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RIVOLUZIONE FRANCESE

Con la Rivoluzione Francese si chiude l’età moderna iniziata con la scoperta dell’America.

La condizione della Francia era quella di una forte divulgazione del pensiero illuminista, quindi di
un rapido avanzamento culturale, ma rivelava allo stesso tempo un grande arretramento politico,
rispetto ad esempio all’Inghilterra (dove si stava verificando la prima rivoluzione industriale). I

l paese era diviso in tre ordini, quelli dell’Antico Regime: nobiltà, clero e terzo stato (che
rappresentava, da solo, il 98% della popolazione).
Il potere, soprattutto economico, si concentrava soltanto nelle mani dei primi due ceti “privilegiati”
che erano esentati dal pagamento delle tasse e possedevano persino tribunali speciali per gli iter
giuridici nei quali erano coinvolti. Non erano neanche ordini omogenei, per questo troviamo l’alta e
la bassa nobiltà, accompagnate dal basso e dall’alto clero; nonostante ciò, il primo ordine era
l’unico da cui si poteva accedere alla carriera militare.
Le proprietà da loro possedute erano poi coltivate dai contadini del terzo stato, sui quali ritroviamo
una dimensione di tipo feudale con i fenomeni delle cessioni, del lavoro gratuito e del pagamento
dei pedaggi.

Si può quindi dedurre che la situazione sociale era gravissima.


La popolazione riversava in uno stato di estrema miseria, la quale portava spesso a rivolte che
aumentavano nelle situazioni di carestia.
I motivi della crisi economica erano principalmente identificabili in una triade: il mantenimento
dell’esercito permanente; le continue guerre che avevano visto impegnata la Francia; il
mantenimento della corte da parte dei contribuenti, voluta da Luigi XIV e che si era mantenuta
come consuetudine anche dopo la sua morte.

Nel 1776, sotto il regno di Luigi XVI, Jacques Necker viene nominato responsabile delle finanze
reali, e grazie alla sua intraprendenza aveva ottenuto un ruolo di primo piano all’interno dello stato
francese.
Egli però commise un errore madornale, seppure in buona fede: decise di rendere pubblico il
bilancio delle finanze 1781. Lo fece per tranquillizzare l’opinione pubblica e per persuadere i
francesi nell’investire; eppure si ebbe l’effetto opposto a causa dell’espressione troppo poco chiara
e della pubblicazione del costo del mantenimento della corte. Necker perse così l’appoggio della
nobiltà, scatenò le ire del popolo e diede le dimissioni, ma questo non bastò.
I ministri rimanenti consigliarono al sovrano di estendere la tassazione anche ai ceti privilegiati, i
quali non accolsero bene la proposta e chiesero, dopo circa due secoli, la convocazione degli Stati
Generali, unica assemblea a cui era concesso di legiferare in ambito economico.

Si può dire quindi che la Rivoluzione partì proprio dai nobili, ma si devono considerare anche la
grave situazione del ceto agricolo e manifatturiero, la divulgazione degli ideali illuministi anche
grazie alla Rivoluzione Americana, l’odio che circondava il sovrano Luigi XVI e la moglie Maria
Antonietta d’Austria (ella non si era infatti ben inserita nella società francese, venendo vista come
una fonte di complotti ai danni della monarchia e chiamata “l’austriaca” dalla satira locale). Il re
accolse la proposta di convocazione, e chiese anche ai sudditi di esprimere le loro esigenze. Essi
vennero infatti chiamati a compilare dei “quaderni delle lamentele”, e le richieste più comuni erano
quelle di emanare una Costituzione ed eliminare gli obblighi feudali.

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