupò il territorio dell’Alsazia e della Lorena.

Con il passare del tempo, la situazione complessiva si modificò: l’Inghilterra portò al trono
Guglielmo d’Orange e contemperamene l’Austria era riuscita a sconfiggere i turchi.
Le potenze europee si riunirono nella coalizione antifrancese del 1686, che prese il nome di Lega
d’Austria; minacciarono Luigi XIV e lo costrinsero a contenere le sue mire espansionistiche.

GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA


La situazione in Europa fu tranquilla, senza ulteriori contrasti, fino allo scoppio, nel 1700, della
guerra di successione spagnola. Il re, morto senza avere eredi maschi, nominò come proprio
successore Filippo d’Angiò, nipote del re di Francia, che avrebbe dovuto assumere il potere con il
nome di Filippo V.
Le monarchie europee non ratificarono tale successione, preoccupate da un possibile accorpamento
di Spagna e Francia; una nuova lega antifrancese, portò ad un conflitto, durato 13 anni.
L’ultimo anno di guerra fu il più particolare: Luigi XIV, che fino a quel momento aveva mantenuto
perlopiù una posizione d’attacco, fu costretto a difendersi dalle invasioni.
La guerra si concluse con il trattato di Utrecht e la pace di Rastatt, che stabilivano che Filippo V
avrebbe potuto ottenere la corona spagnola solo se non l’avesse unificata a quella francese; in
cambio, la Spagna si impegnava a cedere i propri possedimenti italiani all’Austria e gran parte
dell’apparato coloniale all’Inghilterra.

La situazione in Italia rimase invariata fino al 1748, anno in cui venne firmata la pace di
Aquisgrana, tramite la quale gli austriaci ottennero il territorio lombardo e Carlo di Borbone il

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regno di Napoli. Il regno Sabaudo, comparso per la prima volta, regnava intanto su Sardegna e sul
Monferrato.

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